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a.a.

2011-2012
Università della Calabria
Corsi di laurea magistrale

Storia
economica e
sociale del
mondo antico

A cura di Alessandro Cristofori

Lezione I

Presentazione del corso


Argomento e obiettivi
• Il corso si propone di illustrare i problemi, i metodi e
gli strumenti della ricerca nel settore della storia
economica e sociale del mondo antico.
• L’obiettivo sarà perseguito attraverso:
– Lezioni introduttive sui caratteri e i metodi della
disciplina e sulle sue fonti
– l’esame di un tema specifico: l’evoluzione sociale ed
economica della Lucania e del Bruzio in età romana.
• Inoltre, attraverso la redazione di un breve elaborato
scritto, il corso si propone di sviluppare le capacità di
rielaborazione e comunicazione.
3

La definizione dell’oggetto del corso: i


limiti cronologici
• La disciplina della Storia economica e sociale
del mondo antico abbraccia un arco vastissimo
di tempo: dall’VIII sec. a.C. fino al V sec. d.C.
circa.
• Il nostro corso tenterà di abbracciare questo
ampio arco di tempo, concentrandosi in
particolare nel periodo che va:
– Dal III sec. a.C. quando la regione della Lucania et
Bruttii entra nell’egemonia romana.
– Al I-II d.C., l’età del Principato, che presenta anche
sul nostro soggetto la documentazione più ricca.

4
La definizione del
corso: i limiti
geografici
• Una disciplina che abbraccia
tutto il mondo classico, greco e
romano.
• La regio III Lucania et Bruttii,
creata da Augusto e trasformata
da Diocleziano in una provincia
alla fine del III sec. d.C.
• Un contesto geografico utile per
studiare anche la situazione
anteriore.
• Un quadro geografico grosso
modo corrispondente alle attuali
regioni della Basilicata e della
Calabria.
5

La definizione del corso: i limiti


geografici
• Le differenze tra l’antica Lucania e l’odierna Basilicata:
– la Lucania, a nord-ovest giungeva sino alle foci del Sele
comprendendo anche il Vallo di Diano e il Cilento (oggi in
Campania).
– Il confine a nord-est giungeva solo al Bradano: importanti
aree dell’attuale Basilicata, come quelle di Matera, Venosa e
Melfi, facevano parte della regio II Apulia et Calabria.
• Una regione con due aree subregionali ben definite: la
Lucania e il Bruzio, delimitate tra di loro dal Lao e dal
massiccio del Pollino.
• Una regione non uniforme, le cui aree presentano, oltre
a caratteri comuni, anche notevoli differenze locali.
6
Taglio tematico
• Un corso che presterà particolare attenzione
ai problemi:
– Epistemologici: in quale misura possiamo
conoscere l’economia e la società di un mondo
tanto distante da noi?
– Metodologici: quali dati e quali strumenti
possediamo per conoscere l’economia e la
società del mondo antico?

L’articolazione del corso

• Un corso da 6 cfu ( = 150 ore di lavoro circa)


articolate in
– Lezioni frontali (circa 34 ore) di introduzione generale
alla disciplina e di approfondimento sul quadro
economico e sociale della Lucania e del Bruzio.
– Lezioni di guida alla stesura degli elaborati (circa 8 ore)
– Studio individuale (circa 108 ore) da parte degli
studenti, con la rielaborazione degli argomenti
affrontati a lezione e la redazione di un breve saggio.

8
L’argomento delle lezioni
• Dopo una prima parte sulla natura della disciplina e delle sue
fonti, un corso monografico su un tema piuttosto specifico:
economia e società della Lucania e del Bruzio.
• Per recuperare il contesto generale in cui si inserisce il corso
potrà essere utile consultare le opere di riferimento indicate
nella diapositiva seguente.
• La lettura di queste opere è funzionale alla comprensione
dell’argomento del corso, ma non sarà oggetto di verifica finale
per gli studenti frequentanti.

Bibliografia di orientamento per


la disciplina
• G. Alföldy, Storia sociale dell'antica Roma, Bologna, Il
Mulino, 1987 [937 S 26/1].
• F. Carlà – A. Marcone, Economia e finanza a Roma,
Bologna, Il Mulino, 2011 [studio docente].
• F. Gschnitzer, Storia sociale dell'antica Grecia, Bologna,
Il Mulino, 1988 [STO/D 938 GSC 2 ].
• L. Migeotte, L'economia delle città greche: dall'età
arcaica all'alto Impero romano, Roma, Carocci, 2003
[330.938 A 2]
• T. Pekary, Storia economica del mondo antico, Bologna, Il
Mulino, 1986 [330.938 A 3].
10
L’argomento delle lezioni
1. Problemi e limiti dello studio della storia economica e sociale del
mondo antico.
2. Le fonti per lo studio dell’economia e della società antica.
3. Le premesse strutturali allo studio dell’economia e della società
della Lucania e del Bruzio.
4. Economia e società delle poleis greche della Lucania e del Bruzio
dalla colonizzazione al IV sec. a.C.
5. Economia e società delle popolazioni italiche della Lucania e del
Bruzio.
6. L’impatto della conquista romana sugli assetti socioeconomici
della Lucania e del Bruzio.
7. I mutamenti della tarda età repubblicana.
8. Il quadro sociale ed economico nell’età del Principato.
9. Crisi e trasformazioni nell’assetto economico e sociale nel periodo
tardoantico.

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L’elaborato
• La redazione di un breve elaborato di approfondimento su uno dei temi
affrontati a lezione è parte integrante del corso per gli studenti
frequentanti.
• L’elaborato deve avere una lunghezza tra i 15 mila e i 30 mila caratteri
(dalle 5 alle 10 pagine A4).
• Nella redazione dell’elaborato gli studenti sono incoraggiati a formare
piccoli gruppi di due o tre persone.
• In diverse lezioni daremo indicazioni sui possibili temi da sviluppare e
vedremo alcune linee di guida per la redazione degli elaborati.
• Gli obiettivi dell’elaborato scritto: promuovere le capacità di
rielaborazione e di espressione scritta (anche in vista della tesi finale),
incoraggiare le forme di collaborazione.
La consegna degli elaborati
• Gli elaborati dovranno essere consegnati almeno
una settimana prima dell’appello.
– Una consegna più tempestiva consentirà di avere più
tempo per correzioni e miglioramenti.
• Gli elaborati potranno essere consegnati:
– In formato cartaceo negli orari di ricevimento o nella
cassetta postale del docente, al cubo 28D, I piano.
– In formato digitale, come allegati di un messaggio di e-
mail a alessandro.cristofori@unical.it.

Bibliografia
• Per l’argomento del corso: Appunti delle lezioni,
disponibili anche in forma schematica, come
diapositive Power Point, pubblicate attraverso il
sito web del corso, all’indirizzo:
– http://sites.google.com/site/storiaeconomica
• Per l’elaborato: bibliografia specifica sui temi
prescelti, in parte fornita dal docente, in parte
reperita dagli studenti, attraverso gli strumenti
illustrati a lezione.
14
Modalità della verifica

• La verifica avrà la forma del tradizionale


esame orale e prevederà:
– Due domande sui temi affrontati a lezione
(appunti).
– Una breve discussione dell’elaborato scritto.
• In genere la prova orale ha una durata di
circa 20-25 minuti.
15

Come si arriverà a determinare il


voto?

• Per 1/3 sulla base della qualità della


partecipazione alle lezioni.
• Per 1/3 sulla base della preparazione sui
temi affrontati nelle lezioni.
• Per 1/3 sulla base dei risultati finali
raggiunti nell’elaborato.
Orari delle lezioni

• Martedì, ore 15-17, aula Storia 2C, cubo 28


C, piano terreno.
• Mercoledì, ore 11-13, aula Storia 2C, cubo
28 C, piano terreno.

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Studenti non frequentanti


• Data la natura della disciplina e del corso
monografico, una frequenza attenta, attiva e
costante (almeno 2/3 delle lezioni) è
vivamente consigliata.
• Nell’impossibilità di frequentare le lezioni
nella forma indicata, opportuno seguire il
programma da non frequentanti (senza
alcuna penalizzazione nel voto!).
18
Programmi alternativi per studenti non frequentanti
• Percorso “sociale” => Studio di:
– F. Gschnitzer, Storia sociale dell'antica Grecia, Bologna, Il Mulino, 1988.
– G. Alföldy, Storia sociale dell'antica Roma, Bologna, Il Mulino, 1987.
• Percorso “economico” => Studio di:
– L. Migeotte, L'economia delle città greche: dall'età arcaica all'alto Impero
romano, Roma, Carocci, 2003.
– F. Carlà – A. Marcone, Economia e finanza a Roma, Bologna, Il Mulino,
2011 .
• Percorso “greco” => Studio di:
– F. Gschnitzer, Storia sociale dell'antica Grecia, Bologna, Il Mulino, 1988.
– L. Migeotte, L'economia delle città greche: dall'età arcaica all'alto Impero
romano, Roma, Carocci, 2003.
• Percorso “romano” => Studio di:
– G. Alföldy, Storia sociale dell'antica Roma, Bologna, Il Mulino, 1987.
– F. Carlà – A. Marcone, Economia e finanza a Roma, Bologna, Il Mulino,
2011. 19

La bibliografia per gli studenti


non frequentanti
• I testi segnalati per i quattro percorsi possono essere consultati
presso lo studio del docente o presso la BAU, alle seguenti
collocazioni:
– G. Alföldy, Storia sociale dell'antica Roma, Bologna, Il Mulino,
1987 [937 S 26/1].
– F. Gschnitzer, Storia sociale dell'antica Grecia, Bologna, Il
Mulino, 1988 [STO/D 938 GSC 2].
– L. Migeotte, L'economia delle città greche: dall'età arcaica
all'alto Impero romano, Roma, Carocci, 2003 [330.938 A 2].
– F. Carlà – A. Marcone, Economia e finanza a Roma, Bologna, Il
Mulino, 2011 [studio docente].
• I testi sono inoltre facilmente reperibili attraverso la Libreria
Universitaria (http://www.libreriauniversitaria.it).

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Modalità della verifica per gli
studenti non frequentanti
• Un tradizionale colloquio orale, con quattro
quesiti, volti ad accertare la preparazione
dello studente sul programma alternativo
proposto.
• Anche la prova orale per gli studenti non
frequentanti avrà la durata di circa 30
minuti.
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Contatti
• Durante il I semestre ricevimento presso il
Dipartimento di Storia, cubo 28C, piano V:
– Martedì, ore 11-13
– Mercoledì, ore 9-11
• Posta elettronica:
– alessandro.cristofori@unical.it
• Telefono:
– Studio: 0984 49.44.13
– Cellulare: 348 01.43.096

22
Lezione II

L’oggetto di studio

Obiettivi della lezione

• In quale misura e con quali strumenti


possiamo conoscere l’economia e la società
di un mondo, come quello antico, tanto
distante da noi cronologicamente e
culturalmente?

2
La storia economica e sociale: una
scienza moderna
• L’odierna storiografia politica e militare
affonda le sue radici nella civiltà greca.
• Gli antichi, pur non ignorando l’importanza
di fattori economici e sociali, non hanno
mai creato una storiografia economica e
sociale.
• Due aspetti che sono divenuti oggetto di
indagine storica solo nel XIX secolo.
3

Definizioni: quale è l’oggetto della


storia economica e sociale?
• La storia economica studia le modalità con
le quali gli uomini acquisiscono i beni
materiali che gli consentono di vivere.
• La storia sociale studia le modalità con le
quali gli uomini, come individui o come
gruppi, entrano in relazione all’interno di
una comunità.
4
Due oggetti di studio diversi ma
correlati
• L’insegnamento di storia economica e sociale
tratta in effetti di due diversi oggetti di studio, che
tuttavia sono profondamente intrecciati tra di loro.
– Le strutture economiche sono condizionate dal quadro
sociale in cui si inseriscono (e a loro volta lo
condizionano): per esempio l’effetto dell’istituzione
sociale della schiavitù.
– La funzione economica svolta determina il ruolo sociale
dei singoli all’interno di una comunità ed è un fattore
importante nella formazione di un gruppo sociale: per
esempio le classi.

La storia degli studi


• La natura del nostro oggetto di studi
(particolarmente l’economia antica) è stata
oggetto di intenso dibattito, a partire dalla
fine del XIX secolo.
• Ripercorrere rapidamente la storia degli
studi consente di comprendere i problemi
legati all’indagine sulla storia economica
del mondo antico.
6
Karl Bücher e i Primitivisti

• K. Bücher, Die Entstehung der Volkswirtschaft (“La genesi


dell’economia nazionale”) nel 1893 propose uno schema
dell’evoluzione dell’economia:
– Economia domestica chiusa (età antica)
– Economia urbana (età medievale)
– Economia nazionale (età moderna)
• Una differenza qualitativa tra l’economia antica e quelle
posteriori: prevalenza dell’agricoltura per l’autoconsumo,
debolezza degli scambi, arretratezza tecnologica, mancato
accumulo di capitali.

Eduard Meyer e i Modernisti


• E. Meyer, Die wirt-
schaftliche Entwicklung
des Altertums (“Lo
sviluppo economico
dell’Antichità”), 1895:
un grande storico del
mondo antico guida la
reazione alle teorie
primitiviste.
8
Eduard Meyer e i Modernisti
• L’economia antica si differenzia da quella moderna solo
per aspetti quantitativi.
• Applicazione allo studio dell’economia antica degli stessi
metodi e della stessa terminologia impiegata per l’indagine
sull’economia moderna.
• Insistenza sulle forme di produzione “industriale”,
sull’intensità degli scambi, sull’economia monetaria;
nascita di una oligarchia della ricchezza, contro
l’aristocrazia terriera.
• Una politica estera condizionata da esigenze economiche,
come la volontà di aprire nuovi mercati.
9

Robert Von Pöhlmann e la visione


modernista della storia sociale
• La visione modernista dell’economia antica
influenzò anche le ricostruzioni della storia
sociale.
• R. Von Pöhlmann in Geschichte der sozialen
Frage und des Sozialismus in der antiken Welt
(“Storia della questione sociale e del socialismo
nel mondo antico”), 19253, convinto di uno
sviluppo capitalistico dell’economia antica,
applicò il concetto marxista di lotta di classe alla
storia sociale dell’Antichità.
10
I riflessi del dibattito in Italia

• Gli echi del dibattito tra Primitivisti e Modernisti si


sentono anche in Italia, soprattutto nella riflessione
di studiosi legati al movimento socialista:
– E. Ciccotti, Il tramonto della schiavitù nel mondo
antico, Torino 1899.
– G. Salvioli, Il capitalismo antico. Storia dell’economia
romana, Bari 1929 [ma pubblicato in versione francese
già nel 1906]: la necessità di distinguere il capitalismo
antico da quello moderno.
– C. Barbagallo, Il materialismo storico, Milano 1916.

11

Un dibattito nato male


• Una premessa erronea per Primitivisti e
Modernisti:
– L’evoluzione economica è processo lineare e omogeneo
nel quale si può collocare con precisione la fase antica?
– È possibile studiare l’economia antica come fenomeno
a sé, con gli stessi metodi con i quali si studia
l’economia moderna?
– È possibile ridurre la storia dell’economia antica allo
studio delle sue performance (modeste per i primitivisti,
notevoli per i modernisti)?
12
Un tentativo di superare la
querelle: Max Weber
• Die protestantische
Ethik und der ‘Geist’ des
Kapitalismus (“L’etica
protestante e lo spirito
del Capitalismo”), 1904:
i fenomeni economici
possono essere condizio-
nati da fattori extra-
economici.
13

Un tentativo di superare la
querelle: Max Weber
• In una serie di opere (che culminano in Wirtschaft
und Gesellschaft [“Economia e società”], 1922)
mette in luce le differenze strutturali di economia
antica e moderna.
• La città antica come consumatrice di beni, la città
medievale e moderna come produttrice.
• Il concetto di cittadinanza slegato da fattori
economici nel mondo antico.

14
Mestieri e cittadinanza nel
mondo antico

• L’esercizio di alcuni mestieri infamanti


limita l’esercizio dei diritti civici:
• Aristotele, Politica, 1278 a: “A Tebe vigeva
una legge che proibiva l'accesso alla
magistratura a chiunque non si fosse tenuto
lontano dall'agorà per dieci anni”.

15

Sulla scia di Weber: Johannes


Hasebroek
• Staat und Handel im alten Griechenland (“Stato e
commercio nella Grecia antica”), 1928, e
Griechische Wirtschafts- und Gesellschafts-
geschichte bis zur Perserkriegen (“Storia
economica e sociale della Grecia fino alle Guerre
persiane”), 1931: la subordinazione dell’economia
alla politica nelle poleis greche.
• Gli stati antichi si interessavano solo ai problemi
dell’approvvigionamento alimentare, non inter-
venendo nelle altre questioni economiche.
16
La lezione di Weber e Hasebroek
• È impossibile studiare l’economia antica
indipendentemente dal quadro istituzionale,
politico e culturale.
• Una lezione non sempre ascoltata: gli echi
del dibattito tra primitivisti e modernisti si
sentono ancora oggi.
– Una conseguenza anche dell’enorme impatto
che ebbero le ricerche di stampo
“modernistico” di M.I. Rostovzev.
17

Un maestro del Modernismo:


Mikhail I. Rostovzev

• Social and Economic


History of the Roman
Empire, 1926.
• Social and Economic
History of the
Hellenistic World,
1941.

18
Un maestro del Modernismo:
Mikhail I. Rostovzev
• Un magistrale e affascinante quadro dell’economia antica,
fondato sulla piena padronanza delle più diverse classi di
fonti.
• Particolarmente in Roman Empire il quadro è nettamente
modernista: industrializzazione e intenso sviluppo
commerciale.
• Il quadro è più sfumato nel posteriore Hellenistic World.
• Sulla scia di Rostovzev: An Economic Survey of Ancient
Rome, a cura di T. Frank, 1933-1940: una grande raccolta
di fonti sull’economia romana, priva di riflessioni teoriche.
19

Un’economia • Mentre oggi l’economia è un


embedded: Karl fenomeno indipendente, nel mondo
Polanyi antico è un fattore integrato nel
quadro istituzionale, politico e
culturale (The Great
Transformation, 1944).
• L’economia antica non può essere
studiata con le stesse categorie
interpretative usate per il mondo
moderno.
• Polanyi inaugura la scuola
sostantivista, in contrasto con quella
formalista, che ritiene che sia
sempre esistita una sfera economica
indipendente.
20
Moses Finley e la “Nuova
Ortodossia”
• Sviluppo del pensiero di
Weber e Polanyi da parte di
uno specialista della storia
antica (The Ancient
Economy, 1973).
• Le teorie di Finley sono
talvolta etichettate come
“neo-primitivismo”.
• La definizione di “Nuova
Ortodossia” allude all’e-
norme influenza del
pensiero di Finley nella
ricerca contemporanea. 21

Moses Finley e la “Nuova


Ortodossia”
• Un modello interpretativo delle caratteristiche dominanti
dell’intera economia greca e romana.
• Un mondo essenzialmente rurale, con una produzione
agricola indirizzata all’autoconsumo.
• Scambi limitati, con un mercato dominato non da leggi
razionali, ma da convenzioni sociali e politiche: il dono e
controdono, la redistribuzione.
• Fattori economici in politica estera: non l’apertura di nuovi
mercati, ma la conquista di terre e bottino e la possibilità di
imporre tasse.
• Uso del capitale per spese di consumo, per affermare il
proprio status sociale, non per investimenti produttivi.
22
Gli sviluppi della “Nuova Ortodossia”:
Keith Hopkins
• Il riconoscimento del valore generale
del modello di Finley.
• Ma la necessità di inserirvi una visione
diacronica, che tenga conto di
un’evoluzione di oltre mille anni:
– Crescita del surplus prodotto (fino al II sec.
d.C.).
– Crescita degli occupati in settori diversi
dall’agricoltura.
– La redistribuzione dei proventi delle tasse
nelle zone militari e nella città di Roma nel
I-II sec. d.C.

23

Dopo Finley: le critiche alla “Nuova


Ortodossia”
• La scuola “empirica”: studi su aspetti di dettaglio, che non
sempre si accordano con il modello generale di Finley.
• La scuola “formalista”: non fermarsi alle concezioni
espresse nella letteratura antica e verificare le forme
concrete assunte dall’economia (soprattutto attraverso la
ricerca archeologica), che spesso hanno caratteri moderni.
– Un impulso di ricerca che nasce anche dall’attuale fenomeno della
globalizzazione?
– Un rinnovato interesse verso gli studi di carattere quantitativo,
nonostante i problemi di questo approccio al mondo antico.
• La scuola “culturale”: studiare i testi di rilievo per la storia
economica e sociale come una costruzione ideologica.
24
Connessioni interdisciplinari
• La storia sociale e la storia economica non solo
sono intrecciate tra di loro, ma hanno anche
connessioni con molte altre discipline:
– Geografia
– Demografia
– Storia del diritto
– Storia delle tecnica
– Storia delle idee e della mentalità
– Storia politica e militare
25

La geografia
• Gli uomini vivono in un ambiente geografico e in
un clima che ne determinano le possibilità
economiche e la facilità delle comunicazioni:
– Le caratteristiche geomorfologiche della Grecia hanno
ostacolato la coltivazione di cereali e le comunicazioni.
• Gli uomini tuttavia possono anche trasformare
l’ambiente a seconda delle loro esigenze:
– La discussa ipotesi di una deforestazione di vaste aree
dell’Italia centrale, per soddisfare le enormi esigenze di
legname della città di Roma.
26
La demografia
• L’ampiezza della popolazione e le sue dinamiche hanno
una rilevanza nello sviluppo della società e dell’economia:
– L’esplosione demografica della Grecia arcaica determina tensioni
economiche e sociali, che porteranno da un lato alla
colonizzazione, dall’altro a mutamenti di regime nelle poleis
greche.
• Ma le dinamiche economiche e sociali hanno a loro volta
un’influenza sull’evoluzione della demografia:
– Tendenze economiche (necessità di non suddividere tra molti eredi
le proprietà familiari) e sociali (relativa emancipazione femminile,
instabilità dei legami matrimoniali) determinano il “suicidio
demografico” della vecchia aristocrazia romana nella prima età
imperiale.
27

La storia del diritto


• La legislazione regola i rapporti sociali e, in alcuni periodi,
anche quelli economici, talvolta dando riconoscimento
giuridico alla situazione di fatto:
– Nel 451-450 a.C. un provvedimento inserito nelle Leggi delle XII
tavole impedisce i matrimoni misti patrizio-plebei. Nel 445 a.C. il
plebiscito Canuleio cancella questa norma.
• Altre volte reagendo contro sviluppi indesiderati
– La legislazione dell’impero romano tardoantico cerca di arrestare
gli impulsi alla mobilità sociale, bloccando le persone nella loro
condizione e nella loro professione, ai fini di assicurare un gettito
fiscale costante.
• In genere gli interventi statali su economia e società furono
meno numerosi nel mondo antico che in quello moderno.
28
La storia della tecnica

• La tecnologia condiziona lo sviluppo economico:


– Il sistema dei trasporti, le fonti di energia.
• Ma anche il progresso tecnico può essere
influenzato dalle condizioni economiche e sociali:
– Secondo un’opinione diffusa, l’istituto della schiavitù
avrebbe ostacolato la traduzione in pratica delle
notevoli conoscenze teoriche della scienza antica.

29

Storia delle idee e della mentalità


• Fattori ideologici hanno pesantemente
condizionato lo sviluppo economico del mondo
antico:
– il mancato apprezzamento del lavoro come valore in sé,
l’assenza di uno spirito imprenditoriale e di
un’ideologia dell’arricchimento.
• Una differente sensibilità “culturale” rispetto al
mondo contemporaneo determina caratteri sociali
per noi inaccettabili:
– La condizione di schiavitù sentita talvolta come
“naturale”, il ruolo marginale della donna.
30
La storia politica e militare
• Gli sviluppi sociali ed economici devono molto alle
condizioni politiche vigenti e ai successi (o agli insuccessi)
militari di uno stato:
– La conquista dell’egemonia nel Mediterraneo da parte di Roma nel
II sec. a.C. portò ad un profondo cambiamento delle sue strutture
sociali ed economiche.
• D’altra parte le strutture economiche e sociali sono spesso
il presupposto per una politica estera di successo:
– Le conquiste romane della media età repubblicana si spiegano
soprattutto in ragione di un potenziale militare straordinario,
offerto da una numerosa classe di contadini-soldati.

31

La storia economica e sociale


della Lucania et Bruttii
• Un soggetto che al momento non ha ancora sintesi
complessive e organiche, a causa di diversi motivi:
– Per quanto concerne la fase romana, l’interesse limitato
che questo periodo della storia regionale riscosse fino a
qualche decennio fa.
– La particolare scarsità e frammentarietà delle fonti sugli
aspetti socioeconomici.
– Il peso delle attuali divisioni amministrative, che porta
a concentrarsi sull’area della Basilicata oppure su
quella della Calabria (o su aree subregionali).

32
La situazione fino agli anni ‘60 del XX
secolo: la fase greca
• Un dibattito dominato da tematiche:
– Di carattere storiografico: le tradizioni mitiche sulla
colonizzazione greca e i rapporti con gli indigeni.
– Di carattere politico e militare: la caduta di Sibari e del suo
impero, il regime pitagorico di Crotone, la Lega Italiota e i
suoi rapporti con gli indigeni e Siracusa.
– Di carattere culturale: le grandi realizzazioni della civiltà
magnogreca.
• Non assenti in questi studi considerazioni di carattere
economico e sociale, che tuttavia raramente diventano il
centro di interesse della ricerca.
• Una conseguenza anche della relativa scarsità di fonti.
33

La situazione fino agli anni ‘60 del XX


secolo: la fase romana
• Le trattazioni sulla fase romana del territorio magnogreco si
riducevano ad una magra appendice dei capitoli dedicati all’illustre
fase greca .
• Gli scarni accenni alle questioni sociali ed economiche erano dominate
da un’ottica di decadenza, nel solco di una celebre frase di Cicerone
(Laelius de amicitia, 13): Magnamque Graeciam, quae nunc quidem
deleta est, tum florebat ….
– Inevitabile l’influenza sulle ricostruzioni antiche delle condizioni di
difficoltà del Mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia.
– Un pregiudizio sull’intervento di Roma, sentita come una potenza
accentratrice, poco rispettosa delle specificità locali.
– L’esempio più illustre di questa tendenza in E. Ciaceri, Storia della
Magna Grecia, I-III, Roma 1932.
• Tutto questo nonostante le fonti che potevano essere messe a frutto
fossero relativamente numerose.

34
Una percezione che oltrepassa gli
studi storici
• La percezione di una crisi socioeconomica del
Mezzogiorno antico, a seguito e a causa della
conquista romana, penetra anche nella letteratura,
per esempio in C. Alvaro, L’età breve (1946):
• «E chi fu la causa della nostra rovina?». «Chi?»,
chiese il signor Diacono. «Lo credereste? I romani».
«Oh! I romani?» esclamò. «Si, i romani. Noi
facemmo una lega contro i romani, aiutammo Pirro
ed Annibale, ma alla fine fummo schiacciati. Da
allora decademmo», disse Rinaldo.

35

La svolta di Ulrich Kahrstedt


• U. Kahrstedt, Die wirtschaftliche Lage
Grossgriechenlands in der Kaiserzeit, Wiesbaden
1960 [Biblioteca digitale].
– Il primo vero tentativo di rivalutazione della fase
romana della Magna Grecia (con speciale attenzione
proprio alla Lucania e al Bruzio).
– Da una visione di semplice crisi economica, a un’ottica
di cambio di polarità rispetto al fase greca, dalla città
alla campagna.
– Il risultato di una infaticabile ricognizione del territorio,
che tuttavia approdò ad una raccolta di materiali più che
ad una vera sintesi.

36
Le lezione di Kahrstedt
• Economia e società nella Magna Grecia. Atti del dodicesimo
Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 8-14 ottobre 1972,
Napoli 1973.
• E.A. Arslan, Ville e città romane in Calabria, «Magna Graecia», 9
(1974), 9-10, pp. 1-8.
– Un primo studio, seppur sintetico, che ha messo in luce la rilevanza
della villa nell’economia regionale di età romana.
• F. Sartori, Le città italiote dopo la conquista romana, «La Magna
Grecia nell'età romana. Atti del quindicesimo convegno di studio
sulla Magna Grecia. Taranto, 5-10 ottobre 1975», Napoli 1976, pp.
83-137 [Biblioteca digitale]
– Uno studio incentrato sulle poleis greche, con un giudizio più sfumato
sulla loro decadenza e più attento alle singole situazioni locali.
• F. Ghinatti, Magna Grecia post-annibalica, «Quaderni di Storia», 3
(1977), 5, pp. 147-160; 3 (1977), 6, pp. 99-115 [Biblioteca digitale].
– Una innovativa sintesi sulle condizioni socioeconomiche del
Mezzogiorno nella prima fase del dominio romano, che dopo un’acuta
crisi fino alla metà del II sec. a.C. vede una fase di recupero.
37

Una reazione contro le nuove


tendenze

• E. Lepore, Roma e le città greche o ellenizzate nell’Italia


meridionale, «Les "bourgeoisies" municipales italiennes
aux IIe et Ier siècles av. J.-C. Centre Jean Bérard. Institut
Français de Naples, 7-10 décembre 1981», Paris - Naples
1983, pp. 347-354 [Biblioteca digitale].
– Una reazione al “revisionismo” di Arslan, Sartori e
Ghinatti, che sposa nuovamente la tesi della crisi
economica e sociale della Magna Grecia romana nel
suo complesso.

38
La messa a punto dell’Istituto
Gramsci
• Un’importante messa a punto da parte di un
gruppo di romanisti che negli anni ‘70 si riuniva
intorno all’Istituto Gramsci: Società romana e
produzione schiavistica, I, L’Italia, insediamenti e
forme economiche, a cura di A. Giardina - A.
Schiavone, Bari 1981:
– A. Greco Pontrandolfo A. - E. Greco, L’agro picentino
e la Lucania occidentale.
– M. L. Gualandi - C. Palazzi - M. Paoletti, La Lucania
orientale.
– P.G. Guzzo, Il territorio dei Bruttii.
39

Le due storie regionali …


• Agli anni ‘90 risale la pubblicazione delle due più recenti storie
regionali, opere miscellanee in cui le vicende economiche e
sociali della Lucania e del Bruzio trovano buono spazio, anche
in mancanza di vere e proprie sintesi.
• Storia della Calabria antica, I-II, a cura di S. Settis, Roma -
Reggio Calabria 1988-1994, particolarmente:
– G. De Sensi, La Calabria in età arcaica e classica. Storia,
economia, società, I, pp. 227-303.
– S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione
epigrafica, pp. 655-667.
– A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle
Calabrie romane, pp. 559-593.
• Storia della Basilicata. 1, L'antichità, a cura di D. Adamesteanu,
Roma - Bari 1999.
40
… storie sovraregionali …
• G. Pugliese Carratelli (a cura di), Magna Grecia. Lo sviluppo
politico, sociale ed economico», I, Milano 1987, pp. 89-98.
– La grande mostra sulla Magna Grecia è occasione per una sintesi in cui
spiccano i contributi di M. Gras (commercio), J.C. Carter (agricoltura e
allevamento), C. Ampolo (società ed economia delle poleis).
• K. Lomas, Rome and the Western Greeks 350 BC - AD 200.
Conquest and Acculturation in Southern Italy, London - New
York 1993 [Biblioteca digitale].
– Il lavoro di una giovane studiosa britannica, che ha messo a frutto in
particolare la considerevole messe di nuove informazioni rivelate
dall’Archeologia.
– Un lavoro dal quale emerge un quadro più equilibrato e attento alle
differenze locali.
– L’accento è sul problema della romanizzazione culturale e istituzionale
di un’area di antica civiltà greca, più che sugli aspetti sociali ed
economici.

41

… e una sintesi su economia e


società della Lucania
• P. Simelon, La Propriété en Lucanie depuis les
Gracques jusqu'à l'avènement des Sévères.
Étude épigraphique, Bruxelles 1993
[Biblioteca digitale].
– A dispetto del titolo, un volume che non riguarda
solamente le strutture della proprietà agricola, ma
investe anche la società della regione lucana.
– Criticato nei dettagli, rimane uno studio
fondamentale per la sezione lucana della regio III
(senza un corrispettivo per la sezione bruzia). 42
Esempi di indagini recenti sulle forme di
occupazione del territorio
• V. Bracco, Volcei, Firenze 1978 (Forma Italiae. Regio III - Volumen
II).
• G.F. La Torre, Blanda, Lavinium, Cerillae, Clampetia, Tempsa,
Firenze 1999 (Forma Italiae 38) [Biblioteca digitale].
• S. Accardo, Villae romanae nell’ager Bruttius. Il paesaggio rurale
calabrese durante il dominio romano, Roma 2000.
• H. Fracchia, The Romanization of the ager Buxentinus (Salerno),
«Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale in età
romana», a cura di E. Lo Cascio - A. Storchi Marino, Bari 2001, pp.
55-73 [Biblioteca digitale].
• M. Gualtieri, La Lucania romana. Cultura e società nella
documentazione archeologica, Napoli 2003 [BAU 937.7 A LUC/11].
• E. Isayev, Inside ancient Lucania. Dialogues in history and
archaeology, London 2007.

43

Le indagini sulla società della regio III in età


romana attraverso la documentazione epigrafica
• Oltre alle sintesi della Segenni (Bruzio) e Simelon
(Lucania) da ricordare:
– G. Camodeca, Ascesa al senato e rapporti con i
territori d'origine. Italia, Regio I (Campania, esclusa la
zone di Capua e Cales), II (Apulia e Calabria), III
(Lucania e Bruttii), «Atti del colloquio internazionale
AIEGL su Epigrafia e Ordine Senatorio. Roma 14-20
maggio 1981», II, Roma 1982, pp. 101-163.
– Le ricerche epigrafiche di V. Bracco e L. Vecchio per la
Lucania.
– Le ricerche epigrafiche di M. Buonocore, F. Costabile e
A. Zumbo per il Bruzio.

44
Conclusioni
1. I fenomeni economici e sociali del mondo antico non possono
essere studiati come oggetti isolati, ma come integrati in una rete
che coinvolge fattori molto diversi.
2. Lo studio della storia economica e sociale del mondo antico è
quindi necessariamente uno studio interdisciplinare.
3. I fattori che condizionarono l’evoluzione dell’economia e della
società antiche sono peculiari di quel mondo: non dobbiamo
rinunciare a porci domande “moderne”, ma le risposte devono
tenere conto delle condizioni antiche.
4. Le condizioni economiche e sociali del mondo antico variarono a
seconda dei luoghi e dei periodi: i modelli interpretativi generali
hanno dei limiti.
5. Nonostante le molte ricerche su singoli aspetti (di taglio
“empirico”), ancora molto resta da fare sulla storia economica e
sociale della Lucania e del Bruzio.

45
Lezione III

Le fonti per lo studio della storia


economica e sociale

L’importanza delle fonti

H = P/p
• ovvero, la Storia (H) nasce dall’incontro tra il
passato (P) e il presente (p), dalla relazione fra i
documenti che il passato ci ha lasciato e
l’interpretazione che noi, uomini del presente, ne
diamo.
• La documentazione antica è dunque il primo e
fondamentale pilastro sul quale si basa la
ricostruzione storica.
2
Che cos’è “fonte”?
• Fonte è tutto ciò che ci viene dal passato, dagli
scritti degli storici antichi, ai segni che il passato
ha lasciato nel paesaggio attuale.
• In particolare nella ricostruzione della storia
antica, per la quale le fonti a disposizione non
sono numerose, non possiamo trascurare alcun
tipo di informazione che ci giunge dal passato.
• Un “comandamento” che vale a maggior ragione
per i temi della storia economica e sociale, poco
documentati.
3

La classificazione fonti scritte /


fonti non scritte
• Fonti scritte: testi degli autori antichi, iscrizioni,
papiri, monete.
• Fonti non scritte: resti materiali, edifici, oggetti
mobili rivelati dalla ricerca archeologica.
– Molti documenti presentano contemporaneamente un
aspetto testuale e uno non testuale.
– L’efficacia sintetica della documentazione scritta, il
valore evocativo e le occasioni di approccio originale
della documentazione non scritta.

4
La classificazione in base
all’intenzionalità
• Documenti diretti e involontari, creati
dall’autore per il proprio uso personale (per
esempio appunti su papiro, oggetti della vita
quotidiana).
• Documenti mediati e volontari, creati
dall’autore per essere consegnati alla
memoria dei posteri (per esempio, le opere
storiche dei grandi autori greci e latini).
5

La classificazione in base al
grado di rielaborazione
• Fonti non rielaborate, prodotto immediato
del processo storico (atti conservati su
iscrizioni o su papiro, resti materiali).
• Fonti rielaborate, prodotto di una
riflessione, che in genere assume la forma
di una narrazione continua; si fondano
spesso su fonti non rielaborate.
6
La classificazione in base al
supporto materiale

• Fonti letterarie
• Fonti epigrafiche
• Fonti papiracee
• Fonti numismatiche
• Fonti archeologiche

Le diverse classi di fonti per la storia economica e


sociale e le scienze che le studiano
Storia politica e
Fonti letterarie Filologia classica militare, Storia delle
idee
Storia locale, Storia
Fonti epigrafiche Epigrafia greca e latina
sociale
Storia locale, Storia
Fonti papiracee Papirologia
economica e sociale

Fonti numismatiche Numismatica antica Storia economica

Storia economica,
Fonti archeologiche Archeologia classica Storia della cultura
materiale

8
I tratti comuni delle fonti per la storia
economica e sociale del mondo antico
1. Scarsità: in confronto alle epoche posteriori, i documenti
antichi sono in quantità inferiore.
2. Impossibilità di usare le fonti in modo immediato: ogni
documento deve essere decifrato, tradotto, interpretato,
datato.
3. Mancanza di trattazioni organiche: la maggior parte dei
problemi storici richiede l’analisi di documenti di vario
carattere.
4. Difficoltà di uso statistico dei dati: il campione da noi
posseduto, oltre ad essere poco significativo, è casuale;
alcuni periodi e alcune località sono molto meglio
documentate di altre.
9

La letteratura antica come fonte per la storia


economica e sociale
• In assenza di trattazioni organiche, dati sui fenomeni economici
e sociali si trovano sparsi in opere appartenenti ai più diversi
generi:
– Trattatistica filosofica
– Manuali pratici (finanza, agricoltura)
– Storiografia
– Geografia
– Antiquaria
– Teatro, in particolare nella commedia
– Oratoria
– Poesia e romanzo
• In genere questi dati sono frutto di una rielaborazione
dell’autore, della sua personale interpretazione della realtà
economica e sociale: un filtro di cui tenere conto nell’analisi
della testimonianza.

10
Un romanzo come fonte per la storia economica e
sociale: Petronio, Satyricon, 71, 5-12

Volgendosi poi ad Abinna [Trimalchione] fece: «Dimmi un po’, mio buon


amico, me la stai costruendo la tomba nel modo che ti ho ordinato? Ti prego
che ai piedi della mia statua tu ci dipinga la cagnetta, e corone e profumi e
tutti gli scontri di Petraites, che a me tocchi, grazie a te, di essere vivo anche
dopo morto. E che poi ci siano 100 piedi in larghezza, 200 piedi di
profondità. Perché intorno alle mie ceneri io voglio frutti di ogni specie e viti
in abbondanza. Perché è un vero assurdo disporre solo da vivi di case ben
arredate e non curarsi di quelle dove dovremo abitare più a lungo. Ed è così
che in testa a tutto voglio che ci si metta: “Questa tomba non ha da passare
all’erede”. D’altro canto sarà mia cura provvedere col testamento affinché da
morto non mi si porti offesa. Distaccherò infatti al mio sepolcro, con funzioni
di custode, un liberto, perché la gente non si precipiti a cagarmi sulla tomba.

11

Un romanzo come fonte per la storia economica e


sociale: Petronio, Satyricon, 71, 5-12

«E ti prego che … della tomba tu ci faccia anche delle navi che se ne vanno a
gonfie vele, e me che sto assiso in seggio, con una pretesta indosso e 5 anelli
d’oro, e profondo in mezzo al popolo soldi dal borsellino, perché, come sai, ho
offerto un banchetto con due denari a testa. Se ti pare, facci anche i triclini. E ci
farai anche il popolo in massa che se la gode. Alla mia destra ci metterai la
statua della mia Fortunata con una colomba in mano - e che porti legata al
guinzaglio la cagnetta - e il mio piccoletto, e delle grosse anfore sigillate, che
non lascino scappare il vino. E potresti anche scolpirci una brocca infranta, con
un valletto che ci piange sopra. In mezzo a tutto un orologio, che chiunque
guardi l’ora, volente o nolente debba leggere il mio nome. Anche per l’epitafio
guarda un po’ se ti pare che questo possa andare: “Caio Pompeo Trimalcione
Mecenaziano qui riposa. Gli fu decretato in sua assenza il sevirato. Poteva
essere iscritto a Roma in tutte le decurie, ma non lo volle. Pio, forte, fedele,
venne su dalla gavetta, lasciò 30 milioni di sesterzi, né mai andò a lezione da un
filosofo. Sta’ bene. E anche tu”».

12
Un romanzo fondato su elementi
di realtà
• L’indicazione dell’area sepolcrale è comune nelle
iscrizioni funerarie romane, con la formula in fronte
pedes …, in agro pedes …
• Evidente anche la preoccupazione verso possibili danni
inferti al sepolcro.
• L’iscrizione sepolcrale di Trimalchione riproduce alcune
formule caratteristiche effettivamente riscontrabili in
epigrafia latina:
– La formula h(oc) m(onumentum) h(eredem) n(on)
s(equetur).
– La formula di commiato di un immaginario dialogo tra
defunto e passante: Vale! Et tu!

13

La formula di
limitazione del
diritto ereditario

• CIL III, 5564 da


Iuvavum (Norico): D(is)
M(anibus). / Marcello /
Prima Nivi (filia) / viva
fecit sibi / et Mat(tio)
Seccio. / H(oc) m(onu-
mentum) h(eredem)
n(on) s(equetur).

14
Un romanzo fondato su elementi di
realtà

• Il gladiatore Petraites è
noto da una coppa di vetro
rinvenuta a Chavagnes-en-
Pailliers, in Francia,
raffigurante 4 coppie di
gladiatori che combattono
tra loro (metà del I sec.
d.C.)

15

Un particolare genere letterario:


la letteratura giuridica
• Codex Theodosianus, raccolta di costituzioni
imperiali promossa da Teodosio II (438 d.C.).
• Corpus Iuris Civilis di Giustiniano (a partire dal
529 d.C.):
– Institutiones, un manuale di diritto romano.
– Codex Iustinianus, raccolta di costituzioni imperiali.
– Digesto (o Pandette), un’antologia della giurisprudenza
romana, ordinata per temi.
– Novelle, raccolta delle costituzioni promulgate da
Giustiniano dopo l’edizione del Codex.

16
Le fonti letterarie per la storia economica
e sociale della regio III
• Un dato comune alle fonti letterarie: il loro punto di vista è
sostanzialmente quello dei Greci prima, dei Romani poi.
• Un punto di vista quindi ostile agli avversari delle due civiltà (le
popolazioni italiche in particolare, ma anche le poleis greche
nelle fonti romane).
• In chiave di storia economica particolare rilievo ha il luogo
comune dell’eudaimonia che conduce all’hybris e alla tryphé,
che a loro volta sfociano nella debolezza militare e nella poca
fermezza politica, dunque portano alla decadenza.
• Un luogo comune duro a morire anche nel I sec. a.C., quando
ormai la regione aveva subito radicali trasformazioni.
• Inoltre la caratterizzazione dell’economia “di rapina” delle
popolazioni italiche.

17

Le fonti letterarie per la storia economica


e sociale della Lucania e del Bruzio
• Molti brevi accenni in opere disparate,
appartenenti a diversi generi letterari:
– Storiografia
– Geografia
– Antiquaria
– Manualistica pratica sull’agricoltura
– Letteratura giuridica

18
La storiografia
• Erodoto (484-424 a.C. circa) e Tucidide (460-397 a.C. circa) in
particolare per le vicende della colonizzazione greca.
• Diodoro Siculo (attivo alla metà del I sec. a.C.) per le vicende
della regione tra il 480 e il 301 a.C., in particolare da Eforo e
Timeo.
• Livio (59 a.C. – 17 d.C.) per le vicende della regione tra il 218 e
il 167 a.C.
• Plutarco (45-120 d.C. circa) soprattutto nella Vita di Pirro.
• Appiano (attivo intorno al 160 d.C.), nella Guerra annibalica e
soprattutto nelle Guerre civili, per le vicende della tarda età
repubblicana, dai Gracchi al II triumvirato.
• Giustino (età degli Antonini) con la sua epitome delle Storie
Filippiche di Pompeo Trogo, con cenni sulla storia della regione
fino all’età cesariana.

19

La Geografia: Strabone (64 a.C. – 20


d.C, circa)
• Nella sua Geografia (VI, 1) si sofferma proprio sulla Lucania e
il Bruzio, con diverse notazioni di interesse per la storia
economica.
• Una geografia umana, piuttosto che fisica.
• Notazioni che non di rado, grazie alla scrupolosa consultazione
di opere anteriori (Antioco di Siracusa in primis), si riferiscono
alla fase greca della regione, ma che spesso valgono anche per il
periodo romano:
– Geografia, VI, 1, 1: ἀναγκάζονται γοῦν διὰ
τὴν λυπρότητα τῆς γῆς τὰ πολλὰ
θαλαττουργεῖν καὶ ταριχείας
συνίστασθαι καὶ ἄλλας τοιαύτας
ἐργασίας. (“Ad ogni modo [gli abitanti di Elea] sono
costretti dalla povertà della loro terra ad impegnarsi principalmente
in attività marittime e a creare impianti per la salagione del pesce e
per altri lavori di questo tipo”).
20
L’Antiquaria e l’Erudizione
• Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), Storia
naturale: un’enciclopedia universale che è
un’autentica miniera di informazioni
soprattutto di storia economica.
• Ateneo (attivo alla fine del II sec. d.C.),
Deipnosofisti: un curioso zibaldone, ricco di
notizie anche sulla nostra regione.

21

La letteratura giuridica: Cassiodoro (490-583 d.C.)

• Nelle sue Varie raccolse in 13 libri i


documenti da lui redatti mentre era
al servizio dei re ostrogoti
dell’Italia.
• Originario di Scolacium e
governatore della provincia di
Lucania e Bruzio, era un eccellente
conoscitore del territorio.
• Nell’immagine il f. 5r del Codex
Amiatinus, che secondo una teoria
rappresenta Cassiodoro nella sua
biblioteca di Vivarium.

