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Il “Periodo Anglosassone” della letteratura inglese ha inizio dopo due secoli e mezzo dal processo migratorio
di etnie germaniche verso la Ex Britannia romana (iniziato dal V secolo) fino alla battaglia di Hastings (14
ottobre 1066). Dopo questa data, le nuove élite politiche e militari di lingua d’oil imposero il francese e il
latino come lingue del potere e della cultura, anche se testi in antico inglese continuarono a essere copiati
ancora per un secolo e mezzo.
L’Alto Medioevo europeo è caratterizzato, però, da una nascita lenta e progressiva delle letterature in
volgare che venivano tramandate oralmente e promosse per fini ideologici. Queste antiche tradizioni orali,
una volta in contatto con la cultura cristiana, diedero vita ad un immenso patrimonio documentario.
Pare che l’uso dell’antico inglese abbia inizio già con le leggi di Æthelbert (il primo codice di legge
anglosassone risalente al sec. VII, ancora esistente). L’ampio utilizzo dell’antico inglese per glosse, traduzioni
dal latino e opere letterarie nell’Inghilterra alto medioevale è probabilmente da ricondurre all’impegno di
Teodoro e alla scuola da lui fondata a Canterbury.
La natura della cultura letteraria anglosassone è data dall'incontro di due diverse tradizioni, l'una
rappresentata dal patrimonio orale germanico, l'altra dalla civiltà latina e cristiana, che nelle opere
tramandate risultano strettamente intrecciate: questa fusione è evidente nel poema Beowulf, che narra
antiche imprese eroiche conferendo al protagonista e “nobile pagano” talune qualità del “buon cristiano”.
Nel Medioevo, la letteratura veniva tramandata oralmente dai cantori perché spesso i partecipanti a una
comunità testuale non erano in grado di leggere direttamente i testi: c’erano larghe fasce di popolazione
analfabeta e per questo era comune tramandare i testi letterari tramite la recitazione o la lettura ad alta
voce.
Il passaggio da orale a scritto caratterizza la cultura altomedievale. Le opere scritte erano caratterizzate da
un particolare lay-out, fatto di decorazioni e illustrazioni, simboli iconografici o epigrafici come le rune.
Chiaramente, la stampa sarà inventata con Gutemberg nel 1455, quindi fino a quel momento era comune
copiare i libri, e questo ruolo era assegnato quasi sempre al personale monastico. I testi trasmessi dalla
tradizione manoscritta erano quindi il risultato finale di una selezione attuata dai copisti, in quanto potevano
decidere di apportare modifiche ai testi che stavano trascrivendo, così come di alterare la resa grafica del
modello per adattarla ad una diversa epoca/ area dialettale. Inoltre, le opere medievali non presentavano
titoli, ma erano i curatori successivi ad aggiungerli. Per questi motivi, anche nel caso di un autore noto, come
Ælfric, il suo lavore così come ci è giunto potrebbe comprendere i contributi di variazioni apportate dai copisti
successivi.
Inoltre, il lavoro dei copisti fa sì che ci sia un rapporto particolare tra prosa e poesia, ciò perché gli amanuensi
copiavano la poesia in forma continua, quindi non c’è una differenza grafica tra prosa e versi (a differenza di
ciò che avviene nei manoscritti latini). Quindi, nei vari codici potevano alternarsi prosa e versi, come nel
Nowell Codex del Beowulf o nel Vercelli Book, che comprende omelie in prosa e sei componimenti poetici, in
nessun modo graficamente distinti dalle opere prosastiche che li circondano.
Gli autori di opere anglosassoni conosciuti per nome sono rari: ci sono Cædmon e Cynewulf per la poesia,
mentre per la prosa sono noti re Alfredo, il vescovo Waerferth, il vescovo Æthelwold, l’abate Ælfric, il
vescovo Wulfstan e il monaco Byrhtferth. Ma la maggior parte delle opere letterarie anglosassoni restano
anonime.
TESTO: è l’opera, può essere trasmesso da uno o più manoscritti.
MANOSCRITTO: è il mezzo che trasmette l’opera fisicamente.
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2. La poesia
La poesia rappresenta circa il 9% del corpus letterario anglosassone, ed è contenuta principalmente in 4
codici, redatti alla fine del X secolo, nell’epoca della Riforma benedettina:
- EXETER BOOK: (975 ca) – codice di notevole dimensione e prestigio, pare sia stato scritto da un’unica
mano. Il luogo di origine non è noto, ma si potrebbe localizzare nell’Inghilterra meridionale. Contiene
componimenti poetici di diverse tipologie, di cui primi otto sono lunghi, mentre i restanti sono più brevi.
I primi tre sono Liriche dell’Avvento, Ascensione di Cynewulf e Cristo III, raggruppati nel manoscritto in
modo da formare una sequenza che vede la nascita, la morte e il ritorno di Cristo come giudice nel Giorno
del Giudizio. Seguono due componimenti su san Guthlac e altri testi poetici di argomento religioso:
Azaria, Fenice e Giuliana. Tra i testi più brevi, invece, vi sono le elegie, che si alternano a indovinelli e a
componimenti di natura moraleggiante e omiletica (es. Doni degli uomini, Vanagloria, Destini degli
uomini, Ordine del mondo e Discesa agli inferi).
Il manoscritto contiene anche poesia di tipo secolare come Widsith e Deor, che hanno come protagonista
un cantore, poesia di tipo gnomico come le Massime e un’ampia raccolda di Indovinelli.
- VERCELLI BOOK: (seconda metà X sec.) – questo manoscritto è attribuibile ad una sola mano, è di notevoli
dimensioni. Contiene i testi poetici Andrea, Destini degli Apostoli, Anima e Corpo I, Frammento
omiletico I, Sogno della Croce ed Elena.
La raccolta è stata messa insieme lungo un arco di tempo molto lungo. Sulla base della lingua, pare che
il luogo di origine sia a Sud-est, a Canterbury o Rochester. Sono oscure le circostanze per le quali questo
manoscritto sia finito a Vercelli, sulla via Francigena, forse lasciato da un pellegrino anglosassone.
Sembra inoltre che il Libro di Vercelli fosse destinato a lettura individuale per il clero secolare, o per un
abate o un vescovo. La presenza del componimento poetico incentrato sulla madre di Costantino I, Elena,
e la critica alle donne nell’Omelia VII ha, inoltre, suggerito un destinatario femminile.
- JUNIUS 11: (chiamato anche “Manoscritto di Cædmon”) questo manoscritto contiene solo poesia,
costituita da componimenti religiosi ispirati all’Antico Testamento: Genesi A e B, Esodo, Daniele, scritti
dalla stessa mano nei secoli X-XI. Cristo e Satana, invece, è di argomento cristologico e rappresenta
un’aggiunta posteriore, vergata a tre mani.
Secondo quanto suggerito dall’uso dell’interpunzione, le opere potrebbero essere state destinate a una
lettura ad alta voce, anche se vi è la possibilità che il manoscritto sia stato prodotto per un facoltoso
committente laico. Il codice è ricco di illustrazioni, tranne che nella parte contenente Cristo e Satana.
- COTTON VITELLIUS A XV: è un codice risultante dall’unione, in età elisabettiana, di due diversi
manoscritti (Southwick Codex e Nowell Codex). Il Nowell Codex contiene: la Vita di san Cristoforo, Le
meraviglie d’Oriente e la Lettera di Alessandro ad Aristotele; a queste segue Beowulf e Giuditta.
Il resto della poesia anglosassone si trova sparsa in altri codici contenenti per lo più opere in prosa. I singoli
componimenti sono solitamente tramandati in manoscritti unici (codex unicus). Godono invece di una
tradizione plurima Canto di morte di Beda, Inno di Caedmon, Anima e corpo, Azaria, Salomone e Saturno,
alcuni indovinelli e vari componimenti della Cronoca anglosassone.
