Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Inizio scusandomi per l’affermazione della collega Maria Pia Pozzato, l’autrice del
vostro libro di semiotica, secondo la quale le capacità analitiche dei giovani sono in
netto peggioramento. Non la condivido.
In questi appunti presento alcune integrazioni rispetto al testo di Pozzato, con
particolare attenzione alla semiotica del testo. È preferibile leggerli dopo aver letto
il libro di Pozzato.
Ho cercato di essere più chiaro e preciso possibile, ma non sono sicuro di esserci
sempre riuscito. Vi prego di segnalarmi (anche via email) eventuali oscurità,
imprecisioni o errori.
2. Il modello non rende esplicito il ruolo del contatto (o canale) nel determinare il
messaggio e il successo (l’insuccesso) della comunicazione. Il contatto è l’insieme
delle condizioni fisiche e psicologiche che rendono possibile la trasmissione del
messaggio.
3. Il modello non rende esplicito il ruolo del contesto, le entità su cui la
comunicazione verte, ossia del contenuto della comunicazione.
Sulla base di queste osservazioni, è possibile offrire un modello della comunicazione
più adeguato (proposto da Roman Jakobson):
2.CONTATTO (CANALE)
1. EMITTENTE ⇨ 3. MESSAGGIO ⇨ 6. DESTINATARIO
4. CODICE
5. CONTESTO (CONTENUTO)
1
Una funzione di una certa entità è, grossomodo, uno scopo per cui, tipicamente, quell’entità è
usata (ad esempio, la funzione di un cacciavite è avvitare).
possiamo ricorrere anche a richieste indirette (“Mi passi il sale?”) o a diversi mezzi
di persuasione. Al contatto (o canale) corrisponde la funzione fàtica della
comunicazione. Una comunicazione ha funzione fàtica nella misura in cui è intesa
instaurare o interrompere il contatto, mantenere in efficienza il canale, verificare
l’efficienza del canale, o simili. Nel linguaggio, hanno prevalente ruolo fàtico i saluti,
i commiati, le formule di apertura (“Pronto?”, “Bella giornata, vero?”, “Mi scusi,
posso parlarle un attimo?”, …), di verifica del contatto (“Mi senti?”, “Sei ancora lì?”),
e simili. Al codice corrisponde la funzione che Jakobson chiama metalinguistica.
Hanno prevalente funzione metalinguistica le comunicazioni che sono volte a
chiarire il significato di certe espressioni (“L’ipallage è una figura retorica”), le
intenzioni comunicative del parlante (“Quello che intendevo dire è che…”), ecc. Al
messaggio, infine, corrisponde quella che Jakobson chiama la funzione poetica della
comunicazione. Si parla di funzione poetica non solo nel caso di poesie, ma anche di
tutte quelle circostanze in cui poniamo particolare attenzione agli aspetti formali e
materiali del messaggio. Svolgono una funzione poetica, ad esempio, alcuni
espedienti formali come l’introduzione di ripetizioni di parole o di elementi
strutturali (es. “Per me si va nella città dolente / per me si va nell’eterno dolore /
per me si va tra la perduta gente”), le rime, le allitterazioni (es. “fischi per fiaschi”),
le onomatopee, eccetera.
Metalinguistica Codice Chiarire elementi del codice o Sto per darti un avvertimento.
la funzione della Fare ironia è dire l’opposto di
comunicazione. quel che si intende.
NB: un atto comunicativo svolge sempre più funzioni (es. una poesia deve parlare di
qualcosa, un ordine deve contenere informazioni, un’affermazione sul mondo è
sempre intesa influenzare le credenze del destinatario etc.). Non esiste una
comunicazione solo fàtica o solo referenziale o…
Peirce e Saussure hanno concezioni molto diverse del segno, che è bene
considerare separatamente.
IL SEGNO IN SAUSSURE
Per Saussure, il segno va distinto dall’entità materiale dotata di senso, che egli
chiama invece significante. Il segno è piuttosto un significante pensato insieme al
suo significato. In altri termini, un segno è individuato da una coppia significante-
significato. Così, ad esempio, un’unica espressione dotata di più significati (es.
“tasso”, che può indicare sia un roditore, sia un albero, sia un indice finanziario)
corrisponde a segni diversi per Saussure. Non è indispensabile per i nostri scopi
soffermarci sulla concezione del significato o contenuto in Saussure. Quello che
possiamo dire è che il referente dei segni, ossia il pezzo di mondo cui i segni
rimandano, è ‘messo tra parentesi’, ossia non gioca un ruolo molto importante nella
sua concezione dei segni (in contrasto con quanto avviene, che vedremo, in Peirce).
