Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Gli enti pubblici soggetti, diversi dallo Stato, che esercitano funzioni amministrative e che costituiscono,
nel loro complesso, la cd. P.A. indiretta e sono tutti definibili come persone giuridiche.
Sono dotati di pubblici poteri, anche limitati ad un minimum, come ad esempio la sola potestà certificativa,
e tutti si pongono a fianco dello Stato per cooperare al raggiungimento dei molteplici fini pubblici che
questo si pone.
- corporazioni enti in cui prevale l’elemento personale, poiché si basano sull’associazione di più persone;
istituzioni nelle quali prevale l’elemento patrimoniale (es. istituti previdenziali) e sono caratterizzate dal
fatto che i beneficiari dei loro servizi sono di solito soggetti diversi da quelli che formano l’amministrazione
del’ente.
- enti territoriali lo sono, oltre allo Stato, anche le Regioni, le Province, i comuni, le Aree Metropolitane e
le Comunità Montane (cd. Enti territoriali minori).
Sono quelli in cui il territorio è uno degli elementi costitutivi strutturalmente indefettibile per l’esistenza
dell’ente e non si configura come mero ambito spaziale che delimita la sua sfera d’azione.
Enti istituzionali sono tutti gli enti non territoriali e, alcuni di essi, hanno carattere nazionale o locale.
- Enti nazionali esercitano la loro sfera d’azione su tutto il territorio nazionale, ovvero, su un ambito
spaziale limitato ma per perseguire un interesse nazionale e non solo locale. (es. enti portuali)
Enti locali (o circoscrizionali) operano nell’ambito di un territorio circoscritto, per perseguire fini
istituzionali che rientrano in tale circoscrizione. Non coincido con gli enti territoriali, perché questi sono enti
locali ma non tutti gli enti locali sono anche enti territoriali.
Infatti, gli enti territoriali si distinguono in quanto il territorio ne costituisce un elemento costitutivo perché
rappresentano gli interessi generali delle collettività stanziate nel territorio di competenza.
Nei solo enti locali, invece, il territorio no è elemento costitutivo ma delimita solo l’ambito della sfera
d’azione e d’interessi. Inoltre, si occupano di interessi settoriali (ordini professionali, consorzi di
bonifica,ecc.).
- enti strumentali perseguono fini propri ed esclusivi di altro ente (in genere fini dello Stato) da cui ricevo
ordini, direttive, talché il loro margine di autonomia è minimo. Tra questi si ricordano ISTAT, INAIL e la CRI.
- enti autarchici propriamente detti ed enti pubblici economici i primi operano in regime di diritto
amministrativo, mentre, i secondi agiscono in veste imprenditoriale attraverso strumenti privatistici.
- enti ausiliari completano, integrano, aiutano l’azione statale perseguendo fini che, pur non essendo
propri ed esclusivi dello Stato, vengono da quest’ultimo considerati con intenso interesse. Si ricordano il
CONI, la LUISS e l’Accademia dei Lincei.
- enti necessari quelli che secondo il sistema organizzatorio predisposto dall’ordinamento debbono
esistere necessariamente. Ne sono esempio gli enti territoriali, le Camere di Commercio e gli Ordini e
Collegi Professionali.
- enti ad appartenenza necessaria o facoltativa ai primi si deve appartenere necessariamente e sono gli
enti territoriali, poiché se ne fa parte e ne derivano diritti e doveri per il solo fatto di risiedere sul territorio
di competenza. Ai secondi non si deve appartenere necessariamente.
Si tenga presente l’attuale tendenza al riordino e alla razionalizzazione degli stessi, attuata mediante la
soppressione di enti divenuti superflui oppure attraverso l’accorpamento degli enti medesimi.
- autotutela si sostanzia nella capacità, per la P.A., di risolvere da sé i conflitti che possono sorgere in
relazione a propri provvedimenti o proprie pretese, salvo, comunque, il sindacato giurisdizionale.
Esse si suddivide in: decisoria, che si attua attraverso l’emanazione di una decisione amm.va che incida su
atti in precedenza emanata e, a sua volta, può essere diretta o non contenziosa quando viene
spontaneamente esercitata dall’amministrazione o indiretta o contenziosa quando la P.A. agisce previo
riscorso dell’interessato. È esecutiva, quando l’attività di autotutela è diretta all’attuazione di decisioni già
emanate dalla P.A.
- autonomia indica la libertà di determinazione di cui gode l’ente nonché l’indipendenza che
caratterizza l’esercizio di alcune delle sue attività. Essa può essere: politica, consiste nella libertà di porre
in essere scelte di tipo politico; giuridica, rappresenta la possibilità di autodeterminazione dell’ente nel
darsi un proprio indirizzo per i fini generali che è chiamato a perseguire. Quest’ultima può essere:
normativa, riferita alla capacità dell’ente di porre in essere norme vincolanti per l’ente; organizzativa e
amministrativa, ovvero la capacità dell’ente di definire la propria struttura organizzatoria; finanziaria e di
bilancio, concernente la capacità dell’ente di imporre tributi propri e di avere un proprio bilancio, differente
da quello Statale.
- autogoverno indicala la facoltà riconosciuta ad alcuni enti pubblici di amministrarsi per mezzo di
governamenti che sono scelti dagli stessi governanti.
STRUTTURA DEGLI ENTI PUBBLICI
- ufficio è il complesso organizzato di sfere di competenze, persone fisiche, beni materiali e mezzi rivolto
all’espletamento di un’attività strumentale, tale da consentire all’organo di porre in essere i provvedimenti
per la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente.
Gli uffici si caratterizzano per la presenza di 2 elementi:
- funzionale: poiché ad essi sono attribuite funzioni proprie della persona giuridica di cui fanno parte;
- strutturale: poiché sono incorporati stabilmente nella struttura dell’ente di cui fanno parte.
Si è, quindi, in presenza di un organo quando il soggetto ha la veste e la capacità di impegnare l’ente verso i
terzi. Negli altri casi si tratterà di semplici uffici.
Il rapporto organico (o d’ufficio) rapporto non giuridico che esprime solo la relazione interna
(organizzatoria) tra organo (o ufficio) e soggetto preposto ad esso.
Esso è un rapporto di immedesimazione tra preposto ed organo, poiché il primo è difatti un tutt’uno con il
secondo non costituendo un soggetto sé stante.
La configurazione come rapporto non giuridico è rilevante ai fini della diretta imputazione dell’attività
svolta dal titolare dell’organo all’ente di cui costituisce elemento strutturale. Infatti, l’atto compiuto dal
titolare dell’organo risulta essere atto dell’ufficio o dell’organo e, in quest’ultimo caso, viene direttamente
imputato all’ente.
Esso sorge con un atto amministrativo, detto di assegnazione (o incardinazione) del soggetto all’ufficio o
all’organo. Tale atto presuppone, ovviamente, l’esistenza del rapporto di servizio.
Può essere anche di fatto, quando non sussiste un atto di assegnazione ricorrendo però i presupposti per la
configurazione del funzionario di fatto.
Il rapporto di servizio (coattivo o volontario) è la relazione esterna tra la persona fisica e l’ente, in virtù
della quale sorgono le posizioni giuridiche favorevoli e sfavorevoli tra due distinti soggetti giuridici.
Esso costituisce il rapporto giuridico intercorrente tra l’ente e la persona fisica che viene inserita con
determinate funzioni nell’organizzazione dell’ente.
Esso sorge con un atto amministrativo di assunzione del soggetto, in casi eccezionali può sorgere di fatto.
RAPPORTI INTERORGANICI
- Gerarchia il rapporto esterno intercorrente tra organi individuali di grado diverso all’interno di uno
stesso ramo di amministrazione. Essa esprima la relazione di sovraordinazione-subordinazione tra organi
diversi ma con competenze omogenee.
Essa:
- intercorre solo fra organi individuali, per cui non può sussistere fra organi collegiali o fra questi ultimi ed
organi individuali;
- è un rapporto soltanto esterno, per cui non esiste all’interno di uno stesso organo ma solo tra organi con
competenza funzionale esterna;
- intercorre solo fra organi appartenenti allo stesso ramo di amm.one ma può in qualche caso ricorrere fra
organi appartenenti a rami diversi (es. il Prefetto riguardo ai Ministri diversi da quello dell’Interno).
La gerarchia si sostanzia nella subordinazione di un organo rispetto ad un altro organo e si manifesta con un
potere di supremazia riconosciuto al secondo sul primo.
L’organo gerarchicamente superiore è investito da una serie di poteri (gerarchia in senso stretto):
L’organo sovraordinato, oltre ad avere la stessa competenza dell’organo sottordinato, ha anche una
competenza sua propria.
Tale modello gerarchico è in fase recessiva e permane solo nelle amministrazioni militari, paramilitari o
deputate a compiti di sicurezza pubblica.
Nell’attuale struttura amm.va si è sviluppato il modello di gerarchia in senso lato, in cui vi è la presenza solo
di alcuni dei poteri prima evidenziati, accanto al potere di ordine.
Il parallelo, si registra una progressiva sostituzione del modello della gerarchia con quello della direzione, in
cui l’organo sovraordinato non impartisce ordini puntuali ma direttive, ossia gli obiettivi da raggiungere
lasciando libertà di azione all’organo sottostante circa le modalità di perseguimento degli stessi.
La responsabilità del titolare di un ufficio presuppone che i poteri di ingerenza nell’attività dell’ufficio
sottordinato risultino significativamente attenuati, se non addirittura eliminati.
- direzione trattasi di un potere autonomo ormai diffuso nelle P.A. in esso, gli organi sono posti in
posizione di disuguaglianza ma l’organo sovraordinato ha il potere di propulsione, direttiva e controllo nei
confronti del destinatario sottordinato, al quale è lasciata la facoltà di scelta relativamente a modalità e
tempi dell’azione da volgere per conseguire i risultati stabiliti.
Nel rapporto di direzione l’organo sovraordinato ha prevalentemente un potere di indirizzo nei confronti
dei sottordinati, che si sostanzia nell’emanazione di direttive operative e nella successiva verifica dei
risultati conseguiti.
- coordinamento riconosciuto, talvolta, ad un ufficio rispetto ad altri uffici al fine di coordinarne ed
armonizzarne l’attività, secondo un disegno coerente e organico in vista di risultati di interesse comune.
Esso consiste nel potere di impartire disposizioni idonee per la realizzazione del disegno unitario, vigilando
sull’osservanza di esse.
- controllo consiste nella possibilità che un organo sindachi l’operato di un altro organo ai fini di
prevenzione o riparazione ed a salvaguardi degli interessi su cui è chiamato a vigilare.
- presidenza Non costituisce una relazione interorganica. Essa si riscontra in genere negli uffici collegiali
e ricorre quando ad uno dei componenti di un ufficio complesso viene riconosciuta una funzione di
predisposizione, coordinazione, guida e disciplina dei lavori di ufficio. Non è dunque una relazione fra
organi, ma una relazione fra più soggetto di uno stesso organo.
LA COMPETENZA
La competenza di un organo designa il complesso di poteri e funzioni che esso può, per legge, esercitare
per perseguire i fini di pubblico interesse.
Essa ha, pertanto, anche una funzione delimitativa poiché individua il “quantum” nonché la misura delle
attribuzioni di spettanza all’organo.
Tale principio trova consacrazione nell’art.97 della Costituzione che fa comprendere che:
- la competenza deve essere sempre delimitata per legge;
- trova fondamento nel principio di buona amministrazione, in quanto mire a realizzare i criteri di efficienza
e della specializzazione anche nel campo dell’attività ammi.va.
La delega trasferisce dal delegante al delegato non già la titolarità del potere bensì soltanto l’esercizio di
esso, mentre titolare ne resta il delegante.
Pertanto, il delegato nell’esercizio del poter viene a trovarsi nella stessa posizione del delegante.
Il potere viene esercitato dal delegato il nome proprio, che ne è quindi direttamente responsabile.
Il regime giuridico degli atti compiuti è, in linea di massima, quello proprio degli atti del delegato stesso.
Il delegante acquista, nei confronti del delegato:
- il potere di imporgli direttiva relativamente agli atti da compiere nell’esercizio della delega;
- il potere di sostituzione in caso di inerzia del delegato nell’esercizio del potere delegato;
- il potere di annullamento, in sede di autotutela, degli atti illegittimi eventualmente posti in essere
nell’esercizio della delega;
- il potere di revoca della delega.
IL FUNZIONARIO DI FATTO
Si utilizza tale termine in quelle situazioni in cui l’atto di investitura del titolare dell’organo sia viziato o
manchi del tutto.
La soddisfazione della fondamentale esigenza di continuità dell’esercizio della funzione pubblica è alla base
della disciplina di tale situazione. Le medesime esigenze reggono le figure della prorogatio degli organi
cessati, della reggenza di organi privi di titolare e delle analoghe sostituzione e supplenza.
Relativamente alle figure riconducibili sotto tale denominazione, si discute circa alle ipotesi di usurpazione
di funzioni pubbliche, della occupazione bellica, della prorogatio e della ingerenza autorizzata per via
dell’atto di investitura formale, risultato solo in seguito viziato. ???
Il regime giuridico degli atti compiuti dal funzionario di fatto, applicando la regola del c.d. “fatto compiuto”,
una volta decorsi i termini per l’impugnativa dell’atto di investitura, gli atti siano validi, fatta salva sempre la
loro impugnabilità per un vizio diverso da quell’ dell’incompetenza.
Il problema dell tutela dei terzi destinatari degli atti dallo stesso emanati, la giurisprudenza è incline a
risolvere tale conflitto facendo ricorso al principio di conservazione in forza del quale gli atti in questione,
ancorché invalidi, devono comunque ritenersi produttivi di effetti nei confronti dei terzi, eccezion fatta per
le ipotesi di usurpazione, relativamente alle quali si propende per l’inapplicabilità del principio di
conservazione.
Le amministrazioni possono far parte esclusivamente di società, anche se consortili, costituite in forma di
S.p.A. o di S.R.L., anche in forma cooperativa.
Per le attività consentite, il legislatore pone il divieto per le PP.AA: di costituire, direttamente o
indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente
necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere
partecipazioni, anche in minoranza, in tali società.
Pertanto, le amministrazioni possono costituire o partecipare a società ma solo se correlate e finalizzate a
scopi di interesse pubblico: il legislatore, difatti, pone uno stringente vincolo tra il raggiungimento di
obiettivi istituzionali o di carattere generale e la costituzione o partecipazione in una società.
Il comma 2, art. 4, T.U. individua specificatamente i casi in cui le amministrazioni possono costituire società
o parteciparvi cd. Vincolo di attività. Mentre, i successivi commi specificano le attività che sono consentite
alle amministrazioni.
Inoltre, si ricordi l’obiettivo annuale di analizza l’assetto complessivo delle società in cui detengono
partecipazioni, dirette o indirette, e di predisporre ove ricorrano i presupposti un piano di riassetto per la
loro razionalizzazione, fusione o soppressione anche mediante messa in liquidazione o cessione.
Pubblica Amministrazione indiretta anche le persone giuridiche pubbliche che, seppur nate
nell’ordinamento dell’UE, sono entrate a far parte del nostro assetto giuridico come soggetti pubblici.
Nell’ordinamento europeo, la mancanza di una nozione organica ed unitaria di soggetto pubblico ha indotto
a focalizzare l’attenzione sulle connotazioni sostanziali che li caratterizzano.
L’organismo pubblico ha trovato la sua prima collocazione nella direttiva 89/440/CE, con riferimento a tutti
i soggetti, indipendentemente dalla loro natura giuridica, che presentino caratteristiche tali che, “da un
punto di vista sostanziale, giustificano l’applicazione della disciplina sull’evidenza pubblica”.
Il Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, da un lato inserisce l’organismo pubblico di diritto pubblico
tra le amministrazioni aggiudicatrici, dall’altro definisce tale figura come qualsiasi organismo, anche in
forma societaria, istituito per soddisfare specificatamente esigenze di carattere general, aventi carattere
non industriale o commerciale, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, degli enti
pubblici territoriali o dagli altri organismi di diritto pubblico, dorato di personalità giuridica.
Gli elementi strutturali dell’organismo di diritto pubblico sono 3 e devono ricorrere cumulativamente:
- possesso della personalità giuridica;
- il fine perseguito deve essere di interesse generale non a carattere industriale o commerciale;
- la sottoposizione ad un’influenza pubblica.
L’IMPRESA PUBBLICA
Alla figura soggettiva dell’organismo di diritto pubblico si affianca quella dell’impresa pubblica, nei confronti
della quale i poteri pubblici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante.
Il D.Lgs. 50/2016, definisce come “pubbliche” quelle imprese sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici
possono esercitare tale influenza dominante, o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una
partecipazione finanziaria oppure in virtù delle norme che disciplinano dette imprese.
L’influenza dominante si presume nel caso di:
- detenzione della maggioranza del capitale dell’impresa;
- controllo della maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa;
- diritto di nominare più della metà dei componenti degli organi di amministrazione o di vigilanza.
CARATTERISTICHE sono:
- indipendenza dall’esecutivo;
- elevata competenza tecnica dei componenti;
- funzione tutoria dei settori sensibili, coinvolgenti interessi di rilevanza costituzionale;
- la posizione di neutralità e imparzialità rispetto agli interessi in gioco.
La connotazione principale è l’indipendenza dal potere politico, poiché le funzioni ad essi demandante
richiedono una libertà di azione che può essere garantita solo dalla mancanza di subordinazione rispetto al
potere politico, in primis il Governo: le autorità, infatti, devono poter agire in una posizione di equidistanza
rispetto a tutti gli interessi in gioco, siano pubblici che privati. Pertanto, fondamenta dell’indipendenza è
l’elevata conoscenza de settore e l’assunzione di decisioni tecniche, uniche vere garanzie per un’azione
regolatoria libera da condizionamenti.
- nomina dei titolari degli organi di vertice, al fine di garantire autonomia decisionale. La legislazione
prevede limitazioni al potere del Governo o, addirittura, sottrazione totale;
- requisiti soggettivi dei componenti, le ipotesi di incompatibilità e la durata della carica. I componenti
possono essere scelti solo tra persone che soddisfino requisiti di professionalità e competenza nel settore,
oppure che appartengano a determinate categorie come docenti universitari o avvocati. Sono previste
numerose ipotesi di ineleggibilità ed incompatibilità per tutta la durata della carica, che è sempre soggetta a
termine (5-7 anni).
I POTERI
Le Legge attribuisce alle Autorità Amministrative Indipendenti poteri:
- Banca d’Italia che ha importanti compiti di regolazione e vigilanza sugli enti creditizi e sugli
intermediari finanziari:
- CONSOB per la vigilanza sugli intermediari finanziari, sui mercati e sugli emittenti quotati;
- IVASS istituto Vigilanza sulle Assicurazioni, avente compiti di vigilanza sul mercato delle assicurazioni;
- Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato “Antitrust” garantire la libera concorrenza e il
corretto funzionamento del mercato;
- Garante per la protezione dei dati personali vigila sul trattamento dei dati personali;
- Autorità Nazionale Anticorruzione A.N.A.C. inserita nella governance del sistema dei contratti pubblici
con il compito di vigilare sugli stessi e di contrastare e prevenire la corruzione.
L’attività amministrativa mediante la quale determinate figure soggettive, riconducibili alla nozione di
P.A., provvedono alla cura degli interessi pubblici ad esse affidati. È, quindi, il mezzo con cui viene svolta
la funzione amministrativa funzione dello Stato volta alla realizzazione concreta delle finalità pubbliche,
individuate dal potere politico e assegnate al potere legislativo alla cura della P.A.
L’attività amm.va può anche essere classificata utilizzando come criterio quello della tipologia di norme
(pubbliche o private) che la regolano.
GLI ATTI GIURIDICI DELLA P.A.
LA DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA
La distinzione tra attività vincolata e attività discrezionale attiene alo rapporto che intercorre tra l’attività
amm.va e la legge.
Difatti, la prima non è mai libera perché i fini d’interesse generale sono sempre predeterminati per legge.
Talvolta, la legge può limitarsi a stabilire quale fine occorre perseguire, dando alla P.A. ampia scelta in
ordine ai mezzi necessari per realizzarli.
Altre volte, l’azione della P.A. è limitata da regole rigide e inderogabili, sicché deve svolgersi secondo le
modalità strettamente stabilite dalla legge.
Pertanto, l’attività della P.A. si definisce vincolata se il legislatore ha indicato non solo i fini ma ha anche
disposto quando, in che modo, con quale contenuto e con quali mezzi, tale, perché nel suo esercizio nulla è
lasciato alla libera scelta dell’organo che deve esercitarla.
Si qualificherà come discrezionale se il legislatore, dopo aver indicato i fini, lascia un certo margine di
scelta cd. Apprezzamento all’autorità che deve esercitarla; rimettendo alla sua determinazione quando, il
modo, il contenuto e/o il mezzo.
DISCREZIONALITA’ la facoltà di scelta fra più comportamenti leciti, lasciata all’Autorità Amm.va
nell’esercizio di un potere per conseguire il soddisfacimento di un interesse pubblico individuato dalla
legge.
Discrezionalità tecnica consiste nel potere di valutazione di carattere tecnico, da effettuarsi in base alle
regole, alle cognizioni ed ai mezzi forniti dalle varie scienze ed arti. (es. giudizio sulla pericolosità epidemica
di una malattia, sulla preparazione di un candidato ad un pubblico concorso). La valutazione è diretta ad
accertare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’adozione di un determinato
provvedimento, pertanto, una volta che siano ritenute esistenti la P.A. dovrà agire nel modo stabilito per
legge;
Discrezionalità mista quando la P.A. dispone tanto di discrezionalità tecnica che di discrezionalità
amm.va, per cui è chiamata prima di valutare, alla stregua di una determinata tecnica o scienza, la
sussistenza delle condizioni necessarie per la sua azione, per poi decidere, secondo criteri di opportunità e
convenienza, il provvedimento da adottare;
Merito amministrativo consente all’amministrazione una maggiore libertà nella scelta, non che essa
debba ritenersi assolutamente libera bensì nel senso che la scelta stessa deve avvenire nel rispetto delle
norme non giuridiche di buona amministrazione, e cioè delle cd. Regole extragiuridiche di opportunità e
convenienza amministrativa.
La discrezionalità implica sì una facoltà di scelta ma essa non è in definita libera, dovendo esplicarsi entro i
limiti delle norme giuridiche di buona amministrazione. La violazione di una delle norme che la regolano,
essendo violazione di una norma giuridica, è sempre sindacabile da giudice amm.vo.
Invece, la violazione di una norma che regola il merito, essendo violazione di una norma non giuridica, non
è di regola sindacabile dal G.A., tranne casi eccezionali e tassativi di giurisdizione estesa al merito.
Gli aspetti di merito dell’azione amm.va, infatti, attengono ai risultati che essa deve perseguire.
L’azione amministrativa è governata da principi di derivazione europeistica che hanno avuto espresso
riconoscimento attraverso l’art. 1 L. 241/90.
Si ricordano:
- principio di certezza del diritto atto a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici
rientranti nella sfera del diritto europeo. Esso implica che una normativa che comporti conseguenze
svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati;
- principio del legittimo affidamento viene in rilievo tutte le volte che un’autorità pubblica, dopo avere
ingenerato nell’interessato un’aspettativa ragionevolmente fondata sul perdurare di una determinata
situazione che si è definita nella realtà giuridica, intervenga successivamente a modificarla in senso
negativo per il destinatario. Un soggetto che, a causa di un atto o di un comportamento protratto nel tempo
dalla P.A, faccia in buona fede affidamento sulla situazione creata deve essere tutelato in caso di successive
variazioni della stessa. La giurisprudenza europea ha precisato che solo un “legittimo” affidamento può
essere tutelato, intendendo che vi è tutela solo se l’interessato poteva ragionevolmente confidare nel
mantenimento o nella stabilità della situazione creata;
- principio di proporzionalità viete alle PP.AA. di imporre obblighi e restrizioni alla libertà degli interessati
in misura diversa da quella necessaria per raggiungere lo scopo cui è preposta l’autorità responsabile;
- principio del giusto procedimento si traduce nel diritto degli interessati ad essere ascoltati nel corso
del procedimento amm.vo;
- principio di buona amministrazione impone di garantire la tempestività dell’azione amm.va e, nella
connessa accezione di imparzialità, di evitare in casi analoghi, trattamenti difformi senza adeguata
motivazione o di rispettare criteri di massima fissati in precedenza.
PRINCIPI COSTITUZIONALI
Legalità afferma la corrispondenza dell’attività amm.va alle prescrizioni di legge. Esso esprime l’esigenza
che l’amm.one sia assoggettata alla legge e attiene in particolare ai rapporti fra legge e attività amm.va;
Imparzialità afferma l’obbligo della P.A. di svolgere la propria attività nel pieno rispetto della giustizia.
Con esso si intende l’esigenza che l’amm.one si comporti nei confronti di tutti i soggetti destinatari
dell’azione amm.va senza discriminazioni arbitrarie;
Buon andamento l’art. 97 Cost. al comma 2, sancisce che i pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amm.one. In
particolare:
- garantisce l’indipendenza e la neutralità della P.A. da influenza politiche, sia sotto il profilo attivo (buona
amministrazione, ovvero raggiungimento più sollecito, opportuno e congruo dei fini) che passivo,
(imparzialità verso i cittadini, impiegati, funzionari, etc.);
- si indirizza, immediatamente e programmaticamente, al legislatore dettando i principi fondamentali che
devono ispirare la legislazione e, mediatamente e precettivamente, alla P.A. sulle quali grava il dovere di
provvedere alla cura dei pubblici bisogni.
Il principio di buon andamento mira a soddisfare i seguenti criteri generali: economicità, rapidità, efficacia
(raffronto tra i risultati conseguiti ed obiettivi programmati); efficienza (raffronto tra risorse impiegate e
risultati conseguiti), miglior contemperamento degli interessi, minor danno per i destinatari dell’azione
amm.va.
Ragionevolezza cui confluiscono i principi di eguaglianza, di imparzialità e di buon andamento. In forza di
tale principio l’azione amm.va deve adeguarsi ad un canone di razionalità operativa, sì da evitare decisioni
arbitrarie ed irrazionali;
La violazione di detto principio comporto un vizio di eccesso di potere, in particolare del difetto di
motivazione (es. si disattende immotivatamente il tenore di un parere precedentemente acquisito) o di
ingiustificata disparità di trattamento o di contraddittorietà della motivazione stessa.
Pareggio di bilancio il principio dell’equilibrio di bilancio dispone che le PP.AA. assicurino tale equilibrio
e la sostenibilità del debito pubblico, in coerenza con l’ordinamento dell’UE.
