Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Gap analysis
Serve ad individuare lo sforzo aggiuntivo che il piano di marketing richiede. La Gap Analysis mira appunto a
individuare il divario (in inglese ‘’gap’’) fra i risultati previsti in due diversi scenari.
1.La previsione di cosa succederebbe se le cose rimanessero invariate. Ovvero una previsione in ‘’assetto costante’’.
Il divario che individuato può essere suddiviso logicamente in due aree distinte:
Divario operativo: è quel divario che può essere indirizzato con interventi operativi che migliorano le attività in
essere (ad esempio un aumento di produttività o un miglioramento del marketing mix).
Divario strategico: è il divario che deve essere indirizzato con azioni strategiche; ovvero mettendo in essere nuove
attività (ad esempio attaccando nuovi mercati oppure lanciando nuovi prodotti).
3. Il Targeting
Avendo già portato a termine il processo di segmentazione occorre selezionare i segmenti ai quali l’Azienda intende
rivolgersi con la propria offerta. Questa operazione viene definita Targeting. I principali criteri che vengono
considerati per effettuare il targeting:
Strategie di copertura:
Per essere presenti nei rispettivi mercati le Aziende adottano diverse strategie di copertura:
1. marketing indifferenziato: si propone un unico prodotto valido per tutti i mercati serviti
2. marketing differenziato: si adegua la propria offerta a seconda della diversa tipologia di acquirenti
3. marketing concentrato: l’azienda decide di specializzarsi puntando a servire in via esclusiva pochi o addirittura un
unico segmento di domanda
4. Il posizionamento
Dopo il targeting il passo successivo è il posizionamento e cioè “posizionare il prodotto nella mente dei consumatori
in maniera distinta e in contrapposizione ai prodotti della concorrenza”. Per posizionamento si intende quindi il
modo in cui i consumatori percepiscono un certo prodotto, in rapporto a tutti gli altri prodotti concorrenti.
L’obiettivo dell’Azienda è di riuscire a:
- per posizionare il nuovo prodotto meglio degli altri concorrenti si deve cercare di riempire spazi vuoti nella mente
dei consumatori
- esistono prodotti concorrenti con un posizionamento analogo a quello che l’azienda intenderebbe adottare?
- gli attributi utilizzati per posizionare il prodotto sono realmente importanti per i consumatori di riferimento?
- il prodotto è effettivamente in grado di mantenere le promesse che saranno veicolate attraverso la comunicazione?
4. Le caratteristiche al termine del processo: Il posizionamento al termine del processo dovrebbe essere:
- semplice
- rilevante
- credibile
- coerente
5. Le strategie:
- superiorità nei confronti della concorrenza per uno o più attributi (prodotto meno costoso come Hiunday o più
sicuro es. Volvo)
- in funzione di una particolare categoria di utenti (es shampoo Johnson’s Baby non esclusivo per bambini ma esteso
anche a chi effettua lavaggi frequenti)
- in base alla classe di appartenenza del prodotto (Actimel tra gli alimenti probiotici e non negli yogurt) • in antitesi
ad uno specifico concorrente (Pepsi contro Coca Cola)
Per concorrenti non vanno solo intesi quelli “diretti”, ossia presenti all’interno della
continui che offrono soluzioni alle stesse esigenze degli stessi consumatori.
7. Le fonti
SECONDARIE: stampa, bilanci, pubblicità, materiale promozionale, associazioni di categoria, studi di settore,
consulenti
ALTRE: fiere di settore, reverse engineering (l’acquisto di prodotti concorrenti e analisi dettagliata del packaging,
qualità materie prime utilizzate ecc. cercando di identificare i plus del prodotto), assunzione di personale di imprese
concorrenti in ruoli chiave
Gli istituti di ricerca specializzati monitorano costantemente gli acquisti relativi a numerose categorie di beni. In
particolare utilizzano i panel (campione continuativo) di dettaglianti in modo da rilevare
- distribuzione numerica
- distribuzione ponderata
- prodotti lanciati
- spesa in pubblicità
- tipo di pubblicità
Informazioni sul pricing dei prodotti della concorrenza (per effettuare le seguenti comparazioni)
Concorrenti.
