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Nomenclatura fasciale: update 2021

Bordoni Bruno DO, PhD, Walkowski Stevan MD, DO, Paoletti Serge DO, Escher Allan MD, DO,
Tobbi Filippo DO, Luigi Pianese DO, Antonio Pranzitelli DO.

Il continuum fasciale è un argomento per cui tutti i clinici e altre figure sanitarie vengono in contatto
nel quotidiano, sia consapevolmente e sia senza avere idea che i tessuti di cui si occupano possono
rientrare nel concetto di fascia. L’organizzazione Foundation of Osteopathic Research and Clinical
Endorsement (FORCE) racchiude molti clinici e professionisti della salute, così come ricercatori in
differenti discipline scientifiche. L’obiettivo è quello di sviscerare alcuni concetti legati alla pratica
quotidiana, come il tessuto fasciale, dal punto di vista scientifico e in maniera imparziale. Prova della
imparzialità della FORCE è il fatto che non vende alcun prodotto fasciale, nessuno strumento e,
soprattutto, tutta la terminologia fasciale usata non possiede nessun copyrigth: la ricerca e la
conoscenza sono diritto di chiunque desideri migliorare per il bene del paziente. L’articolo si propone
di rivedere i temi che potrebbero aggiungere elementi nuovi per una visione più ampia del significato
e della nomenclatura del sistema fasciale.

Key words: Fascia, Fascintegrity, Osteopathic, Fascial system, Fascial continuum.

Introduction
In letteratura scientifica (PubMed), il primo articolo che compare con il termine fascia è del 1814,
dove un medico descrive un intervento chirurgico, mettendo in luce il concetto di tessuto connettivo
o fascia che separa i diversi distretti muscolari [1]. Un altro testo del 1824 descrive i diversi strati e
fasce dell’area inguinale, sottolineando la difficoltà nel trovare una denominazione comune di questa
porzione anatomica [2]. Altri testi scientifici tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 discutono dei
diversi strati del tessuto fasciale, [3-5]. Nel ventesimo secolo, dopo molte pubblicazioni impiegando
il termine fascia, escono alcune precisazioni anatomiche sulla terminologia ad opera di alcuni gruppi
di anatomisti e ricercatori, come la International Anatomical Nomenclature Committee (1983) e la
Federative Committee on Anatomical Terminology (1998) [6]. Questi ultimi due gruppi mettono in
evidenza alcune parole come “fascia superficialis”, “fascia profunda”, paragonando il tessuto fasciale
come “sheaths, sheets or other dissectible connective tissue aggregations” [6]. Nel ventunesimo
secolo, questi gruppi non si sono discostati da questi concetti. Nel nuovo millennio possiamo ritrovare
un altro gruppo dedicato allo studio del tessuto fasciale, il Fascia Nomenclature Committee (FNC), il
quale deriva a sua volta dalla Fascia Research Society (2014) [6]. Un articolo del 2019, sotto l’egida
della FNC, aggiunge un ulteriore distinzione tra il termine fascia e il sistema fasciale; per questa
organizzazione il primo termine equivale alla descrizione del tessuto (mesoscopic and microscopic
scale), mentre il sistema fasciale racchiude il concetto di funzioni della fascia [6]. Per la FNC: “A
fascia is a sheath, a sheet, or any other dissectible aggregations of connective tissue that forms beneath
the skin to attach, enclose, and separate muscles and other internal organs”; mentre il sistema fasciale:
“The fascial system consists of the three‐dimensional continuum of soft, collagen containing, loose
and dense fibrous connective tissues that permeate the body” [6].
Secondo un’altra organizzazione senza fini di lucro, la Foundation of Osteopathic Research and
Clinical Endorsement (FORCE), la fascia/continuum fasciale è definita come: “The fascia is any
tissue that contains features capable of responding to mechanical stimuli. The fascial continuum is
the result of the evolution of the perfect synergy among different tissues, liquids and solids, capable
of supporting, dividing, penetrating, feeding and connecting all the regions of the body, from the
epidermis to the bone, involving all its functions and organic structures. This continuum constantly
transmits and receives mechanometabolic information that can influence the shape and function of
the entire body. These afferent/efferent impulses come from the fascia and the tissues that are not
considered as part of the fascia in a biunivocal mode. In this definition, these tissues include:
"epidermis, dermis, fat, blood, lymph, blood, and lymphatic vessels, tissue covering the nervous
filaments (endoneurium, perineurium, epineurium), voluntary striated muscle fibers and the tissue
covering and permeating it (epimysium, perimysium, endomysium), ligaments, tendons, aponeurosis,
cartilage, bones, meninges, and tongue” [7,8].
Qual è il presupposto scientifico per definire un tessuto (costituito da cellule diverse)? Chi sono le
figure che dovrebbero avere un’opinione sul medesimo tessuto? Cercando di rispondere a queste due
domande, l’articolo rivede anche le informazioni scientifiche vigenti e aggiornate per trovare una
definizione più consona del tessuto fasciale, sottolineandone l’importanza clinica e le potenzialità
terapeutiche.

