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Naturalismo

Nuovi movimenti nascono nella seconda metà dell’800, un periodo che fa da spartiacque. Tutte le novità
del periodo partono dalla Francia, a Parigi, dove ci sono più fermenti culturali. In questo periodo ci si è
allontanati dal romanticismo, ritenuto poco adeguato a rappresentare i movimenti della popolazione, che
non partono dalla borghesia ma proprio dal popolo, a causa delle loro situazioni misere (Rivoluzione
industriale). Tra le cause per questa situazione disastrosa c’è anche la sovrappopolazione. I temi del
romanticismo vengono messi da parte ed altre problematiche diventano più pressanti della natura e
dell’infinito. Uno dei nuovi movimenti è il naturalismo, che si diffonde anche in Inghilterra (Dickens) a
partire dalla Francia. Il naturalismo francese si pone nella posizione di raccontare ciò che stava accadendo,
senza una mediazione che interpretasse i temi rappresentati, riporta la realtà per come è. Nel verismo,
un’altra corrente che in Italia ci sarà con Verga, ci sarà una certa impersonalità da parte dello scrittore,
come nel naturalismo: l’artista non partecipa emotivamente all’opera. Il naturalismo avrà in realtà due
sfaccettature: una di queste si interessa dei temi sociali e li mette in evidenza, sfocerà poi nei pittori realisti.
Il più noto è Courbet, ma ci sono anche Daumier e Millet. Questo, dopo la diffusione delle idee di Marx, era
stato influenzato dai movimenti socialisti. L’altro filone è invece quello che si interessa anche della scienza.
La metà dell’800 è il periodo delle Esposizioni Universali, c’era un continuo divenire di novità ed invenzioni.
Questo filone avrà dal punto di vista filosofico un pensatore che lo conduce: August Comte, che aprirà la via
al positivismo e all’impressionismo. Pittori impressionisti saranno Monet, Desar, Renoir…

Il realismo
Courbet
Courbet è il realista per eccellenza, dà via al movimento. I pittori, per mettere in mostra le loro opere, non
essendoci più la committenza, potevano esporre le loro opere nel Salòn, dove una giuria decretava i
partecipanti. Le opere di Courbet venivano tutte, immancabilmente, scartate, non rientravano nel gusto
dominante del periodo, tanto che nel 1850, dopo l’ennesimo rifiuto, Courbet si costruisce una baraccuccia
davanti al Salòn e ci mette i suoi quadri, chiamandola Padiglione del realismo, è considerabile un atto di
rivolta. Questo Padiglione avrà più successo dei quadri al Salòn e fece grande scandalo, in quanto era
un’artista che voleva mettere a nudo la realtà (molto letteralmente). Realizza un quadro famosissimo che è
l’Origine del mondo, un particolare preciso dell’intimo femminile, un quadro commissionatogli da un ricco
arabo. Questo poi è stato sempre nascosto, ed oggi è messo in mostra nel Museo d’Orsay a Parigi. I suoi
quadri fanno scalpore sia per la nudità che per i soggetti. Per diversi quadri è infatti finito in galera, ma non
solo per questo: fu anche accusato, una volta repressa la Comune di Parigi, di aver dato il comando di
abbattere la Colonna fatta realizzare da Napoleone con la fusione delle armi dei vinti, e di essere stato al
capo (a causa delle sue idee socialiste), dal punto di vista intellettuale, della Comune.
Formazione
La sua formazione si attua con opere di Delacroix, e riprende infatti la sua impostazione, ma si basa sul voler
rappresentare una realtà sociale scomoda per il tempo, e la maggior parte delle sue opere rientrano
proprio in questo volere. Fa anche però delle opere autobiografiche. La sua carica rivoluzionaria sta proprio
nello sbattere una realtà vera in faccia ad una società che di questa realtà non voleva saperne, anche se
sempre in modo distaccato: in Delacroix ad esempio c’era molto più impatto e partecipazione emotiva,
mentre in Courbet no: è l’osservatore che deve cogliere la forza rivoluzionaria delle opere. Courbet inoltre
era contro qualsiasi scuola, diceva che l’arte non poteva essere insegnata e che i giovani artisti dovevano
guardare come operava il maestro, ma lui non doveva spiegare. Diceva anche che nel realismo l’opera più
era brutta e più era vera, ciò è per dire che nella realtà prevale il brutto e l’idealizzazione è da evitare.
Indaga quindi diversi ambiti del sociale, tra cui anche i sentimenti, ad esempio nel funerale d’Ornans, dove
è totalmente assente l’emozione nei partecipanti, e questi vanno solo in quanto devono. Indaga anche sulla
sessualità ed in questo contesto sfocia anche nell’erotico (argomento tabù).