Da tutte queste informazioni è possibile valutare l’intensità competitiva all’interno di ciascun segmento, la presenza
di target meno serviti e il posizionamento adottato da ciascun concorrente,
8. Mappa di posizionamento
Un modo per rappresentare il posizionamento è la mappa a due dimensioni, che presenta sugli assi i due fattori
d’acquisito più rilevanti per i consumatori.
La mappa di posizionamento è una raffigurazione della percezione dei clienti che traduce in forma visiva e
sinottica le analisi svolte sulle preferenze dei consumatori rispetto a prodotti e marche di un certo
mercato.
Il criterio con il quale vengono definiti gli assi della mappa e quindi il modo di posizionare le diverse offerte
1-Tecniche statistiche (analisi discriminante, analisi fattoriale, Multiattribute attitude model, Quest’ultima è
strutturata
i 6 fasi:
- richiesta al consumatore di due ordini di valutazione (ranking di importanza degli attributi e assegnazione di un
2-Metodo empirico, individuando i FRA ( fattori rilevanti d’acquisto), il loro peso e i giudizi presumibilmente espressi
dai consumatori.
Con le tecniche statistiche (cluster analysis) è anche possibile costruire mappe multivariate.
ESEMPI DI POSIZIONAMENTO:
- da una specifica superiorità del prodotto rispetto a uno o più attributi rilevanti per il consumatore (meno costoso, di
maggiore prestigio, più funzionale, ecc.)
La mappa del valore tiene conto oltre che degli attributi di performance anche del fattore prezzo.
Definito il posizionamento l’Azienda può ora procedere a disegnare “il” o “i” Marketing mix (per ciascuno dei
segmenti ai quali intende rivolgersi concentrandosi su 4 variabili fondamentali, le 4 P.
•prodotto
•comunicazione (promotion)
•prezzo
Marketing mix: Insieme di strumenti attraverso i quali l’impresa può influenzare i clienti attuali o potenziali
all’interno di uno specifico mercato competitivo. Le sue attività convergono in quattro categorie, anche
Un piano non è tale se non include dei criteri di controllo per monitorarne l’implementazione.
Qualunque esse siano le ragioni dello scostamento possono essere ricondotte a tre grandi gruppi:
• Fattori esogeni. Ad esempio una crisi di mercato o un evento catastrofico o una mossa di un concorrente. • Fattori
endogeni. Ad esempio mancanza di competenze o risorse inadeguate.
• Stime errate. Le assunzioni del piano erano errate. Ad esempio il mercato non ha la dimensione prevista, il prezzo
stabilito non è corretto.
Caratteristiche di un sistema di controllo:
•Formalità. I controlli devono essere codificati e devono essere applicati secondo criteri e tempistiche standard.
•Necessità. Devono essere necessari ed essere percepiti come tali dall’organizzazione (no ritualità). •Priorità. I
controlli devono concentrarsi sugli elementi principali.
Il rapporto fra costi di marketing e vendite. Quante risorse abbiamo impiegato per raggiungere i nostri obiettivi di
vendita.
1.1 Definizione
• In ottica più estesa considerando il prodotto materiale e i servizi accessori abbinati (prodotto esteso)
• In modo generico (prodotto generico) considerando i benefici essenziali che l’acquirente si aspetta di ottenere
E’ in generale un errore per il responsabile marketing definire i prodotti in modo meramente materiale.
Esempio dei produttori di dentifrici che hanno commercializzato i dentifrici non solo per l’igiene orale, ma come
cosmetico (per eliminare le macchie dei denti o per rimuovere il tartaro), come aiuto per le persone che portano la
dentiera ecc. .
L’ottica da adottare è quella della soddisfazione di un bisogno dei consumatori Nell’ottica del marketing concept il
prodotto si può definire come “la somma della soddisfazione fisica, psicologica e sociale che l’acquirente ricava
dall’acquisto, dal possesso e dal consumo”.
1.2 Classificazione
Importante per l’uomo di marketing anche perché prodotti simili possono essere commercializzati in modo simile.
I criteri possono riguardare l’utilizzo finale o il mercato cui sono destinati o il grado di elaborazione e/o
trasformazione fisica
2. Beni strumentali (organizational goods) cioè i beni che vengono acquistati per essere utilizzati nel processo
produttivo di altri beni
- prodotti speciali o specialty goods che per la loro importanza ri chiedono per il consumatore un impegno
particolare per effettuare la scelta.