Nella letteratura anglosassone si possono individuare tipologie letterarie che non rappresentano categorie
impermeabili l’una all’altra e i cui confini non sono rigidamente definiti. Una tassonomia precisa è
difficilmente individuabile, poiché i generi poetici si incrociano tra loro: Beowulf, poema eroico, presenta
elementi di contatto con l’epica biblica, oltre a essere caratterizzato da toni elegiaci e contenere elementi
affini alla poesia encomiastica. La poesia anglosassone è stata categorizzata in diversi gruppi: la poesia eroica,
la poesia religiosa e quella gnomica.
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2.2. Caratteristiche della poesia anglosassone
Gran parte del patrimonio poetico anglosassone riguarda poesie di tipo eroico, in cui si narrano le gesta e gli
ideali di una società precristiana, le cui immagini vengono assorbite successivamente anche da opere di tema
religioso. L’argomento centrale di queste opere è il rapporto tra signore e seguace nel gruppo guerriero,
disciplinato da vincoli di lealtà che vengono cementati durante il banchetto: luogo dove le imprese eroiche
vengono validate.
➢ Inno di Cædmon: composizione di nove versi, l’unica direttamente collegata all’attivita di questo poeta.
Questo Inno è uno dei primi esempi accertati di inglese antico, è una preghiera dialettale composta in
onore di Dio, che viene descritto come “guardiano del regno dei cieli” o “guardiano dell’umanità”. Beda
ne riporta una prafrasi in latino nella “Historia ecclesiastica gentis Anglorum”, in cui narra che Cædmon,
pastore analfabeta, riceve in sogno la visita di una figura che gli ordina di cantare, e ciò che ne risulta è,
appunto, l’Inno.
➢ Genesi: questa narra gli eventi biblici dalla Creazione fino al sacrificio di Isacco. È l’opera di apertura del
manoscritto Junius 11 ed è anche la più lunga. È formata in realtà da due diversi componimenti: Genesi
A e Genesi B. La Genesi A è una parafrasi poetica della Genesi relativa al Vecchio Testamento (Vulgata),
il cui tema è la salvezza che si ottiene con l’aiuto di Dio. La Genesi B raffigura la caduta di Lucifero dal
cielo, che a quel punto viene ribattezzato come “Satana” e assume autorità come sovrano dell’inferno.
L’opera prosegue descrivendo la tentazione e la successiva caduta di Adamo ed Eva dalla grazia di Dio.
Satana prima tenta Adamo, senza però riuscire ad ingannarlo va da Eva, che viene considerata “wircran
hige” (=mente più debole).
➢ Esodo: ha 590 versi e fa parte del manoscritto Junius 11. Narra gli eventi centrali dell’Antico Testamento:
la fuga dall’Egitto degli Israeliti, il passaggio del Mar Rosso e la distruzione dell’esercito del faraone.
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Presenta tuttavia elementi tratti dalla Genesi, Numeri, Salmi e Sapienza. Qui il viaggio degli ebrei viene
inteso come il passaggio dei cristiani alla Terra Promessa per mezzo del sacrificio di Cristo.
➢ Daniele: ha 764 versi e fa parte del manoscritto Junius 11. È una parafrasi della prima parte del Libro di
Daniele. Il tema centrale è quello della salvezza per coloro che si attengono alla parola di Dio e della
punizione per coloro che invece la trasgrediscono. Parla del re Nabucodonosor e della cattività degli
israeliti sotto il suo dominio. Il re chiedeva di interpretare i suoi sogni ad astrologi, profeti ecc. ma
nessuno ne era in grado, quindi si rivolge al profeta Daniele. Il sogno in questione tratta di una visione di
un albero grande in mezzo alla terra, di cui si nutriva ogni essere vivente (= Albero della vita). Vede
scendere un santo dal cielo che urla di abbattere l’albero, ma di lasciare il ceppo delle radici. Secondo
Daniele questo albero rappresenta prorio il re Nabucodonosor, diventato grande e forte; l’abbattimento
dell’albero è la punizione di Dio: il re deve essere esiliato, cacciato dal consorzio umano, destinato a
vivere come le bestie. Ma le radici sono mantenute poiché il suo regno può essere ristabilito (= può
nascere un nuovo albero da quelle radici), ma solo dopo che avrà scontato i suoi peccati (facendo
l’elemosina). Il messaggio è che il Signore può togliere il potere anche all’uomo più potente, il quale per
recuperarlo deve puntare alla ricerca della sua salvezza.
Il componimento si apre con la caduta degli Ebrei e si chiude con quella dei Babilonesi.
➢ Cristo e Satana: è l’ultimo componimento del Junius 11. Pur non essendo basato sull’Antico Testamento,
è stato incluso in questo manoscritto perché si apre con la caduta di Lucifero (presente in Genesi A e B).
I temi sono presi soprattutto dai Vangeli e dagli scritti apocrifi: il lamento di Lucifero confinato
nell’inferno, la Discesa di Cristo agli inferi, la Resurrezione, l’Ascensione, il Giorno del Giudizio e la
Tentazione nel deserto. Il tema narrativo viene espanso attraverso la contrapposizione tra generosità di
Cristo e orgoglio e dannazione di Satana nella prima parte, proseguendo nella parte finale con l’incontro
tra i due protagonisti.
➢ Giuditta: è una composizione tarda, contenente un gran numero di elementi dialettali anglici. Questo
canto rielabora l’omonimo libro veterotestamentario in cui Giuditta (che nella bibbia è vedova, mentre
qua è vergine) salva gli ebrei dagli Assiri, decapitando il generale Oloferne dopo averlo indotto in stato
di ebbrezza. Giuditta appare come eroina, mentre Oloferne come il degrado morale della figura del
sovrano terreno. È ricorrente anche il banchetto, qui serve per criticare la vita mondana.
Il corpus poetico religioso anglosassone comprende anche testi ispirati al Nuovo Testamento e agli apocrifi
neotestamentari: Sogno della Croce, Cristo I-II-III, Discesa agli Inferi.
➢ Sogno della Croce: è un poema di 156 versi scritto in Sassone occidentale, probabilmente attorno al X
secolo, contenuto nel Vercelli Book. Il tema centrale di quest’opera è l’adorazione della croce e della
Crocifissione nella cultura altomedievale. Utilizza toni elegiaci che descrivono lo stato d’animo del
narratore e Cristo viene descritto come un eroe, inteso come un guerriero che volontariamente si spoglia
e ascende sulla Croce. Quest’opera è ricca di dettagli visivi, soprattutto relativi alla Croce che assume
qualità umane e inizia a parlare secondo la tecnica della prosopopea. Il Sogno della Croce è diviso in due
parti che sono diverse per forma e tono: la prima comprende la narrazione, la seconda l’esposizione
omiletica (di passi dei libri sacri). Il componimento si apre con una visione in sogno in cui appare questo
grande albero che si innalza nel cielo, macchiato di sangue ma adornato con gemme, oro e drappi.
Questo albero potrebbe rappresentare sia l’albero della croce che l’albero della vita: è sia martire che
immagine di Cristo. Le gemme incastonate ricordano le croci ornate di gioielli del Cristianesimo antico,
mentre i drappi richiamano l’usanza di avvolgere le croci in mantelli come i trofei militari dei Romani.
Nella parte successiva si descrive la morte di Cristo dal punto di vista della Croce, la quale si rivolge al
sognatore dicendogli di raccontare al mondo questa visione. Il poeta si definisce infine come un esule
solitario, che si vota al culto della Croce per aspettare il momento in cui si riunirà con i suoi amici
(protettori) al banchetto del Paradiso.