22
La documentazione epigrafica come
fonte per la storia economica e sociale
• Documenti basilari per la storia sociale delle classi
medie e basse, in genere ignorate dalle fonti
letterarie.
– Tuttavia gli strati sociali infimi della società sfuggono
anche alla considerazione delle iscrizioni (insufficienza
di mezzi economici, analfabetismo).
• Documenti fondamentali per la storia locale delle
comunità del mondo antico, che non trova
solitamente spazio nelle opere letterarie.
23

Alcune classi di documenti epigrafici di


rilievo per la storia economica e sociale
• Leggi e decreti
• Inventari, conti, liste di contributi di partico-
lare rilevanza
• Trattati internazionali
• Iscrizioni e bolli su oggetti mobili (instru-
mentum domesticum)
• Iscrizioni relative alla costruzione di opere di
interesse pubblico
• Iscrizioni funerarie
• Iscrizioni di carattere onorario
24
I limiti della documentazione epigrafica
• Una distribuzione cronologica che si concentra, in
genere, tra gli inizi del I sec. d.C. e la metà del III sec.
d.C., in dipendenza delle variazioni del “costume
epigrafico”.
• Il concentrarsi della documentazione in alcune città
può dipendere da ragioni amministrative (Atene, città
dell’Asia minore in età imperiale), logistiche
(disponibilità di cave di pietra vicine, come ad
Aquileia o Brixia) o ancora dalle vicende della ricerca
archeologica (Auximum).
• Una documentazione di carattere ufficiale, che tende a
celare i contrasti e le tensioni.
• Informazioni di lapidaria sinteticità, spesso su
questioni particolari che a stento si inseriscono in un
quadro generale noto solo a grandi linee.
25

Un esempio di iscrizione onoraria per la storia


sociale: CIL IX, 5839 da Auximum
• C(aio) Oppio C(ai) f(ilio)
Vel(ina tribu) / Basso, p(atrono)
c(oloniae), / pr(aetori) Auximo,
(centurioni) leg(ionis) / IIII
Fl(aviae) Fel(icis), evoc(ato)
Aug(usti) / ab actis fori,
b(eneficiario) pr(aefectorum)
pr(aetorio), / signif(ero),
option(i), tesse(rario) /
coh(ortis) II pr(aetoriae), mil(iti)
coh(ortium) XIIII / et XIII
urbanarum. / Coll(egium)
cent(onariorum) Auxim(atium) /
patr(ono) ob merita eius. /
L(ocus) d(atus) d(ecreto)
d(ecurionum).

26
Le fonti epigrafiche per la storia
economica e sociale della regio III
• Probabilmente la Lucania e il Bruzio, tra le regioni
dell’Italia, sono quelle a minore densità epigrafica: circa
1.700 testi.
• Un fenomeno di difficile interpretazione, ma
verosimilmente da imputare a fattori posteriori alla fine
dell’età antica (il massiccio reimpiego, le deperibilità
del materiale impiegato, le vicende della ricerca
archeologica).
• Un patrimonio comunque prezioso, sia per qualche
documento di spicco, sia per le serie documentali che ci
offre.

27

Il patrimonio epigrafico delle regiones


italiche in età romana
Una stima piuttosto grossolana, ma indicativa, fondata sulla Epigraphik
Datenbank Clauss-Slaby (http://www.manfredclauss.de/).

• Roma: 113.603 • VI - Umbria: 4.539


• I - Latium et Campania: 37.145 • VII - Etruria: 6.787
• II - Apulia et Calabria: 5.307 • VIII - Aemilia: 3.211
• III - Lucania et Bruttii: 1.681 • IX - Liguria: 1.719
• IV - Samnium: 5.936 • X - Venetia et Histria: 15.250
• V - Picenum: 2.171 • XI - Transpadana: 3.932

28
Documenti di spicco per la
storia economica e sociale
della regione

• Decreti della città di Eraclea,


relativo alle terre sacre dei
templi di Atena Poliade e
Dioniso.
• Conservati su tavole bronzee
di fine IV – inizio III sec.
a.C.

29

Documenti di spicco per la storia


economica e sociale della regione

• Le 37 tavolette bronzee di Locri, uno straordinario archivio di IV-III sec. a.C.


che registra i prestiti del tempio di Zeus Olimpio alla città; alcuni di questi
prestiti potrebbero essere correlati alle esazioni di Pirro, cf. F. Costabile et alii,
Polis ed Olympieion a Locri Epizefiri: costituzione, economia e finanze di una
città della Magna Grecia, Soveria Mannelli 1992.

30
Documenti di spicco per la storia
economica e sociale della regione

• La tavola bronzea con il


Senatus consultum de
Bacchanalibus del 186
a.C. da Tiriolo (CIL I2,
581).
• Provvedimento di repres-
sione dei culti bacchici,
che forse erano espres-
sione di un disagio
sociale.
31

Documenti di spicco per la storia


economica e sociale della regione

• L’iscrizione itineraria da Polla


della seconda metà del II sec.
a.C. (CIL I2, 638).
• Testimonianza della
costruzione della via Capua -
Rhegium.
• Accenna ad altri significativi
episodi della storia sociale ed
economica della regione.

32
Documenti di spicco per la storia
economica e sociale della regione
• La stele con i benefici elargiti da L. Domitius Phaon in
favore di un’associazione religiosa devota a Silvano al
tempo di Domiziano, da Caposele (CIL X, 444).
• La base da Petelia (Strongoli) in onore del nobile M’.
Megonius Leo, con un estratto dal suo testamento, dell’età
di Antonino Pio (CIL X, 114).
• Il cosiddetto catasto di Volcei, che forse registra le
proprietà agricole del nobile L. Turcius Apronianus in
questa comunità lucana nel 323 d.C. (CIL X, 407).
• Le tavole bronzee con gli onori conferiti dalla comunità di
Paestum ad Aquilius Nestorius e al figlio Aquilius Aper nel
347 d.C. (CIL X, 477 e AE 1990, 211).
33

I papiri come fonte per la storia


economica e sociale
• Documenti fondamentali per la ricostruzione della
storia sociale e della storia economica, in
particolare a livello di strutture locali.
• Consentono di conoscere dettagli altrimenti
destinati a rimanere ignoti.
• I dati ricavati dai papiri un tempo erano talvolta
liquidati come irrilevanti per la situazione extra-
egiziana; oggi si riconosce la loro portata più
generale.
34
Alcune classi della documentazione papiracea
di rilievo per la storia economica e sociale

• Editti ed ordinanze
• Documentazione di carattere giudiziario
• Petizioni
• Contratti di lavoro
• Ricevute di pagamento, in particolare di tasse.
• Testamenti
• Lettere private

35

I problemi interpretativi posti dalla


documentazione papiracea
• Inserimento di una testimonianza molto puntuale
in un contesto più generale.
• Validità delle informazioni fornite, che si
riferiscono ad un’area limitata, nel contesto più
generale del mondo ellenistico e romano.
• Decifrazione della scrittura e integrazione dei
numerosi testi lacunosi.
• Inquadramento cronologico di documenti che
spesso non riportano alcuna datazione esplicita.

36
Un esempio di
papiro per la storia
sociale ed
economica: P. Oxy
2909 (270 d.C. circa)

37

Un esempio di papiro per la storia sociale ed


economica: P. Oxy 2909 (270 d.C. circa)
• A Calpurnio Orione, neokoros del grande Serapide, eccellente
hypomnematographos, da parte di Aurelio..., figlio di ..., nipote di ...? ,
la cui madre è Thaesis, della gloriosa città degli Ossirinchiti. Visto che
è stata votata dall’eccellente consiglio (una delibera che stabilisce) che
coloro che hanno svolto dei servizi pubblici possono partecipare alle
distribuzioni gratuite di grano e visto che io ho svolto un servizio
pubblico nel quartiere di ... come conduttore pubblico di asini, e sono
stato inserito nei registri forniti dal nostro phylarches, accadeva che io
fossi lontano da casa, ora però che sono tornato, mi dichiaro presente e
chiedo di poter beneficiare delle distribuzioni gratuite di grano,
secondo quanto è stato stabilito dal decreto dell’eccellente consiglio in
termini uguali a coloro che sono nelle mie stesse condizioni. Stammi
bene.

38
Un esempio di documento “papiraceo” per la storia sociale: A.K.
Bowman, Life and Letters of the Roman Frontier. Vindolanda and its
People, London 1994, p. 127, n°21 (97-103 d.C. circa)

39

Un esempio di documento “papiraceo” per la storia sociale: A.K.


Bowman, Life and Letters of the Roman Frontier. Vindolanda and
its People, London 1994, p. 127, n°21 (97-103 d.C. circa)

• Claudia Severa alla sua Lepidina, salute! Il terzo giorno


prima delle Idi di Settembre ( = 11 Settembre), sorella, per
la giornata della mia festa di compleanno, ti invito di cuore
a far sì che tu venga da noi, per rendere con la tua presenza
la mia giornata ancora più felice, se verrai (?). Saluta il tuo
Ceriale. Il mio Elio e il figliolo lo salutano. Ti aspetto,
sorella! Stammi bene, sorella, anima mia carissima, così
come io mi auguro di star bene, e addio. A Sulpicia
Lepidina (moglie) di Ceriale, da parte di Severa.

40
Un esempio di documento “papiraceo”
per la storia sociale

• Un biglietto di invito a Sulpicia Lepidina, moglie del


comandante della IX coorte dei Batavi, Flavius Cerialis,
inviato da Claudia Severa, moglie di Aelius Brocchus.
• La corrispondenza tra le due donne è altrimenti nota,
come nota è l’amicizia tra Ceriale e Brocco, forse un
ufficiale di una vicina guarnigione.
• Uno dei primi esempi di lettera autografa di una donna.
• Il documento getta una luce vivace sulla vita sociale,
anche delle donne, nella remota frontiera dell’Impero.

41

La documentazione numismatica come


fonte per la storia economica e sociale
• Nel documento numismatico convivono due aspetti:
– Aspetto materiale (peso, composizione della lega metallica) di
particolare rilevanza per lo studio della storia economica:
integrazione in un “mercato comune” di più stati, difficoltà
finanziarie dello stato emittente.
– Aspetto comunicativo (legenda e il tipo), che pure può dare
qualche informazione di tipo economico.
• Un documento prodotto in serie, che si presta a
considerazioni statistiche.
• Il ritrovamento di monete al di fuori dei confini
dell’autorità emittente può indicare flussi commerciali.
• Lo studio dei conii può rivelare l’intensità delle emissioni.
42
Il tipo monetale come fonte per la
ricostruzione della vita economica di una città

• Statere di Metaponto (330-290 a.C.). Al dritto testa di


Demetra con corona di spighe; al rovescio una spiga (di
orzo), la legenda META e la contromarca LU.
43

Tipo e legenda come fonte per la ricostruzione


della storia sociale di una città
• Sesterzio da Caesaraugusta,
odierna Saragozza (4-3 a.C.)
• Legenda: Caesaraugusta. II
vir(i) Cn(eus) Dom(itius)
Amplian(us) C(aius) Vet(urius)
Lancia
• Tipo: vessilli delle legioni IV,
VI e X, dalle quali
provenivano i veterani
insediati nell colonia di
Caesaraugusta.

44
Tipo e legenda come fonte per la
ricostruzione della storia di una città

45

La documentazione numismatica
nella regio III
• Di particolare interesse le emissioni locali
delle comunità rimaste formalmente
autonome nei primi decenni del dominio
romano:
– Le colonie latine di Paestum, Copia e Valentia.
– Le città alleate di Elea, Rhegium, Metapontum,
Petelia.

46
La documentazione numismatica della
regio III: Reggio

• Moneta bronzea del peso gr. 7,89 (260-215 a.C.). Al dritto testa di
Apollo con corona di alloro; al rovescio tripode delfico con la legenda
RHGINWN.
47

La documentazione numismatica
della regio III

• Semuncia di gr. 2,87 (218-201 a.C.). Al dritto testa di Cerere con


corona di spiga; a rovescio cane, ramo di ulivo (?) e legenda
Pais(tanorum).

48
La documentazione archeologica come fonte
per la storia economica e sociale

• L’indagine archeologica rivela infrastrutture (vie, porti) e strutture


produttive del mondo antico (fattorie, ville con impianti di
trasformazione dei prodotti agricoli, laboratori artigianali, scholae di
associazioni di mestiere).
• Lo studio delle strutture abitative fornisce elementi per la
ricostruzione della società antica.
• L’indagine archeologica ci offre anche migliaia di oggetti mobili non
deperibili, rivelando i luoghi d’origine, le caratteristiche e la
diffusione di questi prodotti.
• Le indagini archeobotaniche e archeozoologiche offrono dati
insostituibili sulle attività agricole e di allevamento.
• La documentazione iconografica offre preziose testimonianze dei
processi produttivi e delle tecniche degli antichi.
• L’interpretazione del dato archeologico è più problematica per quanto
riguarda le forme di organizzazione della produzione.
49

I risultati di una prospezione di


superficie ai fini della storia economica

Il caso del territorio di Metaponto


Insediamenti
a Metaponto
in età
ellenistica

51

Insediamenti
a Metaponto
in età
repubblicana

52
Insediamenti a
Metaponto in
età imperiale

53

L’archeologia subacquea e navale

Una delle navi romane recentemente ritrovate a Pisa


54
Una classe di materiali importante per la
storia economica: le anfore

Diffusione in Britannia delle anfore vinarie Dressel 1


(fine II - fine I sec. a.C.) 55

Una classe di materiali importante per la


storia economica: le anfore

Diffusione in Britannia delle anfore vinarie Dressel


2-4 (fine I sec. a. C - fine I sec. d.C.) 56
La documentazione iconografica: scena di
costruzione di un ponte dalla colonna di
Traiano

57

Le aree archeologiche della Lucania di


maggior interesse
• Grumentum, nei pressi di Grumento Nova:
– Un notevole parco archeologico nel quale si
possono ammirare i resti della rete stradale, il
teatro, alcuni templi, le terme, il foro e
l’anfiteatro.
• Il santuario di Mefitis a Rossano di Vaglio:
– Un suggestivo complesso, sacro a questa dea
lucana delle acque.

58
Il Foro di Grumentum

59

Il santuario di Mefitis a Rossano di Vaglio

60
Il santuario di Mefitis a Rossano di Vaglio

61

Le aree archeologiche della Lucania di


maggior interesse
• Parco archeologico urbano dell’antica
Volcei a Buccino:
– Un itinerario attraverso la Volcei romana, le cui
vestigia si nascondono nell’attuale Buccino.
• Parco Archeologico di Paestum:
– Oltre agli spettacolari templi della colonia greca
di Poseidonia, notevoli anche i resti della città
romana.
62
Paestum: una strada

63

Paestum: le mura

64
Volcei: i resti del Caesareum inglobati in
costruzioni moderne

65

Le aree archeologiche della Calabria di


maggior interesse
• Parco archeologico della Sibaritide:
– Di fatto le strutture visibili nella maggior parte dei casi non sono
quelle delle illustri città greche di Sibari e Turii, ma della più
modesta colonia latina di Copia.
• Parco archeologico di Scolacium:
– L’abbandono dell’insediamento antico (con il trasferimento degli
abitanti in età altomedievale nell’odierna Squillace) ha consentito
la conservazione e l’esplorazione della colonia romana.
• Parco archeologico urbano di Vibo Valentia:
– Di particolare rilievo le fortificazioni di origine greca; alla città
romana appartengono le strutture individuate nei quartieri di
Terravecchia e S. Aloe, dove si sono rinvenute abitazioni private di
notevole rilevanza sociale.
66
Il Parco archeologico della Sibaritide: il
cosiddetto emiciclo

67

Il Parco archeologico di Scolacium:


l’area del Foro

68
Ritratti di notabili locali, di età giulio-claudia,
posti a decorazione del teatro di Scolacium

69

Il Parco archeologico urbano di Vibo: un


mosaico dal quartiere di S. Aloe

70
I principali Musei Archeologici della
Lucania
• Museo Archeologico Nazionale della Basilicata di
Potenza:
– Di particolare interesse gli oggetti relativi al santuario di Mefitis,
presso Rossano di Vaglio.
• Museo Archeologico Nazionale dell’alta val d’Agri a
Grumento Nova:
– Conserva i notevoli rinvenimenti della romana Grumentum.
• Museo Archeologico Nazionale di Capaccio:
– Conserva i reperti relativi alla vicina Paestum, comprese le
numerose epigrafi latine.

71

I principali Musei Archeologici della Calabria


• Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria:
– Uno dei maggiori musei archeologici italiani, a lungo ha raccolto i
rinvenimenti da tutta la regione, ora efficacemente esposti città per città; i
“gioielli” della raccolta appartengono alla fase greca, ma anche l’età
romana trova giusto spazio.
• Museo Archeologico Nazionale di Crotone:
– Prevalente incentrato sui rinvenimenti di età protostorica e di età greca da
Crotone e dall’area crotoniate (i santuari di Era Lacinia e Apollo Aleo); ha
anche una piccola sezione romana.
• Museo della Sibaritide:
– Prevalentemente incentrato sulle presenze greche e indigene nel territorio.
• L’Antiquarium di Scolacium:
– Una struttura recentissima, incentrata sui rinvenimenti di età romana, tra i
quali affascina in particolare la statuaria.
72
Per saperne di più: i caratteri
generali delle fonti sul mondo antico
• L. Cracco Ruggini (a cura di), Storia antica:
come leggere le fonti, Bologna 1996 [BAU
930.07 A 6].
• M. Crawford – E. Gabba – F. Millar – A.
Snodgrass, Le basi documentarie della storia
antica, Bologna 1984 [BAU 930.07 A 2].
• G. Poma (a cura di), Le fonti per la storia
antica, Bologna 2008.
73

Per saperne di più: i siti web delle


Soprintendenze
• Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Basilicata:
– http://www.archeobasi.it/
• Soprintendenza per i Beni Archeologici delle
province di Salerno e Avellino:
– http://www.archeosa.beniculturali.it/
• Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Calabria:
– http://www.archeocalabria.beniculturali.it/

74
Lezione IV

Le premesse strutturali

I condizionamenti della geografia:


l’orografia
• La morfologia del territorio condiziona le forme di
sfruttamento e le possibilità di comunicazione, con
profondi effetti sull’economia.
• Nella regio III un territorio accidentato, caratterizzato da
un susseguirsi di massicci montuosi, sebbene di non
eccelsa altezza:
– I Monti Alburni e i Monti della Maddalena nella Lucania tirrenica.
– Il massiccio del Pollino tra Lucania e Bruzio.
– La Catena Costiera e la Sila nel Bruzio centro-settentrionale.
– Le Serre e l’Aspromonte nel Bruzio centro-meridionale.

2
I condizionamenti della geografia: le
pianure
• In genere di modesta estensione e situate
sulle coste:
– In Lucania la Piana del Sele, la Piana di
Metaponto e la pianura interna del Vallo di
Diano.
– Nel Bruzio la Piana di Sibari (con il naturale
prolungamento della valle del Crati), la Piana di
S. Eufemia e la Piana di Gioia Tauro.

Carta fisica della Lucania

4
Carta fisica
del Bruzio

L’idrografia
• Un grande numero di brevi corsi d’acqua, rilevanti non
solo per l’irrigazione, ma anche per le comunicazioni.
– Le possibilità di navigazione fluviale anche su corsi d’acqua di
modesta portata.
– La possibilità di creare piccoli porti alle foci dei fiumi.
– I solchi vallivi favoriscono le comunicazioni (per esempio il
sistema Crati - Savuto).
• Corsi d’acqua in genere più lunghi e di regolare portata sul
versante ionico: da nord a sud il Bradano, il Basento,
l’Agri, il Sinni, il Crati, il Neto.
• Sul versante tirrenico da ricordare il Sele (con il suo
affluente Tanagro), il Lao, il Savuto e l’Amato.
6
Le vie di comunicazione fluviale
• Le opportunità di navigazione su corsi d’acqua di
modesta entità, che comunque avevano probabilmente
una portata maggiore di quella odierna.
• Una possibilità favorita dall’uso in età antica di piccole
imbarcazioni a fondo piatto.
• Il Crati sembra essere stato navigabile fino a 40 km.
dalla foce.
• Plinio, Naturalis Historia, III, 96 e i fiumi navigabili del
Bruzio: amnes ibi navigabiles Carcinus, Crotalus,
Semirus, Arogas, Thagines.
– Una testimonianza che si riferisce alla sola Calabria ionica.
– Discussa l’identificazione dei corsi d’acqua menzionati da
Plinio, che comunque non dovevano essere tra i maggiori di
questo versante del Bruzio.
7

I porti
• La posizione della nostra regione nel Mediterraneo
ne fa un punto di passaggio obbligato per molte
rotte tra Oriente e Occidente, tra Meridione e
Settentrione.
• La conformazione delle coste favorisce la
creazione di numerosi approdi, tranne che sulla
costa ionica della Lucania.
• Tra i più rilevanti in età romana: Velia, Vibo
Valentia, Reggio, Locri, Crotone, Sibari.
8
Il problema del drenaggio

• Le piane costiere e interne della regione


hanno le tendenza all’impaludamento, in
assenza di costanti lavori di regimentazione
delle acque.
• Una tendenza che favorì lo sviluppo della
malaria in alcune fasi dell’antichità.

Il regime delle piogge


• La concentrazione di violente piogge in brevi
periodi, caratteristica del clima mediterraneo,
provoca l’erosione dei suoli.
• Un fenomeno che è stato osservato anche per la
nostra regione nell’Antichità, in base ai sedimenti
della piana di Metaponto.
• Un fenomeno potenzialmente devastante dal punto
di vista economico, ma i cui effetti in età antica
furono mitigati da un’occupazione meno intensa
del territorio rispetti ai giorni nostri.
10
Deforestazione?

• Alcuni studiosi hanno supposto una grave deforestazione


dell’Appennino lucano e calabro nell’Antichità.
• Un’ipotesi che può trovare sostegno nell’ampio uso
“distruttivo” dei boschi di questo periodo, come legna da
costruzione o da ardere e per ricavare la pece.
• Un uso che in età romana era in concorrenza con l’utilizzo
“non distruttivo” del bosco e che può essere il motivo di
tensioni socioeconomiche tra gruppi diversi.

11

Le condizioni dell’agricoltura
• Le tre fondamentali colture del territorio in età romana,
cereali, vite e ulivo, erano già presenti agli inizi del I
millennio a.C.
• Tra i cereali nel periodo in considerazione assistiamo ad
una crescita del grano (tenero e duro), a spese dell’orzo e
del farro, più adatti al clima mediterraneo, ma meno
apprezzati per l’alimentazione.
• Un periodo di basse rese: nella coltivazione dei cereali era
normale una resa di 4 volte la semente e di 4 q/ha (oggi per
il grano tenero 25-90 q/ha, per il grano duro 15-50 q/ha).

12
Le condizioni dell’allevamento
• Nella nostra regione, come in molte altre del Mediterraneo,
assumeva soprattutto la forma della transumanza, favorita
dalla relativa contiguità tra aree montuose e aree pianeggianti.
– Un’alternanza tra pascoli invernali, in pianura, e pascoli estivi, in
montagna.
– Una forma di allevamento già praticata, su piccola scala, nell’Italia
preistorica.
• Un considerevole contributo dell’allevamento all’economia
antica, in termini di carne, latte e lana.
• Ma la pratica della transumanza poteva ostacolare l’uso degli
animali nel lavoro dei campi, assolutamente fondamentale
nell’antichità.
13

L’incidenza delle malattie


• Le cattive condizioni igieniche e un’alimentazione
piuttosto povera era causa di una forte incidenza delle
malattie, soprattutto infettive.
• Nella nostra regione particolarmente rilevante la malaria,
diffusa da alcune specie di zanzare che vivevano nelle zone
paludose.
– Il vettore della malattia giunse in Italia meridionale dal
Mediterraneo orientale e dall’Africa, forse a seguito
dell’intensificarsi dei contatti commerciali.
– Un dato che ha influenzato le forme dell’insediamento antico, che
privilegiano le alture rispetto alle zone basse.
– La malattia è attiva in estate e in autunno, debilitando i contadini
proprio nel periodo del raccolto.
14
L’incidenza dei fenomeni
migratori
• Secondo alcuni studiosi complessivamente meno
forte nel mondo romano che in altre civiltà antiche
(p. es. la Cina degli Han).
• Ma la nostra regione sperimentò notevoli
fenomeni di mobilità per gli standard antichi: la
colonizzazione degli inizi del II sec. a.C.,
l’emigrazione verso la pianura Padana e l’arrivo di
masse di schiavi nello stesso periodo, lo
stanziamento di veterani alla fine del I sec. a.C.
15

La struttura demografica
• Un mondo antico caratterizzato da alta natalità e da alta
mortalità.
• Una speranza di vita compresa tra i 20 e i 30 anni.
– Un dato soggetto a considerevoli variazioni nello spazio (con una
maggiore durata della vita nelle campagne) e nel tempo (epidemie,
guerre, carestie).
• Un dato che ha gravi ripercussioni sulle possibilità di sviluppo
economico.
• L’altissima mortalità infantile: secondo alcuni modelli, circa la
metà dei nati moriva prima di compiere 10 anni: ma chi
superava questa soglia poteva sperare in altri 35-40 anni di vita.
• Gli alti tassi di mortalità comportano necessariamente un alto
tasso di fertilità: tra i 6 e i 9 figli per coppia, per mantenere
stabile o in lieve crescita la popolazione.
16
Il numero di abitanti
• Il problema dei livelli della popolazione è
particolarmente mal documentato nel mondo antico, in
particolare per la nostra regione.
• In genere per il mondo antico si pensa ad una lenta e
costante crescita della popolazione fino al II sec. d.C.,
fino a livelli superati in Europa solo nel XV secolo.
– Secondo una plausibile ricostruzione l’Impero romano nella
seconda metà del II sec. d.C. toccava i 65-70 milioni di
abitanti.
• Nella dottrina è diffusa l’opinione di una decadenza
demografica della nostra regione in età romana:
un’opinione che in realtà non trova solido
fondamento.
17

La distribuzione della popolazione


• Nonostante le civiltà classiche siano per definizione civiltà
cittadine, la popolazione urbana era molto inferiore a
quella attuale
– probabilmente nell’Impero romano del II sec. d.C. non eccedeva il
10-12% della popolazione totale.
• Differenze regionali: l’Italia era intensamente urbanizzata,
ma nella nostra regione il tasso di urbanizzazione era molto
inferiore rispetto all’Italia centrale.
• Parte della popolazione cittadina era comunque impegnata
in agricoltura.
• A parte alcune megalopoli, la maggior parte dei centri
urbani antichi contava poche migliaia, se non poche
centinaia, di abitanti.
18
La distribuzione della popolazione
• Nelle città antiche il tasso di mortalità era più alto
che nelle campagne, in particolare in megalopoli
come Roma.
– Un dato legato alle pessime condizioni igieniche, ad
una cattiva alimentazione, al rapido diffondersi delle
malattie infettive in luoghi ad alta densità di
popolazione.
• Le città antiche potevano mantenere o addirittura
accrescere la propria popolazione solo in presenza
di una significativa immigrazione.

19

Le attività della popolazione


• Nell’impero romano del II sec. d.C. in media il
90% circa della popolazione era impegnato nel
settore primario.
– Solo in alcune aree in cui le attività commerciali e
manifatturiere erano particolarmente sviluppate
questa proporzione si abbassava.
• Si suppone comunque per l’età romana almeno
un lieve aumento degli occupati nei settori
secondiario e terziario.

20
La famiglia, la cellula fondamentale
della vita economica e sociale
• Un concetto particolare di “famiglia”, termine con
il quale traduciamo il greco oíkos e il latino
familia o domus.
• Concetti che includono, oltre alle persone (la
famiglia nucleare, ma anche parenti non sposati,
vedovi, schiavi) e alla casa in senso stretto, anche i
beni famigliari.
• Da oíkos nasce il termine oikonomía, col
significato principale di “amministrazione di una
proprietà”.
21

Il concetto di oikonomía e di oíkos in


Senofonte, Economico, 1, 1-2; 5
Lo ascoltai [Socrate] una volta discutere anche di amministrazione domestica
(oikonomía) nel modo seguente. «Dimmi, Critobulo», disse, «amministrazio-
ne domestica è forse il nome di una scienza, come medicina, metallurgia e
carpenteria?»
«A me sembra proprio di sì», fece Critobulo.
«E come noi siamo in grado di dire quale sia il compito di ciascuna di queste
arti, così anche dell’amministrazione domestica possiamo dire quale sia il
suo compito?»
«Sembra», disse Critobulo, «che sia proprio di un buon amministratore ammini-
strare bene la sua casa (oíkos)» …
«Ma la casa che cosa è secondo noi? Coincide forse con l’abitazione (oikía) o
anche tutto quanto uno possiede fuori dall’abitazione fa parte della casa?»
«Si, a me sembra», disse Critobulo, «che tutto quanto uno possiede fa parte della
casa, anche se non si trova nella stessa città di chi lo possiede».
22
I caratteri essenziali della
famiglia romana
• Matrimonio monogamico, ma possibilità di
divorzio, da parte di entrambi i coniugi.
• Uno squilibrio di età al momento delle nozze:
ragazze giovani, uomini di età più matura.
– Nel mondo romano era normale che una ragazza fosse
già sposata a 20 anni, un uomo a 30 anni.
• L’alto tasso di mortalità: un forte numero di
vedovi e vedove, come anche di orfani.
– Secondo un modello solo il 20% dei figli quando
raggiungeva l’età adulta aveva ancora entrambi i
genitori vivi.
23

I poteri del capofamiglia nella


Roma arcaica
• I poteri assoluti del capofamiglia nel modello della
famiglia classica.
• Una situazione che si riflette nella società della
Roma arcaica nei poteri del paterfamilias, il
maschio più anziano della famiglia.
– Con il matrimonio la donna diveniva soggetta
all’autorità del marito (o di suo padre): il matrimonio
cum manu.
– Il divorzio era ammesso solo per gravi cause morali.

24
I poteri del capofamiglia nel
Trattato sull’economia, I, 1
• L’amministrazione domestica (oikonomía) e
la politica differiscono non solo tanto
quanto famiglia e stato (queste in effetti ne
costituiscono le rispettive materie), ma
anche perché in politica vi sono molti capi,
l’amministrazione domestica invece è il
governo di uno solo.

25

L’evoluzione della famiglia alla fine


della Repubblica e nell’età imperiale
• L’ampliarsi delle possibilità di divorzio, che diventa
fenomeno del tutto comune tra le élite.
• Il diffondersi del matrimonio sine manu che lasciava la sposa
sotto l’autorità di suo padre.
• Alla morte del padre la donna acquisiva indipendenza (sui
iuris) e godeva di diritti di proprietà quasi uguali a quelli di un
uomo.
– La dote entrava invece a far parte dei beni del marito: ma nel mondo
romano essa non rappresentava una parte molto significativa del
patrimonio della famiglia della sposa.
– Alla morte del padre la donna riceveva un tutor mulieris che doveva
approvare le decisioni in materia economica; ma il ruolo del tutor
progressivamente divenne solo formale.
26
Il potere economico delle donne
• In conseguenza di questo quadro istituzionale le donne
romane avevano un potere economico altrimenti ignoto
prima del XX secolo.
– La stima del 20% della ricchezza in possesso di donne sembra oggi
fin troppo cauta.
– Per esempio tra i proprietari di fabbriche di mattoni a noi noti le
donne sono circa un terzo.
• La riprovazione dei moralisti nei confronti di questo potere
femminile mostra che le donne, per ragioni di pressione
sociale, non sempre potevano disporre dei loro patrimoni a
completa discrezione.
27

La concezione del lavoro


• Un mancato processo di astrazione: in greco e in
latino non esiste un’unica parola che possa
esprimere tutte le sfumature del nostro termine
“lavoro”.
• Gli antichi non conoscevano il concetto unitario di
“lavoro”, ma vedevano solo una pluralità di
occupazioni, valutate in modo molto diverso.
• In generale nel mondo classico il lavoro in sé non
aveva alcuna connotazione positiva, era sentito
piuttosto come condanna da evitare, ove possibile.
28
Erodoto, Storie, II, 166: la valutazione
del lavoro tra barbari e Greci
• Neppure ai guerrieri egiziani è lecito esercitare alcun
mestiere, ma esercitano solo l’arte della guerra, il figlio
succedendo al padre. Se anche questo uso i Greci hanno
appreso dagli Egiziani non sono in grado di giudicarlo
esattamente, poiché vedo che anche Traci e Sciti e Persiani e
Lidi e quasi tutti i barbari considerano più spregevoli degli
altri cittadini quelli che hanno appreso un mestiere e i loro
discendenti, mentre quelli che si sono tenuti lontani dai lavori
manuali li ritengono nobili, e particolarmente quelli che si
sono dedicati alla guerra. Questo modo di pensare l’hanno
appreso tutti i Greci e specialmente gli Spartani; i Corinzi
invece meno di tutti disprezzano gli artigiani.
29

L’otium
• La libertà dall’obbligo di lavorare lasciava il
tempo libero per dedicarsi alle attività della scholé
e dell’otium:
– Attività politica
– Studio
– Esercizio fisico
– Assistenza agli amici
• Attività dirette al bene pubblico e non al proprio
egoistico interesse.
30
La valutazione delle diverse
professioni
• La più apprezzata era quella di proprietario
terriero, che dava tempo libero,
indipendenza e autosufficienza.
• Disprezzati i lavori artigianali, che
assorbivano tutte le energie di un uomo e lo
costringevano a vivere in ambienti malsani.
• Svalutato anche il commercio al minuto,
che si riteneva fondato sulla frode.

31

Plutarco, Vita di Pericle, 1, 4 - 2, 1: la


distinzione fra il lavoratore e la sua opera
• Nessun giovane gentiluomo, dopo aver
visto lo Zeus di Pisa o l’Era di Argo
desiderò essere Fidia o Policleto, né
Anacreonte, Fileta o Archiloco, malgrado il
piacere che suscitano le loro poesie. Se un
prodotto ci diletta perché è bello, non è
necessariamente degno di invidia chi lo ha
creato.
32
Il lavoro femminile
• L’ideologia classica confinava il lavoro femminile alla sfera domestica.
• Gli scarsi dati in nostro possesso sembrano confermare questa visione: poco
significativo sembra il ruolo femminile nel lavoro dei campi; e il dato
riguarda anche le schiave.
• Nelle fattorie antiche le donne si occupavano di conservare il cibo, cucinare,
governare la casa, filare la lana.
• Anche nel contesto urbano il ruolo femminile appare minore rispetto a quello
maschile ed è confinato soprattutto ai mestieri di servizio.
• Un dato che si ricava soprattutto dalla menzione del mestiere negli epitafi: il
mestiere femminile potrebbe rimanere celato per ragioni ideologiche.
• Al di là delle possibili distorsioni dovute allo stato della documentazione,
indubbiamente le donne antiche ebbero un ruolo più limitato nel mondo del
lavoro: una delle cause del sottosviluppo dell’economia antica.

33

I condizionamenti della tecnologia

• L’opinione comune: un mondo antico caratterizzato da


stagnazione tecnologica, incapace di tradurre in
strumenti pratici le sue notevoli conoscenze teoriche.
• Un’opinione condizionata dal modello della Rivoluzione
Industriale e di uno sviluppo fondato sulle macchine.
• La necessità di considerare i progressi tecnologici
dell’antichità nel contesto di una società preindustriale.
• La necessità di considerare con maggiore attenzione le
effettive realizzazioni dell’antichità (non solo nel campo
delle macchine), rivelate dalla ricerca archeologica.

34
Il problema dell’energia
• La forza umana era l’energia più in uso nel mondo antico, in
agricoltura, nell’artigianato, ma anche nei trasporti a breve
raggio.
• Rilevante l’apporto della forza animale nel lavoro dei campi
(buoi), nei trasporti (buoi, asini, cavalli, cammelli), nella
trasformazione dei prodotti agricoli (asini).
• L’energia termica, indispensabile nella vita quotidiana e nella
produzione artigianale era assicurata soprattutto dalla legna e dal
carbone vegetale.
• L’energia eolica era impiegata solo per la navigazione,
prevalentemente commerciale.
• L’impiego dell’energia idrica in età imperiale romana
rappresenta uno dei progressi tecnologici di maggior peso
economico nell’antichità.

35

Il settore agricolo

• L’attività economica di maggior peso nel mondo


antico fu caratterizzata da forme di lavoro in larga
misura immutate, anche se in età romana vi fu
qualche innovazione degna di nota:
– L’impiego del mulino con macina a movimento
rotatorio, messa in azione in genere da un asino.
– In età imperiale la diffusione di mulini ad acqua, noti
dalla descrizione di Vitruvio e dalla ricerca
archeologica (Barbegal).
– L’impiego di torchi, con meccanismi sempre più
sofisticati, per la produzione di vino e olio.

36
Schema di funzionamento di un
mulino a trazione animale

1. Perno.
2. Barra cui era
aggiogato
l’animale.
3. Macina girante.
4. Macina giacente.

37

Un mulino a trazione animale

• Rilievo con mulini a


trazione animale, in
questo caso cavalli,
da un sarcofago
ritrovato fuori da
porta S. Giovanni, a
Roma (III sec. d.C.).
• Conservato oggi al
Museo Chiaramonti,
Città del Vaticano.

38
Il complesso dei mulini ad acqua di Barbegal

• Localizzato nei pressi di


Arles, nella Francia
meridionale.
• Un complesso messo in
moto dalle acque destinate
alla città di Arelate,
sfruttando un pendio
naturale.
• Le due serie di 8 mulini
erano in grado di produrre
4,5 t. di farina al giorno.
• Il complesso fu costruito in
età traianea e funzionò
almeno fino al III sec. d.C.
39

I torchi per la produzione del


vino e dell’olio
• Sebbene per l’uva continuò in età romana il
tradizionale sistema di pigiatura coi piedi, si
diffusero sempre più torchi per una più efficace
spremitura dell’uva e delle olive.
• Il torchio “catoniano” a leva (dal II sec. a.C.) in
cui la pressione di una pesante trave era trasmessa
appunto da una leva.
• Il torchio “pliniano” a vite (dalla metà del I sec.
d.C.) in cui la pressione era trasmessa appunto da
un meccanismo a vite, più efficiente e meno
ingombrante. 40
Scena di pigiatura di uva

• Scena di pigiatura di uva nel mosaico della volta del mausoleo di


Costantina (354 d.C.), nella chiesa di S. Costanza a Roma.
41

Schema di funzionamento di un
torchio a leva

42
Schema di funzionamento di un
torchio a vite

43

Il settore manifatturiero: la ceramica


• Il largo uso, in età imperiale, di stampi, che consentivano
la decorazione in serie della ceramica detta terra sigillata,
con grande risparmio di tempo.
• La creazione di grandi forni di cottura, larghi 4 m e alti 3
m, capaci di contenere anche 30 mila vasi
contemporaneamente.
• Sviluppi particolarmente evidenti nel grandi centri di
produzione della Gallia, come La Graufesenque.
• Progressi nella lavorazione del vetro, attraverso la tecnica
della soffiatura e l’aggiunta di componenti che rendevano
il vetro trasparente.
• In età tardoantica nuove tecniche decorative consentono
una produzione di vetri di lusso (coppa diatreta).
44
L’arte vetraria
tardoromana
• Nell’immagine la preziosa
coppa diatreta Trivulzio,
rinvenuta a Castellazzo
Novarese e databile al IV
sec. d.C.
• Il termine diatreta (dal greco
diatetraivnw, “perforo”)
allude alla tecnica di
lavorazione.
• Riporta le scritta
beneaugurante Bibe, vivas
multis annis.
• Oggi al Museo Archeologico
Nazionale di Milano.
45

Il settore edilizio
• L’impiego dell’opus caementicium, una miscela di
malta e ciottoli, che impiegava anche le resistente
pozzolana, offre nuove possibilità architettoniche di
grande solidità.
– La resistenza dell’opus caementicium all’acqua ne rese
possibile l’impiego anche negli impianti portuali, come a
Puteoli e ad Ostia.
• La diffusione dell’arco, che rese possibile la
costruzione di arditi ponti e acquedotti.
• Il diffuso impiego di macchine simili a gru, impiegate
anche per carico e scarico delle merci dalle navi.
46
L’opus caementicium

• Un esempio di uso
dell’opus caementicium,
da un monumento
funerario della via Appia.

47

Un esempio di
gru

• L’impiego di una gru


nella costruzione di un
tempio.
• Rilievo dal cosiddetto
sepolcro degli Haterii.

48
Ricostruzione di
una gru romana

• Fondata principalmente
sul rilievo degli Haterii.

49

Il settore dei trasporti: i trasporti


via terra
• Erano condizionati dall’enorme lentezza e dai
pesanti costi:
– Un carro da trasporto poteva viaggiare ad una velocità
massima di circa 3 km/h.
– Catone, De agricultura, 22, 3: un torchio da olio del
prezzo di 460 sesterzi viene a costare 730 sesterzi, se
acquistato a circa 100 km. di distanza (6 giorni di
viaggio su carro).
– Dai costi indicati nell’Edictum de pretiis di Diocleziano
si ricava che il costo di un carico di grano raddoppiava
ogni 400 km.
50
I miglioramenti dell’età romana
• L’estensione della eccellente rete stradale romana
prima all’Italia, poi a tutto l’Impero rese più
agevoli gli spostamenti via terra, anche se essi
rimasero comunque lenti e costosi in confronto ad
oggi.
• Il miglioramento nella concezione dei carri di
trasporto.
• L’impiego delle botti, con un miglior rapporto tra
peso del contenitore e peso del contenuto rispetto
alle anfore.
51

Carri da viaggio

• Ricostruzione di un carro da
viaggio, probabilmente adibi-
to piuttosto al trasporto di
persone che di merci.
• Colonia, Römisch-Germani-
sches Museum.

52
Il trasporto in
botte

• Trasporto di una botte,


presumibilmente contenente
vino, con carretto trainato da
asino.
• Da un bassorilievo del II-III
sec. d.C. oggi al Museo
archeologico di Metz.

53

I trasporti via acqua: i vantaggi

• Assai meno costosi e più rapidi i trasporti via acqua, in particolare via
mare, dove si poteva sfruttare al meglio la forza dei venti.
• Attraverso questa via avvenivano di preferenza gli spostamenti di
carattere commerciale, delle merci più svariate: dai grandi obelischi
alle pietre preziose, fino ai generi di largo consumo, come i cereali.
• Anche grazie all’aggiunta di alberi e velatura, le navi da carico romano
avevano grandi capacità di carico, con un tonnellaggio fino a 500 t. e
oltre.
• In favore di vento i trasporti potevano essere piuttosto rapidi: abbiamo
notizia di viaggi da Ostia alle Colonne d’Ercole in 7 giorni, da Ostia a
Narbo Martius in 3 giorni, da Puteoli ad Alessandria in 9 giorni.

54
I trasporti via acqua: i limiti
• Le limitate capacità di manovra delle navi romane
potevano allungare di molto i viaggi.
• I limiti degli strumenti di navigazione e le debolezze
strutturali delle navi romane consigliavano di navigare il
più possibile in vista delle coste, allungando le rotte.
• Le rotte d’alto mare erano possibili solo nel periodo
marzo-novembre.
• La mancanza di strutture portuali adeguate non rendeva
conveniente l’uso di navi di enormi proporzioni: la vicenda
della Syracusia di Ierone II, bloccata nel porto di
Alessandria.
55

Bibliografia di approfondimento
• R. Sallares, Ecology, «The Cambridge Economic
History of the Greco-Roman World», a cura di W.
Scheidel - I. Morris - R. Saller, Cambridge 2007,
pp. 15-37 [Biblioteca digitale].
• R.P. Saller, Household and Gender, ibid., pp. 87-
112 [Biblioteca digitale].
• W. Scheidel, Demography, ibid., pp. 38-86
[Biblioteca digitale].
• H. Schneider, Technology, ibid., pp. 144-171
[Biblioteca digitale].
56
Bibliografia di approfondimento
• P.A. Gianfrotta, Le vie di comunicazione, «Storia di Roma,
IV, Caratteri e morfologie», Torino 1989, pp. 301-322
[STO/D 937 STO IV].
• G.P. Givigliano, Percorsi e strade, «Storia della Calabria
antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma
- Reggio Calabria 1994, pp. 241-362 [945.78 S 6].
• G.P. Givigliano, Territorio e malaria nei Bruttii, «Rivista
Storica Italiana», 113 (2001), 3, pp. 583-613 [Biblioteca
digitale].
• R. Arcuri, Per una storia delle malattie nella Calabria
romana, «Mediterraneo Antico», 10 (2007), 1-2, pp. 529-
567 [Biblioteca digitale]

57
Lezione V

Le colonie greche

Le attività economiche
• In questa lezione procederemo secondo una
divisione tradizionale delle attività economiche:
– L’agricoltura e l’allevamento: attività preminenti anche
nella fase greca, sin dalla scelta del sito dove impiantare
una colonia.
– La produzione.
– Il commercio.
– Le finanze.
• Nella seconda parte della lezione tratteremo i
lineamenti della società magnogreca.

2
Lo stato delle fonti e della ricerca
• Anche per la fase greca, lo stato delle fonti sugli aspetti
economici e sociali della nostra regione non è
particolarmente brillante.
– Solo i tempi relativamente recenti il dato archeologico è
stato sfruttato pienamente, in particolare per quanto riguarda
le forme di sfruttamento del territorio, la produzione e il
commercio.
– Particolarmente utili le tecniche del survey (conoscenza
estesa del territorio), le indagini paleobotaniche e
paleozoologiche.
• Una situazione che si riflette negli studi moderni: ancora
numerosi i problemi insoluti e le ipotesi incerte; assenza
di riflessioni di sintesi.
3

Le condizioni dell’agricoltura
• Un ottimo territorio agricolo avevano Metaponto e Siri, nella piana costiera
della Lucania ionica.
• Particolarmente favorevoli le condizioni di Sibari: un territorio con
un’ampia pianura, favorevole alla coltivazione dei cereali, e pendici
collinari opportune per la vite e l’ulivo; fino alla distruzione del 510 a.C.
Sibari controlla poi il territorio più vasto della Magna Grecia.
• Buone anche le condizioni a Crotone, anche se non ottimali come a Sibari
(cf. oracolo di Apollo a Miscello).
• Limitato e accidentato il territorio originario di Locri, che tuttavia con le sue
subcolonie di Metauros, Medma e Hipponion può espandersi nelle piane del
Tirreno.
• Ristretto e inadatto alla cerealicoltura il territorio di Elea, i cui abitanti si
dedicavano soprattutto ad attività marittime.
• Parimenti sfavorevole dal punto di vista agricolo la collocazione di Reggio.

4
Ateneo, Deipnosofisti, 519 d-f: la
prosperità di Sibari
• La prosperità di Sibari sembra trovare
un’importante giustificazione nel fatto che, per la
configurazione fisica della regione - la costa è
infatti lambita da un mare importuoso e quasi tutta
la produzione agricola è consumata dagli abitanti -
sia la posizione naturale sia la profezia del dio
spingevano tutti a estenuarsi nei piaceri, facendoli
vivere in una smodata dissolutezza.

Strabone, VI, 1, 12 ( = Antioco, fr. 10 Jacoby):


Sibari è in un sito preferibile a quello di Crotone

• Antioco dice che, avendo l’oracolo ordinato agli Achei di


fondare Crotone, Miscello venne ad esplorare il paese e,
vedendo che in quella zona era già stata fondata Sibari
presso il fiume omonimo, gli parve che fosse da preferire
questa città; tornò quindi di nuovo dall’oracolo per
domandare se fosse lecito fermarsi a Sibari invece che a
Crotone. Il dio però gli rispose … «O Miscello …,
cercando altro al di fuori di quello che ti è concesso, corri
incontro alla tua rovina; accetta di buon animo il dono che
ti è destinato».