Embriologia del tessuto fasciale: meningi


Percorrere una scala tassonomica per comprendere il concetto di olobionte, è come dare un nome a
un ologenoma senza capire come interagiscono tutti gli ologenomi tra loro, all’interno dell’olobionte
stesso; ovvero, dare dei nomi ai tessuti senza guardare alla funzione di insieme, senza studiare
l’origine delle cellule che compongono il tessuto, è come cercare di bucare l’acqua con un dito [9,10].
Per conoscere un tessuto e prima di denominarlo, occorre sapere la sua origine, in modo da
identificare correttamente l’area anatomica dove risiede, i suoi collegamenti e le funzioni; per capire
un tessuto macroscopico occorre partire dalle componenti microscopiche [11]. L’ontogenesi di quello
che diventerà l’insieme del tessuto fasciale coinvolge il mesoderma e l’ectoderma, a partire dalle
prime settimane del processo evolutivo [11]. La duplice filogenesi del continuum fasciale riguarda,
in particolare modo, l’area del cranio e del collo. La porzione del tessuto durale craniale, considerato
come fascia dalla FORCE e dalla FNC, che copre il forebrain and caudal mesencephalon e che
costituisce the falx cerebri and the falx cerebelli (and spinal cord), ha una derivazione ectodermica;
le meningi che ricoprono il hindbrain and midbrain, così come alcuni seni venosi e la porzione del
hypoglossal canal, nascono dal foglietto mesodermico [11]. Chi può definire, osservando questi
tessuti in continuità, quando un’area deve essere considerata come fascia rispetto a un’altra area
anatomica cranica? Nessuno. Le meningi rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema
nervoso e nello sviluppo delle ossa del cranio [12]. Le meningi influenzano la morfogenesi ossea
craniale; sono fonte di diversi fattori di crescita (facenti parte della famiglia delle transforming growth
factor beta o TGFbeta), come fibroblast growth factor e bone morphogenetic protein (BMP), le quali
sono sostanze segnale per le cellule bersaglio, guidando e indirizzando la crescita e lo sviluppo [12].
Durante lo sviluppo, le meningi sono fondamentali per la formazione del sistema nervoso. Esse sono
in grado di secernere fattori di crescita (chemochine, BMPs, TGFbeta) per la neurogenesi, per evitare
l’apoptosi delle cellule nervose, per la migrazione e il posizionamento dei neuroni, e inducendo lo
sviluppo dei vasi sanguigni cerebrali [12]. Nell’adulto svolgono un ruolo fondamentale nella gestione
delle tensioni meccaniche, cercando di protegge la massa cerebrale e il midollo da insulti traumatici,
e influenzando la riparazione del tessuto nervoso grazie alla presenza di cellule staminali; secernano
fattori di crescita per ottenere una corretta omeostasi della funzione nervosa [12,13]. Guardando il
microscopico, possiamo notare delle differenze. La dura madre o pachimeninge è una struttura
collagenosa, con lamelle di collagene (longitudinali e trasverse), fibronectina e elastina; la dura
possiede proprietà viscoelastiche, con capacità di generare forza meccanica o di ridurre la tensione
meccanica [13]. L’aracnoide e la pia madre o leptomeningi sono ricche di collagene, fibroblasti,
laminine, proteoglicani e nidogene o entactine, vimentine [12,13]. Le leptomeningi possiedono
capacità isteresiche anisotropiche, come qualsiasi tessuto elastico biologico [13]. I vasi e gli spazi che
percorrono e attraversano le meningi, così come gli spazi e i vasi linfatici midollari e craniali rendono
le meningi un’unica unità funzionale [12,13]. La lesione di un’area meningeale influenzerà
negativamente la funzione generale delle meningi stesse, e delle strutture con cui entrano in contatto
[12-14]. Secondo la FNC e la FORCE le meningi sono classificate come tessuto fasciale, nonostante
abbiano una derivazione embriologica duplice: mesoderma e ectoderma.

