Sei sulla pagina 1di 3

Oggi vi parlo di un argomento che reputo estremamente interessante:

l’automazione. Questo è un episodio di livello avanzato, quindi vi consiglio di


andare sul sito podcastitaliano.com per leggere la trascrizione con la traduzione
delle parole e espressioni più difficili. Forse avete già sentito la parola
“automazione”. Vi riporto la definizione del dizionario Garzanti:”l’automazione
è l’introduzione di processi produttivi meccanici, specialmente guidati da sistemi
elettronici, in cui l’intervento manuale dell’uomo è ridotto al minimo”.
Detta in modo semplice, si tratta di macchine, robot, algoritmi, ecc., ovvero
strumenti atti a (aimed at) semplificare di gran lunga (significantly) il lavoro
umano.
Già nell’antichità (in ancient times) l’uomo costruiva strumenti – “muscoli
meccanici” – per semplificarsi il lavoro, a tal punto che al giorno d’oggi in
molti paesi meno del 5 % della popolazione è impiegata
nell’agricoltura, senza che ciò pregiudichi (without detriment, without
affecting) l’abbondanza di cibo, che, nell’occidente almeno, è data per
scontata (taken for granted). 200 anni fa la rivoluzione industriale ha
accelerato moltissimo questo processo, che non s’è mai fermato, ma, anzi,
continua ad accelerare di pari passo con (in step with, hand in hand with) il
miglioramento degli standard di vita. E oggi stiamo entrando in un’era in cui
gli strumenti da noi creati sono delle vere e proprie “menti meccaniche”.
Quando pensiamo a scenari apocalittici in cui i robot si ribellano ai loro creatori
umani, ci viene da ridere. Ma stiamo parlando di qualcosa di molto diverso,
ovvero un mondo in cui i robot fanno i nostri lavori meglio di noi e a costi
inferiori.
Molti dubitano che gli umani possano diventare obsoleti e che i loro lavori
possano essere automatizzati. Anche se lo fossero, dicono, ci
adatteremo (we will adapt, “adattarsi”) come abbiamo sempre fatto. Il
problema è che la rivoluzione a cui ci stiamo avvicinando (we’re
approaching) è fondamentalmente diversa. L’era digitale porta con sé (brings
with it) l’intelligenza artificiale, che diventerà presto più efficiente di noi
umani nello svolgimento di (in carrying out) diversi compiti. Già oggi
possiamo osservare come i cosiddetti “bot”, che non sono robot con un
corpo fisico ma “software”, stanno diventando sempre più bravi a svolgere
mansioni in passato affidate esclusivamente a persone. I cosiddetti “colletti
bianchi” (white-collar workers) potrebbero essere tra le prime “vittime”
dell’automazione di massa (mass automation) secondo chi si interessa
dell’argomento.
Il nocciolo della questione (the bottomline is, the fact of the matter is..) è che la
tecnologia per la prima volta sta diventando più efficace nello svolgere
compiti che necessitano di intelligenza, qualità che in passato era ad
appannaggio (a prerogative of) degli esseri umani (e non delle “stupide
macchine”). Ma ciò sta cambiando, e non importa che questa “intelligenza”
sia fondamentalmente diversa dalla nostra, perché questo non toglie (this
doesn’t change the fact) che sarà comunque più efficace della nostra in molte
situazioni, e non potrà che migliorare ulteriormente.
Una delle aree in cui presto vedremo gli effetti positivi e negativi
dell’automazione sono i trasporti. Sentiamo parlare sempre più spesso di
“veicoli autonomi” (self-driving cars); Google già da diversi anni li sta
testando con successo, ma anche altre compagnie come Tesla, Apple e più
recentemente Uber (che intende sostituire i guidatori umani con una flotta di
veicoli autonomi), puntano fortemente (stongly bet on) su questa tecnologia. I
veicoli autonomi sono già adesso migliori di noi per quanto riguarda la