6
La distribuzione della terra e le forme
della proprietà nelle colonie greche
• Il modello ideale della colonizzazione prevede la distribuzione
di lotti inalienabili di uguale estensione tra tutti i coloni.
– La ripartizione egualitaria dei lotti alla fondazione di Turii (metà del V
sec. a.C.)
• Se il modello è valido anche nella prima fase della
colonizzazione, certo l’equilibrio si spezza dopo pochi anni.
– Il diverso grado di fertilità e la diversa collocazione dei lotti
determinano la fortuna o il fallimento dei loro proprietari, in particolare
nelle precarie condizioni dell’agricoltura antica.
– Le leggi sull’inalienabilità delle terre a noi note (Aristotele, Politica, II,
1266 b per Locri) sembrano un tentativo di reagire contro un fenomeno
indesiderato piuttosto che una condizione originaria.

I fattori di differenziazione della


proprietà
• L’indebitamento (con la conseguente cessione dei lotti).
• La naturale nascita di un mercato della terra.
• Il diritto ereditario: il maggiorasco lascia in difficoltà i cadetti,
ma la divisione della proprietà tra tutti i figli crea un eccessivo
frazionamento.
• La conquista di nuove terre agricole ai danni degli indigeni,
conquiste di cui non tutti i coloni forse godono i frutti in egual
misura.
– Queste nuove zone periferiche della colonia, poste spesso in zone
collinari e montuose, sono più adatte alla vite e all’ulivo, al pascolo, alla
caccia, al legnatico.
– La conquista può assicurare ai più fortunati e abili dei coloni anche dei
dipendenti indigeni, da usare come manodopera.
8
Le forme di occupazione del territorio
• Nella fase più arcaica delle colonie apparentemente un
popolamento accentrato nei nuclei urbani, con contadini che si
spostavano giornalmente nei campi.
• A partire dal VI sec. a.C. iniziano le testimonianze di fattorie
sparse nel territorio rurale, ora più ampio.
• Allo stesso secolo sembrano risalire le tracce di divisione
catastale nel territorio di Metaponto e in quello di Crotone.
• I risultati del survey di Metaponto:
– Una fitta occupazione del territorio nel VI sec. a.C., con un
progressivo declino nel V e IV sec. a.C.; una ripresa alla fine del
IV sec. a.C., con lo spostamento verso le zone interne (forse per
problemi di drenaggio; cf. indici di diffusione della malaria nelle
necropoli contemporanee).
– La stima di 987 fattorie alla fine del IV sec. a.C., con una
superficie media di 18 ha (troppo grande per essere lavorata da una
sola famiglia).
9

La contrazione del territorio agricolo nel


IV sec. a.C.
• Nel IV sec. a.C. anche le colonie greche che
conservano la loro indipendenza vedono restringersi
il territorio agricolo sotto il loro controllo, davanti
all’avanzata di Lucani e Brettii.
• L’esempio di Crotone e Turii, dove l’archeologia
testimonia l’esistenza di centri indigeni a poca
distanza dalla città greca.
• L’esempio in controtendenza di Locri, che sappiamo
possedere terreni lungo l’Halex, a una certa distanza
dal nucleo urbano (ma aveva perso il controllo sulla
subcolonia Hipponion).

10
Le coltivazioni

• I caratteri morfologici e climatici, oltre ai dati delle fonti,


indicano che le aree pianeggianti dell’Italia meridionale erano
particolarmente vocate alla cerealicoltura.
• Buone anche le condizioni per la coltura della vite, sulle pendici
collinari (un riflesso nelle fantasiose storie di condutture per il
vino a Sibari).
– Il severo giudizio di Èduard Will su queste tradizioni va attenuato,
sulla base delle ricerche recenti sulle anfore vinarie.
• L’eccellente vocazione alla coltivazione dell’ulivo pare farsi
strada solo lentamente: anche se l’albero era noto da tempo
immemorabile in Italia e i coloni greci portarono nuove specie, i
dati sulla diffusione delle presse indicano una fioritura solo nel
IV sec. a.C.

11

Ateneo, Deipnosofisti, 519d:


viticoltura nella Sibaritide
• τοῖς δὲ πλείστοις • La maggior parte di
αὐτῶν loro [ovvero dei
ὑπάρχουσιν
οἰνῶνες ἐγγὺς τῆς Sibariti] possiede can-
θαλάσσης, εἰς οὓς tine presso il mare,
δι᾽ ὀχετῶν τῶν nelle quali il vino è
οἴνων ἐκ τῶν
ἀγρῶν ἀφειμένων
portato da condotte;
τὸν μὲν ἔξω τῆς parte di esso è venduto
χώρας πιπράσκε- fuori dal territorio,
σθαι, τὸν δὲ εἰς parte è portato in città
τὴν πόλιν τοῖς
πλοίοις
con battelli.
διακομίζεσθαι.
12
Le coltivazioni: i dati di località
Pantanello
• Oltre ai dati sparsi ricavabili dalle fonti letterarie e alla indicazioni che
si trovano nelle Tavole di Eraclea, particolarmente utili le indagini
paleobotaniche di località Pantanello, presso Metaponto.
• Particolari condizioni ambientali hanno consentito una buona
conservazione di semi, pollini, resti animali.
• I semi sono relativi alle offerte votive ad una locale dea della fertilità,
ma dovrebbero rispecchiare le effettive coltivazioni della zona, per il
periodo del IV sec. a.C.
• I pollini, facilmente trasportati da vento, offrono un quadro più ampio
in termini geografici e cronologici.
• Il problema metodologico: in quale misura i dati della piana di
Metaponto possono essere estesi ad altre aree della Lucania e del
Bruzio?

13

I semi di località Pantanello

• Cereali: farro, orzo e grano.


• Alberi da frutto: vite, ulivi, fichi.
• Legumi: ceci, fave, veccia, piselli, lenticchie.
• Foraggi: erba medica, avena, segale.
• Per cereali e frutticultura il dato conferma
quanto sapevamo dalle Tavole di Eraclea; più
originali le notizie relative a legumi e foraggi.
14
I pollini di località Pantanello
• Attraverso i metodo stratigrafico è possibile
tracciare un’evoluzione delle coltivazioni nel
corso del tempo:
– VI sec. a.C.: accanto alle coltivazioni, i pollini
mostrano l’importanza dell’allevamento.
– V sec. a.C.: un periodo di incuria e abbandono.
– IV sec. a.C.: i pascoli diminuiscono a favore della
coltivazione dell’ulivo, dei legumi e dei cereali, che
acquistano nel corso del secolo la preminenza.
– Inizi III sec. a.C.: un declino delle coltivazioni in
favore di erbacce e boschi (pini).
15

L’allevamento
• Ancora discusso il ruolo economico
dell’allevamento, in particolare nella fase
arcaica.
• La diffusione dei pesi da telaio, oltre a
testimoniare l’attività di tessitura, è indizio
di un importante allevamento di ovini.

16
I resti faunistici di località
Pantanello
• Dati divergenti tra il deposito votivo e i dati ricavabili
dal deposito della fornace, forse in conseguenza della
natura diversa dei siti.
• Il deposito votivo: predominanza dei bovini in tutte le
epoche, al secondo posto caprovini (in calo nel tempo),
al terzo una presenza costante di maiali; ma anche
significativa presenza di ossa di cavallo.
• Il deposito della fornace: una crescita dei caprovini a
scapito dei bovini.
• In entrambi i siti le dimensioni degli animali sembrano
aumentare nel corso del tempo: il segno di un
allevamento selettivo?
17

Le tavole di Eraclea
• Le tavole di Eraclea, oggi al Museo
Archeologico Nazionale di Napoli.
• Una straordinaria testimonianza delle
attività agricole in questa colonia,
fondata nel 434 a.C. sul sito della
distrutta Siri.
• Rinvenute nel 1732 nel greto del fiume
Cavone, in localita Acinapura.
• Edite in IG XIV, 645, si consultano oggi
nell’edizione A. Uguzzoni – F. Ghinatti,
Le tavole greche di Eraclea, Roma
1968.

18
I caratteri delle Tavole di Eraclea
• Due decreti relativi alle terre sacre appartenenti, rispettivamente, al
santuario di Dioniso e a quello di Atena Poliade, emanati a breve
distanza di tempo l’uno dall’altro.
– Incerta la cronologia assoluta: ma i dati paleografici, linguistici e storici
orientano tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C.
• Un intervento determinato dallo stato di abbandono di quelle terre, in
parte abusivamente occupate da privati, approfittando di un periodo di
torbidi (connesso la spedizione di Alessandro il Molosso?)
• La procedura comportò il recupero, attraverso un procedimento
giudiziario, delle terre del santuario.
• Seguì un’attenta delimitazione dei confini delle terre sacre e dei lotti
in cui vennero suddivisi, a cura degli oJristaiv (i magistrati preposti a
collocare gli o{roi, “cippi confinari”).
– Le misure sono fornite in scheni (una corda che serviva appunto a
misurare i campi, della lunghezza di circa 33 m; come misura di
superficie corrisponde a poco meno di 1.000 m2).

19

IG XIV, 645, I, ll. 1-7: la


datazione e il prescritto
• ἔφορος Ἀρίσταρχος
Hηρακλείδα· μὴς
• Eforo: Aristarco figlio di
Ἀπελ-λαῖος· ℎα πόλις Eraclida. Mese Apelleo.
καὶ τοὶ ὀρισταί· ϝε Lo stato e gli oristi: ϝε
τρίπους Φιλώ-νυμος
Ζωπυρίσκω, πε
tripode Filonimo figlio di
καρυκεῖον Zopirisco, πε caduceo
Ἀπολλώνιος Apollonio figlio di
ℎηρακλήτω, αι πέλτα Eracleto, αι pelta
Δά-ζιμος Πύρρω, κν
θρῖναξ Φιλώτας Dazimo figlio di Pirro,
Hιστιείω, με κν tridente, Filota figlio
ἐπιστύλιον di Istieo, με epistilio
Hηρακλείδας Ζωπύρω
Διονύσωι. Eraclida figlio di Zopiro: a
Dioniso. 20
IG XIV, 645, I, ll. 8-11: l’opera degli
oristi
• ἀνέγραψαν τοὶ ὀρισταὶ • Gli oristi eletti per i terreni sacri
τοὶ ℎαιρεθέντες ἐπὶ τὼς di Dioniso nelle persone di
χώρως τὼς ℎιαρὼς τὼς τῶ
Filonimo figlio di Zopirisco,
Διονύσω Φιλώνυμος
Ζωπυρίσκω, Ἀ- Apollonio figlio di Eracleto,
πολλώνιος Hηρακλήτω, Dazimo figlio di Pirro, Filota
Δάζ-ιμος Πύρρω, figlio di Istieo, Eraclida figlio di
Φιλώτας Hιστι-είω,
Zopiro registrarono con quali
Hηρακλείδας Ζωπύρω,
καθ’ ἃ <ὠρ>ίξαν καὶ criteri rilevarono i confini,
ἐτερ-μάξαν καὶ determinarono, misurarono
συνεμετρήσαν καὶ collegialmente e ripartirono [i
ἐμερίξαν τῶν
lotti] su decisioni degli
Hηρακλείων
δια<γ>νόντων ἐν Eracleesi in assemblea plenaria.
κατακλήτωι ἀλίαι.

21

IG XIV, 645, I, ll. 15-20: delimitazione


dei lotti
• τὰν μὲν πράταν μερίδα
ἀπὸ τῶ ἀντόμω τῶ πὰρ τὰ • Il primo lotto si estende in
Hηρώιδεια ἄγοντος larghezza dalla strada vicinale
εὖρος ποτὶ τὰν
che fiancheggia la proprietà di
τριακοντάπεδον τὰν
διὰ τῶν ℎιαρῶν χώρων Eroda fino alla via larga 30
ἄγωσαν, μᾶκος δὲ ἄνωθα piedi che conduce attraverso il
ἀπὸ τᾶν ἀποροᾶν ἄχρι ἐς terreni sacri, e discende in
ποταμὸν τὸν Ἄκιριν,
lunghezza dalle sorgenti fino al
καὶ ἐγένοντο
μετριωμέναι ἐν fiume Aciri: in questo lotto
ταύται τᾶι μερείαι risultarono misurati 201 scheni
ἐρρηγείας μὲν di terra arativa e 646 e mezzo di
διακατίαι μία
macchia, terra incolta e
σχοίνοι, σκίρω δὲ καὶ
ἀρρήκτω καὶ δρυμῶ querceto.
ϝεξακατίαι
τετρώκοντα ϝὲξ 22
σχοίνοι ℎημίσχοινον.
IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo schema
dell’affitto dei terreni
• Sotto l’eforato di Aristione, nel mese Apelleo, lo stato e i
polianomi: a~ grappolo Timarco figlio di Nicone, ϝε fiore
Apollonio figlio di Apollonio; e gli oristi: ϝε tripode Filonimo
figlio di Zopirisco, πε caduceo Apollonio figlio di Eracleto,
αι pelta Dazimo figlio di Pirro, κν tridente, Filota figlio di
Istieo, με epistilio Eraclida figlio di Zopiro danno in affitto i
sacri terreni di Dioniso, nelle condizioni in cui sono, a vita,
secondo le decisioni prese dagli Eracleensi. Gli affittuari ne
avranno lo sfruttamento in perpetuo finché forniscano garanti e
paghino l’affitto anno per anno sempre nel giorno che precede il
mese di Panamo. E qualora trebbino anzitempo, porteranno al
granaio pubblico e davanti ai sitagerti annualmente preposti alle
misurazioni pubbliche, misureranno pieni i congi [3,2 l. circa] di
orzo mondo e accettabile, quale lo produca la terra.

23

IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo


schema dell’affitto dei terreni
• Per ogni quinquennio presenteranno ai
polianomi annualmente in carica garanti che i
polianomi siano disposti ad accettare; e
qualora a qualche altro affidino la terra da loro
presa in affitto o la lascino in eredità o ne
assegnino il diritto di sfruttamento, gli
assuntori o gli eredi o gli acquirenti del diritto
di sfruttamento forniranno garanti alle
medesime condizioni dell’affittuario originario
[seguono penalità contro coloro che non
paghino regolarmente l’affitto o non
forniscano garanti]. 24
IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo
schema dell’affitto dei terreni
• L’affittuario del primo terreno […] pianterà non
meno di 10 scheni a vite e, nella terra atta alla
coltivazione di ulivi, metterà a dimora non meno di
4 piante di ulivo per ciascuno scheno; se però [gli
affittuari] affermeranno che [la terra] non è adatta
alla coltivazione di ulivi, i polianomi annualmente
in carica e le altre eventuali persone che i polianomi
si aggreghino, scegliendole dal popolo, ne faranno
una perizia giurata e presenteranno il loro rapporto
in assemblea, dopo aver considerato la terra in
confronto con quella della zona.
25

L’economia della selva


• Scarse le attestazioni in età greca sulla sfruttamento delle risorse
boschive.
• In considerazione dell’egemonia esercitata da alcune colonie (in
particolare Sibari e Crotone sulla Sila, Reggio sull’Aspromonte)
su aree montuose e boschive è ragionevole ipotizzare un
importante ruolo dell’economia della selva.
– Produzione di pece, legname per le costruzioni edili e navali o da
usare come combustibile.
– Una funzione in questo senso potrebbe aver avuto l’insediamento
crotoniate di Timpone del Gigante, nell’alta valle del Neto.
• Uno sfruttamento che diventa problematico con il consolidarsi
del controllo sulle zone interne da parte di Lucani e Brettii nel
IV sec. a.C.

26
La caccia e la pesca
• Attestazioni sparse ma piuttosto antiche di
queste attività, del resto desumibili dall’ampio
sviluppo costiero della regione e dalla presenza
di vaste zone boschive e incolte.
• L’impressione è comunque quella di attività
marginali.
• Un’eccezione ad Elea e Reggio, il cui limitato
territorio agricolo induceva a rivolgersi alle
risorse del mare.
27

La produzione
• Le attività manifatturiere, indispensabili alle colonie
magnogreche, lontane dalla madrepatria, crescono anche
assorbendo la crescita demografica.
– Un limite agli occupati in agricoltura era dato dalla relativa
ristrettezza dei territori rurali, specie in alcune città, oltre che,
forse, dall’impiego degli indigeni asserviti come braccianti.
• Le attività produttive a noi meglio note riguardano i materiali
non deperibili: ceramica, metalli.
– Le materie prime di queste attività produttive: non manca l’argilla,
mentre scarsi sono i metalli (a parte una notizia, forse leggendaria,
sulla presenza di vene di rame a Temesa).
• Gli impressionanti monumenti della Magna Grecia sono
testimonianza vivida delle attività edilizie.
• Anche se scarsamente documentata come tutta la lavorazione
del legno, certo da non sottovalutare la cantieristica navale.

28
La produzione ceramica
• Un’attività ben documentata dalla presenza di fornaci in tutti
centri greci della regione, già nelle fasi arcaiche delle colonie.
• A parte alcune produzioni di spicco (anfore vinarie della
Sibaritide, ceramica “calcidese” nella Reggio arcaica, ceramica
del “Gruppo di Locri” nel IV sec. a.C.) una produzione
soprattutto destinata al mercato locale.
• Al rilievo artistico delle produzioni di pregio (pinakes locresi,
arule fittili, statuette votive) fa riscontro il rilievo economico
delle ceramiche comuni, meno studiate.
• Una produzione che prende la forma di:
– Recipienti, di varie fogge.
– Coroplastica.
– Terracotte architettoniche.
– Laterizi da costruzione.

29

Statuette fittili da Sibari

• Rinvenute nel deposito votivo di Cozzo Michelicchio (presso


Corigliano), in un’area sotto il controllo di Sibari (VII sec. a.C.). Oggi
a Cosenza, Museo Civico.
30
Il santuario
rurale di
Cozzo
Michelicchio

31

Il santuario rurale di Cozzo


Michelicchio
• Un sito, sulle basse alture nei pressi di località Apollinara, già
frequentato prima della colonizzazione greca, con reperti della
prima età del Ferro.
• Dopo la fondazione di Sibari sede di una sacello dedicato a una
divinità femminile (Era? Artemide?).
• La stipe votiva ha restituito anche ceramica corinzia di VII-VI
sec. a.C.
• Sopravvive alla distruzione di Sibari, in connessione a culti
legati prima alla fertilità femminile e della terra (età classica),
poi alla caccia e ai boschi (età ellenistica).
• Per saperne di più: R. Pace, Les objets en bronze du site de
Cozzo Michelicchio (CS), «MEFRA», 113 (2001), 1, pp. 33-69

32
Arula fittile da S. Lorenzo del Vallo

• Rinvenuta nella località


di S. Lorenzo del Vallo,
nel territorio
appartenente a Sibari
(fine VII - inizi VI sec.
a.C.).
• Una testimonianza della
precoce produzione di
arule fittili nella Magna
Grecia.
• Conservata a Crotone,
Museo Archeologico.

33

Arula fittile da Sibari

• Arula con rappresentazione di due felini che attaccano un cinghiale.


• Oggi a Sibari, Antiquarium.

34
La ceramica “calcidese” di Reggio

• Nell’immagine un esempio di
ceramica “calcidese” rinvenuto nel
territorio di Metauros, oggi al Museo
Archeologico Nazionale di Reggio
Calabria.
• È la produzione di maggior rilievo,
anche commerciale, della nostra
regione nella fase greca.
• Un’esportazione, che poteva contare
sul trafficato porto di Reggio, verso
altre città della Magna Grecia, la
Sicilia, l’Etruria, il Mediterraneo
occidentale.
35

Terracotte
architettoniche

• Antefissa fittile in forma di


protome di Sileno, dalla scena
del teatro di Reggio (metà del
IV sec. a.C.).
• Oggi a Reggio Calabria,
Museo Archeologico
Nazionale.

36
Le tradizioni artigianali di
Crotone
• Una vivace produzione ceramica è presente a Crotone sino
dalla fine del VII a.C., con i ritrovamenti nell’area del
Campo Sportivo e nella zona delle Cooperative.
• Un’interessante produzione di “imitazioni” di ceramica
orientale.
• Più originale la produzione di ceramica a rilievo, ottenuta
con l’applicazione di matrici cilindriche.
• Notevole anche la produzione di statuette di argilla
(coroplastica), spesso impiegate come doni votivi nei
santuari locali.

37

Le tradizioni artigianali di Crotone

• A sinistra uno scarto di lavorazione di anfora, sicura testimonianza di questo


tipo di produzioni a Crotone; a destra una statuetta fittile di produzione
crotoniate. 38
I pinakes di Locri
• Tavolette fittili, offerte dai fedeli a
Persefone nel santuario di località
Mannella, che rappresentavano
scene del mito di questa dea.
• Rinvenute in stato frammentario in
una fossa di deposito.
• Testimonianza di una produzione di
pregio, ma pur sempre in serie
(attraverso matrici), che ebbe quindi
una certa rilevanza nella Locri del V
sec. a.C.
• Nell’immagine, un pinax con
Persefone e Ade in trono (Reggio
Calabria, Museo Archeologico
Nazionale)
39

Statua fittile da Medma

• Rinvenuta nella stipe votiva di


Calderazzo, nel territorio di
Medma (Rosarno) (V sec.
a.C.?).
• Un esempio della coroplastica
locrese, anch’essa con
destinazione votiva.
• Oggi a Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale.

40
Il quartiere artigianale di Locri
• Forse il meglio conosciuto di questa zona della
Magna Grecia, sorgeva in località Centocamere,
ad una certa distanza dal centro abitato.
• Un complesso di 18 fornaci, di varie dimensioni e
tipologie.
• Dagli scarti di lavorazione pare che nel complesso
si lavorassero laterizi da costruzione e ceramica
comune; assente la ceramica di pregio.

41

La grande fornace di Locri

• La maggiore delle fornaci del quartiere artigianale di Locri, di forma


circolare (diametro 3,80); ben conservata la griglia d’argilla che
divideva la camera di combustione da quella di cottura. 42
La lavorazione dei metalli
• Meno ben documentata rispetto alla
produzione ceramica.
• Si concentra particolarmente nel settore più
meridionale della regione, a Reggio e in
particolare a Locri.
• Una produzione che si indirizza, nel IV sec.
a.C., sempre più verso le aree occupate
dalle popolazioni italiche.
43

Sostegno di specchio da
Locri

• Sostegno di specchio in forma


di figura femminile (V sec.
a.C.)
• Oggi a Reggio, Museo
Archeologico Nazionale.

44
Una coppia di mani bronzea da Locri

• Proveniente da una necropoli di


Locri, da un corredo tombale.
• Oggi a Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale.

45

Presa di patera da
Reggio

• Presa di patera in bronzo, a forma


di kouros.
• Oggi a Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale.

46
L’attività edilizia

• Un’attività che assorbe per lunghi periodi una numerosa


manodopera, a vari livelli di specializzazione: semplici
operai edili, artigiani, artisti.
• Tra VI e prima metà del V sec. a.C. le grandi opere
consistono soprattutto in templi, sia nei centri cittadini,
sia nelle campagne (i santuari di frontiera).
– Le grandi opere sono costruite essenzialmente grazie alle
finanze pubbliche, anche se in qualche caso si ipotizza il
concorso di famiglie nobili.
• Progressivamente, con un processo che culmina nel IV
sec. a.C., l’impegno si concentra sulle opere di difesa.

47

Un tempio urbano: il tempio di Era a


Poseidonia

• Il cosiddetto “tempio di Nettuno”, in realtà dedicato ad Era, metà V sec. a.C.


48
Un santuario rurale: il tempio di Era a
Capo Colonna, presso Crotone

• Forse collocato all’originario confine meridionale del territorio di Crotone, il


tempio di Era Lacinia (metà V sec. a.C.) era anche un punto di riferimento
per i naviganti 49

Un santuario di frontiera: le Tavole


Palatine di Metaponto

• Il tempio, dedicato ad Era e costruito intorno al 530 a.C., sorgeva sulle


sponde del Bradano, probabilmente al confine con il territorio di Taranto
50
Le mura di Reggio

• Un tratto delle mura di Lungomare Falcomatà, in blocchi da arenaria, forse


da connettere con l’opera di fortificazione intrapresa da Dionisio II.
51

Le mura di Hipponion

• Un tratto delle mura di Hipponion, che attraversano varie fasi costruttive


(dalla seconda metà del VI agli inizi del III sec. a.C.).

52
Le mura di Locri

• Immagine della torre Marzano di età ellenistica, la meglio conservata


della cinta muraria locrese. 53

Le attività commerciali

• Buone potenzialità della regione, che non


sembrano essere state compiutamente espresse:
– Una posizione geografica favorevole.
– Un mercato, costituito dalle numerose colonie
greche, rilevante per l’importazione di merci
tipicamente elleniche dalla Grecia.
– Prodotti come i cereali e il legname che potevano
avere buone prospettive di esportazione.

54
Le vie del commercio marittimo
• Una favorevole collocazione: la nostra regione è al centro delle
rotte mediterranee.
• Il mare era la via obbligatoria per i commerci a lunga distanza,
ma era talvolta preferito anche per brevi spostamenti.
• Reggio, con il suo eccellente porto, punto di passaggio obbligato
per percorsi marittimi attraverso lo Stretto.
• Crotone, naturale punto di approdo e transito per le navi che
attraversavano il golfo di Taranto, con i suoi due porti e il punto
di riferimento di Capo Colonna.
• Locri, al riparo del suo promontorio, offriva un buono scalo alle
navi dirette verso lo Stretto e la Sicilia.
• Il porto di Hipponion, ben protetto.
• Elea, con i suoi porti di foce.
• Piccoli porti di foce anche a Sibari e, forse, a Metaponto.

55

Le vie del commercio terrestre


• In linea teorica preferibili nei commerci
locali, per la loro brevità, in particolare per i
percorsi “istmici” tra Ionio e Tirreno.
• Ma in realtà la via più breve non era
necessariamente la più rapida: talvolta era
preferito un percorso marittimo, anche se
comportava la circumnavigazione della
Calabria.
56
Una grande via commerciale tra Etruria e
Magna Grecia?
• La regione era attraversata da una via commerciale
(la cui rilevanza rimane oggetto di discussione) tra
Etruria e Magna Grecia, che aveva il suo punto di
snodo nel centro dell’Etruria campana di
Pontecagnano.
• Per il tratto che interessava la nostra regione:
– Un percorso tra Tirreno (Poseidonia) e Ionio
(Metaponto) attraverso le valli del Sele e del Basento.
– Un percorso alternativo partiva sempre da Poseidonia e,
attraverso la valle del Tànagro, scavalcava il massiccio
del Pollino e giungeva nella piana di Sibari.

57

Gli itinerari commerciali locali

• Univano in particolare le colonie dello Ionio alla loro


subcolonie del Tirreno:
– Da Sibari a Laos e Skidros (se queste ultime furono fondate prima
della distruzione di Sibari).
– Da Locri a Metauros, Medma e Hipponion (ma il percorso terrestre
era reso difficile dalla tormentata orografia; talvolta preferito il
percorso marittimo, attraverso lo stretto).
• Nei commerci locali con le popolazioni indigene un ruolo
importante avevano i santuari di frontiera, nei quali gli
scambi erano posti sotto una protezione sacrale.

58
Le esportazioni
• Un quadro documentario ancora in corso di definizione:
– Il maggior rilievo nella nostra documentazione lo ha la ceramica
“calcidese” di Reggio, con una circolazione ad ampio raggio.
– Le ricerche più recenti stanno dimostrando un ruolo sempre più
rilevante nell’esportazione di vini, attraverso contenitori caratteristici, in
un’ampia area tirrenica.
– Una circolazione più limitata per le produzioni metallurgiche, in
particolare locresi.
– Una circolazione locale anche per le decorazioni architettoniche, in
pietra e soprattutto in terracotta.
• Al riguardo si può forse richiamare l’attività di qualche artista
magnogreco all’estero:
– Lo scultore crotoniate Patrokles, che esegue per i Locresi una statua ad
Apollo ad Olimpia.
59

Le esportazioni: i silenzi

• Non stupisce la sostanziale mancanza di dati


sull’esportazione dei cereali e dei prodotti
dell’economia del bosco, che più difficilmente lasciano
memoria di sé.
– La fama di cui gode la pece brettia in Grecia è tuttavia indizio
indiretto di una sua esportazione (cf. il discusso Aristofane, fr.
638 Kassel-Austin: mevlaina deinh; glw`ssa, brettiva parh`n,
“La tremenda lingua era oscura; era infatti brettia”).

60
Le esportazioni di vino e olio
• Colpiva il silenzio, fino a qualche anno fa, sull’esportazione di vino
e olio, prodotti locali di spicco, in genere documentata dai loro
contenitori, le anfore.
• Un quadro ora in mutamento per quanto concerne il vino,
nonostante le difficoltà dello studio delle anfore magnogreche
(assenza di bolli, materiali spesso trascurati nelle indagini
archeologiche fino a qualche anno fa):
– Le recentissime indagini di J.-Ch. Sourisseau ipotizzano una rilevante
produzione di anfore vinarie per la Sibaritide del VI sec. a.C. (gruppo 1) e
per l’arco ionico meridionale tra VI e IV sec. a.C. (gruppo 2)
– Le ricerche di C. Vandermersch, hanno attribuito allo scorcio finale della
fase greca le anfore vinarie MGS I-IV (Magna Graecia – Sicily), esportate
in Italia centrale, nel Mediterraneo orientale e soprattutto in Africa
settentrionale (Cartagine, Cirenaica, Egitto).
– Un quadro dei centri di produzione ancora non del tutto chiaro: le MGS
possono essere attribuite a fabbriche magnogreche, ma anche siceliote.
61

La produzione anforica sibarita (Sourisseau


gruppo 1)
• La forma Sourisseau 1: pancia ovoide,
fondo piatto stretto, collo cilindrico.
• Tradizionalmente ritenuta di fabbricazione
corinzia, Sourisseau attribuisce questa
forma a Sibari, sulla base degli impasti e
della brusca scomparsa della tipologia alla
fine del VI sec. a.C.
• Le analisi non escludono una produzione
nella Crotoniatide o a Caulonia.
• La ricomparsa di questa tipologia nella
forma Sourisseau 5 nella seconda metà del
V sec. a.C.: una produzione turina?
• Un’ampia diffusione tirrenica, da
Ampurias a Marsiglia, alla Sicilia (Megara
Iblea, Camarina), ma anche sulle coste del
Salento.
62
La produzione anforica ionica
(Sourisseau gruppo 2)
• Forme variabili (Sourisseau 1-4), ma accomunate da una pasta
giallo chiara, forse stimolate dalla produzione sibarita del
gruppo 1.
• Un centro di produzione chiaramente identificabile a Locri e
forse a Crotone, per la presenza di scarti di lavorazione
• Le analisi mineralogiche permettono di ipotizzare produzioni
anche a Caulonia e Reggio.
• Una buona diffusione soprattutto tirrenica, da Marsiglia alla
Sicilia; esemplari anche a Cartagine.
• In una seconda fase alcune di queste forme sono riprese da
centri di produzione tirrenica: Posidonia (forma 2, inizi V sec.
a.C.), Elea (forma 3, intorno al 470 a.C.)

63

Le importazioni

• Bene attestate le importazioni di ceramica corinzia e attica, nel


periodo arcaico e classico.
– Le presenze di ceramica attica di V sec. a.C. nella nostra regione
sono tuttavia inferiori a quelle di altre aree dell’Italia meridionale
(Sicilia, Campania, Puglia), con l’eccezione di Locri, fino alla
Guerra del Peloponneso.
• Tra la fine dell’VIII e la fine del VII sec. a.C. massicce
importazioni di anfore (vinarie o olearie?) corinzie.
• Un passaggio di Ateneo (da Timeo) ha fatto ipotizzare
l’esistenza di una massiccia importazione a Sibari di lane da
Mileto, in Asia minore: l’interpretazione del passo è tuttavia
oggetto di discussione.
• Nell’ultima fase del periodo qui preso in considerazione le
testimonianze si fanno sempre più rare, non consentendo
valutazioni sul volume del commercio transmarino.

64
Ateneo, Deipnosofisti, XII, 519 b-c (Timeo,
fr. 50 Jacoby): un commercio di lane tra
Mileto e Sibari?
∆Efovroun d j oiJ Subari`tai
• I Sibariti indossavano man-
kai; iJmavtia Milhsivwn
telli di lana di Mileto, cir-
ejrivwn pepoihmevna: ajf j
costanza da cui derivò an-
w|n dh; kai; aiJ filivai tai`~
che l’amicizia tra le due cit-
povlhsin ejgevnonto, wJ~ oJ
tà, come afferma Timeo:
Tivmaio~ iJstorei`.
delle genti italiche, infatti, i
Hjgavpwn ga;r tw`n me;n
Sibariti prediligevano gli
ejx ∆Italiva~ Turrhnouv~,
Etruschi e fuori dall’Italia
tw`n d j e{wqen tou;~
gli Ioni, perché erano dediti
“Iwna~ o{ti trufh`≥
ai piaceri.
prosei`con.

65

Una testimonianza di commerci


mediterranei

• Ansa di anfora rodia con bollo.


• Oggi a Sibari, Antiquarium
66
Una testimonianza di
commerci mediterranei
• Anfora punica rinvenuta a Marcellina,
presso l’antica Laos.
• Oggi a Sibari, Antiquarium.
• A questa testimonianza di traffici con
l’Africa può essere aggiunta la
significativa presenza nella regione di
monete puniche (se queste non
risalgono al periodo della guerra
annibalica).
• Cf. anche i relitti punici (con anfore)
nelle acque di Villa S. Giovanni.
67

Una testimonianza
di commerci
mediterranei
• Coppa di vetro dorato con scena
di caccia, da Varapodio o da
Tresilico (Oppido Mamertina),
forse usata per mescolare
cosmetici.
• Rinvenuta in una deposizione
femminile brettia.
• Di sicura produzione alessan-
drina, testimonia un commercio
a lungo raggio di beni di lusso.
• Oggi a Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale.

68
Un ruolo di intermediazione
• Più che come punti di partenza di commerci di
esportazione o come terminali di un traffico di
importazione, la poleis magnogreche sembrano avere un
ruolo di intermediazione.
• Un ruolo che si esercita in particolare nei traffici che
partono dall’Egeo e dal Mediterraneo orientale e si
dirigono nel Tirreno.
• Un ruolo comunque rilevante dal punto di vista
economico, per la possibilità di imporre dazi sulle merci
di passaggio.
– La possibilità che Reggio abbia imposto una sorta di
pedaggio alle navi che passavano lo Stretto.
• I segni di un progressivo declino di questa funzione alla
fine del periodo considerato in questa lezione.
69

Ateneo, Deipnosofisti, III, 116 c-d: un


ruolo di intermediazione commerciale?
∆Iovnion d j ajna; • «Sull’onda ionia il
ku`ma fev-rwn
Brettio o il Campano
Gadeirovqen a[xei
Brevttio~ h] Kampano;~ porterà come carico da
h] ejx ajgaqoi`o Tavran- Cadice o dalla divina
to~ ojrkuvnoio Taranto triangoli di
trivgwna, ta t j ejn tonno, che conservati
stavmnoisi teqevnta ben pigiati in giare
ajmfalla;x deivpnoisin accompagna verso
ejni; prwv-toisin l’inizio dei banchetti».
ojphdei`.
70
Ateneo, Deipnosofisti, III, 116 c-d: un
ruolo di intermediazione commerciale?

tau`ta ta; e[ph ejmoi; me;n • Questi versi mi sembra che


dokei` tino~ mageivrou ei\nai siano da attribuire a qualche
ma`llon h] mousikwtavtou cuoco più che al dottissimo
JHsiovdou. Povqen ga;r Esiodo. Come avrebbe infatti
eijdevnai duvnatai Pavrion h] potuto conoscere Paro o
Buzavntion, e[ti de; Tavranta Bisanzio, o ancora Taranto e
kai; Brettivou~ jkai; i Brettii e i Campani, essen-
Kampanou;~ polloi`~ e[tesi do molto più antico degli
touvtwn presbuvtero~ w[n… stessi? Mi sembra quindi che
do-kei` ou\n moi aujtou` tou` i versi siano dello stesso
Eujqudhvmou ei\nai ta; Eutidemo.
poihvma-ta.

71

La valutazione del passo di Ateneo


• Un estratto dal trattato Il pesce salato del medico ateniese
Eutidemo, vissuto forse nel II sec. a.C.
• Difficile valutare un passo isolato e di problematica cronologia:
– Da respingere (come già faceva Ateneo) l’attribuzione ad Esiodo.
– Ma non convince del tutto nemmeno il suo inserimento tra la guerra
contro Pirro e la II guerra punica, avanzato da alcuni studiosi.
• In senso stretto il riferimento è solo ad attività di
intermediazione commerciale (e non di produzione, come
sembrano ritenere alcuni studiosi).
• Come interpretare il riferimento a Campani e Brettii? In senso
stretto alle genti italiche o piuttosto a tutti gli abitanti (compresi
i Greci) della Campania e della Brettia?
72
Le finanze e la monetazione
• Intorno alla metà del VI sec. a.C. molte colonie magnogreche iniziano la
coniazione di monete, adottando la tecnica dell’incuso (eccezionale il caso
di Locri, che inizia le sue coniazioni solo alla metà del IV sec. a.C.).
• Nella prima fase in genere pezzi in argento di grande valore, inadatti ai
piccoli commerci quotidiani.
• Inizialmente il mezzo con cui la polis paga i propri servizi (lavori edilizi)
e, di ritorno, riceve il pagamento di tributi, dazi, affitti: un sistema più
pratico di tesaurizzazione rispetto ai beni in natura e al metallo non
monetato.
• Uno strumento di comunicazione, attraverso il quale la colonia afferma la
propria individualità e la propria ricchezza.
• Solo alla metà del V sec. a.C., a Turii (presto imitata da Reggio, Elea,
Crotone) nasce una monetazione bronzea, utile al commercio al minuto.
• La stessa funzione ha la moneta divisionale in argento nota per esempio a
Crotone nel V sec. a.C.
• La scarsa conoscenza della moneta divisionale: i ritrovamenti riguardano
soprattutto ripostigli, in cui si nascondevano le monete di maggior valore.
73

Sistemi ponderali

• Sibari, Crotone, Metaponto e Caulonia coniano uno statere


(o nomos) di 7,85 – 8 gr., diviso, a parere di alcuni
studiosi, in 3 dracme.
– A questo sistema si uniforma sostanzialmente anche la tarda
monetazione di Locri.
• Poseidonia conia uno statere di 7,5 gr., diviso in 2 dracme.
• Reggio conia una moneta più leggera (dracma?),
inizialmente del peso di 5,60-5,80 gr., secondo un sistema
ponderale comune a tutte le colonie calcidesi d’Occidente.

74
Le prime monete magnogreche: Sibari

• Nomos (o statere) di Sibari, in argento, di 7,93 gr. (seconda metà del VI sec.
a.C.). Al dritto toro retrospiciente e legenda Sy; al rovescio lo stesso tipo, con
la tecnica dell’incuso.
75

La monetazione in bronzo: Reggio

• Bronzo di 1,23 gr. da Reggio (fine V – inizi IV sec. a.C.); al dritto


protome leonina; al rovescio testa di Apollo con corona d’alloro.

76
La monetazione divisionale in argento:
Crotone

• Obolo in argento da Crotone, di gr. 0,25; al dritto il tripode delfico; al


rovescio un polipo.
77

L’imperialismo come fattore di forza


finanziaria

• La prosperità economica di Sibari nel VI sec. a.C.


viene anche dal suo “impero”, su cui una nota
testimonianza di Strabone.
• Si possono supporre forme di sfruttamento indiretto
del territorio sotto l’egemonia sibarita (disponibilità
delle risorse economiche, controllo dei commerci), ma
anche uno sfruttamento diretto, per esempio con
l’imposizione di tributi.
• Dopo la caduta di Sibari nel 510 a.C. si può supporre
una posizione in parte simile per Crotone, il cui
territorio venne a comprendere buona parte della Sila.

78
Strabone; Geografia, VI, 1, 13: l’impero
di Sibari

• Questa città raggiunse


Tosou`ton d jeujtuciaÊ dihv- anticamente tanta fortuna che
negken hJ povli~ au{th to; esercitò il suo potere su 4
palaiovn, w{ste tettavrwn me;n popoli vicini ed ebbe a sé
ejqnw`n tw`n plhsivwn soggette 25 città; e [i Sibariti]
ejph`rxe, pevnte de; kai; ei[kosi scesero in campo contro i
povlei~ uJphkovou~ e[sce, Crotoniati con 300 mila uomini,
triavkonta de; muriavsin e abitando presso il Crati
ajndrw`n ejpi; Kro-twniavta~ riempivano completamente un
ejstravteusan, pen-thvkonta de; circuito di 50 stadi [ = 9 km
stadivwn kuvklou suneplhvroun circa].
oijkounte~ ejpi; twÊ` Kravqidi.

79

Le spese militari
• Le finanze delle poleis greche devono sempre fare i conti
con le spese militari, in considerazione del quasi
permanente stato di guerra.
• Questa voce del bilancio diviene particolarmente gravosa
nel IV sec. a.C., di fronte alla pressione lucana e brettia e
all’intervento in Magna Grecia dei condottieri stranieri.
• Una prova di questa situazione: l’aumento di intensità nelle
emissioni delle città magnogreche alla fine del IV e inizi
III sec. a.C., in connessione con le crescenti spese militari.
• Difficoltà segnalate anche dalla pratica della riconiazione
delle monete “straniere”.
80
Le tavole di Locri: uno straordinario archivio
sulle finanze di una polis della Magna Grecia

• Un archivio di tavolette bronzee in lingua dorica, in cui sono registrati


i prestiti contratti dalla città di Locri nei confronti del locale santuario
di Zeus Olimpio: una pratica piuttosto comune nel mondo greco
(paralleli soprattutto nella Delo indipendente).
– In alcune tavole si registrano anche i rimborsi versati dalla città al
santuario.
• Copie riassuntive di originali papiracei, fatti incidere dai responsabili
finanziari del santuario (gli ieromnemoni) per ragioni non chiare.
• Le tavole sono state rinvenute nel 1959 in una grande teca cilindrica di
pietra (alt. 1,10 m, diametro 1,45 m), sepolta in località Madonna
dell’Idria, a poca distanza dal tempio di Zeus Olimpio.

81

Le tavole di Locri: il problema


della datazione
• Le tavole sono datate con il ricordo del magistrato
eponimo di Locri, un’informazione che non possiamo
tradurre in una datazione assoluta.
• Un possibile elemento di datazione è dato dalla menzione
di un basileus: ma l’identificazione di questo personaggio
è oggetto di vivace controversia.
• In assenza di sicuri agganci interni, la vaga datazione si
basa su considerazioni paleografiche e linguistiche: tra la
metà del IV e la metà del III sec. a.C.
– In questo arco di tempo i testi si distribuiscono di certo per qualche
decennio: gli eponimi ricordati sono 33.

82
Gli scopi dei prestiti
• 17 prestiti avevano lo scopo di predisporre la difesa della città: si
parla di “costruzione di torri”, “fortificazione della città”,
“fabbricazione di proiettili”.
– L’ammontare totale delle somme con questa destinazione è modesto: i
prestiti erano solo una delle fonti di finanziamento di questi lavori, che
dobbiamo presumere di completamento, più che di costruzione ex novo.
• 6 tabelle fanno riferimento ad un “contributo al re”: vd. lezione
VI.
• 4 prestiti hanno scopi vari: acquisto di grano o fave, erezione di
statue onorarie o “per la restante amministrazione finanziaria” (le
spese ordinarie della città?).
• Per 10 prestiti non viene ricordato alcun motivo: per negligenza
dei redattori o perché le somme erano destinate all’ordinaria
amministrazione?
83

Le fonti di reddito del santuario di Zeus


Olimpio
• Le tavole registrano occasionalmente la provenienza dei
fondi:
– “Versamenti della terra”: gli affitti delle terre del santuario.
– Parte di queste terre sono definite come “doreai oltre il fiume
Halex”: forse le donazioni di terre originariamente reggine al
santuario di Zeus Olimpio da parte di Dionisio I.
– Il ricavato dalla vendita di ferro o di mattoni.
• Nelle tavole locresi il ricavato da queste fonti di reddito
viene “girato” alla città.
• Una differenza con il caso di Delo, che normalmente
attingeva dalle riserve finanziarie del locale santuario di
Apollo.

84
Le restituzioni
• La tav. 7 ricorda l’obbligo della città di rifondere i prestiti
e alcuni documenti registrano effettive restituzioni.
• Interessante la tav. 9 che registra la rapida restituzione di
un prestito di oltre 183 talenti contratto in quello stesso
anno e inoltre la parziale restituzione di un vecchio debito.
– Quest’ultimo pagamento avviene in natura, nella forma di una
quantità di bronzo che sarebbe servita per le porte del tempio.
• Le tavole relative alle restituzioni sono molte meno di
quelle che registrano prestiti: un segno delle difficoltà
finanziarie della città?
• Le tavole non alludono alla necessità di garanzie o
all’esistenza di interessi sui prestiti.
85

F. Costabile, Polis ed Olympieion a Locri


Epizefiri, Soveria Mannelli 1992, n°9

86
F. Costabile, Polis ed Olympieion a Locri
Epizefiri, Soveria Mannelli 1992, n°9
• Omb. Sotto Philodamos, essendo
prodikoi Thra. Philodamos, Sot.
Menedamos, Pyr. Philonidas, essendo
proboloi proarchontoi Lak.
Aristodamos, Mna. Athanippos, Agph.
Tharrymachos: i Locresi hanno
restituito a Zeus Olimpio i beni che
presero a prestito su decreto del
Consiglio Omb. sotto Philodamos: 183
talenti, 3 stateri, 13 litre, 4 oboli; e
dall’antico debito: 617 talenti, 11,5
litre, 2 oboli. Da ciò hanno restituito un
peso in bronzo di 160 talenti e 17 litre
(circa 4,2 t) per le porte di bronzo che
hanno dato a Zeus Olimpio, da
collocare nel tempio su entrambi i
cardini. Ciascun talento di peso è stato
calcolato in 5 talenti di argento, per
decreto del Consiglio e
dell’Assemblea. 87

La società magnogreca: incontri tra etnie


diverse nella fase della colonizzazione
• Di regola tra i primi coloni vi erano solamente
maschi adulti.
• Non si può escludere che dopo la creazione della
colonia i fondatori fossero raggiunti da mogli e
figli.
• Ma è ragionevole supporre molti matrimoni misti
tra coloni greci e ragazze indigene nella fase della
colonizzazione anche in Magna Grecia (forse con
l’eccezione di Locri).
88
La stratificazione sociale nelle
colonie greche
• Nella prima ondata migratoria si suppone una omogeneità
sociale, nonostante la partecipazione all’impresa di qualche
artigiano e forse di alcuni nobili (esuli politici, cadetti privi
di mezzi).
– Le (scarse) necropoli dell’VIII e del VII sec. a.C. nei loro corredi
non lasciano l’impressione di una differenziazione sociale netta.
– La possibilità che una nobiltà arcaica rimanga a noi “nascosta”:
un’ideologia egualitaria impedisce lo sfoggio del lusso.
• Le ondate successive di coloni, tendenzialmente
discriminate dai fondatori e dai loro discendenti, avviano il
processo di differenziazione sociale.
89

La nobiltà
• La distinzione di uno strato sociale nobiliare, se non è
un carattere originario della società coloniale, certo è
evidente nelle fasi successive.
– La nobiltà si manifesta con maggiore evidenza sul campo di
battaglia, nel corpo della cavalleria.
– In campo politico la preminenza dei nobili si estrinseca
nell’esercizio del potere esecutivo, attraverso le
magistrature.
• Una nobiltà che fonda le sue fortune sul possesso della
terra (in particolare a Metaponto, Sibari, Crotone) o su
fortunate imprese marittime e commerciali (Elea,
Reggio) o su una combinazione dei due fattori
(Poseidonia).
90
L’oligarchia dei Mille

• Un corpo ristretto di cittadini in possesso dei pieni diritti civici,


testimoniato a Reggio, Locri e Crotone.
• Il modello nasce probabilmente nella piccola Locri, dove i Mille
possono essere i coloni originari, e la loro preminenza fu forse
sancita dalla legislazione di Zaleuco (metà del VII sec. a.C.).
• Nelle più popolose Reggio e Crotone piuttosto una reazione dei
discendenti dei coloni originari contro immigrati successivi,
schiavi liberati, mezzosangue, discendenti dei coloni decaduti
economicamente.
• Una simile limitazione del corpo civico si suppone anche per
altre città della Magna Grecia, pur in assenza di prove concrete.