L’art. 1 della L. 241/1990 individua una serie di principi e criteri direttivi che devono improntare l’azione
amministrativa:
- principio di legalità l’att. Amm.va deve perseguire ii fini dettati dalla legge. In senso sostanziale, intenso
non solo come conformità estrinseca dell’atto amm.vo al dato normativo ma anche come conformità di
tutta l’azione amm.va alle prescrizioni normative espresse e, quindi, ai valori di efficacia, efficienza ed
adeguatezza;
- principio del giusto procedimento consacra la dialettica tra interessi pubblici e privati, tendendo alla
composizione eventuali contrasti;
- principio di semplificazione consistente nell’eliminazione degli oneri informativi o delle fasi
procedimentali che appaiono sovrabbondanti nell’economia di un procedimento, con l’obiettivo di evitare
che l’esercizio delle funzioni amm.ve non risulti inutilmente “gravoso” per i soggetti amministrati. In
ragione di tale criterio sono stati introdotti alcuni istituti diretti a snellire e rendere più celere l’azione
amministrativa (silenzio assenso, segnalazione certificata di inizio attività, conferenze di servizi, ecc.).
Ai suddetti principi sono informati i criteri fondamentali e le regole dettate dal Capo I L. 241/1990:
- economicità, obbligo di realizzare il miglior risultato possibile in rapporto alla quantità di risorse a
disposizione ovvero al minor sacrificio possibile degli interessi secondarsi coinvolti nella fattispecie;
- efficacia;
- imparzialità;
- pubblicità, strumento di attuazione del principio di trasparenza ed impone alla P.A. di rendere accessibili
agli interessati notizie e documenti concernenti l’operato dei pubblici poteri;
- trasparenza, da intendersi come immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in
cui si esplica l’operato della P.A., onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale;
- principio di non aggravamento del procedimento amm.vo la P.A. non può aggravare il procedimento
se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria, è la più chiara
espressione della finalità propria del procedimento amm.vo;
- obbligo di conclusione esplicita del provvedimento amm.vo dovere di concludere il procedimento con
l’adozione di un provvedimento finale espresso, sia quando il procedimento consegua ad istanza sia quando
debba essere iniziato d’ufficio;
- uso della telematica nell’azione amm.va le PP.AA. hanno il dovere di incentivare l’uso della telematica
sia nei rapporti interni tra le diverse amministrazioni sia tra queste e i privati.
L. 150/2000
“comunicazione pubblica” ogni attività rivolta a fornire messaggi e informazioni da parte di AA.PP. o
altri enti erogatori di servizi pubblici agli utenti dei servizi.
“comunicare” prevedere un flusso di informazioni nell’ambito del profilo dinamico dei rapporti tra
amm.one e cittadini;
“informare” attività che si occupa di veicolare le informazioni necessarie al servizio pubblico.
ANTICORRUZIONE E TRASPARENZA
Una buona amministrazione è caratterizzata dall’orientamento della P.A. al perseguimento degli interessi
della collettività ma, tuttavia, non sono rari i casi in cui essa si discosta dalla nozione di “buona
amministrazione” per via di situazioni in cui l’interesse della collettività passa in subordine rispetto al
conseguimento di un interesse o vantaggio privato e quindi indebito.
Tali situazioni comprendono la corruzione e altri delitti contro la P.A. ma anche le ipotesi in cui venga in
rilievo un malfunzionamento della macchina amm.va causa inutilizzo delle prerogative e funzioni attribuite
oppure un inquinamento della P.A. proveniente dall’esterno.
Pertanto, quando si parla di corruzione, si fa riferimento sia alla questione del cattivo funzionamento sia
alla corruzione in quanto reato.
La corruzione stricto sensu pone sempre e comunque le basi per una P.A. che funziona poco e male, se non
altro perché sottrae risorse dai servizi erogati.
La deviazione da una buona amministrazione porta, in ogni caso, ad una maladministration intendo una
gestione di risorse economiche e umane, assunzione di decisioni, svolgimento di procedimenti in cui
prevale l’interesse particolare del singolo, a scapito di quello della collettività; condotte che seppur non
sempre configurantesi come reato vero e proprio, incidono comunque in modo negativo sull’immagine
della P.A. generando sfiducia della cittadinanza.
Corruzione è un “fenomeno culturale” e come tale non può essere combattuto solo con procedure e
formalismo, per contrastarla occorrerebbe porre mano a scelte comportamentali, nella consapevolezza che
la “buona amministrazione” non solo è quella che rispetta le leggi dal punto di vista solo formale ma anche
quella che persegue i fini e i valori attribuiti nel rispetto della legge. Ecco perché la stessa prevenzione non
è un mero protocollo ma deve essere una cultura.
La differenza tra illegalità e corruzione, la prima attiene alla conformità alla legge, la seconda è una
deviazione dai fini istituzionali a favore di interessi personali.
Le linee di azione seguite seguite nell’ordinamento per contrastare la corruzione sono due:
- repressione quando il fenomeno si è manifestato e dee procedersi attivando tutto il complesso regione
sanzionatorio predisposto dal legislatore;
- prevenzione affinché l’azione degli operatori pubblici sia dall’inizio orientata e funzionale solo al
pubblico interesse.
È possibile agire sui seguenti fronti:
- incrementare la qualità delle regole che governano i sistemi complessi nell’ottica dell’efficienza e dello
snellimento;
- promuovere un’etica e una cultura che evidenzi i vantaggi della legalità;
- premere sul principio di trasparenza della PP.AA;
- agire sulla formazione dei dipendenti;
- controllare i risultati finali della gestione amministrativa coinvolgendo maggiormente stakeholders.
INTERVENTI ANTICORRUZIONE
La prima rilevante normativa in materia è stata la L.190/2012 “legge anticorruzione”, alla quale è legata la
riforma sostanziosa della disciplina sia sul versante penalistico sia sul versante dell’azione, organizzazione
del lavoro pubblico nonché della contrattualistica pubblica.
A questo, hanno fatto seguito ulteriori interventi settoriali tra cui si ricorda: l’istituzione dell’A.N.A.C.; la
predisposizione del nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti; del Testo Unico sulla
Trasparenza Amministrativa; la previsione dell’accesso civico e del FOIA (Freedom of Information Act), le
nuove regole sullo svolgimento dei concorsi pubblici e sull’affidamento degli incarichi, l’innovativo sistema
della contrattualistica pubblica prevista dal Codice dei contratti.
Le successive leggi sono state: L. 69/2015 modificato il c.p. inasprendo le sanzioni per alcuni delitti
contro la P.A. (concussione, corruzione e peculato) e il C.c. con riferimento al falso in bilancio;
L.3/2019 cd “spazzacorrotti” che introdotto ulteriori misure specifiche per il contrasto dei reati contro la
P.A.
Si tratta di interventi molto diversi e variegati che attraversano trasversalmente il sistema amm.vo e che
disegnano tutto un sistema di doveri, vigilanza e sanzioni gestito dallo Stato apparato. Altri, invece,
puntano direttamente all’azione degli operatori pubblici, incanalandoli sulla strada della legalità e della
integrità; altri, infine, delineano l’attivazione di sistemi di controllo e valutazione facenti capo allo Stato
come comunità, ossia i privati, conferendo ai cittadini-utenti il potere di valutare il servizio reso dalla P.A. in
base a quanto speso in termini di contribuzione pubblica.
Tali interventi indicano un importante cambio di rotta e, soprattutto, la presa d’atto che la corruzione
rappresenta un danno e un costo:
- danno perché l’assunzione del personale, la gestione degli adempimenti burocratici e dei servizi degli
uffici condotta seguendo logiche corruttive genera rallentamenti e inefficienze (assunzione con
raccomandazione di soggetti non adeguatamente qualificati);
- costo in quanto lesione dell’economia generale e dei conti pubblici. La corruzione non solo è idonea a
far crescere in maniera smisurata i costi per amm.oni ma anche a favorire alcuni operatori economici
rispetto ad altri, senza seguire le logiche alla base del mercato e della libera concorrenza. (concessioni di
appalti truccati).
Anticorruzione e trasparenza sono due aspetti che, pur mantenendo la propria autonomia, sono
strettamente correlati in quanto si rivelano due facce della stessa medaglia e, pertanto, devono agire in
simbiosi.
L’obiettivo di tale unione è quello di delineare una P.A. integra, libera da condizionamenti illeciti e
fenomeni corruttivi e, poiché il malaffare ama agire nell’ombra, essa deve rendersi accessibile e trasparente
come la c.d. “casa di vetro”.
Anticorruzione vuol dire contrasto alla corruzione ma non va inteso solo in senso stretto, ossia come
reato punito dal Codice Penale quanto, piuttosto, come un complesso generale di situazioni che provocano,
nell’ordine, violazione dei doveri legali alle funzioni pubbliche, malfunzionamento dell’apparato pubblico e,
infine, lesione degli interessi della collettività che sono l’essenza stessa dell’attività di gestione della cosa
pubblica.
Trasparenza indica chiarezza, apertura, accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della
pubblicazione sui siti istituzionali cd. Trasparenza digitale, alle informazioni concernenti ogni aspetto
dell’organizzazione e dell’azione delle P.A., allo scopo di favorire forme diffuse di controllo e del rispetto dei
principi di buon andamento e imparzialità. Essa implica una serie di strumenti, istituti e accorgimenti diretti
alla configurazione di una P.A. che si organizzi e agisca in maniera pulita, aperta e pubblica in cui ogni scelta
sia rendicontabile e tracciabile agli occhi dei cittadini.
Anticorruzione e Trasparenza sono trasversali e in grado di incidere su diversi settori dell’azione e
organizzazione della P.A.
La L. 190/2012 ha introdotto un approccio multidisciplinare in cui la “sanzione” diviene solo uno degli
strumenti per la lotta alla corruzione e a cui sono affiancati nuovi obblighi e adempimenti posti
direttamente in capo alle pubbliche amministrazioni.
In primo luogo, essa ha individuato i sogetti e gli organi incaricati di svolgere il controllo, la prevenzione, la
repressione dei fenomeni corruttivi.
- Prefetto
I comuni con meno 15.000 abitanti possono aggregarsi per definire in Piano Triennale per la Prevenzione
della Corruzione. Ai fini di tale predisposizione il Prefetto, su richiesta, deve fornire il necessario supporto
tecnico e informativo agli enti locali.
IL PNA
Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) ha il compito di promuovere, presso le amministrazioni
pubbliche, l’adozione di misure atte a prevenire la corruzione.
Viene adottato dall’A.N.A.C., ha durata triennale ed è aggiornato annualmente. Si configura come atto di
indirizzo per le PP.AA. ai fini dell’adozione dei propri piani triennali ed ha l’obiettivo di individuare i
principali rischi di corruzione con i relativi rimedi e contiene l’indicazione di obiettivi, tempi e modalità di
adozione e attuazione delle relative misure di contrasto.
Queste ultime si distinguono in:
- oggettive se mirano a ridurre ogni spazio possibile all’azione di interessi particolari volti all’improprio
condizionamento delle decisioni pubbliche; soggettive se funzionali a garantire la posizione di
imparzialità dei funzionari pubblici che partecipano ad una decisione amministrativa.
L’individuazione di tali misure spetta, poi, alle singole amministrazioni perché solo esse sono in grado di
conoscere la propria condizione organizzativa, la situazione dei propri funzionari, il contesto esterno nel
quale si trovano ad operare.
Il PNA, pertanto, è una sorta di guida nell’adozione di concrete ed effettive misure di prevenzione della
corruzione.
IL PTPCT
Con l’approvazione del Piano Nazionale prede avvio la fase di pianificazione della prevenzione a livello
decentrato, predisponendo un quadro unitario e strategico di programmazione in cui ciascuna
amministrazione possa redigere il proprio Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC).
Esso è adottato dall’organo di indirizzo politico, su proposta del Responsabile della prevenzione della
corruzione. Negli Enti Locali viene approvato dalla Giunta. Il PTPC è oggetto di aggiornamento mediante
l’emanazione di apposite linee guida.
Il Piano Triennale:
- è obbligatorio la mancata approvazione espone all’applicazione di sanzioni amm.ve da parte
dell’A.N.A.C. e comporta per il responsabile responsabilità di colpa nell’organizzazione;
- ha un contenuto in parte vincolato gli elementi “minimi” che deve includere sono indicati dalla
L.190/2012 e dalla sua normativa di attuazione, nonché dal PNA.
I Piani Triennali si caratterizzano perché sono volti ad analizzare il contesto di riferimento della singola
P.A., sia esterno, ossia il rischio di corruzione con riguardo al territorio, sia interno, prendendo a parametro
la struttura organizzative dell’ente, il personale e la sua classificazione.
Dalla violazione delle misure di prevenzione previste dal Piano discende responsabilità disciplinare.
Nei Piani Triennali sono confluiti anche i programmi del previgente Programma per la trasparenza e
integrità, pertanto il PTPC diviene PTPCT Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e di
Trasparenza.
Pertanto, il PNA ha una vera e propria funzione di indirizzo, invece, il PTPCT è un programma di attività,
ossia uno strumento atto a contenere le misure concrete, con indicazione specifica delle aree di rischio e
degli accorgimenti da adottare all’atto pratico per lottare contro i fenomeni corruttivi.
LE AREE DI RISCHIO
La L.190/2012 individua le seguenti aree di rischio, ossia i settori a più elevato pericolo di corruzione:
- procedimenti di autorizzazione o concessione;
- scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di
selezione prescelta ai sensi del Codice dei Contratti;
- concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di
vantaggi a persone ed enti pubblici e privati;
- concorsi pubblici e prove preselettive e progressioni di carriera.
Quanto si parla di provvedimenti amministrativi¸ la normativa tende a considerare i casi di provvedimenti
“ampliativi” che vanno distinti in provvedimenti: privi di effetto economico diretto (autorizzazioni,
permessi, concessioni, etc.) e aventi effetto economico diretto (sussidi, sovvenzioni e ausili economici di
vario genere).
A questi ambiti (cd. Obbligatori) le PP.AA. possono aggiungerne altri, a seconda dei procedimenti e delle
attività svolte dai singoli enti; infatti, in questi Piani, vanno riportate le caratteristiche del contesto esterno
alla singola P.A., che possono favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi, sia analizzati i contesti interni
mediante dettagliate informazioni strutturali e organizzative sulla P.A.
- A.N.A.C. cui competono le funzioni di vigilanza e controllo. Ad essa, infatti, spetta elaborare le
generale strategia di prevenzione e contrasto, nonché di definire le norme e le metodologie comuni per la
prevenzione della corruzione. Le compete anche esercitare vigilanza e controllo sull’effettiva applicazione e
sull’efficacia delle misure adottate dalle PP.AA: in materia di anticorruzione e trasparenza.
Essa dispone anche di poteri ispettivi (richiesta di notizie, informazioni e atti delle amministrazioni) e di
poteri ordinatori (ordina alle PP.AA. l’adozione di atti o provvedimenti previsti dai piani e dalle regole sulla
trasparenza oppure la rimozione di comportamenti e atti contrastanti con tali regole).
L’A.N.A.C. riceve notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme de cd. Whistleblowing, riceve notizie e
segnalazioni da parte degli Avvocati dello Stato che siano venuti a conoscenza di anomalie e irregolarità
relative ai contratti pubblici; dispone di poteri sanzionatori laddove i soggetti all’uopo preposti abbiano
omesso di predisporre il Piano Triennale;
Quando il T.U. trasparenza (D.Lgs. 33/2013) tratta di “pubblicazione” intende la pubblicazione su siti
istituzionali cui corrisponde il diritto di chiunque di accedere direttamente ed immediatamente, senza
autenticazione e identificazione.
Una previsione coerente con il “diritto alla conoscibilità sancito dal T.U. medesimo, secondo cui tutti i
documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico sono pubblici e chiunque ha diritto di
conoscersi, fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli.
La qualità delle informazioni deve essere garantita nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla
legge, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di
consultazione, comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti
originali in possesso dell’amm.one, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità.
VIGILANZA E SANZIONI
All’interno di ogni amministrazione il Responsabile per la prevenzione della corruzione svolge anche le
funzioni di Responsabile per la trasparenza e il suo nominativo va indicato nel Piano Triennale.
A tale figura compete svolgere stabilmente un’attività di controllo sull’adempimento da parte
dell’amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, segnalando all’organo
di indirizzo politico, all’Organismo indipendente di valutazione, all’Autorità nazionale anticorruzione e, nei
casi più gravi, all’ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di
pubblicazione.
d) in base all’efficacia:
- costitutivi creano, modificano o estinguono un rapporto giuridico preesistente e possono incidere su
status, diritti, precedenti atti;
- dichiarativi si limitano ad accertare una determinata situazione, senza influire su di essa; tutti questi
atti non sono provvedimenti.
e) in base al risultato:
- ampliativi che attribuiscono al destinatario nuovi poteri e/o facoltà, ampliandone la sfera giuridica
personale. Es. atti costitutivi di status, diritti e atti estintivi di obblighi;
- restrittivi che restringono la sfera giuridica del destinatario con l’estinguere suoi diritti o status, o col
creare nuovi obblighi (es. ordini).
f) in relazione ai destinatari:
- particolari se destinati ad un solo soggetto;
- con pluralità di destinatari, e possono essere:
- plurimi formalmente unici ma scindibili in tanti provvedimenti quanti sono i destinatari. I singoli atti sono fra
loro indipendenti e l’annullamento di uno non travolge anche gli altri;
- collettivi con essi la P.A. manifesta la propria volontà, unitariamente ed inscindibilmente, verso un complesso
di individui unitariamente considerati. Ogni vizio inficia l’atto nella sua totalità.
- atti generali si rivolgono a destinatari non determinati al momento dell’emanazione dell’atto, ma
determinabili in un momento successivo, e cioè al momento della loro esecuzione (bandi di concorso e di
gare). Non presentano il requisito della innovatività, in quanto esauriscono la loro efficacia con
l’emanazione del singolo atto applicativo, né quello di astrattezza, non applicandosi indefinitamente a
fattispecie concrete.
- ESECUTORIETÀ
Le PP.AA., nei casi e con le modalità stabilite per legge, possono imporre coattivamente l’adempimento
degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento deve indicare il termine e le modalità dell’esecuzione da
parte del soggetto obbligato. Qualora l’interessato non ottemperi, le PP.AA: previa diffida, possono
provvedere all’esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge 241/1990. L’
esecutorietà si concretizza nel potere dell’amministrazione di attuare coattivamente le statuizioni
contenute nell’atto, anche contro la volontà del destinatario e senza la necessità di previo ricorso
giurisdizionale.
- TIPICITA’ – NOMINATIVITA’
Tipicità i prov. amm. sono solo quelli previsti dalla legge e ciò con riferimento sia al contenuto che alla
funzione che è destinato a realizzare. Essa discende dal fatto che la legge fissa i fini e gli effetti del
provvedimento. In particolare, la tipicità del provvedimento si contrappone all’atipicità dei negozi di diritto
privato e costituisce un corollario del principio di legalità.
Nominatività implica che ad ogni interesse pubblico corrisponde un certo tipo di atto definito e
disciplinato dalla legge. Si sostanzia nella circostanza che è la legge a individuare i provvedimenti da
utilizzare in base alle singole finalità di interesse pubblico da perseguire per quei determinati effetti da
raggiungere.
ESSENZIALI:
- agente o soggetto deve essere sempre posto in essere da un organo della P.A., che può essere un
funzionario dello Stato o di altro ente pubblico, un privato investito dell’esercizio di una pubblica potestà, in
forza di un provvedimento di concessione.
- destinatario è l’organo pubblico o il soggetto privato nei cui confronti si producono gli effetti del
provvedimento. Deve essere determinato o determinabile. La sua mancanza comporta l’inesistenza
dell’atto; l’errata individuazione l’annullabilità;
- volontà deve esistere nel momento dell’emanazione, in quanto ogni atto amministrativo deve essere
posto in essere volontariamente;
- finalità è necessario che l’atto sia preordinato ad un compito della P.A., cioè la sua finalità concreta
deve essere collegata alla funzione amministrativa. Essa è, pertanto, lo scopo che l’atto persegue;
- oggetto è ciò su cui l’atto amm.vo incide e può consistere in un comportamento, un fatto o un bene.
Esso, poi, deve essere determinato, possibile e lecito;
- forma del modo di essere della manifestazione che l’atto assume per operare nell’ordinamento
positivo;
essa può, di volta in volta, essere:
- espressa mediante atti formali oppure atti non formali. La volontà, inoltre, può essere manifestata con atti
scritti, con segnalazioni, oralmente, ecc;
- tacita quelle manifestazioni che si possono desumere indirettamente da un altro provvedimento o da un
comportamento dell’autorità.
In diritto amministrativo vige il principio della libertà della forma, per cui, al di fuori delle ipotesi in cui è la
legge stessa a richiedere una forma particolare, l’atto può manifestarsi in qualsiasi forma, anche implicita.
La legge richiede di solito la forma scritta.
Si ricordi, inoltre, quanto detto sulla sempre maggiore diffusione dell’atto amministrativo informatico,
ormai equiparato al cartaceo.
ACCIDENTALI
Sono elementi che possono essere apposti ad atti discrezionali regolati da norme non cogenti, purché
questi non ne alterino il contenuto tipico.
Sono elementi accidentali:
- condizione quell’avvenimento futuro ed incerto al cui verificarsi inizierà (cd. condizione sospensiva) o
cesserà (cd. condizione risolutiva) l’efficacia dell’atto;
- termine quel momento futuro e certo a partire dal quale (cd. termine iniziale) o fino al quale (cd.
termine finale) l’atto avrà efficacia;
- onere è un particolare obbligo posto a carico del destinatario di un atto per lui favorevole (ed è tale
quello che comporta un ampliamento della sua sfera giuridica o d’azione). Mira a far sì che con
l’ampliamento dei poteri del privato, si realizza anche l’interesse pubblico (concessione, autorizzazione,
sovvenzione, ecc.);
- riserva una figura tipica del diritto amministrativo e consiste nella facoltà, che la P.A. si riserva di
adottare futuri provvedimenti in relazione ad un dato atto.
- requisiti di legittimità -> richiesti dalla legge affinché l’atto, oltre che esistente, sia anche valido, quindi
perfetto;
- requisiti di efficacia tutte le condizioni richieste affinché l’atto, già perfetto, divenga anche efficace e
quindi in grado di produrre effetti.
Quanto al momento in cui un atto inizia a produrre effetti bisogna distinguere tra:
- atti recettizi -> producono effetti sono quando sono portati a conoscenza del destinatario;
- atti non recettizi -> si producono dal momento stesso in cui l’atto sia posto in essere.
I provvedimenti amministrativi sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabiliti dalla
legge o dal provvedimento medesimo.
IL SILENZIO AMMINISTRATIVO
L’art. 2 L.241/1990 sancisce un vero e proprio obbligo generale per la P.A. di concludere il procedimento
amministrativo mediante l’adozione di un provvedimento espresso, in tal modo è riconosciuto al privato il
diritto alla conclusione del procedimento.
Vi sono però dei casi in cui essa mantiene il silenzio che, di per sé, in generale non alcun significato ma, in la
legge prevede alcuni casi in cui attribuisce al silenzio (inerzia) il obbligatorietà l’atto, già perfetto ed
esecutivo, diviene obbligatorio nei confronti dei destinatari valore legale tipico di un atto amministrativo,
nel senso che gli viene riconosciuto uno specifico significato (cd. silenzio significativo).
Le figure di silenzio contemplate sono:
- silenzio assenso nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio valore di accoglimento di un’istanza.
Prevede che, il silenzio equivalga ad accoglimento senza necessità di ulteriori istanza o diffide, se
l’amministrazione non comunica all’interessato, entro i termini stabiliti dalla legge per la conclusione del
procedimento, il provvedimento di rigetto. Quest’ultimo non si applica per gli atti e nei procedimenti
concernenti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente e la difesa nazionale, la pubblica sicurezza,
l’immigrazione, l’asio e la cittadinanza, la saluta e la pubblica incolumità; né si applica agli atti imposti dalla
normativa comunitaria o ai casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto;
- silenzio-diniego si realizza quando la legge conferisce all’inerzia della P.A. il significato di diniego di
accoglimento di un’istanza o ricorso. L’ipotesi tipica è data dall’art. 25, comma 4, per il quale decorsi
inutilmente 30 giorni dalla richiesta di accesso agli ai documenti amministrativi, questa si intende respinta.
Altra ipotesi è prevista dall’art.6 del DPR1199/1971 (ricorsi amministrativi) secondo il quale, trascorsi 90 gg
dalla presentazione di un ricorso gerarchico senza che la P.A. abbia deciso, il ricorso si intende respinto.
- silenzio devolutivo quando il silenzio comporta l’attribuzione della competenza ad altra autorità.
L’art.17 prevede che, in via generale e salve eccezioni specifiche, in caso di mancata tempestiva pronuncia
da parte dell’organo chiamato a partecipare al procedimento per esprimere valutazioni di carattere tecnico,
l’autorità procedente è legittimata a rivolgersi ad altro organo di pari competenza;
- silenzio-inadempimento -> riguarda le ipotesi in cui la P.A., di fronte alla richiesta di un provvedimento da
parte del privato, abbia omesso di provvedere entro i termini previsti dalla legge e questa non contenga
alcuna indicazione sul valore da attribuire al silenzio. Trascorso il termine fissato per la conclusione del
procedimento, il silenzio può ritenersi formato. Alla scadenza di questo termine è possibile proporre ricorso
giurisdizionale. Il privato può, infatti, adire all’autorità giudiziaria per far accertare l’obbligo della P.A. di
provvedere. L’azione si svolge secondo il rito special indicato ex art. 117 cit.
Elementi essenziali:
- esistenza di un limite legale all’esercizio di una attività;
- apprezzamento discrezionale della P.A. in funzione preventiva;
- rimozione del limite legale.
Le autorizzazioni hanno carattere personale e come tali non sono trasmissibili senza il consenso della P.A.
Tuttavia, in alcuni casi particolari, la legge ammette la rappresentanza.
Le autorizzazioni sono sempre concesse con la clausola “salvi i diritti di terzi” per cui esse non possono
essere invocate per eludere o diminuire la responsabilità civile o penali in cui il soggetto autorizzato incorra
eventualmente nell’esercizio di un’attività.
TIPI DI AUTORIZZAZIONI
- espresse (implicite) rilasciata con un provvedimento ad hoc (autorizzazione ad aprire una farmacia);
- tacite (indirette) laddove la volontà autorizzatoria sia ricavata dal suo silenzio assenso.
