i
1.4.6 Processo di conteggio dei successi di Bernoulli . . . . . . . . . . . . . . . . 23
1.4.7 Processo di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1.4.8 Processi gaussiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.5 MEDIE TEMPORALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.5.1 Segnali deterministici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.5.2 Segnali aleatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
1.5.3 Rappresentazione dei segnali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
1.5.4 Funzioni di correlazione per segnali deterministici . . . . . . . . . . . . . . 35
ii
3.6.3 Cambiamento di scala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
3.6.4 Traslazione nel dominio del tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
3.6.5 Traslazione nel dominio della frequenza (modulazione) . . . . . . . . . . . . 98
3.6.6 Convoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
3.6.7 Replicazione e campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
3.6.8 SPETTRO DI SEGNALI PERIODICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
3.7 CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI . . . . . . . . . . . . . . 119
3.7.1 Spettri di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
3.7.2 Densità spettrale di potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
3.7.3 Spettri mutui di energia e di potenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124
3.7.4 Processi bianchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
3.7.5 Teorema di Wiener-Kintchine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
3.8 SEGNALI PAM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
3.9 LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
3.10 LA DISTORSIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
3.10.1 Distorsione di ampiezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
3.10.2 Distorsione di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
3.10.3 Distorsione non lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139
3.11 PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER . . . . . . . . . . . . . . . . 142
3.12 PROPRIETÀ DELLA SERIE DI FOURIER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
3.13 PROPRIETÀ DELLA DFS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
3.14 PROPRIETÀ DELLA DFT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
3.15 FORME D’ONDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150
3.16 SEQUENZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
1
2
Capitolo 1
1.1 Introduzione.
Il concetto di segnale interviene in molti campi della scienza e della tecnologia. La natura fisica dei
segnali può essere molto diversa, ma la loro caratteristica di base é comune: precisamente il segnale
descrive il modo di variare di una grandezza misurabile. Pertanto il segnale può essere rappresentato
matematicamente da una funzione di una o più variabili indipendenti.
1
2 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
0
vocale sono continui, i possibili valori della temperatura minima giornaliera descrivono un insieme
continuo, mentre il numero delle copie vendute ogni giorno di un quotidiano sono necessariamente
un numero intero. Corrispondentemente a questa distinzione si può anche introdurre una classi-
ficazione sulla base della gamma dei valori assunti (dinamica) in segnali ad ampiezza continua o
analogici e segnali ad ampiezza discreta; i segnali a tempo ed ampiezza discreta, che assumono solo
un numero finito di valori, si chiamano anche numerici o digitali.
Una sequenza può rappresentare un fenomeno per cui la variabile indipendente é intrinseca-
mente discreta, oppure può rappresentare successivi campioni di un fenomeno che evolve in modo
continuo. Per esempio la successione delle temperature minime o massime giornaliere in una data
località, od altre successioni inerenti a grandezze metereologiche, o demografiche od econometriche
sono segnali intrinsecamente discreti; d’altra parte l’elaborazione della voce al calcolatore richiede
che i segnali vocali vengano rappresentati mediante una successione di valori presi ad intervalli
costanti di tempo (tipicamente gli intervalli sono di un centinaio di microsecondi): questo tipo di
rappresentazione si chiama campionamento uniforme o semplicemente campionamento. Analoga-
mente le immagini fisse possono essere riprodotte mediante una griglia regolare di elementi di im-
magine (pixel) attribuendo a ciascuno di essi la luminosità corrispondente dell’immagine originaria
(campionamento spaziale). Nel seguito sequenze e forme d’onda verranno trattati in parallelo in
modo da poterne, di volta in volta, evidenziare le analogie e le differenze.
In tutti i processi di comunicazione, sia sotto forma di trasmissione, sia sotto forma di immagaz-
zinamento dell’informazione, intervengono segnali non perfettamente noti, cioè segnali casuali o
aleatori: invero alla radice stessa di informazione c’é un certo grado di incertezza o impredici-
bilità; il trasferimento dell’informazione, trasportata dai segnali, avviene proprio per eliminare tale
incertezza o impredicibilità, parzialmente o completamente.
Nonostante ciò, é opportuno considerare anche i segnali perfettamente noti, detti anche determinis-
tici o derminati, per le seguenti ragioni:
un punto dell’insieme dei possibili risultati o spazio dei campioni , un segnale aleatorio può essere
definito come una legge di corrispondenza che associa a una funzione deterministica del tempo
(funzione membro o realizzazione del segnale aleatorio). Equivalentemente un segnale aleatorio
può essere riguardato come una funzione di due variabili (vedi Fig. 1.2), la prima, o , é una
variabile che descrive l’insieme dei tempi, e la seconda é una variabile il cui dominio é lo spazio
dei campioni : quindi la notazione per un processo aleatorio, supposto ad esempio tempo-continuo,
potrebbe essere
, tuttavia più comunemente si usa la notazione per rappresentare un seg-
una singola funzione del tempo ( variabile e fissato); cioè una funzione membro del segnale
aleatorio ;
un semplice numero ( e
fissati);
1
Figura 1.3: Impulso o finestra rettangolare: continuo, discreto
Nel caso continuo l’impulso rettangolare (Fig. 1.3a) di ampiezza e durata unitarie é definito da:
altrimenti
(1.1)
u u
1 1
4
Figura 1.4: Gradino unitario: ) continuo, ) discreto
5 4
Figura 1.5: Rappresentazione grafica del fasore
E il segnale
(1.5)
-
con ed numeri complessi; se ed sono reali si ha l’esponenziale reale. Se é immaginario
puro, diciamo
, posto con
, si ottiene il fasore (o vettore rotante)
di pulsazione , frequenza , ampiezza e fase iniziale , cioè il segnale:
Il fasore é rappresentato, nel piano complesso, da un vettore rotante con velocità angolare rad./sec.,
ovvero velocità di rotazione di giri al secondo o Hz, che per convenzione é positiva in senso
antiorario (Fig. 1.5). Si noti che il fasore é un segnale periodico di periodo
1.3. Segnali deterministici elementari. 7
5 4
4
all’asse reale e rotanti con la stessa velocità angolare
cioé che un segnale sinusoidale é la somma di due fasori di ampiezza dimezzata, simmetrici rispetto
ma in verso opposto. In alternativa é
possibile rappresentare la sinusoide come la proiezione di un fasore sull’asse reale, cioè:
4
Inversamente un generico esponenziale complesso si può sempre esprimere in termini di un espo-
nenziale reale e di un fasore: infatti posto e risulta:
Oppure esso può essere espresso in termini di un esponenziale reale e di due sinusoidi in quadratura
4 4 % ( 5 4
come segue:
Dal tale relazione si evince che un esponenziale complesso ha come parte reale ed immaginaria due
sinusoidi, della stessa pulsazione, di ampiezza crescente se e di ampiezza decrescente se -
0 (se
l’ampiezza é costante e si ha il fasore).
(1.8)
dove ed sono in generale complessi, se invece sono entrambi reali si ha la sequenza esponenziale
reale o semplicemente sequenza esponenziale. La sequenza esponenziale reale, posto
- 0 , é a
segno costante se ed a segni alterni se (Fig. 1.6).
8 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
1
1 3 4 5 6 4 5
Come nel caso continuo esso legato alla sequenza sinusoidale dalla relazione:
4 4
Le relazioni fra fasori e sinusoidi a tempo discreto sono del tutto analoghe a quelle relative al caso
continuo. Invece esistono importanti differenze fra continuo e discreto riguardo alle proprietà di
fluttua sempre più
periodicità dei fasori e delle sinusoidi. In particolare non é vero che
velocemente al crescere di e non é vero che
é sempre periodico rispetto a . Tali asserzioni
discendono dalla proprietà di periodicità dell’esponenziale di argomento immaginario puro: infatti
avendosi
(1.9)
Dato che i fasori, e quindi le sinusoidi discrete, sono indistinguibili se le loro frequenze differiscono
di un numero intero, basta scegliere un intervallo di ampiezza unitaria nel quale convenzionalmente
definire la frequenza. Le scelte più naturali sono
0
' 0
1.3. Segnali deterministici elementari. 9
0 ' 0
A causa della periodicità espressa nella (1.9) la rapidità di variazione delle sinusoidi discrete non
cresce costantemente all’aumentare di : piuttosto, come é evidenziato in Fig. 1.7, le sequenze sinu-
soidali variano sempre più rapidamente al crescere di da 0 a , ma poi, al crescere di da a 1
variano sempre meno rapidamente (per
e per abbiamo un segnale costante). Quindi nel
caso dei segnali discreti, analogamente al caso continuo, le basse frequenze sono quelle nell’intorno
di 0, mentre le alte frequenze sono quelle nell’intorno di .
Per quanto concerne la periodicità temporale, deve esistere un numero
tale che:
mettiamo in tale ipotesi, cioè , e assumiamo che e siano primi fra loro, allora il periodo
affinchè un fasore sia periodico nel tempo é che la sua frequenza sia un numero razionale. Se ci
é . Cosı̀ per esempio la sequenza
é periodica di periodo , la sequenza
é periodica di periodo , mentre il segnale
non é
periodico.
Il segnale presenta una serie di lobi laterali di durata , salvo il lobo centrale che ha durata 2. I lobi
hanno ampiezza decrescente; in particolare il primo lobo laterale ha ampiezza
volte quella del
lobo centrale, cioè si trova a
dB, cioé
L’ampiezza dei lobi laterali, inoltre, decade come ovvero di 6 dB/ottava = 20 dB/decade.
1.3.8 Impulso discreto.
L’impulso unitario ideale discreto (Fig. 1.9) é la sequenza definita da:
,
/
(1.11)
10 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 1.7: Sequenze sinusoidali per diversi valori della frequenza.
1.3. Segnali deterministici elementari. 11
1.0
.8
.6
.4
sinc(t)
.2
.0
−.2
−.4
−4 −2 0 2 4 t
1
Poichè
, impulso unitario locato in , é uguale a 1 per e 0 altrove, é immediato
verificare che, dato una qualunque sequenza , si ha:
cioè il prodotto di un segnale per un impulso unitario é ancora un impulso, ma di ampiezza pari al
valore del segnale nel punto dove é locato l’impulso.
Con analogo ragionamento é immediato verificare che si ha:
(1.12)
Tale relazione ha due interpretazioni diverse a seconda che si consideri fisso o variabile. Se
si considera fisso essa mostra che operando sul segnale
con un singolo impulso locato in
secondo la (1.12) si ottiene il campione del segnale: pertanto se é fisso la (1.12) é la propriet à
di campionamento. Se invece si considera variabile la (1.12) rappresenta il segnale come
combinazione lineare, con coefficienti
, di impulsi unitari locati nei vari istanti , cosı̀ come
illustrato in Fig. 1.10: pertanto se é variabile la (1.12) é la propriet à di riproducibilità.
In particolare un gradino unitario viene rappresentato come segue:
+
+
e quindi, tenuto conto che +
é nullo per 0 , con il cambio di indice
si ha:
+
Da tale equazione segue che il gradino unitario é la somma corrente, cioè la somma tra ed , dei
valori dell’impulso unitario: infatti tale somma é 0 se e 1 se . Inversamente l’impulso 0 1
unitario é la differenza prima del gradino unitario:
A differenza del caso discreto, nel quale la definizione di impulso non pone problemi di sorta,
l’impulso continuo non é una funzione in senso ordinario, bensı̀ una funzione generalizzata.
1 2 3 4 5
4
1 2 3 4 5
1 2 3 4 5
1 2 3 4 5
1 2 3 4 5
L’impulso continuo é definito dalla condizione che, per ogni funzione continua in , si
abbia:
,
,
(1.13)
Da tale definizione, utilizzando le proprietà dell’integrale, si possono ricavare formalmente le pro-
prietà dell’impulso di Dirac. Ad esempio, posto , e , risulta: 4
(1.14)
ciò si esprime dicendo che l’impulso ha area unitaria; sempre dalla definizione, per e
continui in , si ha:
ma anche
e quindi
(1.15)
Si ha poi, per un qualsiasi continuo in 0:
e ciò é equivalente a:
che esprime la cosidetta proprietà di cambiamento della scala; in particolare da tale relazione, po-
nendo , segue che é pari.
Inoltre dalla definizione (1.13) e dalla parità di , per ogni continuo in t, si ha:
impulso ideale, cioè
+
ordinaria soddisfa tale requisiti, ma é possibile trovare opportune famiglie di funzioni ordinarie
che approssimano . Precisamente, una famiglia di funzioni ordinarie converge (in senso
generalizzato) a se vale la proprietà:
%&
(1.16)
Più in generale una famiglia di impulsi converge alla se, al tendere a zero di , il singolo
impulso tende a concentrarsi sull’origine, la sua ampiezza diverge, mentre l’area converge ad un
valore unitario. Ad esempio altre tre possibili famiglie di impulsi che convergono al -impulso
unitario, tutte e tre costituite da impulsi
di ampiezza , durata equivalente ed area unitaria, sono
la famiglia di impulsi triangolari , cioè:
ove, e’ l’impulso triangolare di ampiezza ed area unitarie, cioè é l’impulso:
-
(1.17)
% (
ove il segnale sinc di ampiezza ed area unitarie é l’impulso:
% (
% (
(1.18)
e quella degli impulsi gaussiani, cioè:
16 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
1.3.10 esercizi
Ex. 1.1 Disegnare il grafico dei seguenti segnali:
4
Ex. 1.2 Calcolare il risultato delle seguenti espressioni:
sinc
P
:
si chiama funzione di distribuzione cumulativa del primo ordine di ; il pedice può essere omesso
quando non c’è luogo a confusione.
La corrispondente funzione di densità di probabilità (pdf) è:
Il significato di è collegato all’interpretazione frequentistica della probabilità. Supponiamo
che siano disponibili
realizzazioni del segnale : data una soglia si considera il numero
di realizzazioni che all’istante non superano la soglia ; allora si può interpretare
come limite del rapporto
al crescere di .
1.4. CARATTERIZZAZIONE STATISTICA DI SEGNALI ALEATORI 17
Quella che precede è la caratterizzazione statistica del primo ordine del segnale; la caratterizzazione
del secondo ordine si ottiene considerando due istanti di tempo e e le relative variabili aleatorie
e per cui la CDF congiunta é definita come
P
e la pdf congiunta come
sono rispettivamente la CDF e la pdf del secondo ordine del segnale aleatorio .
Più in generale la caratterizzazione statistica di ordine
di un segnale aleatorio si ottiene per
mezzo della CDF (o pdf) congiunta delle variabili aleatorie
per ogni -pla
)
)
)
)
. Un segnale aleatorio è completamente caratterizzato se è nota la caratterizzazione di
ordine per ogni .
In quello che precede si è implicitamente assunto che la variabile aleatoria sia continua, cioè
che il processo sia continuo in ampiezza. Se la variabile è discreta allora in aggiunta alla
caratterizzazione in termini di CDF marginali o congiunte, in luogo delle densità di probabilità (che
dovrebbero essere definite in senso generalizzato, cioè mediante -impulsi), è conveniente riferirsi
alle distribuzioni di probabilità (PMF - Probability Mass Function). Cosı̀ esemplificando con riferi-
un segnale aleatorio , si può far ricorso ad una caratterizzazione sintetica dello stesso, cioè in termini
di alcune funzioni che ne descrivono il comportamento medio.
del segnale , cioè la funzione:
La prima di tali funzioni è la media statistica
valore rms) e la varianza di
relazione in tempo-tempo del segnale
(1.19)
se e solo se é identicamente nullo. Analogamente, una matrice si dice semidefinita positiva se, per ogni
vettore risulta
.
1.4. CARATTERIZZAZIONE STATISTICA DI SEGNALI ALEATORI 19
infatti, detto
)
)
il vettore degli
campioni del processo e detto
)
)
un arbitrario vettore reale si ha:
Da cui, essendo il primo membro non negativo, segue il carattere definito positivo della funzione di
autocorrelazione.
Ovviamente analoghe proprietà valgono per l’autocorrelazione dei segnali a tempo discreto.
La covarianza tra due campioni del segnale aleatorio definisce, al variare degli istanti di campiona-
mento, la funzione di autocovarianza; precisamente si ha
per segnali a tempo continuo; analogamente per sequenze:
in altri termini la funzione di autocovarianza del processo è la funzione di autocorrelazione del
processo centrato
Conseguentemente tali funzioni sono sono legate dalla relazione:
4
4
Spesso nel definire le funzioni di autocorrelazione e di autocovarianza anziché utilizzare come vari-
abili indipendenti i due istanti temporali si preferisce far riferimento al ritardo. Precisamente la
funzione di autocorrelazione in tempo-ritardo di un segnale a tempo continuo è definita da:
e per le sequenze da:
In modo analogo si possono definire le funzioni di autocovarianza in tempo-ritardo.