91

Oligarchia e Pitagorismo a
Crotone
• L’esperienza di Pitagora e dei suoi seguaci a
Crotone è intesa a mantenere il potere nelle
mani dell’oligarchia dei Mille.
• Allo stesso tempo i Pitagorici tentano di
limitare le sperequazioni economiche e sociali
all’interno del corpo civico.
• Un tentativo che si scontra con le possibilità di
arricchimento offerte dall’impero crotoniate
dopo la sconfitta di Sibari.
92
Il ruolo degli indigeni nella società delle
colonie greche
• Dopo una fase di vuoto nel momento della fondazione
delle colonie, l’archeologia torna ad attestare presenze
indigene nei territori delle poleis greche.
• Queste fonti non ci dicono nulla sulla posizione sociale
degli indigeni.
– Una ragionevole ipotesi ne fa uno strato dipendente, utilizzato
come manodopera agricola.
– Resta da chiarire se questa forma di dipendenza assumesse le
forme della schiavitù classica o di un servaggio, del tipo
dell’ilotismo spartano, come pare più probabile.
– Possibile la concessione dei diritti civici agli indigeni a Sibari, che
potrebbe spiegare la forza demografica della città.
• L’esistenza di schiavi è comunque attestata dal ricordo di
una loro emancipazione da parte del tiranno crotoniate
Clinia (inizi del V sec. a.C.)

93

Un caso particolare: le tradizioni


sociali di Locri
• A Locri la nobiltà di sangue si trasmette per via femminile (Polibio,
XII, 5, 6-8).
– Una regola sociale che pare estranea alle tradizioni greche: un’eredità
dalle popolazioni preelleniche delle Locridi o piuttosto un’influenza
delle genti indigene della Calabria?
– Tradizioni matriarcali anche nelle leggende della fondazione, che
sarebbe stata guidata da nobildonne, con i loro mariti in posizione
subordinata.
• In connessione con queste tradizioni forse la singolare pratica della
prostituzione sacra (oggetto di discussione).
• Alla legislazione di Zaleuco era attribuita una legge che impediva di
alienare i lotti e proibiva ai cittadini di pieno di diritto il commercio al
minuto.
• Conferma il conservatorismo economico e sociale di Locri il fatto che
la monetazione locale inizi solo alla metà del IV sec. a.C.

94
Polibio, XII, 5, 6-8: la trasmissione della
nobiltà per via femminile a Locri
Pavnta ta; dia; progovnwn • Tutte le glorie ereditarie presso
e[ndoxa par j aujtoi`~ ajpo; tw`n di loro vengono dalle donne,
gunaikw`n, ouk j ajpo; tw`n non dagli uomini; così, per
ajndrw`n ejstin, oi|ou eujqevw~ esempio, presso di loro sono
eujgenei`~ para; sfivsi ritenuti nobili quelli che si dice
nomivzesqai tou;~ ajpo; tw`n discendano dalle cento case:
eJkato;n oijkiw`n legomevnou~: queste sono le cento case
tauvta~ d j ei\nai ta;~ eJkato;n prescelte dai Locresi prima che
oijkiva~ prokriqeivsa~ uJpo; tw`n fosse inviata la colonia, per
Lokrw`n pri;n h] th;n ajpoikivan sorteggiarne, secondo l’oracolo,
ejxelqein, ejx w|n e[mellon oiJ le vergini che dovevano essere
Lokroi; kata; to;n crhsmo;n mandate a Ilio.
klhrou`n ta;~ ajpostalhsomevna~
parqevnou~ eij~ [Ilion.
95

Polibio, XII, 5, 6-8: la trasmissione della


nobiltà per via femminile a Locri

Touvtwn dhv tina~ tw`n • Alcune di queste donne,


gunaikw`n sunexa`rai meta; dunque, partirono all’atto
th`~ ajpoikiva~, w|n tou;~ dell’invio della colonia e i
ajpovgonou~ e[ti nu`n loro discendenti ancora
eujgenei`~ nomivzesqai kai; oggi sono ritenuti nobili e
kalei`sqai tou;~ ajpo; tw`n detti discendenti delle
eJkato;n oijkiw`n. cento case.

96
Demostene, Contro Timocrate, 139-141:
Locri, una città conservatrice
• Voglio illustrarvi, si-
• βούλομαι δ᾽ ὑμῖν,
ὦ ἄνδρες gnori giudici, come si
δικασταί, ἐν legifera in Locri. In
Λοκροῖς ὡς
νομοθε-τοῦσι nulla infatti sarete
διηγήσασθαι:
οὐδὲν γὰρ χείρους peggiori se ascolterete
ἔσεσθε
παράδειγμά τι un esempio, special-
ἀκηκοότες, ἄλλως mente un esempio di
τε καὶ ᾧ πόλις
εὐνο-μουμένη cui si avvale una polis
χρῆται.
ben governata.
97

Demostene, Contro Timocrate, 139-141:


Locri, una città conservatrice
• ἐκεῖ γὰρ οὕτως
οἴονται δεῖν τοῖς • Colà infatti a tal punto riten-
πάλαι κειμένοις
χρῆσθαι νόμοις καὶ τὰ gono che si debbano applicare
πάτρια περι- le leggi anticamente stabilite e
στέλλειν καὶ μὴ πρὸς preservare le istituzioni avite e
τὰς βουλήσεις μηδὲ non legiferare per favorire o
πρὸς τὰς δια-δύσεις
τῶν ἀδικημάτων νο- desideri e i sotterfugi dei tra-
μοθετεῖσθαι, ὥστ᾽ ἄν sgressori, che qualora uno
τις βού-ληται νόμον voglia istituire una nuova legge
καινὸν τιθέναι, ἐν egli presenta la proposta por-
βρόχῳ τὸν τράχηλον
ἔχων νομοθετεῖ, καὶ tando un cappio intorno al col-
ἐὰν μὲν δόξῃ καλὸς καὶ lo, e qualora la legge sia giudi-
χρήσιμος εἶναι ὁ cata buona e utile il proponente
νόμος, ζῇ ὁ τιθεὶς καὶ se ne va via vivo, altrimenti si
ἀπέρ-χεται, εἰ δὲ μή,
τέθνηκεν ἐπι- tira il cappio ed egli è un uomo
σπασθέντος τοῦ morto.
βρόχου.

98
Demostene, Contro Timocrate, 139-141:
Locri, una città conservatrice

• καὶ γάρ τοι


καινοὺς μὲν
• E difatti leggi nuove
οὐ τολμῶσι
non osano proporne,
τίθε-σθαι,
bensì applicano con
τοῖς δὲ πάλαι
scrupolo quelle stabili-
κειμένοις
te da tempo.
ἀκριβῶς
χρῶνται.

99

La reazione contro le oligarchie


• Nel V sec. a.C. in molte città magnogreche si assiste alla
riscossa dei ceti esclusi dai pieni diritti civici.
• L’approdo: costituzioni democratiche, ma anche una lunga
stagione di lotte civili, ancora aperta al tempo della conquista
romana.
– Un’anticipazione forse nella Sibari del tiranno Telys, con la sua
politica antinobiliare, che si appoggia su artigiani e commercianti,
e nella Crotone di Clinia, che fida nell’appoggio di schiavi e altri
elementi marginali per conquistare il potere.
• Un elemento che complica il quadro: la presenza tra i ceti
popolari di molti elementi indigeni
– Il conflitto politico e sociale assume così anche contorni etnici e
culturali.

100
Il crollo dell’oligarchia a Crotone
• A Crotone il movimento democratico è
animato dagli strati inferiori della società, ma
anche da qualche nobile arricchito e ambizio-
so, stanco dell’egualitarismo pitagorico.
• Il contrasto sociale sfocia nella rivoluzione
politica, con la violenta cacciata dei Pitagorici.
• Esperimenti di democrazia radicale a Crotone,
con provvedimenti economici e sociali di
grave portata: abolizione dei debiti e
redistribuzione delle terre.
101

Bibliografia di approfondimento
• C. Ampolo, Organizzazione politica, sociale ed economica delle «poleis»
italiote, «Magna Grecia. Lo sviluppo politico, sociale ed economico», a cura
di G. Pugliese Carratelli, Milano 1987, pp. 89-98.
• J.C. Carter, Agricoltura e pastorizia in Magna Grecia (tra Bradano e
Basento), ibid., pp. 173-212.
• M. Gras, Vie e itinerari del commercio, ibid., pp. 213-224.
• L. Braccesi - F. Raviola, La Magna Grecia, Bologna 2008.
• F. Costabile et alii, Polis ed Olympieion a Locri Epizefiri: costituzione,
economia e finanze di una città della Magna Grecia, Soveria Mannelli
1992.
• G. De Sensi, La Calabria in età arcaica e classica. Storia, economia,
società, «Storia della Calabria. La Calabria antica», a cura di S. Settis,
Roma - Reggio Calabria 1988, pp. 227-303.
• P.G. Guzzo, L'archeologia delle colonie arcaiche, ibid., 137-226.
• G. Giudice, Il tornio, la nave, le terre lontane: ceramografi attici in Magna
Grecia, Roma 2007.

102
Bibliografia di approfondimento
• P. Munzi Santoriello, Les fours de potiers et la production céramique
de Laos (Calabre), «Artisanats antiques d'Italie et de Gaule. Mélanges
offerts à Maria Francesca Buonaiuto», a cura di J.-P. Brun, Naples
2009, pp. 265-283 [Biblioteca digitale]
• J.Ch. Sourisseau, La diffusion des vins grecs d’Occident du VIII e au
IVe s. av. J.-C., sources écrites et documents archéologiques, «La
vigna di Dioniso. Vite, vino e culti in Magna Grecia». Atti del XLIX
Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto 24-28 settembre
2009)», Taranto 2011, pp. 145-252 [Biblioteca digitale].
• M. Taliercio Mensitieri, Le emissioni monetarie della Calabria dall'età
di Dionigi II a quella di Annibale, «Storia della Calabria antica, II,
l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma - Reggio Calabria
1994, pp. 421-436.
• C. Vandermersch, Vins et amphores de Grand Grèce et de Sicile, IVe-
IIIe s. avant J.-C., Naples 1994.

103
Lezione VI

Le popolazioni italiche

Gli assetti sociali ed economici delle


popolazioni italiche
• Si colgono in pratica solamente in prospettiva
relazionale, in rapporto con le colonie greche.
• Un dato che nasce dalla natura delle fonti, anche
archeologiche (che mostrano una cultura materiale
fortemente ellenizzata).
• Non solo una distorsione documentaria, ma un
dato reale negli assetti socioeconomici di Lucani e
Brettii (Lombardo).
– Un’identità socioeconomica per i Bretti: genti
originariamente subordinate ai Lucani, che esercitano
attività di pastorizia nella Sila.
2
La caratterizzazione economica delle
popolazione italiche
• Nelle fonti greche una caratterizzazione per contrasto rispetto alle
poleis italiote, in ragione dei diversi spazi occupati.
– Alle attività agricole esercitate nelle aree pianeggianti dai Greci si
contrappongono le attività della pastorizia e della silvicoltura degli Italici
nell’interno montuoso, con forme di proprietà comune.
• Una caratterizzazione che assume pienamente valore dopo il
crollo degli “imperi” di Sibari e Crotone, che porta ad un
ripiegamento su sé stesso (ma anche una maggiore autonomia) del
mondo indigeno.
• Nelle ostili fonti classiche altre attività caratteristiche di Lucani e
soprattutto Brettii sono legate alla guerra: rapina, mercenariato.

I dati archeologici sulle forme economiche


delle popolazioni italiche

• Il rinvenimento di qualche pithos destinato alla conservazione dei


prodotti della terra conferma la scontata ipotesi di un’attività
agricola, almeno a livello di sussistenza.
• Modeste attività artigiane, destinate a soddisfare le esigenze
locali:
– Produzioni prevalentemente di ceramica comune, testimoniate anche dalle
fornaci di Cirò e soprattutto del quartiere artigianale della Laos lucana.
– Numerosi pesi da telaio, che testimoniano l’attività di filatura della lana.
• Attività edilizie, soprattutto in grandi centri fortificati come
Castiglione di Paludi.
• La presenza di monete straniere in qualche corredo funebre, come
nella tomba di Gizzeria (o “tesoro di S. Eufemia”) segnala una
possibile attività di mercenariato del defunto.
4
Le fortificazioni di Castiglione di Paludi

• Le imponenti fortificazioni
del sito archeologico brettio
meglio noto (seconda metà
del IV sec. a.C.).
• La tecnica costruttiva assai
avanzata (blocchi perfetta-
mente squadrati, torri) lascia
pensare ad un intervento di
architetti italioti.

Un’evoluzione nelle forme


economiche caratteristiche
• La vittoriosa spinta verso le pianure costiere da parte di
Lucani e Brettii, culminata alla fine del IV sec. a.C. muta il
quadro descritto.
• Le popolazioni italiche spesso controllano sezioni
trasversali del territorio, che comprendono sia aree
montuose interne che aree pianeggianti costiere.
– Sviluppo dell’agricoltura, forse anche specializzata: ipotesi di uno
sviluppo della viticoltura nella zona di Petelia già in età
preromana.
– Attività marinare si suppongono per un piccolo insediamento
brettio a S. Lucido.
• Resta da comprendere in che misura ci fosse uno
sfruttamento integrato di queste diverse aree economiche.
6
Le forme di occupazione del
territorio
• Prevale il popolamento sparso, segnalato dalle piccole
necropoli e ora anche da qualche fattoria.
– Insediamenti in genere piuttosto modesti, con basamenti in ciottoli
di fiume e alzati in materiali deperibili.
– Le sepolture comuni: deposizioni in fossa, coperte o interamente
rivestite da tegole; ma è stata scoperta anche qualche sepoltura di
pregio.
• Ma i successi militari (e i crescenti contatti con le poleis
greche) segnano anche in questo campo un’evoluzione: la
conquista di centri urbani esistenti (o la nascita di nuove
città, seguendo il modello greco).
7

Gli scambi commerciali tra indigeni


e Greci
• Nei centri indigeni ben attestata la presenza di
prodotti delle colonie greche.
• Non abbiamo invece testimonianza di un
commercio in direzione inversa.
• I prodotti del mondo esterno giungevano a Lucani
e Brettii direttamente, o con la mediazione delle
città magnogreche?
– Da richiamare a questo proposito il caso della coppa di
Tresilico, rinvenuta in un corredo femminile brettio.
8
L’uso della moneta
• Nei contatti con il mondo greco gli indigeni italici imparano
presto a conoscere l’uso della moneta: presenza di ripostigli
monetali in area indigena già in età arcaica.
• Le coniazioni autonome degli Italici sono un fenomeno
posteriore:
– Forme premonetali sono forse date dai singolari gettoni in terracotta di
Sala Consilina e Marcellina (forse sorta di buoni per la futura consegna
di una merce?)
– Nelle città greche che cadono sotto il dominio lucano o brettio nel IV
sec. a.C. i nuovi dominatori continuano a coniare moneta (così a
Terina).
– Una monetazione prevalentemente bronzea, ad uso interno e per le spese
quotidiane, segno di un’economia piuttosto chiusa.
9

La monetazione di Terina greca

• Nomos in argento da Terina (6,89 gr.). Al dritto testa femminile (forse


la ninfa Terina) e legenda TE; al rovescio Nike seduta, con in mano
una corona (420-400 a.C.)

10
La monetazione di Terina brettia

• Dracma in argento da Terina (2,40 gr.). Al dritto testa femminile (forse


le ninfa Terina); al rovescio Nike seduta con in mano un uccellino
(300-275 a.C.)

11

L’uso della moneta

• Le coniazioni federali dei Lucani e dei Brettii sono


un fenomeno piuttosto tardo, in connessione con la
presenza di Pirro e di Annibale.
• Una discreta presenza di monetazione straniera nel
IV sec. a.C. (Cartagine, Egitto, Macedonia) che
perdura anche per tutto il III sec. a.C.:
testimonianza di attività di mercenariato, oltre che
di presenze militari straniere e di commerci.

12
La monetazione federale dei Brettii

• Dracma in bronzo della federazione brettia (8,17 gr.) datata al 211-208 a.C.;
sul dritto testa di Zeus con corona di alloro; sul rovescio un guerriero con
lancia e scudo e legenda BRETTIWN.
13

I segni di una differenziazione sociale tra


gli Italici
• Si possono cogliere, oltre che in sparsi cenni delle fonti letterarie:
– Nelle sepolture di pregio in cui si fa sfoggio di oggetti di lusso (di origine
greca e etrusca), evidentemente da connettere a personaggi di elevata
condizione economica e sociale.
– Nel ricordo di una distinzione fra reparti di cavalleria e fanteria (per
esempio nella battaglia di Ausculum del 279 a.C.).
• Un processo di distinzione più avanzato nelle realtà cittadine
sotto il controllo degli Italici (vecchie poleis greche conquistate,
come Poseidonia, Laos, Hipponion, o nuovi centri come Petelia e
Cosenza).
• Una differenziazione che trae origine soprattutto da una fortunata
attività bellica per i capi militari: bottino, conquista di terre più
produttive.

14
Diodoro, XX, 71, 5: presenza di schiavi
nella società brettia

oJ d j ∆Agaqoklh`~
• Agatocle in seguito
par-qevnou~ me;n kai;
trasportò le ragazze e i
pai`da~ eij~ th;n
bambini [di Segesta]
∆Italivan dia-komivsa~
in Italia e li vendette ai
ajpevdoto toi`~
Brettii …
Brettivoi~ ...

15

Diodoro, XXI, fr. 17 Goukowski:


aristocrazie brettie?
”Oti ∆Agaqoklh`~ sunanqroivsa~ • Dopo aver riunito un esercito,
dunavnei~ eij~ ∆Italivan diepev- Agatocle passò in Italia con 30
rasen e[cwn pezou;~ trismu- mila fanti e 3 mila cavalieri.
rivou~, iJppei`~ triscilivou~. Th;n Affidata la flotta a Stilpone, gli
de; nautikh;n duvnamin Stivlpwni ordinò di saccheggiare il territorio
paradou;~ lehlatei`n ejpevtaxe th;n dei Brettii. Mentre questi
Brettivwn cwvran. Ou\to~ devastava le proprietà vicine al
ejpovrqei, ou\n ta;~ paraqalas- mare patì una tempesta e perse la
sivou~ kthvsei~, ceimw`ni de; maggior parte delle sue navi. Da
peripesw;n ta;~ pleivou~ tw`n parte sua Agatocle, messa sotto
nhw`n ajpevbale. JO de; ∆Agaqo- assedio la città degli Ipponiati …
klh`~ poliorkhvsa~ th;n tw`n grazie alle macchine d’assedio e
JIpponiatw`n povlin ... kai; dia; alle petroboli si rese padrone della
mhcanw`n kai; petrobovlwn th`~ città e la conquistò.
povlew~ ejkuriveusan kai; tauvthn
ei{lon. 16
Diodoro, XXI, fr. 17 Goukowski:
aristocrazie brettie?
Kai; labw;n par j aujtw`n • Terrorizzati, i Brettii gli
eJxako-sivou~ oJmhvrou~ kai; inviarono ambasciatori per
froura;n ajpolipw;n eij~ trattare la pace. E dopo aver
Surakouvsa~ ejpanh`lqen. OiJ ricevuto da loro 600 ostaggi e
de; Brevttioi toi`~ o{rkoi~ ouj lasciata sul posto una guarni-
mh;n ejmmeiv-nante~, ajlla; gione, Agatocle tornò a Siracu-
pandhmei; stra-teuvsante~ ejpi; sa. Ma, lungi dal rispettare il
tou;~ ajpoleif-qevta~ loro giuramento, i Brettii af-
stratiwvta~, touvtou~ frontarono in massa la guarni-
katevkoyan: tou;~ de; gione e la fecero a pezzi: una
oJmhrou~ ajnaswvsante~ volta recuperati gli ostaggi, essi
ajpeluvqhsan th`~ si liberarono del dominio di
jAgaqoklevou~ dunaste-iva~. Agatocle.
17

Le sepolture di pregio
• In genere assumono la forma di ipogei, talvolta completate da decorazioni
architettoniche, letti di deposizione, colonnette, intonaci affrescati.
• Ma alcuni corredi di pregio vengono anche da semplici tombe a fossa, come
nel caso di Tresilico.
• In area lucana da ricordare le necropoli della Poseidonia lucana, con le loro
magnifiche pitture (fine V - inizio IV sec. a.C.).
• Nella Lucania occidentale la necropoli di Chiaromonte, in particolare con la
tomba 227, della fine del V sec. a.C.
– Un corredo maschile con armi, utensili per il consumo del vino e della
carne, astragali, strigile.
• Ai confini tra Lucani e Brettii il lussuoso corredo dalla doppia deposizione di
Marcellina della seconda metà del IV sec. a.C.
– Il corredo maschile rimanda alle attività della guerra e del simposio.
– Il corredo femminile è legato piuttosto alla sfera del matrimonio, con
caratteristici recipienti ceramici, e della bellezza, con utensili per la
cosmesi.
18
Le necropoli della
Poseidonia lucana

• Il tema del “ritorno del


guerriero” nell’intonaco
affrescato della tomba 12,
dalla necropoli di Andriuolo.

19

Il corredo della tomba


maschile di Marcellina

• Armatura in bronzo, con elmo


crestato e corazza anatomica, dalla
tomba maschile a camera di
Marcellina, seconda metà del IV
sec. a.C. (Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale)

20
Il corredo della tomba maschile di
Marcellina

• Rhyton a testa di mulo, da una tomba maschile a camera di


Marcellina, seconda metà del IV sec. a.C. 21

Una democrazia militare?


• Nonostante l’emergere di un’èlite dirigente, l’ordinamento
istituzionale di Lucani e Brettii pare prevedere una base di
potere piuttosto ampia.
• Assemblee a livello cantonale, composte da tutti coloro che
sono in grado di portare le armi.
• Queste assemblee militari esprimono un comandante
militare unico (un basileus nelle fonti greche) in caso di
necessità.
• Il rilievo sociale di una “classe media” di soldati doveva
essere evidente.
• Nel caso dei Brettii, la parabola storica relativamente breve
di questa popolazione probabilmente non consentì il
consolidarsi di una forte nobiltà.
22
Bibliografia di approfondimento

• P.G. Guzzo, I Brettii. Storia e archeologia della Calabria


preromana, Milano 1989.
• M. Lombardo, Greci e indigeni in Calabria: aspetti e problemi
dei rapporti economici e sociali, «Storia della Calabria antica,
II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma - Reggio
Calabria 1994, pp. 55-137.
• Id., L'organizzazione e i rapporti economici e sociali dei Brettii,
«I Brettii, I, Cultura, lingua e documentazione storico-
archeologica. Atti del I° corso seminariale - Rossano, 20-26
febbraio 1992», a cura di G. De Sensi, Soveria Mannelli 1995,
pp. 109-123.
• M. Taliercio Mensitieri, Le emissioni monetarie dei Lucani,
«Storia della Basilicata. 1. L'antichità», a cura di D.
Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp. 471-485.
• A. Bottini, Gli indigeni nel V sec. a.C., ibid., pp. 419-453.

23
Lezione VII

L’impatto della conquista romana


sugli assetti socioeconomici della
regio III

I limiti cronologici di questa lezione:


inizi III sec. a.C. – metà II sec. a.C.
• Una partizione cronologica pensata su criteri più
propriamente politici:
– Lo scoppio della III guerra sannitica nel 298 a.C., con il
primo massiccio intervento degli eserciti romani in
Lucania.
– Il tribunato di Tiberio Gracco del 133 a.C., termine
convenzionale per l’inizio dell’età tardorepubblicana.
• Una partizione cronologica che non è priva di
problemi in Storia economica e sociale.
– Non tiene per esempio conto del valore di cesura che
per molti aspetti ebbe la II guerra punica.

2
Una lezione per problemi
• Una lezione che tratterà sostanzialmente di tre
problemi fra i principali del periodo:
– Gli effetti del prolungato stato di guerra (almeno
tutto il III sec. a.C.) sugli assetti economici e
sociali della regione.
– Gli effetti delle vittoria romana: come Roma sfrutta
la conquista definitiva della regione e quali
implicazioni ciò ha sugli assetti economici e
sociali.
– I riflessi di un disagio economico e sociale: il
Senatusconsultum de Bacchanalibus.

Uno stato di guerra quasi


permanente
• Nel III sec. a.C. ampie parti della Lucania et
Bruttii furono coinvolte per diversi anni in
operazioni militari tra Roma e i suoi avversari:
– La III guerra sannitica (298-290 a.C.), che
coinvolge la parte settentrionale della regione.
– La guerra contro Taranto e Pirro (282-272 a.C.).
– La I guerra punica (264-241 a.C.).
– La II guerra punica (218-202 a.C.).

4
La Lucania nella III guerra
sannitica
• Il conflitto si apre con una richiesta di aiuto dei
Lucani, minacciati dai Sanniti, a Roma, e la
conclusione di un foedus.
• Le deboli strutture unitarie lucane fanno sì che non
tutte le comunità si sentano vincolate dall’alleanza:
alcune simpatizzano piuttosto coi Sanniti.
• Si spiegano così le testimonianze di operazioni
militari romane contro la Lucania nella prima parte
del conflitto: l’elogio di Scipione Barbato.

Il sarcofago di L. Cornelio Scipione


Barbato (metà del III sec. a.C.)

6
Corpus Inscriptionum Latinarum I2 6:
l’elogio di Scipione Barbato

• Cornelius Lucius Scipio Barbatus, Gnaivod patre / prognatus, fortis vir


sapiensque, quoius forma virtutei parisuma / fuit, consol, censor, aidilis quei
fuit apud vos, Taurasia, Cisauna Samnio cepit, subigit omne Loucanam
opsidesque abducit.
• Lucio Cornelio Scipione, figlio di Gneo, / uomo forte e saggio, il cui aspetto
fu in tutto pari al valore, / fu console, censore, edile presso di voi. / Prese
Taurasia e Cisauna nel Sannio, assoggettò tutta la Lucania e ne portò ostaggi.

Il coinvolgimento della Lucania e del Bruzio nella


guerra contro Taranto e Pirro (282-272 a.C.)
• Il conflitto esplode nel 282 a.C. a causa
dell’intervento romano in difesa di Turii,
attaccata da Lucani e Bruzi.
• Con l’arrivo di Pirro in Italia e le sue prime
vittorie, anche molte città greche, oltre a
Lucani e Bruzi, si schierano contro Roma.
• Le operazioni di guerra coinvolgono
pesantemente la regione non solo come teatro
di guerra, ma anche dal punto di vista
finanziario e demografico.
8
Il coinvolgimento della Lucania e del Bruzio
nella I guerra punica (264-241 a.C.)

• La regione, in particolare l’attuale Calabria, era l’immediata retrovia


del principale teatro di guerra, la Sicilia.
• Il notevole sforzo produttivo e finanziario richiesto ai socii navales del
Mezzogiorno: nella guerra andarono perdute almeno 700 navi, con i
loro equipaggi.
• Le coste bruzie furono inoltre colpite dai raid condotti in particolare
nella seconda fase della guerra da Amilcare Barca.
• Sanguinose perdite per i contingenti di terra forniti dai Lucani.
• Pare invece che le truppe ausiliarie romane non comprendessero Bruzi:
alcuni di loro militavano piuttosto nelle fila cartaginesi, come
mercenari.

Polibio, Storie, I, 56, 1-3: incursioni di


Amilcare nel Bruzio

• οἱ δὲ Καρχηδόνιοι μετὰ
• Dopo questi avvenimenti I ταῦτα στρατηγὸν
Cartaginesi elessero loro καταστή-σαντες αὑτῶν
Ἀμίλκαν τὸν Βάρκαν
condottiero Amilcare, chiama- ἐπικαλούμενον, τού-τῳ
to Barca, e gli affidarono la τὰ κατὰ τὸν στόλον
flotta; a capo delle forze navali ἐνεχείρισαν: ὃς
egli salpò per andare a sac- παραλαβὼν τὰς ναυτικὰς
δυνάμεις ὥρμη-σεν
cheggiare l’Italia. Era quello il πορθήσων τὴν Ἰταλίαν.
diciottesimo anno della guerra. ἔτος δ᾽ ἦν
Dopo aver devastato la Locride ὀκτωκαιδέκατον τῷ
e la regione Brettiana, allon- πολέμῳ. κατασύρας δὲ τὴν
Λοκρίδα καὶ τὴν
tanatosi da lì, si volse con tutta Βρεττιανὴν χώραν,
la flotta verso la zona di ἀποπλέ-ων ἐντεῦθεν
Panormo. κατῆρε παντὶ τῷ στόλῳ
πρὸς τὴν Πανορμῖτιν

10
Il coinvolgimento della Lucania e del Bruzio
nella II guerra punica (218-201 a.C.)
• Nel periodo tra la battaglia di Canne (216 a.C.) e il
ritorno di Annibale a Cartagine (203 a.C.) la
Lucania e il Bruzio sono il teatro principale della
guerra.
• Lucani e Bruzi sono tra i più irriducibili alleati di
Annibale
• Pesantemente coinvolte anche le vecchie colonie
greche, con profonde divisioni all’interno delle
stesse città.
• Il culmine della crisi economica e sociale della
regione nel III sec. a.C., sotto ogni profilo.
11

Gli effetti dello stato di guerra


• Lo stato di guerra impone un tremendo sforzo economico
alle comunità della regione:
– Contributi finanziari, vettovagliamenti e forniture militari agli
eserciti dei contendenti.
• Dure perdite umane:
– I soldati caduti in battaglia, ma anche i civili vittime di stragi o
di deportazioni forzate.
– Riflesso archeologico nella generale contrazione degli abitati
delle poleis greche (Turii, Crotone, Locri) e nella cessazione
della vita di molti abitati italici nel corso del III sec. a.C. (Serra
di Vaglio, Cozzo Presepe in Lucania, Laos e Castiglione di
Paludi nel Bruzio).
– Il clima di insicurezza ai tempi della II guerra punica si riflette
anche nell’altissimo numero di ripostigli monetali di questo
periodo.

12
Gli effetti dello stato di guerra

• Gravi distruzioni materiali:


– I saccheggi e le distruzioni di abitazioni e
colture, in conseguenza della tattica della terra
bruciata praticata da tutti i contendenti.
• Divisioni sociali:
– La guerra proietta su un piano internazionale e
moltiplica la violenza dei contrasti civili che già
si erano manifestati nel V e IV sec. a.C.
13

Lo stato di guerra e la crisi


finanziaria
• Le difficoltà finanziarie create dallo stato di guerra
sono evidenti anche dalla documentazione
numismatica: riduzione del peso delle monete di
Eraclea, Turii, Metaponto, Crotone già ai tempi della
guerra di Pirro.
• Fenomeni simili si riscontrano anche nella
monetazione federale di Lucani e Bruzi (in particolare
nella moneta argentea dei Bruzi).
• Necessità di onerose coniazioni d’oro per pagare
mercenari provenienti da zone come l’Epiro, dove
circolavano monete in quel metallo: il caso di
Metaponto.
14
Riduzione ponderale a Crotone

• Nomos d’argento di 6,63 gr. (contro i 7,85-8 gr. del periodo


precedente) del 280-277 a.C. Al dritto aquila retrospicente ed erma di
Hermes; al rovescio tripode delfico, Nike e legenda KRO.
15

La monetazione federale dei Lucani


e dei Bruzi nel III sec. a.C.
• Una monetazione che sembra da spiegare, piuttosto
che per ragioni commerciali e finanziarie,
soprattutto come strumento di affermazione di
un’identità nazionale.
– Questa monetazione si concentra in effetti ai tempi in cui
Lucani e Bruzi si schierano al fianco di Pirro e di
Annibale contro Roma.
– L’assenza dai ripostigli della prima metà del III sec. a.C.
orienta gli studiosi a datare la gran parte delle coniazioni
proprio nell’età di Annibale.
– Monete con scarsissima circolazione esterna.

16
La monetazione federale dei Lucani
e dei Bruzi
• Coniazioni in più metalli: oro (Bruzi), argento e
bronzo: ma la monetazione in bronzo prevale
largamente per quantità.
– Dunque una moneta destinata prevalentemente ai piccoli
scambi, all’interno delle comunità italiche.
• Una singolare corrispondenza nella metrologia e nei
tipi tra monetazione bruzia e lucana.
– Il repertorio iconografico rimanda a temi propagandistici, in
particolare legati all’affermazione militare.
• Nell’uso di più metalli e nelle legende la monetazione
bruzia appare più legata alle coniazioni greche.
17

La monetazione lucana

• Sextans (1/6 di asse) in bronzo di 18,15 gr. (210-203 a.C.); al dritto testa di
Ares con elmo corinzio; al rovescio Nike incorona un trofeo e legenda in osco
LOUKANOM.

18
La monetazione bruzia

• Dracma in argento di 4,7 gr. (216-214 a.C.); al dritto testa di Nike,


alata; al rovescio Dioniso con una corona nella mano destra e uno
scettro nella sinistra e legenda BRETTIWN.
19

La monetazione aurea di Metaponto

• Statere in oro di 2,91 gr. dell’età di Pirro (?). Al dritto testa di


Leucippo con elmo corinzio e legenda Leukivp(po~);; al rovescio
spighe.
20
Il possibile riflesso della crisi
finanziaria nell’archivio di Locri
• La rilevanza dell’archivio locrese per la fase della
conquista romana dipende dall’identificazione del basileus
nominato in 6 tavole con Pirro.
– Non sono mancate interpretazioni alternative: identificazione del re
straniero con i due Dionisii (improbabile nel confronto con i dati
paleografici e linguistici e per il fatto che non ebbero mai il titolo
di basileis) o con Agatocle.
– L’identificazione con un magistrato cittadino, sul modello
dell’arconte basileus di Atene.
• In alcune di queste tabelle si nomina una suntevleia
basilei`, un “contributo al re”.

21

F. Costabile, Polis ed Olympieion a Locri


Epizefiri, Soveria Mannelli 1992, n°1

22
F. Costabile, Polis ed Olympieion a Locri
Epizefiri, Soveria Mannelli 1992, n°1

• Ast. Sotto Menalkes la città ha preso in prestito dal dio, per decreto del Consiglio, per
il contributo al re, sotto Thra. Herakletos, 500 talenti; inoltre sotto Ast. Menalkes nel
mese di Apellaios, 95 talenti, 3 stateri, 16 litre, 3 oboli; inoltre a Boukatios 424 talenti;
inoltre ad Athanaios 405 talenti, 5 litre; inoltre a Dionysios 622 talenti, 2 stateri, 16
litre e mezzo, 3 oboli; inoltre a Damatrios 571 talenti, 3 stateri, 3 litre, 2 oboli; inoltre a
Panamos 105 stateri, 3 stateri, 19 litre e mezzo, 3 oboli. Totale del prestito 2.685
talenti, 2 stateri, 1 litra, 1 obolo.
23

La tav. 1 dell’archivio di Locri


• Datata all’anno dell’eponimo Menalkes,
registra il prestito contratto dalla città, “per
il contributo al re”, in relazione a due anni
diversi.
– Nell’anno di Herakletos, precedente a quello di
Menalkes, 500 talenti (forse una sorta di
conguaglio).
– Nello stesso anno di Menalkes, in sei mesi
diversi, circa 2.200 talenti.
24
Livio, XXIII, 30: la durezza della
II guerra punica
• Dum haec in Hispania • Mentre in Spagna accadevano
geruntur, Petelia in Bruttiis questi fatti [dell’inverno 215-214
aliquot post mensibus quam a.C.], nel territorio dei Bruzi
coepta oppugnari erat ab Petelia, alcuni mesi dopo che era
Himilcone praefecto Hannibalis cominciato il suo assedio, fu presa
expugnata est. Multo sanguine da Imilcone, ufficiale di Annibale.
ac uolneribus ea Poenis Molto sangue e ferite costò ai
uictoria stetit nec ulla magis uis Cartaginesi quella vittoria e
obsessos quam fames nessuna forza più che la fame
expugnauit. determinò la cattura degli assediati.

25

Livio, XXIII, 30: la durezza della


II guerra punica
• Esauriti infatti i viveri costituiti
• Absumptis enim frugum da prodotti della terra e da carne
alimentis carnisque omnis di ogni tipo di quadrupedi,
generis quadrupedum suetae quella solita e quella a cui non
[insuetae]que postremo coriis si era avvezzi, alla fine vissero
herbisque et radicibus et di pezzi di cuoio e di erbe e di
corticibus teneris strictisque radici e di tenere cortecce e di
foliis uixere nec ante quam foglie strappate, e solo in
uires ad standum in muris seguito al fatto che mancavano
ferendaque arma deerant loro le forze per stare in piedi
expugnati sunt. sulle mura e per portare le armi
furono presi.

26
Livio, XXIII, 30: la durezza della
II guerra punica
• Recepta Petelia Poenus ad • Impadronitosi di Petelia, il
Consentiam copias traducit, Cartaginese [Imilcone] condusse
quam minus pertinaciter truppe a Cosenza, di cui in pochi
defensam intra paucos dies in giorni ricevette la resa, poiché essa
deditionem accepit. Iisdem era stata difesa con minore tenacia.
ferme diebus et Bruttiorum Circa negli stessi giorni anche
exercitus Crotonem, Graecam l’esercito dei Bruzi strinse
urbem, circumsedit, opulentam d’assedio la città greca di Crotone,
quondam armis uirisque, tum un tempo ricca di armi e di uomini,
iam adeo multis magnisque allora già a tal punto ridotta a mal
cladibus adflictam ut omnis partito da molte e gravi sconfitte,
aetatis minus duo milia ciuium che vi rimanevano meno di 2 mila
superessent. cittadini di ogni età.

27

Divisioni sociali nell’età delle guerre

• Le guerre del III sec. a.C. portano sul piano della


politica internazionale e dello scontro armato le
divisioni sociali già esistenti nelle città della Lucania e
del Bruzio.
• Lo schema: le élite dirigenti, conservatrici, si
schierano dalla parte di Roma, le fazioni popolari con
i suoi avversari.
• Una divisione che si coglie in modo netto nelle città
greche, ma in modo più sfumato anche in qualche
comunità cittadina italica, come Petelia o Cosenza.

28
Livio, XXIV, 2: discordie civili a
Crotone
• A Crotone non vi era tra i
• Crotone nec consilium unum inter
cittadini unità di pensiero né di
propositi. Come un unico morbo
populares nec uoluntas erat. unus aveva invaso tutte le città
uelut morbus inuaserat omnes dell’Italia nelle quali la plebe
Italiae ciuitates ut plebes ab dissentiva dagli ottimati: il
optimatibus dissentirent, senatus senato favoriva i Romani, la
Romanis faueret, plebs ad Poenos plebe propendeva per i
rem traheret. eam dissensionem in Cartaginesi. Un disertore diede
urbe perfuga nuntiat Bruttiis: notizia ai Bruzi di quel dissenso
all’interno della città, che
Aristomachum esse principem plebis Aristomaco era capo della plebe
tradendaeque auctorem urbis, et in e consigliava la resa e che nella
uasta urbe lateque moenibus città spopolata e sulle mura, che
disiectis raras stationes si estendevano per lungo tratto,
custodiasque senatorum esse erano rari i picchetti e i posti di
guardia dei senatori;
29

Livio, XIV, 2: discordie civili a Crotone

• quacumque custodiant • ovunque vi fossero come


custodi uomini della plebe, là
plebis homines, ea patere vi era un varco aperto. Per
aditum. auctore ac duce iniziativa e con la guida del
perfuga Bruttii corona disertore, i Bruzi circondarono
la città con un cordone di
cinxerunt urbem soldati e, fatti entrare dalla
acceptique ab plebe primo plebe al primo assalto, la
impetu omnem praeter occuparono tutta, tranne la
rocca. Gli ottimati
arcem cepere. arcem controllavano la rocca, già
optimates tenebant predisposta in precedenza
praeparato iam ante ad come rifugio per una simile
eventualità.
talem casum perfugio.
30
Livio, XXVII, 15, 2-3: un tentativo
di mediazione della nobiltà bruzia
• Negli stessi giorni [del 209 a.C.] gli
Irpini, i Lucani e i Volcienti,
• Iisdem ferme diebus et ad Q. consegnati i presidi di Annibale che
Fuluium consulem Hirpini et occupavano le loro città, si arresero
Lucani et Uolceientes traditis al console Q. Fulvio. Furono
praesidiis Hannibalis quae in benignamente accolti dal console
urbibus habebant dediderunt sese,
clementerque a consule cum che rivolse loro solo parole di
uerborum tantum castigatione ob rimprovero per il loro passato
errorem praeteritum accepti sunt, errore; anche ai Bruzi fu offerta una
et Bruttiis similis spes ueniae facta simile speranza di perdono, quindi i
est, cum ab iis Uibius et Paccius
fratres, longe nobilissimi gentis fratelli Vibio e Paccio, che
eius, eandem quae data Lucanis appartenevano alla stirpe più nobile
erat condicionem deditionis di quella gente, vennero a chiedere
petentes uenissent. le stesse condizioni di resa fatte ai
Lucani.
31

Un quadro da sfumare?

• Il disastroso quadro economico e sociale che emerge per la


Lucania e il Bruzio del III sec. a.C. è forse una
conseguenza dell’interesse prevalente delle fonti letterarie
per l’aspetto militare.
• Nel corso del III sec. a.C. vi furono intervalli di pace.
• Anche nei periodi di guerra non tutte le aree furono sempre
interessate dalle operazioni militari.
• La documentazione archeologica consente di correggere
parzialmente questo quadro di desolazione.

32
La chora di Metaponto nel III sec. a.C.
• A fronte della crisi del centro urbano, le campagne di Metaponto
mostrano una prosecuzione delle attività agricole per tutto il III sec.
a.C.
– Cala il numero delle fattorie rispetto al IV sec. a.C., ma cresce la loro
estensione media (13,2 ha), che poteva farne efficienti aziende agricole.
– Maggiore importanza assumono la coltura dell’ulivo e la pastorizia.
– I dati del survey possono essere accostati al decreto SEG III, 92
(genericamente datato al III sec. a.C.) che registra l’invio di sitonai da
Atene a Siracusa e Metaponto per l’approvvigionamento di grano.
• I depositi faunistici di Pantanello e S. Angelo Grieco mostrano una
continua presenza di buoi e cavalli, impiegati nei lavori agricoli.
– Animali di grossa taglia, frutto di un’attenta selezione.
– Significativa presenza di cinghiali e cervi nei depositi di S. Angelo Grieco,
che dimostra come la caccia restasse un elemento integrativo della dieta.
– Ma il manto forestale non presenta significativi cambiamenti.

33

Il territorio di Policastro e di
Roccagloriosa
• Un’area dove sorgeva, sulla costa, la subcolonia
reggina di Pyxous e, nell’interno, l’abitato lucano di
Roccagloriosa.
– Oggetto di intense ricerche di superficie della
University of Alberta, dell’École Française de Rome e
della Soprintendenza archeologica di Salerno.
• Nel III sec. a.C. un declino nel numero delle fattorie
e l’abbandono di alcuni quartieri abitativi di
Roccagloriosa (sostituiti da fornaci); ma i dintorni
dell’oppidum continuano a essere abitati.

34
La produzione vinicola e le anfore
• Alcuni indizi denunciano una continuità anche
nel III sec. a.C. della produzione vinicola in
Magna Grecia (anche se le testimonianze sono
molto più numerose dal II sec. a.C. in avanti).
– I resti paleobotanici di Pantanello e di
Roccagloriosa.
– La presenza del grappolo d’uva o di tipi
“dionisiaci” nella monetazione federale bruzia.
– La fabbricazione di alcune particolari tipologie di
anfore nella regione durante il III sec. a.C.,
destinate al trasporto dei vini.
35

Le anfore vinarie del III sec. a.C. nella


sistemazione di C. Vandermersch: le MGS V

• Una tipologia di anfore piuttosto panciute (capienza 20-22 l),


note in particolare dal relitto della Secca di Capistello, nelle
isole Lipari (inizi III sec. a.C.).
• Ben presenti nella regione (Paestum, Laos, Acquappesa,
Medma, Reggio, Castiglione di Paludi, Metaponto) ma anche a
Taranto e in Sicilia, in contesti che vanno dalla metà del IV sec.
a.C. alla I guerra punica.
• Il ritrovamento di scarti di lavorazione sul versante ionico della
Lucania e del Bruzio (Metaponto, Castiglione di Paludi) invita a
localizzare qui almeno alcuni centri di produzione.
• Alcuni esemplari ancora sigillati di Secca di Capistello
presentavano resti riferibili all’uva (ma anche alle olive).

36
Le anfore vinarie del III sec. a.C. nella
sistemazione di C. Vandermersch: le MGS VI
• Note in particolare da una fornace di Nocera Terinese, che produceva anche
ceramica comune e a vernice nera e che cessa la produzione alla fine del III
sec. a.C.
– In passato sono state considerate parte della categoria, molto ampia e vaga, delle
anfore greco-italiche.
• Una forma che è diretta continuazione delle MGS V, con una capacità forse
leggermente maggiore (25-26 l.)
• Presenze a Laos, Kaulonia, Turii, Castiglione di Paludi, Metaponto, Eraclea,
ma anche a Taranto e nella Sicilia centro-occidentale, in genere in contesti
anteriori alla II guerra punica.
– Eccezioni a Metaponto ed Eraclea, con rinvenimenti che sembrano posteriori al
conflitto.
• I dati di Nocera Terinese (ma anche di Laos, Vibo e Metaponto) invitano a
considerare anche la Lucania e il Bruzio tra i centri di produzione delle greco-
italiche (in genere attribuite a Etruria, Lazio e Campania).
• Contenitori forse destinati anche al trasporto di olio e conserve di pesce.

