Come si è già avuto modo di accennare, l’elezione costituisce il modo
mediante il quale, nelle democrazie rappresentative, il popolo sceglie i suoi rappresentanti o parte di essi. L’elezione avviene mediante una consultazione generale dei cittadini (più esattamente degli aventi diritto al voto, il c.d. “corpo elettorale”), consultazione la cui finalità è appunto quella di selezionare i soggetti che dovranno comporre un determinato organo dello Stato al fine di rappresentare il popolo. Le elezioni possono svolgersi per la composizione di diversi organi, anche di carattere locale, benché comunemente la consultazione più importante sia quella per la scelta dei membri del Parlamento nazionale. Caratteristica comune di ogni elezione è la necessità di tradurre i voti espressi dal corpo elettorale in seggi, corrispondenti al numero di membri di un determinato organo che devono essere attribuiti con la consultazione elettorale. I meccanismi volti a soddisfare tale necessità sono appunto i sistemi elettorali ossia i differenti sistemi di trasformazione dei voti in seggi. I vari sistemi elettorali presentano differenze assai numerose, ma possono essere schematizzati tenendo conto di alcune caratteristiche fondamentali.
2. I collegi elettorali
Un primo elemento di differenziazione tra sistemi elettorali è dato del
meccanismo dei collegi elettorali. Il collegio elettorale rappresenta la porzione di territorio in cui deve eleggersi un numero determinato di rappresentanti. Così, prendendo l’esempio dell’elezione del Parlamento nazionale, i vari membri potranno essere eletti o dividendo il territorio nazionale in più collegi elettorali, ove si eleggerà un numero determinato di parlamentari (sistema a collegi plurimi, il più diffuso), oppure all’interno di un unico collegio che ricomprenda l’intero territorio nazionale, in cui si eleggerà dunque la totalità dei membri del parlamento (sistema a collegio unico nazionale, usato in genere in Stati con un territorio poco esteso). I sistemi a più collegi possono essere ulteriormente suddivisi in sistemi a collegio uninominale o plurinominale. Nel primo caso, in ogni collegio si elegge un unico candidato, nel secondo due o più candidati, a seconda delle dimensioni del collegio. La suddivisione del territorio in collegi può influire notevolmente sul grado di rappresentatività delle forze politiche. Semplificando notevolmente, può affermarsi come le forze politiche minori siano penalizzate da collegi elettorali uninominali o plurinominali in cui si elegga però un numero ridotto di candidati. Se, infatti, in un collegio si attribuiscono uno o pochi seggi, è evidente che solo i partiti politici più grandi saranno in grado di vedersi assegnati tali seggi.
3. Le formule elettorali
Altro elemento caratteristico dei sistemi elettorali è dato dalla c.d.
formula elettorale, ossia il meccanismo tecnico mediante il quale i voti espressi vengono trasformati in seggi. A seconda delle diverse formule elettorali può distinguersi tra sistemi elettorali maggioritari e proporzionali.
3.1. I sistemi maggioritari
I sistemi elettorali maggioritari si applicano tendenzialmente in collegi
elettorali uninominali e sono caratterizzati dall’attribuzione del seggio in palio in ciascun collegio elettorale al candidato che consegue la maggioranza dei voti. A seconda del tipo di maggioranza necessaria per conseguire il seggio si distingue tra sistemi maggioritari uninominali a turno unico (esempio tipico è dato dal sistema britannico) e a doppio turno (secondo il modello francese). In entrambi i casi in ogni collegio elettorale si elegge un unico candidato. Tuttavia, nel sistema a turno unico viene eletto il candidato che consegue la maggioranza relativa dei voti, mentre nel sistema a doppio turno è necessario distinguere: se un candidato consegue la maggioranza assoluta dei voti costui viene eletto, altrimenti è necessario un secondo turno di votazioni al quale potranno partecipare tutti i candidati che abbiano ottenuto una certa percentuale di voti, ove risulterà eletto il candidato che avrà conquistato la maggioranza dei voti. I sistemi maggioritari tendono a premiare le forze politiche più grandi, in grado di conseguire la maggioranza di voti in un numero consistente di collegi. Ciò, se da un lato favorisce la semplificazione del sistema politico (effetto selettivo), dall’altro tende a escludere dal circuito della rappresentanza le minoranze politiche, comprimendone la visibilità.
3.2. I sistemi proporzionali
I sistemi elettorali proporzionali, sempre organizzati per collegi
plurinominali, assegnano i seggi in palio in un determinato collegio in base alla quota di voti conseguiti da ciascuna lista in tale collegio. In via tendenziale può affermarsi che i seggi sono ripartiti proporzionalmente rispetto ai voti conseguiti da ciascuna lista in quel collegio, benché vi siano alcune differenze a seconda della concreta formula elettorale proporzionale adottata. Supponiamo, ad esempio, che in un determinato collegio o circoscrizione elettorale debbano assegnarsi 5 seggi e che per tale assegnazione concorrano 5 liste. Supponiamo altresì che le 5 liste riportino i seguenti voti validi (c.d. cifra elettorale di lista): Lista Lista A Lista B Lista C Lista Lista D E Voti 1000 400 300 250 50 Le formule elettorali proporzionali adottate al fine di assegnare i seggi alle cinque liste sono essenzialmente due: 1) il metodo del quoziente, di cui il principale e più semplice è il metodo di Hare, ma esistono, però, ulteriori versioni correttive (che prevedono una correzione matematica del quoziente). In tal caso si procede dividendo il numero totale dei voti validi riportati da tutte le liste nel collegio, (c.d. cifra elettorale generale) e dunque: 1000+400+300+250+50= 2000 Si divide poi tale cifra per il numero dei seggi da assegnarsi e dunque: 2000/5= 400 Si ottiene così il quoziente elettorale, che corrisponde al numero minimo di voti necessari per conseguire un seggio: 400 Fatto ciò si divide la cifra elettorale di lista per il quoziente elettorale, ottenendo:
Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E
Cifra 1000 400 300 250 50 elettorale di lista (A) Quoziente 400 400 400 400 400 (B) A/B (C) 2,5 1 0,75 0,625 0,125 Considerando la sola cifra intera, dunque, la lista A otterrà 2 seggi, la lista B 1 e le altre nessuno. Devono ancora essere assegnati, quindi, due seggi. Come è facile notare, infatti, la divisione generalmente non dà risultati esatti e si crea il problema dei resti, ossia di quei voti non “trasformati in seggi”. A tal fine si moltiplica il quoziente elettorale per il numero di seggi attribuiti e si sottrae tale risultato dalla cifra elettorale di lista ottenendo il numero di voti “sprecati”, cioè non serviti ad ottenere seggi. Nel nostro caso: Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E Cifra 1000 400 300 250 50 elettorale di lista (A) Quoziente 400 400 400 400 400 (B) Seggi 2 1 0 0 0 attributi (C) A-(B*C) 200 0 300 250 50 Dunque la lista A riporta 200 resti, la B 140, la C 300. Ai fini dell’attribuzione dei seggi residui in base ai resti vi sono diverse possibilità. Il sistema più semplice è l’attribuzione degli stessi alle liste che abbiano riportato i maggiori resti (c.d. metodo dei maggiori resti). Nel nostro caso si tratta della lista C, che ha visto “sprecare” tutti i 300 voti conseguiti, e dalla lista D, che ha il secondo maggior numero di resti (250) Dunque il risultato finale è: Lista A: 2 Lista B: 1 Lista C: 1 Lista D: 1 Esistono poi ulteriori sistemi per la ripartizione dei seggi in base ai resti su cui non ci si soffermerà in questa sede. 2) Il metodo d’Hondt, il più famoso tra i c.d. metodi del divisore, che provvedono ad attribuire i seggi in base a determinati divisori calcolati sul numero di seggi da assegnare. In tal caso, dunque, la cifra elettorale di lista viene divisa per 1, 2, 3, 4, 5 fino a concorrenza del numero di seggi da ricoprire. Si scelgono, quindi, i quozienti più alti corrispondenti al numero di seggi da attribuire. Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti riportati in graduatoria. Nel nostro caso, dunque, avremo tale risultato: Liste Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E Cifra 1000 400 300 250 50 elettorale di lista :1 1000 400 300 250 50 :2 500 200 150 125 25 :3 333,3 133,3 100 83,3 16,6 :4 250 100 75 62,5 12,5 :5 200 80 60 50 10 I cinque quozienti più alti sono dunque 1000, 500, 400, 333,3, 300, con il seguente risultato: Lista A: 3 Lista B: 1 Lista C: 1 Rispetto all’applicazione del metodo del quoziente, come si vede, la lista D non ottiene nessun seggio, mentre la lista A ottiene un seggio in più. Questo perché il metodo d’Hondt ha il vantaggio di porre il problema dei resti, ma, in tal modo, penalizza le liste minori a vantaggio di quelle maggiori. Tali sistemi elettorali possono inoltre differenziarsi a seconda che gli elettori possano esprimere una o più preferenze per i candidati di ciascuna lista o che vi sia il sistema delle c.d. liste bloccate (in cui i candidati sono eletti secondo l’ordine indicato nella lista). I sistemi elettorali proporzionali, dunque, in via tendenziale, fanno sì che il rapporto tra voti e seggi sia egualitario (ma la suddivisione in collegi, come si è visto, può comportare notevoli sproporzionalità anche nei sistemi proporzionali), consentendo una maggiore rappresentatività delle forze politiche e, dunque, una maggiore omogeneità tra organo rappresentativo e società civile (effetto proiettivo). Tuttavia, i sistemi elettorali proporzionali comportano spesso l’effetto negativo di favorire una certa frammentazione del sistema politico, che in società estremamente divise può portare anche ad un “multipartitismo estremo”, per usare l’espressione di Leopoldo Elia, con forte difficoltà nella formazione delle maggioranze politiche di governo. Non a caso, molti ordinamenti che adottano un sistema elettorale proporzionale hanno previsto alcuni correttivi volti a ridurre la frammentazione politica. È il caso delle c.d. clausole di sbarramento, in forza delle quali alla ripartizione proporzionale dei seggi sono ammesse solo quelle forze politiche che raggiungano una determinata percentuale di voti, la soglia di sbarramento appunto.
4. I sistemi misti
Deve precisarsi che spesso le formule elettorali possono non presentarsi
in una forma per così dire pura, ma si configurano commistioni fra le stesse. E il caso dei c.d. premi di maggioranza, in cui una quota dei seggi non viene attribuita con sistema proporzionale, ma assegnata alla lista o coalizione di liste che raggiunga la maggioranza (relativa o assoluta) dei voti validamente espressi (è il caso del sistema elettorale vigente tra il 2006 e il 2018, nonché di molti dei sistemi elettorali delle autonomie territoriali). Oppure si pensi al sistema in vigore in Italia tra il 1993 e il 2005 per l’elezione delle Camere (c.d. Mattarellum), in cui il 75% dei seggi era attribuito con sistema maggioritario uninominale, mentre il 25% dei seggi era assegnato con sistema proporzionale (e allo stesso modo può dirsi per l’attuale sistema elettorale del Parlamento, a base proporzionale ma con circa un terzo di collegi uninominali).
Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri - Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945) - Vol. II: Dizionario Biografico A-C