Gli spaccapietre (1849, Dresda, Gemaldegalerie)


Il quadro è l’icona del realismo, ci sono
tutti quei caratteri espressi dall’artista:
innanzitutto un soggetto umile, gli
spaccapietre, che tutto il giorno lavoravano
nella cava spaccando pietre. Vengono
rappresentati senza nessuna commozione,
non c’è partecipazione emotiva dell’artista,
che vuole rappresentare “l’eroismo della
realtà”. Il nostro sguardo è concentrato
proprio sui soggetti (gli spaccapietre), che
prendono il centro del quadro, rendendo
impossibile divagare su altro. In questo c’è
una forte opposizione al romanticismo, in
cui il paesaggio enorme faceva perdere nei dettagli: qui tutto è concentrato sulla terra, sulla realtà.
Nonostante tutto, queste figure sono rappresentate in modo quasi classico, hanno una loro composizione
geometrica importante (gli attrezzi formano l’asse della scena) ed il quadro è calibrato simmetricamente
(da una parte la cesta e dall’altra la pentola). Si vede inoltre che oltre allo spaccapietre c’è un giovinetto,
probabilmente il figlio, come a dire che quello dello spaccapietre è un destino che si ripete, dal quale è
difficile liberarsi. È la stessa situazione di cui parlerà Verga in Italia nel ciclo dei Vinti, in cui il destino
costringe nei ceti sociali. I colori sono terrosi, per dare l’idea della polvere che respirano tutto il giorno,
tutto questo contribuisce al vero che vuole rappresentare. In questo contribuiscono anche le toppe sui
vestiti, un po’strappati. Persino la natura, un po’scarna, è così per riflettere la miseria dei lavoratori. Questo
quadro fece scandalo perché rappresenta la realtà di coloro che non fanno parte degli acquirenti dei quadri
(borghesi), ma del proletariato, che sicuramente non aveva tempo e denaro da dedicare ai quadri.

Signorine sulla riva alla Senna (1857, Parigi)


Courbet indaga su una delle serie di
contraddizioni della società di metà secolo, tra
le tante, che era l’argomento dell’erotico: il
sesso al periodo era un tabù, non se ne poteva
parlare, tantomeno si poteva parlare
omosessualità. Questo è anche il periodo in cui
inizia ad esserci la letteratura un po’erotica
come Madame Bovary, in cui si inizia ad
indagare sulla sessualità, che fino a quel
momento era tabù. Presenta quindi questi
problemi in Signorine sulla riva alla Senna, un
quadro di dimensioni molto grandi (solitamente
destinate a soggetti epici), per questo criticato
quando presentato al Salon. Nel quadro sono
rappresentate due fanciulle vestite secondo il
gusto dell’epoca, sdraiate su un prato lungo la
riva del Senna a prendere il Sole e riposare. Il loro volto assonnato e gli abiti comuni confermano
l’intenzione dell’autore di rappresentare una scena comune. Le loro posizioni sono sciatte e goffe, è come
se fossero colte di sorpresa: quella in primo piano è assopita, mentre l’altra è immersa nei suoi pensieri,
poggiata sul braccio sinistro, con un mazzo di fiori nella mano destra. La loro sciattezza è sottolineata dalle
caviglie scoperte e dal leggero rossore in volto. Nonostante l’argomento comune Courbet dimostra grande
dedizione nel rappresentare la realtà in modo corretto, tanto da realizzare due opere preparatorie: un
dettagliato carboncino su carta, in cui l’autore ritrae con grande dettaglio i volti delle fanciulle, ed un
bozzetto a colori, di dimensioni più piccole rispetto all’opera finale, in cui testa l’equilibrio compositivo.