Si osservi che con abuso di notazione sia l’autocorrelazione in tempo-tempo che quella in tempo-
ritardo vengono denotate con lo stesso simbolo
; pertanto la distinguibilità delle due funzioni
è affidata esclusivamente ai simboli utilizzati per denotare i due istanti di tempo ( ed nel caso di
segnali a tempo continuo e rispettivamente e per le sequenze) ovvero il tempo ed il ritardo ( e
nel caso di segnali a tempo continuo e rispettivamente e per le sequenze): pertanto, tali variabili
temporali non sono variabili mute.
20 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
% ( %
)(
)(*"$
Quindi necessariamente:
(1.20)
2 2
Se un segnale è stazionario almeno del secondo ordine allora si ha:
e quindi la pdf è funzione solo della differenza
. Ne segue che anche le funzioni di
autocorrelazione e di autocovarianza dipendono soltanto dalla differenza
:
(1.21)
In molti casi, quando è sufficiente la caratterizzazione globale del segnale (cioè media e autocorre-
lazione), siamo interessati soltanto al verificarsi della (1.20) e della (1.21); ciò conduce ad una forma
più debole di stazionarietà. Un segnale si dice stazionario in senso lato (SSL o WSS) se la media
è costante nel tempo (1.20) e l’autocorrelazione dipende soltanto dalla differenza tra i due istanti di
tempo (1.21), cioè dal ritardo
.
Notiamo esplicitamente che la stazionarietà in senso stretto implica la stazionarietà in senso lato, ma
non viceversa.
ticamente l’un l’altro. Facendo riferimento per semplicità al caso di due soli segnali, supposti a
tempo continuo, diciamoli e , la caratterizzazione completa congiunta richiede la specifi-
cazione della CDF (in alternativa pdf o PMF a seconda che si tratti di segnali ad ampiezza continua
o discreta) di un numero arbitrario di campioni comunque scelti sia su che su .
Per quanto concerne la caratterizzazione sintetica oltre a fornire medie e funzioni di autocorrelazione
dei singoli segnali, occorre anche specificare il momento congiunto:
che prende il nome di funzione di mutua correlazione in tempo-tempo di e . Tale funzione
dipende dall’ordine con cui sono considerati i processi, ma la funzione di mutua correlazione tra
e è legata a quella tra e dall’ovvia relazione di simmetria:
In alternativa si può considerare la funzione di mutua correlazione in tempo-ritardo:
Equivalentemente si possono introdurre la funzione di mutua covarianza in tempo-tempo
e la funzione di mutua covarianza in tempo-ritardo
Osserviamo infine che quanto esposto con riferimento ai segnali a tempo continuo vale anche mutatis
mutandis per le sequenze.
Consideriamo ora alcuni esempi di segnali aleatori di frequente applicazione.
mento delle autovetture a un dato bivio assumendo come successo la svolta a destra, e se si osserva
che la percentuale di autovetture che svoltano a destra nel lungo termine è % allora .
Ad ogni risultato dell’esperimento è associato un segnale nel seguente modo: se
nell’ennesima prova si è avuto un successo, altrimenti : il segnale che cosı̀ si ottiene è una
22 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 1.11: Realizzazione di un processo di Bernoulli.
1
1
realizzazione del processo di Bernoulli, ed è evidentemente un segnale a tempo discreto, discreto an-
che in ampiezza (fig. 1.11) . In altri termini un processo di Bernoulli è una successione di variabili
aleatorie binarie, dette anche bernoulliane e denotate sinteticamente:
La CDF
indipendenti ed identicamente distribuite (i.i.d.).
e la PMF
di tale segnale sono:
' 1
0
0
Si noti che, nel definire una variabile aleatoria Bernoulliana, i singoli esperimenti erano costituiti da un’unica prova con
due possibili esiti mentre nella costruzione del corrispondente processo aleatorio il singolo esperimento é costituito da un
numero infinito di prove.
1.4. CARATTERIZZAZIONE STATISTICA DI SEGNALI ALEATORI 23
quindi incorrelazione, tra i suoi campioni:
o equivalentemente:
4
L’andamento dell’autocorrelazione del processo di Bernoulli è riportato in fig. 1.13.
Il processo di Bernoulli è SSL. Inoltre esso costituisce anche un primo esempio di segnale aleatorio
completamente caratterizzabile: infatti la CDF di campioni, comunque scelti, è data semplice-
mente dal prodotto delle CDF dei singoli campioni in virtù della loro indipendenza statistica.
Si osservi che, alcume proprietà del processo di Bernoulli (autocovarianza impulsiva, caratteriz-
zazione completa assegnata la CDF del singolo campione) derivano dall’indipendenza statistica dei
suoi campioni e quindi valgono più in generale per le sequenze di variabili aleatorie i.i.d.
1
Dato un processo di Bernoulli monolatero, consideriamo un altro processo: il conteggio dei successi
. Precisamente sia
un processo di Bernoulli con probabilità di successo , allora
il conteggio di successi è la somma corrente di , cioè il processo definito come:
21
4
4 4
Una possibile realizzazione è presentata in fig. 1.14. Si tratta dunque di un segnale discreto nel tempo
e discreto in ampiezza.
24 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
6
5
4
3
2
1
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Per un fissato
P
)
)
esistono
sequenze di prove con successi. Tale distribuzione è detta binomiale di parametri
e e sinteticamente si scrive:
Quindi
non è stazionario nemmeno del ordine.
La media e la varianza di
si ottengono facilmente sulla base delle corrispondenti statistiche del
processo di Bernoulli: infatti la media di una somma di v.a. è la somma delle loro medie (linearità
della media) e la varianza di una somma di v.a. incorrelate è la somma del varianze (additività della
varianza di v.a. incorrelate). Pertanto si ha:
!# ! #
conseguentemente il valore quadratico medio vale:
4 !# 4
4
)
)
e sono indipendenti in quanto rappresentano il numero di successi nelle prove
4
)
)
. Con queste premesse è facile calcolare
-
e, rispettivamente, nelle prove
l’autocorrelazione dei conteggi di Bernoulli: infatti, supposto
, si ha:
4
Ovviamente il ruolo di e si inverte se
-
. Notiamo che la proprietà di indipendenza degli
incrementi di deriva dalla indipendenza delle variabili , ma è inessenziale che le
siano bernoulliane; quindi la proprietà di indipendenza degli incrementi vale più in generale per un
processo del tipo:
1
54 54 4
dove sono variabili indipendenti continue o discrete, con distribuzione arbitraria, cioè per la
somma corrente di una sequenza di variabili indipendenti. Se supponiamo che le siano anche
identicamente distribuite, allora gli incrementi sono anche stazionari nel senso che la distribuzione
dell’incremento con -
, dipende solo da e non anche da . Si osservi che la
possibilità di caratterizzare completamente il processo a partire dalla caratterizzazione del ordine
vale in generale per un qualunque processo ad incrementi indipendenti e stazionari.
Il processo di Poisson modella numerose situazioni pratiche, come arrivi di clienti ad un certo
servizio, arrivi di chiamate telefoniche a una centrale di commutazione, arrivi di particelle radioattive
a un contatore Geiger etc. In generale un processo di conteggio di arrivi rappresenta il numero
di arrivi nell’intervallo
, cosicché 4
rappresenta il numero di arrivi nell’intervallo
4
: quindi
-
, è un processo monolatero, a tempo continuo, ma a valori discreti, e
precisamente interi. Una possibile realizzazione di un processo di conteggio di arrivi è rappresentata
in fig. 1.15: chiaramente è non decrescente ed è costante a tratti.
Per un processo di Poisson, la probabilitá di arrivi nell’intervallo
é data da
P
26 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
6
5
4
3
2
1
Figura 1.15: Realizzazione di un processo di Poisson.
dove il parametro rappresenta il numero medio di arrivi in un intervallo di ampiezza unitario
(frequenza media degli arrivi). Infatti risulta
!#
per cui, ponendo
si ottiene
. Anche il processo di Poisson non è stazionario in
senso lato. L’autocorrelazione può essere calcolata utilizzando l’indipendenza e stazionarietà degli
incrementi; precisamente, utilizzando la procedura esposta con riferimento al processo di conteggio
dei successi, si ottiene, per
.0
(1.22) 4
Un’ulteriore categoria di processi la cui caratterizzazione statistica è molto semplice è quella dei
processi gaussiani, per i quali la pdf congiunta di ordine comunque elevato si ricava dalla media e
dalla funzione di autocovarianza.
Ricordiamo innanzitutto che variabili aleatorie reali (rispettivamente un vettore
) si dicono congiuntamente gaussiane se la loro pdf congiunta è:
(1.23)
1.4. CARATTERIZZAZIONE STATISTICA DI SEGNALI ALEATORI 27
e
)
)
idee il processo tempo continuo, la pdf di campioni , arbitrariamente scelti è
data dalla (1.23) ove il vettore e la matrice sono espressi in termini del valor medio del processo
e della sua autocovarianza
dalle relazioni
)
)
(1.24)
.. .. .. (1.25)
.
.
.
Pertanto la pdf di ordine considerati solo tramite la
del processo dipende dagli istanti di tempo
media (1.24), il determinante e l’inversa della matrice di covarianza (1.25). Conseguentemente
un processo gaussiano stazionario in senso lato è anche stazionario in senso stretto. Infatti per un
processo stazionario in senso lato il vettore (1.24) è indipendente dal tempo e il generico elemento
della matrice di covarianza (1.25) non dipende separatamente da e da , ma solo
dalla loro differenza ; quindi la pdf congiunta degli campioni è invariante per traslazioni.
Si osservi che se gli campioni considerati del processo gaussiano sono incorrelati essi sono anche
indipendenti: in altri termini nel caso gaussiano incorrelazione è equivalente ad indipendenza. Infatti
se i campioni sono incorrelati allora la matrice di covarianza (1.25) è diagonale; conseguentemente,
esplicitando la forma quadratica che costituisce l’argomento dell’esponenziale a secondo membro
della (1.23), si ha
e la pdf congiunta (1.23) diventa
)
)
cioè il prodotto delle pdf marginali dei singoli campioni .
28 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Interessa infine ricordare che ogni trasformazione lineare di un processo gaussiano dà luogo a vari-
abili o a processi ancora gaussiani. In particolare se l’ingresso di un sistema lineare temporalmente
invariante o non (vedi capitolo successivo), è un segnale aleatorio gaussiano, allora anche l’uscita
è un segnale aleatorio gaussiano, il sistema cambia solo media ed autocovarianza del processo, ma
non la forma della pdf dei suoi campioni.
Si consideri un segnale deterministico è la
quantità
0 -
analogamente la media temporale di una sequenza
nell’intervallo è
0 - 4
Per le sequenze la media temporale coincide con la media aritmetica dei campioni, mentre per
le forme d’onda è l’altezza del rettangolo avente area uguale a quella sottesa dal segnale
nell’intervallo
e base . Notiamo esplicitamente che il risultato dell’operazione di
media temporale è un numero (reale o complesso) e quindi l’indicazione della variabile temporale
o nella notazione di media serve solo ad identificare l’operazione effettuata a seconda che si
tratti di segnali a tempo continuo o discreto; perciò, se è chiaro dal contesto di quale tipo di seg-
nale si tratti, la variabile temporale può non comparire nella notazione. Se si fa tendere all’infinito
l’ampiezza dell’intervallo si ha la media temporale (senza menzione dell’intervallo):
0 -
%&
(1.26)
nel caso discreto. Alla media temporale, riguardata come segnale costante, si da anche il nome di
componente continua e la si denota con
1.5. MEDIE TEMPORALI 29
La media temporale di , o di
se si tratta di segnali complessi, si definisce valore
quadratico medio (sinteticamente valore m.s.) o potenza media e si denota con (o semplice-
mente quando non c’è ambiguità):
0 -
Il termine potenza è giustificato dal fatto che quest’ultima è proporzionale al valore quadratico
medio: precisamente nella definizione di potenza si sottintende una costante di valore unitario, ma di
opportune dimensioni; altrimenti la denominazione più appropriata è valore quadratico medio. Ad
esempio se è una corrente allora è la potenza media (in Watt) dissipata per effetto Joule in
un resistore di 1 che rappresenta il valore della costante di proporzionalità. La radice quadrata del
valore quadratico medio è il valore efficace, o sinteticamente valore rms, e verrà denotato con
0 -
Per una vasta classe di segnali deterministici la potenza è nulla. È questo, ad esempio, il caso dei
a durata limitata come l’impulso rettangolare e l’impulso triangolare
+ -
segnali
o non limitata come l’impulso esponenziale . Sulla scorta della potenza
i segnali vengo distinti in segnali di potenza, che sono i segnali con potenza strettamente maggiore di
zero, ma finita ed in segnali di energia che sono i segnali con potenza nulla ma energia finita ovvero
in cui
0
per i segnali a tempo continuo, oppure
0
per le sequenze. Notiamo che l’energia di un segnale non può essere negativa e che i segnali di ener-
gia hanno media necessariamente nulla, mentre i segnali di potenza hanno necessariamente energia
infinita.
Sulla scorta della potenza, dunque, i segnali vengono distinti in segnali di potenza, che sono i segnali
con potenza strettamente maggiore di zero, ma finita ed in segnali di energia che sono i segnali con
potenza nulla ma energia finita. Il caso non ha invece alcuna rilevanza pratica. Una
categoria di segnali di potenza deterministici di notevole interesse è quella dei segnali periodici.
L’operazione di media temporale, per i segnali di potenza o di energia, gode delle seguenti proprietà
che si richiamano qui senza dimostrazione
P1 Linearità
Per ogni coppia
di numeri reali o complessi e per ogni coppia di segnali
0 4 0 -34 0
risulta:
- -
30 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
P2 Invarianza temporale
La media temporale di un segnale è invariante per traslazioni: cioè, comunque si scelga
il ritardo (o
se trattasi di sequenze), risulta:
Un caso particolare è quello dei segnali periodici, per i quali la media temporale coincide con la
media calcolata su di un periodo, si ha cioè
0 -
0
-
ove e
denotano il periodo di e , rispettivamente.
Esempio 1: Componente continua e potenza di un fasore
Si consideri un fasore di pulsazione , cioè il segnale
Se
, il segnale si riduce alla costante 1 e risulta 0 - ; più in generale il valor
medio di un segnale costante è uguale alla costante stessa. Per
e si ha
il fasore è periodico di
periodo
-
0
0 -
Passando alla potenza si ha:
0 -
e più in generale
5 4
Consideriamo il segnale
1.5. MEDIE TEMPORALI 31
0 5 4 -
0 -4 0 .-
Per quanto concerne la potenza, si ha
0 5 4 -
4 0 54 -
% & % (
% (
Notiamo esplicitamente che la potenza e l’energia sono operazioni invarianti per traslazione, ma non
sono operatori lineare. Infatti la potenza di una somma vale
0 4 0 -34 0
-
- 4 0
-34 0 .-
ovvero, introdotta la potenza mutua tra e e quella tra e
0 .- 0 -
si ha
4 4 4 4
4
32 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Le potenze mutue e
danno conto dell’interazione in termini energetici dei segnali. Se una
è nulla lo è anche l’altra: in tal caso, i segnali si dicono ortogonali e sinteticamente si scrive
(1.28)
e vale l’additività delle potenze.
4 4 4 4
Analogamente a quanto si verifica per le potenze, è immediato verificare, considerati due segnali di
4
ove, e denotano rispettivamente l’energia mutua tra e e quella tra e
definite da:
nel caso di segnali a tempo continuo e da
Se
(e quindi anche
per i segnali a tempo discreto.
In particolare si parla di dBW e di dBm se la potenza di riferimento sono rispettivamente quella di un 1W o 1mW. Con-
seguentemente anche i rapporti tra ampiezze possono essere misurate in dB, ma, essendo le potenze proporzionali ai quadrati
dei valori efficaci, per le ampiezze la misura in dB è data da
ove
è il valore di riferimento.
1.5. MEDIE TEMPORALI 33
é un numero reale che dipende dalla particolare funzione membro considerata. Ha quindi senso
definire come potenza del processo aleatorio la quantitá
% &
(1.30)
Mostriamo ora che i processi aleatori stazionari sono segnali di potenza. Calcolandone l’energia
risulta:
(1.31)
Se il processo é stazionario, per cui, sostituendo nella (1.31) si ottiene
% &
. Procedento nello stesso modo per la
che é uguale a zero se ma diverge se
potenza, otteniamo
% & 0
Per i vettori nello spazio euclideo sappiamo che valgono alcune proprietá metriche che permettono
di definire la lunghezza di un vettore, il prodotto scalare tra due vettori e la distanza tra vettori nello
34 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
vettore al caso di uno spazio di segnali ponendo
(1.32)
La trattazione rigorosa dell’argomento esula dagli scopi di questo corso. Per approfondimenti si rimanda a testi specifici,
ad esempio L.E. Franks Signal Theory, Eglewood Cliffs, N.J., Prentice-Hall
1.5. MEDIE TEMPORALI 35
Le stesse estensioni valgono anche per i segnali di potenza a patto di definire opportunamente il
prodotto scalare; precisamente si ha
% &
(1.34)
Negli spazi lineari dotati di prodotto scalare vale inoltre la disuguaglianza di Schwartz
0
-
dove l’uguaglianza si verifica se e solo se , se cioè i segnali sono proporzionali.
