Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Traduzione:
Struttura sintattica:
Iactatus e passus => participi congiunti, non sono da tradurre come delle preposizioni
a sé stanti.
La struttura sopra non rispecchia il modello omerico, che costruisce dei periodi con
struttura con verbo, relativa che esplicita il contenuto, temporale, relativa. Con un
punto diventa una struttura tipica del poema epico.
I primi versi indicano che si tratta di un contenuto di guerra e di viaggio. Le parole
arma e uirum rimandano ai due poemi omerici Iliade e Odissea. Infatti uirum è la
prima parola del poema omerico Odissea.
La prima relativa nei primi versi dell’Eneide racconta il viaggio. Descrive la parte
odissiaca dell’Eneide. Eneide in due parti: primi 6 libri pars odissiaca, libri 7-12 di
guerra pars iliadica. All’inizio, nei primi sei libri, dopo una serie di peripezie, Enea
giunge a Cuma per poi poter scendere nell’Ade. La seconda parte tratta le guerre che
Enea e i suoi compagni devono affrontare per poter poi fondare Alba Longa. Questa
relativa allude quindi alle due parti dell’Eneide. Nell’Eneide abbiamo una sorta di
rovesciamento rispetto all’ordine dei fatti. In Omero prima la guerra di Troia, l’ira di
Achille, e poi il viaggio di Odisseo che deve tornare a casa.
Con le prime due parole arma virumque abbiamo la sequenza iliade odissea. Le frasi
che seguono, le relative che spiegano il contenuto, abbiamo prima l’Odissea e poi
l’Iliade. Abbiamo un chiasmo nella descrizione, che nella prima parte segue la
sequenza omerica, nella seconda quella virgiliana. Non c’è poi solo il fatto di seguire
l’ordine omerico, ma anche il fatto che nell’esametro la parola uirum non può stare in
posizione iniziale. Armaui-rumque-ca-no. Arma è costituito da lunga e breve, la i di
uirum è sempre breve. In posizione iniziale di verso non può stare una breve.
Cano => invito alla musa perché canti, come Omero nell’Iliade e nell’Odissea. La
musa viene invocata perché ispiri il poeta. In Virgilio abbiamo il poeta che in prima
persona attraverso il verbo cano si rende autore del carme. È una tipologia di
ragionamento che troviamo nella poesia epica da Apollonio Rodio, è quindi una
caratteristica alessandrina. Dopo invoca la musa per l’ispirazione, ma in primo luogo
il poeta rivendica le proprie capacità.
Questo eroe virtuoso viene caratterizzato per essere profugus. Abbiamo duee lementi:
Enea che viaggia, e che è il poema del destino, il fato è superiore agli dei e agli
uomini e condiziona ogni cosa, come si vede nel finale del dodicesimo libro
dell’Eneide. Poemi omerici caratterizzati da un doppio piano terreno-divinio. Azioni
sulla terra, e azioni in cielo che spesso condizionano le azioni sulla terra. Ora Virgilio
ipotizza un terzo livello, quello del fato. L’idea del fato risponde ad un pensiero di
carattere storico, esiste una forza superiore, un logos provvidenziale che dà origine a
tutte le cose. Il fato in questo poema che è celebrativo, non è solo una forza superiore
a tutti, ma anche una forza che deve portare alla costituzione dell’impero. Assume un
carattere di tipo ideologico, condiziona il volere di Enea, che è condotto a scelte che
lui farebbe diversamente. Nel libro IV è costretto dal fato ad abbandonare Didone e a
ripartire per il suo viaggio.
Uenit latiniaque litorat => moto a luogo. Caratteristico della poesia di non usare le
preposizioni quando non è indispensabile.
Et terris iactatus et alto => polisindeto che prolunga il viaggio di Enea sia per terra
che per mare. È obbligato a viaggiare per volere degli dei. Alle azioni umane
corrispondono delle azioni divine. Abbiamo degli dei che intervengono a favore, la
madre Venere, e degli antagonisti, Giunone, come viene ricordato nei versi
successivi.
Memorem...iram => ipallage. Un aggettivo riferito non al suo referente logico, ma a
un altro referente. Qui è riferito memore a ira invece che a Giunone, suo referente
logico.
Multa quoque et bello passus => poliptoto. La stessa parola è ripetuta con varie
azioni. Anafora con poliptoto, anafora: ripetizione di un termine all’inizio di un
verso, di una frase. Ripetizione molto-molto. Questa idea che amplifica le sofferenze
e i viaggi di Enea è una caratteristica del proemio omerico. L’ira divina è anch’essa
trattata da omero. L’ira di Apollo nell’Iliade, quella di Nettuno nell’Odissea. Il
proemio è estremamente denso di riferimenti, ogni parola richiama un passo, un
parallelo.
Saeuae => Questo aggettivo, saeuos, indica una crudeltà eccessiva, violenta. Spesso
usato per l’ira degli dei verso gli uomini. Ira di Giunone spiegata nella terza parte del
proemio.
Abbiamo un eroe che viene caratterizzato mediante due forme che indicano il fatto di
subire l’azione, essere sballottato, avere patito. Eroe che subisce, non che agisce. Si
era intuito già dalle parole fato e profugus.