- modali per le quali, per ragioni di pubblico interesse, è consentito all’autorità amministrativa di
inserire, nel provvedimento permissivo, prescrizioni limitative o modali;
- non modali il cui contenuto è predisposto dalla legge e non sono pertanto suscettibili di limitazioni. La
P.A: ha solo la facoltà di emanarle o meno.
- personali quando l’apprezzamento discrezionale della P.A. concerne requisiti inerenti alla persona del
soggetto autorizzato;
- reali (ob rem) quando l’accertamento verte su requisiti concernenti una “res”. Tale è il caso della carta
di circolazione di un veicolo, della certificazione di abitabilità.
- Abilitazione atti il cui rilascio è subordinato all’accertamento dell’idoneità tecnica di soggetti a svolgere
una certa attività. La differenza con l’autorizzazione attiene solo al diverso tipo di discrezionalità che, per le
prime, è di tipo tecnico mentre, per la seconda, è di tipo amministrativo;
- Approvazione provvedimento permissivo che consente l’esercizio di determinati diritti o facoltà con i
quali la P.A. rende efficaci ed eseguibili diritti giuridici già compiuti e perfetti. Differisce dall’autorizzazione
in quanto essa intervengono sempre dopo il compimento dell’attività o dell’atto a cui si riferisce e,
pertanto, essa ne condiziona solo l’operatività; costituisce generalmente sempre un atto di controllo e trova
larga applicazione nei rapporti fra Stato e persone giuridiche pubbliche. Mentre, per l’autorizzazione deve
intervenire sempre prima;
- Nulla-osta atto emanato da un’amministrazione diversa da quella procedente, con cui si dichiara che, in
relazione ad un particolare interesse, non sussistono ostacoli all’adozione del provvedimento finale. Attiene
a rapporti tra diverse amministrazioni e il diniego del nulla-osta costituisce fatto impeditivo della
conclusione del procedimento. L’assenso dell’amministrazione che lo rilascia riguarda non già il
provvedimento nel suo complesso, bensì la sua compatibilità con l’interesse da essa curato;
- Licenze sono tutte ricondotte alla figura dell’autorizzazione, considerandole provvedimenti permissivi in
quanto, mirando alla rimozione di un limite legale che si frappone all’esercizio di un’attività inerente a un
diritto soggettivo o ad una potestà pubblica, rendono possibile l’esercizio del diritto soggettivo;
LE CONCESSIONI quel provvedimento amministrativo con cui la P.A. conferisce ex novo posizioni
giuridiche attive al destinatario, ampliandone così la sfera giuridica.
Si distinguono:
- traslativa con cui la P.A: conferisce a determinati soggetti poteri o facoltà inerenti i diritti di cui essa è
titolare;
- costitutiva conferisce ai singoli diritti creati ex novo ma la cui disponibilità resta ad essa riservata.
La concessione è un provvedimento discrezionale ampliativo della sfera giuridica del destinatario, dato
caratteristico è la mancanza assoluta di una posizione giuridica, qualificabile come diritto soggettivo,
antecedente alla sua emanazione.
I RAPPORTI CONCESSORI
Pur se eterogenei, presentano alcuni comuni denominatori:
- scelta del concessionario di regola deve essere scelto a seguito dell’esperimento di una procedura di
evidenza pubblica, capace di individuare il soggetto dotato dei requisiti tecnici ed economici ideali, in
relazione alla singola fattispecie. (Concessione di servizi e lavori pubblici, concessioni di beni del demanio
marittimo);
- i poteri di indirizzo da parte dell’ente concedente;
- i controlli sull’attività del concessionario l’importanza che riveste per la collettività l’utilizzo di un bene
pubblico o l’esercizio di un pubblico servizio fa sì che il concessionario sia sottoposto ad una particolare
regime di controlli e di vigilanza da parte dell’ente concedente,
allorché l’irregolarità del servizio sia da imputarsi a fatti colposi del concessionario, si attiva anche un
meccanismo sanzionatorio, mentre, laddove vi sia stata una inadempienza del concessionario,
l’amministrazione potrà esercitare il potere sostitutivo;
- sistema dei diritti e dei doveri del concessionario in primo luogo, occorre ribadire che il concessionario
acquista il diritto all’uso del bene e il diritto all’esercizio della concessione.
In capo ad esso si riscontrano il dovere di utilizzare il bene stesso entro i limiti e nei modi fissati dalla legge o
dall’atto di concessione e il dovere di organizzare e far funzionare il servizio assunto, conseguendo vantaggi
economici derivanti dalla gestione del servizio.
Nei rapporti con i terzi il concessionario è comunque un soggetto dotato di poteri pubblicistici, tra i quali il
potere di auto-organizzazione ed il potere di disciplinare nei confronti dei propri dipendenti.
Il rapporto concessorio può subire delle modificazioni che possono essere di carattere soggettivo o
oggettivo; occorre sottolineare anche che essendo la concessione rilasciata intuitu personae, il
concessionario non può cedere la propria posizione se non previa autorizzazione da parte della P.A.
concedente e con tutti i limiti e i pesi gravanti su di essa.
Il rapporto di concessione può estinguersi per cause automatiche, quali la scadenza del termine ad quem o
la morte del concessionario, oppure fattori soggettivi riconducibile a rimedi risolutivi unilaterali.
IL POTERE ABLATORIO (RINVIO) mediante il quale la P.A. per un vantaggio della collettività, sacrifica un
interesse ad un bene della vita di un privato cittadino. (es. espropriazione)
GLI ATTI AMMINSTRATIVI DIVERSI DAI PRIOVVEDIMENTI
Oltre ai provvedimenti esistono una serie di atti amministrativi che assolvono a funzioni strumentali e che
costituiscono categoria residuale e non sono di norma dotati di caratteri tipici dei provvedimenti
amministrativi.
Si tratta di atti di natura non autoritativa a loro volta raggruppabili in due grandi categorie:
I PARERI atti a carattere ausiliario consistenti in manifestazioni di giudizio con cui gli organi
dell’amministrazione consultiva mirano ad illuminare, consigliare gli organi di amministrazione attiva.
Consistono in giudizi su un’attività che dovrà essere compiuta da parte di chi li chiede e sono, pertanto, atti
privi di autonomia funzionale, in quanto emessi in vista del provvedimento conclusivo. Da ciò consegue che
essi non sono autonomamente ed immediatamente impugnabili ma vanno impugnati solo insieme all’atto
finale del procedimento cui si riferiscono.
Possono essere:
- facoltativi se è rimesso alla discrezionalità degli organi dell’amministrazione attiva di richiederli o
meno. pur rimanendo ferma la “immediata” comunicazione all’amministrazione richiedente del termine
entro il quale il parere sarà reso, in ogni caso, esso “non può superare i 20gg dal ricevimento della
richiesta”. sussiste l’obbligo per la P.A. di procedere indipendentemente dall’espressione del parere.
- obbligatori se la legge impone all’organo di amministrazione attiva di richiedere il parere all’organo
consultivo. La mancata audizione del parere comporta l’invalidità dell’atto per violazione di legge.
questi devono essere resi entro 20 gg dal ricevimento della richiesta. è facoltà dell’amministrazione
richiedente di procedere indipendentemente dallo stesso
Un parere viziato inficia tutto il procedimento amministrativo, per cui l’atto finale risulterà anch’esso
viziato. Da ciò si deduce che anche i pareri facoltativi, potendo viziare l’atto formale, hanno rilevanza
giuridica.
I pareri solitamente, susseguono ad una richiesta, derivano da organi neutrali, sono infraprocedurali e
non influiscono sui poteri di iniziativa dell’autorità decidente, l’oggetto è circoscritto alle questioni proposte
dall’organo consultivo.
Gli stati patologici di un atto possono assumere differenti forme, a seconda della maggiore o minore
divergenza del provvedimento concreto dal parametro normativo.
Quando difetti o sia viziato da uno degli elementi o requisiti prescritti, ovvero quando via
Invalido sia una lezione dell’interesse concreto tutelato dalla norma violata. A seconda della
gravità dei vizi l’atto può essere nullo o annullabile.
Irregolare Quando presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative per
l’atto stesso, ma solo delle sanzioni amministrative a carico dell’agente
Vi sono degli stati in cui il provvedimento, pur conforme allo schema di legge ma non è comunque idoneo a
produrre effetti, si tratta:
LA NULLITA’
È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto
assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi
espressamente previsti dalla legge. Le cause di nullità sono da ritenersi tassative nonché a numero chiuso.
Difetto assoluto di attribuzione si richiama alla carenza di potere (in astratto), facendo riferimento ai
casi più gravi in cui il potere di cui si tratta non sussiste o in via generale o comunque in capo ad una
determinata autorità.
Violazione del giudicato ricorre quando la P.A. abbia esercitato il medesimo potere già illegittimamente
esercitato, in contrasto con il contenuto preciso di giudicato;
elusione del giudicato sussiste nei casi in cui l’amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare
esecuzione a quanto disposto con un giudicato, esercita un potere diverso, in assenza dei presupposti che lo
giustificando, configurando uno sviamento del potere al fine di evitare l’esecuzione del giudicato.
Giudicato quando un provvedimento giurisdizionale è definitivo e incontrovertibile in quanto non più
impugnabile innanzi ad una A.G.
L’art. 31 del Codice del processo amministrativo il legislatore ha disciplinato l’azione di accertamento, e
relativa declaratoria, delle unità previste dalla legge.
Inoltre, il legislatore ha attribuito alla giurisdizione esclusiva della G.A. la cognizione delle controverse in
materia di nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato (art.
133 c.p.a.)
L’atto amministrativo esistente che presenti dei vizi di illegittimità che incidono su elementi essenziali di
esso, è illegittimo, e come tale annullabile.
L’art. 21 octies L.241/1990 individua incompetenza*, eccesso di potere* e violazione di legge*, come vizi
che causano l’annullabilità del provvedimento amministrativo e l’art. 29 del c.p.a. disciplina l’azione di
annullamento per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza.
L’atto annullabile è immediatamente efficace ma è suscettibile di essere rimosso con una pronuncia
costitutiva del giudice amministrativo ovvero attraverso un intervento dalla stessa P.A.
- Illegittimo atto amministrativo esistente che presenta un vizio di uno dei suoi elementi essenziali e,
pertanto, è difforme alla legge;
- illiceità si concretizza nella violazione di norme giuridiche che non disciplinato atti. Bensì sanzionano
comportamenti lesivi di diritti soggettivi altrui. Illecito, pertanto, non può mai essere un atto ma è sempre e
solo un comportamento contra ius al quale la legge ricollega una responsabilità e un’assoggettabilità a
sanzione per l’autore dell’illecito.
Secondo il c.p.a. sono da considerare invalidi solo i provvedimenti amministrativi viziati da violazione do
norme di carattere sostanziale; le violazioni di carattere formale o procedimentale, invece, non danno
luogo ad annullabilità del provvedimento laddove il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato, in quanto è assente ogni discrezionalità.
Analogamente non è annullabile il provvedimento per mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento se l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
*INCOMPETENZA RELATIVA
La violazione delle norme che la disciplinano dà luogo a incompetenza:
- assoluta quando l’atto adottato è inerente ad una materia riservata ad altro potere dello Stato, quando
lo stesso, pur rientrando in una materia affidata all’amministrazione è adottato da un soggetto
nell’esercizio di un potere del tutto estraneo alle sue attribuzioni;
- relativa quando un organo amministrativo invade la sfera di competenza di un altro organo
appartenente allo stesso settore amministrativo o comunque allo stesso ente. Solo l’incompetenza relativa
è causa di annullabilità.
- acompetenza che si verifica tutte le volte che un atto è posto in essere da un soggetto che non è
neanche investito della funzione pubblica.
* ECCESSO DI POTERE
Per potersi verificare occorrono 3 requisiti:
- potere discrezionale della P.A., poiché per gli atti vincolati non può riscontrarsi un vizio della funzione (o
della volontà);
- sviamento di tale potere, ossia un esercizio del potere per fini diversi da quelli stabiliti dal legislatore con
la norma attributiva dello stesso;
- la prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità dell’atto.
* VIOLAZIONE DI LEGGE
È una figura residuale comprensiva di tutti gli altri vizi di legittimità che non configurino né incompetenza
relativa né eccesso di potere.
Possono raggrupparsi:
- vizio di forma
- difetto di motivazione o motivazione insufficiente;
- inosservanza delle disposizioni relative alla valida costituzione dei collegi;
- contenuto illegittimo;
- difetto di presupposti legali;
- violazione dei criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza dell’azione
amministrativa.
Nella nozione di “legge” non sono considerate le circolari.
CONSEGUENZE DI ILLEGITTIMITA’
L’esistenza di un vizio di legittimità non impedisce che l’atto produca ugualmente i suoi effetti e possa
perciò essere portato ed esecuzione, fino al suo eventuale annullamento.
L’atto illegittimo, a differenza dell’atto inesistente, infatti:
- è giuridicamente esistente;
- è efficace;
- è esecutorio.
L’annullamento si verifica soltanto a seguito di un apposito provvedimento dell’autorità amministrativa o di
una sentenza del giudice amministrativo, e può essere richiesto solo dal soggetto nel cui interesse era posta
la norma violata.
L’atto annullabile può essere sanato, ratificato o convertito in un atto valido.
ATTI DI RITIRO quei provvedimenti amm.vi a contenuto negativo, emanati in base ad un riesame
dell’atto compiuto nell’esercizio del medesimo potere amm.vo esercitato con l’emanazione dell’atto al fine
di eliminare l’atto viziato.
Presentano i seguenti caratteri:
- discrezionali -> la P.A. valuta, di volta in volta, se sussista un interesse pubblico concreto ed attuale a
ritirare il prov.;
- esecutori -> una volta intervenuti i requisiti di esecutività o di obbligatorietà per essi prescritti;
- formali -> il procedimento e le forme sono le medesime prescritte per l’atto ritirato;
- motivati obbligatoriamente -> si richiede per l’atto di ritiro la motivazione, anche quando non sia
richiesta per l’atto ritirato;
- provvedimenti recettizi -> devono, cioè, essere necessariamente portati a conoscenza dei destinatari;
- sono soggetti alle regole della L.241/1990 in tema di silenzio-rifiuto e di obbligo di comunicazione
dell’avvio del procedimento.
- conservazione che tende a rendere l’atto inattaccabile da parte dei soggetti destinatari con i ricorsi
amministrativi o giurisdizionali, nonostante la sua invalidità.
Mira solo a rendere l’atto invalido inattaccabile dai ricorsi amministrativi o giurisdizionali.
Si possono verificare le seguenti ipotesi:
- consolidazione -> è una causa di conservazione oggettiva dell’atto amministrativo che dipende dal
decorso del termine perentorio entro il quale l’interessato avrebbe potuto proporre ricorso contro l’atto
invalido.
Trascorso tale termine l’atto amm.vo diviene inoppugnabile e, pur restando invalido, non può essere più
impugnato “ab esterno”. Trattasi di una figura processualistica che si avvicina a quella che si determina
con passaggio in giudicato di una sentenza:
- acquiescenza -> causa di conservazione soggettiva dell’atto amm.vo, che dipende da un
comportamento con cui il soggetto privato, dimostrando con manifestazioni espresse o per fatti
concludenti, di essere d’accordo con l’operato della P.A., si preclude la possibilità di impugnare l’atto
amministrativo;
- conversione -> consiste nel considerare un atto invalido (non solo annullabile, ma anche nullo) come
appartenente ad un altro tipo (valido), di cui esso presenta i requisiti di forma e di sostanza;
- conferma -> è una manifestazione di volontà non innovativa con cui l’autorità ribadisce una sua
precedente determinazione, eventualmente ripetendone il contenuto.
Assolve ad una funzione meramente conservativa degli effetti che si considerano, pertanto, sempre
casualmente connessi al provvedimento confermato.
In siffatta categoria confluiscono 2 fattispecie di atti:
- conferma-provvedimento (conferma propria) -> si ha solo qualora sia adottata sulla base di un nuovo iter
procedimentale, con rinnovazione della fase istruttoria e con una nuova ponderazione di interessi
pubblici e, quindi, un nuovo provvedimento;
- atto meramente confermativo (conferma impropria) -> quando provenga dalla stessa autorità, difetti una
nuova istruttoria e si realizza la conferma della motivazione e del dispositivo del provvedimento
precedente.
IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Il potere amministrativo si esplica mediante il provvedimento amministrativo, grazie a cui si concretizza e
formalizza la volontà della P.A. su una determinata situazione o realtà. La procedura che precede l’azione
del provvedimento si definisce procedimento amministrativo serie coordinata di atti e di operazioni
volta a prefigurare un assetto di interessi tali da consentire di perseguire il fine pubblico, garantendo le
previste forme di tutela in seno all’istruttoria ed arrecando il minor pregiudizio possibile agli interessi
compresenti.
Esso, pertanto, si configura quale presupposto per la emanazione del provvedimento finale, mediante
l’accertamento e la valutazione degli interessi (pubblici e privati) in gioco e la garanzia della democraticità e
della partecipazione dei soggetti privati.
L. 241/1990
Prima della sua entrata in vigore mancava nel nostro ordinamento una disciplina generale sul procedimento
amministrativo. Con essa è stato sancito il passaggio da un’attività amministrativa frutto di una imposizione
autoritativa ed un’attività che tende ad essere sempre più il risultato di una concertazione con il
destinatario del provvedimento amministrativo.
Successivamente, con la L.15/2005 e la L. 80/2005, il legislatore ha ulteriormente proseguito sulla strada
dell’avvicinamento dei cittadini alla P.A., operata dalla L. 69/2009 che si è diretta a definire una P.A. sempre
più efficiente e sollecita nel rapportarsi con le esigenze del cittadino.
Altri interventi normativi hanno contribuito a ridisegnare l’iter procedimentale nell’ottica dell’efficienza e
della trasparenza:
- D.Lgs. 104/210 Codice del procedimento amministrativo volto alla repressione dei fenomeni di
illegalità e di corruzione;
- L.190/2012 e D.Lgs. 69/2013, conv. Il L.98/2013 ha previsto il diritto di ottenere un indennizzo per il
mero ritardo da parte dell’istante, nel caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento e
la L.124/2015.
Le disposizioni della L. 241/1990 si applicano alle amministrazioni statali e agli entri pubblici nazionali, alle
società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative.
È specificato che attengono ai LEP, della Costituzione, le disposizioni concernenti gli obblighi per la P.A. di
garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di
concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa,
nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti; a queste deve aggiungersi la disciplina sulla
presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni e quella degli istituti della segnalazione certificata
di inizio attività, del silenzio assenso e della conferenza di servizi,
si prevede, inoltre, che le Regioni e gli enti locali non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate
ai privati dalle disposizioni attinenti ai LEP ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela e, infine, le
Regioni a statuto speciale e le Province Autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione a
quanto detto, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
L’emanazione di un provvedimento espresso, un dovere da parte della P.A. che non può essere protratto a
tempo indeterminato e il legislatore ha disposto una precisa tempistica per la conclusione del
procedimento.
Ai sensi dell’art.2 L.241/1990:
- salvo diverso termine, il termine generale è di 30 gg;
- per le amministrazioni statali, possono essere individuati termini non superiori a 90gg per la conclusione
dei relativi procedimenti, mediante DPCM;
- in presenza di particolare presupposti il termine di 90gg può essere ampliato, fino ad un massimo di
190gg, sempre tramite DPCM. Tale previsione non si applica ai procedimenti di acquisizione della
cittadinanza e a quelli riguardanti l’immigrazione;
- salvo quanto stabiliti da specifiche disposizioni, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in
conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.
La disciplina dei tempi non si applica ai procedimenti di verifica o autorizzativi concernenti beni storici,
architettonici, culturali, ecc; allo stesso modo per quelle in materia ambientale.
I termini di definizione dei procedimenti amm.vi decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal
ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte e gli stessi possono essere sospesi,
per una sola volta e per un periodo non superiore a 30gg.
In un’ottica di accelerazione nella definizione del procedimento, è stabilito che le PP.AA., se ravvisano la
manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, concludono il
procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può
consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.
L’art. 2 dell L.241/1990, nell’intento di porre rimedio agli effetti lesivi del silenzio procedimentale ha
stabilito che la tutela in materia di silenzio è disciplinata da Cpa e che le sentenze passate in giudicato sono
trasmesse, in via telematica, alla Corte dei Conti e precisa che la mancata o tardiva emanazione del
provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di
responsabilità disciplinate e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
Per scongiurare ipotesi di inefficienza nell’attività amministrativa, il comma 9bis prevede che l’organo di
governo è tenuto ad individuare il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.
Per ciascun procedimento, sul sito internet dell’amministrazione è pubblicata l’indicazione del soggetto cui
è attribuito il potere sostitutivo a cui il cittadino può rivolgersi.
Tale soggetto, in caso di ritardo, deve comunicare senza indugio il nominativo del responsabile ai fini della
valutazione dell’avvio del procedimento disciplinare e, in caso di mancata ottemperanza, assume anche la
responsabilità di tale soggetto oltre alla propria.
Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato può rivolgersi al
responsabile del rispetto della tempistica affinché, entro un termine pari alla metà di quello
originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di
un commissario.
Il responsabile così individuato, entro il 30 gennaio di ogni anno, deve comunicare all’organo di governo i
procedimenti nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai
regolamenti.
Nei provvedimenti rilasciati in ritardo devono trovare espressa indicazione il termine previsto dalla legge
o dai regolamenti e quello effettivamente impiegato.
Le conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento è stato inserito
l’art.2bis.
Il rispetto dei tempi del procedimento rappresenta un importante incentivo al miglioramento
dell’efficienza della P.A. divenendo anche elemento di valutazione dei dirigenti ai fini della corresponsione
della retribuzione di risultato.
Tale articolo, inoltre, ha previsto una responsabilità per l’ipotesi di inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento.
Quanto all’oggetto del risarcimento, questo consiste nel danno ingiusto cagionato in conseguenza
dell’inosservanza doloso o colposa del termine di conclusione del procedimento. Ai sensi dell’art.30 tale
azione risarcitoria deve essere proposta entro 120gg, termine che non decorre fintanto che perdura
l’inadempienza e, pertanto, inizia a decorrere dopo 1 anno dalla scadenza del termine per provvedere.
Inoltre, ex art. 133 del cpa, il G.A. conosce di tale azione in sede di giurisdizione esclusiva.
Al diritto di risarcimento del danno da ritardo nella conclusione si affianca anche l’indennizzo che scatterà
per il ritardo nella definizione della pratica.
Scaduto il termine per l’adozione del provvedimento, per ogni giorno di ritardo i cittadini potranno ricevere
30 € fino a un massimo di 2000€. Se tale somma non viene liquidata, essa potrà essere richiesta al G.A.
mediante una procedura semplificata.
Restano esclusi da tale disciplina le ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici.
LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO
Il principio della partecipazione è importante in quanto soddisfa i criteri informatori della P.A._
trasparenza, economicità (in quanto deflaziona il contenzioso), efficacia (perché ne deriva una più spiccata
capacità di conseguire gli obiettivi pubblici, meglio chiariti grazie ai contributi del privato), imparzialità
(perché l’apporto del privato consente alla P.A. di assumere la propria determinazione all’esito di una
valutazione oggettiva dell’interesse del rappresentato).
La partecipazione si realizza attraverso una serie di “strumenti” individuati nel Capo III della legge sul
procedimento, tenendo però presente che le norme non si applicano ai procedimenti diretti
all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione, di programmazione e ai
procedimenti tributari.
3. Diritto di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti
i destinatari della comunicazione ex art.7 e i soggetti intervenuti hanno diritto di prendere visione degli atti
del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di
valutare ove siano pertinenti all’oggetto della domanda e siano presentate in tempo ragionevole;
a) la CONFERENZA DI SERVIZI una forma di cooperazione tra le PP.AA. che ha lo scopo di realizzare,
attraverso l’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti, la semplificazione di taluni
procedimenti amministrativi particolarmente complessi.
Vi sono varie tipologie di conferenza ai sensi dell’art. 14:
- conferenza di servizi di istruttoria può essere indetta dall’amministrazione procedente quando
opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento
amm.vo; si svolge in modalità semplificata, se non sia stato stabilito diversamente.
L’esame contestuale dei diversi interessi pubblici coinvolti potrà articolarsi in un unico procedimento (cd.
conferenza uniprocedimentale) oppure in più procedimenti collegati dagli stessi obiettivi o attività (cd.
conferenza pruriprocedimentale);
- la conferenza di servizi preliminare può essere indetta nel caso di progetti particolarmente complessi e
di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’interessato, corredata da uno studio di
fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, al fine di verificare quali
siano le condizioni per ottenere i necessari atti di assenso. In tal caso, la conferenza si conclude entro 30gg
dalla richiesta ed i costi sono a carico del richiedente.
Quanto alle relative modalità operative, il Dlgs. 127/2016 ne ha semplificato l’azione amministrativa
riducendo i tempi procedimentali e facendo ricordo a procedure e strumenti telematici.
Si prevede che la conferenza decisoria si svolga, ordinariamente, in forma sincrona. Alla riunione è prevista
la partecipazione contestuale dei rappresentanti della amm.oni competenti ed è stabilito che i lavori
debbano concludersi non oltre 46gg dalla data della riunione.
La determinazione conclusiva sostituisce ogni atto di assenso di competenza delle amministrazioni o dei
gestori di beni o servizi pubblici; laddove adottata all’unanimità, essa è immediatamente efficace, in caso di
posizioni prevalenti l’efficacia è sospesa per il periodo utile a consentire l’esperimento dei rimedi previsti.
Avverso la determinazione conclusiva è esperibile, entro 10gg dalla comunicazione, opposizione all’autorità
individuata, che ne sospende l’efficacia.
B) GLI ACCORDI fra AA.PP. sono finalizzati a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di
pubblico interesse. Es. “accordi di programma”;
Si distinguono:
- di certificazioni con cui si può sostituire a tutti gli effetti e a titolo definitivo le certificazioni
amministrative relative a fatti, stati e qualità risultanti da registri custodi dalla P.A.
Deve necessariamente essere sottoscritta dall’interessato ma non è richiesta l’autenticazione della firma.
Vengono partecipate a terzi informazioni che corrispondono, totalmente o parzialmente, al contenuto di
altri atti preesistenti, trascritti in pubblici registri;
- di atto di notorietà l’interessato può comprovare tutti quei fatti, stati e qualità personali, di cui ha
diretta conoscenza, che risultano compresi tra quelli per i quali si fa ricordo alla dichiarazione sostitutiva
di certificazione. Vengono partecipate a terzi informazioni concernenti informazioni che si reputano
certe, purché siano a diretta conoscenza del soggetto che dirige e sottoscrive la medesima dichiarazione.
La mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive costituisce violazione dei doveri d’ufficio.
Il comma 2, art. 18. Stabilisce che i documenti attestati atti, fatti, qualità o stati soggettivi, necessari per
l’istruttoria procedimentale, sono acquisiti d’uffici quando sono in possesso dell’amministrazione
procedente. Si tratta dell’istituto dell’accertamento d’ufficio, anch’esso disciplinato dal TU documentazione
amministrativa, DPR 445/200 art.43.
La P.A. procedente può solo richiedere agli interessati gli elementi necessari per la ricerca dei documenti,
spetta al responsabile accertare d’ufficio.
CERTIFICATO documento rilasciato da un P.A. che ha funzione di ricognizione, riproduzione o
partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o
comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche.
È uno strumento di comunicazione grazie al quale è possibile la circolazione, all’interno dell’ordinamento, di
informazioni diverse da tutte le altre in quanto dotate di quella particolare qualità che è la certezza. Ed è
proprio quest’ultima la peculiarità che lo contraddistingue o lo caratterizza rispetto a tutti gli altri
documenti amministrativi.
La SCIA deve essere accompagnata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per
quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali o fatti previsti agli artt. 46-47 DPR 445/2000, nonché dalle
attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia
delle Imprese; corredata degli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza
dell’amministrazione.
L’attività oggetto della SCIA può essere iniziata dalla data della presentazione della stessa
all’amministrazione competente.
Quest’ultima, conserva il potere di agire successivamente; infatti essa, in caso di accertata carenza dei
requisiti e dei presupposti, nel termine di 60gg dal ricevimento della segnalazione, adotta motivati
provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività o di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa.
Qualora si possa conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amm.one
competente invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine
non inferiore a 30gg per l’adozione di queste ultime.
In difetto di adozione delle misure da parte del privato, l’attività si intende vietata, con lo stesso atto
motivato l’amm.one dispone la sospensione dell’attività intrapresa.
GLI ACCORDI
Con l’espressione “attività consensuale” quei moduli convenzionali di esercizio dell’attività amm.va con
i quali la P.A. ricerca il consenso del privato destinatario del provvedimento finale. In essa possono
includersi sia i contratti pubblici, sia gli accordi, che possono essere conclusi sia con un privato che con
altre amministrazioni.
ACCORDI DI PROGRAMMA
L’art.15 L.241/1990 disciplina gli accordi fra PP.AA., stabilendo che possono essere conclusivi “per
disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.
Accordi di programma con essi le PP.AA. concordano le modalità di programmazione ed esecuzione di
interventi pubblici, coordinando le rispettive azioni. Ed essi vi si fa ricordo quando la realizzazione di opere
ed interventi coinvolge più livelli di governo (statale, regionale, provinciale e comunale) tale da rendere
necessaria una sinergia di azioni.
Questi accordi sono disciplinati dall’art.34 Dlgs. 267/2000 che prevede:
- la possibilità di prevedere procedimenti di arbitrato fra le PP.AA. partecipanti, per la composizione di
controversie sorte in sede di esecuzione dello stesso;
- la possibilità di prevedere forme di interventi surrogatori per eventuali inadempienze di alcuni;
- l’obbligo del Presidente della Regione, della Provincia o per il Sindaco procedenti di convocare una
conferenza istruttoria fra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate;
- la forma, gli effetti e le modalità di pubblicazione dell’accordo;
- la possibilità per gli accordi di comportare variazioni degli strumenti urbanistici purché siano ratificate dai
Consigli comunali competenti entro 30gg, pena decadenza;
- l’istituzione di un collegio di vigilanza sull’esecuzione dell’accordo di programma;
- la possibilità di utilizzare l’accordo di programma per l’approvazione di progetti di opere pubbliche e per
quali siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti. In questo caso l’approvazione dell’accordo
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere.
Gli accordo vengono promossi dai Presidenti delle Regioni, delle Province o dai Sindaci che abbiano
competenza primaria sull’opera da eseguire (soggetti necessari) e che hanno il potere di iniziativa e
possono invitare i rappresentanti di alti enti locali ovvero di altre amministrazioni interessate (soggetti
eventuali).
Sono nel caso in cui l’intervento o il programma di intervento da realizzare interessi due o più Regioni
finitime, la conclusione dell’accordo è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
0 apposta la firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata.
TRASPARENZA immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica
l’operato della P.A., onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale. P.A. come “casa di vetro”.
Tra gli strumenti più importanti diritto di accesso agli atti e ai documenti della P.A.
la trasparenza, è un concetto che si è evoluto nel tempo e che oggi è stato elevato a livello essenziale delle
prestazioni.
Il riferimento normativo principale è il Dlgs 33/2013. cd. “TU Trasparenza” che raccoglie gli obblighi di
trasparenza e pubblicità che riguardano l’organizzazione e l’azione della P.A.
Al dovere della P.A. di pubblicazione sui siti, corrisponde, in modo speculare, il diritto di chiunque ad
accedere ai dati e documenti da essa detenuti. Inoltre al Dlgs.33/2013 è riconducibile il nuovo istituto
dell’accesso civico istituto innovativo, correlato all’obbligo per le PP.AA. di pubblicare informazioni,
documenti e dati sui propri siti istituzionali, circa ogni aspetto della propria organizzazione e attività.
Esso da 2 volti, novellati dall’art.5 Dlgs 33/2013, citato dal dlgs 97/2016, di attuazione della RIFORMA
“MADIA” DELLA P.A:
- semplice -> ai sensi del quale l’obbligo di pubblicazione comporta il diritto di chiunque di richiedere i
documenti nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione;
- generalizzato -> chiunque ha diritto ad accedere ai dati e ai documenti ulteriori rispetto a quello oggetto di
pubblicazione. Ed è proprio in relazione a tale fattispecie che si è parlato di Freedom of Information Act
(Foia) che si traduce nella possibilità dei cittadini di accedere agli atti della P.A. anche se non resi pubblici,
senza peraltro doverne dimostrare un interesse diritto.
Entro 30gg le amministrazioni dovranno rilasciare gratuitamente gli atti richiesti.
L’esercizio dell’accesso civico non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva
del richiedente.
L’istanza deve identificare i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiedere motivazione, può
essere trasmessa anche per via telematica e va presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:
- ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
- URP;
- altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” sul sito;
- al responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza.
Contro il rifiuto al rilascio degli atti il cittadino potrà ricorrere al responsabile trasparenza, al difensore
civico e/o al T.A.R.
*Rispetto al diritto di accesso, l’accesso civico non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto solo alla
legittimazione soggettiva del richiedente. Inoltre, il diritto di accesso è riconosciuto ai portatori di un
interesse giuridico diretto, concreto e attuale mentre il diritto civico riconosce a tutti, senza motivazione, il
diritto di accesso civico, in perfetta adesione alla finalità di estendere il potere di controllo dei cittadini
sull’operato della P.A.
IL DIRITTO DI ACCESSO
L’art.22 L.241/1990 diritto di accesso diritto degli interessati a prendere visione e di estrarre copia di
documenti amministrativi ed individua come interessati tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori
di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
Il DPR 184/2006 (regolamento recante disciplina in materia di accesso) precisa che tale diritto è esercitabile
nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività
di pubblico interessa disciplinata dal diritto nazionale o europeo, da chiunque abbia un interesse
corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale si intende
accedere.
Il soggetto che ne fa richiesta deve esplicitare le ragioni.
Il legislatore non fornisce un elenco specifico dei documenti accessibili ma ne ha dato una definizione
generale: è considerato documento amm.vo ogni rappresentazione grafica, fotocinmatrografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie, del contenuto di atti, anche interni, o non relativi ad uno
specifico procedimento, detenuti da una P.A. e concernenti attività di pubblico interesse,
indipendentemente dalla natura pubblicistica o privata della loro disciplina sostanziale. (art.22).
I SOGGETTI PASSIVI sono coloro che sono obbligati a consentire l’esercizio del diritto di accesso e sono:
- le PP.AA.;
- gli enti pubblici -> ricompresi anche gli enti pubblici economici relativamente allo svolgimento dell’attività
di diritto pubblico;
- aziende autonome -> le prime sono organismi atipici, normalmente privi di personalità giuridica ma dotati
di una propria organizzazione amministrativa, incardinati nell’amministrazione statale, adibiti all’esercizio di
attività ed alla gestione di servizi di carattere tecnico-economico
- aziende speciali-> enti di gestione di pubblici servizi locali, dotati di personalità giuridica, di autonomia
imprenditoriale e statuaria;
- gestori di pubblici servizi;
- autorità di garanzia e vigilanza -> rispetto a tali organismi l’art.23 individua i casi nei quali l’accesso è
escluso e agli atti ulteriori che vanno adottati perché il diritto di accesso possa divenire operativo;
- amministrazione dell’UE -> qualsiasi cittadino dell’UE e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o
abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto ad accedere ai documenti delle istituzioni;
- imprese di assicurazione -> ai sensi dell’art.146 Dlgs 209/2005 (codice delle assicurazioni private) -> sono
tenute a consentire l’accesso ai contraenti e ai danneggiati l’accesso agli atti a conclusione dei procedimenti
di valutazione, constatazione e liquidazione dei danni che li riguardano. L’accesso non è consentito quando
abbia ad oggetto atti relativi ad accertamenti che evidenziano indizi o prove di comportamenti fraudolenti
ed è, invece, sospeso in pendenza di controversie giudiziarie tra l’impresa e il richiedente.
2 tipi di accesso:
- accesso informale art. 5 del DPR, qualora non risulti l’esistenza di controinteressati mediante richiesta,
anche verbale, all’ufficio di amm.one competente. In tal caso il richiedente deve indicare gli estremi del
documento oggetto di richiesta, o gli elementi che ne consento l’individuazione; specificare, ove occorra, e
comprovare i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato.
La richiesta è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie, esibizione del
documento, estrazione di copie o altra modalità idonea;
- accesso formale qualora la P.A. cui è indirizzato l’accesso individui soggetti controinteressati, in questo
caso la P.A. invita l’interessato a presentare richiesta formale di accesso ed è tenuta a dare comunicazione
ai controinteressati, invidiando copia mediante raccomandata AR oppure per via telematica.
I soggetti controinteressati sono individuati tenendo conto del contenuto degli atti richiesti.
Entro 10gg dalla ricezione della comunicazione, questi possono presentare motivata opposizione alla
richiesta di accesso. Decorso tale termine la P.A. provvede sulla richiesta, una volta accertata l’avvenuta
ricezione della comunicazione.
Tale iter deve concludersi entro 30gg dalla richiesta, decorsi i quali quest’ultima si intende respinta.
Art. 25 prevede la possibilità di ricorrere, nello stesso termine stabilito per il ricorso giurisdizionale, (in
alternativa al ricordo al T.A.R.), al difensore civico competente per ottenere la riesamina della
determinazione.
Se quest’ultimo ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica all’autorità disponente che dovrà
provvedere nel termine di 30gg dal ricevimento della richiesta. In mancanza l’accesso è consentito.
La competenza di tale figura è ristretta agli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali,
mentre nei confronti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato il ricorso per riesame deve
essere inoltrato alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (art.24 L.241/1990) nonché
presso l’amministrazione resistente.
Tale commissione è istituita presso la Presidenza del consiglio dei ministri, è un organo nominato con
Decreto Presidenziale, ed è adibito:
- alla vigilanza sull’attuazione del principio di piena conoscibilità dell’attività della P.A.;
- alla predisposizione di una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività amm.va;
- all’invio al Governo di proposte in ordine a modifiche di legislative volte ad una più ampia garanzia del
diritto di accesso.
Essa ha inoltre facoltà di:
- esprimere pareri per coordinare l’attività organizzativa delle amministrazioni in materia di accesso e per
garantire l’uniforme applicazione dei principi;
- decidere i ricorsi presentati dinanzi ad essa avverso il diniego espresso o tacito dell’accesso.
Il Governo può acquisire il parere da essa, ai fini dell’emanazione del regolamento di cui all’art.24
L.241/1990, delle sue modifiche e della predisposizione di normative comunque attinenti al diritto di
accesso.
RISERVATEZZA E ACCESSO
Il rapporto tra accesso e riservatezza è molto delicato, poiché si tratta di due importanti diritti aventi il
medesimo ambito di applicazione, pur essendo, al contempo, l’uno limite dell’altro.
Infatti, quando si presenta richiesta di accesso agli atti che investono posizioni di terzi, si pone il problema
di conciliare il diritto di questi ultimi alla riservatezza dei propri dati personale con il diritto di accesso
dell’istante.
Diritto di riservatezza diritto al riserbo di notizie, dati o informazioni la cui diffusione non risponde ad
alcuni interesse pubblico prevalente. È riferibile sia alle persone fisiche sia giuridiche, enti, associazioni, etc.
Il legislatore ha risolto codificando dei “principi-guida” contenuti sia nel Codice sulla Privacy (Dlgs
196/2003) sia nella legge sul procedimento, e che devono essere seguiti per trovare un punto di equilibro
tra i due diritti.
Si tratta di un sistema di bilanciamento degli opposti interessi che può portare ad una graduazione del
diritto di accesso in relazione alla tipologia di dati personali che viene in rilievo.
Tuttavia, nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari l’accesso è consentito nei limiti in cui sia
strettamente indispensabile, mentre in presenza di dati idonei a rivelate lo stato di salute e la vita sessuale
(dati supersensibili o sensibilissimi) l’accesso è consentito in base all’art.60 Dlgs 196/2003, che ne consente
il trattamento se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso sia
di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro
diritto o libertà fondamentale. Anche l’art. 59 del Codice privacy conferma questa impostazione.
La riservatezza può essere ricondotta all’art.2 Cost. ed in particolare ai diritti cd quarta generazione,
partendo dalla considerazione di tale articolo quale fattispecie aperta, cioè capace di dare tutela anche a
nuovi diritti nel corso dei mutamenti della società.
Basti pensare che ai nostri tempi la riservatezza è sempre più compromessa dell’uso delle nuove
tecnologie; ed è proprio l’evoluzione tecnologica che ha portato legislatura europeo ad innovare la
normativa in tema di protezione dei dati personali, rivedendo il concetto di sfera privata.
La riservatezza, pertanto, indica la soglia a partire dalla quale la vita di ogni persona è libera da l’ingerenza
altrui. Tale diritto è riconosciuto dalla carta dei diritti fondamentali dell’UE secondo cui “ogni individuo ha
diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni e
ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano”.
Ecco perché il termine riservatezza, nell’ odierna era digitale, non può essere inteso solo come la più
comune e semplice traduzione dall’ inglese del concetto di privacy; Basti sottolineare che tra le 2 nozioni
sussiste una differenza ben precisa:
- riservatezza è il diritto all'intimità della propria sfera privata e dei propri dati personali che devono
essere salvaguardati dalla curiosità altrui e quindi ha un’accezione prevalentemente negativa, ossia il diritto
di escludere gli altri della propria vita;
- privacy si diventa una estensione di tale diritto, suscettibile di individuare tutti gli elementi che
definiscono l’identità dell’individuo.
Anche il diritto alla privacy può essere considerato un diritto fondamentale della persona, meritevole di
particolare tutela, tanto che una violazione dei dati personali può provocare letteralmente danni fisici,
materiali o immateriali.
Il nostro codice civile, articolo 2050, comprende tra le attività pericolose anche il trattamento dei dati
personali; la privacy, in tale ottica, è sì un diritto fondamentale ma ad adesso corrisponde, in maniera
speculare, l’obbligo a carico di chi tratta i dati stessi di tutelare e salvaguardare l’inviolabilità di tutti quei
dati che compongono l’identità dell’individuo, impedendone un uso illecito.
Il diritto alla privacy, dunque, estende la tutela dell’individuo aldilà della sfera della vita privata e la
trasferisce alla dimensione sociale attribuendo al soggetto che ne è titolare anche il diritto di impedire che
vengano divulgate informazioni sulla sua persona, nonché di controllare la raccolta e il trattamento delle
informazioni stesse, fornendogli allo stesso tempo gli strumenti per la tutela di tali informazioni.
La privacy, quindi, rappresenta una sorta di versione dinamica della riservatezza, o meglio, uno strumento a
disposizione del singolo per controllare la raccolta, la classificazione e l’uso di quelle informazioni da parte
di chi gestisce le banche dati, nelle quali questi ultimi sono inseriti e conservati.
Tale distinzione è fondamentale per comprendere l’evoluzione normativa in materia, culminata nel GDPR (
General Data Protection Regulation), ossia il Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali,
operativo in tutta l’unione europea del 25 maggio 2018.
La nuova disciplina europea, quindi, si bassa sul binomio responsabilizzazione- consapevolezza:
- Responsabilizzazione (accountability) a carico di chi gestisce dati personali e li tratta;
- consapevolezza da parte dei possessori dei dati medesimi, ossia i cittadini, che vengono messi al centro
della nuova cultura digitale.
Il regolamento pertanto a adeguato la disciplina sul trattamento alle moderne tecnologie che, sono
divenute ormai strumenti di controllo della vita di ciascuno.
ll trattamento deve garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante
misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla
distruzione o dal danno accidentale (integrità e riservatezza).
A tal fine il regolamento stabilisce le condizioni di liceità e dispone che un trattamento è lecito solo se e
nella misura in cui ricorra almeno una delle condizioni indicate:
- l’interessato abbia espresso il consenso al trattamento;
- che il trattamento sia necessario all’esecuzione di un contratto in cui l’interessato è parte;
- che il trattamento sia necessario per salvaguardare gli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona
fisica;
- che il trattamento sia necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso
all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare;
- che il trattamento sia necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o
di terzi a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato.
Corrispondentemente a tale previsione, il nostro codice della privacy all’art.2ter, individua unicamente in
una norma di legge o, nei casi previsti alla legge, di regolamento la base giuridica per il trattamento di Per il
trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso
all’esercizio di pubblici poteri.
I dati personali trattati in violazione della disciplina non possono essere utilizzati.
L’art. 9 del GDPR stabilisce il divieto di trattare le categorie particolari di dati personali, mentre il
successivo comma 2, prevede delle eccezioni stabilendo che il trattamento di tali categorie di dati sia
consentito qualora l’interessato abbia prestato il proprio consenso esplicito per una o più finalità
specifiche; il trattamento sia necessario per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare
del trattamento o dell’interessato in materia di diritto del lavoro della sicurezza sociale e protezione
sociale; il trattamento sia necessario per tutelare un interesse vitale dell’interessato o di un’altra persona
fisica qualora l’interessato si trovi nell’incapacità fisica o giuridica di prestare il proprio consenso.
L’art.2sexies del Codice della privacy, stabilisce che i trattamenti delle categorie particolari di dati personali
necessari per motivi di interesse pubblico rilevante sono ammessi qualora siano previsti dal diritto
dell’Unione Europea, ovvero nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o di regolamento che
specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico
rilevante.
Il legislatore individua poi le ipotesi in cui ex lege è considerato rilevante l’interesse pubblico, tra queste
ipotesi si ricorda: il riferimento ai trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse
pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: accesso ai documenti
amministrativi, accesso civico, tenuta degli atti e dei registri allo stato civile, rilascio di documenti di
riconoscimento, di viaggio o cambiamento delle generalità, cittadinanza, immigrazione, asilo, condizione
dello straniero e del profugo, stato di rifugiato, etc.
Con riferimento ai dati genetici, biometrici e relativi alla salute l’art.9 del Regolamento UE rimette agli Stati
membri la possibilità di mantenere o introdurre ulteriori condizioni, comprese limitazioni, rispetto a quella
genericamente individuate dalla norma stessa.
Nel nostro ordinamento il Dlgs 101/2018 ha inserito nel Codice della privacy un nuovo articolo, 2septies,
dedicato alla previsione di misure di garanzia per il trattamento di questi dati, secondo cui possono essere
trattati in presenza di una delle condizioni previste dall’art.9 comma 2.
Il trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e reati, secondo il legislatore europeo, per
essere lecito deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è
autorizzato dal diritto dell’unione europea o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i
diritti e le libertà degli interessati.
Di rimando, il nuovo art.2octies del codice della privacy, prevede che il trattamento di questi dati che non
avviene sotto il controllo dell’autorità pubblica è consentito solo se autorizzato da una norma di legge o
di regolamento, che prevedono garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati.
Titolare del trattamento colui che determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali. Può
trattarsi di una persona fisica, di una persona giuridica, di un’autorità pubblica, di un servizio o altro
organismo che operano singolarmente o insieme ad altri soggetti. Questa figura corrisponde al soggetto che
ha la piena responsabilità di controllare che i dati vengono trattati in modo appropriato e sicuro nel
rispetto della legge. Il titolare deve essere in grado di dimostrare sempre di aver fatto tutto quanto sia
possibile per realizzare un sistema di privacy sicuro a tutela dell’interessato. Al titolare spetta, inoltre, la cd.
informativa all’interessato. Tale ruolo viene affidato in base alla posizione che il soggetto occupa nell’ente
in cui lavora, può trattarsi del datore di lavoro oppure può occupare una posizione apicale.
Responsabile del trattamento una figura che affianca il titolare e che egli stesso nomina. Deve detenere
una competenza specialistica, una solida professionalità e delle capacità operative nella materia del
trattamento dei dati personali. Egli svolge una funzione, appunto, di supporto al titolare del trattamento dei
dati, difatti, il titolare può chiedergli di eseguire specifici compiti di gestione e controllo nel trattamento. Se
poi le esigenze lo richiedono il titolare può designare più di un responsabile da individuare per iscritto.
gli incaricati del trattamento ossia soggetti tenuti ad operare sotto la diretta autorità del responsabile e
ad elaborare dati personali ai quali hanno accesso attenendosi alle istruzioni impartite. La designazione va
sempre fatta per iscritto e sono figure non obbligatorie ma eventuali.
Il regolamento europeo analizza due aspetti essenziali proprio della figura del titolare e delle sue
competenze:
- accountability o responsabilizzazione -> all’obbligo del titolare di mettere in atto misure tecniche
organizzative adeguate a garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento sia effettuato
conformemente alla norma europea. Presupposto fondamentale è un’autovalutazione che il titolare deve
compiere sulla validità del proprio sistema;
- risk based approach to data privacy o valutazione del rischio -> che diviene la misura della responsabilità
del titolare. Il rischio consiste nell’impatto negativo che il trattamento potrebbe avere sulla libertà e i diritti
degli interessati, tali rischi possono derivare da trattamenti di dati personali suscettibili di cagionare un
danno fisico, materiale o immateriale.
La valutazione di impatto del trattamento D.P.I.A (Data Protection Impact Assessment) è un onere
posto direttamente a carico del titolare del trattamento, tenuto ad effettuare una valutazione preventiva
delle conseguenze derivanti ddl trattamento dei dati sulle libertà e i diritti degli interessati. Deve essere
fatta per ogni singolo trattamento è in presenza di eventuali rischi elevati il titolare dovrà individuare le
misure specifiche richieste per attenuare o limitare il rischio.
Il principio di privacy by design e privacy by default impongono ai titolari del trattamento l’obbligo di
prevedere, fin da subito, i rischi che si possono incontrare per la tutela dei dati personali, così da regolarsi
di conseguenza per decidere di quali strumenti di sicurezza dotarsi.
In pratica, sia il momento di determinare i mezzi del trattamento sia all’atto del trattamento stesso, la
nozione di privacy by default evidenzia la necessità della tutela della vita privata dei cittadini di default cioè
come impostazione predefinita.
A tale scopo l’art.25 del Regolamento UE impone al titolare del trattamento di mettere in atto misure
tecniche ed organizzative adeguate quali: la pseudonimizzazione volta ad attuare in modo efficace i
principi di protezione dei dati, e la minimizzazione nonché a integrare nel trattamento le necessarie
garanzie al fine di soddisfare i requisiti del regolamento e tutelare i diritti degli interessati.
Il titolare del trattamento, inoltre, deve mettere in atto misure tecniche organizzative adeguate a garantire
che siano trattati, per impostazione predefinita, solo i dati personali necessari per ogni specifica finalità
del trattamento.
- data breach sono i casi di violazione dei dati personali. Si sostanziano in violazioni di sicurezza che
comportano la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati
personali trasmessi, conservati o comunque trattati. Esse sono quindi capaci di pregiudicare la riservatezza
e l’integrità o la disponibilità dei dati personali.
In pratica, ogni volta che è un trattamento presenti dei rischi elevati per i diritti di libertà delle persone
fisiche, il titolare del trattamento è tenuto ad effettuare una preventiva valutazione dell’eventuale impatto
negativo del trattamento. Qualora, poi, il trattamento comporti la violazione dei dati personali il titolare
deve darne celere informazione all’autorità di controllo, ossia il Garante, senza ingiustificato ritardo entro
72 ore dal momento in cui ne venuto a conoscenza.
Dlgs 286/1999
La disciplina dei controlli interni è contenuta in tale decreto legislativo, che ne individua 4 diversi tipi:
- controllo di regolarità amministrativa e contabile finalizzato a garantire la legittimità regolarità e
correttezza dell’azione amministrativa. Esso è svolto dagli organi di revisione, ovvero dagli uffici di
ragioneria e dei servizi ispettivi, ivi compresi i servizi ispettivi di finanza della Ragioneria generale dello Stato
e quelli con competenze di carattere generale;
- controllo di gestione volto a verificare l’efficacia e l’efficienza e l’economicità dell’azione
amministrativa al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati;
- valutazione dei dirigenti diretta a valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
- controllo strategico avente il fine di a valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di
attuazione dei piani programmi e altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di
congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti. È teso a supportare l’attività di programmazione
strategica e di indirizzo politico ed è svolto da strutture che corrispondono direttamente agli organi di
indirizzo politico-amministrativo.
La funzione di controllo della Corte dei Conti si esplica attraverso le seguenti tipologie di controlli:
a) controllo preventivo di legittimità e gli atti assoggettabili la CC verifica che gli atti sottoposti al suo
controllo rispettino le norme del diritto oggettivo e siano esenti da vizi di legittimità. Si tratta di un controllo
che incide sull’efficacia degli atti paralizzandoli qualora la corte dei conti ricusi il visto (controllo preventivo
di legittimità).