Esiste una versione più antica della parte centrale di quest’opera, riguardante la Crocifissione, che è incisa
in caratteri runici e in dialetto northumbro ai lati della Croce di Ruthwell, che risale al VII secolo e si trova
in Scozia. Pare che questo componimento sia stato attribuito a Cynewulf ma non ci sono prove certe della
sua paternità.
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La Croce di Bruxelles reca invece in alfabeto latino l’iscrizione “Rod is min nama,geo ic ricne cyning baer
byfigynde, blod bestemed” (“Croce è il mio nome, tremando portai il potente re, intrisa di sangue”), che
richiama i vv. 44 e 48 del canto anglosassone.
➢ Cristo I, II, III: i componimenti su Avvento (Cristo I), Ascensione (Cristo II) e Giorno del Giudizio (Cristo III)
aprono l’Exeter Book. Cristo I è formato da 12 liriche brevi riguardo l’Avvento e il Natale, riferite a Cristo,
alla Vergine, a Gerusalemme e all’arcangelo Gabriele; Cristo II riguarda l’Ascensione (ritorno di Cristo nei
cieli), si basa su un’omelia di Gregorio Magno e su altre fonti come l’Inno per l’Ascensione di Beda. Cristo
II è opera di Cynewulf. Cristo III presenta le caratteristiche della poesia eroica, tratta il tema del Giorno
del Giudizio. È un componimento omiletico che si apre con la Croce di Cristo che spande la sua luce nel
Giorno del Giudizio. Il messaggio è quello dell’assunzione di responsabilità per i propri peccati, della
confessione, della penitenza ed espiazione, e presenta la ricompensa che riceveranno i giusti e la
dannazione dei malvagi.
➢ Discesa agli Inferi: riguarda, appunto, la discesa agli inferi di Cristo tra morte e Resurrezione per liberare
le anime dei patriarchi. Si trova nel Libro di Exeter.
➢ Anima e corpo: Ci sono due versioni di questo componimento, una tramandata nel Vercelli Book e l’altra
nell’Exeter Book. È un invito a riflettere sul destino dell’anima, poiché l’anima dannata rimprovera il suo
corpo che è costretto a marcire nella tomba per i peccati commessi e gli rammenta il Giorno del Giudizio.
Nella versione del Vercelli Book, è presente inoltre il discorso dell’anima beata al proprio corpo.
➢ Fenice: 677 versi in dialetto merciano, alcuni dei quali sono una rielaborazione di un’opera latina. Il tema
centrale è quello della fenice che diventa vecchia, brucia e rinasce dalle proprie ceneri e rappresenta la
dottrina cristiana della Resurrezione. Si trova nel Libro di Exeter.
➢ Fisiologo: opera che appartiene alla tradizione dei bestiari (testi che descrivono animali/bestie), le cui
origini risalgono al II secolo. Nel Medioevo, la tradizione dei bestiari attirò l’attenzione della cultura
cristiana, subendone l’influsso e un’interpretazione in chiave allegorica degli animali. È diviso in due
parti, in cui la prima descrive l’animale, nella seconda c’è una interpretazione morale, allegorica e
didattica. Quest’opera comprende tre capitoli: Pantera (creatura della terra che simboleggia Cristo),
Balena (creatura del mare che simboleggia il Diavolo) e Pernice (una creatura dell’aria che potrebbe
simboleggiare l’uomo). Si trova nel Libro di Exeter.
➢ Vanagloria: tratta il peccato dell’orgoglio, utilizzando la tradizione patristica, ed è strutturato sul
contrasto tra l’umiltà del Figlio di Dio e la vanagloria del Figlio del Diavolo. Si trova nel Libro di Exeter.
➢ Esortazione alla vita Cristiana: contenuto nel manoscritto Cambridge, Corpus Christi College ed è
preceduto da “Richiamo alla Preghiera”. È un’esortazione alla povertà, all’astinenza, alla preghiera, che
sono tratti tipici della disciplina monastica medievale. Presenta elementi tipici della poesia gnomica
(pieno di moralità, quasi come un proverbio). Una parte di quest’opera è contenuta nell’Omelia XXI del
Vercelli Book.
➢ Giorno del Giudizio I, II: trattano anch’essi temi penitenziali ed escatologici (relativi all’interpretazione
dei destini dell’uomo e dell’universo). Il messaggio principale è che il terrore del Giorno del Giudizio e
dell’Inferno sono le armi che possono indurre l’uomo ad una vita più virtuosa. Inizia con una descrizione
di Paradiso ed Inferno per poi concentrarsi sull’insistenza del rimprovero dei peccatori. Ci sono diverse
allitterazioni, rime, assonanze e ripetizioni ed il soggetto narrante racconta di un’esperienza personale
prima dell’ammonimento, che procede dal particolare al generale, e ciò richiama lo stile di opere come
il Sogno della Croce o Errante e Navigante.
Tra le opere di tipo religioso ci sono anche alcunni componimenti di tipo agiografico, alcuni dei quali associati
a Cynewulf e alla sua scuola:
➢ Menelogio: lista di 28 feste dei Santi, ispirata ai calendari in esametri latini, usato come ausilio per
identificare le date degli avvenimenti secondo il calendario romano.
➢ Andrea: riguarda la vita di Sant’Andrea il quale, inviato da Dio a liberare Matteo dai cannibali, sopravvive
ad una tempesta ma viene catturato e subirà diversi tormenti da queste genti, tuttavia riesce a convertirli
tutti e a tornare trionfante. Si trova nel Libro di Vercelli.
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➢ Elena: è un’opera di Cynewulf, che si trova nel Libro di Vercelli. Essa tratta il ritrovamento della Croce
da parte di Elena, madre dell’Imperatore Costantino I. L’opera racconta il sogno di Costantino e la visione
della Croce alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio tra l’imperatore e gli Unni. Costantino invia sua
madre verso la Terra Santa al ritrovamento della Croce: una volta giunta a Gerusalemme, Elena interroga
i Giudei e getta in una fossa Giuda, in modo da farsi rivelare il luogo della Croce. Questa si trovava al
Calvario, quindi Elena la recupera, la fa ricoprire di gemme e d’oro. Giuda si fa battezzare e consacrare
vescovo col nome di Ciriaco. Non si sa se la figura centrale sia Elena, Giuda o la Croce stessa.
➢ Giuliana: è un’opera di Cynewulf, che si trova nel Libro di Exeter. È una leggenda sul martirio di Santa
Giuliana, una giovane nobildonna che rifiuta di sposarsi con il senatore Eliseo. Dopo esser stata frustata
e imprigionata, riceve la visione di una figura demoniaca che tenta di farle accettare il paganesimo, ma
per difendersi la donna si rifiugia nella preghiera, fin quando una voce dal cielo le suggerisce di affrontare
fisicamente la figura demoniaca per costringerla a confessare la verità, e riesce nel suo intento.
Successivamente avviene il suo martirio, che segna però anche la morte del suo uccisore: Eliseo morirà
in mare annegato. Giuliana assume un ruolo attivo nella lotta contro il demonio, lotta che è il centro del
componimento.
➢ Guthlac A (Libro di Exeter): è un poema frammentario incentrato sul conflitto spirituale tra il santo
Guthlac e i demoni, che tentano di cacciarlo dal suo romitaggio. Il poema si conclude raffigurando Guthlac
accompagnato in cielo dagli angeli.
➢ Guthlac B (Libro di Exeter): descrive la morte del santo nel suo eremo. La dizione poetica, stile e metrica
sono più elaborati rispetto a Guthlac A.
- Beowulf: è l’opera anglosassone più letta e studiata. Le qualità allusive, le digressioni e la complessità
della composizione a livello sia micro sia macrostrutturale rendono complicata l’interpretazione del
poema, che Harris ritiene una summa litterarum, cioè una raccolta di generi dell’oralità del Medioevo
germanico. Una delle principali differenze tra il Beowulf e la leggenda eroica risiede nei tre scontri
dell’eroe con i tre mostri, i quali sono dotati di un significato universale che va oltre quello legato
all’antagonista umano. I mostri rappresentano, infatti, la libertà del poeta nel trattare la tradizione.