In generale, una struttura è un sistema di relazioni. In Saussure e nella linguistica
strutturalista, il linguaggio e altri sistemi segnici sono pensati come strutture
costituite da segni in relazione tra loro. Per lo strutturalista, una coppia di
significante e significato (un segno) si dà solo all’interno della struttura, in virtù delle
sue relazioni con altri segni. In altre parole, il significato di un segno dipende dal suo
ruolo (o valore) complessivo nel sistema segnico, che è determinato dalle relazioni
del segno con altri elementi della struttura. Ad esempio, nel codice dei semafori, il
significato del verde è in parte determinato dal fatto che il verde si contrappone al
rosso e al giallo. Se eliminassimo (diciamo) il giallo dal codice, di modo che il
passaggio dal verde al rosso fosse improvviso, il ruolo del verde e del rosso e,
dunque, anche il loro significato cambierebbero.
Per chiarire questo pacchetto di idee si possono usare alcune metafore. Saussure
ricorre alla metafora degli scacchi: il significato dipende dal ruolo del segno nella
struttura proprio come il valore di un pezzo degli scacchi dipende dalle sue relazioni
con gli altri pezzi. A lezione ho anche introdotto la metafora dei brand e del brand
mapping: nello strutturalismo, il significato di un segno dipende dal suo ruolo nella
struttura proprio come le caratteristiche principali di un brand dipendono dal suo
posizionamento rispetto ad altri brand. (In effetti, nel branding è molto comune un
approccio strutturalista più o meno esplicito.) Un’altra delle metafore con cui
Saussure introduce la sua concezione dei sistemi segnici è quella del foglio di carta:
significanti e significati stanno fra loro come due facce di uno stesso foglio di carta,
di modo che non possiamo tagliare una faccia del foglio (non possiamo modificare
le relazioni tra significanti) senza tagliare anche l’altra faccia (senza modificare
anche le relazioni tra significati).
IL SEGNO IN PEIRCE
Il modello triadico
Peirce offre un modello triadico della relazione segnica. I tre elementi del modello
sono il segno, l’oggetto e l’interpretante. Il segno è qualcosa che rimanda o sta per
un oggetto, ossia il suo referente. Così, ad esempio, il nome “Sergio Mattarella” è
un segno e il suo oggetto è Sergio Mattarella, l’attuale presidente della Repubblica.
Il referente, a differenza che in Saussure, non è “messo tra parentesi” e anzi gioca
un ruolo molto importante. Il segno o rapresentamen in Peirce è “qualcosa che sta
a qualcuno per qualcosa”. In altri termini, un segno rappresenta o indica
qualcos’altro per qualcuno, un interprete. La relazione di stare per o rappresentare
è mediata da un altro segno, l’interpretante (che non va confuso con l’interprete):
ISOTOPIE
È invece richiesta più attenzione per riconoscere le isotopie all’interno del testo. Le
isotopie sono temi o contenuti che si ripetono uguali o simili all’interno del testo. In
altre parole, le isotopie sono ridondanze semantiche: contenuti o tipi di contenuti
che in qualche modo ritornano all’interno del testo. È anche grazie a queste
ripetizioni che riconosciamo un testo unitario in una serie di frasi o di altri elementi
testuali. Nel caso di George Gray, un prima evidente isotopia è quella della
navigazione a vela, con una serie di espressioni che rimandano all’ambito nautico
(“barca”, “alzare le vele”, “vele ammainate”, “prendere venti”, “mare”, ecc.). Una
seconda isotopia è quella del senso, con l’espressione “senso” (o il sinonimo
“significato”) che si ripete più volte.
