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Il Disegno di Legge Zan (noto ormai a tutti come DdL Zan) – dal nome del suo primo firmatario l’On. Alessandro Zan
– mira a punire chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione o violenza per motivi fondati sul sesso, sul
genere, sull’orientamento sessuale, o sull’identità di genere, o sulla disabilità della vittima.Questi sono crimini d’odio,
perché commessi nei confronti di persone in base alla loro appartenenza a un determinato gruppo sociale. Il testo è
strutturato in dieci articoli, che idealmente potremmo dividere in due gruppi:
Disposizioni con il fine di prevenire gli atti di violenza, attraverso azioni di carattere culturale e istituzionale (Artt. 7-
10).
L’art 1 è stato pensato per definire alcuni beni giuridici tutelati dalla proposta di legge. In questa disposizione si danno
le definizioni rispettivamente di sesso, di genere, di orientamento sessuale e di identità di genere. Queste esplicitazioni
hanno lo scopo di indicare le modalità attraverso le quali sono definite le vittime dai loro aggressori, e non come le
vittime stesse si qualificano. In altre parole, definiscono quale siano i moventi d’odio – legati alla sfera sessuale
dell’individuo – alla base dell’aggressione. Entrando nel vivo del DdL Zan vediamo come il primo gruppo di articoli (2-
6) ha lo scopo di sanzionare gli atti causati da omobitransfobia, misoginia e abilismo estendendo la tutela della Legge
Mancino che punisce attualmente mediante aggravante i soli crimini d’odio per razza, etnia, religione e nazionalità.
Quindi più precisamente si vuole ampliare la tutela prevista dagli artt. 604 bis e 604 ter del Codice Penale vigente,
tenendo presente che il DdL Zan interviene in senso estensivo solo sulle condotte di istigazione, discriminazione e
violenza. La previsione quindi non estende il reato di propaganda.
Il secondo gruppo di articoli (dal 7 al 10) ha lo scopo di aumentare la consapevolezza sugli atti discriminatori e così
prevenirli, disciplinando ad esempio una rilevazione statistica delle discriminazioni almeno ogni tre anni e l’istituzione
della giornata nazionale contro omobitrasfobia.
In questi mesi, abbiamo raccontato la crisi della democrazia rappresentativa. Ma niente, finora, è stato altrettanto forte
nel figurare la crisi della rappresentanza delle immagini del 27 ottobre dal Senato: l’affossamento del Ddl Zan,
l’esultanza da stadio del centrostrada, la discussione è feroce e va avanti da mesi, il centrostrada era contrario alla legge,
nel centrosinistra c’erano invece varie istanze: chi era convinto che andasse cambiata per trovare una mediazione con
Lega, forza Italia e fratelli d’Italia – posizione portata avanti in particolare da Italia Viva- e il PD che non proprio
compatto ha invece sostenuto fino all’ultimo la proposta Zan, secondo alcuni un suicidio. La mediazione che era sul
tavolo era quella che cancellava la dicitura sull’identità di genere. Non dava fastidio che si punisse l’omotransfobia. Si è
sentito dire che parlare di identità di genere avrebbe rovinato la famiglia tradizionale, che avrebbe instaurato una
dittatura politicamente corretta, ma nessuno ha mai spiegato come e perché se si apre al riconoscimento di tutte le
identità si dovrebbero negare quelle già esistenti, nessuno ha spiegato perché l’affermazione della molteplicità dovrebbe
affossare la libera scelta di chi si riconosce nella tradizione, nella norma.