37

Le forme delle anfore MGS V e VI

Una MGS VI dal deposito della Stoa


Una MGS V dalla Secca di Capistello Ovest di Camarina
38
Gli effetti della vittoria romana

• La degradazione sociale di Lucani e Bruzi, privati del


diritto di servire nell’esercito dopo la II guerra punica.
• La confisca di parte dei territori delle comunità ostili a
Roma, soprattutto lucane e bruzie, che diviene ager
publicus populi Romani.
– Le prime confische sono operate dopo la guerra contro Pirro; altri
provvedimenti in questo senso dopo la II guerra punica.
– Parte dell’ager publicus sarà lasciato indiviso e sfruttato da grandi
possidenti o da societates romane per la pastorizia e la silvicolura,
parte accoglierà colonie di diritto romano e latino.

39

Aulo Gellio, Notti Attiche, X, 3, 18-19:


umiliante punizione dei Bruzi

• Quando il cartaginese Annibale si


trovava con l’esercito in Italia e il • Cum Hannibal Poenus cum
popolo romano aveva combattuto exercitu in Italia esset et aliquot
alcune battaglie sfavorevoli, primi pugnas populus Romanus
adversas pugnavisset, primi
in tutta l’Italia i Bruzi passarono totius Italiae Bruttii ad
dalla parte di Annibale. I Romani Hannibalem desciverunt. Id
sopportarono ciò di malanimo e Romani aegre passi, postquam
quando Annibale abbandonò l’Ita- Hannibal Italia decessit
superatique Poeni sunt, Bruttios
lia ed i Cartaginesi furono sconfit- ignominiae causa non milites
ti, a causa di tale infamia non ar- scribebant nec pro sociis
ruolarono più i Bruzi come soldati, habebant, sed magistratibus in
né li consideravano alleati, ma li provincias euntibus parere et
praeministrare servorum vicem
assegnarono al posto degli schiavi iusserunt.
ai magistrati che si recavano nelle
province per assisterli e servirli.
40
La riduzione del territorio silano
ad ager publicus
• Un provvedimento che Dionigi di Alicarnasso,
XX, 15 data alla conclusione della guerra contro
Pirro.
• Qualche studioso ha ipotizzato che il
provvedimento menzionato da Dionigi vada
spostato dopo la guerra annibalica, senza
motivazioni del tutto convincenti.
• Probabile che le requisizioni all’indomani della II
guerra punica, ricordate da Appiano, si siano
aggiunte alle precedenti confische, attestate per
l’area silana da Dionigi.
41

Dionigi di Alicarnasso, XX, 15: la riduzione


del territorio silano ad ager publicus e il suo
sfruttamento
OiJ Brevttioi eJkovnte" • I Bruzi si sottomisero spontanea-
uJpotagevnte" JRwmaivoi" th;n mente ai Romani e cedettero loro
hJmivseian th'" ojrei-nh'" metà della selva che si chiama Sila,
parevdwkan aujtoi'", h} kalei'tai ricca di alberi adatti all’edificazione
me;n Sivla, mesth; d j ejsti;n u{lh" di case, ad allestimenti navali e ad
eij~ oijkodomav~ te kai; nauphgiva" ogni altro genere di costruzioni. Vi
kai; pa'san a[llhn kataskeuh;n crescevano abeti che toccavano il
eujqev-tou: pollh; me;n ga;r ejlavth cielo, numerosi pioppi, resinosi
pevfu-ken oujranomhvkh" ejn aujth/', pini, faggi, pini marittimi, ampie
pollh; de; ai[geiro", pollh; de; piveira querce, frassini fecondati dalle
peuvkh ojxuvh te kai; pivtu" kai; acque che scorrono in mezzo, e
fhgo;" ajmfilafh;" kai; melivai tai'" ogni altro genere di albero che coi
diarreouvsai" libavsi piainovmenai, rami densi mantiene ombreggiato il
kai; pa'sa a[llh baqei'a sunufaino- monte per tutto il giorno.
mevnh toi'" klavdoi" u{lh skiero;n
ajpotelou'sa di j o{lh" hJmevra" to; 42
o[ro".
Dionigi di Alicarnasso, XX, 15: la riduzione
del territorio silano ad ager publicus e il suo
sfruttamento
∆Ex h|" hJ me;n e[ggista qalavtth" kai; • Gli alberi che crescono più vicini al
potamw'n fuomevnh tmhqei'sa th;n mare e ai fiumi sono tagliati sino al
ajpo; rJivzh" tomh;n oJlovklhro" ejpi; ceppo in un unico pezzo e vengono
tou;" limevna" tou;" e[ggista spediti ai porti più vicini e
katavgetai, pavsh/ diarkh;~ ∆Italiva/ forniscono a tutta l’Italia il
prov" te ta; nautika; kai; pro;" ta;" tw'n fabbisogno per costruzioni navali
oijkiw'n kataskeuav": hJ de; a[nw ed edilizie; quelli invece che si
qalavtth" kai; potamw'n provsw trovano lontani dal mare e dai fiumi
kormasqei'sa kata; mevrh kwvpa" te sono tagliati in diversi pezzi e
parevcei kai; kontou;" kai; o{pla trasportati a spalla dagli uomini;
pantoi'a kai; skeuvh ta; katoikivdia, questi alberi forniscono remi,
foravdhn uJp j ajnqrwvpwn pertiche e ogni genere di attrezzi e
komizomevnh: suppellettili domestiche.

43

Dionigi di Alicarnasso, XX, 15: la riduzione


del territorio silano ad ager publicus e il suo
sfruttamento
hJ de; pleivsth kai; piotav-
th pittourgei'tai kai; • Ma la parte più abbon-
parevcei pasw'n w|n i[smen dante e resinosa viene
hJmei'" eujwdestavthn te utilizzata nella fabbrica-
kai; glukutavthn th;n zione della pece, di cui
kaloumevnhn Brettivan fornisce la qualità più
pivttan: ajf j h|" megavla" odorosa e soave che si co-
oJ tw`n JRwmaivwn nosca, la cosiddetta pece
dh'mo" kaq j e{kaston bruzia, dal cui appalto lo
ejniauto;n ejk tw'n stato romano ricava ogni
misqwvsewn lambavnei anno grosse entrate.
prosovdou".
44
Ateneo, Deipnosofisti, V, 208 f: sfruttamento
degli alberi ad alto fusto della Sila
tw'n de; iJstw'n oJ me;n • Degli alberi [della
deuvtero" kai; trivto" Syracusia di Ierone II],
euJrevqhsan, dusce- il secondo e il terzo
rw'" de; oJ prw'to" furono trovati senza
difficoltà, mentre il
euJrevqh ejn toi'" primo fu trovato a
o[resi th'" Brettiva" fatica, sulle montagne
uJpo; subwvtou del Bruzio, da un
ajndrov": ka-thvgage d guardiano di porci. Lo
j aujto;n ejpi; qavlattan portò giù al mare
Fileva" oJ Phileas, ingegnere di
Tauromenivth" mhca- Tauromenio.
nikov".
45

Le specie arboree sfruttate nella Sila

• Una notevole varietà, in relazione all’altitudine, alla vicinanza al


mare, al grado di umidità.
1. ejlavth oujranomhvkh", “abete che tocca il cielo” (Abies): un
legname usato in edilizia, nella carpenteria navale (navi da guerra,
per la sua leggerezza), fornisce naturalmente una resina, ma era
annoverato tra gli alberi da pece.
2. ai[geiro", “pioppo” (Populus Nigra): per la sua leggerezza impiegato
per scudi; i rametti erano impiegati per legare le viti.
3. piveira peuvkh, “pino resinoso” (Pinus Nigra): un pino di montagna,
in Calabria e Sicilia presente nella varietà di alta quota pinus nigra
laricio Calabrica, uno degli alberi più imponenti d’Europa; molto
apprezzato per la pece, era utilizzato anche in carpenteria navale
(l’albero maestro della Syracusia).

46
Il pino laricio in Calabria

• Diffuso oggi in tutta la Sila e,


parzialmente, nelle Serre e in
Aspromonte, tra le altitudini di 1100 e
1700 metri.
• Uno degli alberi più imponenti
d’Europa, raggiunge i 45 metri di
altezza e un diametro alla base di 2
metri.
• Nell’immagine uno dei pini larici della
riserva naturale dei Giganti della Sila,
in località Fallistro (Spezzano della
Sila).

47

Le specie arboree sfruttate nella Sila


4. ojxuvh , “faggio” (Fagus): le numerose specie non erano distinte
dagli antichi; Teofrasto consiglia l’uso di questo legname per
fabbricare mobilio, oggetti al tornio, aste per le lance; sconsigliato in
edilizia e in carpenteria perché teme l’umidità; i suoi frutti entravano
nell’alimentazione suina e anche umana.
5. pivtu~, “pino” (tradizionalmente identificato con il Pinus
Halepensis), un pino marittimo impiegato in carpenteria navale per
sue forme sinuose e per la sua vicinanza al mare.
6. fhgo;" ajmfilafhv" , “ampia quercia” (Quercus Aegilops), la quercia
vallonea; un legno resistente impiegato nelle costruzioni, anche
navali, per la sua resistenza all’acqua; le sue ottime ghiande
entravano anche nell’alimentazione umana.
7. melivai tai'" diarreouvsai" libavsi piainovmenai, “frassini resi
verdeggianti dalle zone umide” (Fraxinus Excelsior): un legname
flessibile, adatto alla fabbricazione di carri, remi, aste per lance.

48
Le tre tipologie di sfruttamento del
legname silano secondo Dionigi
• Sono in rapporto con la vicinanza al mare o a corsi
d’acqua:
1. Gli alberi più vicini al mare e ai fiumi (Savuto, Crati,
Neto) forniscono materiali per i cantieri navali e l’edilizia.
2. Gli alberi più lontani dalle vie di comunicazione erano
tagliati e portati a dorso d’uomo.
3. Principalmente abeti e pini di montagna producono una
pece assai grassa e profumata, la migliore nota
nell’antichità.
• Non rientrano nella schema di Dionigi di Alicarnasso i
grandi pini larici, che crescevano nei luoghi più alti e
distanti dai corsi d’acqua.

49

Il rapporto della silvicoltura con


le altre attività produttive
• La viticoltura: l’impiego di pali di legno per sostenere le
viti, legate con rametti di frassino; l’uso della pece per
impermeabilizzare i contenitori e aromatizzare il vino.
• L’allevamento: i frutti delle querce vallonee (in inverno)
e quelli dei faggi (in estate) davano cibo al bestiame.
• La cantieristica navale: i diversi tipi di legname erano
adatti alla costruzione di molte parti di una nave.
• La produzione di armi: alcuni tipi di legname erano
adatti alla fabbricazione di scudi e lance (o{pla pantoi'a
nel senso stretto di “armamenti di ogni genere”).
• La produzione ceramica: il legname (e il carbone
vegetale) forniva combustibile per le fornaci.
50
Cicerone, Brutus, 85: tensioni nella Sila
del II sec. a.C.
• Mi ricordo di aver
• Memoria teneo Smyrnae sentito raccontare a
me ex P. Rutilio Rufo au- Smirne da P. Rutilio
disse, cum diceret adu- Rufo un episodio
lescentulo se accidisse, ut avvenuto quando egli
ex senatus consulto P.
era un ragazzino: per
decreto del Senato i
Scipio et D. Brutus, ut consoli, mi pare P.
opinor, consules de re Scipione e D. Bruto,
atroci magnaque quaere- dovettero istruire un
rent. processo su un delitto di
grande efferatezza.
51

Cicerone, Brutus, 85: tensioni


nella Sila del II sec. a.C.
• nam cum in silva Sila • Nella foresta della Sila era
facta caedes esset no- stato compiuto un eccidio,
nel quale erano stati uccisi
tique homines interfecti, alcuni personaggi molto noti;
insimulareturque fami- ne venivano incolpati gli
lia, partim etiam liberi schiavi, e anche alcuni
societatis eius, quae uomini liberi, della società
picarias de P. Cornelio che dai censori P. Cornelio e
L. Mummio censoribus L. Mummio aveva avuto in
appalto l’estrazione della
redemisset, decrevisse pece; il Senato stabilì che
senatum, ut de ea re sull’avvenuto indagassero e
cognoscerent et statue- giudicassero i consoli.
rent consules.
52
Cicerone, Brutus, 85: tensioni nella Sila
del II sec. a.C.
• Un episodio del 138 a.C., che Cicerone afferma di aver
appreso da un contemporaneo agli eventi.
– P. Rutilio Rufo in quanto legato del governatore d’Asia nel 94-93
a.C. si era opposto ai publicani che avevano l’appalto delle tasse
provinciali.
– Al ritorno a Roma subì un processo ed fu costretto all’esilio, nella
stessa provincia d’Asia, dove Cicerone lo incontrò.
• Non un semplice fatto di cronaca nera o una rivolta servile
(coinvolgimento anche di uomini liberi), ma la spia di
tensioni economiche fra la società che nel 142 a.C. aveva
ottenuto l’appalto dell’estrazione della pece nella Sila e,
forse, l’élite dirigente locale.

53

Il problema dei noti homines

• L’ipotesi di A. Giardina: possidenti terrieri locali, impegnati in


attività agricole, poiché i publicani tendevano a sfruttare per
comodità le aree boschive più vicine al mare e ai corsi d’acqua
(che erano anche quelli di maggior pregio agricolo).
• L’ipotesi di J.-C. Beal: gruppi che intendevano sfruttare in modo
meno distruttivo i boschi delle zone interne e più alte (che
davano la pece migliore), selezionando gli alberi più vecchi, da
tagliare per la produzione di legname.
• La definizione ciceroniana noti homines pare comunque
escludere modesti allevatori o montanari: dovremmo piuttosto
pensare, al limite, ai gruppi dirigenti di qualche comunità locale.

54
Cicerone, Brutus, 85: tensioni
nella Sila del II sec. a.C.
• Possibile anche che il conflitto fosse originato da una
controversia confinaria tra la società di publicani e una
comunità locale.
• Cicerone conferma comunque le forme di sfruttamento di
questa sezione dell’ager publicus attestate da Dionigi di
Alicarnasso: appalto censorio a societates di publicani.
• Il processo (Cic., Brutus, 86-88) terminò con la piena
assoluzione dei socii, grazie all’energica difesa del grande
oratore Ser. Sulpicio Galba.

55

Plutarco, Catone maggiore, 21, 5: il


coinvolgimento della nobilitas nello
sfruttamento della pece
• Impegnatosi più strenuamente ad • ἁπτόμενος δὲ
acquisire denaro, giunse a conside- συντονώτερον πορισμοῦ
τὴν μὲν γεωργίαν μᾶλλον
rare l’agricoltura più come un dilet- ἡγεῖτο διαγωγὴν ἢ
to che come un’attività redditizia, e πρόσοδον, εἰς δ᾽ ἀσφαλῆ
πράγ-ματα καὶ βέβαια
investì i suoi capitali in affari sicuri κατατιθέμε-νος τὰς
e garantiti. Acquistò impianti di pi- ἀφορμάς ἐκτᾶτο λίμ-νας,
ὕδατα θερμά, τόπους κνα-
scicoltura, sorgenti termali, botte- φεῦσιν ἀνειμένους, ἔργα
ghe concesse ai follatori, laboratori πίσ-σια, χώραν ἔχουσαν
αὐτοφυεῖς νομὰς καὶ ὕλας, ἀφ᾽
per la lavorazione della pece, ὧν αὐτῷ χρήματα προσῄει
terreni con pascoli e foreste; tutto πολλὰ μηδ᾽ ὑπὸ τοῦ Διός, ὥς
ciò gli procurò grandi profitti e, per φησὶν αὐτός, βλαβῆναι
δυναμένων.
usare le sue parole, “non poteva
esser rovinato nemmeno da Zeus”.

56
Altre forme di sfruttamento
dell’ager publicus indiviso
• Aldilà del ben documentato sfruttamento da parte delle
societates dei publicani ai fini della silvicoltura, si possono
supporre altre forme di uso dell’ager publicus:
– L’assegnazione di ampie estensioni a ricchi imprenditori romani,
per le attività di tipo estensivo, prevalentemente di pastorizia
(soprattutto in Lucania).
– Le scarse testimonianze di proprietà private di senatori o cavalieri
nella regione nel II sec. a.C. confermano che l’attenzione di questi
imprenditori si concentrò proprio sull’ager publicus.
– L’assegnazione in piccoli lotti ai vecchi proprietari, dietro
pagamento di un canone (come documentato nella regione di
Taranto).
57

Le attività di pastorizia nell’ager


publicus
• Un’attività condotta prevalentemente attraverso
manodopera servile, in condizioni simili a quelle che
determinarono una rivolta servile di pastores in Apulia nel
185 a.C.
• Un colpo alla piccola e media proprietà locale, che contava
sullo sfruttamento delle vecchie terre comuni come
complemento alla coltivazione delle proprietà private.
• Accanto all’allevamento di caprini e ovini, da rilevare per
la nostra regione l’importanza dei suini.

58
La colonizzazione dell’Italia
meridionale
• Una prima iniziativa nel 273 a.C., con la fondazione, poco
documentata, della colonia latina di Paestum, nel territorio
confiscato ai Lucani dopo la guerra contro Pirro.
• Un più ampio programma, attuato negli anni 197-192 a.C.,
che portò alla distribuzione di ampie porzioni di ager
publicus.
• Fondazione di 8 colonie romane, probabilmente con 300
capifamiglia ciascuna: Puteoli (Pozzuoli), Volturnum (Castel
Volturno), Liternum (presso Villa Literno), Salernum
(Salerno), Sipontum (vicino a Manfredonia), Buxentum
(Policastro Bussentino), Croto (Crotone) e Tempsa (presso
Falerna?).
• Creazione di due popolose colonie latine nel territorio bruzio:
Copia (Sibari - Thurii), con 3.300 coloni e lotti di 40 e 20
iugeri, e Valentia (Vibo), con 4.000 coloni e lotti di 30 e 15
iugeri.

59

La colonizzazione nell’area campana e apula

60
La
colonizzazione
nell’area
lucana e bruzia

61 61

Livio, XXXII, 29, 3-4 (197 a.C.): il


voto di 5 colonie romane
• C. Atinius tribunus plebis tulit • Il tribuno della plebe Gaio Atinio
ut quinque coloniae in oram presentò la proposta che venissero
dedotte cinque colonie sulla costa,
maritimam deducerentur, duae due presso la foce dei fiumi
ad ostia fluminum Uolturni Literno e Volturno, una a Pozzuoli,
Liternique, una Puteolos, una una presso Castro di Salerno; a
ad Castrum Salerni: his queste venne aggiunta Bussento, e
Buxentum adiectum; trecenae fu ordinato che venissero inviate in
familiae in singulas colonias ciascuna delle singole colonie
iubebantur mitti. Tresuiri trecento famiglie. Furono nominati
deducendis iis, qui per trien- triumviri, con l’incarico di dedurre
nium magistratum haberent, queste colonie, Marco Servilio
creati M. Seruilius Geminus, Q. Gemino, Quinto Minucio Termo e
Tiberio Sempronio Longo. Erano
Minucius Thermus, Ti. Sempro- destinati a restare in carica tre
nius Longus. anni.

62
Livio, XXXIV, 45, 1-5: la fondazione di
otto colonie romane nel Mezzogiorno
• Coloniae ciuium Romano- • Quell’anno [194 a.C.] vennero
rum eo anno deductae sunt dedotte colonie di cittadini
Puteolos Uolturnum Liter- romani a Pozzuoli, Volturno e
num, treceni homines in Literno, con trecento uomini
singulas. item Salernum Bu- ciascuna. Del pari furono
xentumque coloniae ciuium dedotte colonie di cittadini
romani a Salerno e Bussento. I
Romanorum deductae sunt. triumviri che provvidero alla
deduxere triumuiri Ti. deduzione furono Tiberio
Sempronius Longus, qui tum Sempronio Longo, che allora
consul erat, M. Seruilius Q. era console, Marco Servilio e
Minucius Thermus. ager Quinto Minucio Termo. Venne
diuisus est, qui Campanorum distribuito il territorio che era
fuerat. appartenuto ai Campani.

63

Livio, XXXIV, 45, 1-5: la fondazione di otto


colonie romane nel Mezzogiorno
• Del pari a Siponto, nel territorio un
• Sipontum item in agrum qui tempo di proprietà degli abitanti di
Arpinorum fuerat coloniam ciuium Arpi, altri triumviri, Decimo Giunio
Romanorum alii triumuiri, D. Bruto, Marco Bebio Tanfilo e
Iunius Brutus, M. Baebius Tam- Marco Elvio, dedussero una colonia
philus, M. Heluius deduxerunt. di cittadini romani. Colonie di
Tempsam item et Crotonem colo- cittadini romani furono fondate
niae ciuium Romanorum deductae. anche a Tempsa e a Crotone. Il
Tempsanus ager de Bruttiis captus territorio di Tempsa era stato
erat: Bruttii Graecos expulerant; sottratto ai Bruzi; i Bruzi avevano
Crotonem Graeci habebant. cacciato i Greci, che invece
triumuiri Cn. Octauius L. Aemilius tenevano Crotone. I triumviri Gneo
Paulus C. Laetorius Crotonem, Ottavio, Lucio Emilio Paolo e Gaio
Tempsam L. Cornelius Merula Q. Letorio dedussero la colonia di
<. . .> C. Salonius deduxerunt. Crotone, Lucio Cornelio Merula,
Quinto … e Caio Salonio quella di
Tempsa.
64
Liv., XXXIV, 53, 1-2: la decisione di fondare
le colonie di Copia e di Valentia
• Exitu anni huius Q. Aelius
Tubero tribunus plebis ex • Sul finire dell’anno [194 a.C.] il
senatus consulto tulit ad tribuno della plebe Q. Elio
Tuberone propose al popolo, in
plebem plebesque sciuit uti base ad un senatoconsulto, che
duae Latinae coloniae, una in fossero dedotte due colonie latine,
Bruttios, altera in Thurinum una nel Bruzio, una nel territorio di
agrum deducerentur. his Turii; il popolo approvò. Furono
deducendis triumuiri creati, nominate per costituirle dei
quibus in triennium imperium triumviri, con poteri triennali: per il
esset, in Bruttios Q. Naeuius M. Bruzio Q. Nevio, M. Minucio Rufo
Minucius Rufus M. Furius e M. Furio Crassipede, per il
Crassipes, in Thurinum agrum territorio di Turii A. Manlio, Q.
A. Manlius Q. Aelius L. Elio e L. Apustio. I comizi per
quelle due elezioni furono
Apustius. ea bina comitia Cn. presieduti dal pretore urbano Cn.
Domitius praetor urbanus in Domizio, in Campidoglio.
Capitolio habuit.
65

Livio, XXXV, 9, 7-8: la fondazione della


colonia latina nel territorio di Turii
• eodem anno coloniam Latinam • In quello stesso anno [193 a.C.] i
in castrum Frentinum triumuiri triumviri A. Manlio Vulsone, L.
deduxerunt A. Manlius Uolso L. Apustio Fullone e Q. Elio Tuberone,
Apustius Fullo Q. Aelius autore della legge relativa,
Tubero, cuius lege deducebatur. dedussero una colonia latina a
Castro Frentino. Vi si recarono 3
tria milia peditum iere, trecenti mila fanti e 300 cavalieri, un
equites, numerus exiguus pro numero piccolo in rapporto
copia agri. dari potuere tricena all’estensione del territorio. Si
iugera in pedites, sexagena in sarebbero potuti assegnare 30 iugeri
ciascuno ai fanti e 60 ai cavalieri:
equites: Apustio auctore tertia per suggerimento di Apustio si
pars agri dempta est, quo lasciò da parte un terzo del
postea, si uellent, nouos colonos territorio, per poterne in seguito, se
adscribere possent; uicena si fosse voluto, iscrivere nuovi
iugera pedites, quadragena coloni; i fanti ebbero 20 iugeri
ciascuno, i cavalieri 40.
equites acceperunt.

66
Livio, XXXV, 40, 5-6: la fondazione
di una colonia latina a Vibo
• Eodem hoc anno Uibonem • Nel medesimo anno [192 a.C.]
colonia deducta est ex fu dedotta una colonia a Vibo in
senatus consulto plebique base a un senatoconsulto e ad
scito. tria milia et septingenti un plebiscito. Vi andarono
pedites ierunt, trecenti 3.700 fanti e 300 cavalieri; li
equites; triumuiri deduxe- condussero i triumviri Q.
runt eos Q. Naeuius M. Nevio, M. Minucio e M. Furio
Minucius M. Furius Cras- Crassipede; vennero assegnati
sipes; quina dena iugera 15 iugeri di terra ciascuno ai
agri data in singulos pedites fanti, il doppio ai cavalieri.
sunt, duplex equitibus. Brut- Quel territorio apparteneva
tiorum proxime fuerat ager; ultimamente ai Bruzi; i Bruzi lo
avevano preso ai Greci.
Brutti ceperant de Graecis.

67

Il rapporto con le antiche colonie greche


• Una sovrapposizione a:
– Dikearchia – Puteoli
– Pyxous – Buxentum
– Temesa – Tempsa
– Kroton – Croto
– Thurioi – Copia
– Hipponion – Valentia
• L’invio di coloni solo nei centri più spopolati, in cui l’elemento
greco era in crisi, e il rispetto per le città magnogreche ancora
vitali: Metaponto, Locri e Reggio nella nostra regione, ma anche
Napoli e Taranto.
• La possibilità che il centro urbano della colonia non coincidesse
con la città greca: il caso di Croto, forse ubicata a Capo
Colonna.

68
Le motivazioni sociali e strategiche
del programma di colonizzazione
• La critica concorda nell’assegnare al programma di
colonizzazione dell’Italia meridionale ragioni
principalmente strategiche e, in secondo luogo, sociali.
• La motivazione strategica: il controllo delle coste,
minacciate dall’invasione di Filippo V di Macedonia e
Antioco III di Siria.
– O piuttosto un controllo verso l’interno, sulle riottose popolazioni
italiche?
• La motivazione sociale: insediamento di contadini
impoveriti e di veterani in aree spopolate dalla II guerra
punica.

69

Le motivazioni e gli effetti economici


del programma di colonizzazione
• Parte della critica ha sottolineato l’inefficacia economica di
programma di colonizzazione pensato da Roma per le
proprie esigenze strategiche, piuttosto che in base alle
necessità della regione.
• Una destrutturazione degli assetti economici della regione,
già duramente colpita dalla II guerra punica.
• In definitiva, anche la colonizzazione romana avrebbe
contribuito alla decadenza economica del Mezzogiorno.
• Una eccessiva semplificazione, che non tiene conto delle
situazioni particolari, come lo straordinario successo di
Puteoli, ma anche i buoni risultati della colonizzazione di
Copia e Valentia.
70
Le motivazioni e gli effetti economici
del programma di colonizzazione
• Il programma di colonizzazione ebbe certo anche
effetti economici, non sempre negativi, sulla
Lucania e sul Bruzio.
• Ma il programma stesso prevedeva questi effetti?
Vi erano delle motivazioni di ordine economico
dietro di esso?
• Due possibili direzioni:
– Lo sfruttamento dei territori coloniari ai fini
dell’agricoltura e dell’allevamento.
– Lo sfruttamento dei territori coloniari ai fini del
commercio.
71

La vocazione agricola delle colonie


latine
• Le tre popolose colonie latine di Paestum, Copia e
Valentia sorgevano in alcuni fra i territori più estesi e
adatti all’agricoltura di tutta la regione.
• L’impianto dei coloni incise fortemente sulle forme di
occupazione del territorio:
– Le ricognizioni nell’ager di Paestum mostrano la crisi delle
vecchie fattorie lucane e una conversione delle colture
dall’arboricoltura verso i cereali.
– Nel territorio di Copia l’archeologia mostra la cessazione
delle attività delle vecchie fattorie della fase precedente.

72
Una vocazione agricola per le
colonie di diritto romano?
• Anche la colonia romana di Croto poteva contare su un
buon terreno agricolo
• Meno ampio il terreno a disposizione di Buxentum e, forse,
di Tempsa: ma qui i coloni erano probabilmente solo 300,
secondo la tradizione delle coloniae civium Romanorum.
– Le ricerche di superficie nel territorio di Buxentum mostrano in
effetti una continuità nelle forme di occupazione del territorio:
fattorie dove si praticava soprattutto una policoltura di sussistenza.
– Ma la rete delle fattorie si riorganizza su nuove linee di
comunicazione, dirette a Buxentum, Velia e Paestum.

73

Il carattere delle proprietà nelle


nuove colonie
• Le assegnazioni nelle colonie latine danno vita a proprietà
di estensione media per i pedites (5 ha a Copia, poco meno
di 4 ha a Valentia), medio-grande per gli equites (10 ha a
Copia, 7,5 ha a Valentia).
• Nelle proprietà degli equites potrebbero aver trovato lavoro
come braccianti i contadini locali, vittime delle
espropriazioni.
• Nessun dato in riferimento all’estensione dei lotti nelle
colonie romane: in precedenza i lotti erano di appena 2
iugeri (mezzo ettaro).
– La sopravvivenza dei coloni doveva necessariamente essere
assicurata dallo sfruttamento dell’ager publicus rimasto indiviso.
74
Il problema della riduzione delle
assegnazioni a Copia
• Livio, XXXV, 9, 8 ricorda che i lotti assegnati a Copia
avrebbero potuto essere di maggiore estensione; ma su
suggerimento del triumviro L. Apustio Fullone si decise
di accantonare 1/3 del territorio per futuri insediamenti.
• Di fatto non abbiamo notizia di nuovi invii di coloni.
• La decisione di Apustio potrebbe esser stata motivata
dalla volontà di lasciare indivisa parte del territorio, in
favore della classe imprenditoriale romana, che poteva
sfruttare questo ager publicus ai fini della pastorizia.
• Forse da qui il germe di nascita del latifondo dell’agro
Copiense, noto circa un secolo dopo dall’orazione Pro
M. Tullio di Cicerone.
75

Una motivazione commerciale dietro


il programma di colonizzazione?
• Un’ipotesi particolarmente sviluppata in anni recenti da
Rita Compatangelo-Soussignan.
– Le colonie si impiantano dove esistevano installazioni portuali,
naturali punti di sbocco delle produzioni locali su tutto il
Mediterraneo.
– Un programma portato avanti da Scipione Africano e dal suo
gruppo, il cui interesse per il Mediterraneo orientale non era solo
politico.
– I commercianti magnogreci potevano essere gli apripista dei
negotiatores romani nella penetrazione sui mercati orientali (anche
nella forma di joint ventures).
– I contatti tra le colonie dell’Italia meridionale e il grande centro
commerciale di Delo.

76
I contatti tra le colonie e Delo
• Il confronto tra le presenze italiche nella ben documentata
Delo e il popolamento delle colonie del Mezzogiorno non
porta a risultati soddisfacenti, a causa della quantità, della
cronologia e della qualità della documentazione epigrafica
di queste ultime:
– Buxentum non ci ha restituito iscrizioni di età repubblicana.
– Croto, Tempsa, Vibo Valentia e Copia presentano qualche
consonanza onomastica, ma per lo più in riferimento a gentilizi
latini molto diffusi in tutta Italia.
– Più precise le relazioni che si possono stabilire con le colonie
campane, specialmente con Puteoli.

77

Il caso dei Laronii di Vibo


Valentia
• Una gens senatoria probabilmente originaria di Vibo
Valentia per la presenza di numerosi laterizi bollati con
tale nomen nel territorio vibonese e per l’attestazione di un
Q. Laronius Q. f. che fu IIIIvir iure dicundo quinquennalis
a Vibo.
• Q. Laronius legatus di Agrippa nella guerra guerra contro
Ses. Pompeo e poi console suffetto nel 33 a.C.
• Presenze di Laronii a Messina agli inizi del II sec. a.C.
• Attestazioni del gentilizio a Delo verso il 125 a.C.

78
Il caso dei Venuleii - Vinuleii di
Copia
• La gens Vinuleia è attestata nell’élite economica e
politica di Copia nella tarda età repubblicana.
• La gens Venuleia entra a far parte del Senato forse
già nella prima parte del I sec. a.C. (un possibile
IIIvir capitalis nell’82 a.C., un legatus senatorio
nel 45-43 a.C.).
• Un Venuleius esattore della decima in Sicilia ai
tempi di Verre.
• Una presenza dei Venuleii a Delo intorno al 140
a.C.
79

Le motivazioni commerciali della colonizzazione:


un’ipotesi da valutare con prudenza
• La dubbia rilevanza di queste motivazioni nella politica romana in
genere.
• Gli indizi richiamati dalla Compatangelo-Soussignan sono piuttosto
labili per le colonie della nostra regione: i Venuleii possono
identificarsi con i Vinuleii?.
• Indizi che appaiono a partire dalla metà del II sec. a.C., circa 50 anni
dopo la fondazione delle colonie.
• La documentazione archeologica delle colonie nella prima metà del II
sec. a.C. al momento mostra piuttosto una stasi dei commerci, in
particolare con la quasi completa assenza della ceramica Campana A.
• Più prudente considerare gli sviluppi evocati dalla Compatangelo-
Soussignan come un effetto a lungo termine della colonizzazione,
piuttosto che come una delle sue ragioni.
80
Le attività artigianali nelle nuove
colonie
• Un fenomeno ancora poco studiato per i
primi decenni di vita delle nuove colonie.
• A Copia si segnala tuttavia una
caratteristica produzione di ceramica grigia,
destinata alle esigenze locali (ma
rinvenimenti anche nelle vicine Metaponto
ed Eraclea).
81

Gli effetti demografici del programma di


colonizzazione: il dato delle fonti letterarie
• La colonizzazione porta ad una parziale ripresa demografica della regione: i
dati relativi alle 5 colonie di inizio II sec. a.C. indicano l’installazione di
8.200 famiglie.
• La finalità di una ripresa demografica è esplicitamente richiamata per Copia
da Strabone.
• Possibile che il programma abbia incontrato difficoltà e che i suoi effetti
siano stati limitati e temporanei:
– Alcuni indizi lasciano presumere una certa difficoltà nel reclutamento dei
coloni e che dunque il programma non fosse del tutto gradito.
– I nomi beneauguranti di Copia e Valentia volevano forse presentare in
modo accattivante colonie che non destavano grande interesse?
– Lo stato di spopolamento di Buxentum e Sipontum pochi anni dopo la
fondazione delle colonie (ma le due colonie vennero rifondate e almeno
Buxentum fu per i secoli seguenti un centro di una certa importanza).
– La definizione di Liternum come vicus ignobilis ac deserta palus in
Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili, V, 3, 2b .
82
Strabone, VI, 1, 13: Copia come
colonia di ripopolamento
• Θούριοι δ᾽ • Quanto agli abitanti di Turi,
εὐτυχήσαν-τες costoro, dopo aver avuto per
πολὺν χρόνον ὑπὸ lungo tempo buona fortuna,
Λευκανῶν
ἠνδραποδί- furono poi fatti schiavi dai
σθησαν, Lucani; quando però i
Ταραντίνων δ᾽ Tarantini cacciarono questi
ἀφελομένων ultimi, essi fecero ricorso ai
ἐκείνους ἐπὶ Romani, che vi mandarono
Ῥωμαίους κατέφυ-
γον. οἱ δὲ coloni per supplire allo
πέμψαντες scarso numero di abitanti e
συνοίκους denominarono la città Copia.
ὀλιγανδροῦ-σι
μετωνόμασαν 83
Κωπιὰς τὴν πόλιν.

Livio, XXXIV, 42, 5-6: i Latini di Ferentinum


si iscrivono nelle colonie romane
• nouum ius eo anno a • In quell’anno [195 a.C.] gli
Ferentinatibus temptatum, abitanti di Ferentino cercarono
ut Latini qui in coloniam di far approvare una nuova
norma di diritto per la quale i
Romanam nomina dedis- Latini che si fossero fatti
sent ciues Romani essent: iscrivere in una colonia romana
Puteolos Salernumque et sarebbero divenuti cittadini
romani: per Pozzuoli, Salerno e
Buxentum adscripti coloni Bussento furono iscritti come
qui nomina dederant, et, coloni quelli che avevano dato i
cum ob id se pro ciuibus loro nomi, e siccome essi
pretendevano di essere per
Romanis ferrent, senatus questo cittadini romani il
iudicauit non esse eos Senato sentenziò che non lo
ciues Romanos. erano.

84
Il dato di Livio, XXXIV, 42, 5-6
• Le possibili motivazioni “strumentali” dei coloni
che ancora non erano cives Romani: ottenere
attraverso l’iscrizione nella colonia la cittadinanza.
– Ottenuto lo status desiderato, è legittimo sospettare che
i nuovi cittadini avrebbero presto abbandonato la
colonia per tornare ai loro luoghi d’origine.
• Il Senato respinse questa interpretazione, ma
apparentemente non impedì che i Latini di
Ferentinum si iscriveressero nelle liste delle colonie:
un indice di difficoltà nel reclutare anche il modesto
numero di 300 coloni.

85

Livio, XXXIX, 23, 3-4 (186 a.C.): lo


spopolamento di Buxentum e Sipontum
• extremo anni, quia Sp. • Alla fine dell’anno [186 a.C.],
poiché il console Sp. Postumio
Postumius consul renuntia- aveva riferito che, durante le
uerat peragrantem se prop- sue peregrinazioni dovute alle
ter quaestiones utrumque inchieste lungo i due litorali
litus Italiae desertas colo- dell’Italia, aveva trovato spo-
nias Sipontum supero, Bu- polate le colonie di Siponto
xentum infero mari inue- sull’Adriatico e di Busento sul
nisse, triumuiri ad colonos Tirreno, con un decreto del
eo scribendos ex senatus Senato furono nominati trium-
consulto ab T. Maenio prae- viri dal pretore urbano T. Menio
tore urbano creati sunt L. – per il reclutamento di coloni
Scribonius Libo M. Tuccius in quelle località – L. Scribonio
Libone, M. Tuccio e Cn. Bebio
Cn. Baebius Tamphilus Tanfilo.

86
Gli effetti demografici del programma di
colonizzazione: il dato delle fonti archeologiche

• Alcuni indizi archeologici confermano la persistenza di


problemi demografici anche nei nuovi insediamenti:
– L’area dell’urbanizzazione di Copia è inferiore a quella di Turii: il
Lungo Muro taglia i quartieri della città greca.
– A Crotone l’abitato (la città greca alleata?) si restringe alla collina
del Castello, corrispondente alla vecchia acropoli; alcuni dei
vecchi quartieri abitativi sono occupati da necropoli.
– Le stesse difficoltà di identificazione di Tempsa sembrano indicare
che la colonia ebbe vita stentata e per questo non ha lasciato segni
archeologici evidenti.

87

L’area degli abitati di Sibari,


Turii e Copia

88
L’andamento del Lungo Muro di Copia

89

La monetazione
• Lo stabile inserimento della regione nella
compagine egemonica di Roma determina un
mutamento nei caratteri della monetazione.
• La moneta romana acquisisce il monopolio degli
scambi ad ampio raggio.
• La residua monetazione cittadina delle comunità
latine (Paestum, Copia, Valentia) e forse di
qualche città socia, come Petelia, presenta
nominali bassi e ha una circolazione ristretta: è la
moneta dei piccoli scambi a livello locale.
90
La monetazione di Copia
• Una monetazione bronzea con nominali di basso valore,
dall’asse al sestante, che si uniformano al sistema romano.
• Il tipo del dritto riprende sostanzialmente i motivi iconografici
(ritratti di divinità) della serie dell’aes grave romano.
– Eccezione il tipo del semisse, forse rappresentante Demetra velata,
coronata da un modius, che rimanderebbe alla fertilità cerealicola del
territorio.
• Il rovescio presenta regolarmente il simbolo della cornucopia,
che rimanda al nome stesso della colonia latina.
• Una monetazione che risale ai primi decenni delle colonia:
presente nei gruzzoli di Città S. Angelo e Paestum (metà del II
sec. a.C.).
– Il quadrante di Città S. Angelo è anche il pezzo rinvenuto a maggior
distanza da Copia
91

La monetazione di Copia

• Quadrans di Copia: al D/ testa di Ercole con il segno di valore 3; al


rovescio cornucopia con il segno di valore 3, una stella a cinque punte
e la legenda Copia.
92
La monetazione di Valentia
• Anch’essa una monetazione bronzea, con bassi
nominali, dall’asse alla semioncia (1/24 di asse),
fondato sul sistema ponderale romano.
• Nei tipi del dritto ritratti di divinità.
• In quelli del rovescio il corrispondente simbolo
della divinità (con un accoppiamento tipologico che
trova confronto in alcune monetazioni peteline e
brettie).
• Anche in questo caso si tratta di una moneta a scarsa
circolazione, il cui periodo di coniazione fu forse un
poco più lungo di quello della moneta di Copia (fino
alla Guerra Sociale?).
93

La monetazione di Valentia

• Sextans di Valentia: al D/ testa di Apollo e segno di valore 2; al R/ lira,


legenda Valentia e segno di valore 2.

94
Il Senatus consultum de Bacchanalibus,
spia di tensioni sociali
• Nel 186 a.C. il Senato ordina una dura repressione dei culti
di Bacco, originari del Mediterraneo orientale, e diffusi in
Italia soprattutto tra le classi inferiori.
• La vicenda è nota, oltre che da Livio, XXXIX, 8-19, da
una straordinaria iscrizione su bronzo rinvenuta nel XVII
sec. a Tiriolo, oggi al Kunstinstorisches Museum di
Vienna.
• L’epigrafe riporta il testo di un decreto emanato allora dal
Senato per la repressione dei culti bacchici, precisando
all’ultima linea (con mano diversa) la sua pubblicazione in
agro Teurano.
95

La tavola
bronzea con il
testo del
Senatus
consultum

96
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il
testo del senatoconsulto

• [Q(uintus)] Marcius L(uci) • Il console Quinto Marcio


f(ilius), S(purius) Postumius [Filippo], figlio di Quinto, e
L(uci) f(ilius) co(n)s(ules) Spurio Postumio [Albino],
figlio di Lucio, consultarono
senatum consoluerunt n(o- il Senato alle none di ottobre
nis) Octob(ribus), apud [ = 7 ottobre 186 a.C.] presso
aedem Duelonai. Sc(ribun- il tempio di Bellona. Erano
do) arf(uerunt) M(arcus) presenti [alla redazione del
senatoconsulto] Marco
Claudi(us) M(arci) f(ilius), Claudio, figlio di Marco,
L(ucius) Valeri(us) P(ubli) Lucio Valerio, figlio di
f(ilius), Q(uintus) Minuci(us) Publio, e Quinto Minucio,
C(ai) f(ilius). figlio di Caio.

97

Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il


testo del senatoconsulto

• De Bacanalibus quei foideratei • Riguardo ai Baccanali è stato


esent, ita exdeicendum censue- deciso di ordinare agli alleati
re: «Neiquis eorum [B]acanal che nessuno di loro celebri i
habuise velet. Seiques esent, Baccanali. Se vi sono persone
quei sibei deicerent necesus ese che affermano che è per loro
Bacanal habere, eeis utei ad necessario celebrare i Bacca-
pr(aitorem) urbanum Romam nali, che si rechino presso il
venirent, deque eeis rebus, ubei pretore urbano a Roma e, una
eorum v[e]r[b]a audita esent, volta ascoltate le loro parole,
utei senatus noster decerneret, che il nostro Senato deliberi su
dum ne minus senator[i]bus C tali questioni, a condizione che
adesent, [quom e]a res cosole- siano presenti almeno 100
retur. senatori quando la questione
viene discussa.

98
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il
testo del senatoconsulto

• Ai riti bacchici non partecipi


• Bacas vir nequis adiese velet nessun uomo, sia esso
ceivis Romanus neve nominis cittadino romano, né
Latini neve socium quis- cittadino di diritto latino, né
quam, nisei pr(aitorem) ur- alleato, a meno che non si sia
banum adiesent, isque [d]e presentato al pretore urbano
senatuos sententiad, dum ne e questi abbia dato
minus senatoribus C l'autorizzazione, su decreto
adesent, quom ea res cosole- del Senato, a condizione che
retur, iousisent. Censuere. siano presenti almeno 100
senatori quando la questione
viene discussa. Approvato.

99

Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il


testo del senatoconsulto
• sacerdos nequis uir eset. • Non vi sia alcun uomo come
Magister neque uir neque sacerdote, non vi sia alcun
mulier quisquam eset. neve uomo o alcuna donna come
pecuniam quisquam eorum presidente. Non vi sia nè
comoine[m h]abuise velet. alcuna cassa comune, né
Neve magistratum, neve pro alcuna magistratura. Non si
magistratu[d], neque virum crei alcun uomo o alcuna
[neque mul]ierem qui[s]- donna come promagistrato.
quam fecise velet. Neve post E inoltre nessuno si unisca in
hac inter sed conioura[se giuramento, né pronunci
nev]e comvovise neve con- voti, né si leghi in obblighi,
spondise neve conpromesise né faccia promesse, nessuno
velet, neve quisquam fidem dia la propria parola a
inter sed dedise velet. qualcun altro.

100
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il
testo del senatoconsulto
• Nessuno celebri atti di
• Neve in poplicod neve in
culto, né in pubblico, né in
preivatod neve exstrad privato, né al di fuori di
urbem sacra quisquam Roma, a meno che non si
fecise velet, nisei pr(ai- sia presentato al pretore
torem) urbanum adieset, urbano e questi abbia dato
isque de senatuos sen- l'autorizzazione, su decre-
tentiad, dum ne minus to del Senato, a condizio-
senatoribus C adesent, ne che siano presenti
quom ea res cosoleretur, almeno 100 senatori
quando la questione viene
iousisent. Censuere.
discussa. Approvato.
101

Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il


testo del senatoconsulto

• Gli atti del culto non siano


• Homines plous V oinvorsei celebrati da un gruppo
virei atque mulieres sacra ne maggiore di cinque persone in
quisquam fecise velet, neve totale, uomini e donne, e non vi
inter ibei virei plous duobus, assistano più di due uomini e tre
mulieribus plous tribus donne, se non con l'autoriz-
arfuise velent, nisei de zazione del pretore urbano e del
pr(aitoris) urbani senatuos- Senato, come sopra si è stabili-
que sententiad, utei suprad to. Si ordina di proclamare
scriptum est.» Haice utei in quanto stabilito in assemblea
coventionid exdeicatis ne
minus trinum noundinum, per non meno di tre giorni di
senatuosque sententiam utei mercato e, per fare in modo che
scientes esetis, eorum sen- abbiate conoscenza del decreto
tentia ita fuit: del Senato, è stato decretato
quanto segue:

102
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il
testo del senatoconsulto
• se vi sono persone che
contravvengono a quanto sopra
• «Sei ques esent, quei arvorsum ead prescritto, essi [cioè i senatori]
fecisent, quam suprad scriptum est, hanno deciso che siano passibili di
eeis rem caputalem faciendam pena di morte; e il Senato ha
censuere». atque utei hoce in ritenuto giusto che incidiate queste
tabolam ahenam inceideretis, ita decisioni su di una tavola di
senatus aiquom censuit, uteique eam bronzo e che si ordini che tale
figier ioubeatis, ubei facilumed tavola sia affissa ove sia più facile
gnoscier potisit. Atque utei ea prenderne conoscenza; e che se i
Bacanalia, sei qua sunt, exstrad Baccanali vengono celebrati al di
quam sei quid ibei sacri est, ita utei fuori dei luoghi consacrati,
suprad scriptum est, in diebus X, secondo quanto è sopra prescritto,
quibus vobeis tabelai datai erunt, entro dieci giorni dal momento in
faciatis utei dismota sient. In agro cui vi sono state consegnate le
Teurano. tavolette, facciate in modo che
siano banditi. Nell'agro Teurano.