Sulla base di queste considerazioni, il prodotto scalare è indicativo del grado di similitudine (pro-
porzionalità) fra due segnali: in particolare due segnali vengono detti perfettamente simili se il loro
prodotto scalare è massimo, mentre sono completamente dissimili se ortogonali.
1.5.4 Funzioni di correlazione per segnali deterministici
La funzione di correlazione
tra due segnali deterministici é definita come prodotto scalare tra
il segnale ed il segnale ritardato
al variare del ritardo
0
- (1.36)
analogamente nel caso di sequenze la definizione è
0
.- (1.37)
Nel caso particolare che il secondo segnale coincida col primo, si ha la funzione di autocorrelazione
di , che pertanto è definita da
0
- (1.38)
nel caso di sequenze. Si noti che per la funzione di autocorrelazione il doppio pedice è ridondante e
pertanto nel seguito sarà anche utilizzata la notazione .
36 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
introdotta per i segnali aleatori: precisamente tale funzione è la media temporale
% &
nel caso di segnali di potenza, mentre per segnali di energia si riduce all’integrale
Analoghe considerazioni valgono per la funzione di autocorrelazione per i segnali a tempo discreto.
Si osservi che, sulla scorta dell’interpretazione data del prodotto scalare, la funzione di mutua corre-
lazione è un indice della similitudine tra i segnali ed
al variare del ritardo
; analoga-
mente la funzione di autocorrelazione, confrontando un segnale con se stesso al variare del ritardo, è
un indice della rapidità di variazione del segnale stesso, ovvero della predicibilità (lineare) del valore
attuale sulla scorta del valore assunto
secondi prima.
3
Trattandosi di un segnale di energia ( ), la sua funzione di autocorrelazione vale
0 -
è un segnale deterministico di potenza; conseguentemente la sua funzione di autocorrelazione
vale
0
- 0
- 3
Pertanto un segnale costante ha un’autocorrelazione costante, come è intuitivo dal momento
che il segnale ed il segnale ritardato
sono identici.
1.5. MEDIE TEMPORALI 37
Esempio 4: Fasori
Si considerino i due fasori
che sono entrambi segnali deterministici di potenza; conseguentemente la loro funzione di
mutua correlazione vale
0
- 0
-
0 ! ! - "!
Da cui, ricordando che la media di un fasore è nulla a meno che la sua frequenza non sia zero,
segue che la mutua correlazione di due fasori a frequenza diversa è identicamente nulla. Se
invece i due fasori sono isofrequenziali, cioè
, allora la mutua correlazione è non
nulla e vale
0 ! ! - "!
"! " !
Pertanto la mutua correlazione tra due fasori isofrequenziali è un fasore della stessa frequenza,
ma con ampiezza pari alla loro potenza mutua.
Se i due fasori isofrequenziali hanno anche la stessa ampiezza ( ) e la
stessa fase iniziale ( ), allora coincidono e la relazione precedente fornisce
l’autocorrelazione del fasore, precisamente risulta:
0
- 0
- 3
"!
"!
Pertanto l’autocorrelazione di un fasore è un fasore della stessa frequenza, con fase iniziale
nulla e con ampiezza pari alla potenza del segnale.
Le proprietà analitiche delle funzioni di auto e di mutua correlazione discendono agevolmente dal
fatto che esse sono dei prodotti scalari. Precisamente la funzione di mutua correlazione gode delle
seguenti proprietà:
P1 Valore nell’origine
0
-
a tempo continuo, si ha
0
- 0
-
Passando a considerare la funzione di autocorrelazione si ha che essa gode delle seguenti proprietà:
P1 Valore nell’origine:
P2 Simmetria coniugata (Hermitianità):
P3 La funzione di autocorrelazione è limitata ed ha un massimo nell’origine
Figura 1.17: Realizzazione del segnale telegrafico.
!#$%
condizionata vale , mentre la media condizionata
% !#$% vale
!#$%
#
. Mediando ulteriormente su si ottiene quindi
3 # % !#$%
# !#$%
# % !#$%
Esplicitando, in tale relazione la e la , si ha
4
3
Nel calcolo precedente si è implicitamente assunto
, ma è chiaro che se
è
1
sufficiente sostituire
con
; quindi in definitiva l’autocorrelazione dipende solo dal modulo
di
secondo la formula
(1.40)
in accordo con la proprietà di simmetria secondo la quale l’autocorrelazione di un segnale
reale è pari.
Poiché inoltre, come è immediato verificare, il segnale binario casuale ha media nulla, esso è
SSL; conseguentemente la sua autocorrelazione, definita come prodotto scalare (1.38), coin-
cide con quella statistica (1.40).
Osserviamo che la funzione di mutua correlazione compare naturalmente quando si combinano tra
loro più segnali. Ad esempio, l’autocorrelazione del segnale somma , dove 4
e sono dello stesso tipo, è data da:
4 4 4 4 4 4
Quindi la condizione
, è condizione sufficiente per l’additività della funzione di
autocorrelazione .
Precedentemente si è visto che condizione sufficiente per l’additività dell’energia, o della potenza,
è l’ortogonalità dei due segnali, cioè (che, a seconda dei casi, equivale a
40 Capitolo 1. STUDIO DEI SEGNALI NEL DOMINIO DEL TEMPO
o
).
Evidentemente, la condizione
è una condizione più restrittiva di
, dal momento che essa comporta che non solo è nullo il prodotto scalare fra e ,
I sistemi possono essere classificati sulla base dei segnali che elaborano. Cosı̀ si parla di sistema
deterministico se l’uscita corrispondente ad un qualunque ingresso deterministico è a sua volta un
segnale deterministico, di sistema numerico se ingresso ed uscita sono segnali numerici, discreto se
ingresso ed uscita sono sequenze, continuo se ingresso ed uscita sono forme d’onda. Pertanto, di
41
42 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 2.2: Partitore resistivo: circuito, schema a blocchi
norma, ingresso ed uscita di un sistema sono segnali dello stesso tipo, con le eccezioni, di notev-
ole interesse pratico, del convertitore analogico/numerico, utilizzato per convertire un segnale ad
ampiezza e tempo continui in un segnale numerico, e quello numerico/analogico impiegato per ri-
costruire una forma d’onda dalla sua versione numerizzata; tali sistemi sono le interfacce necessarie
per poter effettuare l’elaborazione numerica di forme d’onda.
Sinteticamente per un sistema continuo il legame ingresso/uscita è:
3
Tali notazioni sottolineano che il valore attuale dell’uscita ( ) dipende sia dall’istante di
tempo ( considerato che da tutto il segnale d’ingresso .
4
dunque uscita ed ingresso risultano proporzionali con costante di proporzionalità
.
Il partitore resistivo è un sistema continuo.
2.1. GENERALITÀ SUI SISTEMI 43
*4
differenziale:
(2.1)
La condizione iniziale necessaria per definire univocamente il legame ingresso-uscita la si as-
sume zero (sistema inizialmente a riposo). Risolvendo l’equazione differenziale, a tale legame
si può dare forma esplicita: precisamente, posto
+ (2.2)
risulta
È possibile costruire sistemi complessi a partire da sistemi semplici: i tipi di connessione fondamen-
tale sono:
44 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 2.4: Filtro RC: a) circuito, b) schema a blocchi.
Sistema 1 Sistema 2
connessione in cascata
Sistema 1 Sistema 1
Sistema 2 Sistema 2
La figura si riferisce al caso di due sistemi, ma l’estensione delle connessioni in cascata ed in paral-
lelo al caso di più sistemi è immediata.
Si osservi che la connessione dei sistemi oltre a indicare una strada per la realizzazione di sistemi
complessi, consente anche di riguardare un dato sistema come interconnessione dei suoi componenti.
Esempio 6: Filtro MA
2.1. GENERALITÀ SUI SISTEMI 45
ritardo
Figura 2.6: Filtro MA
Si consideri il sistema di fig. 2.6: esso può riguardarsi come la connessione in parallelo di un
moltiplicatore per una costante (Esempio 4) con la cascata di un ritardo elementare (Esem-
pio 3) e di un altro moltiplicatore.
È immediato verificare che il legame ingresso-uscita del sistema complessivo è dato da:
4
In altri termini, il valore attuale dell’uscita è dato dalla somma pesata, con pesi e )
, del valore attuale e di quello immediatamente precedente dell’ingresso, il
che spiega il nome di filtro a media mobile, sinteticamente filtro MA (dall’inglese Moving
Average), dato a tale sistema.
Esempio 7: Filtro interpolante di ordine zero (ZOH)
Il filtro interpolante di ordine zero o sinteticamente filtro ZOH (Zero Order Hold), è il sistema
di fig. 2.7: tale sistema può ottenersi connettendo in cascata il parallelo di un sistema identico
( ) e di una linea di ritardo ( ) con un integratore. È immediato
verificare che il legame ingresso-uscita del sistema complessivo è dato da:
2
(2.3)
I sistemi vengono usualmente classificati sulla base delle loro proprietà: all’uopo è utile richiamare
le principali definizioni.
2.1.1 Dispersività
Si è gia osservato che l’uscita di un sistema in un determinato istante dipende in genere da tutto il
segnale di ingresso: ciò si esprime dicendo che il sistema è dispersivo o con memoria. Viceversa un
46 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Ritardo T
sistema si dice non dispersivo o senza memoria se il valore (risp. ) dell’uscita all’istante
(risp. ) dipende solo dal corrispondente valore (ris. ) dell’ingresso nello stesso istante ed
eventualmente dall’istante (risp. ). È immediato verificare che il partitore resistivo (Esempio 1),
il diodo (Esempio 2) ed il moltiplicatore per una costante (Esempio 4) sono sistemi non dispersivi;
invece il ritardo elementare (Esempio 3), il filtro RC (Esempio 5), il filtro MA (Esempio 6) ed il
filtro ZOH (Esempio 7) sono sistemi dispersivi.
2.1.2 Causalità
Un sistema è causale se il valore dell’uscita all’istante (risp. ) dipende non da tutto l’ingresso
, ma solo dai valori assunti da negli istanti di tempo precedenti (risp. ) compreso; in
altri termini, per un sistema causale, il valore dell’uscita non dipende dai valori futuri dell’ingresso.
Conseguentemente se due ingressi ad un sistema causale sono identici fino all’istante (risp. ), $
allora anche le corrispondenti uscite sono uguali fino a tale istante. È immediato verificare che tutti
i sistemi degli esempi 1-7 sono casuali, mentre il filtro MA definito dall’equazione
4 4
è un sistema discreto, dispersivo e non causale.
Sebbene i sistemi causali abbiano grande importanza, tuttavia essi non sono gli unici sistemi
d’interesse pratico. Ad esempio la causalità non è una restrizione necessaria nell’elaborazione
d’immagini e, più in generale, ogni qual volta la variabile indipendente non è il tempo. È pari-
menti superfluo imporre il vincolo della causalità per tutte le elaborazioni che non sono effettuate
in tempo reale: cosı̀ ad esempio i segnali geofisici, sismici, metereologici vengono spesso prima
registrati e poi elaborati in tempo differito senza alcun vincolo di causalità. Infine anche nelle elabo-
razioni in tempo reale vengono presi in esame sistemi non causali al fine di valutare la degradazione
dovuta al vincolo di causalità nei sistemi realizzati in pratica.
2.1. GENERALITÀ SUI SISTEMI 47
Sistema Sistema
invertibile inverso
2.1.3 Invertibilità
Un sistema è invertibile se tale è la trasformazione che lo definisce; in altri termini un sistema si dice
invertibile se esiste un altro sistema, detto sistema inverso, tale che la cascata del sistema invertibile
e del suo inverso realizza la trasformazione identica (vedi fig. 2.8). Si consideri ad esempio il sistema
definito dall’equazione:
esso realizza la somma corrente dei valori dell’ingresso ed è denominato accumulatore; è immediato
verificare che tale sistema è invertibile e che il suo inverso è il sistema MA definito dall’equazione:
2
2 2
In maniera analoga è possibile verificare che i sistemi considerati negli esempi 1 7 sono temporal-
mente invarianti.
Consideriamo ora il sistema definito dall’equazione
48 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
pertanto il sistema non è temporalmente invariante.
2.1.5 Stabilità
Un sistema è stabile se la risposta ad un qualunque ingresso limitato è anch’essa limitata. Tale tipo
di stabilità è detta o anche stabilità BIBO (Bounded Input - Bounded Output).
È immediato verificare che i sistemi degli esempi 1 7 sono stabili; cosı̀ per il filtro RC, supposto
, si ha:
non è stabile; infatti la risposta ad un gradino in ingresso, cioè , è una rampa, cioè +
+
, che non è limitata. Cosı̀ pure non sono stabili, in senso BIBO, l’accumulatore ed il
suo equivalente continuo, l’integratore ideale.
2.1.6 Linearità
Un sistema è lineare se è omogeneo ed additivo, cioè se esso verifica le seguenti condizioni:
qualunque sia l’ingresso e qualunque sia il fattore di scala .
Additività : la risposta ad un segnale somma è la somma delle singole risposte; cioè
4 4
4 4
4
)
)
dove
è l’uscita corrispondente a
,
)
)
.
È dunque conveniente rappresentare un generico ingresso come sovrapposizione di segnali ele-
mentari di cui sia nota la risposta, cosı̀ da ottenere la risposta complessiva del sistema sovrapponendo
le risposte ai singoli segnali elementari. A questo scopo una efficace decomposizione dei segnali di
ingresso è quella in termini di impulsi introdotta nel capitolo precedente. Nel caso di segnali a tempo
discreto, possiamo esprimere la generica sequenza come
e quindi la risposta a è data dalla combinazione lineare, con coefficienti
, delle risposte
ai singoli impulsi traslati
. Detta allora
la risposta impulsiva in tempo-istante di
applicazione del sistema, cioè la risposta del sistema all’impulso applicato all’istante
allora la risposta a è data dalla cosiddetta somma di sovrapposizione (in tempo-istante di appli-
cazione)
(2.5)
In alternativa è possibile esprimere la risposta del sistema a mezzo della risposta impulsiva in tempo-
ritardo
cioè della risposta, valutata all’istante , ad un impulso applicato istanti prima, in altri termini
è il ritardo, misurato rispetto all’istante di applicazione
, con cui si osserva l’uscita.
Infatti con il cambio di variabile la (2.5) si riscrive
(2.6)
50 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
in termini di impulsi di Dirac
per il principio di sovrapposizione, l’uscita corrispondente all’ingresso è data dall’integrale
di sovrapposizione in tempo-istante di applicazione:
dove
è la risposta impulsiva in tempo-istante di applicazione, che rappresenta l’uscita del
sistema all’istante quando l’ingresso è un impulso applicato all’istante .
Alternativamente, anche un sistema lineare continuo può essere descritto dalla risposta impulsiva in
tempo-ritardo:
che rappresenta la risposta all’istante ad un impulso applicato all’istante
; essa consente
di esprimere l’uscita come integrale di sovrapposizione in tempo-ritardo:
(2.7)
(2.8)
Tale somma prende il nome di convoluzione discreta fra e , o semplicemente di con-
voluzione se è chiaro che si opera su segnali discreti e, come è implicito nella (2.8), viene denotata
col simbolo : quindi l’uscita di un sistema LTI è la convoluzione dell’ingresso e della
risposta impulsiva. Notiamo che l’ordine dei due fattori è inessenziale; infatti con cambio di variabile
è immediato verificare che
(2.9)
In altri termini la convoluzione è commutativa
Analogamente ai sistemi LTI discreti, anche i sistemi LTI continui sono caratterizzabili mediante la
loro risposta impulsiva
; il corrispondente legame ingresso-uscita è
(2.10)
L’integrale nella (2.10) prende il nome di convoluzione (continua) fra e e converge se
almeno uno dei due fattori è sommabile (in particolare converge se il sistema è stabile e se
l’ingresso è limitato). L’interpretazione della (2.10), e in particolare del secondo integrale è la
seguente: siccome è possibile pensare a come la sovrapposizione di -impulsi traslati
,
, di area
, allora l’uscita del sistema è la sovrapposizione delle relative
al variare del ritardo
risposte impulsive
con gli stessi pesi
.
0
-
Dall’esame dei grafici di fig. 2.9 e fig. 2.9 è chiaro che, per , e 0
non
si sovrappongono, cioè non sono mai contemporaneamente diversi da zero e quindi
per 0
. Per
1
, il prodotto vale (vedi fig. 2.9 e fig. 2.9 ):
'
altrimenti
Pertanto, per 21
L’andamento della risposta al gradino (risposta indiciale) è riportato in fig. 2.9 : si noti che
tale risposta ha un asintoto pari a per tendente all’infinito.
Esempio 2: Convoluzione di due finestre rettangolari
Siano e
due finestre rettangolari di lunghezza e rispettivamente, cioè:
(nelle fig. 2.10a e fig. 2.10b si è supposto ed ). Applicando la procedura
precedentemente delineata, è facile verificare che ha l’andamento trapezoidale
indicato in fig. 2.10c.