I tre mostri sono: Grendel (mostro antropomorfo), la madre di Grendel (che ha carattere animalesco)
e il drago (che è creatura serpentiforme). La prima parte del poema descrive la vittoria di Beowulf
contro Grendel, che, a causa dell’invidia per l’armonia e il calore sociale tra gli esseri umani nella
reggia creata sotto ordine di re Hrothgar, la devasta ogni notte per 12 anni, per poi passare alla lotta
con la madre di Grendel, che cerca vendetta per il figlio. La seconda parte si svolge dopo 50 anni: un
anziano Beowulf, divenuto re dei Geati, si scontra con un drago che devasta il suo regno, riesce ad
ucciderlo ma rimane ferito a morte. Il poema si conclude con il funerale di Beowulf. Ci sono dei
parallelismi tra mondo pagano e mondo cristiano, sia per quanto riguarda il protagonista che i
mostri: Grendel è definito come “gigante/mostro”, termini della demonologia pagana, ma anche
come “nemico del genere umano”, epiteto tipico del Diavolo. Quindi la sua caratterizzazione
presenta una doppia prospettiva: quella dei personaggi, nella quale incarna un mostro della
demonologia pagana, e quella del poeta e del suo pubblico, per i quali Grendel è una manifestazione
del Maligno in senso cristiano. Della madre viene sottolineata la natura bestiale e acquatica con la
definizione di “lupa del mare”. Anche il drago, da un lato rappresenta l’incarnazione del male e del
caos (per la tradizione ebraica), mentre per la tradizione agiografica (relativa alle vite dei santi), esso
rappresenta il Diavolo. Nel poema, però, non è rappresentato con epiteti di senso diabolico che
invece identificano Grendel. Se Beowulf è stato per anni un guardiano “saggio” del suo popolo, lo
stesso epiteto contraddistingue anche il drago, nella funzione di antico guardiano del tesoro.
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Anche Beowulf può essere interpretato secondo due punti di vista: per la tradizione germanica, esso
richiama l’eroe coraggioso, dalla volontà di ferro, sensibile. Esso ruota intorno alla violenza, ma non
viene ripudiato, anzi viene considerato come modello della società aristocratica del VIII secolo. Altre
interpretazioni lo collocano in un ambiente monastico, lo considerano come un santo cristiano che
lotta contro il male. Spesso vengono anche fatti dei parallelismi con Grendel: entrambi sono a
proprio agio sia in terra che in mare; l’uno è un essere mostruoso enorme, l’altro è di statura e stazza
superiore agli altri uomini; sia Grendel sia Beowulf sono esseri smisurati, mostri, e anche la loro ira è
formulata con gli stessi termini. I due non differiscono in potenza ma in indole: Grendel è un
distruttore, è la perversione della volontà, laddove Beowulf è il trionfo della volontà sulla paura e
sulle manchevolezze che possono minare il carattere dell’uomo migliore. Solo Beowulf non scappa
dai mostri, ma li affronta.
La data ipotizzata per quest’opera è tra il VIII e il IX secolo, il che fa pensare che sia stato copiato
diverse volte prima di essere inserito nel Nowell Codex. Anche la provenienza è incerta, si ipotizza la
Northumbria, il Wessex, la Mercia, o l’Anglia Orientale. Il dialetto è il sassone occidentale tardo,
anche se sono presenti peculiarità morfologiche e lessicali angliche.
Ripetizione, variazione e contrasto sono i principali aspetti stilistici dell’opera. La figura retorica più
importante è la variazione, che consiste nell’affermazione doppia o multipla dello stesso concetto
con parole diverse che aggiungono ulteriori significati, portando chiarimento, amplificazione o
enfasi. Beowulf presenta tutte le caratteristiche tipiche della poesia anglosassone, portate a un
altissimo grado di maestria, dimostrata anche dalla densità di composti. La sintassi è paratattica, ma
si ha un uso strategico dell’ipotassi in alcuni brani a cui si vuole conferire particolare rilievo. Il poeta
si richiama alla tradizione orale ed esordisce con il richiamo convenzionale all’attenzione e
all’ascolto: “hwaet” traducibile con “Ascoltate!”.
Alla trama principale, incentrata sulla lotta contro i mostri, viene collegato il tema delle faide
familiari, caro alla leggenda eroica. Esse si innestano nel racconto attraverso le digressioni, che
svolgono un ruolo fondamentale nel disegno strutturale.
TRAMA: Il poema ha inizio con l'arrivo dal mare del fondatore eponimo della dinastia danese degli
Sci ldinghi, Scyld Scefing, il suo regno e il suo funerale navale. Il pronipote Hrothgar costruisce una
magnifica reggia, Heorot, attaccata ogni notte da Grendel, un mostro antropomorfo e antropofago
che vive nella marca paludosa. Dopo dodici anni di faide, Beowulf, giovane guerriero nipote del re
dei Geati Hygelac, giunge dalla Svezia in soccorso del re danese, i l qua le aveva a suo tempo dato
rifugio a suo padre, insieme a quattordici guerrieri scelti. Alla reggia di Hrothgar il consigliere del re,
Unferth, ne mette però in dubbio le capacità, e Beowulf è costretto a difendersi narrando i propri
exploit eroici. Dopo il banchetto, Danesi e Geati si addormentano, mentre Beowulf veglia in attesa
di Grendel, che, sopraggiunto, divora un geata dormiente e si scontra con Beowulf. La lotta provoca
la distruzione di gran parte della sala e, mentre Grendel fugge per evitare una inattesa sconfitta,
Beowulf lo afferra per un braccio, strappandoglielo di netto con tutta la spalla. Il giorno dopo tutti i
guerrieri seguono le tracce del sangue di Grendel fino alla palude, concludendo che il mostro sia
morto e, di ritorno alla reggia, uno di loro intona un canto che paragona Beowulf a Sigemund, l'eroe
uccisore di draghi. Nella notte, mentre tutti dormono, giunge alla reggia in cerca di vendetta la madre
di G rende l e cattura uno dei più stretti collaboratori del re. Al mattino Beowulf si offre di vendicarlo
e si reca alla palude con un drappello di Danesi e Geati, che lungo il cammino trovano la testa del
danese massacrato. Beowulf accetta una spada da Unferth e si immerge nella palude, dove alcuni
mostri cercano invano di penetrare la sua armatura. La madre di G rendel lo trascina nella sua dimora
subacquea, in una stanza asciutta e illuminata, nella quale i due lottano, senza che la spada di Unferth
abbia alcun effetto sulla donna-strega. Sul momento di cedere, Beowulf afferra una spada magica
appesa al muro e con questa uccide la madre e decapita il corpo di Grendel, che si trova nella stanza,
fondendo la lama della spada come ghiaccio. Alla vista del sangue che sale in superficie, i guerrieri
danesi pensano alla tragica fine dell'eroe e se ne vanno, mentre i fidi Geati restano, sperando che il
loro signore sia sopravvissuto. E Beowulf infatti riemerge, con la testa di Grendel e la sola elsa della
spada liquefatta dal sangue velenoso del mostro. Al ritorno alla reggia, Hrothgar, ascoltato il
resoconto di Beowulf, lo loda come eroe e potenziale re, pronunciando un discorso sui pericoli
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dell'orgoglio. Dopo l'immancabile scambio di doni preziosi, Beowulf e i suoi uomini tornano in patria,
dove, dopo un nuovo scambio di doni, l'eroe racconta l'accaduto allo zio e sovrano, presagendo (a
ragione) future faide tra Hrothgar e il genero l ngeld. Cinquant'anni dopo, Beowulf è divenuto re,
dopo che Hygelac era stato ucciso durante una razzia in Gallia e il giovane figlio di Hygelac, Heardred,
servito lealmente da Beowulf, aveva perso la vita nella guerra contro gli Svedesi. Re Beowulf deve
ora affronta re la te rri bi le insidi a del desti no, sotto forma di un drago che, sputando fuoco, devasta
il regno dei Geati, per via di un piccolo furto dal tesoro antico e maledetto che il mostro custodisce
nel suo tumulo. Beowulf si appresta ad affrontare il drago; lo accompagnano undici seguaci, con il
ladro come tredicesimo uomo che funge da guida. Al sopraggiungere dello scontro, il protagonista
pronuncia un discorso, in cui considera il triste destino di altri re, poi con un grido chiama il drago
fuori dalla tana e inizia la lotta. È subito chiaro che da solo Beowulf non può vincere, ma i suoi uomini,
terrorizzati, non osano farsi avanti. Solo Wiglaf, congiunto di Beowulf, interviene nella mischia e con
il suo aiuto l'eroe vince il drago, spirando tuttavia pochi istanti dopo aver contemplato, con malcelato
orgoglio, il magnifico tesoro. Wiglaf rimprovera i codardi e prende il comando, mentre un
messaggero predice l'imminente guerra mossa dagli Svedesi contro i Geati, senza più un re. l Geati
trovano Beowulf e il drago morti uno accanto all'altro e portano via il tesoro, che viene bruciato
insieme al sovrano su un promontorio marino, tra il lamento funebre di una donna e i canti di
encomio di dodici nobili guerrieri.