La L.20/1994 art.3 prevede che gli atti assoggettabili a tele tipo di controllo siano:
- provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri;
- atti del presidente del Consiglio dei Ministri e atti dei ministri aventi ad oggetto la definizione delle piante
organiche il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali e le direttive generali per l’indirizzo lo
svolgimento dell’azione amministrativa;
- atti normativi a rilevanza esterna atti di programmazione comportanti spese ed atti generali attuativi di
norme comunitarie;
- provvedimenti dei comitati interministeriali di riparto o assegnazione dei fondi, di disposizione del
demanio e del patrimonio immobiliare;
- atti e contratti per le collaborazioni esterne con la p.a., concernenti studi e consulenze;
- decreti che approvano contratti dell’amministrazione dello Stato escluse le aziende autonomi e decreti di
variazione del bilancio dello Stato di accertamento dei residui e di assenso preventivo del ministero del
tesoro all’impegno di spese correnti a carico di esercizi successivi;
- atti per il cui corso sia stato impartito l’ordine scritto del ministro;
- atti che il presidente del consiglio dei ministri richiedo di sottoporre temporaneamente a controllo
preventivo o che la corte dei conti deliberi di assoggettare per un periodo determinato a controllo
preventivo.
b) controllo successivo di legittimità sui singoli atti tale tipo di controllo è analogo al controllo
preventivo e si conclude con l’apposizione del visto o con la ricusazione. In tale ultimo caso, essendosi gli
effetti dell’atto già prodottisi e non potendo più gli stessi essere paralizzati, sorge l’obbligo per
l’amministrazione di ripristinare la situazione giuridica e finanziaria precedente ove possibile.
c) il controllo sul bilancio dello Stato. Il giudizio di parificazione L’art.100 Cost. prevede che la CC
eserciti il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato.
A tal fine, entro il 31 maggio di ogni anno, il ministro dell’economia delle finanze trasmette alla CC il
rendiconto generale dello Stato, nel quale sono riassunti i risultati delle operazioni compiute nel corso
dell’esercizio finanziario. Sulla regolarità la CC delibera a sezioni riunite, con le formalità della giurisdizione
contenziosa (giudizio di parificazione), confrontando il rendiconto con le proprie scritture e con le leggi di
bilancio ed allegando la relazione tecnica. Il rendiconto e i relativi allegati vengono poi trasmessi dalla CC al
ministro dell’economia che ne cura la presentazione in Parlamento;
d) controllo sugli enti sovvenzionati Corte dei conti svolge il controllo successivo sulla gestione del
bilancio e del patrimonio dell’amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi
provenienti dall’Unione Europea, verificandone la legittimità e la regolarità delle gestioni. La Corte accerta
anche la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando
comparativamente costi modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa;
e) il controllo sulle gestioni statali pubbliche in corso di svolgimento se la corte dei conti accerta gravi
irregolarità gestionali, ovvero gravi deviazioni da obiettivi procedure o tempi di attuazione stabiliti da
norme e da direttive del governo, ne individua, in contradditorio con la P.A., le cause e ne dà
comunicazione con decreto motivato al Presidente, al Ministro competente.
f) controllo sugli equilibri di bilancio la corte verifica il rispetto degli equilibri di bilancio di Comuni,
Province, Città Metropolitane e Regioni, con riferimento al patto di stabilità interno e ai vincoli derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’UE.
CAPITOLO 11 – I CONTRATTI PUBBLICI
Inoltre quando si parla di attività contrattuale della P.A.,un’altra distinzione è quella basata sulla dicotomia
tra:
- contratti passivi -> sono quei contratti con i quali la P.A. si procura beni e servizi necessari al proprio
funzionamento dietro erogazione di somme di denaro (es. gli appalti la compravendita la locazione il
contratto d’opera etc.);
- contratti attivi -> sono quei contratti medianti quali l’amministrazione si procura delle entrate finanziarie
(es. La compravendita, nel caso in cui la p.a. rivesta il ruolo di venditore, la locazione quando il soggetto
pubblico è il locatore).
Dopo l’entrata in vigore del codice, un nuovo e più complesso momento di transizione sta investendo la
materia dei contratti pubblici, generato dall’avvio da parte la Commissione Europea di una procedura di
infrazione contro l’Italia per la “mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in
materia di contratti pubblici”.
Tale atto originato da un generale ripensamento del Codice, sfociata in decisioni direttive prima approvate
e poi ripensate, in attesa del futuro restyling della materia, messa in preventivo del nostro Governo.
Il Dlgs 50/2016 è stato oggetto di un primo consistente rimaneggiamento adopera del Dlgs 56/2017 cd.
“decreto correttivo del codice”, con cui sono state apportate modifiche mirate a perfezionare l’impianto
normativo senza stravolgerlo e al fine di migliorarne l’omogeneità, la chiarezza e l’adeguatezza.
Successivamente con il D.L. 32/2019 cd “sblocca cantieri”, conv. in L.55/2019, alcuni dei capisaldi del
codice vengono praticamente azzerati.
Infinte, con il D.L. 76/2020 cd. “Decreto Semplificazioni 2020” il panorama dei contratti pubblici è stato
sottoposto a ulteriori mutamenti.
Le novità introdotte dal Dlgs 50/2016 sono numerose ma il testo normativo, sicuramente, si pone
l’obiettivo di soddisfare esigenze di semplificazione, snellimento e riduzione delle norme e di fornire una
risposta concreta alle sempre più pressanti necessità di dematerializzazione, trasparenza e lotta alla
corruzione.
La novità più evidente è quella di aver optato per un sistema flessibile di regolazione della materia (cd. soft
regulation), rispetto al passato, infatti, il nuovo sistema normativo nella fase attuativa non disciplina più
attraverso norme predeterminate a priori e raccolte e cristallizzate in un unico testo.
Difatti la configurazione attuale prevede il Codice dei contratti pubblici e gli atti esecutivi, ovvero gli atti
attuativi di indirizzo e le linee guida del’ A.N.AC., Che hanno la finalità di offrire indicazioni interpretative ed
esecutive gli operatori in settore.
Altro profilo innovativo è rappresentato dalla previsione di una disciplina organica della concessione di
lavori, servizi e forniture, ponendo l’accento sul rischio operativo gravante sul concessionario in caso di
mancato ritorno economico dell’investimento effettuato.
Il D.L. 32/2019 ha capovolto questa disposizione, stabilendo l’emanazione di un nuovo Regolamento unico
e prevedendo l’abrogazione di numerosi decreti attuativi nel frattempo emanati.
In particolare, l’art.217 del Codice, stabilisce l’abrogazione del D.P.R. 207/2010 con effetto:
- dalla data di entrata in vigore degli atti attuativi del codice, i quali operano la ricognizione delle
disposizioni del regolamento adesso sostituite;
- dalla data in vigore del Codice di numerose sue parti, ad esclusione dell’art 251,254,255 e 256.
Le disposizioni del D.P.R. 207/2010, ancora in vigore, sono individuate nell’art. 216 del Dlgs 50/2016.
- Il Ministero delle infrastrutture dei trasporti (MIT) Alla finalità di promuovere le attività tecniche
amministrative occorrenti ai fini dell’adeguata e sollecita progettazione e approvazione delle infrastrutture
e degli altri interventi, e effettuare in collaborazione con le regioni e le province autonomi interessate le
attività di supporto necessaria per la vigilanza sulla realizzazione delle stesse.
- il Consiglio superiore dei lavori, quale massimo organo tecnico consultivo dello Stato, esercita
obbligatoriamente il proprio potere consultivo sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza
statale, o comunque finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo superiore ai 50 milioni €, prima
dell’avvio delle procedure di valutazione ambientale strategica (VAS), delle procedure di localizzazione delle
opere di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici e mancato perfezionamento dell’intesa e, se
prevista, prima della comunicazione del procedimento di esproprio, nonché, infine, sui progetti di altre
stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, se esse lo richiedono.
Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro invece le competenze del consiglio sono
esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche.
Il D.L. 32/2019, conv. In L.55/2019, ha modificato fino al 31 dicembre 2020 la disciplina del rilascio dei
pareri obbligatori del CSLP.
Per il rilascio dei pareri obbligatori l’attuale limite di importo di 50 milioni € elevato 75 milioni ed è stabilito
che per lavori di importo inferiore a 75 milioni il parere sia espresso dai comitati tecnici amministrativi
presso i provveditorati interregionali per le opere pubbliche.
Quanto alla tempistica, il parere del CSLP Deve essere reso entro 45 giorni (A fronte degli attuali 90) della
trasmissione del progetto. Rimane fermo che decorso tale termine, il parere si intende reso in senso
favorevole.
Una rilevante particolarità consiste nella sospensione dell’applicazione di alcune norme del Codice. Per
alcune disposizioni prevista una sospensione in via sperimentale dell’efficacia fino al
31/12/2020,prorogata con D.L. 76/2020 fino al 31/12/2021, rimettendo poi, in tale data, al Parlamento la
valutazione dell’opportunità del mantenimento o meno della sospensione stessa; per altre norme, invece,
è stabilita la sospensione temporanea dell’efficacia fino alla data prestabilita senza formale opzione di
rinnovo della stessa.
Le norme in oggetto sono tre:
- art.37,comma 4, che disciplina le modalità con cui i comuni non capoluogo di provincia devono
provvedere agli acquisti di lavori, servizi e forniture;
- art.59 comma 1, periodo quarto, ove viene stabilito il divieto di appalto integrato per cui fino alla data
stabilita è ammesso l’affidamento congiunto della progettazione dell’esecuzione dei lavori;
- art. 77, comma 3, quarto periodo, relativo all’obbligo di scegliere i commissari tra gli aspetti iscritti all’albo
istituito presso l’A.N.AC. Pertanto, i commissari di gara saranno scelti dalle stazioni appaltanti fermo
restando l’obbligo di individuarli secondo le regole di competenza e trasparenza preventivamente
individuate da ciascuna stazione appaltante.
Il DL 32/2019 Apporta modifiche a singole disposizioni del Codice, che trovano applicazione con
riferimento alle gare da avviare ossia considerando la data di entrata in vigore della legge di conversione
18/6/2019:
- alla procedura e quei bandi o avvisi con i quali significa dare sono pubblicati successivamente a tale data;
- in caso di contratti senza pubblicazione di bando avvisi alle procedure in cui sempre detto data non sono
ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.
a) AMBITO SOGGETTIVO
Soggetti tenuti all’applicazione la disciplina codicistica sono:
- le amministrazioni aggiudicatrici -> le amministrazioni dello Stato gli enti pubblici territoriali di altri enti
pubblici non economici gli organismi di diritto pubblico le associazioni unioni consorzi comunque
denominati costituiti da detti soggetti;
-in relazione ai contratti di appalto per lavori servizi e forniture (Parte II): le amministrazioni
aggiudicatrici o le imprese pubbliche che svolgono delle attività dei settori speciali ni cui alle materie dei
settori speciali, nonché quegli enti che esercitano una o più delle citate attività e operano in virtù di
diritti speciali esclusivi concessi loro dall’autorità competente;
- in relazione ai contratti di concessione (Parte III): gli enti che svolgono una delle attività attinenti alle
materie dei settori speciali ed aggiudicano una concessione per lo svolgimento di una di tali attività.
- soggetti aggiudicatori -> si intendono le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori nonché i
diversi soggetti pubblici e privati assegnatari dei fondi;
- altri soggetti aggiudicatori -> sono individuati in tutti i soggetti privati tenuti all’osservanza delle
disposizioni codicistiche;
- stazione appaltante -> è, a chiusura del sistema, quella che include tutti i soggetti già individuati in
precedenza, ovvero, amministrazione aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e gli altri
soggetti aggiudicatori.
I soggetti aggiudicatari -> tutti quei soggetti che possono partecipare ad una gara e a seguito
dell’aggiudicazione stipulare il contratto con l’amministrazione;
- operatore economico -> una persona fisica o giuridica, ente pubblico, un raggruppamento di tali persone
o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi
compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE), costituito ai sensi del decreto legislativo
240/1991, che offre sul mercato la realizzazione di lavori opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di
servizi;
- concessionario -> l’operatore economico questo è affidata aggiudicato una concessione;
- promotore -> l’operatore economico che partecipa ad un partenariato pubblico privato;
- offerente -> l’operatore che ha presentato un’offerta;
- candidato -> colui che ha sollecitato un invito o è stato invitato ad una procedura ristretta, a una
procedura competitiva con negoziazione, una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando
di gara, a un dialogo competitivo o ad un partenariato per l’innovazione ad una procedura per
l’aggiudicazione di una concessione.
AMBITO OGGETTIVO
Le norme del codice dei contratti si applicano ai contratti pubblici, ovvero i contratti di appalto o di
concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori,
Posti in essere dalle stazioni appaltanti.
Appalto -> un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più
operatori economici, avente per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di
servizi.
Il contratto di appalto può avere ad oggetto:
a) lavori, quando l’appalto riguardi:
- esecuzione di lavori relativi a costruzione demolizione trivellazioni perforazioni e saraceni impianti
intonacatura, etc.;
- esecuzione oppure progettazione esecutiva e l’esecuzione di un’opera;
- la realizzazione con qualsiasi mezzo di un’opera corrispondente alle esigenze specificate
dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita un’influenza determinante sul
tipo o sulla progettazione dell’opera;
b) servizi -> quando l’oggetto dell’appalto consiste nella prestazione di servizi diversi da quelli di cui alla
precedente lettera;
c) forniture -> quando il contratto consiste nell’acquisto, nella locazione finanziaria, nella locazione
dell’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti.
Un appalto, infine, può includere lavori di posa in opera di installazione.
La durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando di gara in funzione dei lavori e servizi
richiesti al concessionario ed è commisurata al valore della concessione alla complessità organizzativa
dell’oggetto è la stessa.
Per le concessioni e ultraquinquennali, la durata massima non può essere superiore al periodo di tempo
necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario: tale periodo è individuato sulla base
di criteri di ragionevolezza, insieme a una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli
investimenti necessari.
I concorsi di progettazione -> quelle procedure intese a fornire alle stazioni appaltanti un piano o un
progetto selezionato da una commissione giudicatrice in base a una gara, con o senza assegnazione di
premi.
Il Codice alla Parte IV individua la disciplina applicabile al:
- partenariato pubblico privato -> è il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale uno o più
stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo terminato un complesso di
attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione di un’opera in cambio
della sua disponibilità, del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo
dell’opera stessa, con l’assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte
dell’operatore;
- di affidamento a contraente generale -> quel contratto con il quale il soggetto aggiudicatore affida ad un
soggetto dotato di adeguate capacità la realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera, nel rispetto delle
esigenze specificate nel progetto definitivo, redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, a
fronte di un corrispettivo pagato in tutto in parte dopo l’ultimazione dei lavori.
Le disposizioni del Codice si applicano sia ai contratti rientranti nei cosiddetti “settori speciali” (gas, energia
termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica) sia agli appalti e alle
concessioni di lavori, servizi e forniture nei “settori ordinari”, vale a dire tutti tranne quelli speciali.
La normativa del Codice disciplina anche i contratti, nei settori ordinari settori speciali, o le concessioni
caratterizzati dalla contemporanea commissione di lavori o servizi e o fornitore (cd. contratti misti) art. 28
del Codice.
La disposizione fissa poi la regola di principio per cui si deve favorire l’accesso alle gare d’appalto e per
l’affidamento delle concessioni alle microimprese e alle piccole e medie imprese, stabilendo che i criteri di
partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere tali soggetti dalle procedure concorsuali.
È presente poi il principio di unicità dell’invio, per cui ciascun dato è fornito una sola volta a un solo sistema
informativo, non può essere richiesto da altri sistemi o banche dati, ma è reso disponibile dal sistema
informativo ricevente.
Per quanto non espressamente previsto nel Codice e nei provvedimenti attuativi, si applicano le
disposizioni della L.241/1990, perciò che attiene le procedure di affidamento e le altre attività
amministrativa in tema di contratti pubblici; i principi fissati nel codice civile si applicano relativamente alla
stipula del contratto alla fase di esecuzione dello stesso.
Strettamente connesso al principio di trasparenza è quello della traccia abilità dei flussi finanziari pertanto
la legge 136/2010, al fine di prevenire le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e di contrastare le
imprese che, per la loro continuità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare e
anticoncorrenziale, impone degli obblighi di tracciabilità si articolano in 3 adempimenti:
- utilizzo di conti correnti bancari o postali dedicati alle commesse pubbliche
- effettuazione dei movimenti finanziari esclusivamente con lo strumento del bonifico bancario o postale,
o con altri strumenti idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni (cd. Ri.Ba. – Ricevute Bancarie
Elettroniche);
- indicazione, negli strumenti di pagamento relativi ad ogni transazione, del codice identificativo di gara
(CIG) e, se obbligatorio, del codice unico di progetto (CUP).
Si segnala anche la fattura elettronica, quale mezzo di effettivo pagamento della commessa, che deve
riportare sia il CIG che il CUP.
Il RUP può svolgere anche le funzioni di progettista, di direttore lavori, di direttore dell’esecuzione (se ha il
titolo di studio, la formazione e l’esperienza necessari). Il RUP NON può coincidere con il progettista o con
il direttore dei lavori nel caso di:
- lavori complessi sotto il profilo architettonico, ambientale, storico, tecnologico, e nel caso di interventi di
importo superiore a 1.500.000 euro.
- prestazioni di importo superiore a 500.000 euro, di interventi complessi sotto il profilo tecnologico Il RUP
svolge tutti i compiti relativi alle procedure che non siano specificatamente attribuiti ad altri soggetti.
Il RUP può effettuare anche verifiche a sorpresa sul luogo dell’esecuzione.
Il nominativo del RUP deve essere indicato nel bando o nell’avviso con cui la stazione appaltante indice
una gara.
Il legislatore ha previsto delle protesi in cui il RUP possa essere coadiuvato nell’esercizio della sua attività,
ovvero in caso di:
- appalti di particolare complessità in relazione all’opera da realizzare ovvero alla specificità della
fornitura del servizio, che richiedono necessariamente valutazioni competenze altamente specialistiche.
Il RUP in presenza di tali presupposti propone alla stazione appaltante di conferire appositi incarichi a
supporto dell’intera procedura o di parte di essa, da individuare sin dai primi atti di gara;
- sussiste la possibilità riconosciuta alla stazione appaltante, allo scopo di migliorare la qualità della
progettazione della programmazione complessiva, di istituire una struttura stabile a supporto dei RUP,
anche alle dirette dipendenze del vertice della P.A. di riferimento.
LA FASE PROPEDEUTICA ALLA GARE: PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE E PROIGETTAZIONE.
b) Il programma triennale dei lavori pubblici, (aggiornato annualmente) ovvero il documento che le
amministrazioni adottano al fine di individuare i lavori da avviare nel triennio, in cui vanno inseriti:
- i lavori il cui importo stimato è pari o superiore a 100.000 euro;
- i lavori da avviare nell’annualità, previa attribuzione del CUP;
- le opere pubbliche incompiute, per un loro completamento o per adottare soluzioni diverse;
- i lavori complessi e gli interventi che possono essere realizzati con contratti di concessione o partenariato
pubblico privato.
La progettazione deve assicurare, tra l’altro, il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità
architettonica, la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e paesaggistiche, il rispetto delle norme in
materia di salute e di sicurezza, il limitato consumo del suolo, la compatibilità geologica.
È il RUP a stabilire criteri, contenuti e momenti di verifica tecnica dei vari livelli di progettazione, tenendo
conto della caratteristiche e all’importanza dell’opere.
Per quanto riguarda la progettazione di servizi e forniture, essa è articolata, di regola, in un unico livello
ed è predisposta dalle amministrazioni aggiudicatrici mediante propri dipendenti in servizio.
In caso di concorso di progettazione, la stazione appaltante può prevedere che la progettazione sia
suddivisa in uno o più livelli di approfondimento di cui la stessa stazione appaltante individua i requisiti e
caratteristiche.
Gli oneri inerenti alla progettazione, sono imputati alle disponibilità finanziarie della stazione appaltante. Il
costo del lavoro per i contratti pubblici è determinato annualmente, tenendo conto dei prezzari regionali,
che hanno validità fino al 31 dicembre.
Quanto al soggetto che svolge la progettazione definitiva ed esecutiva, il codice esprime una preferenza
affinché esso sia il medesimo, per assicurare coerenza al procedimento; se non fosse possibile, il nuovo
progettista dovrà accettare l’attività progettuale svolta in precedenza.
Per quanto riguarda i progettisti, le stazioni appaltanti possono utilizzare professionalità interne, se in
possesso di competenza, oppure esterne tramite concorso di progettazione o concorso di idee.
Nei contratti relativi ai lavori, la stazione appaltante deve verificare, prima dell’inizio delle procedure di
affidamento, che gli elaborati siano rispondenti ai documenti della progettazione nonché la loro conformità
alla normativa vigente.
I contratti di lavori di manutenzione ordinaria (per eliminare il degrado dei manufatti e conservare lo stato
e la fruibilità dei componenti) possono essere affidati sulla base del progetto definitivo, costituito almeno
da una relazione generale. Il decreto sblocca cantieri ha stabilito per gli anni 2019-2020 che le suddette
disposizioni si applicano anche ai contratti di lavoro di manutenzione straordinaria (per rinnovare e
sostituire parti anche strutturali dei manufatti, per adeguarne le componenti, per rimediare al rilevante
degrado), ad esclusione di interventi che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali.
Tra gli obiettivi legati alla progettazione vi è anche quello di favorire il progressivo utilizzo di strumenti
elettronici, nel cui ambito rientra il building information modeling (BIM), che contiene le informazioni
riguardanti l’edificio, la geometria, le proprietà dei materiali, le fasi di realizzazioni e le opere di
manutenzione.
Il numero complessivo di soggetti aggregatori sul territorio nazionale non può essere superiore a 35.
Inoltre, tutte le amministrazioni pubbliche (e quindi gli enti locali) devono approvvigionarsi:
- Di beni e servizi informatici e di connettività esclusivamente tramite gli strumenti di acquisto e di
negoziazione di Consip o dei soggetti aggregatori
- Attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip e dalle centrali di
committenza regionali delle seguenti categorie di merci: energia elettrica, gas, carburanti etc.
- art.44 -> riguarda la digitalizzazione delle procedure. Tuttavia non risulta ancora adottato il decreto
ministeriale di attuazione.
Per poter stipulare un contratto, è necessario che la pubblica amministrazione segua una procedura, che deve
garantire che l’affidamento del contratto avvenga in favore dell’offerta più meritevole all’esito di un
confronto concorrenziale tra tutte quelle presentate, e che renda evidenti le ragioni che inducono a stipulare
con un determinato soggetto: la cosiddetta evidenza pubblica.
La procedura di gara (art. 32 del codice) si snoda attraverso queste fasi:
1. La deliberazione a contrarre;
2. La scelta del contraente, che termina con l’aggiudicazione del contratto;
3. La conclusione del contratto;
4. L’approvazione del contratto.
1. LA DELIBERAZIONE (O DETERMINAZIONE) A CONTRARRE
Si tratta di un atto preparatorio. Sulla base degli atti di programmazione e prima dell’avvio della procedura,
le stazioni appaltanti adottano un atto amministrativo (deliberazione a contrarre) che costituisce il presupposto del
futuro negozio.
Per gli appalti sotto soglia, la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina
a contrarre, redatto in modo semplificato e che contenga l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore,
ragioni di scelta del fornitore, possesso dei requisiti di questo.
L’art.83 del Codice contiene il principio di tassatività delle cause di esclusione, secondo cui i bandi e le
lettere di invito non possono contenere prescrizioni a pena di esclusione, che siano ulteriori rispetto a quelle
previste dal Codice stesso e da altre disposizioni di legge vigenti.
Laddove inserite, sono comunque nulle.
La selezioni dei partecipanti e delle offerte avviene mediante uno dei sistemi e secondo i criteri individuati
dal Codice.
- Procedura ristretta qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare in risposta a un avviso
di indizione di gara e in cui possono presentare un’offerta solo gli operatori invitati dalle stazioni appaltanti.
Nella procedura ristretta, a differenza di quella aperta, tutti gli operatori economici interessati possono
presentare una domanda di partecipazione, ma l’offerta può essere presentata solo dagli operatori invitati
dalle amministrazioni aggiudicatrici. In pratica, l’accertamento dei requisiti previsti nell’atto di indizione
della gara è effettuato al momento della preselezione, con la valutazione delle domande di partecipazione,
cui segue l’invito a presentare l’offerta;
- Procedura competitiva con negoziazione qualsiasi operatore economico può fare una domanda di
partecipazione in risposta a un avviso di indizione di gara, ma solo gli operatori invitati possono presentare
un’offerta iniziale, che costituisce la base per la successiva negoziazione;
- Procedura negoziata senza la previa pubblicazione di un bando di gara le stazioni appaltanti
individuano gli operatori da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di
qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato e selezionano almeno
5 operatori. L’amministrazione sceglie l’operatore che ha offerto le condizioni più vantaggiose;
- Dialogo competitivo qualsiasi operatore può chiedere di partecipare in risposta a un bando di gara, ma
le stazioni appaltanti avviano un dialogo solo con gli operatori che, sulla base delle informazioni fornite,
vengono invitati. Concluso il dialogo i partecipanti sono invitati a presentare le offerte finali;
- Partenariato per l’innovazione vi si ricorre quando l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori
innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può essere
soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato.
A seconda della natura dell’opera i contratti per l’esecuzione dei lavori pubblici sono stipulati a corpo o a
misura, o in parte accorpo e in parte a misura.
Per ció che concerne le procedure di affidamento delle concessioni, l’art.166 lascia ampia libertà
all’amministrazione e agli enti dell’organizzazione della procedura di scelta del concessionario, con l’obbligo
di rispettare le norme della Parte III del Codice e ferma restando l’applicazione delle norme generale
contenuta nelle Parti I e II in quanto compatibili, e quindi, Del rispetto del vincolo di garantire in particolare
un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, parità di trattamento e promozione dell’accesso
universale dei diritti dell’utenza dei servizi pubblici.
Ai criteri di aggiudicazione è dedicato l’art.85 Dlgs 50/2016 Che prevede che le stazioni appaltanti
procedono all’aggiudicazione degli appalti all’affidamento dei concorsi di progettazione e di concorsi di idee
sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto
qualità/prezzo o sulla base del prezzo o del costo, seguendo un criterio costo/efficacia quale costo del
ciclo di vita.
Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo i contratti relativi:
- ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di
manodopera;
- all’affidamento dei servizi di ingegneria architettura e degli altri servizi di natura tecnica intellettuale di
importo pari o superiore a 40.000 €;
- I contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 40.000 € caratterizzati da notevole contenuto
tecnologico che hanno carattere innovativo.
