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Il barocco napoletano 4AP Luciana

d’Aniello Nel Seicento il barocco


arrivò a Napoli dopo essersi sviluppato prima a Roma. Sostenuto dai Gesuiti e dai viceré
spagnoli, fu il popolo il vero fautore di quest’arte. Il barocco incarnava lo spirito
dei napoletani, rappresentava la loro fantasia e il loro amore per la vita. Gli artisti erano
liberi di dipingere i colori della natura mediterranea che trionfava sulle figure
architettoniche. Così il generoso uso del colore è una delle caratteristiche che distingue il
barocco partenopeo da quello romano. Dagli affreschi agli intarsi in legno, dai marmi
policromi ai pavimenti rivestiti da maioliche, tutto è caratterizzato da tonalità vivaci. Le
linee sono curve e gli andamenti sinuosi sono al centro delle opere barocche. Tutti questi
elementi raggiungono una perfetta armonia in alcune piccole chiese napoletane
come Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco e la chiesa del Gesù Nuovo.
Tra queste c’è la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, situata in piazza Municipio,
all’interno del palazzo San Giacomo. Qui si puo’ vedere il monumento funebre di Don
Pedro de Toledo, un perfetto esempio del barocco ispano-napoletano. La sinuosità e la
delicatezza dei corpi femminili si sposano perfettamente con la severità dell’aldilà e
con l’immobilità della morte. All’interno della chiesa di San Gregorio Armeno, situata
nell’omonima strada del centro storico di Napoli, si trova nel chiostro, una grande
fontana marmorea barocca, affiancata da due statue settecentesche che raffigurano Cristo
e la Samaritana. In tutte queste chiese il barocco è ricco, ma mai invadente perché le
dorature si smorzano sul colore dei marmi o dei dipinti e nessun particolare stona sugli
altri. Fra tutti i complessi religiosi bisogna citare la Cappella Sansevero che è un
esempio cruciale dello spirito barocco napoletano grazie al Cristo velato, scolpito da
Giuseppe Sammartino, su commissione di Raimondo di Sangro.
Diversi furono gli scultori, anche settentrionali, che decisero di lavorare a Napoli in
questi anni. Più di qualsiasi altro architetto, Cosimo Fanzago contribuì ad arricchire il
barocco napoletano con la chiesa e il chiostro della Certosa di San Martino. Nella prima
si trovano dei veri gioielli barocchi: i refettori monastici dei certosini che sono stati poi
trasformati in un museo che rievoca il mondo del Regno delle Due Sicilie. Lo scultore e
architetto bergamasco fu anche l’autore delle guglie di San Gennaro, di San Domenico e
del Palazzo Donn’Anna. Una caratteristica delle facciate delle chiese di Fanzago è la
doppia scalinata. Le scale del Seicento sono luminose e spesso si aprono sul cortile o
portano a una terrazza. La peculiarità di queste strutture è dovuta al clima napoletano che
permetteva ai propri cittadini di poter vivere all’aperto per gran parte dell’anno.
L’arte barocca non influenzò solo palazzi e chiese, ma anche uno dei simboli di
Napoli: il presepe. Nel Seicento i sacerdoti scolopi decisero di non rappresentare più la
sola grotta della Natività, ma di aggiungere anche il mondo profano esterno. Taverne,
cesti di frutta e verdura furono inseriti per ampliare il presepe.

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