Funerale ad Ornans (1849-50, Museo d’Orsay)


Affianco alla produzione
erotica ce n’è un’altra che
fece scandalo, quella delle
opere enormi, tanto
grandi che le persone sono
rappresentate a grandezza
naturale, in scala 1:1,
scandalose in quanto
dimensioni del genere
erano dedicate solo a
soggetti stoici o eroici.
Questa opera fu soggetto
di particolare scandalo in quanto la presentò al Salòn. Ornans era il suo paese di nascita, si sposta lì per
rappresentare i suoi compaesani. In questa tela grandissima rappresenta la gente del suo paese ad un
funerale (soggetto umile), dove colloca tutti i personaggi con usanze ed abbigliamento dell’epoca: da una
parte tutte le donne vestite di scuro e con le cuffie bianche, dall’altra gli uomini. Tutti hanno lo stesso
abbigliamento (inneggio all’eguaglianza) eccetto il borgomastro, il sacerdote col chierichetto ed i becchini,
pronti a sotterrare la cassa, appena visibile sulla sinistra. La fossa viene rappresentata a metà, come se
anche noi partecipassimo al quadro, sul lato di questa è presente un teschio, a ricordare la caducità delle
cose terrene. Il dolore ed il lutto non vengono rappresentati, ma viene rappresentato uno spaccato di realtà
paesana. La rappresentazione quindi di uno spaccato di semplice vita di provincia, con persone dai volti
“rozzi” ed anonime, estremamente lontana dai clamori parigini e dal gusto romantico del tempo, fu motivo
di dure critiche da parte della giuria. La linea d’orizzonte è altissima, sopra a tutti i compaesani, poco spazio
è riservato al cielo, vuole attenzione sulla terra, ma sul cielo si staglia una croce, questo sta a significare che
solo a Cristo spetta il cielo, gli uomini appartengono alla terra (non era credente). Il quadro è ai lati
interrotto bruscamente, mentre il margine superiore è delimitato dalla dolce linea delle figure e dalla linea
spezzata del paesaggio. C’è anche una critica al potere: i personaggi ricchi sono rappresentati con un
nasone brutto e rosso. C’è un bilanciamento cromatico, nella parte scura in cui vengono rappresentate le
figure del popolo risalta il cane bianco, mentre dall’altra parte ci sono molti colori chiari, e quindi c’è un
bilanciamento cromatico dato proprio dal cane, è come se equiparasse il cane alle personalità presenti
dall’altro lato (il clero, ancora critica al potere). Anche qui i colori sono terrosi e lividi, tanto che la giuria
scrisse “deve essere disgustoso essere sepolti ad Ornans.”