Embriologia del tessuto fasciale: tessuto osseo


Ugualmente, il tessuto osseo ha una duplice filogenesi. Lo sviluppo osseo coinvolge il foglietto
mesodermico e il foglietto ectodermico, laddove alcune ossa derivano solo dal mesoderma (ad
esempio, l’osso parietale), alcune derivano dal contributo di entrambi i foglietti (ad esempio l’osso
frontale), e alcune nascono direttamente dall’ectoderma come l’osso mascellare [12-17]. Il discorso
è più complesso, in quanto molte cellule progenitrici ossee interagiscono con altre strutture che si
trasformeranno in tessuti non ossei, come il tubo neurale e dura madre; definire un confine esatto tra
i due foglietti embriologici e classificare i tessuti derivanti da ciascuna origine, senza tenere conto
della commistione ontogenetica si può rivelare un errore [18]. Inoltre, alcune cellule mesodermiche
e ectodermiche condividono caratteristiche uguali e non è semplice separare la loro origine; ancora,
alcune suture ossee, ad esempio tra le due ossa parietali si fonde una striscia di cellule ectodermiche
[19]. L’epigenetica morfologica della formazione ossea e dei distretti muscolari dimostra come,
durante lo sviluppo, la dimensione di un osso influisce sulla dimensione dei muscoli e viceversa; se
il tessuto osseo aumenta, diminuisce la dimensione dei muscoli che si attaccheranno nella medesima
area e viceversa, se la dimensione dei muscoli aumenta, diminuirà la dimensione del futuro tessuto
osseo [20]. Il tessuto osseo e la muscolatura interagiscono durante lo sviluppo e durante la vita adulta,
in quanto secernano ormoni e fattori di crescita che influenzano il comportamento in maniera
vicendevole, tramite azioni autocrine e paracrine [16]. Per fare un esempio, a seconda della tipologia
di contrazione muscolare verrà prodotta una quantità di miostatina maggiore (contrazione eccentrica);
se sussiste un aumento di miostatina sintetizzata, come con l’avanzare dell’età e presenza di
sarcopenia, tale fattore di crescita avrà un effetto anti-osteogenico con un peggioramento di diversi
quadri clinici [21-23].
Per la FORCE, il tessuto osseo viene considerato come tessuto fasciale, grazie alla doppia derivazione
embriologica [8]. Come per le meningi, dove ogni area influenza aree meningeali vicine e distanti
tramite la tensione meccanica, avvertita e prodotta, così le cellule che costituiscono il tessuto osseo
sono consapevoli di cosa accade nell’area in cui sono posizionate e in aree distanti dell’osso quando
sussiste una variazione meccanica [16,24].

