La teoria delle idee: ontologia platonica cioè la concezione platonica dell’essere.
Platone inizia la propria ricerca dal punto in cui si era fermato Socrate. Platone si pone il problema di stabilire cosa sia il bene e in generale i valori assoluti a cui il sapiente si deve ispirare e in che modo si possa giungere a conoscerli. LE IDEE Per prima cosa afferma i limiti dell’esperienza sensibile, ovvero riconosce che i sensi non consentono di pervenire a un’idea unica e oggettiva del bene. Però Platone afferma che esiste una conoscenza che permette di trovare il fondamento di un sapere certo e oggettivo che però richiede criteri di verità immutabili e universali, cioè validi per tutti. Se non ammettessimo l’esistenza di questi parametri oggettivi non potremmo pronunciare nessuna affermazione con un valore assoluto. Tali parametri sono costituiti dalle idee. SECONDA NAVIGAZIONE Platone nel Fedone chiarisce il ragionamento che lo porta all’elaborazione della teoria delle idee, facendo ricorso a una metafora marinaresca: la “prima navigazione” viene realizzata sospinti dal vento, mentre la “seconda comportava” il ricorso ai remi. Egli ritiene di aver compiuto la “prima navigazione” sospinto dall’aiuto delle ricerche dei filosofi naturalisti, per poi intraprendere una seconda navigazione soltanto con le proprie forze. Con le sue prime indagini comincia a domandarsi se la causa di ciò che è sensibile, mutevole, perituro non possa essere qualcosa che trascende il sensibile stesso e che abbia le caratteristiche dell’immutabilità, dell’eternità e dell’assolutezza. Ovvero ciò che fa sì che ogni cosa sia come deve essere e come è bene che sia è una causa immutabile e va oltre al piano del sensibile. Ci sono quindi due piani dell’essere, uno fenomenico e visibile (il mondo delle cose) l’altro meta-fenomenico e invisibile, quello delle idee. La parola “idea” nel linguaggio moderni esprime un pensiero, una rappresentazione mentale, un concetto. Le idee di cui parla Platone non sono concetti astratti, ma vere e proprie entità di natura differente rispetto al sensibile e indipendenti dalla nostra mente, la ragion d’essere di tutto ciò che esiste. Nella visione platonica le idee sono dunque sostanze immutabili e perfette, poste in un altro mondo, chiamato “iperuranio”. RAPPORTO TRA IDEE E COSE Sarebbe però sbagliato considerare la distinzione dei piani come intelligibile e sensibile, Platone prova a spiegarlo secondo tre modalità: egli parla di una relazione di mimèsi, sostenendo che le cose imitano le idee, in questo senso le idee sono paradigmi o modelle universali della realtà. Parla anche di una relazione di partecipazione o metessi, nel senso che le cose sensibili partecipano in qualche modo della perfezione delle corrispettive idee nel mondo reale. Parla di presenza o parusia delle idee nelle cose, nel senso che il mondo sensibile non è che una rivelazione o espressione visibile di quello ideale. Nonostante la relazione, rimane la priorità del mondo ideale rispetto a quello sensibile, in questa prospettiva la misura delle cose non è più l’uomo, secondo il principio relativistico della sofistica, bensì le idee. CLASSIFICAZIONE DELLE IDEE Le idee sono innanzitutto distinte in due grandi tipologie: Le idee di valori morali, estetici e politici come quelle del bene, della bellezza e della giustizia; Le idee di enti geometrico-matematici, come il numero, il cerchio, la linea, il triangolo, il quadrato, l’uguaglianza. Esistono anche idee di oggetti naturali e di oggetti artificiali o manufatti. La tesi a cui giunge Platone è che ogni realtà sensibile deve corrispondere una forma ideale. Egli ritiene che ci sia una gerarchia di valori alla base della variegata struttura ideale e che al vertice si collochi l’idea del bene, che è il valore supremo a cui tutti si ispirano. Il bene di Platone rappresenta qualcosa di divino, è la causa universale di tutto ciò che è buono e bello (come dice nella Repubblica). Il bene costituisce l’armonia e la ragion d’essere del tutto, ciò che dà valore a tutte le altre