1.5 Package
Una parte rilevante delle decisioni d’acquisto avviene sul punto vendita.
Il package, soprattutto a livello di primario e secondario illustra al consumatore gli attributi fisici del prodotto e della
marca di cui costituisce il prodotto visibile.
Da ciò la rilevanza degli aspetti estetici nella progettazione e la necessità di considerare attentamente le
associazioni sensoriali (materiale, forma, dimensioni, caratteri ecc.) nonché di coerenza con la categoria di
appartenenza e con il brand in genere.
Il responsabile marketing deve considerare attentamente le esigenze d’uso dei consumatori nonché quelle dei
distributori e ovviamente i costi.
Si pensi per esempio alle confezioni monodose o le scatole di biscotti con chiusura salvafreschezza.
• attrarre i consumatori
• comunicare correttamente le caratteristiche del prodotto e i valori del brand puntando ad evocare adeguate
associazioni sensoriali nel consumatore
Di norma i prodotti attraversano un ciclo di vita rappresentato da una curva a “esse” chiamata “logistica” dove si
evidenziano quattro fasi: Introduzione, crescita, maturità declino
La dinamica evolutiva della domanda può riguardare uno specifico prodotto, un brand, una categoria di prodotti o
un intero settore industriale.
La gestione strategica del ciclo di vita è molto complessa in considerazione dei molteplici fattori endogeni (sotto il
controllo dell’impresa) ed esogeni che sono invece al di fuori del controllo. (si pensi per esempio alla tecnologia).
Le multinazionali si possono trovare nella situazione che un prodotto sia in declino in un paese e per es. nella fase di
maturità o di lancio in un altro.
Le serie storiche relative alla domanda di prodotti evidenzia nella realtà molteplici varianti della classica curva del
ciclo di vita per cui spesso è davvero complesso stabilire la posizione nel ciclo di vita di una categoria osservando
solo l’andamento delle vendite.
Per uscire dall’impasse occorre prendere in considerazione le percentuali di crescita o diminuzione delle vendite da
un anno all’altro calcolando l’incremento o la diminuzione in un intervallo temporale significativo e di verifica come
le variazioni si distribuiscono intorno alla media.
E’ praticamente impossibile azzardare previsioni in merito alla lunghezza di ciascuna fase e quindi prevedere il
passaggio a quella successiva visto che ciò dipende da n variabili (caratteristiche prodotto, livello accettazione da
parte consumatori, azioni concorrenza, andamento generale mercato ed economia ecc.)
Il confronto tra ciclo di vita del prodotto (in declino) e quello della categoria (ancora in espansione) può essere un
indicatore utile per comprendere quando è opportuno innovare. Oppure quando pubblicità e promozione non
danno più i risultati attesi.
Il concetto di ciclo di vita del prodotto è fondamentale in quanto evidenzia per il management la necessità di
considerare i prodotti in ottica di lungo periodo prevedendo cambiamenti nella situazione di mercato e nella
domanda del prodotto ai quali il responsabile marketing deve rispondere adeguando il marketing mix.
Nella fase iniziale sono alti sia i costi di produzione che di marketing e i profitti sono bassi mentre man mano che si
avanza lungo la curva del ciclo di vita – se regolare- la situazione cambia, gli investimenti diminuiscono e i profitti
aumentano.
Quando le vendite entrano nella fase di declino, il responsabile marketing dovrà decidere se:
•modificare il prodotto aggiungendogli attributi che ne innalzi il valore •cercare nuovi utilizzi del prodotto
Se utilizzato con il buon senso il modello del ciclo di vita può aiutare nelle attività di previsione degli scenari
competitivi, nella determinazione dei prezzi ecc..
Vendite
Profitti
Introduzione
Crescita
Maturità
Declino
Perdite/ Tempo investimenti
Per il consumatore: il costo, il “sacrificio”, l’ammontare di reddito a cui deve rinunciare per
ottenere un determinato prodotto/servizio, “sacrificio” che viene rapportato al beneficio ne ricava
quindi
Per il venditore: l’ammontare dei ricavi che remunerano gli sforzi sostenuti per la produzione di un
bene o di un servizio
Per l’impresa il prezzo è l’unico elemento del marketing mix che produce ricavi (gli altri producono solo
costi); quindi è il fattore determinante della redditività dell’impresa e contemporaneamente influenza la
domanda.