Embriologia della fascia: tessuto miofasciale


Se il tessuto osseo deriva dal foglietto ectodermico e mesodermico, tramite l’orchestrazione di
molteplici fattori biochimici e l’intervento di skeletogenic cells e condrociti, il tessuto connettivo che
si compenetra con il tessuto contrattile ha la medesima doppia origine [25]. Il tessuto connettivale del
cranio che si fonde con la muscolatura striata volontaria, così come si fonde con la muscolatura che
formerà il complesso linguale e dell’area sottoioidea, deriva dall’ectoderma [8]. La muscolatura del
tratto cervicale, come il muscolo trapezio e lo sternocleidomastoideo, dimostrano una combinazione
di tessuto connettivo ectodermico e mesodermico [8]. Perché escludere l’origine ectodermica? La
FORCE include nella definizione di tessuto fasciale, la muscolatura striata volontaria e connettivale,
seppure non sempre con la stessa origine ontogenica [8]. Il tessuto miofasciale (muscolo e
connettivo), presentano caratteristiche simili. Le diverse proteine che costituiscono la macrostruttura
miofasciale, come le proteine del sarcolemma e sub-sarcolemmali, gli interfilamenti (IFs), le proteine
cellulari e nucleari, e le proteine che formano il connettivo (glicoproteine e proteoglicani), rispondono
alle tensioni meccaniche e sono in grado di trasportare l’informazione meccanica dall’esterno verso
l’interno della cellula e viceversa. Il distroglicano (α e β), è un complesso proteico del sarcolemma,
capace di gestire bi-direzionalmente le tensioni meccaniche (pressione, alterazione della posizione e
forma), in modo che la cellula sia in grado di ottenere un adattamento fisiologico alle variazioni
meccano-metaboliche del suo interno e dell’esterno (matrice extracellulare); se questa capacità viene
meno, o la sua presenza viene a mancare o a diminuire, la cellula non sarà più capace di adattarsi e
sopravvivere, con la formazione di distrofia muscolare [26]. La distrofina o proteina sub-
sarcolemmale che penetra il citosolo e il sarcolemma, fondamentale per ammortizzare correttamente
le diverse alterazioni meccano-metaboliche; quando carente o mancante, si sviluppano la distrofia di
Becker e di Duchenne, rispettivamente [27]. Una delle proteine che costituiscono il complesso
proteico degli IFs e che collegano il sarcolemma alla membrana cellulare, è la desmina. Quest’ultima
permette di mantenere la forma e la funzione della cellula muscolare, senza la quale si riscontrerebbe
un’alterazione funzionale contrattile e una desminopatia [28,29]. La teletonina è una delle tante
proteine sarcomeriche, capace di mantenere l’integrità strutturale di membrana e del citoscheletro,
così come la lamina, una proteina della membrana nucleare, in grado di gestire le tensioni meccaniche
che le pervengono; in caso alterazione di tali proteine, possono verificarsi patologie muscolari, come
la limb girdle muscular dystrophy e una laminopatia [30,31]. La fibrillina di tipo 1 è una glicoproteina,
fondamentale per mantenere un’omeostasi meccano-metabolica e per la gestione della forma
dell’impalcatura connettivale; una sua alterazione funzionale e di percentuale di presenza andrà a
creare patologie, come la Marfan syndrome [32]. I sindecani sono proteine transmembrana, definitite
come proteoglicani, sono strutture ubiquitarie; svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione
dello sviluppo dei motoneuroni e una loro deficienza potrebbe causare disturbi motori [33].
Quando un arto si muove, tutte queste strutture che compongono il sistema miofasciale (e non solo)
sono attivate e collegate. Ugualmente, quando un’area miofasciale è sottoposta a trattamento
chirurgico, fisioterapico o osteopatico, o chiropratico, nessuno può affermare quale componente
microscopica non è coinvolta, in quanto il macroscopico è la risultante dell’aggregazione e
compenetrazione del microscopico. Tutte le proteine e altri composti molecolari concorrono alla
funzione finale del sistema miofasciale. Quando si effettua un intervento chirurgico per trasferire un
distretto tendineo per ristorare la funzione di un muscolo, si ledono le componenti microscopiche e
macroscopiche; la funzione finale rimane alterata [34]. Quando si effettua un trattamento osteopatico
o chiropratico su un’area miofasciale, tutto quello che rappresenta la struttura lavorata migliora; non
è possibile dividere la componente prettamente contrattile da quella prettamente elastica [35,36]. Un
approccio fisioterapico per ridurre le afferenze nocicettive da un’area miofasciale in presenza di
trigger points, influenzerà sia la componente contrattile come aiuterà la componente elastica [37].
Partendo dalle componenti microscopiche si può arrivare alla conclusione che il macroscopico non
ha strati, ma possiede una continuità assoluta. L’immaginario collettivo si rivolge al termine strato
come una struttura bi-dimensionale ma, in realtà, tutto il corpo è un complesso tridimensionale, dove
le cellule si interconnettono direttamente e indirettamente (attività elettrica, ormoni, sostanze
biochimiche, tensioni meccaniche). Pensare che durante una dissezione anatomica o un intervento
chirurgico per rimuovere un tessuto significhi solamente eliminare qualche strato, equivale ad
affermare che il corpo umano è un insieme di cellule che formano tessuti non in connessione tra loro.
Quando un tessuto è rimosso, tutto il corpo è coinvolto e si deve adattare, e tutti i sistemi connessi
direttamente a quel tessuto (filamenti nervosi, vie vascolari e linfatiche, fluidi extracellulari, cellule
riscontrabili in più tessuti) sono coinvolti negativamente.