sicurezza stradale. Pensate che ogni anno più di un milione di persone in
tutto il mondo muore in incidenti stradali, i quali sono la nona causa di
morte nel mondo: un
numero esagerato (dispoportionate) e inammissibile (inadmissible,
unacceptable), soprattutto se la tecnologia può aiutarci a ridurlo
drasticamente.
Tutto questo è molto interessante, ma proviamo a pensare quante persone lavorano
attualmente nei trasporti: tassisti, camionisti (truck drivers / camion = truck),
conducenti di autobus, tram, treni, metropolitane ecc. Si tratta di 70 milioni di
impieghi a livello mondiale, che potrebbero potenzialmente scomparire.
Alcuni sostengono (claim) che nei prossimi 20 anni addirittura il 45 % dei
lavori che costituiscono attualmente (that now make up) il mercato americano
potrebbero essere automatizzati. Queste sono cifre elevate: difficilmente sapremo
adattarci con sufficiente rapidità (quickly enough), perché è improbabile che si
verranno a creare lavori che anche i robot non sapranno fare, o non impareranno a
fare in breve tempo e meglio di noi. Inoltre, la maggior parte dei lavori più
comuni esistevano in una qualche forma già 100 anni fa: al contrario di quanto si
pensi (contrary to popular belief), la tecnologia non ha creato una grande quantità
di nuovi lavori.
I bot potranno non solo sostituire i “colletti bianchi”, ma anche gli avvocati (il
ruolo di ricerca e analisi di dati tra montagne di carte e documenti è fatto in
modo molto più efficace dai bot), i baristi, i dottori, i giornalisti, persino i
creativi. Ci sono algoritmi capaci di comporre musica e arte. A San
Francisco ho avuto modo di visitare il primo ristorante completamente
automatizzato del mondo, e ne sono stato molto colpito (I’ve been very
impressed by it).
Uno dei motivi per cui questo è possibile, consiste nel modo in cui i bot
sono capaci di migliorarsi da soli: sono capaci infatti di imparare a svolgere
un compito correttamente, tramite l’analisi di quantità enormi di dati, senza
che debbano essere programmati (without them having to be
programmed) direttamente a farlo. Mio padre lavora nel campo del
riconoscimento vocale (ovvero software, come Siri per l’iPhone, in grado
di comprendere il linguaggio umano) e mi spiega come anche in
quell’area predomini questa tecnologia, chiamata “reti neurali”, che è la
stessa che permette a Google di indovinare il contenuto di un’immagine e di
migliorare le performance dei suoi veicoli autonomi.
L’automazione non è né buona né cattiva, ma inevitabile. Se un’azienda
inizia a farne uso (use it/make use of it), le altre dovranno fare lo stesso se
vogliono rimanere competitive. Ma se
la disoccupazione (unemployment) aumenta, chi comprerà i prodotti di quelle
stesse aziende? Sempre meno (less and less) persone, portando di
conseguenza meno introiti alle aziende, le quali saranno incentivate a
tagliare ancora di più i costi automatizzando ulteriori posti di lavoro. E’
un circolo vizioso irrisolvibile (unsolvable vicious cycle) .
Alcuni esperti avanzano l’idea (suggest, propose) di un reddito di base
universale (universal basic income) : ogni persona riceverebbe una quantità
di denaro per il semplice fatto di esistere. Non voglio dilungarmi
troppo (dwell / the object is not necessary) quindi non entrerò nel dettaglio; in
ogni caso il fenomeno dell’automazione sarà con ogni probabilità
talmente impattante (that has a great impact) per la nostra società che
qualche misura di questo tipo sarà necessaria.
In conclusione penso che questo argomento di cui nei prossimi anni ne
sentiremo parlare sempre di più, ed è qualcosa a cui dobbiamo pensare
seriamente se vogliamo essere preparati a vivere nel mondo che verrà (in
the world to come).

Potrebbero piacerti anche