Il criterio del minor prezzo invece può e non deve essere utilizzato per i servizi e le forniture con
caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad
alta intensità di manodopera.
Il rating di legalità è un indicatore del valore etico dell’impresa (il possesso del rating consente di ridurre i
tempi di istruttoria). Il rating d’impresa valuta il comportamento dell’impresa nel campo dei contratti
pubblici, la sua affidabilità nel mercato tenendo conto della regolarità contributiva.
I soggetti interessati che possono partecipare alla gara e che sono in posso dei requisiti richiesti,
presentano la propria offerta. +p.250-252
L’art.89 disciplina l’avvalimento -> quell’istituto giuridico che consente all’operatore economico, che non
possiede i requisiti richiesti, di partecipare ed evitare l’esclusione utilizzando i requisiti di altro operatore.
In particolare possono disfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico,
finanziario, tecnico e professionale necessari per partecipare a una procedura di gara, nonché il possesso
dei requisiti di qualificazione.
La disposizione esclude di ricorrere all’avvalimento per soddisfare quei requisiti di carattere strettamente
personale.
Perché il concorrente possa legittimamente fare affidamento sulle capacità di un altro soggetto,
denominato ausiliario, deve presentare una serie di documenti individuati dal legislatore.
È ammesso l’avvalimento di più imprese ausiliarie, mentre l’ausiliario non può avvalersi a sua volta di
altro soggetto.
In relazione a ciascuna gara non è consentito che della stessa impresa ausiliaria si avvalgano più di un
concorrente, ovvero che partecipino sia l’impresa ausiliaria sia quella che si avvale dei requisiti.
Il contratto deve essere in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara e l’impresa ausiliaria può
assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati.
Relativamente all’offerta, l’art.32 stabilisce che ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta
e questa è vincolante per il periodo di tempo indicato nel bando o nell’invito per 180 giorni dalla scadenza
del termine della sua presentazione.
Ai sensi dell’art.93, l’offerta deve essere corredata da una garanzia fideiussoria, denominata garanzia
provvisoria, pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sottoforma di cauzione o di
fideiussione.
Tale garanzia, che deve avere efficacia per almeno 180 giorni, copre la mancata sottoscrizione del
contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di
informazione interdittiva antimafia ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del
contratto medesimo.
L’offerta deve essere anche correlata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore a rilasciare la
garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, qualora l’offerente risultasse affidatario.
L’art.83, co.9, Dlgs 50/2016, stabilisce che possono essere sanate solo le carenze di qualsiasi elemento
formale della domanda, evitando così all’impresa in difetto di essere escluso dalla gara.
In particolare, nei casi di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del
documento di gara unico europeo, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, è
previsto che la stazione appaltante assegna al concorrente un termine non superiore a 10 giorni per
regolarizzare le dichiarazioni necessarie, indicando il contenuto delle stesse ai soggetti che le devono
rendere.
In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione il concorrente è escluso dalla gara.
Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono
l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.
LE OFFERTE ANOMALE
Le stazioni appaltanti possono richiedere agli operatori economici spiegazioni sul prezzo e sui costi
proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, Sulla base di un giudizio tecnico sulla
congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta
tali spiegazioni possono riferirsi a:
- L’economia del processo di fabbricazione dei prodotti, dei servizi prestati o dal metodo di costruzione;
-le soluzioni tecniche prescelte le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per
fornire prodotti per prestare i servizi o per eseguire i lavori;
- l’originalità dei lavori e delle forniture dei servizi proposti dall’offerente.
La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a 15
giorni, la presentazione delle spiegazioni.
La stazione può escludere l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il livello basso
di prezzi e costi proposti, Tenendo conto dei criteri adottati per il calcolo dell’anomalia.
Non sono ammesse giustificazioni che riguardano i trattamenti minimi salariali inderogabili stabiliti dalla
legge o da fonti autorizzate dalla legge, né quelle in relazione agli oneri di sicurezza.
Infine, la stazione appaltante può escludere un’offerta in quanto l’offerente ottenuto un aiuto di Stato e
non sia stata in grado di dimostrare, qualora interpellato, entro un dato termine che l’aiuterà compatibile
con il mercato interno.
I CRITERI DI SELEZIONE
Essi riguardano (art 83 del codice):
- Requisiti di idoneità professionale: i concorrenti devono essere iscritti nel registro della camera di commercio,
industria, artigianato e agricoltura o presso gli ordini professionali;
- Requisiti di capacità economica e finanziaria: gli operatori devono avere un fatturato minimo annuo, devono
fornire informazioni riguardo ai loro conti annuali che evidenziano i rapporti tra attività/passività, devono
avere una copertura assicurativa contro i rischi professionali;
- Requisiti di capacità tecniche e professionali: gli operatori devono possedere le risorse umane e tecniche e
l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità
I concorrenti presentano il documento di gara unico europeo (DGUE), un’autodichiarazione in cui si conferma di
soddisfare i criteri di selezione e di non trovarsi in una delle situazioni che causa l’esclusione dalla gara. Le
stazioni appaltanti accettano il DGUE al momento della presentazione delle domande o delle offerte.
Per quanto riguarda la prova del possesso dei requisiti, con riferimento ai lavori pubblici, è istituito un sistema
unico di qualificazione, che stabilisce che i soggetti esecutori di lavori pubblici di importo pari o superiore a
150.000 euro provano il possesso dei requisiti di qualificazione mediante attestazione da parte degli appositi
organismi di diritto privato (SOA) autorizzati dall’ANAC. Le SOA devono attestare:
- L’assenza dei motivi di esclusione;
- Il possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria, e tecniche e professionali, per i 15 anni
precedenti la data di sottoscrizione del contratto con la SOA;
- Il possesso di certificazioni di sistemi di qualità conformi alle norme europee;
- Il possesso di certificazione del rating di impresa, rilasciata dall’anac.
IL SOCCORSO ISTRUTTORIO
Consente la regolarizzazione della domanda presentata dai concorrenti per l’ipotesi in cui manchi o difetti una
dichiarazione. Possono essere sanate solo le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda. La stazione
appaltante assegna al concorrente un termine non superiore a 10 giorni per regolarizzare la domanda. Decorso
inutilmente il termine, il concorrente è escluso dalla gara.
LE CAUSE DI ESCLUSIONE
L’art 80 individua i motivi di esclusione di un operatore economico dalla procedura concorsuale di appalto o
concessione. Sono cause di esclusione la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna, la
commissione di violazioni gravi rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte, il tentativo di fornire
informazioni false, etc. I documenti che costituiscono prova sufficiente dell’assenza dei motivi di esclusione
sono:
- Il certificato del casellario giudiziario;
- Il documento unico della regolarità contributiva (DURC).
Le modalità di affidamento variano a seconda dell’importo del contratto ferma restando la possibilità di
ricorrere alle procedure ordinarie:
- Per affidamenti di importo inferiore a 40.000 € mediante affidamento diretto previa valutazione di tre
preventivi, ove esistenti, per i lavori e per i servizi e le forniture, di almeno 5 operatori economici
individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un
criterio di rotazione degli inviti. I lavori possono essere eseguiti anche in amministrazione diretta fatto salvo
l’acquisto o il noleggio di mezzi per i quali si applica la procedura precedente.
L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene l’indicazione anche dei soggetti invitati;
- Per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 € e inferiore a 350.000 € mediante la
procedura negoziata senza previa consultazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di
almeno 10 operatori economici. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento contiene indicazione
anche nei soggetti invitati;
- Per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 350.000 € e inferiore a 1 milione di euro €
mediante la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara prevede consultazione
ove esistenti di almeno 15 operatori economici secondo sempre il criterio di rotazione degli inviti;
- Per affidamenti di valori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’Art.35
mediante procedura aperta salvo quanto previsto dall’Art 97 del codice.
Per quanto riguarda la svolgimento e le procedure per l’aggiudicazione di contratti sotto soglia, le stazioni
appaltanti possono procedere attraverso il mercato elettronico -> (come uno strumento di acquisto se non
richiede apertura del confronto competitivo tra i concorrenti e di negoziazione se richiede l’apertura del
confronto competitivo tra i contraenti) che consente a questi telematici basati sul sistema che attua
procedure di scelta del contraente interamente gestita per via elettronica.
Laddove, invece, decide di ricorrere alla procedura ordinaria per l’affidamento di tali contratti individua un
regime semplificato sia per quanto riguarda i termini e le procedure sia per le forme di pubblicità di bandi
avvisi.
LA TUTELA STRAGIUDIZIALE
Il d. lgs. 50/2016 disciplina le misure precontenziose quali rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale. Si tratta delle
seguenti misure:
- Accordo bonario: vi si ricorre quando, in seguito all’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo
economico dell’opera possa variare tra il 5% e il 15% dell’importo contrattuale. (le riserve sono domande,
reclami, con cui l’esecutore del contratto esprime alla stazione appaltante il suo dissenso circa la
contabilizzazione dei lavori)
- Transazione: rimedio per risolvere le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione
dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nel rispetto del Codice civile. Deve avere forma scritta
- Arbitrato: per le controversie sui diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee
- Pareri di precontenzioso dell’anac: questo esprime pareri vincolanti, su iniziativa della stazione appaltante o di
una o più delle altre parti, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara.
Il parere è rilasciato entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta ed obbliga le parti ad attenersi a quanto in
esso stabilito. Il parere è impugnabile
Il decreto sblocca cantieri ha reintrodotto il collegio consultivo tecnico: le parti possono convenire che
prima dell’avvio dell’esecuzione o non oltre 90 giorni da tale data, sia costituito un collegio con funzioni di
assistenza per la rapida risoluzione delle controversie di ogni natura. Il collegio è formato da 3 membri e
indica una proposta di soluzione che, se accolta, dà origine a un accordo.
LA TUTELA GIURISDIZIONALE
Sono devolute al g.a, in sede di giurisdizione esclusiva:
- Le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture
- Le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture
relative alla clausola di revisione del prezzo
I BENI DEMANIALI
- sono sempre beni immobili o universalità di beni mobili;
- devono appartenere ad enti pubblici territoriali e cioè allo Stato, Regioni, Province o ai Comuni.
DEMANIO NECESSARIO
demanio necessario quei beni immobili di esclusiva proprietà dello Stato e che non possono che
appartenere solo ad esso, per cui demanialità e appartenenza allo Stato sono due caratteristiche
inscindibilmente connesse.
Vi rientrano:
- il demanio marittimo -> il lido del mare, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che
sboccano a mare. Di cui, però, non fa parte il mare territoriale che sarebbe la fascia di mare fino a 12miglia
dalla costa, ed in più i golfi, i seni e le baie della costa;
- il demanio idrico (fiumi, laghi, torrenti, ghiacciai, porti, approdi);
- il demanio militare -> opere permanenti destinate alla difesa nazionale (piazzeforti, aeroporti militari,
ferrovie e funivie miliari, ricoveri antiaerei, fortezze, ecc.)
Demanio accidentale (o eventuale) Comprende i beni che possono anche non essere di proprietà di enti
pubblici territoriali. Qualora però lo siano, rientrano nel demanio e non nei beni patrimoniali indisponibili.
Questi, sono:
- demanio stradale
- demanio ferroviario
- demanio aeronautico
- gli acquedotti di proprietà degli enti pubblici territoriali
- i beni di interesse storico, artistico ed archeologico (cd. demanio culturale)
Demanio naturale quei beni che sono demaniali per sé stessi, per natura e lo sono tutti i beni del
demanio necessario tranne quello militare.
Demanio artificiale sono beni demaniali per la loro specifica destinazione assegnata, tale è il demanio
militare e quello accidentale.
REGIME GIURIDICO
I beni che fanno parte del demanio pubblico:
- sono inalienabili poiché ogni atto di trasferimento del bene demaniale è nullo;
- Il diritto di proprietà pubblica su di essi è imprescrittibile;
- sono inespropriabili sia titolo di esecuzione forzata che per pubblica utilità. Limite imposto dall’art. 4 T.U.
in materia di espropriazione (DPR 327/2001).
La demanialità del bene si estende anche alle sue pertinenze (es. case cantoniera lungo le strade statali) ed
alle servitù costituita a favore del bene demaniale (servitù di stillicidio).
La tutela amministrativa (cd. autotutela) -> esercizio di quei poteri (detti di polizia demaniale) previsti da
leggi speciali e mediante i quali la P.A. può:
- irrogare sanzioni;
- ordinare il ripristino dello status quo ante;
- utilizzare speciale personale di vigilanza;
- emanare provvedimenti che revocano o modificano precedenti atti incompatibili con la destinazione
demaniale del bene.
I mezzi di tutela giurisdizionale ordinaria spettano all’ente pubblico che sia proprietario e/o possessore di
beni.
IL FEDERALISMO DEMANIALE (Dlgs. 85/2010)
Negli ultimi decenni è stato portato avanti un percorso di progressiva dismissione del patrimonio
immobiliare pubblico, sia per gestirlo più facilmente che per renderlo produttivo sotto il profilo economico.
Tali azioni sono culminate nell’emanazione del Dlgs 85/2010, cd. decreto sul federalismo demaniale, in
attuazione della delega contenuta nella L.42/2009 sul federalismo fiscale.
Tale decreto individua i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province,
Città Metropolitane e Regioni. Questi sono:
- quelli appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, con esclusione di quelli direttamente
utilizzati dalle amministrazioni statali;
- quali appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, con esclusione dei fiumi e dei laghi di ambito
sovraregionale;
- gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative
pertinenze;
- le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma;
- gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento.
Esclusi dal trasferimento -> gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle
amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e
alle agenzie; I porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale; I beni appartenenti al
patrimonio culturale; le reti di interesse statale; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; I parchi
nazionali e riserve naturali statali.
L’Ente territoriale, a seguito del trasferimento, dispone del bene nell’interesse della collettività
rappresentata ed è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale.
Qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene come dovuto il governo esercita il potere sostitutivo al fine di
assicurare la migliore utilizzazione del bene.
I BENI PATRIMONIALI sono tutti i beni che non hanno i caratteri della demanialità.
Si distinguono in:
- indisponibili -> destinati ad un pubblico servizio e in generale al conseguimento di fini pubblici e sono
perciò beni pubblici;
- disponibili -> hanno carattere strumentale in quanto destinati prevalentemente alla produzione di redditi.
Non sono beni pubblici ma solo beni di proprietà di enti pubblici.
BENI PATRIMONIALI INDISPONIBILI sono beni pubblici al pari dei beni demaniali ma possono essere
tanto mobili che immobili e, inoltre, possono appartenere a qualsiasi ente pubblico e non soltanto ad enti
pubblici territoriali.
In questa categoria vi rientrano: le foreste, le miniere, le acque minerali e termali, le cave e le torbiere, la
fauna selvatica, i beni di interesse storico, archeologico, artistico, beni militari non rientranti nel demanio
militare, edifici destinati a sede degli uffici pubblici, beni costituenti la dotazione del Presidente la
Repubblica.
Sono, in ogni modo, inalienabili le foreste, le miniere, gli atti e i documenti di enti pubblici, i beni di
interesse storico e artistico.
I beni patrimoniali indisponibili altresì, sono:
- soggetti ad usucapione da parte di terzi soltanto nel caso in cui siano stati sottratti alla loro destinazione a
non domino e poi trasferiti a terzi in buona fede, il quale quindi potrà acquistarli per usucapione nei termini
di legge;
- insuscettibili di espropriazione forzata.
I BENI PATRIMONIALI DISPONIBILI fanno parte del patrimonio disponibile dello Stato tutti i beni ad esso
appartenenti, diversi da quelli demaniali e da quelli patrimoniali indisponibili.
Questa categoria comprende:
- il patrimonio mobiliare -> nel quale rientra Il denaro privo di specifica destinazione gli utensili nonché i
beni che derivano dalla partecipazione dello Stato al capitale azionario di società pubbliche ed imprese
private;
- il patrimonio fondiario ed edilizio.
I beni patrimoniali disponibili sono beni privati a tutti gli effetti, con la conseguenza che sono soggetti
esclusivamente alle regole del codice civile e, dunque, sono alienabili, usucapibili, assoggettabili a diritti
reali a favore di terzi.
La P.A., oltre che proprietaria di beni, può anche essere titolare di diritti reali sui beni altrui.
Si distingue tra:
- diritti demaniali su beni altrui -> costituiti per l’utilità di un bene pubblico o per il conseguimento di fini di
pubblico interesse;
- diritti patrimoniali su beni altrui -> costituiti per l’utilità di un bene patrimoniale disponibile o per un fine
privato.
DIRITTI DEMANIALI SU BENI ALTRUI Sono assoggettati dall’art. 825 c.c. allo stesso regime giuridico dei
beni demaniali.
Le principali categorie di diritti demaniali sui beni altrui sono:
a) le servitù prediali pubbliche, che possono essere:
- servitù di alzaia -> Per cui i proprietari di fondi laterali ai corsi d’acqua debbono permettere, su adeguate
strisce di terra in riva al fiume, il passaggio di uomini animali eccetera;
- servitù di scarico per i fondi prossimi ai laghi;
- servitù di scolo delle acque stradali sui terreni sottostanti;
- servitù di soprapassaggio a favore di ponte cavalcavia, via dotti i suoi fiumi e corsi d’acqua, terreni e
strade private.
Le servitù prediali pubbliche possono sorgere per legge, per atto amministrativo, per convenzione con il
privato, per atto di liberalità del privato e per usucapione da parte dell’ente.
b) i diritti di uso pubblico (servitù di uso pubblico) che sono caratterizzate dall’utilizzazione, da parte di una
collettività indeterminata di persone, del bene privato idoneo al soddisfacimento di un interesse delle
stesse. In tali servitù manca un fondo dominante perché non sono costituite a vantaggio di un fondo
demaniale bensì della collettività. Vi rientrano:
- strade Vicinali -> ovvero quelle non di proprietà del Comune ma soggette al pubblico transito da parte
della collettività. Sono strade costruite da privati che eventualmente il Comune, ove le ritenga utili alla
collettività, può assoggettare all’uso pubblico, con propria delibera espressa, dichiarandole “vicinali” ed
includendole nell’apposito elenco;
- le aree private aperte al pubblico transito -> Per esse il Comune è obbligato a concorrere alle spese di
manutenzione;
- i musei, le pinacoteche e gli archivi di proprietà privata;
- gli usi civici -> diritti collettivi di godimento e d’uso spettanti ad una popolazione su terreni di proprietà
privata. Solitamente spettano ad una collettività ed ai singoli che la compongono e consistono nel trarre
utilità semplici dei territori (es. il diritto di raccogliere legna). Con la L.168/2017, È stata dettata una
disciplina organica dei domini collettivi, quali veri e propri soggetti istituzionali cui compete
l’amministrazione del patrimonio civico di uso comune.
DIRITTI PATRIMONIALI NON DISPONIBILI Le servitù possono essere costituite anche a favore di beni
patrimoniali della P.A. Tali diritti seguono la natura dei beni cui si riferiscono e sono disponibili o
indisponibili a seconda che attengano a beni disponibili o indisponibili.
La P.A. può acquistare diritti reali in base alla legge, a fatti o atti di diritto comune, a fatti o atti di diritto
pubblico.
CAPITOLO 13 - LA PROPRIETA’ PRIVATA E GLI ATTI ABLATORI. L’ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’.
Dal punto di vista funzionale i provvedimenti in esame hanno sempre un effetto privativo di una facoltà o
di un diritto facente capo al destinatario del provvedimento e possono anche avere effetto acquisitivo di
una facoltà o di un diritto a favore dell’amministrazione procedente.
Dal punto di vista strutturale, invece, la dottrina prevalente utilizza quella basata sulla natura della
situazione soggettiva sacrificata. Vi sono pertanto:
- provvedimenti ablatori personali che sacrificano un diritto di natura personale;
- provvedimenti ablatori obbligatori che incidono su rapporti di obbligazione;
- provvedimenti ablatori reali che sacrificano diritti reali.
I principi generali di tutti gli atti ablativi sono: il principio della riserva di legge, l’obbligo di indennizzo, la
necessità di motivi di interesse generale a fondamento dell’atto ablativo stesso.
Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun
destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli
irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile.
Tra gli atti ablativi il più importante è l’espropriazione che l’articolo 834 c.c. definisce come “quell’istituto di
diritto pubblico in base al quale un soggetto, previo pagamento di una giusta indennità, può essere privato
in tutto o in parte di uno o più beni immobili di sua proprietà per una causa di pubblico interesse
legalmente dichiarata.”
L’espropriazione crea un vero e proprio rapporto di diritto pubblico i cui elementi sono:
a) le parti:
- espropriato
- autorità espropriante;
- beneficiario dell’espropriazione -> il soggetto pubblico privato in cui favore è emesso il decreto di
esproprio;
- promotore dell’espropriazione -> il soggetto pubblico o privato che chiede l’espropriazione;
c) l’indennizzo
Questo elemento è tutelato direttamente dalla Costituzione e si pone in relazione al provvedimento
espropriativo come presupposto di legittimità.
Esso consiste in un intervento riparatore economico a parziale compensazione del sacrificio imposto al
privato, non necessariamente commisurato all’effettiva entità del danno sopportato dall’avente diritto, ma
agganciato a parametri prestabiliti per legge o per contratto.
L’indennizzo deve essere:
- unico -> cioè pagato solo al proprietario o all’enfiteuta se il fondo è gravato da enfiteusi;
- giusto -> secondo il dettato dell’articolo 834 c.c. giusto in conformità ad un’esigenza di giustizia sociale.
Non vedo dubbio che attraverso la previsione dell’indennizzo si sia voluto attuare una sorta di ripristino
dell’equilibrio patrimoniale alterato a danno del privato sia pure per motivi legittimi rappresentati dal
raggiungimento di una finalità pubblicistica. Pertanto deve essere serio, congruo (cioè non simbolico, né
aleatorio) ed adeguato. La congruità del ristoro si ottiene facendo riferimento al valore del bene in
relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatti palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso,
secondo la legge.
IL PRINCIPIO DI SIMMETRIA
L’art.6 T.U. sull’espropriazione ha sancito il principio, ispirato a chiarire esigenze di efficienza e di razionalità
dell’azione amministrativa, secondo cui la competenza dell’emanazione di tutti gli atti del procedimento
espropriativo spetta all’autorità competente alla realizzazione dell’opera pubblica o di pubblica utilità.
Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli
atti e i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti della P.A. riconducibili, anche mediatamente,
all’esercizio di un pubblico potere. Fermo restando, invece, la giurisdizione del giudice ordinario per le
controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione dell’indennità in conseguenza di atti di
natura espropriativa o ablativa.
Con l’atto di acquisizione del bene al patrimonio indisponibile della P.A., viene legalizzata l’espropriazione
sostanziale effettuata in mancanza di un titolo ablativo.
Considerato che il provvedimento di acquisizione comporta il passaggio del diritto di proprietà del bene il
legislatore ha espressamente richiesto che lo stesso:
- rechi l’indicazione delle circostanze che hanno condotto all’indebita utilizzazione dell’aria e se possibile la
data dalla quale essa ha avuto inizio;
- sia specificatamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che
giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati;
- evidenzi l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione.
Tale provvedimento, inoltre, deve essere notificato al proprietario del bene e deve essere trascritto presso
la conservatoria dei registri immobiliari a quello dell’amministrazione procedente e trasmesso in copia
all’ufficio competente all’aggiornamento degli elenchi degli atti da cui deriva la dichiarazione di pubblica
utilità. La stessa autorità procedente, poi, deve trasmettere una copia integrale del provvedimento di
acquisizione, entro 30 giorni, alla Corte dei conti.
GLI ATTI DI ATTRIBUZIONE COATTIVA DI DIRITTI D’USO rientrano in questa categoria quegli atti che
trasferiscono qua attivamente solo il diritto di uso e di godimento su un determinato bene, lasciandone la
proprietà ai titolari.
Essi sono:
- requisizione in uso -> la P.A. utilizza i beni immobili e le aziende per il tempo necessario pagando il prezzo
d’uso e restituendoli quando viene meno la necessità;
- occupazione temporanea;
- occupazione per ricerche archeologiche.
I PROVVEDIMENTI CHE PRIVANO PARZIALMENTE DEL GODIMENTO DEI BENI sono provvedimenti che
espropriano, anziché la proprietà, le servitù esistenti a favore di un fondo ovvero costituiscono su di un
fondo delle servitù, delle limitazioni o dei diritti di uso pubblico.
Es. servitù di elettrodotto; servitù di passaggio e di appoggio di fili telegrafici e di cassette postali.
La responsabilità -> una situazione giuridica soggettiva sfavorevole, in cui viene a trovarsi il soggetto che,
avendo posto in essere un comportamento antigiuridico (ossia illecito), sia assoggettabile ad una sanzione.
La responsabilità può essere civile, penale o amministrativa a seconda della natura delle norme violate e
delle conseguenze di tale violazione.
- civile -> si concretizza nell’obbligo del risarcimento del danno provocato ad un soggetto in conseguenza di
un comportamento qualificato come illecito civile. Essa è sempre convertibile in una prestazione in denaro;
- penale -> concerne il comportamento di persone fisiche le quali ledono particolari interessi, tutelati
dall’ordinamento come pubblici. Essa consiste nell’assoggettamento personale del colpevole alla potestà
punitiva dello Stato mediante l’infezione di una pena detentiva e/o pecuniaria;
- amministrativa -> dalla violazione di doveri amministrativi ove sia prevista una sanzione amministrativa.
Responsabilità della P.A. può essere solo civile ed amministrativa in quanto quella penale è personale
dunque può ricadere solo sulle persone fisiche preposte ad uffici organi della P.A.
La responsabilità civile -> il dovere giuridico, imposto ad un soggetto, di risarcire il danno prodotto da un
altro soggetto, in conseguenza della violazione della sfera giuridica di quest’ultimo.
Si distingue in:
- responsabilità contrattuale -> di risarcimento del danno deriva dalla violazione di un preesistente
rapporto obbligatorio (dunque non solo da contratto);
- responsabilità extracontrattuale-> quando la responsabilità deriva dal fatto di aver provocato a terzi un
danno ingiusto;
- precontrattuale-> che nasce dalla violazione delle norme che regolano appunto la fase delle trattative
negoziali.
RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
“Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il
fatto a risarcire il danno” (art.2043 c.c.). Anche la P.A. soggiace a questa regola.
Il fondamento della responsabilità extracontrattuale della P.A. si rinviene nell’art.28 Cost., ai sensi del quale
i funzionari e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili degli atti compiuti
in violazione dei diritti; in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Gli elementi della responsabilità civile della P.A. sono quelli comuni ad ogni responsabilità civile: il giudice,
infatti, investito di un’azione di responsabilità, dovrà accertare l’esistenza di una condotta attiva o omissiva,
l’antigiuridicità di tale condotta, la colpevolezza dell’agente, l’evento dannoso, il nesso di causalità tra
condotta ed evento.