Tutte le organizzazioni economiche - e buona parte di quelle senza scopo di lucro- devono affrontare il
compito di fissare un prezzo per i loro prodotti o servizi.
Pricing. Definizione: Processo e politica di determinazione e variazione del prezzo di un prodotto o servizio
Le 3 problematiche principali:
•La determinazione del prezzo iniziale (per un nuovo prodotto)
•Le manovre del prezzo (aumento o diminuzione)
•Le modifiche del prezzo (price discrimination)
Le 3 variabili critiche da considerare
Q = CF / MC
Qp = 2.000 / (200-120) Analisi economiche per le decisioni Aziendali – Antony
Pricing aspetti offerta. Formule base break even
Break even point: formule
I canali distributivi
1.1 il ruolo degli intermediari di marketing - Concetti di base
• I prodotti devono materialmente pervenire all’acquirente finale sia questi un individuo o
un’Organizzazione; a questo provvede la Distribuzione tramite i suoi canali.
• Esistono diverse figure di intermediari di marketing che a vario titolo e con diverse modalità concorrono
a realizzare il processo di distribuzione
• Esistono diversi tipi di rapporti tra produttori e distributori
• Gli intermediari accrescono l’efficienza del sistema nel suo complesso evitando che ogni individuo o
famiglia debba necessariamente rivolgersi direttamente al produttore
1.2 Una classificazione degli intermediari
1. Intermediario
2. Intermediario commerciale
3. Agente
4. Grossista
5. Dettagliante
6. Broker (pone in contatto clienti e fornitori) 7. Agente del produttore
8. Distributore
1.2 Le attività di svolte dagli intermediari nei canali di distribuzione
1. Acquisto
2. Vendita
3. Assortimento (Sorting out, Accumulation, Allocation, Assorting) 4. Aggregazione
5. Finanziamento
6. Stoccaggio
7. Classificazione
8. Trasporto
9. Assunzione di rischio
10. Ricerca di Marketing
Si distingue tra
- canale breve: quando ci si avvale solo dei dettaglianti
- canale lungo: quando invece è prevista anche la figura del grossista/agente
1.4 La selezione dei canali
Elementi generali da considerare nella pianificazione di un canale
1. Le caratteristiche del cliente (numero, dispersione ecc.)
2. Le caratteristiche del prodotto (valore unitario, deperibilità ecc.) 3. Le caratteristiche dell’intermediario
(disponibilità, attività di marketing svolte, ecc.)
4. Le caratteristiche della concorrenza (numero, dimensioni quote mercato, canali distribuzione e
strategie, ecc.)
5. Le caratteristiche dell’impresa (dimensione e quota di mercato, condizioni finanziare e budget di
marketing, ecc.)
6. Le caratteristiche dell’ambiente (condizioni economiche, norme e vincoli legali, problemi politici ecc.)
In molti settori si sono sviluppati canali di distribuzione divenuti in qualche misura tradizionali e
largamente accettati come efficienti.
Le categorie di prodotto a volte possono avere maggiore o minore importanza per la scelta del canale. Si
pensi per esempio ai prodotti deperibili che impongono l’utilizzo di canali brevi.
Un elemento importante nella scelta del canale di distribuzione è il livello di controllo desiderato dal
produttore che, di norma, sarà massimo nel canale diretto e minimo nel canale indiretto lungo.
I criteri sono 4:
1. La copertura distributiva desiderata
2. Il livello di controllo desiderato
3. Il costo totale della distribuzione
4. La flessibilità del canale
1.4.a) La copertura distributiva desiderata
I diversi prodotti necessitano di una diversa copertura distributiva.
2. La distribuzione ponderata: calcolata come il rapporto tra fatturato punti vendita in cui la marca è
presente è il fatturato totale di quel canale (sempre in relazione a quella specifica tipologia di
bene). Es: Le bottiglie di vino si trovano in 84.000 negozi che realizzano il 90% delle vendite totali.
La distribuzione ponderata è del 90%. Questo secondo indicatore viene preferito perché tiene
conto della diversa importanza dei punti vendita.