Embriologia della fascia: muscolatura liscia e striata non volontaria


Il tessuto fasciale solido è in grado di contrarsi. Un esempio è la capacità ciclica di contrazione dei
fibroblasti, strutture ubiquitarie, laddove una loro alterazione costante produce un effetto di
contrattura permanente, trasformandosi in miofibroblasti [38,39]. La possibilità di contrazione del
tessuto fasciale grazie alle sue componenti fibroblastiche è una nozione nota già dal 1968 [40]. Dal
foglietto mesodermico deriva la muscolatura liscia del tratto gastrointestinale e dell’apparato
escretore [41]. Il mesoderma si divide in mesoderma intermedio, parassiale e come piatto laterale; da
quest’ultimo deriva la muscolatura liscia e striata muscolare, così come la muscolatura striata
involontaria [41]. Dal piatto laterale del mesoderma deriveranno diverse componenti del sistema
gastrico in una perfetta sinergia con il foglietto endodermico; il movimento e l’elasticità viscerale
dipendono interamente dal mesoderma, grazie ai fibroblasti e ai miofibroblasti per loro componente
contrattile (alpha and gamma-smooth muscle actin) [41]. Durante lo sviluppo, le cellule muscolari
lisce sono fondamentali per la corretta migrazione e posizione del sistema enterico, mentre nello
stadio adulto, le cellule lisce sono importanti per un corretto funzionamento del sistema enterico [41].
Un’altra proteina mesodermica che si riscontra nella muscolatura liscia (e in tutti i tessuti) è il telocita;
quest’ultima permette una corretta comunicazione tra l’attività elettrica intestinale e la contrazione
muscolare [41]. Il sistema digerente inizia dalla bocca e termina all’ano e possiamo trovare
componenti muscolari viscerali in diverse strutture, come la faringe e l’esofago. La muscolatura della
faringe è di tipo striata involontaria e ricca di tessuto elastico; tutta la muscolatura che governa la
faringe deriva dal mesoderma [41]. L’esofago che deriva dal mesoderma, possiede una porzione di
muscolatura liscia (inferiormente) e una porzione di muscolatura striata (superiormente); in
particolare, la muscolatura striata deriva dal piatto mesodermico laterale [41]. La cistifellea deriva
dal mesoderma e viene riccamente rivestita da muscolatura liscia (muscularis propria), così come il
dotto biliare (muscularis mucosae); grazie alla elasticità muscolare, entrambe le strutture sono in
grado di gestire correttamente le tensioni meccaniche che avvertono, e adattare la loro struttura [41].
Un trattamento manuale viscerale è in grado di migliorare le funzioni digestive in pazienti sottoposti
a chemioterapia per tumore al seno, così come migliorano i parametri di funzionalità nell’area di
dolore lombare, dopo un trattamento viscerale addominale con approccio manuale [42,43].
L’approccio manuale ha gli stessi principi per un trattamento di tipo miofasciale, e si potrebbe parlare
di viscerofascia [44].
Il mesoderma viscerale fornirà lo scheletro cartilagineo della laringe (lamina propria) e del sistema
vascolare laringeo; la muscolatura striata involontaria della laringe, estrinseca e intrinseca, deriva dal
IV e VI arco faringeale mesodermico [41]. Proseguendo con le vie respiratorie, la porzione antero-
laterale della struttura cartilaginea tracheale, e l’area posteriore, derivano dal mesoderma; l’area
posteriore si fonde con la muscolatura liscia [41]. Durante lo sviluppo della trachea, la futura
muscolatura tracheale, tramite la sintesi di alcuni fattori di crescita, permette all’endoderma di
formare correttamente la restante parte interna dell’organo tracheale [41]. La muscolatura liscia della
trachea si contrae ritmicamente nell’adulto, creando una specie di peristalsi e permettendo in questo
modo di stimolare i processi meccanostraduttivi e mantenere la forma e la funzione della trachea [41].
La porzione cartilagine esterna dei bronchi e la muscolatura liscia derivano dal mesoderma, così come
le pleure (viscerale e parietale) originano dal mesoderma [41]. Ci sono diverse tipologie di recettori