In particolare:
- condotta -> può consistere in un’azione quanto in una omissione della P.A. dalla quale sia derivato un
danno.
Deve essere riferibile alla P.A. pertanto occorre che essa sia stata compiuta da un’autorità amministrativa
nell’esercizio delle sue funzioni amministrative;
- la condotta deve essere antigiuridica ossia ledere la sfera giuridica di un soggetto è sorgere per la
violazione di norme giuridiche cd. di relazione, sempre che non ricorra una causa di giustificazione;
- è necessaria la riferibilità del fatto all’amministrazione;
- elemento psicologico (o imputabilità) -> l’art.2043 richiede che il fatto dannoso sia riferibile a titolo di
dolo o colpa alla volontà del soggetto che agisce;
- l’evento dannoso -> il danno deve consistere sempre nel pregiudizio patrimoniale derivante dalla lesione
di un diritto soggettivo perfetto della lesione dell’interesse legittimo;
- nesso di casualità tra fatto antigiuridico ed evento dannoso -> condotta può dirsi causa di un evento
quando ne costituisce conditio sine qua non, in quanto senza di essa l’evento non si sarebbe verificato, E
quando l’evento, mangio della condotta, era prevedibile come verosimile conseguenza di essa (cd. causalità
adeguata).
I relativi presupposti sono: l’ente danneggiato deve essere un’amministrazione pubblica; tra l’ente e il
danneggiante deve sussistere un rapporto di servizio; il danno provocato deve essere conseguenza diretta
e immediata di una condotta dolosa o gravemente colposa; il danno provocato all’amministrazione deve
essere ingiusto.
Inoltre, la nozione di danno è da intendersi in senso ampio, ricomprendendo in essa tanto i danni
patrimoniali quanto i danni non patrimoniali.
Tale responsabilità, poi, può presentarsi come contabile quando riguarda gli agenti contabili, ossia gli
incaricati al versamento e riscossione delle entrate dello Stato. La responsabilità contabile di costoro risulta
dall’annuale rendi conto oppure come responsabilità formale che riguarda gli amministratori per spese non
autorizzate in bilancio, non deliberate nelle forme legali, etc.
Benché la responsabilità amministrativa e la responsabilità contabile sono diversi aspetti in cui si articola la responsabilità amministrativo-contabile
o responsabilità per danno erariale, il tratto distintivo va ravvisato nel soggetto agente, Che in caso di responsabilità contabile esclusivamente il
pubblico dipendente titolare di specifiche funzioni in ordine al maneggio del denaro pubblico o di altri valori, ovvero all’utilizzo di beni pubblici.
LE REGOLE SULLA RESPONSABILITA’ PER DANNO ERARIALE
L’art.1, L.20/1994 detta la regola sia di carattere sostanziale che processuale prevede che:
- la responsabilità è personale e limitata ai soli casi di dolo e colpa grave, ferma restando l’insindacabilità
nel merito delle scelte discrezionali. In ogni scatto è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso
tragga origine dall’emanazione di un atto di stato registrato in sede di controllo preventivo di legittimità,
limitatamente ai profili presi in considerazione dell’esercizio del controllo.
Tale norma è stata innovata dal DL 76/2020;
- fermo restando il potere di riduzione, Deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti
dall’amministrazione di appartenenza in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti
pubblici soggetti al giudizio di responsabilità;
- nel caso di deliberazioni di organi collegiali, la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno
espresso voto favorevole;
- il diritto a risarcimento del danno si prescrive in cinque anni decorrenti dalla verificazione del fatto
dannoso o, in caso di suo accertamento, dalla scoperta dello stesso;
- la corte giudica sulla responsabilità degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia
cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza;
- se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità,
condanna ciascuno per la parte che vi ha preso;
- l’entità del danno all’immagine della P.A. derivante dalla commissione di un reato contro lo stesso
accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma
di danaro o del valore patrimoniale di altra utilità percepita dal dipendente.
Al danno erariale è possibile ricondurre il cd. danno all’immagine della P.A., Che si traduce in una perdita di
prestigio della P.A. agli occhi degli amministrati.
Essa, infatti, incide sul rapporto di fiducia e di affidamento che lega amministrazione e amministrati e
presuppone l’esplicazione di una condotta che abbia causato la reiterata violazione di doveri di servizio o è
un discredito per l’amministrazione.
Fonte normativa dell’azione risarcitoria è data dall’art.17, comma 30ter, L.102/2009, dal cui esame si
evince che l’azione per il risarcimento del danno all’immagine esperibili in presenza di delitti commessi a
danno delle pubbliche amministrazioni da dipendenti pubblici, accertati con sentenza penale definitiva . Il
quantum risarcibile si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore
patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
Il danno da disservizio -> si risolve nel pregiudizio, ulteriore rispetto al danno patrimoniale diretto, recato
dalla condotta illecita del dipendente al corretto funzionamento dell’apparato pubblico. Esso può
concretarsi in una o più delle seguenti fattispecie: mancato conseguimento della legalità, dell’efficienza,
della efficacia, dell’economicità e della produttività dell’azione e dell’attività di una P.A.; dispendio di
energie per la ricostruzione di contabilità mancanti o contraffatte; mancato conseguimento del buon
andamento dell’azione pubblica; dispendio di risorse umane e di mezzi strumentali pubblici.
L’ILLECITO AMMINISRATIVO
La disciplina generale dell’illecito amministrativamente sanzionato è contenuta nella L.689/1981 cd. “legge
di depenalizzazione”.
Illecito amministrativo amente sanzionato può definirsi come quella violazione di un dovere generale cui
l’ordinamento ricollega, come conseguenza giuridica, il pagamento di una somma di denaro a titolo di
sanzione amministrativa.
La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma di denaro non inferiore a 10 €
e non superiore a 15.000 €.
Attualmente la giustizia amministrativa in Italia è organizzata secondo il sistema della doppia giurisdizione,
nel seguente modo:
- l’Autorità Giudiziaria Ordinaria (AGO) è competente a decidere delle violazioni di diritti soggettivi, con il
potere di disapplicare l’atto amministrativo che risulti illegittimo e di dichiarare la sua illegittimità;
- l’Autorità Giudiziaria Amministrativa (AGA) è competente a giudicare delle violazioni degli interessi
legittimi (salvo alcuni casi eccezionali in cui giudica anche per violazioni di diritti cd. casi di giurisdizione
esclusiva) e ad annullare gli atti amministrativi illegittimi (cd. giurisdizione di legittimità), nonché, in alcuni
casi tassativi, anche a sostituirli con altri atti o a riformarli in parte (sostituendosi alla P.A., cd. giurisdizione
di merito);
- i conflitti di giurisdizione tra A.G.O. e A.G.A. sono attribuite alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Oltre alla tutela giurisdizionale (ordinaria e amministrativa), I portatori di interessi hanno anche
disposizione dei mezzi di tutela amministrativa ovvero i ricorsi amministrativi.
Dal punto di vista della tutela amministrativa, di riferimento è il DPR 1199/1971, con il quale il legislatore
ha dettato una disciplina organica dei ricorsi amministrativi.
Sul versante della tutela giurisdizionale esperibili innanzi al G.A., l’evoluzione normativa è stata più
articolata e il testo di riferimento per la sua disciplina è dato dal Codice del processo amministrativo
approvato con Dlgs 104/2010.
LA TUTELA AMMINISTRATIVA
La tutela in sede amministrativa è attuata dalla stessa amministrazione attraverso un procedimento
amministrativo instaurato a seguito di un rincorso dell’interessato.
Non vi è alcun intervento giurisdizionale, né del giudice ordinario né dal giudice amministrativo.
La funzione è quella di ricercare se è possibile una soluzione alle controversie evitando il ricorso a mezzi
giurisdizionali. Lo strumento è il ricorso amministrativo -> l’istanza (o reclamo) diretta ad ottenere
l’annullamento, la riforma o la revoca amministrativo posta in essere dal soggetto che vi abbia interesse nei
confronti di un’autorità amministrativa, affinché questa risolva ex autoritate sua la controversia che tale
atto ha generato, nell’ambito dello stesso ordinamento amministrativo.
I ricorsi previsti nel nostro ordinamento sono:
- il ricorso gerarchico;
- il ricorso in opposizione;
- il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
IL RICORSO GERARCHICO è quel rimedio di carattere generale consistente nella impugnativa di un atto
non definitivo proposta dal soggetto interessato davanti all’organo gerarchicamente sovraordinato e quello
che ha emanato il provvedimento impugnato.
Con riferimento al rapporto di gerarchia si distingue:
- il ricorso gerarchico proprio-> la gerarchia che viene in considerazione come presupposto di tale ricorso
alla gerarchia esterna ovvero il rapporto intercorrente fra organi individuali di grado diverso appartenenti
allo stesso ramo dell’amministrazione, per effetto del quale l’organo inferiore subordinato al superiore;
- il ricorso gerarchico improprio -> un rimedio di carattere eccezionale previsto in alcuni casi in cui non
esiste alcun rapporto di gerarchia. Si tratta di un ricorso ordinario proposto ad organi: individuali avverso
deliberazioni di organi collegiali e viceversa; collegiali avverso deliberazioni di altri organi collegiali; statali
avverso provvedimenti di altro ente pubblico; statali avverso provvedimenti di organi di vertice.
La P.A. all’obbligo giuridico di decidere sul ricorso gerarchico che le viene presentato.
Tuttavia il legislatore ha considerato anche l’eventualità che la P.A. non sia in grado di adempiere a tale
obbligo per mancanza di personale, di tempo o altri motivi.
Decorsi 90 giorni dalla presentazione del ricorso senza che la P.A. abbia comunicato all’interessato la
decisione dello stesso, il ricorso si intende respinto e l’interessato può proporre ricorso giurisdizionale
davanti al giudice amministrativo o ricorso straordinario al presidente della Repubblica, avverso l’atto
impugnato in sede gerarchica.
IL RICORSO IN OPPOSIZIONE è un ricorso amministrativo atipico rivolto alla stessa autorità che ha
emanato l’atto anziché a quella superiore gerarchicamente. È un rimedio di carattere eccezionale
utilizzabile solo nei casi tassativi in cui la legge lo ammette e per motivi da essa previsti. Infatti può essere
proposto sia per motivi di legittimità che di merito e sia a tutela di interessi legittimi e diritti soggettivi. Il
termine per la sua proposizione è quella generale di 30 giorni dalla notifica o emanazione dell’atto
impugnato, ma la legge può prevedere nei singoli casi termini diversi.
PROCEDIMENTO
Il ricorso deve essere presentato entro 120 giorni dalla data di notifica o comunicazione dell’atto della
piena conoscenza di esso. Il contraddittorio deve essere instaurato dallo stesso ricorrente. L’istruttore
ricorso è compiuto dal Ministro competente e cioè dal ministero che sovrintende alla materia alla quale è
da ricondurre l’atto impugnato.
Istruito il ricorso, il ministro lo trasmette al Consiglio di Stato per il relativo parere che è obbligatorio.
Il ricorso straordinario è deciso con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
competente, conforme al parere (obbligatorio e vincolante) del Consiglio di Stato.
Quando parte in causa sia una P.A., i poteri del G.O. incontrano i seguenti limiti:
- il G.O. deve limitarsi a conoscere gli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio; non può
quindi conoscere dell’atto amministrativo con effetti erga omnes, ma solo in funzione della pronunzia sul
rapporto dedotto in giudizio;
- può estendere il suo sindacato soltanto alla legittimità dell’atto amministrativo;
- non può incidere sull’atto amministrativo né annullandolo né revocandolo né modificandolo;
- quando accertato che effettivamente il diritto del privato è stato leso dall’atto illegittimo, dichiara tale
illegittimità senza però che sul punto si formi il giudicato e disapplica l’atto, giudica cioè prescindendo
dall’atto come se l’atto non fosse stato mai emanato;
- non può in nessun caso imporre alla P.A. comportamenti positivi ma può solo condannarla al risarcimento
dei danni cagionati al privato.
I Tribunali Amministrativi Regionali sono stati istituiti con la L.1034/1971, in attuazione dell’art.125 Cost.; i
TAR sono 20, uno per ogni Regione, con sede nel capoluogo regionale, oltre le sezioni staccate istituite
presso alcune Regioni.
Il Consiglio di Stato è un organo della giurisdizione amministrativa, si tratta di un organo complesso con
funzioni consultive generali in materia giuridico-amministrativa e funzioni giurisdizionali amministrative di
secondo grado (rispetto al TAR) e, per determinate materie, esclusive.
Il Consiglio di Stato si articola in sei sezioni con funzioni consultive o giurisdizionali oltre ad una sezione
consultiva per l’esame degli schemi di atti normativi per il quale il consiglio di Stato è tenuto a dare o è
richiesto del parere.
- una giurisdizione esclusiva nelle materie tassativamente determinate dal registratore. Essa è
caratterizzata dalla circostanza per cui al giudice amministrativo è attribuita la cognizione in via principale
sia dei diritti soggettivi sia degli interessi legittimi. La giurisdizione esclusiva si configura come un’ipotesi
non dice la giurisdizione su atti ma anche di giurisdizione su rapporti.
Il G.A. esercita giurisdizione esclusiva sono elencate dall’art.133 cpa e si ricordano: l’azione di risarcimento
del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposo del termine di conclusione
del procedimento; In materia di accesso ai documenti amministrativi è violazione di obblighi di trasparenza
amministrativa in materia urbanistica ed edilizia, concernenti tutti gli aspetti dell’uso del territorio e di
espropriazione per pubblica utilità. A tale ipotesi devono aggiungersi le ulteriori previsioni di legge.
- azione avverso il silenzio della P.A. e declaratoria di nullità disciplinata dall’art. 31 del Codice, ed altre
azioni di accertamento. Decorsi i termini di conclusione del procedimento che vi ha interesse può chiedere
l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere. L’azione può essere proposta fino a che
dura in adempimento è comunque un altro anno dalla scadenza del termine di conclusione. Altre ipotesi
contemplata è quella di accertamento e relativa declaratoria di nullità previste dalla legge. Questa azione
va proposta nel termine di decadenza di 180 giorni e la novità dell’atto può sempre essere opposta dalla
parte resistente può essere rilavata d’ufficio dal giudice.
- organi di giurisdizione contabile di primo grado -> le sezioni giurisdizionali regionali con sede nel
capoluogo di regione e con competenza estesa al territorio regionale;
- organi di giurisdizione contabile di secondo grado -> le sezioni giurisdizionali centrali di appello, con sede
a Roma, con competenza estesa al territorio nazionale e la sezione giurisdizionale di appello per la regione
siciliana, con sede a Palermo e con competenza estesa al territorio regionale.
Poi vi sono le sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti, ossia l’articolazione interna della
medesima corte in sede d’appello, quale è l’organo che assicura l’uniforme interpretazione e la corretta
applicazione delle norme di contabilità pubblica.
Esse decidono sui conflitti di competenza e sulle questioni di massima deferite dalle sezioni giurisdizionali
d’appello, dal presidente della corte dei conti.
- giudizi di responsabilità amministrativa esercitata dal P.M. contabile che, a fronte di una specifica e
concreta notizia di danno, se non procede alla sua immediata archiviazione, avvia un procedimento
istruttorio in cui può compiere ogni attività utile per l’acquisizione degli elementi necessari all’esercizio
dell’azione erariale e svolge, altresì, accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona individuata
quale presunto responsabile.
Conclusa la fase istruttoria e prima di emettere l’atto di citazione in giudizio, il PM notifica al presunto
responsabile un atto di invito a dedurre, nel quale sono indicati gli elementi essenziali del fatto e la
condotta contestata e viene fissato un termine, non inferiore a 45 giorni, entro il quale il presunto
responsabile può esaminare tutte le fonti di prova indicate poste a base della contestazione e depositare le
proprie deduzioni ed eventuali documenti. Questi, inoltre, può chiedere di essere sentito personalmente.
Successivamente l’invito a dedurre, il PM non può svolgere altre attività istruttorie e conclusa la fase
istruttoria il Procuratore può adottare due tipologie di provvedimenti:
- decreto di archiviazione -> quando, anche a seguito di invito a dedurre, la notizia di danno risulta
infondata o non vi sono elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità e il PM
dispone l’archiviazione del fascicolo istruttorio;
- atto di citazione -> se il Procuratore non procede all’archiviazione, deve emettere l’atto di citazione entro
120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto
responsabile del danno. La citazione è l’atto con il quale si introduce nel giudizio la domanda e cioè quello
con il quale il pubblico ministero prova e quantifica il danno pubblico risarcibile da attribuire al convenuto.
La sentenza è deliberata in camera di consiglio, quindi in segreto, ed è assunta subito dopo l’udienza di
discussione; essa viene depositata presso la segreteria del giudice che la pronunciata entro 60 giorni dalla
conclusione della citata camera di consiglio e, in tal modo, è resa pubblica. Dell’avvenuta pubblicazione è
data comunicazione entro i successivi 5 giorni alle parti costituite;
- giudizi ad istanza di privati;
- giudizi in materia di pensioni la competenza della corte sussiste qualora si impugna un provvedimento
amministrativo definitivo, avente ad oggetto il diritto alla pensione degli impiegati, in cui trattamento di
quiescenza sia a carico totale o parziale dello Stato.
I Tribunali delle acque pubbliche Ai Tribunali delle acque pubbliche sono attribuite tutte le controversie
concernenti il demanio idrico.
Per il procedimento si applicano le norme del codice di procedura civile. Contro le loro decisioni è ammesso
ricorso al tribunale superiore delle acque pubbliche come giudice di appello entro 30 giorni dalla sentenza.
Si noti che il D.L. 90/2014, conv. in L.114/2014, ha previsto la soppressione del magistrato delle acque per
le province venete e di Mantova;
i Commissari per gli usi civici il Commissario per gli usi civici è un giudice ordinario con competenza
specializzata in materia di accertamento e tutela dei demani civici e dei diritti di uso civico delle comunità
locali.
Sono competenti a decidere le controversie circa l’esistenza, la natura è l’estensione dei diritti di godimento
spettanti alla collettività sui beni demaniali e privati, Che possono sorgere nel corso delle procedure di
accertamento e valutazione degli usi civici.
O ancora, rapporto di lavoro che si instaura tra un privato e lo Stato o un ente pubblico non economico, in
virtù del quale il primo pone la propria attività, in modo continuativo e volontario al servizio dell’ente stesso
dietro corresponsione di una retribuzione.
Il pubblico impiego è oggi “privatizzato”. Il Dlgs 29/1993, ora trasfuso nel Dlgs. 165/2001, ha riformato tale
settore, trasferendo la relativa disciplina dall’area pubblicistica a quella privatistica, per cui i rapporti di
lavoro dei dipendenti pubblici sono disciplinati dalle disposizioni Capo I, Titolo II, Libro V, Codice Civile e
dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.
L’assetto dei rapporti di pubblico impiego è incentrato sul valore dell’autonomia contrattuale (individuale e
collettiva).Si tratta di un modello misto, alle norme di diritto comune si affiancano le speciali disposizioni di
legge, regolamento o statuto che introducono discipline limitate ai soli dipendenti delle PP.AA.
Vi sono infatti, alcuni aspetti peculiari che connotano il rapporto di lavoro svolto alle dipendenze della P.A.;
- la predeterminazione del personale le PP.AA. non possono disporre liberamente del proprio
personale;
- il principio del concorso pubblico come modalità di accesso al lavoro con le PP.AA.;
- il criterio della stabilità del rapporto nell’ambito dell’organico i pubblici impiegati sono “incasellati” in
precise posizioni e qualifiche, cui corrispondono le relative mansioni. Essi potranno accede ad altre
posizioni solo previa apposita procedura concorsuale.
I PRINCIPI COSTITUZIONALI
Il pubblico impiego non ha collocazione specifica all’interno della Costituzione, tuttavia, alcuni principi
assumono particolare rilevanza in tale ambito:
- Il principio di accesso ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza (art.51);
- il dovere dei pubblici impiegati di adempiere con onore alle proprie funzioni e di porsi al servizio esclusivo
della Nazione (artt. 54 e 98);
- la riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici e il principio di buon andamento
dell’amministrazione (art.97);
- la responsabilità diretta dei dipendenti pubblici (art.28).
In una prima fase, il rapporto di pubblico impiego era oggetto di una disciplina rigorosamente unilaterale e
un primo passo, verso la parificazione tra lavoro privato e pubblico, è stato compiuto con il DPR 10-1-1957
n.3, contenente il testo unico degli impiegati civili dello Stato.
Sulla base delle direttrici enunciate dalla legge Bassanini n.59/1997. Il Dlgs 80/1998 cd. seconda
privatizzazione, ha rafforzato la valenza del contratto, sia individuale sia collettivo, ampliando gli spazi di
delegificazione e autonomia nell’organizzazione degli uffici.
Al fine di riordinare la molteplicità di fonti normative esistenti in materia, è stato poi emanato il
D.lgs.165/01 contenente norme Generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche cd. Testo Unico sul pubblico impiego.
La disciplina del TUPI si applica anche al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), fino alla revisione
organica della disciplina di settore.
L'articolo 3 D.lgs.165/01 esclude alcune categorie di pubblici dipendenti dalla cd. privatizzazione. Per tali
categorie non opera neppure il trasferimento della giurisdizione del giudice ordinario. La ratio di tale
esclusione risiede nella peculiarità di determinate funzioni pubbliche. Si tratta dei rapporti concernenti:
Si ricorda inoltre che le disposizioni di tale decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo
117 della Costituzione cui le Regioni a statuto ordinario devono attenersi pur rendo conto delle peculiarità
dei rispettivi ordinamenti (art.1 co.3 d.lgs.165/01).
La riforma Brunetta
La fisionomia del pubblico impiego è stata ridisegnata con la cd. “riforma Brunetta” L.15/2009 e decreto
attuativo Dlgs 150/2009, destinata a rivoluzionare il funzionamento dell’amministrazione italiana,
nell’ottica dell’aumento della produttività del lavoro pubblico e di una migliore organizzazione dello stesso
sulla base dei principi di efficienza e trasparenza.
Tale legge, quindi, ha attribuito un’ampia delega al governo per riformare la disciplina del rapporto di
lavoro dei dipendenti pubblici. Tale delega ha trovato attuazione con il d.lgs.150/09 cd. Riforma Brunetta.
Si tratta della terza riforma del pubblico impiego che muove dall’esigenza di sviluppare nelle strutture
pubbliche, meccanismi meritocratici e legati ai risultati raggiunti e di valutazione della performance
lavorativa. I punti salienti della riforma Brunetta riguardano:
Con la riforma Madia è ripartita la stagione contrattuale e i rinnovi CCNL, che dal 2010 erano fermi.
Per comprendere il sistema delle fonti regolatrici del pubblico impiego, occorre partire da una distinzione
tra atti di macro e atti di micro organizzazione.
- atti di macro organizzazione -> Riguardano l’organizzazione “alta” della p.a. medesima che mantengono la
propria connotazione pubblicistica. Infatti, non più tutti gli atti della p.a. datrice di lavoro sono
amministrativi propriamente detti, aventi quindi carattere pubblicistico, ma solo quelli con cui
l’amministrazione pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; Individuando
gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e determinando le
dotazioni organiche complessive.
- atti di micro organizzazione -> sono soggetti a regime privatistico in quanto emanati dalla p.a. datrice di
nell’organizzazione e nella gestione del rapporto stesso. In tale ambito, le determinazioni per
l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro e, in particolare, la
direzione e l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici, sono assunte in via esclusiva degli organi
preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
Pertanto:
- alla legge e ai regolamenti spetta delineare la struttura degli apparati pubblicistici;
- ad atti di diritto privato compete disciplinare il funzionamento degli uffici e gestire i rapporti di lavoro.
I rapporti di lavoro dei dipendenti delle p.a. sono disciplinati dalle disposizioni del capo primo titolo
secondo del libro quinto del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato all’impresa. In ciò
consiste la contrattualizzazione del lavoro pubblico.
Il comma 2, art.2, d.lgs. 165/2001, statuisce che eventuali disposizioni di legge regolamento statuto, che
introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai
dipendenti delle amministrazioni pubbliche, Possono essere derogate alle materie affidate alla
contrattazione collettiva e da successivi contratti o accordi collettivi nazionali, e per la loro parte
interrogata, non sono ulteriormente applicabili.
I contratti abilitati ad erogare sono quelli nazionali è pur sempre nel rispetto del principio del TU pubblico
impiego.
Con la privatizzazione avviata negli anni 90 si è assistito al tramonto dell’esclusiva operatività delle fonti
aventi natura pubblicistica a favore del contratto, Sia individuale che collettivo, Che diventa la fonte
principale della materia. Ecco perché si parla anche di contrattualizzazione del pubblico impiego nel senso
che quest’ultimo viene ricondotto alle norme del diritto privato e alla contrattazione collettiva.
Con la riforma Brunetta del 2009 è stato ribaltato l’assetto configuratosi con la privatizzazione e infatti
l’equilibrio tra legge e contratto viene nuovamente spostato a favore della legge. Tanto che, i rapporti di
lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II
del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse
disposizioni contenute nel d.lgs.165/01 (Tupi).
La riforma Brunetta ha aggiunto che le speciali disposizioni del TUPI, rappresentano disposizioni a carattere
imperativo.
l’attuazione della riforma Madia e il D.lgs 75/2017, Che ha spostato nuovamente l’equilibrio a favore del
contratto.
Mediante la novella del comma2, art.2, Dlgs.165/2001, la riforma ha fatta salva la possibilità per i contratti
collettivi di derogare a legge, regolamenti e statuto che abbiano già disciplina del rapporto di lavoro, e
inoltre, ha abrogato la previsione per cui la deroga abilità era ammessa solo se prevista dalla legge.
Infatti, ha disposto che i contratti abilitati interrogare siano solo quelli nazionali è pur sempre nel rispetto
dei principi del Tupi.
La nuova versione dell’art.2, co.2, TUPI, infatti oggi prevede che “ eventuali disposizioni di legge,
regolamento o statuto, Che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui
applicabilità Sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche o a categorie di essi, possono essere
derogati nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell’articolo 40, comma 1, e nel rispetto
dei principi stabiliti dal presente decreto, dai successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte
derogata, non sono ulteriormente applicabili.
L’Art.40 Co.1 d.lgs.165/01 sancisce che la contrattazione collettiva nazionale determina i diritti e gli
obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali.