Dall’esempio precedente risulta che la convoluzione di due sequenze rettangolari di lunghezza
è una sequenza trapezoidale di lunghezza . Come caso particolare,
4
e
ponendo , si ricava che la convoluzione di due sequenze rettangolari della stessa
lunghezza è una sequenza triangolare di lunghezza ed ampiezza
.
Con un piccolo sforzo di generalizzazione è facile rendersi conto che la convoluzione di due
4
qualsiasi sequenze di lunghezza finita, diciamo
e è una sequenza di lunghezza finita
. In altri termini se applichiamo una sequenza di lunghezza finita in ingresso
ad un sistema con memoria finita , otteniamo in uscita una sequenza pure di lunghezza finita,
ma più lunga di campioni per effetto della memoria finita del sistema.
Esempio 3: Filtro ZOH
Il filtro interpolatore di ordine zero precedentemente introdotto è un sistema LTI con risposta
impulsiva (vedi fig. 2.11a):
durata 1
come è immediato verificare; si supponga che anche l’ingresso sia un impulso rettangolare di
(fig. 2.11b), cioè
3
54 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
4
3
2
1
È facile controllare che la convoluzione di e ha andamento trapezoidale (fig. 2.11c) e
la sua durata complessiva è la somma della durata delle due finestre rettangolari: essa diventa
un triangolo se 3 (Figura 2.11d).
Esaminiamo ora le proprietà fondamentali della convoluzione in aggiunta alla commutatività già
accennata precedentemente. Anzitutto, si può verificare che la convoluzione è associativa, si ha
cioè:
(2.11)
si noti che in virtù della proprietà associativa l’impiego delle parentesi quadre nella (2.11) è super-
fluo. Tale proprietà può essere interpretata in termini di connessione di sistemi LTI come illustrato
in fig. 2.12: infatti, dalla proprietà associativa, segue che la connessione in serie di due sistemi LTI
aventi
risposta impulsiva e è equivalente a un unico sistema LTI con risposta impulsiva
. Inoltre, come conseguenza della proprietà associativa in congiunzione con la proprietà
commutativa, la risposta impulsiva globale è indipendente dall’ordine con cui i sistemi sono connessi
in serie. Tale proprietà può essere generalizzata ad un numero arbitrario di sistemi LTI connessi in
serie.
2.3. Sistemi lineari tempo invarianti 55
4
Figura 2.11: Convoluzione di due finestre rettangolari.
Una terza proprietà della convoluzione è la proprietà distributiva
54
4
4
È immediato verificare che l’impulso si comporta come l’unità nei confronti della convoluzione,
nel senso che si ha
(2.12)
Se si interpreta come la risposta impulsiva del sistema identico, che è un particolare sistema
LTI, la proprietà (2.12) esprime semplicemente la condizione che ingresso ed uscita di un sistema
identico coincidono.
La convoluzione gode anche della proprietà associativa mista, cioè risulta
Tale proprietà traduce in termini di convoluzione l’omogeneità dei sistemi lineari, ed afferma che
si può indifferentemente scalare l’ampiezza di uno dei due fattori del prodotto di convoluzione o il
risultato del prodotto stesso.
Un’altra proprietà della convoluzione
il risultato
è l’invarianza temporale. Precisamente, detto
della convoluzione fra e , il risultato della convoluzione fra e è ,
in altri termini si ha
(2.13)
come ingresso al sistema e come risposta impulsiva la (2.13) esprime
Se interpretiamo
semplicemente la proprietà di invarianza temporale dei sistemi LTI.
La convoluzione continua ha le stesse proprietà della convoluzione discreta; tali proprietà sono sin-
tetizzate nella tabella 2.1 sia con riferimento al caso di segnali a tempo continuo che di sequenze.
2.3. Sistemi lineari tempo invarianti 57
P1 commutativa
4 4
P2 associativa
P3 distributiva
P4 cambiamento di scala
2 2
P5 invarianza temporale
P6 esistenza dell’unità
Anche nel caso di forme d’onda, tali proprietà si possono interpretare in termini di connessione di
sistemi: la proprietà commutativa equivale ad affermare che i ruoli del segnale di ingresso e della
risposta impulsiva possono essere scambiati; la proprietà associativa implica che la cascata di due
sistemi è equivalente ad un unico sistema la cui risposta impulsiva è la convoluzione delle singole
risposte impulsive; inoltre, la risposta impulsiva globale non dipende dall’ordine di connessione;
infine la proprietà distributiva comporta che il parallelo di due sistemi è equivalente ad un unico
sistema la cui risposta impulsiva è la somma delle singole risposte impulsive.
La procedura per calcolare la convoluzione è abbastanza simile a quella delineata per il caso discreto:
precisamente, per valutare l’uscita per uno specifico valore di , prima si determina il segnale
(considerato come funzione di
con fisso) mediante una riflessione intorno all’asse verticale e una
traslazione (in ritardo se 1 , in anticipo se 0
); si moltiplicano poi i segnali
e
e
si calcola l’area sottesa dal prodotto; al variare di si ottiene l’intero segnale di uscita. Ovviamente
i ruoli di e possono essere invertiti secondo convenienza.
Le risposta impulsiva caratterizza completamente un sistema lineare, e per tale motivo è una risposta
canonica, conseguentemente le proprietà di un sistema lineare secondo la classificazione del para-
grafo precedente, possono essere espresse in termini della risposta impulsiva. In particolare, si può
effettuare la seguente classificazione:
(2.14)
Infatti se e solo se le condizioni (2.14) e (2.15) sono verificate, il valore attuale dell’uscita
dipende esclusivamente dal valore dell’ingresso valutato nello stesso istante. Infatti, dalle
(2.14) e (2.15) segue che in tali ipotesi, il sistema effettua semplicemente il prodotto del seg-
nale d’ingresso per una costante . Quando la (2.14) o (2.15) non sono verificate il sistema è
con memoria (dispersivo in tempo).
Sistemi LTI causali : Il concetto di causalità si traduce, per un sistema lineare discreto, nella con-
dizione che:
(2.16) 0
per cui la somma di convoluzione (2.6) si scrive
(2.17)
Infatti, se e solo se la condizione (2.16) è verificata, i valori futuri dell’ingresso, cioè i cam-
pioni con 0
, non danno contributo al valore attuale dell’uscita.
Analogamente la condizione di causalità per un sistema lineare continuo è:
0 (2.18)
(2.19)
Se le condizioni (2.16) o (2.18) non valgono il sistema è non causale. Un caso particolare di
sistema non causale è il sistema anticausale definito dalla condizione:
-
-
Sistemi lineari stabili : Anche la condizione di stabilità può essere espressa in termini della risposta
impulsiva. Sia un ingresso limitato, cioè
, di un sistema lineare discreto, la
corrispondente uscita può essere maggiorata come segue
0
(2.20)
2.3. Sistemi lineari tempo invarianti 59
il sistema è reale se e solo se è reale
il sistema è non dispersivo se e solo se
il sistema è causale se e solo se 0
il sistema è anticausale se e solo se -
04
il sistema è stabile se e solo se
Con analoghe considerazioni si verifica che condizione necessaria e sufficiente per la stabilità
di un sistema continuo è che esista una costante reale tale che:
0
Le condizioni cui deve soddisfare la risposta impulsiva di un sistema LTI sono riassunte nella tabella
2.2.
A proposito della connessione in serie dei sistemi, va altresı̀ puntualizzato che l’invarianza della
risposta rispetto all’ordine di connessione vale solo se tutti i sistemi sono sia lineari che tempo
invarianti. Per esempio, è immediato verificare che il sistema che moltiplica per 2 (LTI) non può es-
sere scambiato, nell’ordine di connessione, con il sistema che effettua il quadrato (tempo invariante,
ma non lineare). Analogamente un sistema LTI (per esempio il filtro MA di risposta impulsiva
+ +
) non può essere scambiato con un sistema LTV (per esempio il sistema
lineare definito da ) come si può verificare calcolando la risposta impulsiva delle due
possibili connessioni in cascata.
60 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Esempio 3: Accumulatore
È immediato verificare che l’accumulatore precedentemente introdotto è il sistema LTI con
risposta impulsiva +
. Tale sistema è invertibile ed il suo inverso è la differenza
prima : infatti la risposta impulsiva della differenza prima è;
e effettuando la convoluzione con la risposta impulsiva dell’accumulatore si ottiene:
3+ + 2+
e pertanto definisce un sistema LTI: precisamente tale sistema è il filtro MA con risposta
impulsiva
)
)
! "$#$% &'
)(*"$%
54 (2.22)
da cui si ricava:
54
54
54
..
.
e quindi
4
1
Analogamente, risolvendo l’equazione rispetto a , si ha
..
.
e quindi
0
Pertanto, in definitiva
+
ed il sistema LTI è causale e dispersivo; inoltre è stabile se
0 .
Viceversa se si impone la condizione , risulta:
54
54
..
.
e quindi
54
1
e, analogamente
..
.
e, quindi
In definitiva si ha
+
e pertanto il sistema LTI è anticausale e dispersivo; inoltre esso è stabile se
- .
62 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
fissare le idee, ai segnali a tempo discreto, si ha:
e quindi
In altri termini la media statistica dell’uscita è la risposta del sistema alla media statistica
(2.23)
dell’ingresso (Fig. 2.14 ).
Figura 2.14: Legame ingresso - uscita per la media statistica.
Mediando, rispetto alla variabile temporale, entrambi i membri della (2.23) si ha
0 - 0
.- 0 .-
quindi, in definitiva, risulta:
(2.24)
ove si è introdotto il guadagno in continua del sistema pari all’area sottesa dalla risposta
impulsiva, cioè:
2.4. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE FUNZIONI DI CORRELAZIONE 63
Figura 2.15: Schema per il calcolo del legame tra le mutue correlazioni degli ingressi e delle uscite.
essere riguardate come prodotti scalari.
Precisamente, con riferimento alla Fig. 2.15, ci proponiamo di determinare la mutua correlazione
tra le due uscite in funzione di quella tra i due ingressi e delle risposte impulsive
e dei due sistemi LTI.
Riferendoci, per fissare le idee, a segnali e sistemi a tempo discreto, si ha:
0
.- 0
.-
Nella relazione precedente e sono degli scalari: conseguentemente, per la proprietà
distributiva del prodotto scalare rispetto alla somma, si ha:
0
.-
4
il prodotto scalare a secondo membro dell’equazione precedente è la mutua correlazione
, conseguentemente il legame cercato è
4
64 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 2.16: Legame ingresso uscita per l’autocorrelazione.
Tale legame può essere anche espresso in forma più compatta in termini di convoluzione: si ha infatti
4
L’ultimo cambio di variabili è stato introdotto per evidenziare che la residua sommatoria
4
è ancora una convoluzione in cui il secondo fattore è ; poiché inoltre la convoluzione è
commutativa e associativa possiamo scrivere infine
essendo
la mutua correlazione delle risposte impulsive.
Una analoga derivazione vale per segnali e sistemi continui, l’unica differenza concerne la proprietà
distributiva del prodotto scalare rispetto alla somma che si trasforma, con argomento limite, nella
proprietà distributiva del prodotto scalare rispetto all’integrale. In definitiva risulta
(2.25)
tra le due uscite dei sistemi LTI di Fig. 2.15
Si osservi che dall’equazione (2.25) segue che se i due ingressi sono incoerenti tali sono anche le due
uscite; in altri termini una elaborazione LTI conserva l’incoerenza. In particolare, in virtù del prin-
cipio di sovrapposizione degli effetti, se in ingresso ad un sistema LTI segnale utile e rumore sono
incoerenti lo sono anche in uscita. Si noti infine che le due uscite possono essere incoerenti anche se
i due ingressi non lo sono: all’uopo è sufficiente che siano incoerenti le due risposte impulsive.
Particolarizzando lo schema generale di Fig. 2.15 come in Fig. 2.16 è immediato derivare il legame
ingresso-uscita per la funzione di autocorrelazione. In questo caso, dall’equazione (2.25) si ottiene:
(2.26)
2.4. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE FUNZIONI DI CORRELAZIONE 65
cioè l’autocorrelazione dell’uscita è pari alla convoluzione dell’autocorrelazione dell’ingresso e di
quella della risposta impulsiva: in altri termini, l’autocorrelazione della risposta di un sistema LTI è
pari alla risposta all’ingresso del sistema avente risposta impulsiva (Fig. 2.16 ). Si osservi
inoltre che se l’ingresso del sistema LTI di è stazionario in senso lato, allora, al secondo membro
dell’equazione (2.26), l’autocorrelazione coincide con quella statistica e, quindi, tale affermazione
deve valere anche per il primo membro; inoltre, dall’equazione (2.23) segue che la media statistica
dell’uscita è indipendente dal tempo: dunque, se l’ingresso di un sistema LTI è SSL tale è anche il
corrispondente segnale di uscita. Analogamente, se i due ingressi di Fig. 2.15 sono congiuntamente
stazionari in senso lato, allora, la loro mutua correlazione, e quindi, per l’equazione (2.25), anche
quella tra le due uscite, coincide con quella statistica: dunque, se i due ingressi sono singolarmente
e congiuntamente SSL tali sono anche i corrispondenti segnali di uscita.
Dalla relazione (2.26) segue che, se l’ingresso ha un’autocorrelazione impulsiva, si ha:
(2.27)
cioè l’uscita ha un’autocorrelazione proporzionale a quella della risposta impulsiva del sistema. Per-
tanto è possibile generare un segnale con una preassegnata autocorrelazione filtrando, con un filtro
LTI, un segnale con autocorrelazione impulsiva, in particolare filtrando rumore bianco. Per ru-
more bianco si intende un segnale aleatorio SSL a media nulla con autocorrelazione impulsiva: una
sequenza di variabili aleatorie a media nulla, identicamente distribuite ed indipendenti, o almeno
incorrelate, fornisce un primo esempio di rumore bianco.
Nel caso di segnali a tempo continuo, un generatore di rumore bianco non è fisicamente realizzabile
in quanto la sua potenza è infinita: tuttavia, anche in tal caso è utile introdurre tale modello quale caso
limite di segnali di potenza SSL con autocorrelazione la cui durata è molto piccola. Le principali
motivazioni dell’impiego di tale modello possono essere cosı̀ riassunte:
i meccanismi fisici che presiedono a tale tipo di rumore sono legati alla struttura della materia
ed hanno pertanto tempi carateristici di evoluzione molto piccoli; ad esempio il rumore ter-
mico, presente in tutti i dispositivi ed apparati eletronici, ha un’autocorrelazione la cui durata,
stimabile con considerazioni di meccanica statistica, è dell’ordine della decina di picosecondi.
gli effetti del rumore sono valutati a valle degli apparati per la trasmissione e/o elaborazione
dei segnali; qualora tali apparati siano schematizzabili come sistemi LTI, l’autocorrelazione
del rumore in uscita è sostanzialmente coincidente con quella della risposta impulsiva del
sistema se quest’ultima ha una durata molto maggiore di quella dell’ingresso; pertanto ai fini
della valutazione degli effetti del rumore in uscita è del tutto lecito modellare il disturbo in
ingresso come rumore bianco.
modellare il disturbo in ingresso come rumore bianco semplifica notevolmente la complessità
dei calcoli.
Si osservi esplicitamente che il filtro LTI necessario per ottenere la correlazione assegnata risulta
individuato solo tramite la funzione di autocorrelazione della sua risposta impulsiva: il prob-
66 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 2.17: Schema di calcolo della mutua correlazione tra uscita ed ingresso.
lema di risalire alla risposta impulsiva a partire dalla conoscenza della sua funzione di autocorre-
lazione, cioè al fattore a partire dal prodotto di convoluzione
(fattorizzazione
dell’autocorrelazione), non è di semplice soluzione nel dominio del tempo e, inoltre, non ammette
una soluzione univoca; la non unicità della soluzione può, peraltro, essere utilizzata per imporre che
il filtro cercato sia causale.
L’equazione (2.25) consente anche di ricavare come casi particolari le mutue correlazioni uscita-
ingresso e ingresso-uscita. Invero, sulla scorta della Fig. 2.17 , si ha:
(2.28)
che esprime il legame tra la mutua correlazione fra l’uscita e l’ingresso di un sistema LTI: dunque la
mutua correlazione uscita-ingresso può calcolarsi come risposta del sistema LTI all’autocorrelazione
dell’ingresso (Fig. 2.17 ). In modo analogo si ottiene
Con considerazioni simili a quelle precedentemente svolte, dall’espressioni stabilite per le mutue
correlazioni uscita-ingresso e ingresso uscita, segue che se il segnale d’ingresso è SSL allora uscita
ed ingresso del sistema LTI sono congiuntamente SSL.
La relazione (2.28) è spesso usata allo scopo di identificare un sistema LTI incognito, intendendo
in questo caso per identificazione del sistema la determinazione della sua risposta impulsiva. La
procedura di identificazione è delineata in Fig. 2.18 per il caso di un sistema a tempo discreto, ma
con le ovvie modifiche, essa è applicabile anche al caso di sistemi continui. Il sistema da identificare
viene sollecitato con rumore bianco , in pratica con un segnale avente un’autocorrelazione la
cui durata è notevolmente inferiore a quella presunta del sistema da identificare; il correlatore calcola
poi la mutua correlazione tra l’uscita e l’ingresso del sistema LTI, che, per la (2.28), è proporzionale
alla risposta impulsiva incognita del sistema stesso, cioè:
ove la costante di proporzionalità è data dalla potenza
del rumore bianco utilizzato in ingresso.