sulle pleure e grazie alla intrinseca capacità elastica, questi ultimi informano il sistema nervoso
centrale della capacità espansiva polmonare, o se è presente un patogeno che limita il movimento
polmonare; viene stimolato di riflesso, grazie a queste afferenze, il sistema immunitario e la salute
respiratoria [41]. Sebbene l’approccio manuale al sistema respiratorio non trovi delle evidenze certe,
l’approccio manuale all’ambito polmonare è sicuro, con risposte positive di alcuni parametri
respiratori (forced expired volume in 1 second - FEV1) e il volume residuo (RV) [45,46].
Diverse altre strutture viscerali contengono tessuto muscolare liscio con derivazione mesodermica,
come il parenchima della milza, la peritoneal membrane e la parietal peritoneum, compresa la visceral
peritoneum; tutta la muscolatura liscia degli ureteri, il muscolo sfintere striato (o esterno) dell'uretra,
la capsula fibrosa del rene (con fibre contrattili lisce), la capsula della adrenal gland, la muscolatura
della vescica e dell’utero derivano dal foglietto mesodermico [41]. Grazie alla presenza di derivazione
mesodermica, questi tessuti si adattano molto velocemente a stimoli meccano-metabolici, gestendo
la funzione viscerale tramite le informazioni che ricevono e che rimandano [41].
La muscolatura striata involontaria o miofascia cardiaca, secondo alcuni Autori, deriverebbe da un
quarto foglietto mesodermico o mesoderma cardiogenico [47]. Le cellule e futuri cardiomiciti si
uniranno alle cellule ectodermiche (primo campo cardiaco); durante lo sviluppo, i miociti derivanti
dal mesoderma si orienteranno verso la formazione dai cardiomiciti o verso electrical conduction cells
[47]. Le informazioni meccaniche che il cuore riceve e manda, tramite le diverse pressioni sanguigne,
il movimento del diaframma respiratorio, l’espansione polmonare, rivestono un ruolo principale per
il proseguimento fisiologico della sua funzione; il cuore è in grado di cambiare forma e posizione a
seconda della necessità o delle tensioni meccaniche presenti [48].
La muscolatura liscia, contrattile volontaria e involontaria, compenetrata da collagene, hanno
molteplici caratteristiche in comune. Per ogni respiro, ad ogni movimento del corpo e ad ogni battito
cardiaco, tutte le cellule muscolari, indipendentemente dal loro fenotipo, sono soggette a informazioni
meccano-metaboliche [49]. E questo concetto parte dal microscopico, ovvero, dalle strutture
molecolari che compongono le cellule. Una deformazione delle cellule accade anche senza
perturbazioni meccaniche esterne, tramite fenomeni noti. Tramite la polimerizzazione citoscheletrica
di gruppi di actina o singoli filamenti proteici che attivamente spingono la membrana dall’interno, o
tramite forze idrostatiche dell’interno della cellula che permettono alle stesse strutture di gonfiare la
membrana; così facendo le cellule possono sondare l’ambiente esterno, creando dei sottili filamenti
o filopodia or possono invadere la matrice extracellulare tramite filamenti detti invadopodia [49]. La
cellula è in grado di ritirare questi filamenti sottili tramite forze contrattili, grazie alla miosina di tipo
II che scorre sull’actina; le informazioni che tornano alla cellula permette al messaggio meccano-
metabolico, tramite anche la depolimerizzazione dei microtubuli e dell’actina, di giungere al nucleo
cellulare e muovere cromosomi e stimolare la citochinesi [49]. Considerando che le fibre muscolari
(lisce e striate) sono compenetrate nelle differenti strutture dell’organo stesso, sono fuse con
collagene, o sono limitrofe a molteplici strutture (ossee, viscerali, muscolari, nervose, vascolari e
linfatiche), e sono le medesime fibre che permettono la distribuzione della tensione meccanica e poi
metabolica avvertita o creata, possiamo considerare le fibre contrattili come fascia [50].
Questo concetto non incontra sempre l’avvallo di alcune organizzazioni; ciò nonostante, come capita
spesso nella pratica clinica, il cambiare opinione non è immediato: “Sometimes, long-held beliefs
must be challenged and disregarded” [51].