103

Per un’interpretazione socioeconomica


del Senatus consultum de Bacchanalibus
• Nell’interpretazione del Senato le conventicole bacchiche
travalicavano l’aspetto puramente religioso e si proponevano
anche come aggregazioni pericolose per lo stato (Livio,
XXXIX, 13, 14: gli aderenti ai Baccanali quali multitudinem
ingentem, alterum iam prope populum esse).
• Un timore spesso ritenuto fondato dagli studiosi moderni:
– I fedeli dei culti bacchici, particolarmente diffusi in Italia meridionale,
appartenevano in genere agli strati bassi della società.
– Il ritrovamento di una copia a Tiriolo (ma l’esatto contesto è ignoto)
mostra che i Baccanali erano diffusi anche nel Bruzio: e le difficili
condizioni sociali ed economiche della regione autorizzano un’inter-
pretazione dei Baccanali in chiave di protesta contro il dominio romano.
– Gli altri riferimenti in Livio alla repressione dei Baccanali rimandano
sempre all’Italia meridionale, particolarmente colpita dagli effetti della II
guerra punica. 104
Una connessione tra Baccanali e
rivolte di pastori in Apulia
• Livio, XXXIX, 41, 6: L. Postumius praetor cui
Tarentum provincia evenerat magnas pastorum
coniurationes vindicavit et reliquias Bacchanalium
quaestionis cum cura exsecutus est (“Il pretore L.
Postumio, cui era toccata la provincia di Taranto,
represse una grande congiura di pastori e portò a termine
con grande zelo quanto rimaneva dell’inchiesta sui
Baccanali”).
• Esiste una relazione tra la coniuratio dei pastores apuli e
la repressione dei culti bacchici in Apulia (e per
analogia nella Lucania et Bruttii)? O le due questioni
erano indipendenti?

105

Le obiezioni all’interpretazione
socio-economica del senatoconsulto
• I riferimenti all’Italia meridionale nella repressione dei
Bacchanalia non si spiegano per le condizioni religiose o
socio-economiche della regione (O. De Cazenove).
– Solo questa area si erano di recente create vaste estensioni di ager
publicus (con la fondazione di colonie latine): e la repressione si
applicò appunto alle comunità latine o a quelle che sorgevano
sull’ager Romanus.
– L’interpretazione di foideratei come “alleati latini” e l’inclusione
dell’area di Tiriolo nel territorio della colonia latina di Valentia.
• Tra i fedeli dei culti bacchici Livio ricorda personaggi di
un certo rilievo, quasi mai gli appartenenti agli strati
inferiori della società (B. Perri).
106
Le obiezioni all’interpretazione
socio-economica del senatoconsulto
• Nel racconto di Livio ai fedeli dei Baccanali si
rimproverano soprattutto i consueti
comportamenti: ebbrezza, pratiche orgiastiche
e promiscuità sessuale, manifestazioni
religiose sfrenate, riti notturni celebrati
segretamente.
• Come si adattano questi comportamenti al
profilo di pastori, presumibilmente di
condizione servile, del Mezzogiorno?
107

Bibliografia di approfondimento
• J.-C. Beal, Le massif forestier de la Sila et la poix du Bruttium d'après les
textes antiques, «L'arbre et la foret, le bois dans l'Antiquité», a cura di J.-C.
Beal, Paris 1995, pp. 11-25.
• R. Compatangelo-Soussignan, Modalités de la romanisation en Italie
méridionale: fondations coloniales, structures portuaires et commerce
maritime au début du IIe s. av. n. è., «Histoire, espaces et marges de
l'Antiquité: hommages à Monique Clavel-Lévêque», 2, a cura di M.
Garrido-Hory - A. Gonzalès, Besançon 2003, pp. 255-289.
• Ead., Les Italiens à Délos et l'économie de l'Italie méridionale ai IIe s. av.
n.è., «Athenaeum», 94 (2006), 1, pp. 167-198.
• O. De Cazanove, I destinatari dell'iscrizione di Tiriolo e la questione del
campo d'applicazione del senatoconsulto de Bacchanalibus, «Athenaeum»,
88 (2000) 88, pp. 59-68.
• H. Fracchia, The Romanization of the ager Buxentinus (Salerno),
«Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale in età
romana», a cura di E. Lo Cascio - A. Storchi Marino, Bari 2001, pp. 55-73
108
Bibliografia di approfondimento
• F. Ghinatti, Magna Grecia post-annibalica, «Quaderni di Storia», 3 (1977), 5,
pp. 147-160; 3 (1977), 6, pp. 99-115.
• A. Giardina, Allevamento ed economia della selva in Italia meridionale:
trasformazioni e continuità, «Società romana e produzione schiavistica, I,
L’Italia, insediamenti e forme economiche», a cura di A. Giardina - A.
Schiavone, Bari 1981, pp. 99-100.
• G.P. Givigliano, Fondazione di colonie romane e latine nei Bruttii
postannibalici. Brevi note sul contesto storico e politico, «Miscellanea di
Studi Storici», 15 (2008) [2010], pp. 49-61.
• J. Granet, Dionysos contre Rome, «Pallas», 36 (1990), pp. 53-70.
• P.G. Guzzo, I Brettii. Storia e archeologia della Calabria preromana, Milano
1989.
• E. Lepore, Roma e le città greche o ellenizzate nell'Italia meridionale, «Les
"bourgeoisies" municipales italiennes aux IIe et Ier siècles av. J.-C. Centre
Jean Bérard. Institut Français de Naples, 7-10 décembre 1981», Paris -
Naples 1983, pp. 347-354.

109

Bibliografia di approfondimento

• K. Lomas, Rome and the Western Greeks 350 BC - AD 200.


Conquest and Acculturation in Southern Italy, London - New
York 1993, pp. 117-125.
• B. Perri, Il Senatus consultum de Bacchanalibus in Livio e
nell'epigrafe di Tiriolo, Soveria Mannelli 2005.
• Id., Senatus consultum de Bacchanalibus,
<http://www.basilioperri.net/home.html>
• M. Taliercio Mensitieri, Le emissioni monetarie della Calabria
dall'età di Dionigi II a quella di Annibale, «Storia della
Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis,
Roma - Reggio Calabria 1994, pp. 421-436.
• Ead., Le emissioni monetarie dei Lucani, «Storia della
Basilicata. 1. L'antichità», a cura di D. Adamesteanu, Roma -
Bari 1999, pp. 471-485.
• Ead., La monetazione di Valentia, Roma 1989.

110
Lezione VIII

I mutamenti della tarda età


repubblicana

L’oggetto della lezione


• Un periodo di trasformazioni, tra la metà del II sec.
a.C. e gli anni Trenta del I sec. a.C.
• Sviluppi noti in modo diseguale, in dipendenza dello
stato delle fonti: tra i temi principali e meglio
documentati del periodo:
– La via da Capua a Reggio e il dato del lapis Pollae.
– L’opera dei Gracchi.
– L’economia della villa.
– La rivolta di Spartaco.
– La testimonianza della Pro M. Tullio di Cicerone sulla
proprietà agraria a Copia.
– Le deduzioni di veterani in età triumvirale.
2
La via da Capua a Reggio e il
dato del lapis Pollae
• La costruzione della grande strada, prolungamento
della via Appia verso il Mezzogiorno, dota la nostra
regione di una fondamentale infrastruttura
economica.
• La fonte principale sulla via, il cosiddetto lapis
Pollae (perché rinvenuto a S. Pietro di Polla, nel
Vallo di Diano), ci fornisce anche altre informazioni
essenziali di ordine socio-economico.
• Sfortunatamente una piena valutazione storica di
questo documento è ostacolata dalle incertezze che
tuttora sussistono sulla sua esatta datazione.

Il Lapis
Pollae nella
sua attuale
collocazione

4
Corpus Inscriptionum
Latinarum I2 638: • Feci la via da Reggio a Capua e in
l’iscrizione itineraria di quella via posi tutti i ponti, i milliari
e i tabellarii. Da questo punto a
Polla Nocera 51 miglia, a Capua 84
miglia, a Muranum 74 , a Cosenza
123, a Vibo Valentia 180, allo
Stretto, presso la stazione di Ad
Statuam, 231, a Reggio 237.
Distanza totale da Capua a Reggio:
321 miglia. E io stesso, in qualità di
pretore in Sicilia, diedi la caccia e
riconsegnai gli schiavi fuggitivi
degli Italici, per un totale di 917
uomini, e parimenti per primo feci
in modo che sul terreno appartenen-
te al demanio pubblico i pastori
cedessero agli agricoltori. In questo
luogo eressi un foro e un tempio
pubblici.
5

Un testo di natura composita


• Un’epigrafe relativa alla costruzione di un’opera pubblica: la
strada stessa, con la sua “segnaletica” (ll. 1-3), un luogo di
mercato e un tempio (l. 15).
– Il problema del termine tabellarius: un testo che riportava le distanze
dalle principali tappe della strada, come nello stesso Lapis Pollae,
nell’ipotesi di G. Susini e V. Bracco.
• Un’epigrafe itineraria, con le distanze che separavano Polla
dalle principali tappe sulla strada a nord e a sud (ll. 3-8).
• Un elogium, in cui l’anonimo autore vanta un intervento in
favore degli agricoltori sull’ager publicus, la repressione di una
rivolta servile e i suoi interventi edilizi (ll. 9-15).
– L’insolito uso della prima persona singolare, che accosta il documento
alle Res gestae divi Augusti.

6
Lo sviluppo
della via
Capua-Reggio
in Lucania e
nel Bruzio

Il Ponte di Annibale

• Il cosiddetto Ponte di Annibale, o Ponte S. Angelo, nel comune di Scigliano,


dove la via Capua-Reggio passava il Savuto.
• La tecnica costruttiva pare datare il ponte all’inizio del II sec. d.C., ma
potrebbe aver sostituito un ponte simile, di età precedente. 8
Chi ha redatto il lapis Pollae? L’ipotesi
di Mommsen
• Del tutto incongruamente il nostro testo tace il nome del
protagonista dell’azione: questo doveva essere ricordato in un
altro blocco del monumento, andato perduto.
• L’ipotesi di Mommsen: P. Popilio Lenate, console del 132 a.C.
– Il normale intervallo di un triennio tra pretura e consolato ne farebbe un
buon candidato alla pretura in Sicilia nel 135 a.C.
– Il rapporto con la rivolta servile in Sicilia del 135-132 a.C.
– La relazione (polemica) con la legislazione sull’ager publicus di Ti.
Sempronio Gracco del 133 a.C.: e P. Popilio Lenate era in effetti un
oppositore dei Gracchi.
– Le notizie sull’esistenza di un Forum Popilii, forse da identificare con
Polla.
• L’ipotesi di Nissen: l’identificazione con un altro Popilio, M.
Popilius, pretore nel 176 a.C.
9

Chi ha redatto il lapis Pollae?


L’ipotesi di Bracco (e Wiseman)
• L’identificazione con T. Annius
Luscus, console del 153 e forse
pretore nel 156 a.C.
– Il rinvenimento di un milliare nei
pressi di Vibo Valentia (ILLRP
454a) con il testo CCLX / T(itus)
Annius T(iti) f(ilius) / pr(aetor).
– Il riferimento di Sallustio,
Historiae, III, 98 a un Forum Annii
lungo il percorso della via.
– Una dedica di mancipes et
iunctores iumentarii viarum
Appiae, Traianae item Anniae cum
ramulis a Caracalla nell’iscrizione
CIL VI, 31338 a, da Roma.
10
Chi ha redatto il lapis Pollae? Il
tentativo di sintesi di Degrassi
• Una combinazione delle due ipotesi
principali: la costruzione della strada,
iniziata da P. Popilio Lenate, come
documenta il Lapis Pollae, sarebbe stata
conclusa nel 131 a.C. dal suo successore T.
Annius Rufus, come testimonia il milliare di
Vibo.
– Un’ipotesi che renderebbe ragione della
complessità della costruzione della lunga via.
11

Le ragioni della costruzione della via


• Una via che si imposta su percorsi già battuti nei secoli
precedenti, fin dalla guerra contro Pirro.
• Ma una via che viene costruita solo alcuni decenni dopo
la definitiva sottomissione della regione a Roma e la
stessa colonizzazione.
• I possibili motivi della tardiva costruzione:
– Il miglioramento dei collegamenti con la Sicilia (che in
precedenza avvenivano soprattutto via mare), il cui possesso
era ora minacciato dalle frequenti rivolte servili.
– Un migliore controllo sulla Lucania e il Bruzio, regioni
turbolente dal punto di vista sociale e politico.
– Un asse viario sul quale si imposta la centuriazione, ai fini
delle distribuzioni di terre dell’età graccana.
12
Gli effetti economici della
costruzione della via Capua-Reggio
• Un’infrastruttura economica fondamentale, che rende
più rapidi e facili gli spostamenti via terra di uomini e
merci.
• La strada attraversa alcune delle zone più favorevoli alla
sfruttamento agricolo nella regione: il Vallo di Diano, la
piana di Sibari, la valle del Crati, l’altopiano di Vibo, la
piana di Gioia Tauro.
• Il suo percorso disegna un nuovo assetto economico
della regione, favorendo le località che ne sono
attraversate, ma svantaggiando quelle che ne sono
tagliate fuori (Paestum, Velia, la Lucania interna, il
Bruzio ionico).

13

Le altre informazioni di carattere socio-


economico nel lapis Pollae
• Un intervento in favore degli agricoltori e contro i pastori,
relativo all’ager publicus.
– Probabilmente un tentativo di riconversione delle terre demaniali,
sfruttate fino ad allora prevalentemente per l’allevamento,
all’agricoltura, forse con la divisione e la distribuzione di lotti
medio-piccoli.
– Un intervento sostanzialmente simile a quello dei Gracchi, ma
forse con essi in sottile polemica (vedi il vanto di una
primogenitura in questo tipo di azioni).
• Un’azione di cattura di diverse centinaia di schiavi fuggitivi.
– Un indizio del massiccio impiego nella regione in questione di
manodopera servile, non sempre facilmente controllabile.
• Il problema del contesto geografico di riferimento: l’area di
Polla e il Vallo di Diano? L’intera area attraversata dalla via
Capua-Reggio? La Sicilia?

14
I Gracchi e l’ager publicus della Lucania
e del Bruzio
• Anche nella nostra regione furono certamente attive le
commissioni graccane dei IIIviri agris iudicandis adsignandis.
• Loro compito la confisca delle quote di ager publicus occupate
dai latifondisti eccedenti i 500 (o 1.000) iugeri e la
redistribuzione in lotti di 30 iugeri ai proletari inurbati.
– Un’azione particolarmente nota dalla documentazione epigrafica nell’area
del Vallo di Diano dove la centuriazione graccana (preliminare alle
assegnazioni) si imposta sull’asse della via Capua-Reggio.
– Il Liber coloniarum, I, 209, ll. 8-9 Lachmann potrebbe segnalare
assegnazioni graccane anche nel territorio della praefectura Grumentina:
limitibus Graccanis quadratis in iugera n. CC, decimanus in oriente,
kardo in meridiano.
• A giudicare dagli sviluppi successivi, i tentativi graccani non
sembrano aver portato nemmeno nella nostra regione a risultati
duraturi.
15

I termini graccani
• La documentazione epigrafica diretta
dell’attività della commissione
agraria graccana.
• Cippi che riportano sul lato superiore
l’orientamento del decumano e del
cardine nella divisione operata dalla
commissione.
• Sul fianco appaiono i nomi dei
componenti della commissione
agraria.
• Nell’immagine il cippo graccano
rinvenuto a Polla (CIL I2, 2933).

16
Il termine graccano di Polla
• CIL I2, 2933: [C(aius) Sempronius
Ti(beri) f(ilius) / Ap(pius)
Clau[dius C(ai) f(ilius)] / P(ublius)
Licin[ius P(ubli) f(ilius)] / III vir(i)
a(gris) i(udicandis) [a(dsi-
gnandis)].
• Insieme a C. Gracco facevano parte
della commissione il princeps
Senatus Ap. Claudio Pulcro e il
suocero di Caio, P. Licinio Crasso.
• La composizione della commissio-
ne consente di datare il cippo al
131 a.C.

17

Il lato superiore di CIL I2, 2934

• Rinvenuto nel territorio di Abellinum:


d(ecumanus) III / k(ardo) II.
• Il cippo era posto all’incrocio tra il
terzo decumano e il secondo cardine
della centuriazione graccana dell’area.
• Le linee riproducevano l’orientamento
dei decumani e dei cardini.
• A differenza del precedente, non
riportava sul lato i nomi dei commissari
agrari.

18
La discussa colonizzazione graccana
• Alcuni indizi hanno fatto ipotizzare una ripresa dei progetti
coloniari nel Bruzio da parte di Caio Gracco (Clampetia,
Consentia, Scolacium).
– Nell’ager Clampetinus il Liber Coloniarum I, 209, ll. 21-22 Lachmann
registra una divisione dell’ager Clampetinus limitibus Graccanis.
– Per Consentia il Liber Coloniarium I, 209, ll. 16-18 Lachmann ricorda
che ager Consentinus ab imp. Augusto est adsignatus limitibus
Graccanis.
– A Scolacium l’esplicita testimonianza di Velleio Patercolo, Storia
romana, I, 15, 4: et, post annum, Scolacium Minervia, Tarentum
Neptunia, Carthagoque in Africa, prima, ut praediximus, extra Italiam
colonia condita est (“Un anno dopo [ovvero nel 123 a.C.] furono fondate
le colonie di Minervia a Scolacium, di Neptunia a Taranto e di Cartagine
in Africa che, come abbiamo detto, fu la prima fuori d’Italia”).
19

La discussa colonizzazione graccana


• A Scolacium le intense ricerche archeologiche al momento non
sembrano mostrare significative evidenze di età repubblicana.
– Il nome Minervia della colonia è tuttavia confermato da CIL X, 103:
Imp(erator) Caesar T(itus) Aelius Hadri/anus Antoninus Aug(ustus) Pius,
pontif(ex) / maxim(us), trib(unicia) potest(ate) VI, co(n)s(ul) III, p(ater)
p(atriae), imp(erator) II, / coloniae Minerviae Nerviae Aug(ustae) /
Scolacio aquam dat.
• Ancora insufficienti le ricerche a Consentia, ostacolate dalla
continuità di insediamento.
– Il riferimento del Liber coloniarium pare alludere ad assegnazioni di età
augustea, condotte in base ad una centuriazione di tipo graccano.
• Discussa la localizzazione di Clampetia, che doveva sorgere
sulle coste del medio Tirreno, tra S. Lucido e Amantea.
– Interessante l’ipotesi di identificazione con S. Lucido (G.F. La Torre): ma
al momento il sito ha restituito solo materiali di un insediamento bruzio e
tracce di ville romane.
– In sé il dato del Liber coloniarum non è molto significativo (come nel
caso di Consentia), contro la definizione di Plinio il Vecchio, Storia
naturale, III, 72: locus Clampetia.
20
L’economia della villa: i caratteri
essenziali
• Un modo di organizzazione e sfruttamento del territorio caratteristico
dei Romani (pur con debiti dalla Grecia e da Cartagine).
• Un’azienda agricola finalizzata alla produzione di un surplus, che deve
contare dunque su un’adeguata estensione di terre coltivabili.
• Un’estensione che richiede una notevole forza lavoro, assicurata
soprattutto da schiavi, ma anche da braccianti stagionali.
• Tutte le attività dei campi sono coordinate da un fattore (vilicus),
anch’esso schiavo, e dalla sua compagna (vilica), che si occupa dei
lavori che avvengono entro gli edifici (per esempio la trasformazione e
conservazione dei prodotti agricoli).
• La presenza di questi lavoratori rende necessario riservare parte delle
coltivazioni al loro sostentamento.

21

L’economia della villa: i caratteri


essenziali
• La necessità di godere di buone comunicazioni, per la vendita
dei prodotti agricoli.
• La disponibilità dei capitali necessari ad avviare un’azienda
agricola di queste proporzioni, assicurata dal grande afflusso
di ricchezze a Roma a seguito della conquista di un Impero
nel II sec. a.C.
• Un orientamento verso le redditizie colture della vite e
dell’ulivo, applicando tecniche agricole scientifiche greche e
cartaginesi.

22
La classificazione delle villae
secondo Varrone
• Una classificazione in base alla destinazione degli
edifici:
– Ville rustiche
– Ville con pars rustica (nella quale si distingue una pars
fructuaria, dove si lavorano e conservano i prodotti) e
pars urbana, dove risiede il dominus.
• Le tipologie di attività condotte nella villa:
– Agri cultura
– Pastio agrestis (allevamento di ovini, suini e bovini)
– Pastio villatica (allevamento di pollame, volatili,
pesci).
23

Lo schema della villa rustica di età


repubblicana

• Inizialmente un edificio di dimensioni piuttosto


modeste, organizzato in genere intorno ad un
cortile centrale.
24
La villa di Settefinestre

• Una villa di età tardorepubblicana nel territorio di Cosa (Ansedonia),


divenuta modello di questi impianti produttivi a seguito degli accurati
scavi di Andrea Carandini (1976-1981) 25

La villa nella Lucania e nel Bruzio


• Il passaggio all’economia della villa nella nostra regione è
piuttosto graduale, concretizzandosi dalla seconda metà del II
sec. a.C., con un certo ritardo rispetto ad altre aree dell’Italia
tirrenica.
• Un passaggio favorito dal fatto che le tipiche colture della
villa, vite e ulivo, trovavano in alcune aree nella nostra regione
condizioni ambientali ottimali.
• La necessità di contare su estensioni di terreno piuttosto vaste,
affinché la villa risulti produttiva, porta ad un processo di
concentrazione della terra.
– Un processo che vanifica in alcune aree lo sviluppo della proprietà
terriera medio-piccola, che era predominante nella regione prima della
conquista romana e che era stata rivitalizzata dalla colonizzazione del II
sec. a.C. e dall’azione dei Gracchi.
26
La villa nella Lucania e nel Bruzio
• Un modello di sfruttamento economico del territorio che
indubbiamente incontra una certa fortuna:
– Secondo il censimento di Simona Accardo nel territorio bruzio sono
note almeno 240 villae (anche se non tutte iniziarono l’attività già in età
tardorepubblicana).
– Una distribuzione che si concentra sulle coste, nella piana di Sibari, nel
Marchesato e sull’altopiano del Poro, in corrispondenza dei territori più
fertili della regione.
– Per la Lucania non disponiamo di sintesi recenti, ma pare che vi fosse
una buona concentrazione di villae anche sulle coste ioniche della
Lucania (nel Metapontino con appezzamenti che sembrano andare dai
100 ai 500 iugeri).
– Qualche esempio anche nel territorio di Buxentum, nella Lucania
tirrenica, in terreni a mezza costa ben irrigati.
– Più sporadica la presenza di villae nella Lucania interna, dove almeno
per l’età repubblicana prevalgono ancora le fattorie di modeste
dimensioni. 27

La
distribuzione
delle villae
nel territorio
del Bruzio

28
La concentrazione delle villae nella
piana di Sibari
• Trova giustificazione nella grande fertilità del territorio, che assicurava
buoni profitti a queste imprese agricole.
• Varrone, De re rustica, I, 44, 1-2: Quare observabis, quantum in ea
regione consuetudo erit serendi, ut tantum facias, quod tantum valet
regio ac genus terrae, ut ex eodem semine aliubi cum decimo redeat,
aliubi cum quinto decimo, ut in Etruria locis aliquot. In Italia in
Subaritano dicunt etiam cum centesimo redire solitum, in Syria ad
Gadara et in Africa ad Byzacium item ex modio nasci centum (“Avrai
cura di seminare in una regione la quantità che vi è abituale, poiché la
regione e la qualità della terra hanno tanta importanza che una stessa
quantità di semente frutterà in alcuni luoghi 10 volte tanto, in altre 15
volte, come in certe località dell’Etruria. Si dice che in Italia, nel
territorio di Sibari, il rapporto si eleva a 100 a 1 e che parimenti a
Gadara in Siria e in Africa, nella Bizacena, un moggio ne dà 100”).

29

I caratteri della villa nella


Lucania e nel Bruzio
• Spesso il complesso abitato era costruito, in forme
compatte, su una collina o a mezza costa, previo
terrazzamento dell’area.
• Gli edifici delle villae nelle aree pianeggianti e
costiere avevano uno sviluppo più sparso.
• Spesso organizzate intorno ad un cortile centrale,
secondo il modello descritto da Vitruvio, De
architectura, VI, 6, 6.

30
La villa di località Camerelle
(Castrovillari)
• Già nota agli inizi del XX sec., è stata oggetto di scavi nel 1963,
su una superficie di 5.000 m2, a poca distanza dal percorso della
via Capua-Reggio.
• Una lunga occupazione, dalla metà del I sec. a.C. fino al IV sec.
d.C. e forse oltre.
• Un complesso costruito su un terrazzamento, organizzato intorno
ad un peristilio centrale.
• Il settore meridionale era occupato dall’abitazione del dominus.
• Nel settore settentrionale si trovavano gli impianti produttivi: in
particolare l’ambiente L aveva un rialzo circolare sul quale forse
si impostava una pressa per la spremitura dell’uva o delle olive.
– L’identificazione è confermata dalle due vicine vasche, che accoglievano il
frutto della spremitura.
31

La villa di Camerelle: la pianta

32
La villa di
Camerelle:
l’ambiente
del
torcularium
e le vasche

33

La villa di Camerelle: un ambiente con


pavimentazione in opus spicatum

34
La villa di località Calderazzo
(Rosarno)
• Un interessante esempio di continuità di
occupazione di una sito rurale: la villa romana si
sovrappone ad una fattoria di età ellenistica.
• Una occupazione tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C.
• Di particolare interesse il rinvenimento di un
grande dolium interrato, destinato alla
conservazione di prodotti agricoli.

35

La villa di Calderazzo: il dolium

36
Le colture tipiche della villa:
viticoltura

• Catone, De agri cultura, 6, 4 ricorda due


vitigni dell’Italia meridionale:
– Il Lucanum, adatto a terre grasse e nebbiose.
– L’Aminnium, adatto ai versanti esposti al sole (è
l’Aminaios di cui conosciamo l’introduzione in
Italia con la colonizzazione greca).

37

Le colture tipiche della villa: la


frutticoltura
• Varrone, De re rustica, I, 7, 6: Propter
eandem causam multa sunt bifera, ut vitis
apud mare Zmyrnae, malus in agro
Consentino (“Per la stessa ragione [ovvero
per il fatto che alcune aree sono
particolarmente appropriate per certe
coltivazioni] molte colture danno un doppio
raccolto, come la vite sulle coste di Smirne,
come i meli nel territorio di Cosenza”).
38
La villa e le attività manifatturiere
• Nell’Italia romana non è rara la presenza di
fornaci nei pressi di una villa:
– Si poteva così sfruttare un’altra risorsa della proprietà, i
giacimenti di argilla.
– Oltre che per la produzione di laterizi da costruzione, le
fornaci potevano fornire i contenitori nei quali esportare
i prodotti agricoli della villa.
– Nel Bruzio tardorepubblicano spiccano alcune
situazioni recentemente messe in luce sulla costa ionica,
tra Crotone e Scolacium.
39

Anfore vinarie dalla villa di località


Basilicata (Cropani)
• La fornace della villa ha restituito numerosi esemplari di anfore
Dressel 1, vinarie, bollate Lusi.
– La villa ha restituito un ambiente che probabilmente ospitava il torchio,
oltre al lacus, la vasca dove si raccoglieva il succo d’uva.
• Un rapporto con altre anfore vinarie posteriori, le Dressel 2-4, e
con laterizi da costruzioni rinvenuti nell’arco ionico (Copia,
Taranto), con bolli che rimandano sempre alla gens Lusia.
• Forse un rapporto con Trebios Loisios, produttore di anfore
vinarie di fine III sec. a.C.?
– Una produzione generalmente ritenuta campana, ma che C.
Vandermersch ha ascritto, almeno parzialmente, a fornaci collocate a sud
del Sele.

40
I ritrovamenti di località Chiaro
(Sellìa Marina)
• I lavori per la posa di tubature nel 2006 hanno rivelato un grande getto
di materiali ceramici, operato forse nella seconda metà del I sec. a.C. a
scopo di bonifica.
• Prevalgono numericamente le anfore, anche con scarti di cottura, con
caratteristiche degli impasti simili a quelle di Cropani: se ne suppone
dunque una fabbricazione locale, forse nella villa di contrada Uria.
• Molto numerose le vinarie Dressel 1, nella variante A (fine II - I sec.
a.C.) con nomi che rimandano all’antroponimia greca (in greco o in
traslitterazione latina).
• Piuttosto numerosi anche gli esemplari tipologicamente affini a quelli
che, dall’iscrizione, sappiamo contenevano la pix bruttia.

41

Una Dressel 1A da
Sellìa Marina

• Il collo di un’anfora vinaria


Dressel 1A rinvenuta nello
scarico di località Chiaro.
• L’anfora presenta un bollo
in greco: Diwn[---].

42
Un bollo latino su Dressel 1A a
Sellìa Marina

• Un nome che appare più volte nelle anfore di


località Chiaro: Diodorus.

43

Le esportazioni delle villae


lucane e bruzie
• Il problema delle aree verso cui si indirizzava
l’esportazione pare ancora aperto.
• Un indizio viene dalla diffusione dei laterizi a bollo
Lusi nel Golfo di Taranto: anche i vini dello stesso
produttore erano esportati verso la stessa area?
• Il ritrovamento di anfore vinarie Dressel 1 nel sito
del Castro Pretorio, a Roma, con l’iscrizione dipinta
vinum rheginum (CIL XV, 4590-4591).
• Un problema da studiare meglio, soprattutto
attraverso l’analisi della diffusione delle anfore
bollate ascrivibili a produttori lucani e bruzi.
44
Un dominio assoluto della villa nella
Lucania e nel Bruzio?
• Secondo parte della critica un’affermazione generale del modello della
villa, a scapito della piccola e media proprietà contadina.
• Le aree meglio indagate (territorio di Buxentum, Metaponto, Crotone)
mostrano tuttavia una certa persistenza di semplici fattorie, la cui
produzione era destinata all’autoconsumo e dunque era orientata alla
policoltura (con ampio spazio per i cereali).
• Nelle aree montuose della Lucania e della Sila il modello della villa
ovviamente non trova fertile terreno: continua uno sfruttamento di tipo
estensivo, nelle forme della silvicoltura e dell’allevamento.
• Un latifondo non è necessariamente gestito in forma unitaria: la
possibilità di spezzarlo in piccoli lotti, affittati a contadini liberi.

45

Le incertezze sulle forme di


sfruttamento del territorio
• Il labile confine tra una modesta villa rustica e
una grande fattoria, soprattutto nei casi noti
solo da indagini di superficie.
– In questi casi l’assegnazione di resti archeologici a
una villa piuttosto che ad una fattoria si basa
essenzialmente sull’area di dispersione dei
materiali.
– Significativi per l’identificazione di una villa con
pars urbana i ritrovamenti di pavimentazioni di
lusso, colonne, intonaci dipinti.
46
I grandi proprietari terrieri dell’età
tardorepubblicana
• Negli ultimi decenni della Repubblica si moltiplicano le notizie
di grandi proprietà di senatori e cavalieri nella regione, prima di
Silla molto rare.
– Il sospetto che si tratti di un riflesso dello stato della
documentazione, più che dello stato delle cose: gli ultimi decenni
dell’età repubblicana sono uno dei periodi meglio documentati
della storia antica (grazie soprattutto a Cicerone).
• Tra i diversi personaggi esemplificativo il caso di Crasso, per
modalità di acquisizione delle proprietà (nella torbida situazione
delle guerre civili) e per le modalità di gestione di queste
proprietà (in forme presumibilmente assenteiste).
– L’energica azione di Crasso nel reprimere la rivolta di Spartaco nel
71 a.C. può essere letta anche come difesa dei suoi interessi
economici nella Lucania e nel Bruzio, minacciate dai moti servili.

47

Plutarco, Vita di Crasso, 6, 8: un grande


proprietario nel Bruzio tardorepubblicano

• Durante le proscrizioni e le
ejn de; tai'" prografai'" kai; confische che seguirono [la
dhmeuvsesi pavlin kakw'" definitiva vittoria di Silla
h[kousen, wjnouvme-no~ nella guerra civile, nell’82
te timh'" braceiva" a.C.] si procurò di nuovo
cattiva fama, comprando a
megavla pravgmata kai; poco prezzo grandi proprietà
dwrea;" aijtw'n. ejn de; e sollecitando donazioni. Si
Brettivoi" levgetai kai; dice poi che nel Bruzio abbia
progravyai tina;" ouj proscritto alcune persone
Suvlla keleuvsanto", ajll j senza l’ordine di Silla, solo
per impadronirsi delle loro
ejpi; crhmatismw/'. ricchezze.

48
La rivolta di Spartaco e l’assetto
economico e sociale della regione
• La rivolta servile di Spartaco (73-71 a.C.) ha uno dei suoi
principali teatri proprio nella Lucania e nel Bruzio.
• Un evento che per qualche anno fa ripiombare la regione
nel clima di insicurezza del III sec. a.C., come
testimoniano i numerosi tesoretti monetali nascosti in
quegli anni.
• Un clima simile si era vissuto qualche anno prima in
alcune aree della Lucania, colpite dalla Guerra Sociale.
• Il passaggio delle bande di Spartaco getta nuovamente la
luce delle fonti letterarie sulla regione, facendoci
conoscere qualche interessante dato socio-economico.
49

La rivolta di Spartaco e l’assetto


economico e sociale della regione
• Di interesse per i nostri fini soprattutto la permanenza di Spartaco nel
Vallo di Diano, dove l’esercito dei ribelli avrebbe raddoppiato le sue
dimensioni.
• Una testimonianza del massiccio impiego di manodopera servile
nell’area; ma Spartaco deve anche affrontare liberi coloni.
• L’appoggio a Spartaco viene soprattutto dagli schiavi pastori, che
godono di una certa libertà di azione e sono in possesso di un
rudimentale armamento.
• Interessante anche il dato relativo a Copia, impadronitisi delle quale i
ribelli riuscirono ad equipaggiarsi adeguatamente: una testimonianza
delle attività artigianali nella città.

50
Sallustio, Historiae, III, fr. 98 Maurenbrecher:
Spartaco nel Vallo di Diano
• et propere nanctus • E rintracciata in tutta fretta una
idoneum ex captivis buona guida nella persona di un
ducem Picentinis, deinde prigioniero picentino, attraverso
Eburinis iugis occultus ad i monti di Eboli [Spartaco]
Naris Lucanas, atque inde raggiunge prima Nares Lucanae
e di lì perviene all’alba al Foro
prima luce pervenit ad di Annio, senza il minimo
Anni Forum, ignaris sospetto da parte dei contadini.
cultoribus. Ac statim E subito i fuggiaschi, contro gli
fugitivi contra praeceptum ordini del loro capo,
ducis rapere ad stuprum violentavano vergini e matrone

virgines matronasque …
51

Sallustio, Historiae, III, fr. 98 Maurenbrecher:


Spartaco nel Vallo di Diano
• alii in tecta iaciebant ignis, • Altri appiccavano il fuoco alle case e
multique ex loco servi, quos molti schiavi del posto, che l’indole
ingenium socios dabat, abdita a servile spingeva a far combutta con
dominis aut ipsos trahebant ex gli invasori, traevano fuori dai
occulto; … [at] illum diem [atque nascondigli i tesori dei padroni e i
proximam] noctem ib[idem padroni stessi … E dopo aver sostato
colà per quel giorno e la notte
commoratus] duplicato [iam
seguente, raddoppiati ormai i suoi
fugitivorum] numero [castra movet] seguaci, levò il campo allo spuntar
prima cum luce [et consedit] in dell’alba e si attendò in una
campo satis [lato, ubi colo]nos campagna abbastanza estesa, dove
aedificis [egressos fugat]; et tum mette in fuga i coloni usciti fuori
mat[ura in agris] erant autumni dalle loro case: proprio allora erano
[frumenta]. mature nei campi le messi autunnali.

52
Appiano, Le guerre civili, I, 117, 547-
548: Spartaco occupa la regione di Copia
O de; th'" me;n ej" ïRwvmhn • Spartaco mutò parere circa la
oJdou' metevgnw, wJ" ou[pw marcia contro Roma, perché
gegonw;" ajxiovmaco" oujde; non era ancora pronto a
to;n strato;n o{lon e[cwn questa grande impresa e non
stratiwtikw'" wJplismevnon aveva un esercito armato
regolarmente: difatti nessuna
(ouj gavr ti" aujtoi'~
città cooperava con i gladiato-
sunevpratte povli", ajlla; ri, ma soltanto schiavi,
qeravponte" h\san kai; disertori e gente raccoglitic-
aujtovmoloi kai; suvgklude"), cia. Egli occupò i monti
ta; d j o[rh ta; peri; Qourivou" intorno a Turii e la città
kai; th;n povlin aujth;n stessa,
katevlabe, 53

Appiano, Le guerre civili, I, 117, 547-


548: Spartaco occupa la regione di Copia
kai; cruso;n me;n h] • Vietò inoltre che alcun
a[rguron tou;" ejmpovrou" negoziante introducesse
ejsfevrein ejkwvlue kai; oro o argento e che alcuno
kekth'sqai tou;" eJautou', dei suoi ne possedesse:
movnon de; sivdhron kai; soltanto ferro e bronzo
calko;n wjnou'nto pollou'
acquistavano a caro prez-
kai; tou;" ejsfevronta"
oujk hjdivkoun. o{qen zo, senza far del male ai
ajqrova" u{lh" eujporhv- mercanti. Rifornitosi di
sante" eu\ pareskeuav- molto materiale, l’esercito
santo kai; qamina; ejpi; di Spartaco poté armarsi
lehlasiva" ejxh/vesan. bene.
54
La persistenza del problema
schiavile
• La sconfitta e l’uccisione di Spartaco nel 71
a.C. nella Lucania settentrionale non mise fine
alle agitazioni degli schiavi nella regione.
– Ancora nel 60 a.C. il padre del futuro Augusto, C.
Ottavio, si segnala annientando una banda di
schiavi ribelli nel territorio Turino.
• Una situazione che discende non solo dal
numero di schiavi presenti nella regione, ma
anche dalle loro condizioni di vita,
particolarmente pesanti.
55

La testimonianza della Pro M. Tullio di


Cicerone
• Un’orazione tràdita solo da due manoscritti palinsesti, giunta dunque
in condizioni molto lacunose.
• L’orazione si data probabilmente al 72 o al 71 a.C. per gli accenni alle
distruzioni dell’agro Turino in 6, 14, da connettere presumibilmente
con la presenza di Spartaco nell’area.
• Una controversia confinaria tra due proprietari terrieri del territorio di
Copia, P. Fabio e M. Tullio, che sfocia in atti di violenza contro gli
schiavi e le proprietà di M. Tullio.
– M. Tullio e il suo avvocato Cicerone chiedono l’aestimatio damni davanti
alla corte dei recuperatores.
– P. Fabio e il suo avvocato L. Quinzio ammettono i fatti, ma sostengono
che gli schiavi di Fabio hanno agito per necessità, senza dolo.
– L’orazione ciceroniana dunque è in larga misura dedicata a dimostrare
che il dolo vi era stato; ma conserva anche alcuni interessanti cenni alle
condizioni socio-economiche di Copia.

56
Le attività nel territorio di Copia nella
testimonianza della Pro M. Tullio

• Una presenza di medio-grandi proprietà ereditarie (come


quelle di M. Tullio), ma anche di più estesi latifondi (come
quello del senatore C. Claudio, poi ceduto al “nuovo ricco”
P. Fabio).
– La proprietà di M. Tullio comprende un’intera centuria di 200
iugeri, denominata populiana: una connessione con la via Popilia?
– La formazione del latifondo di C. Claudio: acquisti dai coloni di
Copia, ma forse anche, ai margini del territorio della colonia, dai
vecchi proprietari greci e bruzi.
– Nella Pro M. Tullio sembrano comunque assenti le proprietà
medio-piccole assegnate ai coloni nel 193 a.C.

57

Le attività nel territorio di Copia nella


testimonianza della Pro M. Tullio
• Nella proprietà di M. Tullio sorgeva anche una villa, nella
quale egli abitava quando visitava la sua proprietà.
– L’accenno ad un procurator (rappresentante legale), oltre che ad un
vilicus di M. Tullio a 7, 17 indica tuttavia che il proprietario non
risiedeva in modo permanente sul suo fondo. Probabile che vivesse a
Roma e che per questo abbia scelto Cicerone come avvocato.
• Sulla sua grande proprietà P. Fabio pratica anche attività di
pastorizia, attraverso manodopera servile.
• In effetti ogni volta che nella Pro M. Tullio si parla di
manodopera, questa è di condizione schiavile.
• L’orazione testimonia anche la vivacità del mercato dei terreni
agricoli in una zona di pregio come la piana di Sibari, dove il
costo dei fondi era piuttosto alto.
58
Le attività nel territorio di Copia nella
testimonianza della Pro M. Tullio

• Dietro la controversia tra P. Fabio e M. Tullio si


può forse leggere un contrasto tra due modi di
produzione: quello intensivo delle medie proprietà
e quello estensivo del latifondi.
• Un contrasto accentuato dalla pratica della
transumanza, che portava a frequenti
sconfinamenti delle greggi sulle proprietà agricole
altrui.

59

Cicerone, Pro M. Tullio, 3, 7:


l’accusa
• La formula d’azione in base
• iudicium vestrum est, alla quale voi, recuperatori,
recuperatores, QVAN- dovete giudicare è la
seguente: A QUANTO
TAE PECVNIAE PARET RISULTA AMMONTANTE
DOLO MALO FAMILIAE IL DANNO ARRECATO
P. FABI VI HOMINIBVS DOLOSAMENTE A M.
TULLIO MEDIANTE ATTI
ARMATIS COACTISVE DI VIOLENZA COMPIUTI
DAMNVM DATVM ESSE DAGLI SCHIAVI DI P.
M. TVLLIO. FABIO, ARMATI E ORGA-
NIZZATI.

60
Cicerone, Pro Tullio, 6, 14: le due proprietà
• M. Tullio possiede nel territorio di
• fundum habet in agro Thurino Turii un fondo ereditato dal padre.
M. Tullius paternum, recupe- Un possesso che non gli ha
ratores, quem se habere usque procurato fastidi, fino a quando
non gli è capitato come vicino uno
eo non moleste tulit, donec più disposto ad allargare i confini
vicinum eius modi nactus est del suo campo che a difenderlo per
qui agri finis armis proferre le vie legali. Infatti P. Fabio ha,
mallet quam iure defendere. non molto tempo fa, comprato dal
nam P. Fabius nuper emit senatore C. Claudio un fondo
agrum de C. Claudio senatore, confinante con quello di M. Tullio,
cui fundo erat adfinis M. pagandolo ben caro, se si pensa
Tullius, sane magno, dimidio che era incolto e con tutte le case
fere pluris incultum exustis distrutte dal fuoco, forse
villis omnibus quam quanti addirittura la metà in più di quanto
lo aveva pagato all’atto
integrum atque ornatissimum dell’acquisto lo stesso Claudio – e
carissimis pretiis ipse Claudius il prezzo già era stato altissimo –
<emerat> quando era ben coltivato e con
tutte le attrezzature necessarie.
61

Cicerone, Pro Tullio, 8, 19-20: P. Fabius


novus arator et idem pecuarius
• deinde iste pater familias • Successivamente Fabio, questo
padre di famiglia arricchitosi in
Asiaticus beatus, novus arator Asia e trasformatosi da poco in
et idem pecuarius, cum agricoltore e perfino in allevatore di
ambularet in agro, animadver- bestiame, mentre passeggiava per la
tit in hac ipsa centuria Populi- campagna, notò in quella stessa
ana aedificium non ita magnum centuria populiana una costruzione
servumque M. Tulli Philinum. non molto grande e uno schiavo di
“quid vobis,” inquit, “istic ne- M. Tullio, Filino. Apostrofato con
goti in meo est?” servus re- queste parole: «Cosa fate qui sul
spondit pudenter, at non stulte, mio fondo?», lo schiavo rispose con
dominum esse ad villam; posse rispetto, ma non senza intelligenza,
eum cum eo disceptare si quid che il padrone era nella villa e che
se desiderava qualcosa, poteva
vellet. parlarne con lui.

62
Il ruolo dell’allevamento
• Ben testimoniato in età tardorepubblicana nelle fonti letterarie:
– Varrone, De re rustica, II, 1, 2: un accenno alle nobiles pecuariae in
Bruttiis di C. Lucilius Hirrus.
– Ibid., II, 9, 6: allevamento transumante a lunga distanza, tra Umbria e
regione di Metaponto.
– Cesare, Bellum civile, III, 21, 4: M. Celio Rufo e il suo alleato T. Annio
Milone progettano di sollevare i pastores dell’area di Copia nel 49 a.C.
– L’affermarsi in questo periodo del nome lucanica per un tipo di salsiccia
(Varrone, Cicerone) testimonia la notorietà dell’allevamento suino e degli
insaccati della Lucania, se non proprio un’importazione a Roma (dove
sembrano prevalere le produzioni della Cisalpina).
• Ma le puntuali indagini paleobotaniche nel Metapontino ancora
per questo periodo non denunciano una prevalenza rispetto alle
attività agricole.

63

Varrone, De re rustica, II, 9, 6: allevamento


transumante tra Umbria e Metaponto
• P. Aufidio Pontiano di Amiternum
• Publius Aufidius Pontianus aveva acquistato un gregge di peco-
Amiterninus cum greges ovium re nella parte estrema dell’Umbria e
emisset in Umbria ultima, quibus nell’acquisto del gregge erano
gregibus sine pastoribus canes compresi i cani, ma non i pastori;
accessissent, pastores ut deducerent era stabilito che i pastori lo doves-
in Metapontinos saltus et Heracleae sero condurre fino ai pascoli del
emporium, inde cum domum Metapontino e al mercato di Era-
clea; quando coloro che avevano
redissent qui ad locum deduxerant,
condotto il gregge tornarono alle
e desiderio hominum diebus paucis loro case, i cani, per nostalgia degli
postea canes sua sponte, cum uomini, pochi giorni dopo e di loro
dierum multorum via interesset, sibi spontanea volontà, sebbene vi fosse
ex agris cibaria praebuerunt atque un viaggio di molti giorni, procu-
in Umbriam ad pastores redierunt. randosi il cibo nei campi, tornarono
in Umbria presso i pastori.
64
Le deduzioni di veterani di età
triumvirale
• Un problema acuitosi dopo le riforme mariane, che rimase
grave fino ai provvedimenti augustei, che crearono un
apposito fondo per il congedo dei veterani.
• Il problema coinvolge la regio III solo nella sua ultima
fase, ma in forme piuttosto acute, che dovettero in parte
mutare il suo volto sociale.
– Nel 43 a.C., nell’imminenza dello scontro con i Cesaricidi, i
triumviri promettono ai soldati ampie distribuzioni di terreni in
alcune città dell’Italia: tra queste Vibo Valentia e Reggio.
– Nella presumibile mancanza di ampie porzioni agricole libere,
queste deduzioni si sarebbero risolte in dure confische ai danni
delle comunità locali.