2.4. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE FUNZIONI DI CORRELAZIONE 67
Sistema LTI
da identificare
Correlatore
54
dell’uscita e dell’ingresso
4
0
.-
0 4
4 -
4 4 4
Sistema LTI
da identificare
Correlatore
Mezzo trasmissivo
non distorcente
mezzo con rumore bianco secondo quanto precedentemente esposto. Precisamente, nel caso
in esame, la mutua correlazione tra il segnale ricevuto e quello trasmesso vale
4
4
Pertanto, ricordando che l’autocorrelazione ha un massimo nell’origine, può essere determi-
nato individuando il punto di massimo della funzione di mutua correlazione uscita / ingresso;
come già osservato la misura è tanto più precisa quanto più il termine dovuto al rumore
$
è trascurabile e quindi quanto più elevato è l’intervallo di osservazione e quanto più elevata è
la norma del segnale trasmesso . Si osservi inoltre che, a parità di norma, l’individuazione
del ritardo di propagazione è tanto più accurata quanto più l’autocorrelazione del segnale
trasmesso è impulsiva.
Poiché , essendo la distanza percorsa nel mezzo e la velocità di propagazione, il
metodo descritto si presta a risolvere problemi di valutazione della distanza (noto c) oppure di
identificazione della velocità di propagazione nel mezzo (noto d).
Esempio 2: Risoluzione di cammini multipli di propagazione
Se la propagazione non distorcente avviene su cammini multipli come delineato in Fig. 2.21,
supposto trasmesso , il segnale ricevuto vale
4
(2.29)
2.4. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE FUNZIONI DI CORRELAZIONE 69
Cammino N
Cammino N
..
.
Cammino N
ove e sono l’attenuazione e il ritardo relativi al cammino esimo: si pone il problema
di risolvere i singoli cammini, di identificarne cioè il numero e di misurarne i vari ritardi.
Analogamente a quanto visto nell’esempio precedente, il problema può essere considerato
come un problema di identificazione: sollecitando il mezzo col segnale , la funzione di
mutua correlazione fra segnale trasmesso e quello ricevuto vale
54
(2.30)
Si osservi che per risolvere i vari cammini, è necessario che i vari impulsi presenti
nella mutua correlazione non si sovrappongano e, quindi, che il segnale trasmesso abbia
un’autocorrelazione di breve durata; la forma dell’autocorrelazione è inessenziale purché la
durata sia piccola rispetto alla minima differenza di ritardo tra i vari cammini in modo da
garantire che i picchi non si sovrappongano.
Esempio 3: Risoluzione di echi radar
Un problema del tutto analogo a quello della risoluzione dei cammini multipli di propagazione
è quello della risoluzione degli echi radar.
70 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Figura 2.22: Mutua correlazione uscita ingresso in presenza di propagazione multipla.
Un sistema radar sonda lo spazio circostante allo scopo di individuare eventuali bersagli in-
viando con una prefissata cadenza degli impulsi. In presenza di più bersagli il segnale ricevuto
è, almeno in prima approssimazione, la somma degli echi dovuti ai vari bersagli più ru-
more: pertanto è dato anche in questo caso dalla (2.29). Precisamente le costanti
portano in conto, oltre l’attenuazione dell’impulso trasmesso dovuta alla propagazione,
anche la diversa capacità che hanno i vari bersagli di riflettere il segnale trasmesso, mentre i
ritardi sono proporzionali alla distanza dei diversi bersagli dal radar; precisamente, detta
la velocità di propagazione, si ha:
ove il fattore 2 tiene conto che la distanza è percorsa dall’impulso due volte: dal radar al
bersaglio e viceversa.
La mutua correlazione tra il segnale ricevuto e quello trasmesso è, anche in questo, data dalla
(2.30): da tale relazione è evidente che è possibile distinguere i vari echi se gli addendi
della sommatoria a secondo membro dell’equazione precedente non si sovrappongono e se
l’ampiezza di tali echi, proporzionale all’energia dell’impulso trasmesso, è sufficientemente
più grande del contributo di rumore: dunque un radar ha un potere risolutore che dipende dalla
durata dell’autocorrelazione degli impulsi trasmessi.
Tale esigenza può essere banalmente soddisfatta utilizzando degli impulsi di breve durata, ma
ciò contrasta con l’esigenza di avere impulsi di elevata energia in presenza di un vincolo per
la potenza di picco. A ciò si può ovviare utilizzando treni d’impulsi non troppo corti, ma con
autocorrelazione di breve durata (tecnica di compressione degli impulsi). Un esempio di tal
fatta sono i cosidetti impulsi codificati di Barker, cioè gli impulsi del tipo
2.4. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE FUNZIONI DI CORRELAZIONE 71
4 4 oppure 4
4 4
4 4 4 oppure 4 4 4
4 4 4 4
4 4 4 4
4 4 4 4 4
4 4 4 4 4 4 4 4 4
ove è di norma un impulso rettangolare di durata
e la sequenza , chiamata codice,
è una sequenza di e di di lunghezza , scelta in modo da garantire la desiderata autocor-
relazione. L’autocorrelazione di tale impulso vale, in ogni caso, nell’origine, ed è nulla
-
per valori del ritardo che in modulo eccedono
; scegliendo opportunamente la sequenza
è possibile ottenere un’autocorrelazione che per
valga al più del massimo.
Nella Tab. 2.3 sono riportate i valori di che garantiscono tali proprietà; sfortunatamente
non esistono codici di Barker di lunghezza maggiore di
. Si osservi che complemen-
tando e/o ribaltando un codice di Barker si ottiene ancora un codice di Barker.
72 Capitolo 2. I SISTEMI NEL DOMINIO DEL TEMPO
Capitolo 3
Il punto di partenza dell’analisi nel dominio del tempo è la rappresentazione di segnali (continui o
discreti) mediante -impulsi, definita dalla formula di riproducibilità: conseguentemente la risposta
di un sistema LTI ad un ingresso arbitrario si può costruire sovrapponendo le risposte ai segnali
elementari costituenti l’ingresso, cioè mediante convoluzione con la risposta impulsiva. Pertanto la
somma o l’integrale di convoluzione non solo rappresentano un mezzo di calcolo della risposta di
un sistema LTI ad un ingresso arbitrario, ma anche indicano che le caratteristiche di un sistema LTI
sono completamente determinate dalla sua risposta impulsiva e consentono quindi di studiarne le
proprietà attraverso la risposta impulsiva.
In questo capitolo sviluppiamo un metodo alternativo per l’analisi dei sistemi LTI basata sulla rap-
presentazione dei segnali come combinazione lineare di esponenziali complessi. Tale alternativa si
rivela fruttuosa in quanto gli esponenziali complessi consentono di rappresentare un insieme molto
ampio di segnali ed inoltre la risposta di un sistema LTI ad uno di tali segnali di base è proporzionale
al segnale stesso: conseguentemente è immediato ottenere l’uscita come sovrapposizione di espo-
nenziali. Infatti, sia , con numero complesso, l’ingresso di un sistema LTI continuo
avente risposta impulsiva ; allora la corrispondente uscita è:
73
74 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
LTI
LTI
ove si è posto:
(3.1)
Tale relazione definisce al variare di la funzione di trasferimento del sistema LTI che, quindi, è il
rapporto uscita/ingresso nel dominio del tempo in regime esponenziale (fig. 3.1).
Analogamente, nel caso discreto, se il sistema ha risposta impulsiva , per un ingresso esponen-
ziale
, con numero complesso, si ha:
ove:
(3.2)
in altri termini essa è la trasformata (bilatera) di Laplace della risposta impulsiva. Analogamente per
i sistemi discreti si ha:
(3.4)
e la è la zeta trasformata della . Lo studio di tali trasformate esula dallo scopo di queste
note, a riguardo ci limitiamo a precisare che o è definita per i valori di (risp. ) per cui
Data una trasformazione , una funzione
si dice autofunzione di
se
. In tal caso, é l’autovalore
associato all’autofunzione
.
3.1. FUNZIONE DI TRASFERIMENTO DI UN SISTEMA LTI 75
l’integrale (3.3) (risp. la serie (3.4)) converge: tale insieme di valori viene usualmente denominato
regione di convergenza (ROC).
Le due interpretazioni delle funzioni di trasferimento, cioè come rapporto uscita/ingresso nel do-
minio del tempo in regime esponenziale e come trasformata della risposta impulsiva, corrispondono
a due metodi operativamente validi di calcolo. Nel primo dei due metodi, basato sulle relazioni (3.1)
o (3.2), il sistema LTI viene sottoposto a una serie di sollecitazioni di tipo esponenziale, in modo da
ricavare per punti la funzione o . Nel secondo metodo, basato sulle (3.3) o (3.4), si ricava
innanzitutto la risposta impulsiva e poi la si trasforma con metodi numerici o analitici. Non è raro
peraltro che i legami (3.3) e (3.4) si usino all’inverso, cioè per ricavare le risposte impulsive, note le
funzioni di trasferimento, mediante le corrispondenti formule di antitrasformazione.
Si consideri il sistema ARMA definito dall’equazione alle differenze
54
con condizioni iniziali omogenee. Posto e quindi nell’equazione
alle differenze si ottiene
76 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Pertanto i sistemi ARMA sono caratterizzati dall’avere una funzione di trasferimento razionale
in
: in particolare per i filtri FIR (MA) è un polinomio e per i sistemi AR è il
reciproco di un polinomio .
caso
(3.5)
cioè varia sull’asse immaginario e, rispettivamente, al caso
(3.6)
cioè varia sulla circonferenza unitaria. Le rispettive restrizioni delle funzioni di trasferimento, se
esistono, si chiamano risposte in frequenza o risposte armoniche. Quindi la risposta in frequenza
per un sistema continuo è:
Comunemente, con abuso di notazione, la risposta armonica si indica con e , salvo
quando si vuole esplicitamente mettere in evidenza il legame fra risposte in frequenza e funzioni di
trasferimento. Notiamo però esplicitamente che le variabili , , ed non sono variabili mute,
ma al contrario servono ad indicare la corretta interpetrazione delle notazioni , ,
e ; in altri termini tali notazioni anche se hanno in comune il simbolo stanno ad indicare
funzioni diverse e per passare dall’una all’altra occorre il cambiamento di variabile definito dalla
(3.5). Analogamente la risposta in frequenza di un sistema discreto è:
e le notazioni semplificate sono e .
Da quanto detto e dalla definizione di funzione di trasferimento segue che la risposta in frequenza
può essere definita come:
(3.7)
nel caso di sistemi continui e rispettivamente
per i sistemi discreti. In altri termini la risposta in frequenza è il rapporto uscita/ingresso nel dominio
del tempo in regime fasoriale. Si noti che la (3.7) consente di ricavare la risposta in frequenza dei
circuiti elettrici mediante i classici metodi di analisi degli stessi circuiti in regime permanente.
3.2. RISPOSTA IN FREQUENZA DI UN SISTEMA LTI 77
Il legame ingresso uscita nel dominio della frequenza per un sistema LTI segue immediatamente dal
principio di sovrapposizione: infatti esprimendo l’ingresso , supposto tempo continuo, come
" !
sovrapposizione di fasori, cioè
e ricordando che i fasori sono autofunzioni per i sistemi LTI, si ottiene immediatamente la corrispon-
dente rappresentazione dell’uscita in termini di fasori, cioè
" !
(3.8)
Un analogo risultato vale per segnali e sistemi discreti. Da tale equazione segue che gli spettri
dell’ingresso e dell’uscita sono legati alla risposta in frequenza del sistema da
(3.9)
Dalla (3.9) segue che il legame per gli spettri di ampiezza e di fase è:
4
(3.10)
4
4
(3.11)
dove
78 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
è la pulsazione di taglio a
del filtro; il nome è giustificato dal fatto che per si
ha
, cioè il rapporto fra le ampiezze di uscita e di ingresso è pari
a dB; in
corrispondenza di tale pulsazione il sistema introduce uno sfasamento di in ritardo. La
cambiamento di variabile
risposta in frequenza si ottiene da quella in termini di pulsazione (3.11) effettuando il
; si ha pertanto
4
con
frequenza di taglio a 3dB. La risposta armonica di un filtro RC è riportata in modulo e fase in
fig. 3.2.
Sebbene la definizione di risposta in frequenza faccia riferimento a fasori come segnali d’ingresso
e quindi ad una sollecitazione complessa, è semplice, per sistemi reali, ricavare la risposta in fre-
quenza a partire da un ingresso di tipo sinusoidale. Iniziamo con l’osservare che, per sistemi lineari
reali, l’operatore di sistema commuta con l’operazione di parte reale, nonché con quella di parte
immaginaria; in altri termini, se denota l’operatore che definisce il sistema, si ha:
4
4
Infatti per la linearità del sistema si ha:
da cui uguagliando parte reale e coefficiente dell’immaginario del primo e dell’ultimo membro segue
l’asserto. In modo analogo si dimostra che sussiste anche la relazione
Si noti che le relazioni precedenti valgono per sistemi lineari e reali, ma non necessariamente tempo-
invarianti. Da tali relazioni, facendo riferimento per esempio a sistemi continui, segue che la risposta
di un sistema LTI al segnale sinusoidale
54
è data da:
54 4
3.2. RISPOSTA IN FREQUENZA DI UN SISTEMA LTI 79
1/ √ 2
|H(f)|
−fc 0 fc f
π/4
∠H(f)
−π/4
−fc 0 fc f
cioè la risposta ad una sinusoide di frequenza ampiezza e fase iniziale è ancora una
4
sinusoide della stessa frequenza , avente ampiezza e fase iniziale date da:
(3.12)
Analogamente nel caso di sistemi discreti, con ovvio significato dei simboli, si ha:
4
(3.13)
Le (3.12) e (3.13) definiscono un metodo pratico, e largamente usato, per ricavare sperimentalmente
modulo e fase della risposta in frequenza di un sistema incognito.
Le relazioni (3.10) sono simili alla (3.12) e alla (3.13), ma il loro significato è diverso. Infatti
(3.14)
Si osservi che tale relazione è sempre formalmente valida, ma non è applicabile per tutte le frequenze
in corrispondenza delle quali si annulla lo spettro dell’ingresso poiché a tali frequenze si annulla
anche lo spettro dell’uscita e la risposta armonica risulta indeterminata. Pertanto, se si vuole valutare
in maniera sufficientemente accurata il comportamento del sistema, questo va sollecitato con un
segnale d’ingresso la cui estensione spettrale sia teoricamente infinita e, in pratica, abbia estensione
in frequenza più grande di quella – nota o prevedibile – di (banda del sistema). In questo senso
il segnale d’ingresso ideale è il impulso unitario ( identicamente), usando il quale
è direttamente fornita dallo spettro del segnale d’uscita, come è d’altra parte ovvio considerando che
l’uscita è in questo caso la risposta impulsiva; in pratica i segnali d’ingresso effettivamente usati per
questo scopo sono segnali che approssimano l’impulso di Dirac quali impulsi, o treni di impulsi,
molto corti o, più in generale, a banda larga.
L’equazione (3.9) relaziona lo spettro in uscita a quello in ingresso; qualora si sia interessati
all’andamento temporale del segnale occorre antitrasformare lo spettro, in altri termini, supposti
per esempio i segnali a tempo continuo, occorre valutare l’integrale (3.8); tale inversione non è in
genere un’operazione banale se non in casi estremi.
è:
" !
(3.15)
"!
(3.16)
Si noti che, con abuso di notazione, si è denotato con lo stesso simbolo due funzioni diverse
affidando al nome della variabile indipendente, o , l’identificazione della corretta interpretazione.
Non esistono ragioni generali per preferire la notazione in o la notazione in e pertanto le useremo
più o meno indifferentemente o, casi specifici, secondo convenienza; il passaggio dall’una all’altra
è regolato dal semplice cambiamento di variabile
.
Analogamente per segnali discreti l’equazione di sintesi è:
(3.17)
e quella di analisi:
(3.18)
Anche in questo caso il passaggio dalla notazione in
La funzione
, indipendentemente dal parametro frequenziale utilizzato ( , , o ), si chiama
a quella in è regolato dal cambio
.
Trasformata di Fourier o spettro del segnale . Notiamo esplicitamente che lo spettro è una fun-
zione complessa e pertanto è spesso conveniente considerarne la parte reale e la parte immaginaria,
ovvero il modulo e la fase: questi ultimi vengono comunemente denominati spettro d’ampiezza e,
rispettivamente, spettro di fase. Nel seguito, per indicare sinteticamente il legame di trasformazione
ovvero anche:
Le formule precedenti mettono in luce un notevole parallelismo nella rappresentazione spettrale di
segnali continui e discreti: la principale differenza, che discende dalla periodicità in frequenza del
fasore discreto
, è che per segnali continui lo spettro è di norma aperiodico, mentre lo
spettro di una sequenza è sempre periodico di periodo (ovvero è periodico di periodo
4
), pertanto è sufficiente considerare nell’intervallo
(ovvero nell’intervallo
). In altri termini, per ricostruire si integrano i contributi spettrali nell’intervallo finito
(o
), ma, data la periodicità, un qualunque intervallo di ampiezza pari al periodo
può essere usato alternativamente ed è molto comune anche la scelta degli intervalli
o
.
