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Gli Elvezi si arrendono

Gli Elvezi, credendo di avere territori stretti e volendo occupare nuove sedi, da cui possano estendersi di più e fare
guerra facilmente con i vicini, decisero di lasciare il proprio paese. Così sono state promesse grandi ricompense, e
ottennero dai vicini dei confini il permesso di passare per i loro territori. Ma Cesare, poiché sapeva che gli Elvezi,
nemici del popolo romano, e pensando che i loro spostamenti possano mettere in pericolo la provincia romana,
decise di togliere gli accampamenti e avanzò contro loro. Gli Elvezi, che si erano vantati di essere i più forti del
mondo, pensarono di respingere i romani, ma, dopo essere stati vinti in numerosissimi scontri, implorarono la
clemenza di Cesare, il quale accettò la loro resa.

Che cosa significa essere grati

Il ricordo dei benefici  non solo è la massima virtù, ma anche la madre di ogni virtù. Che cos'è infatti la devozione, se
non un atteggiamento grato nei confronti dei genitori? Quali sono i buoni cittadini, che vantano dei meriti della
patria, se non coloro che vogliono sempre preservare il ricordo dei benefici della patria? Chi sono i religiosi, chi i
devoti afli dèi, se non coloro i quali hanno preferito e vorranno sempre rendere gratitudine agli dèi immortali, con i
giusti onori e con mente memore? Quale vita, senza amici, può essere piacevole? Inoltre, quale amicizia può essere
tra ingrati? Chi c'è tra noi, un uomo libero educato, che non vorrebbe mantenere il ricordo dei maestri e degli
eruditi, o del luogo stesso in cui venne alla luce e dove saziò lo spirito grazie alle arti liberali? E dunque è
caratteristico dell'essere umano sentirsi obbligato non solamente da un favore, ma anche da una dimostrazione di
benevolenza.

Empietà di un tiranno

In merito a Dionigi, il tiranno di Siracusa, vengono tramandate queste cose: egli era solito aggiungere alle sue
empietà battute scherzose, infatti era presente a Locri (che dista da Siracusa all'incirca duecento miglia) e volle
assalire il santuario di Proserpina. Dopo che lo ebbe depredato, mentre si recava in patria con la flotta, attraverso il
mare aperto con il vento favorevole, egli non temeva la collera degli dèi, ma rideva, e disse agli amici: Vedete? Forse
dagli dèi immortali non viene concessa una buona navigazione a degli empi? Inoltre, sottrasse a Giove Olimpio un
mantello d'oro di grande peso, con il quale lo aveva abbellito il tiranno Gelo per mezzo dei proventi del bottino
cartaginese, e gli gettò sopra un mantello di lana, dicendo che un mantello d'oro era pesante in estate e freddo in
inverno, e che quello di lana invece giovava a Giove, e che senza dubbio il dio lo preferiva, perché esso era più adatto
ad ogni stagione dell'anno.

Il casus belli per la conquista della gallia

Presso gli Elvezi, Orgetorige fu di gran lunga e il più prestigioso e il più ricco. Avvenne che egli, durante il consolato di
M. Messalla e M. Pisone, per brama di potere, fece una congiura della nobiltà, e convinse la popolazione ad uscire
(lett: "che uscissero") dal proprio territorio con tutte le truppe: infatti gli Elvezi, per via del grande valore, erano
superiori a tutti al punto da impadronirsi del controllo di tutta la Gallia. Li convinse di ciò piuttosto facilmente, per il
fatto che gli Elvezi erano bloccati da tutte la parti dalla conformazione geografica della regione: da una parte dal
fiume Reno, larghissimo e profondissimo, che divide il territorio Elvetico dai Germani; da una seconda parte
dall'altissimo monte Iura, che si trova tra gli Elvezi e i Sequani; dalla terza (parte), dal lago Lemanno e dal fiume
Rodano, che divide la nostra provincia dagli Elvezi. A causa di queste cose, accadeva che essi si spostassero di meno
in largo, e che potevano muovere guerra meno facilmente ai confinanti, così che (quegli) uomini bramosi di guerra
erano pervasi da grande afflizione. Inoltre avevano una moltitudine di uomini tanto grande e una reputazione di
valore militare tanto grande, che ritenevano di avere un territorio misero. Vennero influenzati da queste
considerazioni e dal prestigio di Orgetorige, e stabilirono di preparare quelle cose che servivano per la partenza:
comperare il numero il più grande possibile di bestie da soma e di carri, fare le maggiori seminagioni possibile,
affinché, durante il viaggio, la quantità di grano bastasse, e rafforzare la pace e il rapporto d'amicizia con le
popolazioni più vicine.

Pirro alla conquista della Macedonia

Pirro, nella Sicilia, dopo essere stato sconfitto dai Cartaginesi in uno scontro navale, chiede, tramite dei portavoce,
una riserva di soldati ad Antigono, il re della Macedonia, dichiarando che, in caso contrario, è costretto a tornarsene
nel regno. Appena i portavoce hanno riferito il rifiuto, egli simula un'immediata partenza. Nel frattempo ordina che
gli alleati preparino la guerra, affidando la custodia della rocca di Taranto al figlio Eleno e all'amico Milone. Dopo
essere ritornato in Epiro, invade immediatamente il territorio della Macedonia; Antigono (gli) va incontro con
l'esercito ma, dopo essere stato sconfitto nello scontro, viene messo in fuga. Ed in questa maniera Pirro accolse la
Macedonia in resa e, dopo che ebbe compensato la perdita della Sicilia e dell'Italia con la conquista della Macedonia,
mandò a chiamare il figlio lasciato a Taranto e l'amico. Antigono, invece, insieme a pochi cavalieri, compagni di fuga,
si rifugiò a Tessalonica, al fine di riprendere da lì la guerra con un esercito mercenario di Galli. Venne sconfitto una
seconda volta da Tolomeo, il figlio di Pirro, in maniera definitiva; mentre fugge insieme ai compagni, va in cerca di
scappatoie di salvezza e luoghi deserti di fuga.

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