65

Appiano, Le guerre civili, IV, 10-12: i triumviri


designano le città da colpire con confische

• Intanto [Ottaviano, Antonio e Lepido] alimentavano


nell’esercito la speranza di vittoria con vari donativi
e con la promessa di colonie da costituire in 18 città
italiche che, spiccando sulle altre per ricchezza,
fertilità della terra e bellezza, sarebbero state loro
distribuite in luogo di terre, come fossero state
conquistate in guerra. Diverse erano quelle città: le
più famose erano Capua, Reggio, Venosa,
Benevento, Nocera, Rimini e Ipponio. In tal modo
essi concedevano ai soldati le regioni più belle
d’Italia.
66
La parziale attuazione del programma

• Il programma concepito nel 43 a.C., se fu attuato, lo fu


solo parzialmente, come apprendiamo dai successivi
ripensamenti di Ottaviano.
• Un indizio a favore di una parziale deduzione di
veterani antoniani nella regione dalla notizia della
presenza di Lucio Antonio e dei figli del triumviro nel
41 a.C. (Appiano, Le guerre civili, V, 77-78).
– Nel 41 a.C. il problema più grave (che sarà poi una delle
cause della Guerra di Perugia) è proprio quello dello
stanziamento dei veterani della campagna di Filippi.
– Una conferma nel fatto che Lucio si reca nelle “colonie di
Antonio” per raccogliere truppe contro la possibile minaccia
di Ottaviano.

67

I ripensamenti di Ottaviano

• La piena attuazione del programma di deduzione (e di


espropri) del 43 a.C. è sventata dalla nuova situazione
che si viene a creare in Italia.
• Mentre Antonio era occupato in Oriente, il conflitto tra
Ottaviano e Sesto Pompeo, che dalle sue basi in Sicilia e
grazie alla sua potente flotta cercava di affamare Roma,
giunge al suo violento epilogo.
• In una campagna contro la Sicilia pompeiana, Reggio e
Vibo sono due basi essenziali: Ottaviano ha l’esigenza
di non inimicarsi le due città, che rischiavano di gettarsi
nelle braccia di Sesto Pompeo.

68
Appiano, Le guerre civili, IV, 362: i
ripensamenti di Ottaviano
ÔO de; Kai'sar ejpelqw;n • Quando Ottaviano
giunse [sullo Stretto di
ÔRhgivnoi" me;n kai;
Messina], diede piena
ÔIp-pwneu'si megavla" assicurazione ai cittadini
piv-stei" aujto;" e[dwken di Reggio e di Ipponio
ajnaluvsein aujtou;" ejk che avrebbe escluso le
tw'n ejpinikivwn loro città dal novero di
(ejdedivei ga;r o[nta" quelle da dare in premio
ai veterani (le temeva
ejpi; tou' porqmou' perché erano vicinissime
mavlista). allo Stretto)
69

Le effettive deduzioni di veterani nell’ultima


fase del triumvirato: il caso di Reggio e
Locri
• Dopo la vittoria di Nauloco su Sesto Pompeo (36 a.C.)
Reggio accoglie alcuni veterani della flotta,
apparentemente senza gravi scompensi.
– La deduzione non comporta la creazione di una vera colonia, ma
solo stanziamenti individuali.
– Strabone evoca una situazione di spopolamento, cui Ottaviano
cercò di porre rimedio; i lotti da assegnare ai veterani forse non
furono espropriati, ma regolarmente acquistati.
– L’impatto del provvedimento su Reggio fu attenuato coinvolgendo
città vicine: Locri e forse la stessa Vibo.
– Nella stessa cornice storica si inquadra forse la testimonianza delle
distribuzioni augustee a Consentia (Liber Coloniarium I, 209, ll.
16-18 Lachmann).

70
Strabone, Geografia, VI, 1, 6: lo
stanziamento di veterani a Reggio
Pomphvion d j • Ma Cesare Augusto,
ejkbalw;n th`~ dopo aver cacciato
Sikeliva~ oJ Sebasto;~ Pompeo dalla Sicilia,
Kai`sar, oJrw`n vedendo questa città
leipandrou`san th;n così povera di abitanti,
povlin, sunoivkou~ vi lasciò come coloni
alcuni uomini della
e[dwken aujthÊ` tw`n
propria flotta ed ora la
ejk tou` stovlou città è abbastanza
tinav~, kai; nu`n popolata.
iJkanw`~ eujandrei`.
71

Supplementa Italica, n.s. 5, pp. 64-65, n°17 da


Rhegium: due veterani della flotta?
C(aio) Iulio Neptol(emi)
f(ilio) / Evandro, tri-
erarc(ho), / C(aius) Iulius
C(ai) f(ilius) Niger, /
trier`ar´chus.
Una semplice iscrizione
sepolcrale del comandante
di una trireme.
Un personaggio di origine
orientale, che dovrebbe
aver ricevuto la cittadinan-
za da Ottaviano.
Il dedicante, pure coman-
dante di una trireme,
potrebbe essere il figlio di
Evander. 72
Un veterano modenese stanziato
a Locri in età triumvirale?
• Una semplicissima iscrizione sepolcrale trovata intorno
al 1786 nel podere “Il Russo” e oggi perduta.
• CIL, X, 18: [.] Aticius T(iti) f(ilius) Pol(lia tribu), /
Mutina, (centurio) l(egionis) XXX / Classicae.
• Testimonia forse l’installazione, da parte di Ottaviano,
di un veterano modenese a Locri dopo la conclusione
della guerra in Sicilia (in occasione della quale la legio
XXX può aver guadagnato l’epiteto di Classica).
• Deduzioni di veterani, a titolo individuale, si ebbero
forse in altri centri del Bruzio, come sembrano attestare
alcuni tipi gentilizi “settentrionali” che si ritrovano
nell’epigrafia dell’area.

73

Una colonia di veterani a


Blanda?
• Gli scavi partiti nel 1990 in località Palecastro di Tortora hanno
probabilmente individuato il sito della centro lucano e romano
di Blanda, noto dalle fonti epigrafiche e letterarie.
• In CIL X, 125 da Altomonte (dispersa) Blanda porta l’epiteto di
Iulia ed è amministrata da IIviri, magistrati caratteristici delle
colonie.
– Si potrebbe giustificare con lo status di (colonia) Iulia, di
fondazione cesariana o ottavianea, sul sito di un insediamento
lucano, probabilmente abbandonato dai tempi della II guerra
punica.
– L’ipotesi più verosimile è quella di una colonia di veterani fondata
da Ottaviano nel 36 a.C. circa.
– Un’ipotesi confermata anche dal periodo di assetto dell’area del
Foro, che risale alla seconda metà del I sec. a.C.

74
Bibliografia di approfondimento
• S. Accardo, Villae romanae nell’ager Bruttius. Il paesaggio rurale
calabrese durante il dominio romano, Roma 2000.
• V. Bracco, Il tabellarius di Polla, «Epigraphica», 47 (1985), pp. 93-97.
• M. Corrado, Nuovi dati di scavo ed epigrafici sulle manifatture tardo-
repubblicane di anfore commerciali del versante ionico calabrese
gravitanti sul Golfo di Squillace, «Fasti Online Documents &
Research», (2009), 138, pp. 1-10 (dispnibile in Rete all’indirizzo
http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2009-170.pdf
• F. Ghinatti, Magna Grecia post-annibalica, «Quaderni di Storia», 3
(1977), 5, pp. 147-160; 3 (1977), 6, pp. 99-115.
• G.P. Givigliano, Percorsi e strade, «Storia della Calabria antica, II,
l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma - Reggio Calabria
1994, pp. 241-362.
• G.F. La Torre, La romanizzazione del Bruzio: gli aspetti urbanistici,
«Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica», a cura di L.
Quilici - S. Quilici Gigli, Roma 1997 (Atlante tematico di topografia
antica, 6), pp. 25-34.

75

Bibliografia di approfondimento

• M. Paoletti, Occupazione romana e storia della città, «Storia della


Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis, Roma -
Reggio Calabria 1994, pp. 465-556.
• A. Russi, La romanizzazione e il quadro storico. Età repubblicana ed
età imperiale, «Storia della Basilicata. 1, L'antichità», a cura di D.
Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp. 487-558.
• A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle
Calabrie romane, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica e
romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp. 559-593.
• S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione
epigrafica, ibid., pp. 655-667.

76
Lezione IX

Il quadro sociale ed economico


della regio III nell’età del
Principato: sondaggi nella
documentazione

L’agricoltura nell’età del Principato:


le tendenze generali
• Un progressivo ampliarsi delle proprietà agricole, che spesso
formano veri e propri latifondi.
– Questi ultimi nel mondo romano non sempre si presentano nella
forma di grandi proprietà “continue”, ma possono anche essere
formati dalla somma di molti lotti, distanti tra di loro.
• In corrispondenza, prosegue un processo di evoluzione nelle
forme di occupazione del territorio già iniziato alla fine dell’età
repubblicana: diminuzione delle fattorie sparse e concentrazione
della popolazione in borgate, annesse a importanti villae.
• Un mutamento anche del quadro poleografico, con la crisi di
alcuni centri (Eraclea, Metaponto, Locri) e il consolidarsi di altri
(Potentia, Grumentum, Scolacium, Vibo Valentia, Reggio).

2
Le forme di sfruttamento del territorio: la
villa schiavile
• Nella prima parte del periodo la tradizionale villa, in cui la forza
lavoro è costituita soprattutto da schiavi, pare godere di buona
salute, nelle aree che ne avevano visto lo sviluppo già nella tarda
età repubblicana.
• Nelle strutture edilizie una tendenza ad un maggior sviluppo
della pars urbana.
• Figure chiave in questa forma di sfruttamento del territorio
agricolo rimangono il vilicus e la vilica, di cui ora conosciamo
anche qualche nome.
• Spesso distinta dalla figura del vilicus quella dell’actor, un
agente di condizione servile, cui il vilicus è sottoposto e che si
occupa soprattutto della contabilità dell’azienda agricola, per
conto di un dominus spesso lontano.
• Al lavoro dei diversi actores che agiscono in una regione
sovrintende talvolta un procurator, in genere un liberto.

Vilici
• AE 1985, 314 da Petelia: Euctus, publicus / Petelinorum, / vilicus,
vixit / an(nos) XXIIII.
– L’interessante caso di uno schiavo della comunità di Petelia, forse
fattore di una proprietà cittadina.
• CIL X, 25 da Locri: Quintioni, / Flacci vilico. / Philematium / sibi et
conser(vo) / de suo fecit.
– Il consueto riserbo femminile sul proprio mestiere consente di ipotizzare
un ruolo di vilica per Philematium, probabile compagna del vilicus
Quintio, che lavorava sulla proprietà di un non meglio noto Flaccus.
• Inscr. It. III, 1, 229 da Cosilinum: T(ito) Helvio Quarto, filio, / T(ito)
Helvio Hespero, priv[igno], / Helviae Secundae, coniugi, / Secundio.
Helviae Procu[l(ae)] / vilicus sibi et suis fecit / quod facer(e) filius /
patri debuit, [id]/circo filio fecit pat[er].
– La discreta posizione sociale di un vilicus, che, pur schiavo, ha sposato
una donna di libera condizione, ed ha un figlio anch’egli libero; il suo
discreto livello culturale, che lo induce a riportare un motto tipico
dell’epigrafia sepolcrale.

4
Actores
• CIL X, 284 = Inscr. It. III, 1, 223= AE 1965, 114 da Tegianum:
Aesculapio / sacrum. / Herculanius, / act(or), / ex voto.
– La dedica votiva di un actor, apparentemente di condizione schiavile,
testimonia le possibilità economiche di questi agenti e una vita
spirituale piuttosto vivace.
• AE 1998, 387 da Grumentum: D(is) M(anibus). / Sabidius, act(or?),
/ hic insitus est, / qui vixit an(nos) XXXVIII, / m(enses) VIII, d(ies) X.
– L’iscrizione sepolcrale di un actor (o di un actuarius?), il cui nome
unico formalmente è un gentilizio: ma si trattava con ogni probabilità di
uno schiavo; da notare la forma di registrazione della durata della vita.
• CIL X, 419 = Inscr. It., III, 1, 31 = ILS 6663 da Volcei: C(aio)
Bruttio D[i]/onysio, f(ilio) dul/cissimo, vi/xit ann(os) VIIII, /
mens(es) XI, d(ies) XVI, / Dionysius pat(er) / act(or).
• CIL X, 420 = Inscr. It. III, 1, 32 da Volcei: D(is) M(anibus) /
[B]ruttiae / Heliceni, / [c]oniugi in/[co]mpara/[bi]li, Dionysius /
act(or).
– Gli epitaffi dei familiari di un actor alle dipendenze della grande
famiglia senatoria dei Bruttii Praesentes di Volcei.
5

Procuratores
• CIL X, 106 = ILS 4039 da
Crotone (età traianea):
Herae Laci/niae sacrum /
pro salute Mar/cianae,
sororis / Aug(usti), Oecius /
lib(ertus), proc(urator).
– La dedica a Marciana, sorella
di Traiano, lascia ipotizzare
che Oecius fosse un liberto del
principe, sovrintendente delle
proprietà imperiali nella
regione.
– A destra, ritratto di Marciana,
oggi al Metropolitan Museum
of Art di New York.

6
Procuratores
• CIL XIV, 161 = ILS 1427 da Ostia (seconda metà del II
sec. d.C.): Q(uinto) Calpurnio C(ai) f(ilio) / Quir(ina
tribu) Modesto, proc(uratori) Alpium, proc(uratori)
Ostiae / ad annonam, proc(uratori) Lucaniae, / corpus
mercatorum / frumentariorum per M(arcum) Aemilium
Saturum / et P(ublium) Aufidium Faustian(um), /
q(uin)q(uennales), / q(uaestoribus) M(arco) Licinio
Victore et P(ublio) Aufidio Epicteto. / L(ocus) d(atus)
d(ecreto) d(ecurionum).
– Un procurator di rango maggiore rispetto al precedente,
come dimostra la sua condizione di ingenuo e la sua brillante
carriera amministrativa.
– Un’iscrizione proveniente dal famoso Piazzale delle
Corporazioni di Ostia, fu infatti posta dall’associazione dei
commercianti di grano ad un personaggio che aveva rivisto
un ruolo importantissimo nell’annona.
7

Dal lavoro degli schiavi a quello degli


affittuari
• Nella seconda metà del II sec. d.C. anche nella regio III si assiste a
mutamenti nelle forme della proprietà e dello sfruttamento agricolo,
anche nelle aree più fertili, dove fino ad allora aveva dominato il modello
di conduzione diretta delle proprietà, nella forma della villa schiavile.
• Il progressivo abbandono di molte villae (il 40% di quelle presenti nel
Bruzio, nella stima di S. Accardo) e l’ingrandirsi di quelle superstiti;
sembrano resistere meglio le ville della parte meridionale del Bruzio.
• Nelle coltivazioni sembra che vi sia un ritorno ai cereali.
• Una trasformazione che non necessariamente significa declino: nel
Metapontino, dopo la crisi dell’età augustea (diminuzione nel numero
delle fattorie e delle ville e loro impoverimento) il II sec. d.C. segna una
ripresa.
• Tali mutamenti appaiono legati anche nella nostra regione allo sviluppo
del colonato.

8
Il colonato
• Il colonus: un fittavolo che affitta una porzione di una grande proprietà,
che coltiva con l’aiuto dei famigliari, dietro pagamento di una quota del
prodotto.
• Un sistema di conduzione della proprietà molto diffuso nelle province
(per esempio in Africa o in Egitto), ma che nel II sec. d.C. guadagna
terreno anche in Italia.
• Il profilo sociale dei coloni: nella maggior parte dei casi contadini di
libera condizione, ma anche qualche liberto e addirittura schiavi.
• I crescenti vincoli di ordine sociale dei coloni nei confronti del
proprietario terriero (che tuttavia non consentono di assimilare
completamente queste figure ai servi della gleba del mondo medievale).
• Tali vincoli, comuni ad ogni colono, finiscono comunque per attutire le
differenze di status giuridico tra ingenui, liberti e servi.
9

Le ragioni del successo del


colonato
• Il sistema di conduzione diretta attraverso il lavoro schiavile
poteva essere molto impegnativo:
– Comportava una stretta sorveglianza degli schiavi, per impedire
loro la fuga e obbligarli a lavorare duramente.
– Richiedeva sovrintendenti capaci e fidati (vilici ed actores).
• Tale sistema inoltre poteva risultare piuttosto costoso:
– In particolare il costo degli schiavi era molto maggiore che nel
periodo precedente, terminate le grandi guerre di espansione.
• In ultima analisi, tale sistema richiedeva un forte investimento
di tempo e di denaro da parte dei proprietari.
• La sfruttamento della proprietà tramite affittuari poteva
assicurare comunque buoni guadagni a fronte di un dispendio
assai minore.

10
Una trasformazione del paesaggio
agrario?
• Un’interessante ipotesi di G.B. Sangineto, da verificare
meglio sul terreno:
– Le ville superstiti si ingrandiscono e si abbelliscono nella
loro pars urbana, forse sfruttando le spoglie delle ville
abbandonate, per gli agi di un proprietario che non si occupa
più di agricoltura.
– Le ville abbandonate sono riconvertite a magazzini e
impianti produttivi: nel territorio di Scalea un impianto di
spremitura è creato in un ambiente pavimentato a mosaico.
– Attorno a queste ultime nascono piccoli villaggi di coloni.
• Un’ipotesi non sempre condivisa, nella tempistica: A.
Colicelli nega l’esistenza di una cesura alla fine del II
sec. d.C.
11

AE 1913, 210 da Crotone: un colono


piuttosto speciale
• Amethusi(!), / Caes(aris) n(ostri) ser(vus) / item colonus, /
vixit ann(os) [L]II, m(enses) II. / Olimpias cum filio /
coniugi b(ene) m(erenti) f(ecit). / H(ic) s(itus) e(st).
– Con ogni probabilità uno di quei servi quasi coloni che poteva
affittare un terreno, versando un affitto in natura o in denaro, dal
suo peculium.
– Uno schiavo che può trattenere i frutti del suo lavoro e che gode di
una certa autonomia gestionale e finanziaria.
– Lo stesso fatto che la piccola famiglia schiavile possa e voglia
permettersi un’iscrizione sepolcrale testimonia una certa agiatezza
economica e un qualche rilievo sociale.
– Ma anche un’interessante conferma dell’esistenza di proprietà
imperiali nel Crotoniate.

12
CIL X, 422 = Inscr. It. III, 1, 80 da Volcei: un
altro fittavolo di condizione servile?
• Ianuario, con[duct]ori(s?) / C(ai) Titi Rufi
[R]ecciani / servo, / vixit annos XXXVI; / fecit
Casinia Tallusa / pro meritis illius / carissimo
contuber/nali.
– Nell’interpretazione qui proposta il conductor sarebbe
piuttosto C. Titius Rufus Reccianus, apparentemente
uomo di libera condizione.
– Ma lo scioglimento conductori(s) non appare
strettamente necessario: in questa lettura alternativa è
Ianuarius, schiavo di Rufo Recciano, ad essere
conductor.
13

Le coltivazioni: i vigneti
• I riferimenti delle fonti letterarie:
– Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei vini di Lagaria e di
Thurii.
– Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV, 69: le migliori zone
vinicole della Lucania e del Bruzio.
– Ibid., XIV, 39: vigneti tardivi dei colli di Thurii.
– Ateneo, Deipnosofisti, I, 48: nell’excursus sui vini italici attribuito
al medico Galeno si ricorda il vino Reggino, da consumare dopo
15 anni di invecchiamento, e il Busentino, asprigno e salutare per
lo stomaco.
• L’estratto del testamento del nobile petelino M. Megonio Leone
(CIL X, 114 = ILS 6469) ricorda una vinea Aminea, da
identificare con il vitigno Aminaios dei Greci e l’Aminnium di
Catone.

14
Strabone, Geografia, VI, 1, 14: le qualità dei
vini di Lagaria e di Thurii

Meta; de; Qourivou~ La- • Dopo Turii viene la


gariva frouvrion, jEpeiou' fortezza di Lagaria,
kai; Fwkevwn ktivsma, colonia di Epeo e dei
o{qen kai; oJ Lagaritano;" Focesi, dove si produ-
oi\no", gluku;" kai; aJpa- ce il vino Lagaritano,
lo;" kai; para; toi'" ijatroi'" dolce e delicato e mol-
sfovdra eujdoki-mw'n: to apprezzato dai me-
kai; oJ Qouri'no" de; tw'n dici; anche quello di
ejn ojnovmati oi[nwn Turii è tra i vini rino-
ejstivn. mati.
15

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV,


69: le più famose zone vinicole della regio III
• Verum et longinquiora • Invero però anche i vini delle
Italiae ad Ausonio mari regioni d’Italia dalla parte del
non carent gloria, mare Ausonio non mancano di
Tarentina et Servitia et fama: così i vini di Taranto, di
Consentiae genita et Servizia ed ancora quelli
Tempsae, Calabriae prodotti a Cosenza, a Tempsa,
Lucanaque antecedentibus quelli della Calabria, nonché i
Thurinis. Omnium vero vini lucani. Ma i più famosi di
eorum maxime inlustrata tutti questi, per aver guarito
Messalle Potiti salute Messalla Potito, sono quelli di
Lagarina, non procul Lagaria, non lontano da
Grumento.
Grumento nascentia.
16
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIV,
39: vigneti tardivi dei colli di Thurii

• La capnea, la
• Capnios et buconiates buconiate e la
et tharrupia in tarrupia, sui colli di
Thurinis collibus non Turii, non si
ante demetuntur quam vendemmiano prima
gelaverit. che abbiano sentito il
gelo.

17

Le coltivazioni: la frutticoltura
• Anche in età imperiale continuano a godere di buona fama
i meli cosentini: Plinio, Naturalis Historia, XVI, 115
riprende la notizia varroniana, attribuendo al malum
Consentinum un raccolto addirittura triplo.
– M. Varro auctor est vitem fuisse Zmyrnae apud Matroon triferam
et malum in agro Consentino (“M. Varrone sostiene che vi fosse
una vite che dava un triplice raccolto a Smirne, presso il tempo
della Magna Mater, e così un melo nel territorio cosentino”).
• L’esistenza di una varietà di pera detta Bruttia (Plinio,
Naturalis Historia, XV, 55) lascia pensare che anche
questa frutta fosse coltivata nella regione.
• La produzione nel territorio di Vibo Valentia delle anfore
Dressel 21-22, contenitori caratteristici della frutta,
conferma la rilevanza di questa coltivazione.
18
Le coltivazioni: gli ortaggi

• Una certa fama avevano i cavoli Bruttiani, a


foglia grande, gambo sottile e sapore
intenso, che bene sopportavano il freddo
(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XIX,
140; Columella, X, 139).

19

Sfruttamento intensivo o
estensivo?
• La difesa delle forme di sfruttamento intensivo del
territorio che si trova nel manuale di agricoltura di
Columella si scontra con le esigenze dei grandi
proprietari assenteisti.
• La richiesta di minori investimenti e di minor lavoro, a
fronte di guadagni comunque buoni, spingeva in effetti
verso forme di sfruttamento estensivo: allevamento,
silvicoltura.
– La domanda di legname da costruzione fu incentivata, in età
augustea, dalle grande ristrutturazioni urbanistiche che
interessarono anche i centri della regione, come pure dallo
stanziamento di una base della flotta militare a Miseno.

20
La silvicoltura in età imperiale
• È questo il periodo di massima fama della pix bruttia, di
cui si ricordano i molteplici usi:
– Per impermeabilizzare i contenitori ceramici.
– Per sigillare dolia e anfore che contenevano il vino.
– Nell’invecchiamento dei vini.
– Per numerosi usi medici.
• Al I sec. d.C. risale anche una ben nota produzione di
contenitori da pece.
• Scarne le notizie sull’utilizzo del legname della regione: si
ipotizza anche per questo periodo, probabilmente a torto,
una forte deforestazione.

21

Strabone, Geografia, VI, 1, 9: l’assoluta


eccellenza della pece bruzia
th;n d j uJpe;r tw'n
povlewn touvtwn • L’entroterra di queste città
mesovgaian Brevt-tioi [Reggio e Locri] è
katevcousi: kai; povli~ occupato dai Brettii; vi si
ejntau'qa Mamevrti-on trovano la città e la foresta
kai; oJ drumo;" oJ fevrwn che produce pece brettia,
th;n ajrivsthn pivttan th;n la migliore che ci sia. La
Brettivan, o}n Sivlan ka- foresta si chiama Sila; fitta
lou'sin, eu[dendrov" te di alberi e ricca di acque,
kai; eu[udro", mh'ko~ eJp- si estende per 700 stadi .
takosivwn stadivwn.
22
Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in
enologia

• ALTRA RICETTA PER


• ALTERUM MEDICAMEN, CONDIRE IL MOSTO
QUO[D] MUSTUM CON- • Versa in un catino o in un
DIAS. calderone un metrete di pece
• Picis liquidae Nemeturicae me- liquida nemeturica e aggiugivi due
tretam adde in labrum aut in congi di lisciva di cenere e poi
alveum, et in eodem infundito rimescola con una spatola di legno.
cineri<s> lixivae congios duos, Quando il liquido avrà riposato,
deinde permisceto spatha li- versa e getta via la lisciva; poi
gnea; cum requieverit, eliquato aggiungivi la stessa quantità di
lixivam. Deinde iterum tantun- lisciva nuova, mescola come prima
dem lixivae addito, eodem pac- e versale. Per una terza volta fa’
to permisceto et eliquato; tertio ancora la stessa cosa. La cenere
quoque idem facito. Cinis au- serve per portare via il puzzo della
tem odorem picis aufert et eluit pece e togliere ogni sporcizia.
spurcitiam.
23

Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in


enologia
• Poi aggiungi nello stesso recipiente 5
• Post eodem addito picis Bruttiae, si libbre di pece bruzia, oppure di
minus, alterius notae quam qualche altra qualità, purché sia
purissimae et quam optimae X purissima; pestala minutamente e
pondo et resinae durae quam aggiungila alla pece nemeturica;
purissimae quinque libras; haec aggiugivi due congi di acqua marina
minute concidito et admisceto pici vecchissima, se ne hai, e altrimenti
Nemeturicae. Tum aquae marinae di acqua marina recente, bollita fino
quam vetustissimae, si erit, si a diminuire di un terzo. Lascia il
minus, ad tertiam partem recentis calderone aperto al sole nei giorni in
aquae marinae decoctae congios cui sorge la Canicola e rimescola più
duos inicito, apertum labrum sinito spesso che puoi con una spatola di
in sole[m] per Caniculae ortum et legno, finché le sostanze che hai
spatha lignea permisceto quam aggiunto non si liquefanno nella
saepissime usque eo, dum ea, quae pece, formando un composto
addideris, in pice conliquescant et omogeneo. Durante la notte però
unitas fiat; noctibus autem labrum converrà coprire il calderone, perché
operire conveniet, ne inroretur. non vi cada la rugiada. 24
Columella, XII, 22: l’uso della pece bruzia in
enologia
• Poi, quando l’acqua marina che
• Deinde, cum aqua marina, vi ha aggiunto sarà stata fatta
quam addideris, sole con- evaporare dal sole, ti occuperai
sumpta videbitur, sub tectum di far portare il recipiente così
vas totum ferre curabis; huius come sta dentro casa. Vi sono
medicaminis quidam pondo alcuni che sono soliti mescolare
tre once di peso (80 g. ca.) di
quadrantem in sextarios qua-
questa ricetta in 48 sestari (27 l.
draginta octo miscere soliti sunt ca.) di mosto e accontentarsi di
et hac conditura contenti esse, questo condimento. Altri invece
alii cyathos tres eius in tanti sestari di mosto quanti
medicamenti adiciunt in totidem abbiamo detto sopra mettono tre
sextarios, quot supra diximus. ciati (15 cl. ca.) della ricetta
indicata.

25

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,


37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• Anche della pece abbiamo
• Pix quoque unde et quibus detto come si ricava e
conficeretur modis indica- quali sono i suoi due tipi,
uimus et eius duo genera, densa e liquida. In ambito
spissum liquidumque. officinale la più utile delle
Spissarum utilissima me- peci dense è quella del
dicinae Bruttia, quoniam Bruzio, perché essendo sia
pinguissima et resinosis- molto grassa, sia molto
sima utrasque praebet uti- resinosa, offre i vantaggi
litates. sia della resina che della
pece.
26
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,
37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• Caratteristico della pece è riscaldare e ci-
• picis natura excalfacit, explet. catrizzare. Impiastrata con farinata d’orzo
aduersatur priuatim cerastae è la cura specifica contro i morsi del ce-
morsibus cum polenta, item raste e ugualmente - abbinata con miele -
anginae cum melle, destilla- combatte l’angina, i catarri e gli starnuti
tionibus et sternumentis a pitui- causati dalla pituita. Nelle orecchie viene
ta. auribus infunditur cum rosa- instillata con olio di rosa ed impiastrata
ceo, inlinitur cum cera. sanat con cera. Guarisce la fungosi, rilassa il
lichenas, aluum soluit, excrea- ventre e favorisce l’espettorazione, assun-
tiones pectoris adiuuat ecligma- ta in elettuario oppure applicata in impia-
te aut inlitis tonsillis cum melle; stro con miele sulle tonsille. Impiastrata
sic et ulcera purgat, explet. cum allo stesso modo deterge e fa cicatrizzare
uua passa et axungia carbun- le piaghe; abbinata a uva passita e sugna
culos purgat et putrescentia disinfetta le bolle nere e le ulcere inci-
ulcera; quae uero serpunt, cum prignite di pus; per le ulcere serpiginose
pineo cortice aut sulpure. va usata però assieme a scorza di pino
oppure zolfo.
27

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXIV,


37-39: i tanti usi medici della pece bruzia
• Certuni l’hanno somministrata, nella
dose di un ciato, ai tisici ed anche per
• phthisicis cyathi mensura quidam curare la tosse cronica. Guarisce inoltre
dederunt et contra ueterem tus- le ragadi dell’ano e dei piedi, gli asces-
sim. rhagadas sedis et pedum pa- si e le unghie ronchiose, durezze e spo-
nosque et ungues scabros emen- stamenti dell’utero, nonché fatta odora-
dat, uuluae duritias et conuer- re, la letargia. Bollita con farina d’orzo
siones, item odore lethargicos. e urina di bambino impubere, fa matu-
strumas cum farina hordacea et rare la suppurazione delle scrofole. La
pueri inpubis urina decocta ad pece secca viene usata anche per curare
suppurationem perducit. et ad l’alopecia, mentre quella del Bruzio,
alopecias sicca pice utuntur, ad bollita appena un poco nel vino insie-
mulierum mammas Bruttia ex uino me a fior di farina di farro, cura le ma-
subferuefacta cum polline farraceo lattie delle mammelle femminili, a cui
quam calidissimis linteis inpositis. si applica con pannicelli il più possibile
caldi. 28
Il collegio dei dendrofori e la silvicoltura della
regio III
• L’etimologia del nome di questa associazione (“i portatori
d’albero”) ha fatto sì che essa sia in genere vista in relazione al
taglio, al trasporto e vendita o alla lavorazione del legname: una
relazione che personalmente mi pare assai dubbia.
• Sicuro il ruolo religioso, nell’ambito del culto della Magna
Mater e di Attis.
– A partire da Claudio i dendrofori portavano in processione il 22 marzo
un pino sacro, l’albero sotto il quale Attis si era evirato ed era stato poi
trasformato.
– Nel 415 d.C., insieme ad altri collegi religiosi pagani, sono colpiti da
confische da una costituzione di Onorio (Codice Teodosiano, XVI, 10,
20, 2).
• Ipotizzato un ruolo come pompieri volontari e guardie civiche,
accanto alle corporazioni dei fabri e dei centonarii.
29

I documenti sul collegio dei


dendrofori nella regio III
• L’associazione è ricordata in alcune testimonianze
regionali, soprattutto in contesto funerario, tra le quali:
– CIL X, 445 = Inscr. It. III, 1, 8 da Laviano: Fadio Dextro / Fadia
Felicula / co(n)iugi bene mer/enti fecit HS XV milibus / in quo
opere de/dit collegius dendr/ophororum HS [---].
– CIL X, 8100 = Inscr. It. III, 1, 156 da Atina: [D(is)] M(anibus) /
Helvio / Edono / col(legium) den/drof(ororum) / b(ene) m(erenti)
f(ecit).
– CIL X, 8107-8108 = Inscr. It. III, 1, 33-34 da Volcei:
l’associazione cura la sepoltura di due suoi membri.
– CIL X, 451 = Inscr. It. III, 1, 5 da Eburum: una dedica
dell’associazione ad un notabile locale, di inizio IV sec. d.C.
30
CIL X, 7: una testimonianza reggina
sul collegio dei dendrofori
• V Idus April(es), / [Im]p(eratore) Vespasiano Caesar(e)
/ Aug(usto) VIIII co(n)s(ule), Tito Ves[pasiano
Caes]ar(e) / A[ug(usti) f(ilio) VII co(n)s(ule)]. // Ob
munificentiam earum / quae dendrophoros /
honoraverunt honos / decretus est eis q(uae) i(nfra)
s(criptae) s(unt): / Claudia Iusta, / [---]iva sac(erdos), /
S[---]ia Faustina sac(erdos), / Sicin[---]IVOCEPTA, /
Amullia Primigenia, / Satria Pietas, Claudia Ptolemais,
/ Terentia Athenais.
– Ritrovata a Pèllaro, quartiere meridionale di Reggio, oggi al
Museo Archeologico Nazionale di Reggio.
– Datata al 9 aprile del 79 d.C., questo documento è la più
antica attestazione del collegio a noi nota.
31

CIL X, 7: il monumento

32
I caratteri di CIL X, 7

• Un’iscrizione di carattere onorario, posta ad un gruppo di donne che si


erano rese benemerite per la loro munificentia nei confronti della
locale associazione dei dendrofori.
• Nel gruppo di donne primeggia Claudia Iusta, probabilmente di buon
livello sociale, seguono due sac(erdotes) o sac(ratae) e infine un
gruppo di donne la cui onomastica sembra denunciare uno status
inferiore (Primigenia, Athenais, Ptolemais).
• Probabilmente non casuale il giorno della dedica: dal 4 al 10 aprile si
celebravano a Roma i Ludi Megalenses dedicati alla Magna Mater.
• Sfugge tuttavia la relazione tra il collegio e il gruppo di donne (forse
associate al collegio?)
• Non è specificata la natura della munificentia e non si può quindi
precisare il suo eventuale legame con le attività professionali dei
dendrofori.

33

L’allevamento
• Singolarmente poco documentato dalle fonti
letterarie nell’età del Principato (a parte
qualche allusione di Virgilio),
contrariamente alle notizie che abbiamo per
l’età repubblicana e quella tardoantica.
• Una testimonianza indiretta
sull’allevamento suino ci viene però dalle
fonti che trattano delle lucanicae.
34
Le lucaniche
• La ricetta di Apicio, De coquinaria, II, 4 prevede l’uso di un
impasto di carne porcina, grasso, erbe aromatiche, pepe intero,
pinoli, salsa di pesce, insaccato nel budello suino e affumicato.
• La ricetta del grande degustatore è probabilmente più sofisticata
di quella originaria.
• Un prodotto ricordato tra gli altri, per il periodo di cui stiamo
trattando, da Marziale e Stazio (ma prima di loro anche
Cicerone).
• Nell’Edictuum de pretiis, 4 la lucanica suina è registrata come il
tipo di salsiccia più pregiata e costosa.
• Una fama che divenne proverbiale: un Lucanicus è testimone
nello scherzoso Testamentum Porcelli.
• Oltre ai maiali, assai apprezzati anche i cinghiali della Lucania,
la cui caccia è spesso ricordata nelle fonti letterarie.
35

L’allevamento: il dato dei


depositi faunistici
• I depositi faunistici di età imperiale nel
Metapontino: S. Angelo Nuovo e S. Biagio.
• Una progressiva crescita dei caprovini a
scapito dei bovini: un segno del progressivo
passaggio dalle attività agricole a quelle
pastorali.
• Resta molto significativa la presenza di
suini.
36
La pesca e l’itticoltura
• Ovvia la sua importanza date le caratteristiche geografiche della
regione.
• Ma un’attività che resta mal documentata, se non per i cenni di
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXI, 94 all’eccellenza
della muria (salamoia di pesce) di Thurii e di Eliano, De natura
animalium, XV, 3 ai tonni del golfo Bibonikós (Vibo?).
• Alla pesca del tonno si è associato il ritrovamento di ancore in
assenza di relitti: pesi destinati a tenere tese le grandi reti delle
tonnare?
• Alla pesca del polipo si connettono i ritrovamenti di vasetti sul
fondo marino, nei quali questi animali tendevano a rifugiarsi.
• Alla pesca propriamente detta si può accostare l’itticoltura,
certamente praticata in almeno due siti della Lucania tirrenica, a
Santo Janni e Castrocucco e, nel Bruzio, a S. Irene di Briatico.

37

Gli impianti di itticoltura della regio III


• A S. Irene di di Briatico: due gruppi di vasche, uno per
l’allevamento del pesce, posto su uno scoglio a oltre 100 m dalla
riva, l’altro per la salagione del pesce, posto sulla spiaggia.
– Un impianto piuttosto antico, che sembra essere entrato in funzione già
nel II sec. a.C.
• A Santo Janni, un isolotto sulle coste di Maratea, vasche a cielo
aperto per la salagione del pesce, forse attiva dal I sec. a.C. fino al
VI sec. d.C.
– La presenza di anfore nel sito lascia pensare che vi si producesse
garum.
• Sotto il monte Castrocucco, nella costa antistante Santo Janni, una
villa romana con peschiera, i cui resti sono inglobati in un palazzo
del ‘600.
– La datazione proposta è analoga a quella dell’impianto di Santo Janni.
• Il generale innalzamento del mar Tirreno potrebbe aver cancellato le
tracce di altri impianti.

38
Vasche per l’allevamento del pesce a S. Irene

• L’impianto consta di 4 vasche comunicanti tra di loro e collegate da


due canaletti al mare aperto, bloccati da grate.

39

Le attività artigianali: la produzione


laterizia delle figlinae imperiali
• Ben attestata soprattutto la produzione di laterizi, nota in
particolare attraverso i bolli.
• Non poche figlinae appartenevano a personaggi della casata
imperiale:
– Caio e Lucio Cesari (CIL X, 8041, 1 da Nicotera e Vibo).
– Lepida M. Silani (CIL X, 8041, 19-21 da Nicotera e Vibo): forse da
identificare con Aemilia Lepida, una pronipote di Augusto e nipote di
Agrippa, moglie del console del 19 d.C. M. Iunius Silanus Torquatus.
– Agrippina (CIL X, 8041, 20 da Vibo): da identificare con Agrippina
maggiore o con la figlia Agrippina minore?
• Da notare il legame di tutti questi personaggi con M. Vipsanio
Agrippa.
40
Le figlinae dei privati
• Note anche alcune fabbriche di privati, tra i
quali possiamo ricordare:
– Gli Arrii nella Lucania tirrenica.
– I Laronii a Vibo Valentia
– I Titii di Vibo? (cf. CIL X, 8056, 354 a: A(uli)
Titi figul(inae).
– I Vinuleii a Copia
– I Vagellii a Locri (o forse a Vibo o ancora a
Reggio).
41

La produzione laterizia: i contenitori


• Si indirizza soprattutto verso i contenitori dei prodotti agricoli
regionali.
• A Vibo Valentia e nel territorio di Copia (Trebisacce) si segnala
una produzione di anfore Dressel 2-4, i caratteristici contenitori
dei vini dell’Italia tirrenica dell’età augustea e del I sec. d.C.
• Dalle stesse località viene anche una produzione di anfore
Dressel 21-22, sembra destinate al trasporto di frutta.
• Una produzione di anfore destinate al trasporto della pece, come
inequivocabilmente attestano i bolli pix Bruttia.
– Attestazioni di queste anfore nella Piana di Lamezia, a Trebisacce
e a Pompei, nella casa di C. Giulio Polibio.
– Il testo del bollo di Trebisacce: PIX BRVT VC C R S S: le ultime
lettere fanno forse riferimento al nome di un produttore.
– A Trebisacce sono stati rinvenuti altri esemplari di anfore da pece
non bollati, caratterizzati dall’ampia bocca, che consentiva di
attingere meglio il liquido.
– Una diversa forma sembrano invece presentare i contenitori del
Lametino e di Pompei.
42
La produzione laterizia: i materiali edili
• In questo ambito spicca la produzione della famiglia vibonese
dei Laronii.
– Una produzione già attestata per colui che fu l’iniziatore delle
fortune della famiglia: Q. Laronio, legato di Agrippa nel 36 a.C. e
console suffeto del 33 a.C.
– Cf. i bolli con il testo Q. Laronius, co(n)s(ul), imp(erator) iter(um).
• Anche se i rinvenimenti si concentrano nel Vibonese,
attestazioni si hanno anche a Capo Lacinio (tegole impiegate
nell’area del tempio di Era), dalla piana di Lamezia, dall’area di
Rosarno.
– Un impiego anche in costruzioni di carattere pubblico: il balneum
del santuario di Era Lacinia, gli acquedotti di Vibo e dell’area di
Rosarno.
• Dubbio se queste attestazioni dimostrino l’estensione delle
proprietà terriere dei Laronii e la presenza delle loro fabbriche
di laterizi in più di una località del Bruzio o se siano la
produzione di una sola fabbrica, da localizzare a Vibo.

43

La lavorazione dei metalli


• Un’attività scarsamente
documentata per l’età
imperiale romana
• Attestate tuttavia alcune
produzioni di fistulae
plumbeae, condutture per
l’acqua in piombo.
– A Vibo le fistulae sono bollate
da un altrimenti ignoto P.
Ollius Cn. f. Felix.
– A Grumentum ritroviamo il
bollo Fabr(ica) Ap(pi?)
R(ulli?).
44
Le attività edilizie
• Oltre alla documentazione diretta fornita
dalla ricerche archeologiche, ha lasciato
testimonianza anche nelle fonti epigrafiche:
– AE 1975, 266 da Paestum: Q(uinto) Lautinio
P(ubli) f(ilio), arcitecto (!).

45

Le attività edilizie: l’anfiteatro di


Grumentum

46
Le attività edilizie: il tempio C di
Grumentum

47

Le attività edilizie: il teatro di Scolacium

48
Il settore tessile
• Le attività artigianali legate all’allevamento ovino
trovano una recente e singolare testimonianza dalla
villa di S. Pietro di Tolve (Potenza).
– Una fuseruola, parte del fuso che era utilizzato per
filare la lana, bollata con il nome L(uci) Domiti Cnidi.
– Il personaggio è stato suggestivamente connesso con
Domitia Lepida, zia di Nerone e madre di Messalina,
grande possidente terriera nel Mezzogiorno.
– Forse la villa era sede un’attività di filatura su scala
“industriale”: dal sito provengono altre fuseruole non
bollate.
49

La fuseruola iscritta di S. Pietro


di Tolve

50
Un’industria particolare: la produzione di
profumi
• Una produzione caratteristica di Paestum, dove sono
ricordati grandi rosaria, campi di rose.
• Viva testimonianza archeologica di questa industria una
bottega nell’area del Foro, esplorata in modo intensivo nel
1995.
• Una prima fase di occupazione, con una bottega creata
poco la creazione della colonia nel 273 a.C.
– La presenza in questi strati di frammenti di unguentaria qualifica
anche questa prima bottega come una profumeria.
• Una seconda bottega viene creata nel periodo 25-50 d.C.;
un letto di pressa vi viene collocato nella seconda metà del
I sec. d.C.
• La bottega e la pressa sembrano essere rimaste in uso fino
al III sec. d.C.
51

La
collocazione
della bottega
nel foro di
Paestum

52
La pianta
della
profumeria di
Paestum

53

Gli scavi della profumeria di


Paestum

54
La funzione della pressa di
Paestum
• La collocazione urbana della pressa consente di escludere
un suo uso per la produzione alimentare di olio o vino.
• Nello stesso senso depone l’accurata finitura dell’opera,
che non trova riscontro nelle grossolane presse agricole.
• Il confronto con installazioni simili a Delo e con
l’iconografia dell’area vesuviana consente di ipotizzare un
suo uso per ottenere lo speciale olio che costituiva la base
dei profumi, ottenuto dalla spremitura di olive ancora non
mature.

55

La pressa della profumeria di


Paestum

56
La pressa della
profumeria di
Via degli
Augustali a
Pompei

57

Ricostruzione
della pressa di
Paestum

58
Il commercio e i trasporti
• Questi settori economici sono documentati da
qualche rara iscrizione:
– CIL X, 143 = ILS 7293 da Potentia ci fa conoscere
un collegium mulionum et asinariorum.
– CIL X, 487 da Paestum è l’epitafio di un mercator
di nome M. Caedius M. l. Nicephor.
– V. Bracco, Il macellum di Bussento,
«Epigraphica», 45 (1983), pp. 109-115 registra la
costruzione di un mercato alimentare nella cittadina
lucana, probabilmente in età augustea.
59

Le finanze
• Pur godendo di una certa autonomia finanziaria interna, in età
imperiale cessa la monetazione autonoma delle comunità locali
della regione.
• Non abbiamo purtroppo dettagli sulla vita finanziaria delle
comunità regionali della Lucania et Bruttii, se non poche
notazioni che emergono incidentalmente dalle fonti epigrafiche.
– L’attività dei funzionari imperiali addetti alla riscossione delle tasse
indirette, come per esempio L. Aurelius Stephanus, procurator Augusti
XX hereditatum (CIL X, 122 da S. Benedetto Ullano).
– L’applicazione in alcune comunità del programma di sovvenzioni
alimentari messo a punto da Traiano, grazie alle attestazioni di
appositi quaestores: CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri e CIL X, 47 da
Vibo Valentia.
– I generosi donativi di M’. Megonius Leo alla sua città, Petelia, al
tempo di Antonino Pio.

60
CIL X, 20 = ILS 6465 da Locri
• Una pratica dimostrazione di come non ci si debba mai
fidare delle integrazioni e scioglimenti proposti nella
banca dati a http://www.manfredclauss.de:
– D(is) M(anibus) / C(aius) Corneli/us Troilus / IIIIvir
a(edilicia) p(otestate) IIIIvir / iur(e) dic(undo) Q(uintus)
p(ater?) p(ientissimus?) et / alimentari/ae vix(it) annis XXX
mensibus / V Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it).
• La lettura corretta è ovviamente:
– D(is) M(anibus). / C(aius) Corneli/us Troilus, / IIIIvir
a(edilicia) p(otestate), IIIIvir / iur(e) dic(undo), q(uaestor)
p(ecuniae) p(ublicae) et / alimentari/ae, vix(it) annis XXX,
mensibus / V. Sestia Pontice / filio dul/cissimo fec(it).