idee. IL SUPERAMENTO DI PARMENIDE Il mondo delle idee platonico presenta alcuni caratteri tipici dell’essere parmenideo: le idee sono eterne, incorruttibili, immutabili. Parmenide aveva sostenuto la tesi secondo cui “solo l’essere è, mentre il non essere non è”. Platone si rende conto che questa posizione è insostenibile e che bisogna avere coraggio del “parricidio”, cioè di uccidere il padre Parmenide prendendo congedo dal suo errore di guardare all’essere come qualcosa di statico. Parmenide si era fermato all’affermazione che l’essere è ed è identico a sé stesso, Platone procedo oltre, affermando che ogni idea è identica a sé stessa ma diversa da ogni altra idea. Dunque, secondo l’analisi platonica anche il non essere partecipa dell’essere. Considerando il non essere come “diverso”, Platone risolve uno dei problemi più ardui della filosofia precedente, quella del nulla. Con lui l’essere viene inteso come possibilità e relazione. La concezione della conoscenza: gnoseologia platonica, cioè della sua concezione della conoscenza, parallelismo tra i gradi del conoscere e quelli dell’essere. CONOSCENZA COME REMINESCENZA Platone per spiegare la concezione della conoscenza nel Menone ricorre a un carattere mitico, in cui riprende la dottrina della reincarnazione delle anime. Secondo il mito prima che noi nascessimo la nostra anima esisteva nel mondo ideale, dove contemplava le idee e aveva piena conoscenza di tutto. Poi, costretta a incarnarsi nel corpo è caduta nell’oblio, dimenticando quanto aveva appreso. All’anime è però possibile ricordare e tornare allo stato di sapienza e intelligenza che possedeva quando risiedeva nel mondo ideale. Quella che chiamiamo “conoscenza” in realtà non è che “reminiscenza” o “anamnesi”, cioè ricordo da parte dell’anima delle idee di cui era già stato a contatto. L’esperienza sensibile non apporta nulla di nuovo, funge soltanto da stimolo per far riaffiorare il ricordo di una conoscenza precedente. Nel Menone questa dottrina viene dimostrata attraverso un esperimento, in cui uno schiavo guidato da Socrate riesce a dimostrare il teorema di Pitagora: lo schiavo lo riesce a dimostrare in quanto nella sua anima era già presente la nozione di esso. DUALIMO ONTOLOGICO E DUALISMO GNOSEOLOGICO La teoria della reminiscenza rende conto della possibilità della conoscenza, fondata sul fatto che esistano cognizioni innate. Secondo Platone i gradi della conoscenza sono in un rapporto di corrispondenza con quelli dell’essere, nel senso che ciò che è essere è anche conoscibile e viceversa. Ciò significa che al dualismo ontologico, secondo cui esistono due piani dell’essere, quello intelligibile e quello sensibile, corrisponde un dualismo gnoseologico: il mondo perfetto ed eterno delle idee è oggetto di una conoscenza stabile e universale, la scienza (episteme), mentre la dimensione perfetta e mutevole delle cose sensibili è all’origine della conoscenza dell’opinione (doxa). Anche in riferimento alla teoria della conoscenza, recupera l’idea dell’essere come eterno e imperituro, fonte di conoscenza stabile e immutabile, e che il mondo sensibile del divenire non vada rifiutato, in quanto rappresenta forma inferiore di essere, costituisce il fondamento di una forma di conoscenza intermedio tra scienze e l’ignoranza, cioè l’opinione. I GRADI DELLA CONOSCENZA Platone paragona la conoscenza a una linea spezzata in due segmenti, i quali vengono a loro volta divisi in altri due segmenti. Risultano così quattro gradi del sapere, cui corrispondono quattro gradi della realtà. La conoscenza sensibile (mondo sensibile, mutevole e perituro) comprende due livelli: La congettura o immaginazione, che ha per oggetto ombre e immagini delle cose sensibili, ossia supposizioni prive di fondamento reale; La credenza, che ha come oggetto le stesse cose sensibili e gli esseri viventi. La conoscenza razionale (mondo immutabile e idee) comprende anch’esso due livelli: La ragione scientifica o discorsiva, che ha come oggetto gli enti matematici; L’intelligenza filosofica che ha come oggetto le