Embriologia della fascia: fascia liquida


Chi decide quale tipologia di tessuto fasciale considerare e quale non considerare? Probabilmente, a
seconda della professione o specializzazione, un aspetto del tessuto fasciale sarà tenuto in
considerazione, rispetto ad altri. L’osteopatia, la quale riveste nella FORCE un aspetto preponderante,
ha un approccio multidisciplinare e con tecniche manuali in grado di agire su tutti gli aspetti fasciali
[52,53]. Il sangue, la linfa e il liquido cefalorachideo rappresentano la fascia liquida. Questi fluidi
corporei derivano dal mesoderma e in piccola parte dall’ectoderma [24,53]. In particolare, il
cerebrospinal fluid (CSF) deriva inizialmente dal fluido placentale, mentre con il proseguimento dello
sviluppo e della formazione del sistema nervoso centrale, il CSF verrà prodotto dal mesoderma [24].
Quando il periodo embrionale termina con la presenza di sketches of the choroid plexuses (41 days
of gestation), il CSF verrà sintetizzato da aree collegate all’ectoderma (neuroepitelio) [24]. Circa il
99% del CSF è acqua e solo l’1% circa è fluido corporeo [24]. Quando viene prodotto dal
neuroepitelio, il CSF esercita delle forze espansive per stimolare lo stesso neuroepitelio a crescere;
inoltre, le cavità cerebrali che si stanno formando hanno una matrice extracellulare ricche di
chondroitin sulfate proteoglycan, le quali, sotto stimolo di crescita, ritengono acqua, influenzando le
pressioni idrostatiche e ulteriore crescita cerebrale [54]. Hemangiogenic progenitors cells derivanti
dal mesoderma, grazie alla presenza di fetal liver kinase 1 (Flk1), sono in grado di stimolare la
formazione di sangue, l’endotelio dei vasi e cellule muscolari lisce e cardiomiociti [55].
La porzione corpuscolare dei fluidi, come il sangue, è in grado di cambiare il proprio volume (tramite
traffico di ioni intracellulari), in modo da adattarsi al volume degli spazi in cui sono presenti e
viaggiano [56]. I fluidi corporei o fascia liquida sono responsabili per lo stimolo morfogenico e
morfogenetico [57]. Per fare alcuni esempi, lo spostamento dei fluidi nei canalicoli ossei in presenza
di carico meccanico, stimolano i processi di adattamento e gli osteociti a mantenere l’equilibrio di
crescita/descrescita tra osteoblasti e osteoclasti [58]. Il flusso sanguigno tramite le stimolazioni
meccaniche verso le cellule (shear stress), è in grado di stimolare i recettori che rispondono al
cambiamento di pressione dei fluidi, migliorando durante lo sviluppo la formazione dell’utero [59].
Recettori fondamentali per il rilascio di calcio verso linterno della cellula (troponina transient receptor
potential di tipo 1 e 2), innescando la contrazione muscolare con il complesso actomiosina, sono
stimolati grazie alla presenza di shear stress da parte dei fluidi corporei [60]. I fluidi corporei sono
viscoelastici, e a seconda della loro viscosità, sono in grado di influenzare oscillazioni meccaniche e
elettromagnetiche; la frequenza dell’oscillazione dipenderà dal grado di elasticità dei fluidi, secondo
la fisica dei fluidi [61,62]. I fluidi determinano come sarà l'ambiente meccanometabolico dei tessuti
solidi; se i fluidi corporei non avranno una corretta informazione meccanica, il risultato finale dello
sviluppo dei tessuti sarà alterato, con riscontro di patologie [57, 63]. Il sistema linfatico nascerebbe
dal sistema venoso (mesoderma) durante i processi ontogenetici; nei topi, il sistema linfatico nasce
dalla vena cardinale, grazie ad alcune cellule endoteliali che iniziano a formare la prospero homeobox
transcription protein 1, il quale è una proteina coinvolta nello sviluppo di tessuto linfatico (e di altre
strutture) [64]. Dopo la comparsa del fattore di crescita, la presenza di vascular endothelial growth
factor C permette la crescita e la ramificazione delle cellule ex-endoteliali a formare il primo plesso
linfatico; altre cellule endoteliali non specializzate e con orientamento emogenico, aiuteranno la
formazione del tessuto linfatico, durante la linfangiogenesi embrionale, così come altre cellule degli
organi bersaglio (cuore, epidermide, intestino) [64]. Durante l’embriogenesi, i fluidi corporei,
compresa la linfa e il cerebrospinal fluid, permettono la stimolazione di geni specifici e la creazione
delle strutture corporee finali nelle forme che noi conosciamo [65]. Il continuum fasciale, solido e
fluido, è una ragnatela e qualsiasi stimolo presente non può sfuggire perché, indipendentemente dalla
natura dello stressor, tutta la rete ne viene a conoscenza e si adatta.
L’ambiente cellulare e extracellulare vengono influenzati dagli stimoli meccanici-metabolici
(mechanoreciprocity), e tra questi stressor, ritroviamo le forze dei fluidi corporei [66]. Sappiamo che
un aumento di stiffness del tessuto della ghiandola mammaria o un aumento di collagene, altera
l’ambiente meccano-metabolico, favorendo la formazione di tumori [66]. L’aumento della pressione
dei fluidi dentro, attorno e tra cellule, è un altro fattore importante dell’aumento dello stiffness della
ghiandola mammaria (e altri tessuti), e viene considerata un altro fattore potenzialmente patogenico
[66,67].