OPPOSIZIONI (CATEGORIE)
Un secondo elemento da cercare all’interno del testo sono opposizioni (qui sarò
breve perché questo è un punto ben trattato da Pozzato, che parla di opposizioni
anche nei termini di categorie). Nel caso di George Gray, l’opposizione principale è
tra vita attiva e vita passiva: il protagonista, George Gray, rimpiange di non aver
ceduto all’amore, al dolore e all’ambizione, condannandosi a una vita passiva, priva
di scopo (e dunque di senso). Altre opposizioni più specifiche sono ad esempio tra
amore e (il ritrarsi dall’) inganno, tra dolore e paura, tra ambizione e timore degli
imprevisti, tra possibile follia e vano desiderio. Non solo testi ma anche interi
movimenti culturali possono essere caratterizzati da certe opposizioni. Ad esempio,
ASSIOLOGIE
Spesso i termini di un’opposizione non sono sullo stesso piano: uno viene investita
di valore positivo e l’altro di valore negativo. L’opposizione tra valore positivo
(euforia) e valore negativo (disforia) è detta anche opposizione timica. Un certo
modo di valorizzare alcuni termini o contenuti (un ordinamento di valore tra termini
o contenuti) si dice anche assiologia. Ad esempio, rispetto all’opposizione principale
del brano precedente, quella tra vita attiva e vita passiva, è il primo termine a
essere valorizzato positivamente (euforicamente) mentre il secondo è valorizzato
negativamente (disforicamente). Analogamente, i primi termini delle opposizioni
neo-classiche e romantiche appena menzionate sono valorizzati positivamente, i
secondi termini negativamente. Ad esempio, ordine è valorizzato positivamente, in
opposizione al caos, dalla cultura neoclassica, mentre nella cultura romantica è
l’emozione a essere valorizzata positivamente in contrasto con la ragione. Il
contrasto di valori tra opposti è comunque ben trattato da Pozzato, cui rimando.
ALLINEAMENTI
Un tema che Pozzato non tratta è quello degli allineamenti. Vediamo di cosa si
tratta. Talvolta diverse opposizioni sono legate assieme all’interno di un testo e, di
conseguenza, si crea un forte legame tra i termini delle opposizioni. Ad es., nel caso
di George Gray, l’opposizione tra vita attiva e passiva è messa in relazione con il
contrasto tra nave in porto e nave a vele spiegate. Possiamo dire, intuitivamente,
che in George Gray la vita attiva sta alla vita passiva come la nave in porto sta alla
nave a vele spiegate. In simboli possiamo scrivere (ricordate le proporzioni alle
medie?):
Vita attiva : vita passiva ∷ nave a vele spiegate : nave in porto
Notate che, tra le altre cose, i termini delle opposizioni allineate sono valorizzati
nello stesso modo: la vita attiva è valorizzata positivamente, al pari della nave a vele
spiegate, e la vita passiva è valorizzata negativamente, al pari della nave in porto.
RIALLINEAMENTI
A volte un testo (o un movimento culturale) introduce degli allineamenti che
contrastano con allineamenti standard all’interno di una certa cultura. Si consideri
ad esempio la seguente inserzione Diesel:
Qui abbiamo due opposizioni principali, quelle tra stupid e smart e tra creare e
criticare. Il testo allinea queste due opposizioni: la persona smart sta alla persona
stupid come le persone che creano stanno alle persone che criticano (e, dunque,
sono sterili, si limitano ad opporsi alla creatività):
MARCATEZZA
Un altro tema che Pozzato trascura è la nozione, che si deve a Roman Jakobson, di
marcatezza. In un’opposizione, ma anche più in generale in una coppia di termini
che possono essere in qualche modo contrapposti, vi è di regola un ordinamento
gerarchico: uno dei termini è pensato avere una qualche priorità rispetto all’altro. Il
termine che ha priorità è detto non-marcato, l’altro è detto marcato. Ad esempio,
nella coppia perfetto-imperfetto, il primo elemento ha priorità concettuale rispetto
al secondo (quello marcato), perché il secondo (imperfetto) è compreso nei termini
del primo (perfetto). Per fare un altro esempio, nella coppia alto-basso vi è una
priorità concettuale del termine alto: si parla infatti di “altezza” e non di “bassezza”
per indicare la categoria generale di cui alto e basso fanno parte (ad es., per
chiedere la statura di regola domandiamo “Quanto alto sei?” e non “Quanto basso
sei?”). Analogamente, tornando al nostro testo iniziale, nel contrasto tra (vita)
attiva o passiva è il secondo termine a essere marcato: come avviene per “altezza”
e “bassezza”, espressioni come “attività” e derivati sono usati in molti più contesti
linguistici rispetto a “passività” e derivati. Un altro esempio ancora: nella coppia
normale-speciale il primo termina ha priorità in quanto è pensato come il caso
centrale, rispetto al quale l’altro è il caso deviante.
Esiste un test generale piuttosto affidabile di marcatezza: il termine non-marcato è
quello che, in una sequenza, è naturale pronunciare per primo. Così, ad esempio, è
più naturale pronunciare in sequenza “alto, basso” piuttosto che “basso, alto”.
Questo risulta forse ancora più evidente nel caso delle disgiunzioni: “alto o basso”
suona meglio rispetto a “basso o alto”. Analogamente, “normale o speciale” suona
meglio di “speciale o normale” e “perfetto o imperfetto” suona meglio di
“imperfetto o perfetto”. A parte questo, vi sono diversi tipi di marcatezza. Qui ne
menzioniamo due.