Atelier del pittore (1854-55, Museo


d’Orsay)
L’atelier è uno studio. È un’opera
particolare, anomala nella produzione,
attraverso la quale racconta i sette anni
fondamentali nel suo percorso artistico
ed espone compiutamente tutti i suoi
ideali artistici e umani. Anche questa opera è di dimensioni enormi, e per questo fu rifiutata all’Esposizione
Universale (1855). L’atelier in cui si trova non è altro che il un vecchio granaio concessogli dal padre, in
questo si trovano una trentina di personaggi tra i più vari ed improbabili. A sinistra, dove tutti sono col capo
chino, posiziona le figure allegoriche che rappresentano le costrizioni, l’agire sotto comando, il popolo in
miseria, che per lui non sono consapevoli della loro condizione. Tra questi sono presenti un bracconiere
(probabile caricatura di Napoleone III), una prostituta, una povera che allatta, un rabbino, un prete ed un
mercante. Ognuno di questi è simbolo della sua categoria sociale. Le loro espressioni pensose e tristi e gli
oggetti disseminati a terra alludono rispettivamente al dolore della vita e all’inconsistenza delle passioni
(come per i manichini dietro la tela, simboli di un accademismo decaduto). Al centro invece c’è lui stesso
che dipinge un quadro di paesaggio, di Ornans, alla Constable (dettagli nel cielo), con grande realismo nella
rappresentazione della natura. Vicino a lui c’è un bimbetto che è l’allegoria della purezza con cui uno deve
guardare l’arte e dell’innocenza della sua arte. Dall’altra parte invece c’è una donna nuda, rappresentata
con estremo realismo (un po’di cellulite), rappresenta la nuda Verità, unica musa ispiratrice dell’artista.
Sulla destra ci sono le figure e le idee che lo hanno ispirato, che vede come positivi nella sua carriera, gli
azionisti, i lavoratori e gli amanti dell’arte. Ci sono ad esempio personificazioni dell’arte in figure da lui
stimate: Baudelaire, poeta che scrive “I fiori del mare”, che rientra nella poesia dei “poeti maledetti”,
rappresenta la Poesia; il filosofo Proudhon, l’uomo con la barba ed un socialista, rappresenta la filosofia;
Promayet la musica; Champfleury la letteratura; Bruyas il mecenatismo; una coppia sullo sfondo il libero
amore. Ci sono poi due personaggi visti di spalle, che rappresentano i collezionisti suoi acquirenti, quindi
coloro che l’avevano sostenuto e “nutrito”. Tra questi due lei porta una bellissima mantella spagnola, fatta
con enorme dettaglio. Il fatto che si rappresenti a dipingere ricorda altri quadri importanti tipicamente
spagnoli: avendo avuto committenti spagnoli aveva infatti conosciuto la loro pittura, tra cui quella di Goya.
Sulle pareti della stanza ci sono una serie di quadri che rappresentano la pittura, con accenni a sue opere
precedenti.

Altri artisti che aderiscono al realismo sono in particolare Honorè Daumier, un fumettista che inizierà a fare
satira contro Napoleone III, porta avanti una serie di caricature che usciranno su quotidiani in Francia, e per
questo avrà anche la prigione.

Honoré Daumier
Un altro artista che aderisce al realismo dopo Courbet è Daumier, un fumettista che si occupa di satira e
caricature. A causa delle sue caricature su Napoleone III, pubblicate su un quotidiano francese, andò anche
in prigione.

Vagone di terza classe (1862/64, National Gallery di Ottawa)


In questa opera il pittore fornisce una
delle testimonianze più alte del suo
disincantato e distaccato realismo. Ce
ne furono più versioni, ma la migliore
è probabilmente quella di Ottawa.
Con i toni cupi che caratterizzano il
movimento rappresenta la gente, una
ventina di passeggeri, stipata in un
vagone popolare, che dalla campagna
porta quel poco che ha: è uno
spaccato, con una pittura molto
sintetica e senza molta definizione,
della società. L’opera è particolare
per la modernità, data dalla presenza
della ferrovia, diffusasi da una
trentina d’anni, e per l’attenta restituzione dell’ambiente. Ognuno è preso nei suoi pensieri: l’anziana in
primo piano guarda di fronte a sé con un cesto sul grembo, la donna alla sua destra culla il figlio, mentre il
ragazzino alla sua sinistra, addormentato dai movimenti del treno, dorme con le mani in tasca. La tecnica
scarna ed i colori, sordi ed asciutti, alludono simbolicamente alla polvere ed alla miseria dell’ambiente.

Jean-François Millet
Un altro artista del realismo, anche lui è francese, originario della Normandia. Le sue immagini saranno di
fondamentale importanza per Van Gogh (olandese), che si ispirerà a lui nella rappresentazione del mondo
contadino. Millet concentra infatti la sua arte proprio sulla rappresentazione di ambienti contadini.

L’Angelus (1858-59, Museo d’Orsay)


Qui rappresenta dei contadini alla sera, nel momento
dei Vespri, quando suonava la campana e si recitava
l’Angelus. Il soggetto principale sono chiaramente i
contadini, un uomo ed una donna, di imponenti
dimensioni, rappresentati nei loro umili panni con
vicini a sé quei pochi oggetti necessari al lavoro sul
campo.

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