- Frammento di Finnsburh: è un testo di 48 versi, pubblicato da George Hickes nel suo Thesaurus. La
datazione è difficile in quanto il manoscritto è scomparso e il testo scritto e stampato da Hickes
contiene molti errori. Il dialetto è il sassone occidentale tardo. Alcuni studiosi sostengono sia datato
tra 870/950 e danno come luogo d’origine la Northumbria. È una parte di un antico poema eroico
che descrive un attacco armato da parte dei guerrieri del re frisone Finn nella rocca di Finnsburh,
dove si trovano il principe Danese Hnaef ed i suoi 60 guerrieri, in visita a Hildeburgh, sorella di Hnaef
e regina di Finn. In questo frammento i movimenti sono veloci e predomina il gusto tradizionale della
battaglia, a differenza dell’“Episodio” di Beowulf, che si concentra sulla tregua, il funerale, il dolore
di Hildeburh.
- Widsith: ha 143 versi in cui si enumerano re, popoli ed eroi delle leggende germaniche nel periodo
delle invasioni. Widsith significa “Viaggia-Lontano”, ed è il nome dello scop (cantore) che dichiara di
aver visitato tali popoli appartenenti ad epoche diverse. L’opera è formata da tre liste di nomi di re,
eroi e genti la cui memoria viene perpetuata dal cantore, il quale commemora tradizioni tribali e si
rivolge al suo pubblico come erede di tali tradizioni. I fatti menzionati nei versi narrativi sono, ad
esempio, la battaglia tra Goti e Unni, la lotta di Hrothulf e Hrothgar contro Ingeld ecc.
- Waldere: sono 63 versi in sassone occidentale tardo, contenuto in due fogli: Waldere I, II. Pare sia
databile all’anno Mille. I due frammenti non sono in sequenza, anche se appartenevano
probabilmente allo stesso fascicolo, di cui sono andati persi circa 150 versi. Quest’opera parla di
Walther di Aquitania che è ostaggio con l’amico Hagano alla corte del re degli Unni Attila. Egli fugge
insieme all’amata Hiltigunt con del tesoro e due scrigni pieni d’oro, ma il re Guntharius pretende di
avere l’oro e la donna. Si scatena uno scontro tra i due, in cui Walther uccide prima undici uomini del
re dei Franchi, per poi tagliare lui una gamba. Hagano, fedele seguace del re, interviene in sua difesa
e mozza la mano a Walther, gli cava un occhio e gli stacca sei denti. In quest’opera emergono tanti
temi tipici della tradizione germanica: donna come incitatrice, lealtà in conflitto, prestigio di armi e
tesoro.
- Battaglia di Maldon: di quest’opera mancano inizio e fine. Anche questo manoscritto è andato
distrutto dopo l’incendio alla biblioteca cottoniana del 1731, ne resta attualmente solo una
trascrizione cartacea. Il componimento rappresenta un nuovo tipo di poesia eroica, in quanto non si
riferisce alle leggende, ma a fatti drammatici contemporanei realmente accaduti, e si concentra per
lo più sul tema della morte. L’evento storico avviene a Maldon nel 991, tra un esercito locale guidato
da Byrhtnoth e dei vichinghi. L’opera si apre con i due eserciti che si fronteggiano lungo due opposte
sponde di un fiume, in cui si apre un guado in cui i vichinghi potrebbero attaccare se non fosse sotto
tiro degli arcieri. Essi chiedono perciò di poterlo attraversare indenni e Byrthnoth acconsente: questo
gesto viene visto sia come “arroganza” che come “coraggio”. L’opera è ricca di dettagli su luogo,
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date, e nomi dei personaggi. Un elemento che richiama la tradizione eroica è il dialogo tra Byrthnoth
ed il portavoce dei vichinghi: tipologia dello scontro verbale.
Maldon si sofferma più sul tema della morte che non sul combattimento, descrivendo i guerrieri che
cadono, uno a uno. Non compaiono i nomi della leggenda eroica, del glorioso passato più antico, ma
solo i nomi dei contemporanei e dei loro più diretti antenati. Il poema è ormai distante dal passato
leggendario di Widsith o di Beowulf, figlio di un nuovo e tragico contesto eroico che nasce da una
nuova epoca di contrasti politici, religiosi e sociali.
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- Messaggio del marito: contiene motivi elegiaci a dispetto del tono ottimistico, in quanto solitudine,
esilio, separazione e sofferenza sono eventi del passato ormai superati. Secondo alcuni studiosi è la
continuazione del “Lamento della moglie”, in quanto qui il narratore reca alla moglie/ promessa sposa
del proprio signore un messaggio che la invita a riunirsi a lui oltremare, dal momento che sono venute
meno le circostanze che lo avevano costretto all’esilio. Le difficoltà interpretative nascono anche
dalla condizione materiale dei fogli manoscritti, danneggiati dal fuoco, che ha reso molti termini
ormai illeggibili.
L’autore del messaggio è descritto come “un tipo di legno”: ciò suggerisce che la voce narrante
appartenga ad un pezzo di legno indicante il messaggio runico (tramite prosopopea). Nell’Exeter
Book, quest’opera è preceduta dall’Indovinello 60, che ha per soluzione “calamo”, un oggetto con
funzione comunicativa creato da una pianta, che alcuni considerano come la parte iniziale di
quest’opera.
- Rovina: è una meditazione sulle rovine di una città romana (Bath). Questo componimento si sviluppa
a ritroso: parte dalla desolazione del presente per tornare allo splendore del passato, descrivendo
prima i resti di una fortezza e immaginandone la vita in giorni passati. Il testo è gravemente
danneggiato dalle bruciature che hanno interessato gli ultimi 14 fogli del Libro di Exeter. A differenza
delle altre elegie, qui manca la forma monologica, sostituita da una descrizione impersonale.
2.8. La poesia gnomica e sapienziale
In anglosassone esiste un corpus in cui predomina l’espressione gnomica: rientrano per lo più raccolte di
massime e proverbi, difficilmente distinguibili tra di loro. La poesia gnomica è un tipo di poesia sapienziale
in cui si considerano gli aspetti fondamentali della vita umana e la loro presentazione in modo memorabile,
anche se si distingue da questa perché è costituita da affermazioni brevi e proverbiali, che tendono a
utilizzare costruzioni semplici. In questa categoria rientrano diversi componimenti dell’Exeter Book come:
Doni degli uomini, Destini degli uomini, Precetti e Massime.