Marcatezza formale o linguistica: dipende da caratteristiche morfologiche o
grammaticali. Sono marcate formalmente le espressioni che derivano da altre per
apposizione di prefissi negativi o privativi come “in”, “a” ecc. (normale vs. anormale,
paziente vs. impaziente, morale vs. amorale). Inoltre, la forma attiva è non marcata,
quella passiva è marcata; il tempo presente è non marcato, il tempo passato o
futuro è marcato, il numero singolare è non marcato, il numero plurale è marcato, il
genere maschile è non marcato, quello che femminile è marcato, ecc. Dunque
abbiamo (dove il termine marcato è quello sottolineato):
amare vs essere amato,
studenti vs. studentesse,
amo vs. amerò
Marcatezza semantica: la marcatezza dipende da un contrasto tra un contenuto
pensato come fondamentale o normale (quello non marcato) e un contenuto
pensato come derivato o anomalo (marcato). Ad es. nelle opposizioni centrale-
periferico, feriale-festivo e italiano-straniero, un termine è non-marcato perché
corrisponde a uno stato basilare o normale (centrale, feriale, italiano), rispetto a
uno stato anomalo o eccezionale (periferico, feriale, straniero).
Altre indicazioni sulla marcatezza. Come abbiamo detto, solitamente in una lista è
più naturale indicare prima il termine non marcato e poi quello marcato. Inoltre, i
termini non marcati:
– sono spesso pensati come più generali rispetto ai marcati. Es. si dice
“uomo” per indicare l’intero genere umano; non si può usare “donna” a
quello scopo.
– sono talvolta pensati come più fondamentali rispetto ai marcati;
– sono pensati come corrispondenti alla normalità/default in contrasto con i
termini non marcati che sono pensati corrispondere alla devianza;
– se c’è un’opposizione di valore, spesso (ma non sempre) è il termine non-
marcato a essere valorizzato positivamente.
4. ELEMENTI DI NARRATOLOGIA
Terminiamo con alcuni temi di narratologia (lo studio delle narrazioni) cui Pozzato
accenna appena.
FOCALIZZAZIONE
La focalizzazione ha a che vedere con il punto di vista (point of view, pov) da cui
avviene la narrazione e con l’accesso agli stati mentali privati dei personaggi. Il pov
è una prospettiva conoscitiva, valoriale, percettiva, etica, estetica, ecc. sul mondo
narrativo. Il pov che vi è più familiare, naturalmente, è il vostro: siete dotati di certe
conoscenze, avete certi valori e, quando guardate cose o persone, le vedete da una
certa prospettiva (la vostra), le potete valutare dal punto di vista etico (virtuoso,
cattivo, giusto, sbagliato…), estetico (bello, brutto, delizioso…), ecc.
Gli stati mentali privati di un personaggio sono una serie di tratti psicologici del
personaggio (umore, pensieri, ecc.) che non sono immediatamente disponibili agli
altri personaggi.
È comune distinguere tre tipi di focalizzazione:
Focalizzazione esterna: Nel caso della focalizzazione esterna non c’è nessun pov
privilegiato e il narratore non ha nessun accesso agli stati mentali privati dei
personaggi. La scena è descritta completamente dall’esterno, come se il narratore
fosse un semplice testimone oculare degli eventi che narra.
NB: È possibile che, all’interno di un’opera, vi siano diverse focalizzazioni – oggi è un
caso molto comune. In particolare, è molto raro il caso di intere opere in
focalizzazione esterna. Un autore che ha scritto interi lavori in focalizzazione
esterna è Hemingway. Ecco un brano tratto da uno di questi lavori, il racconto Hills
like white elephants:
The hills across the valley of the Ebro were long and white. [...] Close
against the side of the station there was the warm shadow of the
building and a curtain, made of strings of bamboo beads, hung across
the open door into the bar, to keep out flies. The American and the girl
with him sat at a table in the shade, outside the building. It was very hot
and the express from Barcelona would come in forty minutes. It stopped
at this junction for two minutes and went to Madrid. 'What should we
drink?' the girl asked. She had taken off her hat and put it on the table.
'It's pretty hot,' the man said.
'Let's drink beer.'
NARRATORE
Il narratore è la voce narrante, chi (persona o tipo di persona) siamo invitati a
immaginare racconti la storia. È Importante non confondere il narratore con
l’autore empirico, chi di fatto produce il testo.
Il narratore si distingue in base a:
– Il livello della narrazione cui appartiene
– Il suo rapporto con gli eventi narrati.