In seguito abbiamo la temporale che segue le relative: il dum che indica una
successione immediata. L’azione del fondare, succede immediatamente quella del
primo verso. Prima lui viaggia, fino al momento in cui fonda. L’uso dell’imperfetto
congiuntivo indica un’azione passata, ma soprattutto intenzionalità. In questa
temporale è indicato lo scopo: lui è giunto per fondare la città. Il terzo dum ha questo
valore di intenzionalità.
La parola Urbs è messa in evidenza alla fine del verso. Lui fonda la Città e porta gli
dei nel Lazio. Il verso 6 richiama quindi l’idea della pietas di Enea, che ha ricevuto fli
dei, i lari familiari di Troia e li porta nel Lazio. Dalla fondazione della città, Alba
Longa, da cui deriva la popolazione latina, e la stirpe regale di questa città è la stessa
di Augusto.
Altae moenia Romae => il riferimento grammaticale fa che sia riferito come alta la
città di Roma, ma poiché si tratta di un’ipallage si riferisce alle mura. L’aggettivo
determina le mura e non Roma. C’è anche una ragione soggettiva per cui scrive le
mura dell’alta Roma: per rendere l’eccellenza della città, l’idea della Roma
eccellente. In un certo senso usa un doppio senso: da una parte vuole indicare
l’altezza delle mura, da una visione soggettiva ci fa intendere l’eccellenza della città.
Questa è proprio una caratteristica virgiliana, come si vede all’inizio del secondo
libro dell’Eneide che tratta il dialogo tra Enea e i troiani, in cui Enea racconta le sue
vicende. Sono raccolti nella sala dei banchetti e narra.
Conticuere omnes, intentique ora tenebant.
Inde toro pater Aeneas sic orsus ab alto
Ancora una volta: dall’alto letto. Perché il letto di Enea è più alto degli altri letti?
Stanza triclinare con letti disposti a u lungo la sala. Il letto non è più in alto, ma
nell’ottica di coloro che lo guardano lui si trova in una posizione rilevante. I versi
sono stati chiaramente scritti dal narratore, ma Virgilio non assume un’ottica neutra,
del narratore, ma soggettiva, personale, si immedesima nell’ottica di coloro che
stanno intorno e tacciono e che hanno il loro sguardo verso quello che è il faro, di
Enea. La narrazione soggettiva, e non oggettiva, è una caratteristica virgiliana,
individuata da Heinze nel libro “la tecnica epica di Virgilio”. Da un punto di vista
concettuale altus dovrebbe riferirsi a Moenia, ma da un punto di vista, emozionale
Virgilio ci fa percepire il rilievo di Roma, perché tutta la tensione dell’azione, del
fondare, porta all’ultima parola del lungo periodo di 7 versi, Urbs. Dopo 6 libri di
viaggio e 6 di guerra resta la parola Urbs, resta la parola messa a icona, la fondazione
della città. Nel rapporto dialettico tra Virgilio e Omero troviamo la distruzione di una
città nel secondo, e si parte dalla distruzione e si arriva alla fondazione di una città
nel primo.
Nel saggio di Alessandro da Chiesi, “La traccia del modello”, capitolo IV, ci si
sofferma sul rapporto tra Omero e Virgilio. Rapporto di riscrittura, di trasfigurazione
da parte di Virgilio del modello omerico, in prima battuta a partire dalla fabula, e poi
anche sui personaggi. La prima cosa: montaggio combinato della fabula odissiaca e di
quella iliadica, cioè Virgilio monta assieme queste due fabule, queste due tipologie di
racconti, il viaggio la guerra, e lo fa invertendo l’ordine. L’Eneide si pone inoltre
come continuazione dei poemi omerici, riempiendo i vuoti costruendo molto spesso
una fabula autonoma, perché non tutte le storie di Enea erano raccontate da Omero o
dai poemi post-omerici. Nello scrivere una continuazione Virgilio costruisce un
poema alla Omero riempiendone i vuoti e continuando i poemi omerici. Abbiamo
inoltre una ripetizione degli schemi omerici: alcuni episodi virgiliani sono ripetizioni
di quanto avviene in Omero. La seconda parte del poema è segnata da una seconda
guerra di Troia, la guerra tra i troiani e gli altri popoli è come una vendetta della
prima guerra; turno come un nuovo Achille; Enea ha un nuovo nemico: Ettore-
Achille, Enea-Turno. Si può avere inversione e superamento, perché il nuovo poema
guarda non alla distruzione della città, ma alla costruzione di nuove mura. In generale
si può dire che il rapporto tra Virgilio e Omero è un rapporto che si può definire in
due modi: da un lato modello-esemplare, dall’altro modello-genere. Funge da
esemplare quando si riferisce per implicazione ad un determinato luogo del testo
omerico: episodi ripresi come Achille, le spoglie fatali di Patroclo che si ritrova nel
libro X dell’Eneide; il lamento di Andromaca; l’appello di Priamo ad Achille che
viene richiamato nel libro XII dell’Eneide. Quindi episodi singoli che sono ripresi,
che determinano, sono esemplari per episodi virgiliani. Gli altri elementi sono quelli
del genere, cioè il genere epico è caratterizzato da una serie di cose: formulario epico;
associazioni verbali a forte codificazione ritmico-lessicale; i topoi e così via. Tutto
questo, che fa parte del genere, elementi ripetitivi, vengono ripresi in quanto modello-
genere. Quindi il rapporto Virgilio-Omero gioca a più livelli: a un livello di modello
del genere letterario, genere epico; ma anche a livello di fabula e di sceneggiatura
nella costruzione, nel racconto dell’Eneide.