idee immortali, ossia le idee- valori. Le persone comuni si fermano ai primi due gradi della conoscenza, mentre solo i sapienti possono giungere alla vera conoscenza, la noesis, Questo è possibile grazie a un procedimento che Platone chiama la dialettica. LA DIALETTICA La dialettica permette di comprendere e contemplare l’articolazione del mondo ideale. Inoltre, è la scienza degli uomini liberi, e dunque di identifica con la stessa filosofia. Il termine dialettica allude all’arte del dialogo, nel dialogo filosofico si pongono domande e risposte con l’intenzione di giungere a stabilire quale sia l’essenza delle cose. Per conoscere l’essenza di una realtà, cioè arrivare alla definizione del suo concetto, occorre individuare e selezionare le caratteristiche fondamentali. Ciò è possibile utilizzando un metodo che consenta di differenziare le idee tra loro e coglierne le possibili relazioni. L’attività dialettica consiste proprio nel riconoscere quali idee possono essere connesse e quali non possono esserlo. La dottrina etica: l’anima, l’amore e la virtù Come abbiamo già accennato, la speculazione di Platone muove da una fondamentale esigenza di rinascita spirituale dell’uomo, che per lui è base indispensabile per un rinnovamento della vita politica. Il mondo delle idee e in particolare l’idea del Bene è visto come una guida che attraverso la conoscenza l’uomo può arrivare a contemplarlo. Analizzando i temi dell’anima e dell’amore Platone evidenzia il legame inscindibile dell’uomo con il mondo soprasensibile. L’unica vita degna di essere vissuta è quella improntata al bene e alla virtù, l’obiettivo autentico dell’essere umano è infatti la cura dell’anima. ANIMA (IMMORTALE) L’anima per Platone è un vero e proprio principio spirituale, una sostanza semplice e incorporea, affine alle idee e dunque immortale. Platone nel Fedone prova a spiegare l’immortalità dell’anima attraverso vari argomenti: il primo si basa sulla reminiscenza che implica la reincarnazione dell’anima, se è vero che nell’uomo esiste la possibilità di conoscere le idee, allora bisogna presuppore che l’anima abbia conosciuto il mondo ideale prima della sua incarnazione e dunque che sia immortale. Poi ce il fatto che l’anima deve avere una natura loro affine, deve essere anche immutabile ed eterna. L’anima è connessa strutturalmente all’idea di vita, in greco si definisce psyché. Dunque, l’anima, in quanto legata all’idea di vita, non può accogliere la morte il suo contrario, ed è pertanto immortale, incorruttibile ed eterna. (VIAGGIO NELL’ADE) Nel Fedone Platone affida al racconto mitologico la descrizione del viaggio delle anime nell’Ade, viaggio diverso in base se si tratta di un’anima buona o cattiva. L’anima che si sia macchiata di impurità o di qualche colpa andrà vagano, da sola, in uno stato di incertezza, fino a che non sia passato il tempo necessario per essere portata nella prigione che le tocca. L’anima temperata e saggia, sarà accolta nel luogo che si merita, ossia nella parte alta del cielo. In questa prospettiva la filosofia rappresenta l’unica disciplina che può salvare l’uomo, perché gli insegna la verità e il Bene. Oltre all’anima razionale, Platone ammette anche un’anima irascibile, in cui risiedono le virtù del coraggio e dell’eroismo, e un’anima concupiscibile, sede degli istinti. MITO DEL CARRO ALATA (TRIPARTIZIONE DELLE ANIME) Nel Fedro, in particolare nel mito del carro alato, l’auriga cioè la ragione aiutato dal cavallo buono, combatte una terribile lotta per sottomettere il cavallo cattivo e condurre in tal modo il carro sulla giusta strada, cioè verso la metà soprasensibile dell’iperuranio. Si tratta di una metafora che esprime la condizione umana, caratterizzata dalla lotta tra pulsioni e desideri contrapposti. Platone non nega la forza delle passioni, ma ritiene che sia compito della ragione ricondurle nella giusta direzione. L’AMORE (NEL FEDRO COME PONTE TRA SENSIBILE E INTELLIGIBILE) La descrizione dell’uomo cha abbiamo seguito fino a questo punto ci restituisce l’immagine di un essere