61

M. Megonio Leone e le finanze di Petelia


• Oltre a CIL X, 114 = ILS 6469 (che riguarda lasciti alla confraternita
degli Augustales) un altro estratto del testamento di Leone si conserva
in ILS 6468:
– Leone promette di donare alla città 100 mila sesterzi, in cambio
dell’erezione di una sua statua nel Foro.
– La donazione doveva fruttare 6 mila sesterzi all’anno: un interesse del 6%,
che lascia pensare ad un investimento del capitale nell’acquisto di terre.
– Terre da sfruttare direttamente, sotto la supervisione di un vilicus publicus
come il già ricordato Euctus, o da affittare?
– Gli interessi impiegati in modo improduttivo: una loro distribuzione tra le
varie componenti della società di Petelia per festeggiare ogni anno il
compleanno di Leone.
• Altri donativi di 100 mila sesterzi per celebrare il ricordo di Caedicia
Iris, madre di Leone (ILS 6471) e Lucilia Isaurica, moglie di Leone
(ILS 6470).
• Un dossier che dimostra quanto le deboli finanze delle comunità
romane dipendessero dalla generosità dei notabili locali (non solo in
forma di donativi, ma anche di interventi sull’edilizia).
62
I mestieri di servizio
• Secondo una tendenza caratteristica, sono
relativamente ben documentati, anche al di là del
loro effettivo rilievo, in particolare per quanto
concerne i servizi pubblici.
• In questo settore si segnalano:
– Uno scriba rei publicae Potentinorum (CIL X, 140 da
Potentia).
– Un arcarius Volceianorum (CIL X, 410 = Inscr. It. III,
1, 20 da Volcei).
– Un arcarius col(oniae) a Paestum (CIL X, 486),
talvolta identificato, credo a torto, con un arcarius
col(legii).
63

I servizi privati
• CIL X, 30 da Locri: D(is) M(anibus). / Ediste, nutrix dominorum
su/orum, vixit annis XXXV, men(sibus) III. / Caerellius Felicio,
maritus, / coiugi (!) pientissimae et [di]ciplinae integris-
si[mae], / cuius et labori et c[---] / [---] et experienti[ae ---].
– L’epitaffio di una balia che aveva allattato i figli del suo padrone.
– Un documento piuttosto eccezionale che celebra le virtù professionali di
una donna.
• CIL X, 499 da Paestum: D(is) [M(anibus)]. / Tullio Suce[sso], /
pistori piissimo / ac sanctissimo, / coniuci(!), qui vixit / ann(os)
LX, m(enses) VI, d(ies) XVI, / Optata b(ene) m(erenti) fec(it).
– Un breve epitaffio che ci riporta alla normalità: piuttosto che le virtù
professionali del fornaio, sono celebrate la sua pietas e la sua sanctitas.

64
Gli spettacoli

• In modo caratteristico le menzioni dei mestieri dello spettacolo


riguardano soprattutto i gladiatori, nella regione sempre
ricordati in forma collettiva e anonima.
– Vedi per esempio CIL X, 228 = EAOR III, 36 da Grumentum: [---
]tio L(uci) f(ilio) Pom(ptina) / [------] / [in nostra] colonia
omn[i]/[bus mun]eribus et princi/[palibus] honoribus innoc/[enter
fu]ncto, munerario / [egregiae] editionis familia[e] /
[gladiat]oriae, decurioni e[t] / [IIIIvir(o) sp]lend[id]ae civitatis /
[Reginor]um Iuliensium, / [ob animu]m eius onorific(um) (!) / [in
nos. Col]l(egium) Beneris (!) patrono / [opti]mo.
• Si può aggiungere la rara menzione di un arbitro dei giochi
gladiatorii, un summa rudis, in AE 1935, 27 = EAOR III, 64 da
Paestum.

65

Le arti liberali
• Anch’esse sono sovrarappresentate nella
documentazione epigrafica, per il prestigio
sociale che derivava dal loro esercizio.
• Per l’età del Principato si possono ricordare:
– Un grammaticus graecus a Grumentum (AE 1993,
546).
– Un librarius notarius che riceve sepoltura da un
paedagogus a Reggio (AE 1990, 213).
– Un medicus di condizione libertina che al
contempo è magister del culto di Mens Bona a
Paestum (AE 1975, 242).
66
Una società stratificata
• Nella società del Principato si distinguono numerosi
gruppi sociali, determinati non solo da fattori
economici (“classi”), ma anche:
– dall’ordo di appartenenza
– dalla condizione giuridica
– dalla posizione nei confronti della res publica.
• Gruppi sociali che non si trasformano mai in caste
chiuse, ma che mostrano una buona mobilità
sociale.
– La nostra documentazione privilegia i casi di ascesa
sociale, ma dobbiamo supporre anche un movimento
contrario.
67

La fondamentale divisione
sociale
• Una fondamentale divisione sociale attraversa
anche tutta la storia del Principato: quella tra
strati sociali superiori e strati sociali inferiori.
• Tale divisione viene codificata anche nelle
fonti romane, soprattutto di carattere giuridico,
a partire dalla metà del II sec. d.C. nella
divisione tra honestiores e humiliores.
– Una distinzione che ha particolare effetto nel
diritto, con una progressiva differenziazione delle
pene inflitte ai membri dei due gruppi.

68
I gruppi sociali superiori
• L’ordine senatorio.
• L’ordine equestre.
• L’ordine dei decurioni, ovvero l’èlite
dirigente locale.

69

L’ordine senatorio

• Un ordine ristretto: il numero dei senatori venne fissato a 600 da


Augusto e non aumentò di molto nei due secoli seguenti.
– Dell’ordo senatorius facevano parte anche le mogli e i figli dei
senatori.
• Un ordine con rigide qualificazioni patrimoniali: Augusto fissò
il censo minimo per un senatore a 1 milione di sesterzi.
– La ricchezza di molti senatori in realtà superava di parecchio
questo limite e si fondava sostanzialmente sulle grandi proprietà
terriere.
• Un ordine che aveva tendenze endogamiche (in parte
rintracciabili su base onomastica).
– Ma i numerosi matrimoni senza figli (o con figli morti
prematuramente), come la disgrazia che colpì molte famiglie
senatorie, comportarono un notevole ricambio nell’ordo, con il
continuo apporto di homines novi, provenienti specialmente
dall’ordine equestre, ma anche dalla nobiltà locale.

70
L’ordine senatorio e la carriera
politica
• L’ordine senatorio si caratterizza per il suo
impegno nella politica: nell’età del Principato
la classe dirigente dell’Impero è ancora in
larghissima misura composta da senatori.
• Un cursus honorum sempre più rigidamente
fissato, che determinava una gerarchia interna
all’ordo stesso.
– All’interno di questa gerarchia spiccava l’èlite dei
consulares, stretti collaboratori dell’imperatore.

71

Il cursus honorum senatorio


• XXvir (Xvir stlitibus iudicandis, IIIvir capitalis, IIIvir monetalis, IIIIvir
viarum curandarum).
• Un anno di servizio militare come tribunus militum laticlavius o VIvir
equitum Romanorum.
• Quaestor.
• Tribunus plebis / Aedilis.
• Praetor.
• Incarichi di rango pretorio, come legatus legionis, legatus Augusti pro
praetore o proconsul di una provincia di importanza minore.
• Consul.
• Incarichi di rango consolare, come curator operum publicorum,
legatus Augusti pro praetore o proconsul di una provincia di
importanza maggiore, praefectus Urbi.
• Non rispettavano un ordine cronologico fisso le grandi cariche
sacerdotali di augur, flamen, frater Arvalis, pontifex e XVvir sacris
faciundis.

72
L’ordine senatorio nella Lucania et Brutti
• Una regione che non ha dato molti membri al Senato di
Roma.
• All’interno della regio III prevalgono le gentes lucane.
• La sparuta rappresentanza di senatori della regio III ha
consigliato G. Camodeca a non trarre conclusioni al loro
riguardo.
• In realtà i caratteri delle gentes senatorie della regione che
possiamo osservare sono comuni al resto d’Italia:
– Provenienza dall’élite municipale.
– Un potere economico fondato sul possesso della terra, non solo nella
regione d’origine.
– Un successo spesso dovuto ad un’abile politica matrimoniale e ai
contatti con la casata imperiale.
73

L’ordine senatorio nella Lucania et


Bruttii: dall’età repubblicana ai Giulio-
Claudii
• Ancora in età repubblicana emergono:
– I Venuleii / Vinuleii di Copia.
– I Numonii Vaalae di Paestum.
• All’età triumvirale e augustea risalgono le fortune delle
famigli dei:
– Statilii Tauri, originari della Lucania, forse di Volcei.
– Laronii di Vibo Valentia.
• Nel periodo giulio-claudio possiamo ricordare:
– Gli Acerronii della Lucania (forse Potentia).
– I Vagellii di Locri, Vibo Valentia o Reggio.

74
L’ordine senatorio nella Lucania et
Bruttii: l’età dei Flavi e degli Antonini
• Nell’età dei Flavi emerge per la prima volta la
famiglia dei Bruttii di Volcei.
– Il massimo lustro è raggiunto con il matrimonio di
Bruttia Crispina nel 178 d.C. con il futuro imperatore
Commodo.
– La famiglia sopravvivrà alla fine di Commodo e ne
possiamo seguire le tracce fino all’età di Costantino.
• Nell’età degli Antonini per un paio di generazioni
ha rilievo la famiglia degli Insteii, sempre da
Volcei.
75

I Bruttii di Volcei
• Anche se l’iscrizione nella tribù Pomptina rende probabile una
residenza della famiglia a Volcei, forse la sua origine è dalla
vicina Grumentum.
– Qui nel 57 a.C. è attestato un edile locale di nome C. Bruttius C. f. Ser(gia
tribu).
• Il primo esponente senatorio della famiglia attestato è L. Bruttius
Praesens, proconsole di Cipro nell’80-81 d.C.
– Sposa forse una esponente dei Fulvii Rustici della Transpadana.
• Il figlio C. Bruttius Praesens, dopo aver iniziato una carriera
senatoria che non sembrava molto promettente, sposa in seconde
nozze Laberia Crispina, figlia del lanuvino M’. Laberius
Maximus, console del 103 d.C. e stretto collaboratore di Traiano.
– Senza dubbio un impulso alla sua carriera, coronata dal consolato nel 139
d.C.
76
I Bruttii di Volcei
• Il figlio del console del 139 d.C. è il polionimo L. Fulvius
Rusticus C. Bruttius Praesens, che viene cooptato tra i
patrizi da Antonino Pio e raggiunge per due volte il
consolato, nel 153 e nel 180 d.C.
• Bruttia Crispina, figlia del precedente, sposa nel 178 d.C.
Commodo; viene esiliata a Capri e qui fatta uccidere.
• L. Bruttius Quintus Crispinus, fratello della precedente,
console nel 187 d.C.
• La famiglia sopravvive alla rovina di Commodo per
almeno altre tre generazioni.

77

Bruttia Crispina

• Busto di Bruttia
Crispina, 183 d.C.
circa, oggi a Parigi,
Museo del Louvre.

78
CIL X, 408 = Inscr. It. III, 1, 18 = ILS 1117 da
Volcei: la brillante carriera del padre di Crispina
• L(ucio) Fulvio C(ai) f(ilio) Pom(ptina) [Rustico C(aio)] /
Bruttio Praesenti Min[ucius] / [Lab]erio Maximo Pompeio
L(ucio) [---] / Valenti Cornelio Proculo [---] / Aquilio
Veientoni, co(n)s(uli) II, pr[aef(ecto) urbi, patri] /
[C]r[is]pinae Aug(ustae), so[ce]ro Imp(eratoris)
[Caes(aris) Commodi Aug(usti), sodali] / [Ha]drianali,
sodali An[t]onin[iano, Veriano], / Marciano, comiti
Impp(eratorum) [A]nt[onini et Commodi Augg(ustorum)] /
ex[pe]ditioni[s] Sarmaticae, p[raet(ori)], [trib(uno)
pleb(is), quaes]/tori A[ug(usti)], t[r](ibuno) mil(itum)
leg(ionis) III Gallic[ae, adlec(to) inter patric(ios)] / ab
Imp(eratore) divo Antonino Aug(usto) P[io ---].
79

I caratteri di CIL X, 408

• Una lacunosa iscrizione onoraria, in cui spicca lo straordinario


sviluppo dell’onomastica del personaggio
– Grazie a questa pratica della polinomia siamo in grado talvolta di
ricostruire la politica matrimoniale delle famiglie senatorie.
• Si conserva buona parte del cursus honorum, che dopo la
cooptazione tra i patrizi, vide il nostro militare come ufficiale
nella III legione Gallica, questore, tribuno della plebe, pretore,
console per due volte, prefetto dell’Urbe.
• Grande evidenza è data ai rapporti con il princeps: l’adlectio tra
i patrizi da parte di Antonino Pio, l’essere stato comes di Marco
Aurelio e Commodo nelle campagne sarmatiche, la parentela
con Commodo.
• Nella stessa direzione vanno i sacerdozi dei defunti Adriano,
Antonino Pio, Lucio Vero, Marco Aurelio.

80
Le fortune dei Bruttii

• Le fortune economiche dei Bruttii, a quanto ne sappiamo, si fondavano


su vaste proprietà terriere in Lucania, nella vicina Apulia (Venusia) e
in altre regioni dell’Italia centro-meridionale (grazie ai legami coi
Laberii).
• Ne sono testimonianza le epigrafi di actores, liberti e schiavi dei
Bruttii nelle aree in questione.
• Nel territorio di Volcei sono note almeno 5 villae rusticae che sono
rimaste prive di attribuzione: suggestiva una relazione di almeno
alcune di esse con la potente famiglia locale.
• Lo schema più scontato nelle attività economiche dell’ordine senatorio.
• Da rilevare tuttavia per le gentes senatorie bruzie dei Venuleii /
Vinuleii, dei Laronii e dei Vagellii una documentata attività di figlinae.

81

CIL X, 285 = Inscr. It. III, 1, 259 da


Tegianum: la dedica a Bruttia Crispina
da parte di un suo actor

• Imp(eratore) L(ucio) Aurel(io)


[[Com[modo]]] / et Quintillo //
co(n)s(ulibus), // pro salute / Bru[tt]iae
[Crispi]n[ae], / Idaeus, act(or) [eius], /
[v(otum)] l(ibens) l(aetus) m(erito)
[s(olvit)].

82
L’ordine equestre
• Numericamente più ampio rispetto all’ordine senatorio:
probabilmente intorno ai 20 mila membri ai tempi di Augusto.
• Un ordine parimenti identificato da una qualificazione
censitaria: un censo minimo di 400 mila sesterzi con Augusto.
• Un ordine meno compatto di quello senatorio, dal punto di vista
ideologico, economico e politico.
– Dal punto di vista economico, le fortune dei cavalieri potevano
essere determinate, oltre che dal possesso della terra, anche da
attività manifatturiere, commerciali e finanziarie, oltre che dal ben
retribuito servizio allo stato.
• Serbatoio dell’ordine senatorio, l’ordo dei cavalieri era aperto
verso il basso alle élites dirigenti cittadine, alla nobiltà delle
province (Arminio), a militari di professione, addirittura a liberti
(il medico Antonio Musa) o figli di liberti (il futuro imperatore
Pertinace).

83

L’ordine equestre e la carriera pubblica


• Non tutti i cavalieri intraprendevano una carriera pubblica a
livello centrale (che alla metà del II sec. d.C. prevedeva solo 550
posti circa): molti si astenevano dalla politica o esercitavano
solo cariche a livello locale.
• Il cursus honorum equestre era fissato meno rigidamente di
quello senatorio, ma in genere prevedeva:
– Comandi militari, in genere tre: praefectus cohortis, tribunus
militum angusticlavius, praefectus alae.
– Procuratele: di carattere finanziario (p. es. sulla vicesima
hereditatium), o di carattere amministrativo (p. es. la procuratela-
governatorato di una provincia alpina). Gradualmente si fissano i
ranghi, relativi allo stipendio, di sexagenarius, centenarius,
ducenarius, trecenarius.
– Il comando della flotta imperiale di Ravenna o Miseno, in qualità
di praefectus classis.
– Le grandi prefetture: praefectus vigilum, praefectus annonae,
praefectus Aegypti, praefectus praetorio.

84
L’ordine equestre nella Lucania
et Bruttii
• L’analisi complessiva dei dati è solo all’inizio: ma in
analogia con quanto osservato per l’ordine senatorio,
anche i cavalieri della regio III non sono molto
numerosi e si concentrano prevalentemente in Lucania.
• L’impressione è che prevalgano i cavalieri le cui
ambizioni politiche si limitavano sostanzialmente
all’ambito locale e alle cariche civili.
• Vi è tuttavia almeno un’eccezione: C. Mulvius Ofillius
Restitutus di Grumentum, che prima di divenire
magistrato cittadino ebbe una brillante carriera militare
(vd. diapo 96).

85

CIL X, 53: un notabile di Vibo


Valentia ascende all’ordine equestre
• Q(uinto) Muticilio Q(uinti) f(ilio) Aem(ilia) Sex(to)
Decciano, q(uin)q(uennali) c(ensoria) p(otestate), /
q(uaestori) p(ecuniae) p(ublicae), equo pub[l(ico)
ho]norato ab Imp(eratore) divo Hadriano, / allecto in
d[ecu]ri(i)s ab Imp(eratore) Antonino Aug(usto) Pio, /
patrono municipi, ob amorem patriae et [muni]ficentiam /
multaque merita eius ex consensu populi, cuius ob /
dedicationem iterum decurionibus HS VIII n(ummum),
Augu/stalibus HS VI n(ummum), populo viritim HS IV
n(ummum) dedit; / l(ocus) d(atus) p(ecunia) p(ublica)
d(ecreto) d(ecurionum).
86
I caratteri di CIL X, 53

• La promozione sociale di Q. Muticilio Decciano è legata al


favore imperiale:
– Adriano lo include tra i membri dell’ordine equestre, con la
concessione del cavallo pubblico.
– Antonino Pio lo coopta fra i membri delle 5 decurie da cui erano
estratti i componenti delle giurie dei tribunali di Roma.
• Una promozione sociale che forse è alla base di una brillante
carriera locale, con la questura, la quinquennalità, il patronato
della comunità.
• Formalmente un’iscrizione onoraria, decretata dal consiglio
municipale, con il consenso dell’assemblea, per la munificentia,
l’amor patriae e i multa merita dell’onorato.
• In occasione della dedica del monumento onorario, Decciano
rispose con una doppia distribuzione di denaro, come di
consueto in proporzione al prestigio sociale dei diversi gruppi.

87

CIL X, 22: un
cavaliere patrono
di Locri

• D(is) M(anibus) s(acrum) /


P(ublio) Vagellio P(ubli) /
fil(io) Pusillioni, / splendi-
d(o) eq(uiti) / R(omano),
patron(o) mu/nici[pi]. He-
re/[des].
• Un personaggio che
sembra ripiegato pura-
mente nell’ambito locale,
anche se l’iscrizione è
lacunosa.
• Un monumento sepolcrale
di non grandissimo pregio
(stele, sebbene in marmo),
forse spia di una
condizione economica non
eccezionale.
88
CIL X, 483: un cavaliere
e sua moglie a Paestum

• Digitiae L(uci) f(iliae) Rufinae, /


ob eximiam castitatem, <f>i/dem
verecundiamque / eius, / M(arcus)
Tullius M(arci) f(ilius) Maecia
Cicero, / eq(ues) R(omanus),
L(aurens) L(avinas), p(atronus)
c(oloniae), coniugi, remis/so
sumptu publico, de suo / posuit. /
L(ocus) d(atus) d(ecreto)
d(ecurionum).

89

I caratteri di CIL X, 483


• La dedica di un cavaliere alla moglie, originariamente decretata a
spese pubbliche: come spesso accade, il nobile assunse l’onere del
costo.
• Il dedicante, cavaliere, fu patrono della stessa Paestum e Laurens
Lavinas.
– Un sacerdozio connesso con la celebrazione a Lavinium dei riti sacri in
onore dei Penati di Troia, connessi la fondazione di Roma: una carica in età
imperiale spesso legata all’ordine equestre.
• La gens Tullia è tra le più illustri e meglio attestate a Paestum; il
cognomen Cicero, portato di regola dai suoi esponenti maschili,
ha fatto supporre che si tratti di discendenti del grande oratore.
• Anche i Digitii, cui apparteneva la moglie di Cicero, facevano
parte dell’élite locale.
• Della donna si celebrano le consuete virtù femminili di castitas,
fides e verecundia.
90
L’ordine dei decurioni
• Costituiva l’élite dirigente a livello locale: propriamente l’ordo
decurionum era il senato locale, nel quale entravano a far parte gli ex-
magistrati.
• L’ordo decurionum era composto da un numero di membri
leggermente variabile tra città e città, anche se di norma erano circa
100.
– Poiché l’ingresso nel consiglio e la gestione delle magistrature era di fatto
ereditaria, dell’ordo in senso lato facevano parte anche le mogli e i figli
dei decurioni.
• Anche le qualifiche censitarie variavano: in una città di una certa
importanza come Comum il censo minimo era fissato a 100 mila
sesterzi, in alcune piccole città africane a 20 mila sesterzi.
• Soprattutto nelle città maggiori i decurioni più ricchi avevano la
qualifica censitaria sufficiente per far parte dell’ordine equestre: c’era
dunque una certa sovrapposizione fra i due ordini.
• Una fortuna prevalentemente determinata dal possesso terriero, ma
anche da attività manifatturiere e commerciali, specialmente in città
come Ostia o Aquileia.
91

La carriera politica locale: lo schema più


consueto
• 2 o più questori (quaestores)
• 2 edili (aediles o 2 dei IIIIviri, detti aedilicia potestate)
• 2 duoviri per l’amministrazione della giustizia (IIviri iure
dicundo o 2 dei IIIIviri, detti iure dicundo).
– Ogni cinque anni i massimi magistrati della comunità assumevano
compiti censorii, con il titolo di quinquennales.
– La massima magistratura cittadina poteva anche essere assegnata a
titolo onorario all’imperatore o a un membro della casata
imperiale; in tal caso le sue funzioni erano assolte da un
praefectus.
• Un cursus honorum che poteva prevedere eccezioni nella
denominazione delle cariche e nella successione delle stesse.
• Al di fuori della normale successione delle cariche i sacerdozi
locali: pontifex, augur, flamen.
92
I decurioni e l’evergetismo

• I membri dell’ordine dei decurione (accanto a senatori e


cavalieri locali, come anche a qualche ricco liberto) furono i
principali protagonisti del fenomeno dell’evergetismo.
– Finanziamento della costruzione di opere pubbliche.
– Interventi a favore dell’annona locale, distribuzioni di alimenti o di
somme di denaro.
– Finanziamento di giochi e spettacoli.
• I decurioni sovvenivano alle finanze locali anche con il
versamento della tradizionale summa honoraria, nel momento in
cui assumevano una carica pubblica.
• Alla fine del periodo del Principato le difficoltà economiche che
colpirono l’ordo si ripercuotono sulle finanze locali.

93

Un grande notabile locale: M.


Megonius Leo di Petelia
• Un personaggio noto da un singolare dossier epigrafico:
– ILS 6468: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli
Augustales e del populus ed estratto del suo testamento, con
lasciti in favore della comunità di Petelia (vd. diapo 62).
– ILS 6471: una fondazione di Leone per celebrare la memoria
della madre Caedicia Iris.
– ILS 6470: una fondazione di Leone per celebrare la memoria
della moglie Lucilia Isaurica.
– CIL X, 113: dedica a Leone da parte dei decuriones, degli
Augustales e del populus.
– CIL X, 114 = ILS 6469: dedica a Leone da parte degli
Augustales ed estratto del suo testamento con lasciti,
soprattutto in favore degli Augustales stessi.
94
CIL X, 114 = ILS 6469: Megonio Leone
e gli Augustales
• Ma(nio) Meconio Ma(ni) f(ilio) / Cor(nelia) Leoni, / aed(ili), IIIIvir(o) leg(e)
Cor(nelia), / quaest(ori) pec(uniae) p(ublicae). / patrono municipi, /
Augustales patrono / ob merita eius; l(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum).
// Kaput ex testamento. / hoc amplius rei p(ublicae) Petelinorum dari volo /
HS X(milia) n(ummum), item vineam Caedicianam cum / parte{m} fundi
Pompeiani, ita uti optima maxi/maq(ue) sunt finibus suis qua mea fuerunt.
Volo au/tem ex usuris semissibus HS(milium) X n(ummum) comparari
Augus/talium loci n(ostri) ad instrumentum tricliniorum du/um, quod eis me
vibo (!) tradidi, candelabra et lucerna[s], / bilychnes arbitrio Augustalium,
quo facilius strati[o]/nibus publicis obire possint. Quod ipsum ad utilitate[m]
/ rei p(ublicae) n(ostrae) pertinere existimavi, facilius subituris onus
Augu[s]/talitatis, dum hoc commodum ante oculos habent.

95

Un grande notabile locale: M’. Megonio


Leone di Petelia (CIL X, 114)
• Ceterum autem temporum usura[s] semisse[s] HS X(milium)
n(ummum) ad instr[u]/mentum Augustalium arbitrio ipsorum
esse volo, qu[o] / facilius munus meum perpetuum conservare
possint / neque in alios usus usuras quas ita a re p(ublica)
acceperint tra/ferri volo quam si necesse fuerit in pastinationem.
/ Vineam quoq(ue) cum parte fundi Pompeiani sic ut su/pra dixi
hoc amplius Augustalibus loci n(ostri) dar[i] / volo. Quam
vineam vobis, Augustales, idcirco dari / quae est Aminea, ut si
cogitationi meae, qua pro/spexisse me utilitatibus vestris credo,
consenseritis, / vinum usibus vestris, dumtaxat cum publice
epulas ex/ercebitis, habere possitis.
96
Un grande notabile locale: M’. Megonio
Leone di Petelia (CIL X, 114)

• Hoc autem nomine relevati in/pendis facilius prosilituri hi qui ad


munus Augustalit[a]/tis conpellentur. Locatio vineae partis Pompeiani
vin[e]/am colere poterint. Haec ita ut cavi fieri praestariqu[e] / volo.
Hoc amplius ab heredibus meis volo praestar[i] / rei p(ublicae)
Petelinorum et a re p(ublica) Petelinorum corpori Au/gustalium ex
praedis ceteris meis palum ridica[m] / omnibus annis sufficiens
pedaturae vineae / quam Augustalibus legavi. // [A v]obis autem,
Augustales, peto hanc voluntatem / meam ratam habeatis et ut
perpetua forma obser/vetis curae vestrae mandetis. Quo facilius autem
/ nota sit corpori vestro haec erga vos voluntas (!),/ totum loco kaput
quod ad vestrum honorem perti/net.

97

La carriera di Megonio Leone


• Aedilis
• IIIIvir iure dicundo lege Cornelia, con probabile
allusione allo statuto municipale di Petelia
• Quaestor pecuniae publicae, qui culmine della
carriera locale, come talvolta accade.
• Patrono della comunità di Petelia e della locale
confraternita degli Augustali.
• Una carriera che si dipanò intorno alla metà del II
sec. d.C.: da ILS 6468, ll. 14-15 si apprende che
l’epigrafe fu redatta regnante Antonino Pio.

98
I lasciti agli Augustales
• Una somma di 10 mila sesterzi, da mettere a frutto: gli interessi
del 6% dovevano essere impiegati per acquisto di candelabri e
lucerne, per illuminare due sale da pranzo donate dallo stesso
Megonio Leone alla confraternita, e in genere per il
mantenimento delle due sale (perpetuando così il dono di
Leone).
• La vigna Caediciana, piantata a uva Aminea, e parte del fundus
Pompeianus, per rifornire di vino i banchetti degli Augustali.
– I paletti di sostegno necessari alla vigna avrebbero dovuto essere
forniti dagli eredi di Leone.
– La vigna Caediciana doveva essere giunta in proprietà di Leone
grazie alla madre Caedicia Iris.
• L’epigrafe allude alla volontà di Leone di alleviare gli Augustali
dal pur modesto carico delle spese per l’illuminazione e le
bevande.

99

AE 1972, 148 da
Grumentum: la carriera
di C. Mulvius Restitutus

• [C(aio)] Mulvio C(ai) f(ilio) /


[P]om(ptina) Ofillio Rest[i]/[t]uto,
aed(ili), pr(aetori), IIvir(o) /
[q]uin(quennali), q(uaestori),
praef(ecto) coh(ortis) I / [M]o-
rinor(um) et Cersia/cor(um),
trib(uno) mil(itum) leg(ionis) II /
Adiutricis P(iae) F(idelis),
prae[f(ecto)] / alae I Vespasianae /
Dardanor(um), praef(ecto) /
fabr(um) II. / Aug(ustales)
Herc(ulanei) patrono.
100
AE 1976, 176 da Blanda:
l’evergetismo di un
notabile locale
• M(arco) Arrio M(arci) f(ilio)
Pom(ptina tribu) / Clymeno, IIviro
q(uin)q(uennali), / q(uaestori) p(ecu-
niae) p(ublicae), populus ex aer[e] /
conlato, ob munifice/ntiam eius posuit,
qu/od eis annonam cra/tuitam (!)
fr/umentum de suo prae/buerit, ob cuius
dedica/tionem epulum divisit decurioni-
bus ((sestertios)) VIII n(ummos),
Aug(ustalibus) ((sestertios)) VI n(um-
mos), populo ((hedera)) viritim ((se-
stertios)) IIII n(ummos), mulieribus
((sestertios)) II n(ummos). L(ocus)
d(atus) d(ecreto) d(ecurionum). // Cu-
rantes (!) P(ublio) Stlammio / Simile et
T(ito) Vale/rio Fabricio.

101

I caratteri di AE 1976, 176

• Le dedica onoraria ad un magistrato locale votata dal


consiglio su richiesta dell’assemblea, per la sua
munificentia.
– Per una volta il generico termine si sostanzia: un intervento
per l’acquisto del frumento necessario all’annona locale.
• In occasione dell’inaugurazione del monumento la
consueta divisio di denaro, alla quale furono
esplicitamente ammesse anche le donne (con la somma
minore …).
• Un documento variamente datato tra la fine del I e la
fine del II sec. d.C.

102
EAOR III, 34 da Paestum:
l’evergetismo di un notabile
locale
• M(arco) Egnio M(arci) f(ilio) / Mae(cia)
Fortunatiano, / IIvir(o) iter(um) q(uin)-
q(uennali), huic splen/didissimus ordo
decuri/onum, postulante populo, ob /
praecipuam et insignem mu/nificentiam
erga patriam / statuam ponendam
decre/vit, quod, cum XXV(milibus) HS
ac/ceptis a<d> conparationem / familiae
gladiato-riae, ma/iorem quantitatem
au/xerit a<d> nobilium gladi/atorum
conductionem. / adiectis etiam ursis mi/rae
magnitudinis se<d> et / nox<i>o, omni
quoque / cultu a<p>paratuque aucto, /
diem sublimiter exornavit

103

I caratteri di EAOR III, 34


• Iscrizione di carattere onorario, su una base il cui lato superiore
conserva ancore le impronte dei piedi dell’onorato.
• Una dedica posta ad un magistrato locale dall’ordine dei decurioni, su
sollecitazione dell’assemblea popolare.
• Motivata dal fatto che Fortunaziano aveva aggiunto, ai 25 mila sesterzi
stanziati dalla comunità per l’allestimento di giochi gladiatori, una
somma ancora maggiore.
• In questo modo era stato possibile ingaggiare gladiatori più prestanti e
famosi, organizzare una venatio di orsi giganteschi, e assicurarsi
l’eccitante spettacolo della messa a morte di un condannato (noxius).
• Si data alla metà del II sec. d.C., per paleografia e formulario.

104
CIL X, 54 da Vibo Valentia:
l’atto evergetico di una donna
• [---] Quinta / [---]ae, sacerdos per[petua?] / [divae
Fausti?]nae, exornatum pop[---] /, [imp]ensa sua et
aqua in id pe[rducta], / [decuri]onibus s(ingulis) HS
VIII n(ummum), August[alibus ---].
– Il lacunoso testo ci fa conoscere uno dei molti numerosi
interventi evergetici di una donna, forse sacerdotessa della
defunta moglie di Antonino Pio, Faustina maggiore.
– Un intervento forse consistente nella costruzione di una
fontana pubblica o di un ninfeo, con le relative condutture
d’acqua.
– L’inaugurazione del monumento in suo onore fu
accompagnata dalla solita divisio di denaro.

105

I ceti medi

• La confraternita degli *Augustales.


• I militari
• I liberti

106
L’Augustalità come onore ad un liberto
di eccezionale valore: AE 2008, 441
• Le singolari circostanze di tradizione del testo di un decreto del
consiglio municipale di Copia (Senatusconsultum Copiensium).
• Una lastra marmorea reimpiegata, insieme ad altre, per
pavimentare una vasca delle terme locali, forse nel III sec. d.C.
• Nel V e VI sec. d.C. le lastre sono divelte per farne calce: ma
lasciano un’impronta nella malta nelle quale erano state alloggiate.
• Scoperta nel 2004, le difficili condizioni ambientali e in
particolare l’altezza della falda acquifera, non hanno consentito di
rimuovere l’impronta, della quale tuttavia sono stati presi calchi e
fotografie.

107

Il calco antico
del Senatus
consultum
Copiensium
(fotografia
riflessa)

108
Un documento con evidenti
problemi di lettura
• Oltre all’evidente singolarità di un testo noto solo
dall’impronta che ha lasciato, da segnalare:
• Un leggero slittamento al momento della posa in
opera della lastra ha provocato la deformazione
dell’impronta di alcune lettere.
• Altre impronte sono state distrutte al momento in
cui la lastra venne strappata.
• Nonostante l’acutissimo sforzo di Costabile, un
testo ritenuto ancora di incerta lettura e
interpretazione.
109

AE 2008, 141 da Copia: il testo


• A Tiberio Claudio Idomeneo, liberto di
• Ti(berio) Claudio Caes[aris] / l(iberto) Cesare, al quale, a proposito della
Idomen<eo> <c>u{o}i de civi[tate] / cittadinanza, i Copiensi, per onorarlo,
Copienses honoris caussa de s[e]n(atus) su decreto del Senato, hanno accordato
[sen(tentia)] / deder(unt) ea quae infra quanto segue. Publio Blesio Mariano,
scripta s[u]nt. / P(ublius) Blaesius
Marianus, IIIIvir quinq(uennalis) [iure quattuorviro quinquennale per la
dic(undo)] / iterum, M(arcus) Minucius seconda volta, e Marco Minucio Sota,
M(a)n(i) f(ilius) Sota praef(ectus) Ti(beri) figlio di Manio, prefetto di Tiberio
Caesaris Aug[usti] / cens[o]ria potestate, Cesare Augusto con poteri censorii,
VIII K(alendas) Apr(iles) senatum in cur[i]a l’ottavo giorno prima della calende di
Vin[uleia] / consuluerunt. Scribendo aprile, hanno interpellato il senato nella
[a]dfuerunt T(itus) Albius Sabin[us ---], / curia Vinuleia. Hanno partecipato alla
P(ublius) Sumettus Reginus, L(ucius) redazione Tito Albio Sabino, [---].
Idumaeus Mela, Q(uintus) Vibu[l]enus Publio Sumetto Regino, Lucio Idumeo
Agrippa [---. Q(uod)] / [v(erba)] f(acta) sunt
de honore Ti(beri) Claudi Caesar(is) Mela, Quinto Vibuleno Agrippa.
l(iberti) Idomen(e)i, q(uid) d(e) e(a) r(e) Trattando degli onori da accordare a
f(ieri) p(laceret) d(e) e(a) r(e) i(ta) Tiberio Claudio Idomeneo, riguardo ciò
censu[ere]. che si doveva fare a proposito, così si è
deciso
110
AE 2008, 141 da Copia: il testo

• [Quod Ti(berius)] / C[l]audius • Poiché Tiberio Claudio Idomeneo


così si è comportato a Copia negli
Idomeneus ita se gesserit annis
anni della sua vita in cui è stato al
Copiae iis suae vitae cum servierit in servizio del nostro municipio: ha
[municipio n(ostro)]: / <in>colis superato di gran lunga gli abitanti
magn[e] pr[ae]cessit summa per la sua grande modestia e ha
modestia, iust[it]ia{a}eque p(ubli- saputo amministrare con giustizia il
cum) a(rgentum) administrare denaro pubblico e, in seguito,
ex[pertus est] / et deinde liber factus divenuto libero, si è comportato
similem se <praestitit>; pristinae nello stesso modo; conformandosi
clem[en]tia(e) fovendae placere huic alla clemenza passata, il nostro
s[plendidissimo] / ordini [A]ugusta- splendidissimo ordine conviene di
nominarlo Augustale per questo
lem eum in hunc annum ex{s} anno, sulla base del nostro decreto,
decre[t]o nostro creare, qui honor onore dell’Augustalità che prima
de A[ugustalitate] / ante hoc tempus d’ora non era stato accordato ad
nulli ratus sit, alcuno;

111

AE 2008, 141 da Copia: il testo


• ha deciso che quest’uomo bene ha
meritato nei confronti del nostro
ordine e che deve essere posto,
• eumque ordinem <nostrum> sulla base del capitolo della legge
em[e]rere praeferrique cen[suere, sull’Augustalità, prima di tutti
ex k(apite) --- de Aug(ustalitate)] / coloro che il senato ha destinato ad
legis, omnibus quos hoc [a]nno essere Augustali per questo anno,
senatus f[ut]uros Augusta[l]es affinché veramente sia meglio noto
cens(uit), vere quo n[o]tius [sit in l’affetto della comunità nei suoi
eum studium r(ei) p(ublicae)] / et is confronti ed appaia come egli
modes[t]iae suae praecepisse abbia raccolto a ragione i frutti che
fructum debitum merito videatur; la sua modestia meritano; e
itaq[ue admirantes] / ceteri simili[s] affinché tutti coloro che sono nella
fortunae hominis periti vitae forte sua stessa condizione, ammirando
merit[u]m, senatus am[plissimum] / l’eccezionale ricompensa accordata
iudiciorum imitari eum velint. alla vita di un uomo esperto – la
più magnifica delle decisioni del
senato – vogliano imitarlo. 112
Il problema della datazione
• Il testo è datato esattamente al giorno 25 marzo, dell’anno
in cui furono eponimi a Copia P. Blesio Mariano e M.
Minucio Sota.
• Il riferimento ad un Ti. Caesar Augustus, tra i diversi
membri della casata imperiale che portarono questo nome,
meglio si adatta a Tiberio, negli anni in cui fu imperatore
(14-37 d.C.).
• La mancanza del patronimico per il quattuorviro P. Blesio
Mariano potrebbe indicare il suo status di liberto: il testo è
dunque da datare prima del 24 d.C., quando la lex Visellia
proibì agli ex-schiavi di intraprendere una carriera politica?

113

La curia Vinuleia
• Nel prescritto interessante la definizione
della sede del consiglio come curia
Vin[uleia]: la sua costruzione può essere
attribuita al notabile locale L. Vinuleius
Brocchus.
• La curia è identificata con il noto edificio a
emiciclo di Copia.

114
Ti. Claudio Idomeneo e l’Augustalità
• Un personaggio che, prima da schiavo, poi da liberto, lavorò
negli uffici finanziari di Copia, segnalandosi per la sua
professionalità e onestà.
• La ricompensa per questo suo comportamento è la concessione
dell’Augustalità.
– Se a Copia l’elezione degli Augustales pare essere nelle mani dell’ordo
decurionum, la situazione pare essere differente in altre città e in altri
periodi, in cui è attestata per esempio la cooptazione da parte degli stessi
Augustales.
• L’eccezionalità dell’onore conferito a Idomeneo consiste
probabilmente nel fatto che venne aggiunto, in soprannumero, al
collegio già esistente.
• Il provvedimento è rubricato come de civitate: Idomeneo, con
l’Augustalità ricevette automaticamente la cittadinanza copiense,
mentre prima era solo un incola?
115

L’elemento militare

116
CIL XVI, 95 da Paestum: il diploma militare
di un pretoriano

117

CIL XVI, 95: il testo interno del diploma


militare di un pretoriano
• Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius). divi Traiani / Parthic(i)
nep(os), divi Nervae pronep(os), T(itus) Ae/lius Hadrianus Antoninus
Aug(ustus) Pius, / pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) XI,
imp(erator) II, co(n)s(ul) IIII, p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in
praetorio / meo militaverunt in cohortibus / decem I II III IV V VI VII
VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI XII XIV, subieci / quibus
fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii dumtaxat / cum singulis
et primis uxoribus, / ut etiam si peregrini iuris femi/nas matrimonio suo
iunxerint / proinde liberos tollant, ac si ex duo/bus civibus Romanis
natos. // Pr(idie) K(alendas) Mart(ias) / Iuliano et Torquato
co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio C(ai) f(ilio)
Men(enia) Probo, Nuceria.

118
CIL XVI, 95: il testo esterno del diploma
militare di un pretoriano
• Imp(erator) Caes(ar) divi Hadriani f(ilius), divi Tra/iani Parthici nepos, divi
Nervae pro/nepos, T(itus) Aelius Hadrianus Antoninus / Aug(ustus) Pius,
pont(ifex) max(imus), trib(unicia) pot(estate) / XI, imp(erator) II, co(n)s(ul) II,II
p(ater) p(atriae), / nomina militum qui in praetorio / meo militaverunt in
cohortibus / decem I II III IV V VI VII VIII IX X, item / urbanis quattuor X XI
XII XIV, subie/ci, quibus fortiter et pie militia fun/ctis ius tribuo conubii
dumtaxat cum / singulis et primis uxoribus, ut eti/am si peregrini iuris feminas
ma/trimonio suo iunxerint, proinde / liberos tollant, ac si ex duobus ci/vibus
Romanis natos. Pri(die) K(alendas) Mart(ias) / L(ucio) Salvio Iuliano, / C(aio)
Bellicio Torquato / co(n)s(ulibus). / Coh(ortis) II pr(aetoriae) / C(aio) Licinio
C(ai) f(ilio) Men(enia) Probo Nuceria. / Descript(um) et recognit(um) ex tabula
(a)erea / quae fixa est Romae in muro post / templ(um) divi Aug(usti) ad
Minervam. // L(uci) Digiti Valentis, / P(ubli) Aeli Alexandri, / C(ai) Equiti
Rufini, / C(ai) Iuli Celeris, / L(uci) Fescennae Prisci, / M(arci) Ascani Domestici,
/ L(uci) Antoni Saturnini.
119

I caratteri di CIL XVI, 95


• Diploma rinvenuto nel 1931 in una delle tabernae sul lato
settentrionale del foro di Paestum, si conserva oggi nel locale museo.
• Composto da due tabelle bronzee, originariamente congiunte da
legacci sigillati, grazie ai fori praticate nelle tabelle stesse.
• Il documento si data al 28 febbraio 148 d.C.
• Il testo interno e quello esterno corrispondono: ma in quest’ultimo
appare anche la formula che precisa la natura del documento come
copia di un’originale conservato a Roma, e quello dei 7 testimoni,
garanti dell’autenticità.
• Il beneficiario è un ex pretoriano originario di Nuceria (probabilmente
la città campana), stabilitosi dopo il suo congedo a Paestum.

120
Bibliografia di approfondimento
• S. Accardo, Villae romanae nell'ager Bruttius. Il paesaggio rurale calabrese
durante il dominio romano, Roma 2000.
• C. Bossu, M'. Megonius Leo from Petelia (Regio III): A Private Benefactor
from the Local Aristocracy, «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik»,
45 (1982), pp. 155-165
• J.-P. Brun, The Production of Perfumes in Antiquity: The Cases of Delos
and Paestum, «American Journal of Archaeology», 104 (2000), 2, pp. 277-
308.
• J.-P. Brun – N. Monteix, Les parfumeries de la Campanie antique,
«Artisanats antiques d'Italie et de Gaule. Mélanges offerts à Maria
Francesca Buonaiuto», a cura di J.-P. Brun, Naples 2009, pp. 115-133.
• G. Camodeca, Ascesa al senato e rapporti con i territori d'origine. Italia,
Regio I (Campania, esclusa la zone di Capua e Cales), II (Apulia e
Calabria), III (Lucania e Bruttii), «Atti del colloquio internazionale AIEGL
su Epigrafia e Ordine Senatorio. Roma 14-20 maggio 1981», II, Roma
1982, pp. 101-163.
121

Bibliografia di approfondimento
• P. Cavuoto, M. Arrius Clymenus duovir di Blanda Iulia, «Vichiana»,
7 (1978), pp. 268-279.
• G. Ceraudo, A proposito della base marmorea di Manio Megonio
Leone rinvenuta a Strongoli "in foro superiore”, «Studi di
Antichità», 8 (1995), 1, pp. 275-284.
• A. Colicelli, Paesaggio rurale e trasformazioni economiche nei
Bruttii in età romana, «Rivista di Archeologia», 22 (1998), pp. 113-
132.
• F. Costabile, Senatusconsultum de honore Ti. Claudi Idomenei,
«Minima Epigraphica et Papyrologica», 11 (2008), 13, pp. 71-160.
• A. De Carlo, I cavalieri e l'amministrazione cittadina nelle città
dell'Italia meridionale. La Campania e le regiones II e III,
«MEFRA», 117 (2005), 2, pp. 491-506.
• H. Di Giuseppe, Un'industria tessile di Domizia Lepida in Lucania,
«Ostraka», 5 (1996), pp. 31-43.

122
Bibliografia di approfondimento
• M. Gualtieri, La Lucania romana. Cultura e società nella
documentazione archeologica, Napoli 2003.
• Id., Villae e uso del territorio nell'alto Bradano (Regio III) tra
tarda repubblica e primo impero, «Agricoltura e scambi
nell'Italia tardo-repubblicana», a cura di J. Carlsen - E. Lo
Cascio, Bari 2009, pp. 341-267.
• A.B. Sangineto, Per la ricostruzione dei paesaggi agrari delle
Calabrie romane, «Storia della Calabria antica, II, l'età italica
e romana», a cura di S. Settis, Reggio Calabria 1994, pp. 559-
593.
• Id., Trasformazioni o crisi nei Bruttii fra il II sec. a.C. ed VII
d.C.?, «Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia
meridionale in età romana», a cura di E. Lo Cascio - A. Storchi
Marino, Bari 2001, pp. 203-246.
123

Bibliografia di approfondimento
• S. Segenni, Economia e società in età romana: la documentazione epigrafica,
«Storia della Calabria antica, II, l'età italica e romana», a cura di S. Settis,
Reggio Calabria 1994, pp. 665-667.
• P. Simelon, La Propriété en Lucanie depuis les Gracques jusqu'à l'avènement
des Sévères. Étude épigraphique, Bruxelles 1993.
• A. Small, L'occupazione del territorio in età romana, «Storia della
Basilicata. 1, L'antichità», a cura di D. Adamesteanu, Roma - Bari 1999, pp.
559-600.
• A. Zumbo, Un bollo laterizio di Q. Laronius dalla Piana lametina, «Tra
l'Amato e il Savuto, II, Studi sul Lametino antico e tardo-antico», a cura di G.
De Sensi, Soveria Mannelli 1999, pp. 253-269.
• Id., La gens Annelia a Copia-Thurii, «Vir bonus docendi peritus. Omaggio
dell'Università dell'Aquila al prof. Giovanni Garuti», a cura di A. Dell'Era -
A. Russi, San Severo 1996, pp. 139-161.

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