82 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
|X(0)|/ √ 2
|X(f)|
−f0 0 f0 f
π/4
∠X(f)
−π/4
−f0 0 f0 f
e sono riportati in fig. 3.3. Si noti che lo spettro d’ampiezza è massimo per e decade
come
al crescere della frequenza, è cioè concentrato nell’intorno della frequenza nulla
3.4. ESEMPI DI TRASFORMATE 83
ficative dello spettro, per il segnale in esame la banda può essere definita come un opportuno
multiplo della frequenza di taglio a 3 dB. Ad esempio, posto (banda monolatera),
le componenti esterne all’intervallo
sono attenuate di almeno 23 dB rispetto a quella
di centrobanda; in altri termini si ha:
1
-
Si osservi infine che al diminuire della costante di tempo diminuisce la durata del segnale,
ma aumenta la sua banda.
Esempio 2: Impulso esponenziale bilatero continuo
L’impulso esponenziale bilatero continuo è il segnale
-
ed il suo spettro vale:
"!
4
Pertanto risulta:
4
Lo spettro è reale e pari ed è rappresentato in fig. 3.4. Anche l’impulso esponenziale è
un segnale passa-basso ed è la pulsazione di taglio a 6 dB.
Esempio 3: Sequenza esponenziale monolatera
La sequenza esponenziale monolatera è il segnale
+
0
+
In definitiva si ha:
+
84 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
X(0)
1/2 X(0)
X(f)
−a/2π 0 a/2π f
ovvero
+
-
0 -
In fig. 3.5 e in fig. 3.6 sono riportati gli spettri d’ampiezza e fase rispettivamente per
0
e per . Per la sequenza è un segnale passa-basso, mentre per
è concentrato nell’intorno delle frequenze
lo spettro
(segnale passa-alto). Il valore di
)
)
regola la rapidità di decadimento della sequenza nel dominio del tempo e la larghezza di
banda nel dominio della frequenza: precisamente al diminuire di la sequenza va sempre
più rapidamente a zero mentre la sua banda aumenta.
Esempio 4: Sequenza esponenziale bilatera
Si consideri la sequenza esponenziale bilatera cioè il segnale:
0
La prima sommatoria è la serie geometrica di ragione e la seconda sommatoria è la
1/(1−a)
|X(ν)|
1/(1+a)
tan−1(a/√(1−a2))
∠X(ν)
−tan−1(a/√(1−a2))
1/(1+a)
|X(ν)|
1/(1−a)
−tan−1(a/√(1−a2))
∠X(ν)
tan−1(a/√(1−a2))
(1+a)/(1−a)
X(ν)
(1−a)/(1+a)
In definitiva risulta:
4
ovvero
4
0 0 0
Lo spettro della sequenza esponenziale bilatera è reale e pari; inoltre il segnale è passa-basso,
per , mentre per è passa-alto. Tale trasformata è diagrammata in fig. 3.7 per
0 0 .
3
"! 3
% (
% (
Dunque:
% (
(3.20)
3.4. ESEMPI DI TRASFORMATE 87
X(f)
Lo spettro dell’impulso rettangolare è reale e pari ed è riportato in fig. 3.8. Tale spettro
esibisce una serie di lobi di larghezza
, salvo il centrale che è di larghezza , e di
altezza decrescente; in particolare il primo lobo laterale ha ampiezza
volte quella del
lobo principale, corrispondete ad un’attenuazione di
dB.
Il segnale è passa-basso e come larghezza di banda si può assumere la semiampiezza
del lobo principale (banda monolatera); in tal caso, le componenti fuori banda sono attenuate
rispetto a quella a frequenza zero di almeno dB, si ha cioè
1
1
e il loro inviluppo decade, al crescere della frequenza, come , pari ad un decremento di
6 dB/ott. = 20 dB/dec.
Esempio 6: Impulso sinc( )
Consideriamo l’impulso sinc di ampiezza e banda , cioè il segnale:
% (
(3.21)
Ponendo nella trasformata di un impulso rettangolare (3.20)
, dalle proprietà di dualità
e di linearità segue che:
% (
Lo spettro di tale impulso è illustrato in fig. 3.9.
88 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Si osservi che l’impulso sinc costituisce un primo esempio di segnale a banda rigorosamente
0
limitata, cioè il suo spettro è identicamente zero al di fuori della gamma di frequenze
0
(banda).
Figura 3.9: Spettro dell’impulso sinc( ).
al numeratore e al denominatore, si ha:
da cui, mettendo in evidenza
(3.22)
% (
ove si è introdotta la funzione di Dirichlet:
% ( (3.23)
Gli andamenti dello spettro d’ampiezza e di quello di fase della finestra rettangolare sono
riportati in fig. 3.10: da tale figura si notano alcune analogie, ma anche alcune differenze,
con la trasformata dell’impulso rettangolare continuo. Infatti, poiché la finestra rettangolare è
stata definita in modo non simmetrico rispetto all’origine, la sua trasformata non è puramente
reale, ma presenta una fase lineare a tratti. L’ampiezza del primo lobo laterale, rapportata
-
all’ampiezza del lobo centrale, è leggermente dipendente da , secondo la Tab. 3.1: per
il rapporto si può ritenere approssimativamente costante e pari a ,
tendendo asintoticamente ( ) a
, cioè al valore che compete all’impulso
rettangolare a tempo continuo.
Esempio 8: Impulsi ideali
Lo spettro del -impulso discreto vale:
3.4. ESEMPI DI TRASFORMATE 89
| D N(ν) |
3 4 5 10
-9,54 -11,30 -12,04 -12,17 -13,26
e quindi:
Analogamente nel caso dell’impulso ideale continuo si ha:
(3.24)
"!
e rispettivamente:
(3.25)
90 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Ovviamente le (3.24) e (3.25) valgono indipendentemente dall’interpretazione di e come
tempi e di e come frequenze: in particolare, invertendo i ruoli di e di nella (3.25)
(dualità) e tenendo conto che l’impulso di Dirac è pari, si ha anche:
"!
(3.26)
La (3.26) è utile perché consente di ottenere la trasformata di Fourier (in senso generalizzato)
di un segnale continuo e costante nel tempo, il quale non è dotato di trasformata di Fourier in
senso ordinario. Infatti, posto , si può scrivere:
"! 3
(3.27)
dove l’ultima uguaglianza segue dalla propietà di cambiamento della scala degli impulsi di
Dirac.
A commento dei vari esempi considerati osserviamo che in linea generale segnali lentamente vari-
abili nel tempo presentano uno spettro molto concentrato in frequenza e viceversa segnali rapida-
mente variabili presentano componenti spettrali significative anche a frequenze molto elevate.
Analoga la definizione per sequenze
*
L’importanza dell’approccio utilizzato nel generalizzare la definizione di spettro è nel suo valore
operativo: infatti lo spettro misurato con un analizzatore di spettro è di norma quello del segnale
finestrato, con una finestra di durata sufficientemente grande.
Allo scopo di chiarire ulteriormente la definizione data consideriamo alcuni esempi.
e ricordando che:
% (
da cui, facendo divergere la durata della finestra si ricava
% & % (
Si osservi che lo spettro di una costante è una riga ( -impulso) a frequenza zero, mentre quello
del segnale finestrato ha una banda non nulla (dispersione spettrale) tanto più piccola quanto
maggiore è la durata della finestra; per una data durata, la precisione della misura dipende
dal tipo di finestra utilizzato nel senso che, al variare del tipo di finestra utilizzata, variano
la dispersione spettrale (banda) e la rapidità di decadimento a zero dello spettro del segnale
finestrato.
Esempio 2: Sequenza costante
Consideriamo la sequenza costante , cioè la sequenza :
Il simbolo viene usato, qui e nel seguito, per indicare la versione periodica del segnale su cui opera.
92 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
1 1 1 1 1
quindi è una successione d’impulsi unitari, cioè un segnale che vale identicamente uno,
4
per qualsiasi . Troncando tra e ( campioni) ed utilizzando la procedura al
limite, si ottiene
(3.28)
In questo paragrafo analizziamo le proprietà della trasformata di Fourier che, per la maggior parte,
valgono indifferentemente sia per le forme d’onda che per le sequenze; pertanto, per evitare inu-
tili duplicazioni, le proprietà saranno espresse (quando possibile) con riferimento ad un argomento
generico, denotato con il simbolo ( ), che può essere specializzato nei vari casi d’interesse. Con-
formemente all’uso adottato sinora, i segnali nel dominio del tempo vengono denotati con la lettera
minuscola e le loro trasformate con le corrispondenti maiuscole. Le proprietà vengono date senza
dimostrazione, l’enfasi essendo piuttosto sulla loro applicazione.
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 93
3.6.1 Linearità
È immediato verificare che la trasformata di Fourier è lineare, cioè risulta:
4 4 (3.29)
In altri termini lo spettro di una combinazione lineare di segnali è la combinazione lineare, con gli
stessi coefficienti, dei singoli spettri (principio di sovrapposizione).
Pertanto un segnale pari ha spettro pari e viceversa. Inoltre ad una coniugazione in un dominio
corrisponde una coniugazione più una riflessione nell’altro dominio; in altri termini si ha:
Quindi, quando si calcola o si rappresenta la trasformata di Fourier di un segnale reale, parte reale
e immaginaria, ovvero modulo e fase, dello spettro possono essere calcolati o rappresentati solo per
frequenze positive, poiché i valori per frequenze negative sono ricavabili per simmetria coniugata.
Se oltre che reale è anche pari, allora dalla (3.30) segue che anche lo spettro è pari oltre che
hermitiano e quindi lo spettro è puramente reale: pertanto se è reale e pari, anche è reale e
pari.
Per segnali a tempo continuo è immediato verificare che si ha:
(3.32)
La proprietà (3.32) comporta che ad una compressione nel dominio del tempo ( ) corrisponde
-
un’espansione dello spettro e viceversa. Notiamo anche che oltre al cambiamento della scala delle
94 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
3 6
3 6
3 6
frequenze si ha anche un cambiamento della scala delle ordinate (ampiezze) in modo che l’area
sottesa dallo spettro resti costante: tale area infatti è pari al valore nell’origine , che non si
modifica per effetto del cambiamento della scala dell’asse dei tempi.
Nel caso di sequenze, atteso il carattere discreto del tempo, l’operazione di cambiamento di scala va
opportunamente interpretata. Precisamente, supposto il fattore di scala positivo, in quanto, analoga-
mente a quanto si verifica per i segnali a tempo continuo, il segno del fattore di scala tiene conto
di un eventuale ribaltamento in aggiunta al cambiamento di scala vero e proprio, la compressione
dell’asse dei tempi porta a considerare la sequenza , cioè la sequenza:
)
)
)
)
ottenuta da prendendo un campione ogni : tale operazione è detta decimazione per
(fig. 3.12). Poiché la decimazione comporta in genere una perdita d’informazione, l’effetto sullo
spettro non è un semplice cambiamento di scala come verrà mostrato piú in seguito.
Consideriamo ora l’espansione dell’asse dei tempi, cioè prendiamo in esame la sequenza
, con
intero non nullo. La scrittura
è convenzionale e come debba essere in-
terpretata è chiarito in fig. 3.12: per multiplo di , è il campione della sequenza origi-
naria all’istante
(ad esempio, con riferimento al caso di fig. 3.12, ove , ,
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 95
1
1
e cosı̀ via), mentre viene posto uguale a zero per gli altri valori di ; in altri termini,
quando il valore dell’argomento non è intero, è per convenzione zero; l’impiego delle
parentesi quadre invece delle tonde nel denotare la sequenza espansa, con fattore di espansione ,
e cioè la notazione ricorda che trattasi di scrittura convenzionale. Trascurando i dettagli
analitici, si ricava
La relazione ottenuta è quindi simile a quella valida per i segnali a tempo continuo, salvo il fatto
che le ampiezze dello spettro non vengono alterate. L’effetto nel dominio della frequenza è illustrato
nella fig. 3.13, sempre per il caso . Si noti che la trasformata, che originariamente è periodica
di periodo , dopo il cambiamento di scala diventa periodica di periodo ; si noti inoltre che l’area
totale nell’intervallo
resta immutata.
Come applicazione del cambiamento di scala è immediato valutare lo spettro del segnale campiona-
tore ideale discreto di periodo qualsiasi.
esso è cioè un treno d’impulsi discreti di ampiezza unitaria localizzati negli istanti , con
intero relativo (fig. 3.14a). Poiché tale segnale può essere riguardato come un’espansione
96 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
1
0 1
0 1
della sequenza costante avendosi:
applicando la proprietà di cambiamento di scala alla coppia segnale-spettro (3.28) si ottiene:
(3.33)
cioè lo spettro di un segnale campionatore ideale discreto di periodo è ancora un treno
campionatore ideale, precisamente è un treno periodico di -impulsi di area e periodo entrambi
pari a (fig. 3.14b). Il fattore d’ampiezza introdotto deriva dalla proprietà di cambiamento
di scala degli impulsi di Dirac, e comunque è tale da lasciare inalterata l’area della trasformata
nell’intervallo .
Quindi un ritardo introduce uno sfasamento lineare con ma non influisce sullo spettro d’ampiezza.
Si osservi che nel caso di segnali discreti è generalmente un numero intero, tuttavia la proprietà
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 97
(3.34)
(3.35)
cioè ad un treno d’impulsi di Dirac di area e periodo unitari nel tempo corrisponde un treno
d’impulsi di Dirac di area e periodo unitari nella frequenza.
Consideriamo ora il segnale campionatore ideale continuo di periodo (fig. 3.15a), cioè un
treno d’impulsi di Dirac di area unitaria localizzati negli istanti :
Poiché tale segnale può ottenersi cambiando la scala sia delle ampiezze che dei tempi del
segnale campionatore ideale di periodo unitario (3.34) avendosi:
applicando la proprietà (3.32) alla coppia segnale-spettro (3.35) si ottiene:
(3.36)
Lo spettro del segnale campionatore ideale di periodo è illustrato in fig. 3.15b. ed è costituito
da una successione di righe spettrali, tutte di area , equispaziate in frequenza di .
98 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
1
0
0
Figura 3.15: Il segnale campionatore ideale e il suo spettro.
" !
(3.37)
"!
Esempio 4: Trasformata di un fasore
Un fasore continuo , tenuto conto della proprietà espressa dalla (3.37) e della trasfor-
mata di una costante (3.27), ha come spettro l’impulso di Dirac ; in altri termini si
ha (fig. 3.16a):
"!
Dunque lo spettro di un fasore è una riga alla frequenza del fasore di ampiezza (area) pari
discreto si trasforma traslando in
all’ampiezza del fasore. Analogamente, un fasore
frequenza lo spettro della sequenza costante , pertanto si ha:
(3.38)
In modo analogo si può valutare lo spettro di un segnale modulato in ampiezza, cioè del prodotto di
un segnale per una sinusoide (modulazione). Infatti, dalla formula di Eulero e dalla proprietà di
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 99
- -
1
100 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
4
4
4 4
Figura 3.17: Spettri del segnale modulante (a) e del segnale modulato (b).
Nell’ipotesi che sia il segnale passa-basso di fig. 3.18a, il segnale modulato ha lo spettro
passa-alto di fig. 3.18b; viceversa, se è il segnale passa-alto di fig. 3.18b, il segnale mod-
ulato ha lo spettro passa-basso di fig. 3.18a. In altri termini, se un segnale viene modulato con
una portante di tipo , il che cambia di segno ai campioni del segnale negl’istanti dispari,
l’effetto in frequenza è di traslare lo spettro periodico del segnale di mezzo periodo, e quindi,
tenendo conto della periodicità, di scambiare fra loro le regioni dello spettro corrispondenti
alle basse ed alle alte frequenze.
Esempio 6: Impulso RF
L’impulso a radiofrequenza con inviluppo rettangolare, cioè il segnale
è illustrato schematicamente in fig. 3.19; dalla (3.20) e dalla proprietà di modulazione segue
che:
% (
4 % ( 4
Lo spettro dell’impulso RF è riportato in fig. 3.19; al limite per 4 si ottiene la trasfor-
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 101
1
-
1
Pertanto, ponendo
nell’espressione dello spettro dell’impulso RF, si ottiene:
% (
4 % (
4
ovvero, esplicitando la funzione sinc( ) e semplificando
"
Questa coppia di trasformate è illustrata in fig. 3.20. Rispetto ad un impulso rettangolare di
pari durata la banda (larghezza del lobo principale) è maggiore ( invece di ), ma, in
compenso, i lobi secondari sono attenuati di almeno
dB rispetto all’ampiezza del
, corrispondente
lobo principale, e decadono a zero più rapidamente, precisamente come
a 12 dB/ott.