- Canto di morte di Beda: ha carattere aforistico, sono cinque versi in cui si sostiene che l’uomo non
debba sapere quale sarà il destino della sua anima dopo la morte. Il tema dell’ignoranza sul Giudizio
divino è connotato da espressioni negative, dalla morte rappresentata come viaggio e da riferimenti
a Dio. Pare che sul letto di morte Beda abbia composto il Canto, tramandato nella lettera di un suo
allievo al condiscepolo Cuthwin. La lettera ed il Canto sono tramandati in circa 35 manoscritti, in cui
il dialetto è quello northumbro nei più antichi, e nei più recenti è il sassone occidentale.
- Massime I: è una raccolta di asserzioni gnomiche, non si sa se sia un’opera unica oppure tre, poiché
è costituita da tre parti: la prima parla di argomenti teologici, politici, naturalistici; le altre due
riguardano una maggiore concretezza. La seconda parte, infatti, si concentra sull’uomo e sulle sue
attività, mentre la terza verte sul come ottenere fama, correre con i lupi, suonare l’arpa, avere armi
sempre pronte.
- Massime II: tramandate nel ms. London, British Library, Cotton Tiberius B I, hanno per tema ciò che
è giusto e naturale in questo mondo, per poi affrontare la sfera divina. Un guerriero deve avere
coraggio ed armi valide, un re deve distribuire anelli, un drago deve custodire il tesoro. Nel complesso
le Massime riguardano temi tradizionali riguardo natura, società, vita quotidiana. I temi ricorrenti
sono fame, isolamento, mancanza di amici, pericoli della navigazione, l’importanza della saggezza, il
mondo animale, la morte, il destino dell’anima, ecc. attraverso giochi di parole ed effetti sonori.
- Salomone e Saturno I, II: si trovano nel ms. Cambridge, Corpus Christi College, 422. Sono
probabilmente opera di uno stesso autore d’area anglica e sembrano risalire a un’epoca post-
alfrediana. Sono testi frammentari, contengono dei dialoghi tra il re biblico Salomone e il principe
caldeo Saturno. Salomone e Saturno I racconta che Saturno, dopo aver cercato senza risultati la
sapienza e la verità in Grecia, Libia e India, si rivolge a Salomone. Questi gli risponde dicendo che il
potere del Pater Noster sia necessario per sconfiggere il Diavolo nelle sue varie forme: una di queste
forme è rappresentata da un gruppo di demoni che incidono rune di disgrazia sulla sua arma
rendendo pesante la sua mano in battaglia. Il messaggio è che, appunto, non si dovrebbe estrarre la
spada prima di aver recitato un Pater Noster.
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In Salomone e Saturno II, è Saturno a porre la maggior parte delle domande riguardo fenomeni
naturali, i destini degli uomini, il Giorno del Giudizio, mentre Salomone gli mostra come egli possa
trovare le risposte a tutti i più grandi dubbi attraverso il Cristianesimo.
- Precetti: sono insegnamenti di un padre al figlio in forma di decalogo, forse per influenza dei Dieci
Comandamenti. Gli insegnamenti sono di natura generale e riguardano tre fasi della vita: giovinezza,
maturità, vecchiaia.
- Ordine del mondo: in questo componimento il poeta sfida il pubblico a interrogarlo sulla Creazione,
paragonando ciò che sta per raccontare ai canti del passato. Quest’opera è stata classificata anche
come poesia biblica, in quanto si sofferma sulla saggezza esortando a tralasciare le gioie temporanee
per trovare il Regno dei Cieli.
- Doni degli uomini: quest’opera elenca i talenti concessi da Dio, il quale non ha lasciato nessuno
senza un talento, per cui non c’è ragione di disperarsi; così come non ha dotato nessuno di eccessivo
talento, cos’ che non ci sia motivo di inorgoglirsi. C’è un elenco di abilità di talenti donati anche a
persone materialmente povere: doti fisiche, intellettuali, pratiche o estetiche, così come la
religiosità, il valore nel combattere il demonio, la competenza liturgica e l’amore per i libri.
- Destini degli uomini: comprende due elenchi, uno che sottolinea che il fato è guidato dalla volontà
divina, per poi esporre i modi in cui gli esseri umani trovano la morte. Il secondo riflette sulle abilità
che Dio ha concesso agli uomini.
- Poemetto runico: era contenuto in un singolo foglio che è andato bruciato con l’incendio alla
biblioteca Cotton, ora è inserito in un manoscritto dell’XI secolo, e contiene le definizioni delle 29
rune del Fuþorc (alfabeto) anglo-frisone, seguite da una srofa che descrive l’oggetto o l’essere da cui
la runa prende il nome.
Indovinelli
I 95 Indovinelli dell’Exeter Book, che compongono tre blocchi alla fine del codice, rappresentano la più
antica raccolta del genere in un volgare europeo. Hanno diverse lunghezze, vanno da sei a un centinaio
di versi, e descrivono aspetti del mondo anglosassone sottoforma di enigma. Gli indovinelli descrivono
un oggetto o un’entità da una prospettiva insolita, manipolando la realtà: il messaggio viene criptato per
portare il solutore fuori strada. Spesso oggetti inanimati sono descritti come senzienti, gli animali
prendono sembianze umane ed entrambi parlano spesso in prima persona, attraverso la tecnica della
prosopopea. La funzione originaria dell’indovinello, che aveva molta popolarità nel Medioevo, era legata
ad una sapienza nascosta, ma anche ad un aspetto ludico. Esistono anche dei paralleli continentali
redatti in latino: gli Indovinelli di Berna, di Lorsch, di Reichenau.
Gli Indovinelli di Exeter si possono dividere in due gruppi a seconda che si tratti di enigmi presentati in
prima persona, in cui l’oggetto da indovinare parla di sé stesso, oppure che siano presentati da un
parlante che lo descrive in terza persona. Altri tipi di classificazione riguardano la tipologia delle soluzioni
o quella delle metafore impiegate per la descrizione. In base a quest’ultima tipologia si distinguono
indovinelli “antropomorfi” (l’oggetto è descritto nei termini di esseri umani), “zoomorfi” (nei termini di
animali), “fitomorfici” (come se l’oggetto fosse una pianta) e indovinelli che descrivono l’oggetto come
un essere inanimato. Alcuni indovinelli utilizzano le rune, tutti sono privi di titolo e a differenza degli
enigmi latini non presentano le soluzioni.
Spesso gli indovinelli possono ricondurre a due o più soluzioni, una delle quali è sempre legata alla sfera
sessuale e ha carattere erotico. Inoltre, i soggetti degli indovinelli sono spesso umili per natura, ma mai
insignificanti. La soluzione di un indovinello rappresenta quindi un’attività che in qualche modo avvicina
al mistero di Dio.
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3. La prosa
Gran parte della produzione scritta in anglosassone è costituita dalla prosa. I primi documenti letterari sono
traduzioni di origine merciana o latina. La fioritura maggiore ebbe luogo nell’età della Riforma benedettina,
a partire dagli anni Sessanta del X secolo.
3.1. Codici giuridici
La produzione di leggi in anglosassone si può collocare tra VII e XII secolo, grazie all’intervento della Chiesa,
la quale ha introdotto la scrittura dopo secoli di trasmissione orale. Ciò favorì la pubblicazione del primo
codice di leggi di Æthelbert del Kent, primo re cristiano dell’isola. Questo codice è conservato in un
manoscritto tardo, il Textus Roffensis, stilato a Rochester dopo la conquista normanna e contenente leggi di
natura legale. La sintassi del codice è molto semplice, ma va complessificandosi nelle versioni successive.