Sono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, a quelle
oggetto di partecipazione sindacale, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali, nonché quelle ex art.2
l.421/92.
Art.40 co.3- La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura
contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali ed integrativi.
Art.40 co.3bis- le pubbliche amministrazioni attivano poi autonomi livelli di contrattazione collettiva
integrativa. Questa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando
l’impegno e la qualità della performance dei pubblici dipendenti. A tal fine destina al trattamento
economico accessorio collegato alla performance individuale, una quota prevalente del trattamento
accessorio complessivo comunque denominato. Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti
dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; può
avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il
termine delle sessioni negoziali in sede decentrata e alla scadenza del termine, le parti riassumono le
rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione.
La procedura si apre con l’emanazione degli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale da parte dei
comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale.
Detti atti di indirizzo sono sottoposti al governo che, nei successivi 20gg, può esprimere le sue valutazioni
per quanto attiene agli aspetti relativi alla compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria
nazionale. Trascorse utilmente tale termine l’atto può essere inviato all’ARAN, Che formula un’ipotesi di
accordo che deve passare al vaglio del governo e della corte dei conti. Quest’ultima deve rilasciare una
certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio. Una volta ottenuta, l’ARAN e
le organizzazioni sindacali possono passare alla firma del contratto.
I contratti e accordi collettivi sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana oltre che sul
sito dell’ARAN e delle amministrazioni interessate.
Il contratto collettivo una volta sottoscritto acquista efficacia erga omnes cioè sia per l’amministrazione
coinvolta che per tutti lavoratori interessati.
Peraltro, l’art.40 co.4, Dlgs.165/2001, dispone che le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi
assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi e ne assicurano l’osservanza delle forme previste dai
rispettivi ordinamenti, mentre l’art.45, comma2, impone alle amministrazioni di garantire ai propri
dipendenti trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.
La vincolatività dei contratti assume aspetti più complessi nei confronti dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni. Esclusione dal ricevimento del testo e contratto in un atto regolamentare a posto il
problema dell’applicazione uniforme generalizzata a tutti i dipendenti, a prescindere dall’adesione degli
stessi alle organizzazioni sindacali stipulanti.
A tal proposito la corte costituzionale si è espressa con sentenza del n.309 del 1997, sancendo che il
pubblico dipendente rinviene nel contratto individuale di lavoro la fonte regolatrice del proprio rapporto:
L’obbligo di conformarsi negozialmente assunto nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuta
in tale contratto.
Infatti l’obbligo per la p.a. di assicurare ai dipendenti un trattamento non inferiore a quello garantito dai
contratti collettivi e di applicare condizioni contrattuali uniformi impone alla stessa di richiamare, nei
singoli contratti individuali di lavoro, I contratti collettivi. Detto rinvio consente ai contratti collettivi
dispiegare effetti anche nei confronti dei lavoratori non legati alle organizzazioni sindacali firmatarie.
La decisione di dare avvio ad un concorso pubblico spetta alla p.a. sulla base del piano triennale dei
fabbisogni di personale. Le relative procedure devono rispettare alcuni criteri fondamentali tra cui
l’adeguata pubblicità della selezione e modalità di spegnimento che garantiscono l’imparzialità e assicurino
economicità e celerità di espletamento ricorrendo all’ausilio di sistemi automatizzati nonché alla nozione di
meccanismi oggettivi e trasparenti e che tradiscono anche il rispetto delle pari opportunità tra lavoratori e
lavoratrici.
La prova di concorso è stabilita nel bando, ossia l'annuncio ufficiale de l’indizione di un concorso presso una
P.A. Questo viene pubblicato di regola la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana o nel bollettino
ufficiale della regione di appartenenza dell’ente a cui si riferiscono i posti di lavoro emessi a concorso e, in
genere, anche sul sito dell’ente che bandisce il concorso.
I requisiti che devono essere posseduti alla data di scadenza del termine per la domanda di ammissione
sono:
- cittadinanza italiana europea -> i cittadini degli Stati membri dell’Ue possono accedere solo se la relativa
mansione non implica esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri oppure non attengono alla tutela
dell’interesse nazionale;
- età non inferiore ai 18 anni;
- godimento dei diritti politici -> non possono accedere agli impieghi coloro che sono esclusi dall’elettorato
politico attivo o coloro che sono stati destituiti dall’impiego presso una pubblica amministrazione;
- titolo di studio.
I bandi di concorso devono prevedere anche l’accertamento della conoscenza dell’uso delle
apparecchiature applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese.
La prova si svolge sulle materie attinenti alla qualifica da ricoprire ed enunciate nel bando e si articola
normalmente in una prova scritta e una orale con eventuale fase preselettiva in caso di consistente
numero di domande.
Le amministrazioni affidano le operazioni pratiche dei concorsi ad un’apposita commissione giudicatrice ->
L’organo tecnico di cui si avvale la p.a. per gestire le diverse fasi concorsuali e per individuare i candidati più
capaci.
Una volta terminate le prove viene formulata una graduatoria che deve essere approvata dalla p.a. e
rimane in vigore per due anni dalla data di approvazione.
Terminata la procedura di selezione viene infine stipulato il contratto di lavoro individuale con i candidati
che l’abbiano superata.
La legge di bilancio 2019, L.145/2018, ha innovato il profilo dei concorsi pubblici prevedendo procedure
concorsuali uniche e per profili omogenei, stabilendo che le graduatorie dei concorsi saranno utilizzati
esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso e con validità triennale.
L’impiegato pubblico prima di ottenere l’iscrizione in ruolo è sottoposto ad un periodo di prova la cui durata
in genere è stabilita dai CCNL. Superato tale periodo senza che nessuna delle parti recede il dipendente si
intende confermato in servizio.
Il lavoro agile o smart working è una modalità di esecuzione di lavoro concordato tra datore di lavoro e
dipendente con data dall’assenza di vincoli di orario di spazio. Ai sensi della L.81/2017, è una forma di
svolgimento della prestazione lavorativa che consente, A parità di trattamento economico, una migliore
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In base al cd. Decreto cura Italia, D.L. 17 marzo 2020, n.18, conv.
L.27/2020; È applicabile anche nel pubblico impiego poiché deve essere incentivato il suo ricorso per i
pubblici dipendenti (fino al termine dell’emergenza) che diventa pertanto la modalità ordinaria di
svolgimento della prestazione.
Il decreto attuativo della riforma Maria ha inciso segnando il passaggio dal concetto di dotazione organica
a quello del fabbisogno di personale come criterio guida dell’organizzazione degli uffici pubblici.
Infatti le amministrazioni pubbliche devono definire l’organizzazione degli uffici in conformità al piano
triennale dei fabbisogni e non più in riferimento alla dotazione organica.
LE MANSIONI
Mansione -> insieme dei compiti e delle concrete operazioni che lavoratore è chiamato ad eseguire.
Il prestatore di lavoro può essere adibito:
- alle mansioni per le quali è stato assunto;
- alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’aria di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto di procedure selettive. Si tratta del cd.
diritto alla funzione:
Per obiettive esigenze di servizio, il lavoratore può tuttavia essere adibito a mansioni proprie della qualifica
immediatamente superiore. Questo può avvenire:
- nel caso di vacanza di posto organico, per non più di sei mesi;
- nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con
esclusione dell’assenza per ferie, Per la durata dell’assenza.
In queste ipotesi il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Al di fuori di essa
è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore ma lavoratore è
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Ne consegue il divieto per la p.a. di adibire il lavoratore a mansioni inferiori, integrando tale ipotesi un
illegittimo dimensionamento.
Il demansionamento ricorre non solo in caso di assegnazione di mansioni non corrispondenti
all’inquadramento contrattuale del lavoratore ma anche nell’ipotesi di sottrazione di tutte o della maggior
parte delle mansioni precedentemente esercitate, cagionando così un danno alla professionalità del
dipendente.
LE PROGRESSIONI
Progressioni -> sono mutamenti della prestazione lavorativa e si distinguono in:
- economiche laddove si sostanzino in scatti da una posizione economica all’altra nell’ambito della
medesima area funzionale;
- di carriera nel caso riguardino avanzamenti di posizione da un’area contrattuale a quella superiore.
Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività.
Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per
l’amministrazione di destinare al personale interno una riserva di posti comunque non superiore al 50% di
quelli messi a concorso.
LA DIRIGENZA PUBBLICA
Nelle PP.AA. la dirigenza assume connotati peculiari rispetto a quella privata infatti il graduale mutamento
della cultura organizzativa a contribuito alla identificazione di una nuova dirigenza pubblica, sempre più
manageriale.
In effetti, dalla privatizzazione del pubblico impiego è discesa l’individuazione della dirigenza quale organo
deputato alla gestione del personale, profilo notevolmente dilatato a seguito della riforma Brunetta che
delinea il dirigente come vero e proprio datore di lavoro, responsabile della gestione delle risorse umane e
strumentali nonché della qualità e quantità delle prestazioni poste in essere dai dipendenti.
In particolare l’indirizzo politico è il principio unificatore dell'azione dei pubblici poteri e si sostanzia nella
individuazione, da parte degli organi di governo, delle scelte dei programmi che verranno poi concretizzate
mediante l'esplicazione dell'attività di gestione, di spettanza della burocrazia, ossia della dirigenza degli
apparati pubblici.
ATTRIBUZIONI E RESPONSABILITA’
Il D.lgs.165/01 ha sancito e valorizzato quei criteri privatistici di managerialità ed
efficienza in conseguenza dei quali la dirigenza assume il monopolio delle decisioni
gestionali.
Art.4- il dirigente ha un ruolo strategico, in quanto viene dotato di una propria autonomia decisionale e di
conseguenza, assume la responsabilità in relazione all’azione degli atti e provvedimenti amministrativi,
compresi tutti quelli che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché alla gestione finanziaria,
tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane,
strumentali e di controllo.
Ai dirigenti compete individuare le risorse e i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti
dell’ufficio cui sono preposti.
I dirigenti generali hanno il compito di combattere i fenomeni di corruzione e di definire e far rispettare le
misure idonee al contrasto di quest’ultima.
Art.21- i dirigenti sono tenuti anche ad effettuare la valutazione del personale assegnato e loro uffici, ai fini
non solo della progressione economica tra le arie, ma anche della corresponsione di indennità e premi
incentivanti. A tale maggiori poteri corrisponde anche una responsabilità più accentuata in quanto i
dirigenti rispondono del mancato esercizio dei poteri datoriali, se le loro missioni cagionino lo scarso
rendimento dei propri dipendenti.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano
l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale.
In relazione alla gravità dei casi, L’amministrazione può revocare l’incarico collocando il dirigente a disposizione dei
ruoli unici dei dirigenti, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.
Al dirigente nei confronti del quale sia stata accertata la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto degli
standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione, la retribuzione di risultato e decurtata, sentito il
comitato dei garanti, in relazione alla gravità della violazione di una quota fino all’80%.
Art.19- ad ogni dirigente spetta poi un incarico, conferito, secondo le disposizioni di tale articolo, non
derogabile dai contratti collettivi. L’incarico rende effettivo il contratto di lavoro stipulato.
Il suddetto conferimento avviene tenendo conto:
- delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente;
- dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione;
- delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione
eventualmente maturati all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche,
purché attinenti al conferimento dell’incarico.
Art.21 co.1 – gli incarichi dirigenziali inoltre possono essere revocati esclusivamente in casi determinati.
Con il provvedimento di conferimento dell'incarico dirigenziale, sono individuati:
- l'oggetto dell'incarico;
- gli obiettivi da conseguire;
- nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che comunque non può
essere inferiore a 3 anni né superiore a 5 anni. La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se
coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli incarichi
sono rinnovabili.
Al provvedimento di conferimento dell'incarico seguirà un contratto individuale con cui è definito il
corrispondente trattamento economico.
LO SPOIL SYSTEM
Spoil system -> la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella competizione elettorale di collocare
le persone di fiducia nei posti chiave dell’apparato pubblico.
Tale istituto caratterizza una parte del personale burocratico come di stretta estrazione fiduciaria,
legandone l’ingresso e l’uscita dall’amministrazione all’avvicendamento dei diversi esecutivi. Quanti
conseguono difficile in virtù dell’esercizio della prerogativa governativa di assunzione/ nomina discrezionale
restano legati all’amministrazione da un rapporto di lavoro segnato, geneticamente, dalla previsione della
sua cessazione al mutare dell’esecutivo.
Una forma di spoil system è rintracciabile negli incarichi dirigenziali apicali dell’amministrazione statale
(segreteria generale, capo dipartimento), le cui funzioni risultano strettamente contigue con gli indirizzi
politico amministrativi espressi dagli organi politici (i ministri).
Tali incarichi apicali cessano automaticamente, decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia ottenuto dal
governo subentrante. Non risulta affatto inciso però il sottostante rapporto di lavoro del dirigente di ruolo,
scaturente dal contratto a tempo indeterminato stipulato al momento dell’immissione in ruolo.
In sostanza il meccanismo coinvolge dirigenti professionali di ruolo e non comporta la perdita del rapporto
di lavoro ma solo quella del temporaneo incarico in corso.
A tale previsione deve aggiungersi il disposto dell’art.14, comma 2, Dlgs 165/2001, secondo cui, all’atto del
giuramento del ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello
dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell’ambito degli uffici di diretta
collaborazione “decadono automaticamente ove non confermati entro 30 giorni dal giuramento del nuovo
ministro”.
L’esperienza italiana ha registrato varie vicende definite di spoil system una tantum (risoluzione ante
tempus di incarichi dirigenziali dovuta a decisione unilaterale del legislatore).
La dilatazione dell’area di dirigenti sottoposti a spoil system ha finito per provocare la reazione della corte
costituzionale (sent.103/2007), secondo cui salvi gli incarichi dirigenziali realmente apicali, la revoca dei
dirigenti è possibile solo a seguito di una procedura di valutazione dei risultati, ispirata al principio del
giusto procedimento, culminante in una decisione motivata è suscettibile di rimedi giurisdizionali; altrimenti
l’interruzione automatica prima dello spirare del termine stabilito, Viola il principio di continuità dell’azione
amministrativa è quello della distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli
di gestione.
I doveri del dipendente, ingegnere possono essere raggruppati in due ampie tipologie.
La prima è di stampo prettamente pubblicistico, riconducibile al dovere di fedeltà della Repubblica sancito
all'articolo 51 della Cost., ai Principi di imparzialità e buon andamento affermati dall’articolo 97 della Cost.
e al carattere Democratico della Repubblica art.1 Cost. che impone di favorire i rapporti di fiducia fra
amministrazione e cittadino.
L’altra tipologia si richiama invece ai doveri di diligenza obbedienza e fedeltà sanciti, anche per il rapporto
di lavoro privato, dagli articoli 2104 2105 del codice civile. Tra i principali doveri del pubblico dipendente,
Inoltre si deve ricordare quello di esclusività: il pubblico impiegato è tenuto a riservare tutta la sua attività
lavorativa all’amministrazione art.98 Cost.
Art.53 - il dipendente pubblico infatti non può svolgere attività commerciali, imprenditoriali, industriali,
artigiani e professionali in costanza di rapporto di lavoro, nonostante vi siano rilevanti deroghe per alcune
categorie di dipendenti, a ciò si collega l’esigenza che il prestatore di lavoro indirizzi le proprie energie
lavorative esclusivamente ai compiti dell’ufficio a cui è preposto.
L’art.54 (sostituito dal co. 44 della L.190/2012), attribuisce all'esecutivo il compito di definire un nuovo
codice di comportamento dei pubblici dipendenti per assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione della
corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza lealtà imparzialità e servizio esclusivo alla cura
dell'interesse pubblico. Questo codice dovrà poi essere a sua volta integrato con un codice di
comportamento a livello di ogni singola amministrazione.
Il nuovo codice di comportamento dei pubblici dipendenti è stato approvato così con DPR 62/2013, e
definisce i doveri minimi di diligenza, realtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono
tenuti ad osservare e introduce tra l’altro stringenti divieti a carico dei dipendenti che non possono
chiedere, sollecitare ed accettare regali o altre utilità per compiere atti del proprio ufficio (l’unica
eccezione è possibile per i regali di modico valore, effettuate occasionalmente nell'ambito delle normali
relazioni di cortesia e delle consuetudini internazionali. Per modico valore si intendono i regali di valore non
superiore, In via orientativa a €150 anche sotto forma di sconto).
IL WHISTLEBLOWING
Con la legge anticorruzione 190/2012, ha fatto il suo ingresso nell’ordinamento italiano la figura del
whistleblowing, termine che indica la condotta di chi denuncia, pubblicamente o alle
competenti autorità, attività illecite o fraudolente all’interno di un’organizzazione pubblica o
privata.
Con il nuovo articolo 54-bis del d.lgs.165/01, introdotto dalla L.190/2012 e a sua volta novellato
dal D.L.90/2014 cd. Riforma della PA, viene data tutela, proprio ai dipendenti che
denunceranno illeciti o corruzioni all’interno degli uffici pubblici. La norma Infatti prevede
che, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, o per lo stesso titolo ai sensi
dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria, alla
Corte dei Conti, o all’ANAC, o riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia
venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o
sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta avente effetti sulle condizioni di
lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. Inoltre l’identità del
segnalante non può essere rilevata senza il suo consenso, sempre che la contestazione
dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione.
Qualora così non fosse, l’identità può essere rivelata ma solo ove la sua conoscenza sia
assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.
L’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, Deve adottare apposite linee guida relative
alla procedura della prestazione e gestione delle segnalazioni che promuovono il ricorso a strumenti di
crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni
della relativa documentazione.
L’adozione di misure ritorsive nei confronti del segnalante va comunicata all’ANAC, la quale a sua volta
deve informare il Dipartimento della Funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le
attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
Fra i diritti patrimoniali degli impiegati dello Stato, il più importante è quello della retribuzione. Si tratta di
una prestazione periodica in denaro che la P.A. è tenuta a versare ai propri dipendenti come corrispettivo
del servizio prestato e quindi va commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dall’impiegato. La
retribuzione si articola in genere in un trattamento fondamentale, comprensivo delle voci a carattere fisso e
continuativo e in un trattamento accessorio costituito da emolumenti eventuali ed occasionali. A tal
proposito il d.lgs.150/09 dispone che i contratti collettivi dovranno definire i trattamenti economici
accessori collegati:
- alla performance individuale;
- alla performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità
organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione;
- all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate o pericolose o dannose per la salute.
In tale forma si inquadra anche la responsabilità contabile, che emerge in caso di violazioni di norme sui
procedimenti di spesa e sulla custodia del danaro pubblico da parte di chi ne sia abilitato.
Queste diverse forme di responsabilità possono agire congiuntamente nei riguardi della stessa persona,
anche se è unica la trasgressione da questa commessa.
Per quanto riguarda la misurazione la valutazione delle performance è previsto un apposito ciclo di
gestione destinato all’attuazione di specifici obiettivi, tra cui ricordiamo il miglioramento dello standard e
dei servizi offerti dalle amministrazioni.
Il ciclo di gestione della performance parte dalla definizione degli obiettivi: le azioni per il raggiungimento
di questi vanno monitorate, misurate e valutate. I risultati devono poi essere rendicontati periodicamente
soggetti meritevoli premiati.
Le amministrazioni valutano le performance attraverso un apposito Sistema di Misurazione che sono
tenute annualmente a redigere e pubblicare sul proprio sito:
- entro il 31 gennaio, un documento programmatico triennale, denominato Piano della Performance,
tramite il quale individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi da definire, gli indicatori per la
misurazione e la valutazione delle performance dell’amministrazione nonché gli obiettivi assegnati al
personale dirigenziale ed i relativi indicatori;
- un documento da adottare entro il 30 giugno, denominato Relazione sulla performance che evidenzia con
riferimento all’anno precedente i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi
programmati ed alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il bilancio di genere realizzato.
I soggetti coinvolti nel ciclo sono: il Dipartimento della Funzione Pubblica che si occupa del coordinamento
della disciplina a livello nazionale; gli OIV; l’organo di indirizzo politico-amministrativo di ciascuna
amministrazione; i dirigenti di ciascuna amministrazione.
Al centro di questo complesso sistema si colloca il cittadino quale utente finale dei servizi erogati dagli
uffici pubblici, si tratta di una delle principali innovazioni della riforma madia.
Ai sensi del nuovo art.19 Dlgs 150/2009, introdotto dal Dlgs 74/2027, i cittadini partecipano al processo di
misurazione delle performance organizzative, anche comunicando direttamente all’OIV il loro grado di
soddisfazione per le attività e per i servizi erogati.
Ciascuna amministrazione deve poi adottare sistemi di rilevazione del grado di soddisfazione degli utenti e
dei cittadini, favorendo ogni più ampia forma di partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi. I
risultati della rilevazione saranno inoltre pubblicati con cadenza annuale sul sito dell’amministrazione.
- distacco è un istituto introdotto dalla prassi amministrativa e riguarda gli enti diversi dallo Stato,
consiste in un trasferimento della sede di servizio presso un ente diverso dalle amministrazioni pubbliche;
- collocamento fuori ruolo può essere disposto per disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti
pubblici attinente agli interessi dell’amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei suoi compiti
istituzionali. Anche in questo caso il provvedimento non comporta la modificazione dello stato giuridico del
dipendente.
- il temporaneo servizio All'estero ai sensi dell’art.32 d.lgs.165/01 sost. Dalla L.234/2012, le pubbliche
amministrazioni favoriscono e incentivano le esperienze del proprio personale presso le istituzioni europee.
Il personale che presta temporaneo servizio All’estero resta comunque a tutti gli effetti dipendente
dell’amministrazione di appartenenza, naturalmente l'esperienza maturata all'estero costituisce titolo
preferenziale per le progressioni economiche e di carriera;
- assenza per malattia La disciplina pattizia prevede che il dipendente assente per malattia ha diritto alla
conservazione del posto purché la malattia non superi i 18 mesi cumulando le assenze degli ultimi 3 anni; in
casi particolarmente gravi tale periodo si raddoppia, ma senza retribuzione, previo accertamento da parte
dell’ASL competente, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente
inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro. All’esito di tale periodo (periodo di comporto),
l’amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro con il dipendente. Ai sensi dell’art. 55septies
d.lgs.165/01, nei casi in cui la singola assenza per malattia si protragga per più di 10 giorni e comunque
dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare (quindi non occasione della terza assenza), quest’ultima
potrà ritenersi giustificata da parte del datore di lavoro esclusivamente mediante certificazione medica
rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il SSN. In tutti i casi di
assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica direttamente dal medico o dalla
struttura sanitaria che la rilascia all’INPS, che a sua volta immediatamente la inoltra con le medesime
modalità all’amministrazione datrice di lavoro interessata. La riforma Madia è istituito in capo all’INPS un
polo unico per le visite fiscali, operativo da settembre 2017 e valido sia per il lavoro pubblico sia privato.
Relativamente alla mobilità cd. obbligatoria (per esigenze della P.A.), il comma 2, art.30. prevede che i
dipendenti possono essere trasferiti all’interno della stessa amministrazione, o previo accordo tra le
amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso Comune
o a distanza non superiore a 50 km dalla sede cui sono adibiti. Per i dipendenti con figli di età inferiore a 3
anni, aventi diritto al congedo parentale, e ai soggetti che assistono un familiare disabile, il trasferimento è
sì possibile ma solo con il consenso degli stessi alla prestazione della propria attività lavorativa presso
un’altra sede.
Residua dalla previgente previsione per cui, le amministrazioni prima di procedere all’espletamento di
nuove procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti cacanti in organico, devono attivare le
procedure di mobilità, provvedendo in via prioritaria all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da
altre amministrazioni, anche in posizione di comando e fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale,
che facciano domanda di trasferimento.
LA MOBILITÀ COLLETTIVA
La mobilità collettiva riguarda i casi di eccedenza di personale. Le amministrazioni infatti ogni anno devono
verificare l'esistenza di eventuali situazioni di soprannumero o comunque di eccedenze di personale, in
relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria. (Vedi artt. 33 e 34 del d.lgs.165/01).
Se vi è esubero, il dirigente responsabile deve dare un’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie
del personale e all’armonizzazione sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale, decorsi 10 giorni
dalla quale l’amministrazione o risolvere unilateralmente i contratti del personale dipendente che ha
raggiunto i requisiti pensionistici, oppure, in subordine, verifica la ricollocazione totale o parziale del
personale in eccedenza, anche mediante ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro a contratti
di solidarietà.
L’art.34 Dlgs 165/2001, A stabilito che il personale in disponibilità venga iscritto in appositi elenchi secondo
l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro ed abbia diritto ad un’indennità pari
all’80% della retribuzione per la durata massima di 24 mesi. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente
risolto a tale data.
- La disciplina pubblicistica Residuano dalle vecchie previsioni contenute nel testo unico degli impiegati
civili dello Stato le seguenti ipotesi di decadenza dall’impiego:
Per perdita della cittadinanza italiana;
Per avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un’autorità straniera senza autorizzazione del
ministro competente;
Per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività;
svolte dal dipendente nonostante la diffida ricevuta.
Nell’ipotesi di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio del pubblico dipendente, la pubblica
amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro (art.55octies d.lgs.165/01);
- La disciplina privatistica In base all’art.2 co.2 del d.lgs.165/01, sono estensibili ai rapporti di pubblico
impiego le norme del codice civile e delle leggi speciali sul lavoro nell’impresa. Nel privato abbiamo tre
tipologie di licenziamento:
- Per giusta causa (art.2119 c.c.);
- Per giustificato motivo soggettivo (art.3 L.604/66);
- Per giustificato motivo oggettivo (art.3 L.604/66).
Il comma 2, art.63, d.lgs. 165/2001, di attuazione della Riforma Madia, disponendo che il giudice, con la
sentenza con la quale annulla o dichiara nullo il licenziamento, condanna l’amministrazione alla
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata
all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al
periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, e comunque in misura non
superiore alle 24 mensilità.
Il datore di lavoro è condannato altresì per il medesimo periodo, Al versamento dei contributi iniziali
assistenziali. Si tratta dell’applicazione della cd. tutela reale nel lavoro pubblico, introdotta sulla scorta del
criterio di delega della L.124/2015, Che auspicava la risoluzione dell’antinomia tra settore pubblico e
privato in tema di licenziamento.
Nel caso di annullamento della sanzione disciplinare per difetto di proporzionalità il giudice può
rideterminare la sanzione tenendo conto della gravità del comportamento e dello specifico interesse
pubblico violato.