diviso a metà tra anima e corpo. L’amore nel Fedro viene presentato come la forza che permette all’anima di elevarsi dall’esperienza sensibile alla Bellezza ideale ed eterna. Il dialogo che ha come protagonisti Socrate e Fedro, prende spunto dalla lettura di un discorso sull’amore scritto da Lisia. Socrate si propone di trattare il tema dell’amore con una profondità e verità sconosciute alla letteratura e all’oratoria. Socrate accetta la tesi di Lisia secondo cui l’amore è una pazzia, ma la pazzia non sempre è un male. L’amore permette all’anima dell’innamorato di percorrere tutte le tappe che la porteranno a riconquistare il mondo intelligibile. Ma la forza dell’amore non si ferma a questo livello. Eros spinge l’anima umana ad andare oltre il mondo sensibile e fisico dirigendola verso il mondo soprasensibile. L’amore viene dunque considerato da Platone come una forza mediatrice che consente di unire il sensibile e il soprasensibile. Dal momento che per i Greci il bello coincide con il bene, l’amore assume una profonda connotazione morale, rappresentando la via verso la saggezza. IL SIMPOSIO Il Simposio è ambientato a casa di Agatone, un autore di tragedie molto noto ai suoi tempi, dove Socrate è invitato a cena con gli amici. Uno dei convitati propone di discutere il tema dell'amore. Aristocle, dichiara che gli uomini non capiscono la potenza di Eros, perché se veramente la capissero, gli edificherebbero templi e gli offrirebbero sacrifici. Per dimostrare tali affermazioni, egli racconta un mito che spiega qual è l'originaria natura degli uomini. Un tempo questi erano distinti in tre generi: maschi, femmine e un terzo sesso, quello degli androgini, in cui si congiungevano natura femminile e maschile. Essi erano terribili per forza e vigore ed erano molto superbi, tanto da arrivare, al punto di ribellarsi agli dèi. Zeus e le altre divinità, temendo di rimanere privi dei sacrifici che quelli offrivano loro, anziché ucciderli preferirono indebolirli: li fecero tagliare ciascuno in due, cosicché fossero meno forti e maggiori di numero. Proprio da questa divisione che ebbe origine il sentimento di amore: ogni metà, infatti, cominciò a desiderare fortemente l'altra per ricongiungersi a essa. Il discorso di Socrate è come sempre il più compiuto e veritiero e inizia mettendo in luce, come amare qualcosa significhi desiderare ciò di cui si sente la mancanza. Platone introduce nel dialogo anche la figura di Eros, che è dunque filosofo, proprio perché di natura intermedia tra la ricchezza e la povertà, tra la sapienza e l'ignoranza, tra gli dèi e gli uomini. Anche nel Simposio, dunque, come si può vedere anche nel Fedro, l'amore appare il "ponte" tra il sensibile e l'intelligibile. In conclusione, possiamo dunque affermare che l'amore è un’esperienza che consente all'uomo di superare i propri limiti esistenziali e conoscitivi. LA VIRTÙ E I VALORI Platone accetta la tesi secondo cui la virtù consiste essenzialmente nella conoscenza del Bene, ma ne va oltre e ne delinea una dottrina articolata e complessa. Secondo Platone dice che alla parte razionale dell’anima spetta il compito di governare le atre due parti, la ragione deve pertanto guidare gli istinti e le passioni degli uomini per guidarli verso il bene. Tale risultato però richiede un lungo tirocinio, che ha come obbiettivo l’equilibrio in cui consiste l’agire virtuoso, un modo abituale di comportarsi bene. Secondo il filosofo ci sono quattro virtù fondamentali: La saggezza La forza d’animo o coraggio La temperanza La giustizia. Quest’ultima è la più importante e si realizza quando tutte le parti dell’anima svolge solo e unicamente la propria funzione, garantendo l’armonia del tutto. Per questo l’obbiettivo primario dell’uomo deve essere la conoscenza, che consente di accedere alla contemplazione delle idee superiori e di imitare la perfezione nella vita condotta. L’ideale di uomo virtuoso è dunque per Platone colui come il filosofo riesce ad accedere al mondo intelligibile.
La visione politica e il problema educativo: lo stato ideale.