102 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
A
x(t)
−A
T t
X(f)
−f 0 f f
c c
x(t)
t
T
X(f)
3/T f
3.6.6 Convoluzione
Questa è una delle proprietà più importanti della trasformata di Fourier, per i suoi riflessi sull’analisi
dei sistemi; la formulazione di tale proprietà, valida sia per sequenze che per segnali continui, è la
seguente:
(3.39)
In altri termini, alla convoluzione di due segnali nel dominio del tempo corrisponde il prodotto dei
rispettivi spettri nel dominio della frequenza; si osservi che, in virtù della proprietà associativa della
convoluzione e del prodotto, la proprietà è valida anche per un numero di segnali maggiore di due,
ma finito.
La proprietà duale di quella della convoluzione è la proprietà di modulazione generalizzata: tale pro-
prietà afferma che ad un prodotto nel dominio del tempo corrisponde una convoluzione nel dominio
della frequenza. Precisamente per i segnali a tempo continuo risulta:
(3.40)
Tale proprietà è sempre applicabile quando il prodotto nel dominio del tempo è ben definito (quindi
può non essere applicabile quando ambedue i segnali contengono impulsi di Dirac) e quando essi
104 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
+ 2+
+ (3.41)
Pertanto nel caso di sequenze la convoluzione degli spettri è l’operazione definita a secondo mem-
bro della (3.41): tale operazione, anche se denotata con lo stesso simbolo della convoluzione, dif-
ferisce da quest’ultima in quanto l’integrale va esteso al periodo e diviso per il periodo stesso: per
sottolineare tale diversità la convoluzione relativa a segnali periodici dello stesso periodo è detta
convoluzione periodica. L’impiego dello stesso simbolo sottolinea però la similitudine tra le due
operazioni, ed invero la convoluzione periodica gode delle stesse proprietà della convoluzione, op-
portuna attenzione però deve essere posta sul fatto che i fattori devono essere segnali periodici dello
stesso periodo, che è anche il periodo della convoluzione.
#$
(3.42)
#$
(3.43)
1 2 3 4 5
#$
1 2 3 4 5
$#
1 2 3 4 5
#$
1 2 3 4 5
Figura 3.21: Replicazione di un impulso triangolare.
106 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Dato un segnale , la sua versione campionata (idealmente) è il segnale (cfr. fig. 3.22):
(3.44)
nel caso di segnali a tempo continuo, mentre nel caso di sequenze si pone (cfr. fig. 3.23):
(3.45)
(risp.
verificare, si ha:
#$
#$
(3.46)
cioè la replicazione del segnale la si ottiene effettuandone la convoluzione con un treno campi-
onatore ideale, che pertanto è la risposta impulsiva. Anche il campionamento è un sistema lineare,
ma temporalmente variante, avendosi
(3.47)
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 107
rep
Figura 3.24: La replicazione e il campionamento come sistemi.
108 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Usando la proprietà di convoluzione (Eq. 3.40 e Eq. 3.41) e la trasformata del segnale campionatore
ideale (Eq. 3.36 e Eq. 3.33), trasformando la (3.46) si ottiene:
(3.48)
(3.49)
nel caso di sequenze. Le relazioni precedenti si esprimono sinteticamente dicendo che ad una repli-
cazione nel dominio del tempo corrisponde un campionamento in frequenza.
Similmente, trasformando la relazione (3.47) si ottiene:
ovvero:
#$
#$
è evidentemente possibile se imponiamo la condizione che il segnale generatore sia di durata rig-
orosamente limitata e minore o uguale al periodo del segnale periodico ed allocato tra e (o tra
e ): con questa restrizione la corrispondenza istituita è dunque invertibile.
L’utilità della rappresentazione (3.42) per una forma d’onda periodica (non importa se invertibile
o meno) sta nel poterne determinare immediatamente lo spettro. Infatti, ricordando che ad una
replicazione nel tempo corrisponde un campionamento in frequenza (3.48), si ha:
(3.50)
dove è lo spettro del segnale generatore . La relazione (3.50) vale qualunque sia il gene-
ratore di secondo la (3.42): al variare di anche ovviamente varia, ma restano
costanti i suoi valori alle
sia generatore di
frequenze , con intero, proprio in conseguenza del vincolo che
.
In maniera analoga, e con le stesse avvertenze, per una sequenza periodica di periodo
, tenuto
conto che la si può rappresentare nella forma (3.43), dalla (3.49) si ha:
(3.51)
Dunque lo spettro di un segnale periodico è uno spettro a righe, ogni riga essendo rappresentata da un
110 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
impulso di Dirac, equispaziate in frequenza di (risp.
), le cui aree – a meno della costante
di proporzionalità (risp. ) – seguono l’inviluppo (risp. ); in altri termini, lo
spettro di un segnale periodico si ottiene campionando uniformemente in frequenza – con un treno
) – lo spettro (risp.
) di un qualunque
campionatore ideale di periodo (risp.
generatore e scalando i campioni secondo il fattore (risp. ).
Esempio 1: Treno di impulsi rettangolari
Si consideri il treno d’impulsi rettangolari di ampiezza , durata , periodo , con -
(fig. 3.26a): tale treno può riguardarsi come la replicazione, con periodo , dell’impulso
, pertanto si ottiene
3
! % (
% (
% (
Tale spettro, é funzione essenzialmente del rapporto , il cosiddetto ciclo di servizio (duty
cycle) del treno. Lo spettro del treno d’impulsi rettangolari è riportato nella fig. 3.26b.
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 111
Figura 3.26: Treno di impulsi rettangolari e relativo spettro.
112 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
T. 1 Impulso esponenziale
+ 4
+ 4
T. 2 Impulso esponenziale bilatero
4
T. 3 Impulso rettangolare
0 % (
-
T. 4 Impulso triangolare
% (
1
T. 5 Impulso bifase
% (
* % ( % (
T. 6 Impulso sinc( )
% (
T. 7 Impulso RF
% (
4 % ( 4
T. 8 Impulso cosinusoidale
% (
4 % (
4
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 113
"
4
% ( 54
% ( 54 % (
T. 10 Finestra di Hamming
4
4
% ( 54
% ( 54 % (
T. 11 Impulso ideale
T. 12 Segnale costante
4
T. 13 Gradino unitario
+
T. 14 Funzione segno
.-
% ( % (
.0
114 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
T. 18 Segnale sinusoidale
4 4
B. Sequenze
% (
% (
T. 2 Sequenza esponenziale bilatera
4
% (
T. 3 Finestra rettangolare
% (
T. 4 Finestra di Hanning
4
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 115
T. 5 Finestra di Hamming
4 4
% (
T. 7 Impulso ideale
T. 8 Gradino unitario
+
4
T. 10 Treno campionatore ideale di periodo
T. 11 Fasore
T. 12 Sinusoide
54 4
116 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
T. 13 Sequenza sinc(
#$
% (
T. 14 Sequenza sinc
% ( #$
" !
"!
P. 2 Linearità
4 4
P. 3 Riflessione
P. 4 Coniugazione
P. 5 Proprietà di simmetria
3.6. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 117
P. 6 Cambiamento di scala
2
"!
" !
P. 9 Modulazione
54
4
4
4
4
4
P. 10 Convoluzione nel dominio del tempo
P. 11 Convoluzione nel dominio della frequenza
+ 2+ +
P. 13 Derivazione nel dominio della frequenza
118 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
P. 14 Integrazione
4
P. 15 Somma
4
P. 17 Campionamento nel tempo (replicazione in frequenza)
P. 18 Valore nell’origine
P. 19 Uguaglianza di Parseval
3.7. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 119
L’importanza di tali relazioni non sta tanto nella possibilità di calcolare l’energia totale (anzi il
funzione
calcolo nel dominio del tempo risulta quasi sempre più semplice) quanto nel riconoscere che la
dà conto della distribuzione in frequenza dell’energia.
Dalla definizione data segue immediatamente che l’ (Energy Spectral Density) è una funzione
è invariante rispetto a qualsiasi operazione sul segnale che ne lasci immutato lo spettro
reale e non negativa; inoltre essa è pari per segnali reali. Sempre dalla definizione segue anche
che l’
d’ampiezza. Pertanto la corrispondenza
( !
; analogamente, un ribaltamento seguito da una eventuale coniugazione non ha influenza sullo
non è biunivoca. Ad esempio una traslazione di un segnale nel dominio del tempo non ne altera
l’
spettro di energia di un segnale reale.
dell’ingresso e dell’uscita
Dalla definizione data segue immediatamente che l’ di un
sistema LTI, di risposta armonica , sono legate dalla relazione:
(3.52)
Nello scrivere tale equazione si è implicitamente supposto che i segnali in ingresso ed in uscita al
sistema LTI siano entrambi di energia, ipotesi che, nel seguito, supporremo sempre soddisfatta; ad
esempio tali ipotesi è certamente soddisfatta se il sistema è stabile, o, più in generale, se la sua
inoltre, se i segnali sono reali, comunemente si prendono in esame solo le frequenze positive (banda
monolatera).
d’ampiezza, precisamente è l’intervallo di frequenza nel quale tale risposta si discosta dal valore
assunto ad una frequenza di riferimento al più per una prefissata aliquota. Se tale aliquota è
, corrispondente a dB, la banda si dice a 3 dB, ed è questo il caso più comune. In alcune
applicazioni, ad esempio per valutare i sistemi che devono avere particolari caratteristiche di fedeltà
di riproduzione ingresso-uscita, si sceglie un’aliquota maggiore, ad esempio
, corrispondente
a 1 dB. Nei sistemi passa-basso la frequenza di riferimento per la determinazione della banda è la
frequenza zero. Nei sistemi passa-banda la scelta della frequenza di riferimento non è univoca e
dipende dalle applicazioni.
Ad esempio, se il sistema è destinato a filtrare un segnale modulato da una portante sinusoidale
a una data frequenza, allora questa si sceglie anche come frequenza di riferimento per il sistema,
altrimenti si può scegliere il valore modale della risposta in ampiezza, o il valore baricentrico; la
fig. 3.27 illustra la definizione di banda per sistemi passa-basso e passa-banda.
si ottiene immediatamente la seguente espressione per l’ dell’impulso rettangolare
3
3.7. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 121
!
!
!
1
Integrando l’ si ha:
% ( % (
Valutando numericamente l’integrale si ha che per k=1, cioè nel lobo principale, la frazione
di energia è pari al 90,3%; includendo anche una coppia di lobi laterali (k=2) la frazione di
energia sale al 95 %, mentre per racchiudere il 99% dell’energia occorre portare in conto nove
coppie di lobi laterali, cioè . Corrispondentemente la banda (monolatera) al 90% è
, quella al 95% è e quella al 99% .
Esempio 2: Impulso esponenziale
Ricordando che:
4
L’energia
nella banda
è quindi:
!# " !(
4
"! .
in particolare ponendo si ottiene l’energia totale
Noto lo spettro di energia si può calcolare la banda del segnale. Precisamente la banda mono-
latera cui compete la frazione dell’energia totale si ottiene risolvendo l’equazione
!# " !(
da cui si ricava:
" !(
Cosı̀ per esempio la banda al 95% dell’energia vale:
" !(
3.7. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 123
0
-
Consideriamo ora i segnali di potenza per i quali l’energia è infinita, mentre è finita la potenza
. Nel seguito faremo riferimento prevalentemente ai segnali a tempo continuo
considerato che le argomentazioni possono essere estese facilmente alle sequenze.
Per introdurre la funzione di densitá spettrale di potenza ( ), e cioè la funzione che dà conto
della distribuzione in frequenza della potenza, conviene riguardare i segnali di potenza come limite
di segnali di energia. Precisamente sia il segnale troncato all’intervallo
e sia
la sua trasformata, cioè:
Procedendo come per i segnali di energia si ottiene
% & % &
Da cui, passando al limite sotto il segno di integrale, e portando di nuovo l’operatore di media dentro
l’integrale si ha:
% &
) o, più semplicemente, spettro di potenza, di , che è dunque definita da:
pertanto la funzione integranda è interpretabile come densità spettrale di potenza (abbreviazione
%&
(3.53)
Analogamente, per un segnale a tempo discreto, si pone:
%&
4
(3.54)
è lo spettro dellasequenza
dove
membro della definizione di
sono datroncata, Osserviamo esplicitamente che i limiti a secondo
intendersi in senso generalizzato.
La notazione utilizzata, come nel caso di segnali di energia, è o ( se è chiaro dal contesto a
quale segnale ci si riferisca) essendo implicito nella natura di di quale densità spettrale, energia
o potenza, si tratti.
Si osservi che la funzione di trasferimento dell’energia di un sistema LTI relaziona anche gli
124 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
spettri di potenza; in altri termini la (3.52) vale anche con riferimento alle
. Pertanto si ha:
%&
%&
% &
4 con e costanti e variabile aleatoria uniformemente
Esempio 2: di una sinusoide a fase aleatoria
Sia
distribuita in
. Utilizzando la trasformata dell’impulso rettangolare e la regola di mod-
ulazione, si ha:
54
% (
di
come e mediando su si ha
da cui, valutando l’
% ( 4 % ( 4
onde, passando al limite per , si ricava:
4 4
Analogamente a quanto visto per i segnali di energia, la consente di definire la banda per i
segnali di potenza in termini energetici come la gamma di frequenze in cui è allocata una prefissata
frazione della potenza totale.
Si osservi infine che le considerazioni svolte con riferimento ai segnali di potenza aleatori valgono
anche per i segnali deterministici, in quanto le definizioni date per i segnali aleatori applicate ad un
segnale di potenza deterministico restituiscono le corrispondenti definizioni introdotte per tali tipi di
segnali.
4
4
4 4
4
3.7. CARATTERIZZAZIONE ENERGETICA DEI SEGNALI 125
Anche l’energia mutua può essere analizzata in frequenza, invero dalla relazione di Parseval si ha:
essere coniugato; considerazioni analoghe sussistono per i segnali a tempo discreto. Dunque l’
mutua è la funzione
e ovviamente si ha
54
è immediato mostrare che l’
del segnale somma
Una relazione analoga a quella che esprime l’energia di una somma sussiste anche per l’
4
. Invero
sviluppando è data
da:
4 4
4 4 4
(3.55)
potenza mutua
0
Analogamente per i segnali di potenza ha interesse considerare la distribuzione in frequenza della
-
di e nell’ordine. Per ottenere l’analisi spettrale della
potenza mutua occorre troncare i segnali e mediante una finestra e poi far divergere la
. In altri termini si
durata della finestra, cosı̀ come si è fatto nel paragrafo precedente per la
definisce lo spettro di potenza mutua o densità spettrale di potenza mutua di e nell’ordine,
, il limite
(3.56)
dove
e denotano al solito gli spettri dei segnali troncati. Analogamente nel caso di
P1 Simmetria
P2 Se e sono reali, allora
rigorosamente formale, essendo
(3.57)
il processo non ha rilevanza fisica. Il calcolo della densitá spettrale di potenza del rumore termico
puó essere affrontato utilizzando considerazioni quanto-meccaniche da cui risulta che
!
dove
Joules s. é la costante di Planck, Joules/Kelvin é la costante
!
di Boltzmann e é la temperatura assoluta in gradi Kelvin. Lo spettro tende a zero per ma
la convergenza é molto lenta. Infatti, per
, ed
risulta
per cui, sostituendo nella (3.57) risulta
cost
Quindi, per frequenze minori del terahertz la
approssimazione costante e pari a
. del rumore termico puó ritenersi con buona
Consideriamo innanzi tutto due segnali di energia, ricordando la proprietà della trasformata di
, si
Fourier, per cui ad una coniugazione in un dominio corrisponde una coniugazione più un ribalta-
In altri termini la funzione di mutua correlazione e lo spettro di energia mutua sono legati fra loro
dalla trasformata di Fourier, si ha cioè:
(3.58)
Il legame tra funzioni di correlazione e spettri di energia è una immediata conseguenza delle pro-
prietà della trasformata di Fourier; la rilevanza del risultato è la sua validità anche per segnali di
potenza, deterministici o aleatori che siano: in altri termini, sussiste il seguente:
Prova: Supposti i segnali a tempo continuo, sviluppando la media statistica a secondo membro
della definizione di spettro mutuo (3.56) si ha:
" !
"!
"!
"!
si ottiene
"!
, si ha
"!
% &
Il limite tra parentesi quadre a secondo membro della relazione precedente formalmente differisce
dalla media temporale in quanto il prodotto delle due finestre rettangolari di durata
è ancora
non ha effetto (
una finestra rettangolare ma di durata
; tuttavia, per la riduzione della durata
) e, conseguentemente, l’espressione tra parentesi quadre è la mutua
correlazione
tra i due segnali, onde l’asserto.
e, tenendo presente la trasformata dell’impulso esponenziale, si ha:
4
Pertanto , cioè il doppio della frequenza media di commutazione, è la pulsazione di taglio
a 3dB del segnale.
mutua è nulla; pertanto non solo l’autocorrelazione di una somma di segnali incoerenti
Si osservi infine che se due segnali sono incoerenti allora, a norma del teorema di Wiener-Kinchine,
la loro
della somma di segnali incoerenti è la
è la somma delle singole autocorrelazioni, ma anche la
somma delle dei singoli addendi.
ove è una sequenza di v.a. SSL, con media ed autocorrelazione , detta sequenza
modulante, e è un segnale impulsivo, cioè un segnale di energia, anche se è utile includere come
caso limite l’impulso ideale . L’andamento tipico di un segnale PAM è riportato in fig. 3.28:
precisamente nella fig. 3.28 è riportata la sequenza modulante ed in fig. 3.28 la corrispondente
realizzazione del segnale PAM, con impulso rettangolare di durata
(fig. 3.28 ).