Seguirono le leggi promulgate da altri re del Kent, come Hlothhere, Eadric e Wihtred, di cui rimangono sei
copie manoscritte, insieme ad altri codici di leggi emanate dai successori di re Alfredo, che tendono a
considerare i delitti come reati contro la società, passando sempre più alla responsabilità individuale e alla
punzione per i criminali.
3.2. La glossografia
L’attività glossatoria in Inghilterra è tra le più antiche in Europa, risale al VII secolo nella scuola di Canterbury,
fondata dall’arcivescovo Teodoro di Tarso. Esistono circa 225 manoscritti contenenti glosse in volgare. Le
glosse possono consistere in sinonimi, traduzioni, spiegazioni, e rappresentano un ausilio per apprendere il
lessico latino o offrono interpretazioni e commenti. Il più antico testo inglese completamente glossato per
interlinea è il “Vespasian Psalter”.
Le glosse potevano inoltre essere raccolte come Glossae Collectae, nello stesso ordine in cui apparivano nel
testo che annotavano. Ci sono diversi tipi di glossari: quelli a tema (comprendenti termini relativi a precisi
campi semantici come parentela, animali, uccelli, piante, parti della casa…) o quelli alfabetici, strutturano le
glosse secondo un ordine A (dalla prima lettera dei lemmata) o AB (dalle prime due lettere dei lemmata).
3.3. La prosa Alfrediana
Alfredo il Grande inziò a regnare come “re del Wessex” nell’871, morì nell’899 col titolo di “re degli
Anglosassoni”. Esiste una sua biografia, composta da Asser nell’893, che si ispirava alla Vita Karoli Magni di
Eginardo e mirava ad innalzare re Alfredo elogiando i risultati ottenuti durante la sua vecchiaia,
paragonandolo all’imperatore Carlo Magno.
Una volta al potere, Alfredo si dedicò ad espandere il suo regno, puntando allo sviluppo della vita
intellettuale, morale e religiosa, circondandosi di consiglieri personali ed eruditi provenienti dalla Mercia o
dall’estero. Il programma di Alfredo si basava sulla traduzione di testi allora considerati cruciali, che si
concentravano sulla storia del mondo (Historiae adversus paganos) e dell’Inghilterra (Historia ecclesiastica
gentis Anglorum). Sono ascritte ad Alfredo le traduzioni di Cura pastoralis, De consolatione philosophiae,
Soliloquia, Salmi. Queste attribuzioni sono state messe in discussione da studiosi che sostenevano che i
traduttori usavano la figura di re Alfredo per avvalorare il loro operato, mentre il re promuoveva la sua
immagine come buon cristiano, studioso ed educatore del suo popolo per fini propagandistici.
- Cura pastoralis: composta da papa Gregorio Magno come un manuale per i vescovi, anche se le sue
osservazioni si rivelarono utili per la sfera temporale. Gli Anglosassoni rispettavano questo papa, che
partì in una missione evangelizzatrice in Inghilterra guidata dal monaco Agostino. Si nota il legame
tra il papa e la cristianità dalla prefazione scritta in versi. La traduzione di re Alfredo resta fedele
all’originale anche se la prefazione è in prosa, la sintassi viene semplificata e laddove Gregorio si
rivolge ad un “vescovo”, la traduzione in anglosassone sostituisce questo termine con “governante”
o “maestro” per dare al testo una sfumatura più laica.
- Consolazione della filosofia: è di Boezio, è un testo filosofico che indaga la natura della vera felicità
e le questioni del libero arbitrio e della Provvidenza. La traduzione si presenta in due forme: una in
prosa e l’altra alterna prosa e poesia. La traduzione tratta il modello con libertà e sostituzioni,
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omissioni e aggiunte, e buona parte delle modifiche contribuisce ad accentuare il carattere cristiano
dell’opera boeziana.
- Salmi: i primi cinquanta salmi in prosa del Salterio di Parigi vengono attribuiti a re Alfredo. Questi
rivestivano una grande importanza per la Corona in quanto attribuiti ad un re. Inoltre, i primi
cinquanta trattano le responsabilità connesse alla regalità. La traduzione è piuttosto fedele anche se
in alcuni passi vi sono espansioni di tipo esegetico a commento del testo.
- Historia ecclesiastica gentis Anglorum: di Beda, quest’opera rievoca lo splendore passato della
cultura anglosassone, e poteva essere considerato come un testo identitario fondante. Nella
traduzione anonima, delle forme linguistiche suggeriscono che il testo sia stato copiato da
amanuensi sassoni occidentali da un originale testo merciano. Inoltre, mentre in Beda è cruciale
l’accusa di eresia dei Britanni, nella traduzione in antico inglese vengono eliminati questi riferimenti,
caratterizzando questa popolazione autoctona meno negativemente. Il lessico richiama la poesia: è
ricco di composti, metafore, calchi e neologismi.
- Cronaca anglosassone: è la prima cronaca in volgare dell’Europa occidentale. Questa contiene una
serie di annali sulla storia dell’Inghilterra a partire dal 60 a.C. (anno in cui Giulio Cesare pare abbia
pianificato un’invasione in Inghilterra) fino al 1154. La Cronaca è uno dei pochi testi in prosa non in
traduzione, ed esercitò una notevole influenza sulla storiografia dell’Inghilterra (nella biografia di re
Alfredo di Asser, ci sono elementi basati su una versione del nucleo comune di annali: il Common
Stock). Pare che la zona di origine della Cronaca sia il Wessex e che risalga all’IX secolo. Benchè la
commissione diretta di re Alfredo resta incerta, il suo utilizzo da parte di Asser suggerisce che varie
copie dell’opera siano state distribuite tra gli eruditi del re. Queste copie vennero progressivamente
ampliate fino ad ottenere un corpus di annali in vari manoscritti, i più rilevanti dei quali sono A, B, C,
D, E. La versione A è la più antica, nota come Cronaca Parker; gran parte della versione B è stata
copiata in C; la versione E è nota come Cronaca di Peterborough, per il luogo di produzione; il
manoscritto G è andato quasi tutto bruciato.
La seconda metà del X secolo è il periodo della “Riforma benedettina” che conferì un rinnovato vigore alla
vita religiosa e culturale dell’Inghilterra. Questa prevedeva che la vita dei monaci dovesse essere dedicata
alla preghiera, alla lettura dei testi sacri e al lavoro manuale. Inoltre, tra le applicazioni della riforma vi era il
ripristino dei monasteri devastati dalle incursioni di pirateria, economicamente sostenuti dalla Corona.
Protagonisti di questo periodo furono Dunstan (arciverscovo di Canterbury), Æthelwold e Oswald. La
Riforma Benedettina promosse in Inghilterra una letteratura sia in latino che in volgare, alla cui produzione
contribuirono Æthelwold, Ælfrich, Wulfstan e Byrhtferth. Il sassone occidentale viene man mano sostituito
dalla sua varietà tarda (tardo sassone occidentale). Nasce inoltre il cosiddetto “Winchester Vocabulary”, che
denota termini specifici preferiti ad altri sinonimi per rendere concetti chiave della religione cristiana.
• Æthelwold: fu uno dei principali promotori della Riforma, oltre ad essere abate di Abingdon e
vescovo di Winchester. Egli fu insegnante, traduttore e consigliere reale. A lui si devono le glosse in
volgare al Royal Psalter e al De Virginitate di Adelmo. Tradusse inoltre il testo cardine della Riforma
benedettina, la Regula Sancti Benedicti. Inoltre, realizzò la Regularis Concordia, contenente le norme
del monachesimo riformato.