STATO IDEALE La vita ordinata dello Stato non è altro che lo specchio dell’uomo e della sua anima. Per Platone non è possibile immaginare l’uomo come individuo slegato dalla comunità di appartenenza. La Repubblica è un dialogo dove Platone concentra la propria indagine sulle virtù fondamentali dei cittadini nell’abito dello Stato. Platone è convinto che l’uomo di realizzi pienamente soltanto come cittadino, cioè come membro della propria città. Per capire cosa sia la giustizia, il filosofo suggerisce di elaborare un’idea di Stato perfetto, si tratta di uno stato utopico, ma che in quanto modello può servire come punto di riferimento per i cittadini e i politici. Per elaborare questo stato perfetto per prima cosa deve essere strutturato in tre classi, come la tripartizione dell’anima: La classe dei governanti: devono essere dotati della virtù della saggezza; La classe dei guerrieri: devono avere la virtù del coraggio; La classe dei lavoratori: devono possedere la virtù della temperanza. Quest’ultima virtù è la più indispensabile in quanto è la virtù civica per eccellenza, necessaria per raggiungere un accordo su chi debba prendere le decisioni e chi deve assumere il comando. La giustizia in questo quadro assume un ruolo molto importante, essa è la virtù di adempiere bene il proprio compito di cittadino. Si realizza la giustizia quando le classi sociali svolgono il proprio dovere. Lo stato che delinea Platone è un regime aristocratico in cui il governo della città deve essere affidato ai migliori. Il modello aristocratico si fonda sul valore assoluto che le sistema platonico vengono a rivestire la conoscenza e la dedizione al bene comune. Proprio per questo egli sostiene che il governo della città deve essere affidato ai filosofi, che conoscono il Bene e sanno distinguere il vero dal falso. FORME DI GOVERNO La forma migliore di governo quindi è l’aristocrazia, dove la giustizia è assicurata. Però ci sono quattro regimi molto lontani dal modello aristocratico e quindi considerati corrotti: La timocrazia: è il governo degli uomini che pongono al vertice l’onore e non la sapienza; L’oligarchia: è il regime fondato sul censo, dove solo chi è ricco ha potere La democrazia: prevalgono l’individualismo, l’anarchia e la sfrenata libertà La tirannide: questa è la forma di governo più spregevole del governo, in quanto il tiranno una volta salito al potere è costretto a liberarsi di ogni persona intelligente e circondarsi di quella più vile. L’uomo tirannico viene descritto da Platone come colui che si abbandona alle passioni più disordinate e ai più orrendi misfatti. Egli è disonesto e malvagio e dunque infelice perché commette ingiustizie e costretto sempre a guardarsi dal pericolo di essere ucciso. Dunque, per quanto detto finora, secondo Platone il governo deve essere affidato ai filosofi in quanto sono dediti allo studio e alla conoscenza razionale. Il progetto educativo di Platone elaborato per il filosofo si basa sulla ricerca della Verità e del Bene, il criterio fondamentale di ogni progetto educativo è dunque l’aspirazione al bene e non il successo o il guadagno come per i sofisti. L’educazione elementare, che inizia a sette anni, si fonda sulla ginnastica, sulla musica e soprattutto sulla matematica, per stimolare le capacità di astrazione, di memoria e di penetrazione logica. Egli scrive nelle Repubblica che la matematica è il principale strumento della conversione dell’anima. All’età di diciotto inizia il servizio militare durante i quali si sospende l’attività intellettuale. A trent’anni soltanto i giovani migliori possono finalmente studiare la filosofia, e in particolare il metodo dialettico. A cinquant’anni possono partecipare attivamente al governo della città. MITO DELLA CAVERNA Platone nel VII libro della Repubblica espone il celebre mito della caverna. Esso rappresenta una sorta di compendio del pensiero platonico in tutte le sue componenti principali: la metafisica, gnoseologia e quella etico-politica. Ci sono dei prigionieri che hanno sempre vissuto in una caverna sul cui fondo sono legati in modo da non potersi voltare. Dietro di loro c’è un muro ad altezza uomo dietro al quale camminano persone che portano sulla testa statuette raffiguranti oggetti di vario genere, queste persone parlano e il loro eco rimbomba nella caverna. Dietro questi individui vi è un fuoco intenso che proietta nella parete della grotta davanti agli uomini legati le immagini degli oggetti. Non avendo potuto vedere nient’altro, i prigionieri, osservando le ombre, pensano che questa sia la realtà. Poniamo che adesso uno viene liberato, costretto ad alzarsi repentinamente e spinto fuori dalla caverna, certamente soffrirebbe per la luce abbagliante del sole. L’unico rimedio sarebbe quello di adattarsi gradualmente alla nuova visione. Il lungo percorso verso la luce gli farebbe riconoscere il sole come signore del mondo visibile. Una volta adattato alla luce del sole farebbe fatica a tornare nell’oscurità della caverna, però il prigioniero non può sottrarsi al dovere molare di salvare i suoi compagni dall’ignoranza. Il mito è un’allegoria della formazione del filosofo e del destino a lui riservato nella società corrotta: la caverna rappresenta il nostro mondo sensibile e il prigioniero che si libera l’inizio del faticoso itinerario educativo del filosofo. Tra i tanti insegnamenti che ci vengono dal mito ce quello che la filosofia non deve estraniarsi dalla vita civile e politica essa ha il dovere di lottare per il trionfo della giustizia nella società anche al costo di essere fraintesa e derisa come è successo al prigioniero.
LA PSICOLOGIA RESA SEMPLICE - VOL 1 - Storia della psicologia scientifica. Dalla nascita della psicologia alla neuropsicologia e agli ambiti di applicazione più attuali.