Sono, per esempio, di tipo PAM i segnali utilizzati nelle trasmissioni numeriche multilivello: pre-
cisamente in tal caso una sorgente discreta emette, in modo cadenzato, ogni secondi, un simbolo
ed un modulatore di dati, disposto in cascata, genera l’impulso di ampiezza
proporzionale al simbolo emesso dalla sorgente (fig. 3.29).
3.8. SEGNALI PAM 129
Per la linearità della media, dall’espressione generale del PAM si ha
$#
Pertanto la componente continua è nulla se è nulla la media della sequenza modulante o se è nulla
l’area sottesa dall’impulso ovvero il suo spettro a frequenza zero.
130 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Sorgente
Modulatore
numerica
Al fine di calcolare la
di un segnale PAM, se ne consideri la versione finestrata
4
da cui, utilizzando la definizione di potenza per un segnale aleatorio , ed osservando che la lunghezza
del segmento temporale preso in considerazione é pari a 4 , si ottiene
% &
4
Di conseguenza, passando nel dominio della frequenza si ottiene
%& 4
(3.59)
dove
"!
Sostituendo nella (3.59, si ricava
% & 4
" !
(3.60)
e quindi
(3.61)
Pertanto, la
della sequenza modulante, valutata per
di un segnale PAM è pari, a meno del fattore di scala
dell’impulso base per la
, al. Tale
prodotto della
espressione non
3.8. SEGNALI PAM 131
evidenzia però l’eventuale presenza di righe spettrali; invece, esprimendo la della sequenza
del segnale PAM si riscrive
modulante come somma di quella della sua componente continua e di quella della sua componente
alternativa, la
4
4
(3.62)
di potenza del segnale binario sincrono ON-OFF è
54 % (
Tale relazione in particolare evidenzia che tale segnale ha una banda sostanzialmente pari
alla cadenza con cui i simboli sono emessi dalla sorgente.
La presenza nella segnalazione ON-OFF di righe spettrali, in particolare quella dovuta alla
componente continua, costituisce uno spreco di potenza: infatti è possibile dimostrare che
il tasso di simboli errati, dovuti al rumore che si aggiunge al segnale nella trasmissione,
132 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Impulso base
Sequenza modulante
Segnale binario sincrono ON-OFF
Figura 3.30: Segnalazione binaria ON-OFF.
3.9. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE
133
diminuisce all’aumentare della separazione tra i due livelli del segnale. A ciò si può facil-
mente ovviare eliminando la componente continua dalla sequenza modulante una opportuna
4
si ottiene
codifica dei livelli trasmessi. Precisamente, trasmettendo i livelli
invece dei livelli
3 % (
4
Il segnale binario sincrono nelle sue varie forme ha uno spettro passa basso, pertanto per
poterlo trasmettere è necessario un canale che abbia una buona risposta nell’intorno della
frequenza zero. Ma molti canali, in particolare quello telefonico, hanno una cattiva risposta
in bassa frequenza: in tal caso si pone il problema di modificare la distribuzione spettrale
si evince che tale risultato si può conseguire o
della potenza allo scopo di adattare le caratteristiche spettrali del segnale a quelle del canale.
Dalla espressione generale (3.61) della
cambiando l’impulso base o agendo sulla sequenza modulante; di norma si preferisce questa
seconda strada in quanto perseguibile con tecniche numeriche. In generale, per sagomare
lo spettro è necessario far ricorso ad una codifica con memoria che, introducendo una cor-
relazione tra i simboli emessi dalla sorgente senza memoria, consente di ottenere una
o le
che è il caso di maggiore interesse, anche se le relazioni stabilite, grazie alla simbologia unica
mando gli analoghi legami tra le correlazioni stabiliti nel Cap.2. Nel seguito faremo riferimento alle
e , valgono senza alcuna modifica anche per gli spettri di energia.
per
Ricordando, ad esempio, che la mutua correlazione tra le uscite di due sistemi LTI (vedi fig. 3.31 )
è data dalla relazione
trasformando secondo Fourier si ha
(3.63)
sostituire i due sistemi con un unico sistema di risposta armonica sollecitato dalla
In altri termini al fine del calcolo dello spettro di potenza incrociato tra le due uscite è sufficiente
mutua tra i due ingressi, come schematizzato in fig. 3.31 . In modo analogo è possibile stabilire gli
altri legami di interesse: cosı̀ lo spettro di potenza dell’uscita è legato a quello dell’ingresso dalla
relazione
(3.64)
dell’uscita
cioè la è pari a quella dell’ingresso per la funzione di trasferimento dell’energia,
mentre le mutue uscita-ingresso e ingresso-uscita sono date da
134 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Figura 3.31: Legame I/O per le
mutue: sistemi effettivi, sistema euivalente.
I vari legami considerati sono riassunti nella fig. 3.32. Una ulteriore conseguenza della (3.63) è
Figura 3.32: Legami I/O per
: sistema effettivo, sistemi equivalenti.
l’incoerenza di due segnali qualsiasi che non si sovrappongono nel dominio della frequenza: è suf-
del singolo segnale è non nulla e zero
ficiente infatti osservare che tali segnali restano inalterati per effetto di un filtraggio LTI da parte di
due sistemi le cui risposte armoniche valgano uno ove la
altrove.
La potenza di rumore in uscita ad un filtro LTI quando l’ingresso è rumore bianco è data da:
ove
denota la
del rumore supposto, per fissare le idee, tempo continuo. Introdotta la
banda di rumore (monolatera) del filtro
3.9. LEGAMI INGRESSO USCITA PER LE
135
Filtro
ideale
!
Filtro
ideale
! !
Figura 3.33: Definizione di banda di rumore: sistemi passa-basso e passa-banda .
Pertanto la banda di rumore è la banda del filtro ideale avente lo stesso guadagno di centro
banda e la cui funzione di trasferimento dell’energia sottende la stessa area. Tale interpetrazione è
illustrata in fig. 3.33 sia nel caso di sistemi passa-basso che passa-banda. Dalla relazione di Parseval
segue che la banda di rumore è calcolabile anche a partire dalla risposta impulsiva con la relazione:
" !
Si osservi che la definizione data vale, con ovvie modifiche, anche per sistemi discreti; precisamente,
in tal caso, si ha:
136 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
Si osservi infine che, nel definire la banda di rumore si è implicitamente fatto riferimento ai si-
stemi reali, anche se la definizione può essere estesa con ovvie modifiche anche al caso di sistemi
complessi.
3.10 LA DISTORSIONE
Tutte le volte che un segnale viene elaborato il segnale d’uscita non è mai una copia perfetta di quello
d’ingresso a causa delle inevitabili limitazioni di banda, come esemplificato nel paragrafo prece-
dente con riferimento ad un filtro RC. Se il sistema è adoperato per eseguire sul segnale d’ingresso
delle trasformazioni, quali un filtraggio adattato, modulazione, rivelazione, cimatura, ecc., le dif-
ferenze, anche profonde, tra i segnali d’ingresso e uscita sono intenzionali. Invece nel caso di si-
stemi di trasmissione, di amplificatori ecc. si desidera di solito in uscita una copia fedele del segnale
d’ingresso, o, come si dice, indistorta. Peraltro, una trasmissione fedele non implica necessaria-
mente che l’uscita sia identica all’ingresso, ma certe differenze sono senz’altro accettabili e non
vanno considerate distorsioni. Precisamente, dato un segnale d’ingresso , diremo che il segnale
di uscita è una versione indistorta di se ne differisce solo per una costante moltiplicativa ed
un ritardo temporale, in altri termini se
allora abbiamo realizzato una trasmissione senza distorsioni (o fedele).
La condizione di non distorsione comporta che lo spettro dell’ingresso e quello dell’uscita siano
relazionati da:
"!
Pertanto un sistema non distorcente è necessariamente LTI; inoltre la sua risposta in frequenza deve
essere:
"!
in altre parole un sistema LTI non distorcente deve avere una risposta in ampiezza costante ed in-
trodurre uno sfasamento proporzionale alla frequenza, a meno di un termine additivo multiplo di ;
" .4
precisamente deve aversi:
(3.65)
ove il termine
tiene conto del segno della costante ; uno sfasamento identicamente nullo rientra
come caso particolare, perché implica un ritardo temporale nullo. Va precisato che è sufficiente che
le condizioni di non distorsione (3.65) siano soddisfatte solo alle frequenze dove il segnale d’ingresso
4
ha componenti spettrali significative, cioè nella gamma di frequenze di interesse.
Si osservi che se il segnale d’ingresso è sinusoidale, cioè , e se il sistema
è reale, il corrispondente segnale d’uscita vale
4
3.10. LA DISTORSIONE 137
Pertanto un segnale sinusoidale si propaga sempre indistorto attraverso un sistema LTI, come è
ovvio dal momento che tale segnale ha una banda nulla: l’attenuazione e il ritardo subito dal segnale
variano però al variare della frequenza della sinusoide.
Le condizioni (3.65) sono molto restrittive e possono essere soddisfatte in pratica solo approssi-
mativamente. Ad esempio, nel paragrafo precedente si è visto che un filtro RC passa-basso in un
intervallo di frequenze sufficientemente minore della frequenza di taglio a 3dB è non distorcente.
Precisamente avendosi
Tale risultato è generalizzabile ad un arbitrario sistema LTI se ci limitiamo a considerare un intervallo
di frequenze sufficientemente piccolo nell’intorno di : all’uopo è sufficiente approssimare
, cioè approssimare come segue
modulo e fase di con il loro sviluppo in serie di MacLaurin troncato al termine lineare in
54 !
Distorsione di ampiezza:
cost;
. 4 , ovvero ;
Distorsione di fase (o di ritardo):
I primi due tipi di distorsione sono presenti nei sistemi LTI, mentre il terzo è caratteristico dei sistemi
non lineari, come anche di quelli lineari, ma temporalmente varianti.
138 Capitolo 3. ANALISI NEL DOMINIO DELLA FREQUENZA
La distorsione di ampiezza si descrive agevolmente nel dominio della frequenza: essa comporta
semplicemente che le diverse componenti spettrali del segnale in uscita non sono nelle proporzioni
giuste. Nella letteratura tecnica questa distorsione viene anche chiamata a volte distorsione in fre-
quenza (il nome è suggerito dal fatto che questa distorsione si presenta quando non è costante
con la frequenza).
Le forme più comuni di distorsione di ampiezza consistono in una attenuazione (o amplificazione)
eccessiva delle frequenze più alte o di quelle più basse dello spettro del segnale; un caso meno co-
mune, ma non per questo meno indesiderabile, è la presenza di valori sproporzionati della risposta
di ampiezza a frequenze intermedie dello spettro. Se la descrizione di questi fenomeni nel dominio
della frequenza è immediata, i loro effetti nel dominio del tempo sono molto meno ovvii, tranne che
per segnali molto semplici. Tuttavia giova sottolineare che un segnale sinusoidale non è adeguato
come segnale di prova dal momento che, come già osservato, tali segnali si propagano sempre senza
distorsione attraverso un sistema LTI. Di norma nello studio della distorsione trovano impiego se-
gnali di prova a larga banda quali un treno d’impulsi, un’onda quadra ecc.
Conclusioni precise si possono trarre dallo studio (analitico o sperimentale) di segnali specifici. I
risultati di un tale studio vengono espressi di solito specificando a quali condizioni deve soddisfare la
risposta in frequenza di un sistema affinché sia adatta a trasmettere quel tipo particolare di segnale,
e cioè la gamma di frequenze dove la deve rimanere costante con un certo margine (ad es.
dB) perché la distorsione di ampiezza rimanga accettabile per quel tipo di segnale. Queste gamme
di frequenze sono riportate nella tabella per i segnali che si incontrano più di frequente nei sistemi
di comunicazione.
Uno sfasamento che sia funzione lineare della frequenza, con ordinata all’origine multipla di ,
introduce un ritardo di tempo costante in tutte le componenti spettrali del segnale; se, inoltre, la
risposta in ampiezza è costante, l’uscita è priva di distorsioni. Se lo sfasamento non è lineare, le
diverse componenti spettrali subiranno ritardi diversi; la distorsione che ne risulta prende il nome di
distorsione di fase o di ritardo.
3.10. LA DISTORSIONE 139
!# " !( e, in questo caso, avremo
!# " !( !# " !(
Per esempio, per un filtro passa-basso RC
e le componenti spettrali del segnale d’ingresso aventi frequenza ,
e "
dove sia il numero dei termini sia i valori dei coefficienti vengono scelti opportunamente a seconda
dell’intervallo di variazione del segnale d’ingresso e a seconda della precisione desiderata. Si noti
che in quest’equazione le potenze della superiori alla prima danno conto del carattere non
lineare, e sono quindi responsabili della distorsione. Dall’equazione precedente, a norma del teorema
della convoluzione, lo spettro del segnale d’uscita può essere scritto come segue
4 54
54
54
Se è a banda limitata, precisamente ha componenti spettrali solo per , in assenza di
distorsione non lineare il segnale d’uscita ha anch’esso una banda limitata, minore o al più uguale
prende il termine
a quella dell’ingresso. Viceversa, a causa della distorsione non lineare il segnale d’uscita com-
, che
, , che
ha una banda doppia, cioè
ha una banda tripla, cioè , ecc. Pertanto, il carattere non lineare del sistema comporta che
in uscita vi siano delle componenti a frequenze che non sono presenti nel segnale d’ingresso. Per di
più, poiché può anche contenere componenti a frequenze , questa parte dello
spettro del segnale di uscita si sovrappone a ; analoghe considerazioni valgono per i termini
-
di ordine superiore. Con opportune tecniche di filtraggio è senz’altro possibile eliminare le compo-
nenti spettrali aggiuntive aventi frequenze
spettrali aggiuntive aventi frequenze
0
; non è possibile invece eliminare le componenti
; sono queste componenti spettrali che costituiscono la
distorsione non lineare in senso stretto (cioè non eliminabile).
Una misura quantitativa della distorsione non lineare si può ottenere scegliendo come segnale
d’ingresso una semplice forma d’onda sinusoidale:
3
spesso espressa in percentuale.
Di norma la distorsione più rilevante è quella dovuta alla seconda armonica, o alla terza armonica,
mentre le armoniche di ordine più elevato danno luogo ad una distorsione spesso trascurabile; inoltre,
quanto più alta è la frequenza di queste componenti spurie tanto più agevole è la loro eliminazione
mediante filtraggio.
Indice
CDF congiunta, 17
CDF congiunta di due processi aleatori, 21
CDF congiunta di ordine N, 17
CDF di un processo aleatorio, 16
CDF di un processo di Bernoulli, 22, 23
PDF congiunta di
cesso aleatorio, 17
variabili aleatorie gaus-
siane, 26
PDF di un processo aleatorio, 16
PMF di un processo a tempo discreto, 17
PMF di un processo di Bernoulli, 22
PMF di un processo di conteggio di successi,
24
141
142 INDICE
" !
"!
P. 2 Linearità
P. 3 Riflessione
P. 4 Coniugazione
P. 5 Proprietà di simmetria
3.11. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 143
P. 6 Cambiamento di scala
"!
2
" !
P. 9 Modulazione
54 4
4
4 4 4
+ 2+
+
144 INDICE
P. 14 Integrazione
4
P. 15 Somma
4
3.11. PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI FOURIER 145
P. 18 Valore nell’origine
P. 19 Uguaglianza di Parseval
P. 20 Formule di Poisson
!
146 INDICE
P. 1 Linearità
4 4
P. 2 Riflessione dell’asse dei tempi
P. 3 Coniugazione
P. 4 Proprietà di simmetria
P. 5 Traslazione nel dominio del tempo
P. 6 Traslazione nel dominio della frequenza
3.13. PROPRIETÀ DELLA DFS 147
P. 7 Convoluzione nel dominio del tempo
P. 8 Convoluzione nel dominio della frequenza
P. 9 Derivazione nel dominio del tempo
P. 10 Valore nell’origine
P. 11 Uguaglianza di Parseval
P. 1 Linearità
4
4
148 INDICE
P. 4 Proprietà di simmetria
P. 5 Traslazione nel dominio del tempo
P. 7 Convoluzione nel dominio del tempo
P. 8 Convoluzione nel dominio della frequenza
P. 9 Valore nell’origine
P. 10 Uguaglianza di Parseval
3.14. PROPRIETÀ DELLA DFT 149
P. 1 Linearità
4
54
P. 2 Dualità