Nomenclatura fasciale 2021


Ci sono molti concetti legati al continuum fasciale, come la biotensegrità e le catene fasciali. Il primo
termine deriva dall’architettura o tensegrità, la quale parola nasce dalle idee del designer R.
Buckminster Fuller nel 1960 [57]. Il modello architettonico venne traslato nella biologia umana,
prima nel 1977 con la colonna vertebrale e poi con la struttura cellulare nel 1993, per opera del Dr
Robbie e del Dr Ingber, rispettivamente [57]. La parola biotensegrità fu dettata dal Dr Levin, per
mezzo di un abstract nel 1981 presso il 34th Annual Conference on Engineering in Medicine and
Biology [57]. Quello che sottende il termine biotensegrità, è che la struttura solida (ossa e miofascia)
siano interdipendenti. La biotensegrità non considera la presenza dei fluidi corporei e, inoltre, è
dimostrato che uno stressor meccanico non influisce su tutta la cellula, ma solo in alcune zone. La
membrana cellulare trasporta in maniera non omogenea la tensione meccano-metabolica avvertita, e
non tutta la membrana risponde all'unisono alla stessa tensione; una deformazione di membrana può
attivare risposte biochimiche solo localmente, oppure, attivare riposte distanti, ma senza
necessariamente attivare la meccanotrasduzione dove la deformazione meccanica è avvenuta [68].
Questo significa che il fenomeno della meccanotrasduzione coinvolgerà i recettori o i canali ionici
posizionati in una determinata area della cellula, a prescindere dallo stimolo che deforma la
membrana [68]. Qui finisce la biotensegrità. Il termine che la FORCE ha ideato per meglio
comprendere i meccanismi di risposta delle cellule e dei tessuti, coinvolgendo i fluidi corporei (senza
i quali non esisterebbe la forma e la funzione che conosciamo) è fascintegrity [7,57,69].
La visione di un continuum miofasciale, ovvero una continuità del tessuto miofasciale dove la
tensione di un distretto influenza tutti gli “anelli” della catena, la ritroviamo in diversi autori: Busquet
(1992); Souchard (1993); Myers (1997); Paoletti (1998) [7]. Studi recenti avvallano tale visione,
utilizzando gli schemi ideati dagli autori citati precedentemente, per risolvere problemi legati al
dolore in area lombare per degenerazione vertebrale e per migliorare la performance atletica, anche
se abbiamo bisogno di ulteriori conferme [70,71]. Mancano ancora studi che dimostrino se le catene
mioviscerali, ovvero il sistema mesodermico che collega i visceri e i muscoli (diaframma, capsula di
Glisson, fascia endotoracica e altri collegamenti), abbiano un’influenza sul movimento e su distretti
localizzati e distali [72,73].
Alla luce da quanto esposto e del materiale in letteratura, secondo la visione della FORCE e da quanto
pubblicato precedentemente, descriviamo quello che potrebbe essere considerata come nomenclatura
fasciale aggiornata: The fascia is any tissue that contains features capable of responding to mechanical
stimuli. The fascial continuum is the result of the evolution of the perfect synergy among different
tissues, liquids and solids, capable of supporting, dividing, penetrating, feeding, and connecting all
the districts of the body: epidermis, dermis, fat, blood, lymph, blood and lymphatic vessels, tissue
covering the nervous filaments (endoneurium, perineurium, epineurium), voluntary striated muscle
fibers and the tissue covering and permeating it (epimysium, perimysium, endomysium), ligaments,
tendons, aponeurosis, cartilage, bones, meninges, involuntary striated musculature and involuntary
smooth muscle (all viscera derived from the mesoderm), visceral ligaments, epiploon (small and
large), peritoneum, tongue. The continuum constantly transmits and receives mechano-metabolic
information that can influence the shape and function of the entire body. These afferent/efferent
impulses come from the fascia and the tissues that are not considered as part of the fascia in a bi-
univocal mode [47].
Ulteriori studi dovranno essere svolti per comprendere pienamente le funzioni e gli aspetti descrittivi
del continuum fasciale; sicuramente, la ricerca deve essere sempre scevra da interessi economici,
oppure, il risulttato sarà sempre viziato: “Research should always be free from lucrative financial
intentions, just as researchers should not have the objective of earning money by limiting the
knowledge and clinical application of information to the exclusion of other health professionals.” [8].

Conclusion
L’articolo ha rivisto concetti legati al sistema fasciale e le più aggiornate ricerche e articoli per dare
una definizione e nomenclatura di quello che potrebbe essere considerato il continuum fasciale,
sottolineando alcune connotazioni cliniche e patologiche. Il testo ha illustrato alcune nozioni
embriologiche, in quanto gli autori credono che partendo dalla conoscenza dell’origine dei tessuti, è
possibile individuare la più corretta connotazione del medesimo tessuto. Rispetto alle precedenti
pubblicazioni scientifiche del gruppo FORCE, il quale racchiude studiosi e professionisti di tutto il
mondo e con titoli accademici differenti, abbiamo aggiunto delle strutture anatomiche non citate sino
ad ora, come i legamenti viscerali, epiploon (small and large), and peritoneum.
Concludiamo con un’ultima riflessione, ovvero, la conoscenza non è un punto di arrivo ma, piuttosto,
un’ampia base per trovare ulteriori domande.
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