3. Per misurare la penetrazione si utilizza la cosiddetta “quota trattanti” e cioè la percentuale delle
vendite di una determinata marca che vengono effettuate dai punti vendita in cui essa è presente
sul totale dei prodotti della stessa tipologia Es. Negli 84.000 negozi in cui sono presenti le bottiglie
di un’azienda vinicola rappresentano il 20% delle vendite complessive dei punti vendita
Quota di mercato: La quota di mercato di un’impresa per un determinato prodotto può essere
calcolata a volume o a valore:
• a volume corrisponde al rapporto tra i volumi di vendita del prodotto specifico dell’impresa e l’intero
volume di prodotti della stessa tipologia prodotti dall’intero mercato.
• a valore corrisponde al rapporto tra i ricavi delle vendite realizzati dall’impresa con il prodotto
specifico e il fatturato dell’intero mercato per i prodotti della stessa tipologia.
La quota di mercato può essere calcolata come il prodotto tra distribuzione ponderata e quota
trattanti:
Quota mercato = copertura ponderata x quota trattanti
•Es I punti vendita i cui è presente l’azienda vinicola del ns esempio trattano il 90 % delle vendite dei
vini, in quei punti vendita la quota trattanti è del 20% ne consegue che la quota di mercato è del 18%
in quanto 0,90 x 0,20 = 0,18
A parità di quota di mercato si può quindi avere una situazione diversa per quanto riguarda la
distribuzione ponderata e l’indice quota trattanti. In caso di bassa ponderata e alta quota trattanti,
avremo presumibilmente una distribuzione selettiva mentre in caso contrario sarà di tipo intensivo.
1.4.b) ll livello di controllo desiderato
In generale il livello di controllo è maggiore quando la distribuzione è diretta.
Quando vengono utilizzati canali indiretti il produttore deve cedere almeno in parte il controllo sulle
politiche di marketing dei propri prodotti agli intermediari
1.4 c) Il costo totale della distribuzione
Tipi di costo:
Costi di trasporto
Costi di gestione dell’ordine
Costo transazioni non andate a buon fine
Costo di gestione delle merci a magazzino (magazzino, capitale investito, tasse, assicurazioni,
obsolescenza e deterioramento)
Costi di confezionamento
Costi per la gestione materiale delle merci
Nel caso del canale diretto i costi sono prevalentemente fissi 8. Nel canale breve sono un mix di
fissi e variabili
Nel canale lungo sono prevalentemente variabili
1.4.d) La flessibilità del canale
Occorre infine considerare le possibili fluttuazioni della domanda in particolare in periodi turbolenti come il
nostro.
Per esempio negli ultimi anni parte della popolazione si è spostata dal centro in periferia e di conseguenza
tende ad effettuare acquisti nei grandi centri commerciali più che in passato.
In tale contesto un produttore che abbia rapporti contrattuali consolidati con distributori che operino in
città potrebbe trovarsi in difficoltà.
In tali condizioni è opportuno evitare di legarsi troppo e soprattutto di puntare a strutture distributive che
rappresentino prevalentemente un costo variabile anziché fisso.
La gestione dei canali distributivi
- I rapporti con gli intermediari
2.1 Il Trade marketing
Per Trade Marketing si intendono specifiche attività di marketing rivolta dalle imprese verso gli
intermediari volte a sviluppare relazioni solide e durature
Le principali leve operative del trade marketing sono:
•I listing fees. Compenso una tantum richiesto dal distributore al produttore per l’inserimento di un nuovo
prodotto sugli scaffali
•Gli sconti cioè la percentuale del prezzo di vendita al consumo trattenuto da intermediario
•Attività promozionali
•Logistica
•Category management inteso come gestione efficace ed efficiente in particolare in termini di spazi
dedicati sugli scaffali alle diverse marche di un’intera categoria merceologica all’interno del punto vendita
•Integrazione e scambio delle informazioni sui prodotti e sul mercato
2.2 I Sistemi verticali
I sistemi verticali sono canali i cui membri sono legati da una forte interdipendenza di varia natura,
nell’ambito dei quali sono sviluppate relazioni durature al fine di migliorare efficacia ed efficienza del
sistema. Distinguiamo: