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I SISTEMI ELETTORALI

1. Premessa

Come si è già avuto modo di accennare, l’elezione costituisce il modo


mediante il quale, nelle democrazie rappresentative, il popolo sceglie i
suoi rappresentanti o parte di essi. L’elezione avviene mediante una
consultazione generale dei cittadini (più esattamente degli aventi diritto
al voto, il c.d. “corpo elettorale”), consultazione la cui finalità è appunto
quella di selezionare i soggetti che dovranno comporre un determinato
organo dello Stato al fine di rappresentare il popolo.
Le elezioni possono svolgersi per la composizione di diversi organi,
anche di carattere locale, benché comunemente la consultazione più
importante sia quella per la scelta dei membri del Parlamento nazionale.
Caratteristica comune di ogni elezione è la necessità di tradurre i voti
espressi dal corpo elettorale in seggi, corrispondenti al numero di membri
di un determinato organo che devono essere attribuiti con la
consultazione elettorale.
I meccanismi volti a soddisfare tale necessità sono appunto i sistemi
elettorali ossia i differenti sistemi di trasformazione dei voti in seggi.
I vari sistemi elettorali presentano differenze assai numerose, ma
possono essere schematizzati tenendo conto di alcune caratteristiche
fondamentali.

2. I collegi elettorali

Un primo elemento di differenziazione tra sistemi elettorali è dato del


meccanismo dei collegi elettorali. Il collegio elettorale rappresenta la
porzione di territorio in cui deve eleggersi un numero determinato di
rappresentanti. Così, prendendo l’esempio dell’elezione del Parlamento
nazionale, i vari membri potranno essere eletti o dividendo il territorio
nazionale in più collegi elettorali, ove si eleggerà un numero determinato
di parlamentari (sistema a collegi plurimi, il più diffuso), oppure
all’interno di un unico collegio che ricomprenda l’intero territorio
nazionale, in cui si eleggerà dunque la totalità dei membri del parlamento
(sistema a collegio unico nazionale, usato in genere in Stati con un
territorio poco esteso). I sistemi a più collegi possono essere
ulteriormente suddivisi in sistemi a collegio uninominale o
plurinominale. Nel primo caso, in ogni collegio si elegge un unico
candidato, nel secondo due o più candidati, a seconda delle dimensioni
del collegio. La suddivisione del territorio in collegi può influire
notevolmente sul grado di rappresentatività delle forze politiche.
Semplificando notevolmente, può affermarsi come le forze politiche
minori siano penalizzate da collegi elettorali uninominali o plurinominali
in cui si elegga però un numero ridotto di candidati. Se, infatti, in un
collegio si attribuiscono uno o pochi seggi, è evidente che solo i partiti
politici più grandi saranno in grado di vedersi assegnati tali seggi.

3. Le formule elettorali

Altro elemento caratteristico dei sistemi elettorali è dato dalla c.d.


formula elettorale, ossia il meccanismo tecnico mediante il quale i voti
espressi vengono trasformati in seggi. A seconda delle diverse formule
elettorali può distinguersi tra sistemi elettorali maggioritari e
proporzionali.

3.1. I sistemi maggioritari

I sistemi elettorali maggioritari si applicano tendenzialmente in collegi


elettorali uninominali e sono caratterizzati dall’attribuzione del seggio in
palio in ciascun collegio elettorale al candidato che consegue la
maggioranza dei voti. A seconda del tipo di maggioranza necessaria per
conseguire il seggio si distingue tra sistemi maggioritari uninominali a
turno unico (esempio tipico è dato dal sistema britannico) e a doppio
turno (secondo il modello francese).
In entrambi i casi in ogni collegio elettorale si elegge un unico
candidato. Tuttavia, nel sistema a turno unico viene eletto il candidato
che consegue la maggioranza relativa dei voti, mentre nel sistema a
doppio turno è necessario distinguere: se un candidato consegue la
maggioranza assoluta dei voti costui viene eletto, altrimenti è necessario
un secondo turno di votazioni al quale potranno partecipare tutti i
candidati che abbiano ottenuto una certa percentuale di voti, ove risulterà
eletto il candidato che avrà conquistato la maggioranza dei voti.
I sistemi maggioritari tendono a premiare le forze politiche più
grandi, in grado di conseguire la maggioranza di voti in un numero
consistente di collegi. Ciò, se da un lato favorisce la semplificazione del
sistema politico (effetto selettivo), dall’altro tende a escludere dal
circuito della rappresentanza le minoranze politiche, comprimendone la
visibilità.

3.2. I sistemi proporzionali

I sistemi elettorali proporzionali, sempre organizzati per collegi


plurinominali, assegnano i seggi in palio in un determinato collegio in
base alla quota di voti conseguiti da ciascuna lista in tale collegio. In via
tendenziale può affermarsi che i seggi sono ripartiti proporzionalmente
rispetto ai voti conseguiti da ciascuna lista in quel collegio, benché vi
siano alcune differenze a seconda della concreta formula elettorale
proporzionale adottata.
Supponiamo, ad esempio, che in un determinato collegio o circoscrizione
elettorale debbano assegnarsi 5 seggi e che per tale assegnazione
concorrano 5 liste. Supponiamo altresì che le 5 liste riportino i seguenti
voti validi (c.d. cifra elettorale di lista):
Lista Lista A Lista B Lista C Lista Lista
D E
Voti 1000 400 300 250 50
Le formule elettorali proporzionali adottate al fine di assegnare i
seggi alle cinque liste sono essenzialmente due:
1) il metodo del quoziente, di cui il principale e più semplice è il
metodo di Hare, ma esistono, però, ulteriori versioni correttive (che
prevedono una correzione matematica del quoziente).
In tal caso si procede dividendo il numero totale dei voti validi
riportati da tutte le liste nel collegio, (c.d. cifra elettorale generale) e
dunque:
1000+400+300+250+50= 2000
Si divide poi tale cifra per il numero dei seggi da assegnarsi e dunque:
2000/5= 400
Si ottiene così il quoziente elettorale, che corrisponde al numero
minimo di voti necessari per conseguire un seggio: 400
Fatto ciò si divide la cifra elettorale di lista per il quoziente elettorale,
ottenendo:

Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E


Cifra 1000 400 300 250 50
elettorale
di lista
(A)
Quoziente 400 400 400 400 400
(B)
A/B (C) 2,5 1 0,75 0,625 0,125
Considerando la sola cifra intera, dunque, la lista A otterrà 2 seggi, la
lista B 1 e le altre nessuno. Devono ancora essere assegnati, quindi, due
seggi.
Come è facile notare, infatti, la divisione generalmente non dà
risultati esatti e si crea il problema dei resti, ossia di quei voti non
“trasformati in seggi”. A tal fine si moltiplica il quoziente elettorale per il
numero di seggi attribuiti e si sottrae tale risultato dalla cifra elettorale di
lista ottenendo il numero di voti “sprecati”, cioè non serviti ad ottenere
seggi. Nel nostro caso:
Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E
Cifra 1000 400 300 250 50
elettorale di
lista (A)
Quoziente 400 400 400 400 400
(B)
Seggi 2 1 0 0 0
attributi (C)
A-(B*C) 200 0 300 250 50
Dunque la lista A riporta 200 resti, la B 140, la C 300.
Ai fini dell’attribuzione dei seggi residui in base ai resti vi sono
diverse possibilità. Il sistema più semplice è l’attribuzione degli stessi
alle liste che abbiano riportato i maggiori resti (c.d. metodo dei maggiori
resti). Nel nostro caso si tratta della lista C, che ha visto “sprecare” tutti i
300 voti conseguiti, e dalla lista D, che ha il secondo maggior numero di
resti (250)
Dunque il risultato finale è:
Lista A: 2
Lista B: 1
Lista C: 1
Lista D: 1
Esistono poi ulteriori sistemi per la ripartizione dei seggi in base ai
resti su cui non ci si soffermerà in questa sede.
2) Il metodo d’Hondt, il più famoso tra i c.d. metodi del divisore,
che provvedono ad attribuire i seggi in base a determinati divisori
calcolati sul numero di seggi da assegnare.
In tal caso, dunque, la cifra elettorale di lista viene divisa per 1, 2, 3,
4, 5 fino a concorrenza del numero di seggi da ricoprire. Si scelgono,
quindi, i quozienti più alti corrispondenti al numero di seggi da attribuire.
Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti riportati in
graduatoria.
Nel nostro caso, dunque, avremo tale risultato:
Liste Lista A Lista B Lista C Lista D Lista E
Cifra 1000 400 300 250 50
elettorale
di lista
:1 1000 400 300 250 50
:2 500 200 150 125 25
:3 333,3 133,3 100 83,3 16,6
:4 250 100 75 62,5 12,5
:5 200 80 60 50 10
I cinque quozienti più alti sono dunque 1000, 500, 400, 333,3, 300,
con il seguente risultato:
Lista A: 3
Lista B: 1
Lista C: 1
Rispetto all’applicazione del metodo del quoziente, come si vede, la lista
D non ottiene nessun seggio, mentre la lista A ottiene un seggio in più.
Questo perché il metodo d’Hondt ha il vantaggio di porre il problema dei
resti, ma, in tal modo, penalizza le liste minori a vantaggio di quelle
maggiori.
Tali sistemi elettorali possono inoltre differenziarsi a seconda che gli
elettori possano esprimere una o più preferenze per i candidati di
ciascuna lista o che vi sia il sistema delle c.d. liste bloccate (in cui i
candidati sono eletti secondo l’ordine indicato nella lista).
I sistemi elettorali proporzionali, dunque, in via tendenziale, fanno sì
che il rapporto tra voti e seggi sia egualitario (ma la suddivisione in
collegi, come si è visto, può comportare notevoli sproporzionalità anche
nei sistemi proporzionali), consentendo una maggiore rappresentatività
delle forze politiche e, dunque, una maggiore omogeneità tra organo
rappresentativo e società civile (effetto proiettivo). Tuttavia, i sistemi
elettorali proporzionali comportano spesso l’effetto negativo di favorire
una certa frammentazione del sistema politico, che in società
estremamente divise può portare anche ad un “multipartitismo estremo”,
per usare l’espressione di Leopoldo Elia, con forte difficoltà nella
formazione delle maggioranze politiche di governo. Non a caso, molti
ordinamenti che adottano un sistema elettorale proporzionale hanno
previsto alcuni correttivi volti a ridurre la frammentazione politica. È il
caso delle c.d. clausole di sbarramento, in forza delle quali alla
ripartizione proporzionale dei seggi sono ammesse solo quelle forze
politiche che raggiungano una determinata percentuale di voti, la soglia
di sbarramento appunto.

4. I sistemi misti

Deve precisarsi che spesso le formule elettorali possono non presentarsi


in una forma per così dire pura, ma si configurano commistioni fra le
stesse. E il caso dei c.d. premi di maggioranza, in cui una quota dei seggi
non viene attribuita con sistema proporzionale, ma assegnata alla lista o
coalizione di liste che raggiunga la maggioranza (relativa o assoluta) dei
voti validamente espressi (è il caso del sistema elettorale vigente tra il
2006 e il 2018, nonché di molti dei sistemi elettorali delle autonomie
territoriali). Oppure si pensi al sistema in vigore in Italia tra il 1993 e il
2005 per l’elezione delle Camere (c.d. Mattarellum), in cui il 75% dei
seggi era attribuito con sistema maggioritario uninominale, mentre il
25% dei seggi era assegnato con sistema proporzionale (e allo stesso
modo può dirsi per l’attuale sistema elettorale del Parlamento, a base
proporzionale ma con circa un terzo di collegi uninominali).

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