• Ælfrich: è il più importante teologo, tratuttore biblico, omelista e autore di opere didattiche e
scientifiche dell’età anglosassone. È stato educato alla scuola di Winchester di Æthelwold, è stato
nominato abate da Æthelmaer (figlio di Æthelweard). Ælfrich riflette aspetti specifici della Riforma
benedettina, quali la promozione del volgare, l’interesse per l’educazione e gli ideali monastici, il
dialogo con potenti laici, l’uniformità nell’osservanza religiosa e liturgica e la regolamentazione delle
attività sacerdotali. Tra queste ultime spicca la sua attività in campo culturale, attraverso
l’innalzamento del livello del clero, il rafforzamento della conoscenza del latino, la ricerca della
qualità testuale e il ripristino dell’ortodossia garantita dalla tradizione patristica.
Per quanto riguarda la sua produzione omiletica, essa comprende due serie di Omelie Cattoliche,
contenente ciascuna quaranta esemplari ordinati secondo il calendario liturgico.
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L’egesi scritturale (studio e indagine dei testi sacri) è il principale mezzo educativo di Ælfrich per la
catechesi dottrinale e teologica. Nelle omelie, egli traduce i passi evangelici aggiungendo un
commento versetto per versetto, spiegando il significato spirituale e allegorico della lettera e
aggiungendo anche istruzioni morali e citazioni di passi paralleli. Le sue omelie ebbero ampia
circolazione e godettero di una ricca tradizione manoscritta. Alcune delle Omelie Cattoliche
riguardano biografie di santi, soprattuto apostoli, e ciò inserisce Ælfrich anche nel genere
dell’agiografia (relativa alla vita dei santi):
Le “Vite dei Santi” sono state composte su richiesta di Æthelweard e di Æthelmaer. La fonte
principale di Ælfrich è la raccolta di leggende a uso monastico di origine continentale. Nella scelta
dei santi, egli si basa su quelli con maggior popolarità, ma anche sul peso della tradizione delle sue
fonti. Le Vite dei Santi trattano figure di santi-guerrieri e comprendono traduzioni dal Libro dei Re
e dai Macabri.
Oltre a ciò, Ælfrich effettuò una traduzione parziale della Genesi, fino al sacrificio di Isacco. Nella
prefazione afferma di aver intrapreso l’opera per desiderio di Æthelweard e con riluttanza,
convinto che sia pericoloso mettere il testo sacro a disposizione di laici che possono non capire il
senso profondo e fermarsi solo alla lettera. Ciò potrebbe spiegare perché alcune parti vengano
tralasciate ed altre vengano trattate con cautela. Ælfrich tradusse anche la seconda parte del Libro
dei Numeri e il Libro di Giosuè.
Nel ruolo di “maestro”, Ælfrich compose un trittico di opere per l’insegnamento del latino:
Grammatica, Glossario e Colloquio. La Grammatica, prima grammatica del latino ad essere scritta
in volgare, intende migliorare la comprensione sia del latino che del volgare, illustrando le forme
grammaticali e fornendo esempi in entrambe le lingue; di essa sopravvivono sedici manoscritti. Il
Glossario latino-antico inglese è ordinato per campi semantici e tramandato in sette manoscritti. Il
Colloquio è stato integrato da una glossa in volgare, e verte su arti e mestieri allo scopo di far
esercitare gli allievi nella conversazione latina su un registro linguistico quotidiano.
Ælfrich fu inoltre autore di lettere pastorali indirizzate ai vescovi e di lettere per i laici dedicate
all’istruzione morale.
• Wulfstan: è stato vescovo di Londra, di Worcester e di York. Fu un omilista e giurista della seconda
generazione della Riforma benedettina così come Ælfrich. Tuttavia, Wulfstan si differenzia da Ælfrich
perché il suo interesse era per lo più politico, giuridico e morale, il che lo porta a trattare temi quali
la venuta dell’Anticristo e il Giorno del Giudizio. Le sue fonti principali sono gli autori continentali
della Riforma carolingia, ma, a differenza di Ælfrich, Wulfstan non cita per nome le sue fonti
patristiche. A Wulfstan sono attribuiti diversi sermoni, per lo più in volgare; il suo più celebre brano
di predicazione è il Sermo Lupi ad Anglos in antico inglese. Il suo stile è caratterizzato da un tono
retorico, dall’uso di termini intensificanti, dall’anafora, dall’allitterazione, dalla rima, da domande
retoriche ed esclamazioni. Sono invece rare metafore e similitudini, poiché Wulfstan mira a una
predicazione efficace rivolta a persone di cui non sopravvaluta la capacità di comprendere pensiero
e linguaggio difficili.
• Byrhtferth: è autore sia in latino che in volgare, fu monaco a Ramsey. Compose l’Enchiridion
(“Manuale”) in lingua mista, che è un commento e integrazione dell’opera di Abbone “Computus”
che riguarda formule, tavole aritmetiche per calcolare la data delle feste nobili dell’anno cristiano.
3.5. La prosa anonima
Le omelie rappresentano il genere testuale numericamente meglio rappresentato all’interno della
produzione letteraria anglosassone: circa 130 sono opera di Ælfrich, una ventina è attribuibile a Wulfstan e
le restanti sono anonime. Generalemente queste ultime si basano su fonti latine e testi apocrifi (testi religiosi
che si riferiscono a Cristo, che un tempo sono stati esclusi dalla Bibbia), che fornivano immagini e motivi
pittoreschi, che riguardavano ad esempio i diavoli. I temi preferiti dai sermoni sono: la fine del mondo e i
quindici segni che la preannunciano, il Giudizio Universale e le punizioni infernali per i peccatori. Le omelie
più antiche sono contenute principalmente nelle due raccolte di Blickling e Vercelli.
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- LE OMELIE DI BLICKLING: sono diciotto omelie di argomento escatologico (interpretazione dei destini
dell’uomo) e apocalittico, organizzate secondo l’anno liturgico. Il manoscritto è databile al 971,
mentre i testi risalirebbero ad un periodo precedente, in quanto la lingua sembra più arcaica di quella
di Ælfrich.
- LE OMELIE DEL VERCELLI BOOK: sono ventitrè omelie di tema escatologico. Sono per lo più sermoni,
altre di tipo agiografico, altre traduzioni dal Vangelo di Giovanni e dallo Pseudo-Matteo.
• Il Martirilogio anglosassone: risale probabilmente a pochi anni prima del regno di Alfredo. È un testo
anonimo, è il primo esemplare europeo in volgare che contiene informazioni circa il martirio di uno
dei 238 santi che ricorda. Questo componimento non è la traduzione diretta di alcun testo latino, ma
anzi mostra una certa indipendenza rispetto alla tradizione martirologica.
• Vangeli di Lindisfarne: contengono delle glosse interlineari apposte da Aldred, che costituiscono la
prima forma di traduzione dei Vangeli e sono un’importante testimonianza del dialetto northumbro
tardo.
• Meraviglie d’Oriente: è la traduzione dei Mirabilia latini, una raccolta di brevi descrizioni di esseri
meravigliosi d’Oriente. La versione più ricca è contenuta nel ms. London, British Library, Cotton
Tiberius B V (37 meraviglie in latino e in antico inglese con illustrazioni), mentre nel ms. Cotton
Vitellius A XV si ha soltanto il testo in volgare con 32 meraviglie illustrate.
• Lettera di Alessandro ad Aristotele: è la più antica traduzione in volgare della Epistola Alexandri ad
Aristotelem, è tramandata nello stesso codice del Beowulf. Ha la forma di una epistola scritta da
Alessandro Magno ad Aristotele per metterlo al corrente delle campagne militari in India e sulle
creature mostruose che incontra durante il suo cammino.
4. La letteratura medica e gli incantesimi
Il volgare fu utilizzato nell’Inghilterra altomedioevale anche in testi di tipo medico indirizzati ai laici, e tra
questi in particolare alle donne. Il corpus medico comprende: glosse, il Libro di medicina di Bald, l’Erbario
anglosassone e Lacnunga, i cui manoscritti sono stati compiati per lo più all’epoca della Riforma benedettina.
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