Non si può considerare la Bibbia come fonte storica e i suoi personaggi come si potrebbe fare in
epoca recente.
Indipendentemente da un discorso squisitamente politico, che pare sia quello che a Barbero
interessa maggiormente nel momento in cui afferma che secondo vari storici il grande regno
d’Israele esisteva in “Palestina” ben 1000 anni prima di Cristo, è innegabile che il popolo ebraico
abbia avuto, nei millenni, un unico riferimento territoriale, Israele, e che tutta la tradizione
ebraica converga verso quell’unico centro.
La Bibbia ci offre descrizioni geografiche alquanto precise, anche se, com’è ovvio, da un punto di
vista storico il resoconto biblico delle origini (redatto intorno al VII secolo a.C., pertanto diverse
centinaia di anni più tardi rispetto agli eventi narrati) non può andare di pari passo con le più
recenti scoperte archeologiche, né con i più dettagliati e antichi resoconti egizi. Ad ogni modo
nessuna di queste scoperte e nessuno di questi resoconti parla di Palestina.
Il nucleo storico della Bibbia, come hanno affermato gli archeologi Finkelstein e Silberman,
“nacque nel trambusto delle strade affollate di Gerusalemme, nelle corti del palazzo reale della
dinastia di David, nel Tempio del Dio di Israele”. All’epoca (VII secolo a. C.) Gerusalemme di
estendeva su una superficie di non più di sessanta ettari ed era abitata da circa quindicimila
persone, eppure “sono poche le città che in qualsiasi epoca sono state così intensamente
consapevoli di avere una propria storia, una propria identità, un proprio destino e un proprio
rapporto diretto con Dio”.
Di fatto le più recenti scoperte archeologiche hanno rivoluzionato l’approccio dello studioso
all’antico Israele, imponendo una netta suddivisione tra storia e mito. Tuttavia, proprio grazie
alle nuove scoperte, possiamo tracciare anche una nuova storia della nascita del popolo ebraico
e d’Israele, che ne mette in evidenza la straordinaria umanità. Lungi dall’essere un popolo di
conquistatori, gli Israeliti si distingueranno dai Cananei perseguendo un sogno di giustizia ed
equità: basti pensare, ad esempio, alla legge sullo shabbat che, come ben sa, prescrive un giorno
di riposo settimanale agli esseri umani (liberi o schiavi) e persino agli animali.
Più che come un dettagliato resoconto storico, potremmo pertanto guardare al Tanakh come a
un meraviglioso diario di viaggio. Un percorso che parte da una lontana periferia, la
Mesopotamia, per giungere al centro: in Eretz Israel. Come afferma Volli, nel testo biblico si
possono riconoscere tre periferie che ruotano attorno a un centro ben definito. Oltre a markers
altrettanto ben specificati, basti pensare all’Eufrate che segna il “confine” attraversato il quale si
entrava in Terra d’Israele.
Quanto invece alle periferie, per seguire le suggestioni di Volli, la prima che incontriamo è quella
orientale, ovvero la Mesopotamia e in particolare la città di Ur, dalla quale Abramo partì per il
suo viaggio; la seconda è senza dubbio l’Egitto, luogo in cui i patriarchi erano soliti recarsi
durante i periodi di carestia, quando la siccità colpiva Canaan più duramente, e dove Giacobbe, i
suoi figli e i loro discendenti finirono – secondo la narrazione tradizionale - ridotti in schiavitù
per quattrocento anni. La terza periferia è rappresentata dal deserto, luogo in cui il popolo
ebraico dovrà soggiornare per quarant’anni, prima di poter entrare in Eretz Israel. “Al centro fra
Egitto, Mesopotamia e deserto vi è Eretz Israel, la Terra di Israele.”.
Gli ebrei sono pertanto legati alla Terra d’Israele non in quanto terra intrinsecamente dotata di
sacralità, ma in quanto unico luogo in cui poter realizzare la propria identità. Identità che si
estrinseca nel rispetto delle mitzwoth, che sono il solo mezzo grazie al quale santificare la terra.
Il che non significa che la presenza di Dio, per gli ebrei, si manifesti esclusivamente in Eretz Israel
o a Gerusalemme perché, come è scritto nel Midrash Rabbah Berishit 68:9, Dio è il luogo di
tutto.
Accostarsi allo studio del moderno Stato d’Israele senza aver compreso la complessa relazione
spaziale che lega gli ebrei alla terra e a Gerusalemme comporta talvolta più di qualche
fraintendimento: storico, geografico e anche politico. Come ad esempio l’uso del termine
Palestina riferendosi a 1000 anni prima della nostra era.
Torniamo comunque alle fonti. Basandosi sulle testimonianze egizie, particolarmente quelle
contenute nelle tavolette di Tell el-Amarna, gli archeologi Mendenhall e Gottwald hanno
ipotizzato che Canaan, nell’età del tardo bronzo, fosse una società altamente stratificata
caratterizzata dal sorgere di nuove tensioni sociali e forti disparità. L’élite urbana controllava la
terra, la ricchezza e il commercio; mentre nei villaggi i contadini non avevano né ricchezza né
diritti. Da qui l’ipotesi di una migrazione di parte della popolazione cananaica tra le foreste
dell’altopiano (particolarmente nelle regioni di Giudea e Samaria) dove i rifugiati avrebbero
creato una società più giusta e rispettosa, diventando così il popolo israelita. “La scoperta dei
resti di una fitta rete di villaggi sull’altopiano, tutti apparentemente fondati nell’arco di poche
generazioni, indica che intorno al 1200 a.C. c’era stata un’importante trasformazione sociale
nell’area delle alture centrali di Canaan: non c’erano segni d’invasione violenta o anche
d’infiltrazione di un gruppo etnico ben definito, sembrava piuttosto che ci fosse stata una
rivoluzione nel modo di vivere. […] Erano questi i primi Israeliti”.
In altre parole, gli israeliti non immigrarono a Canaan, né la conquistarono, ma emersero dal suo
interno perseguendo un sogno di giustizia ed equità. Motivo per cui si dettero la Legge.
L’antico regno non è mai esistito, come dice Barbero, in Palestina? Verrebbe da dargli ragione in
quanto la stessa Palestina, fatta eccezione per le 5 città costiere filistee, non è mai esistita prima
del 135 d. C. (imperatore Adriano).
Nella realtà ciò su cui gli archeologi stanno riflettendo è legato alla datazione dello sviluppo della
prima monarchia: alcuni pensano infatti che questa sia stata in realtà istituita dagli Omridi e non
da Salomone. Certo questo spostamento nella datazione produce implicazioni enormi,
posizionando le figure di David e Salomone come capi politici dei territori degli altipiani o poco
più, ma si tratta comunque di dibattiti tra specialisti. Volerli dare in pasto al pubblico inserendo
la parolina magica “Palestina” è intellettualmente disonesto.
Israel Finkelstein ritiene che i racconti relativi a David e a Salomone siano storicamente poco
affidabili e che riflettano preoccupazioni successive. Amnon Ben-Tor, dell’Università ebraica di
Gerusalemme, ritiene invece deplorevole il fatto di non voler aprioristicamente adoperare i libri
di Sauele e dei Re per ricostruire la storia della monarchia unificata.
Non dimentichiamo che la stele di Tel Dan fa riferimento alla vittoria di re stranieri contro i re di
Israele e di Giuda (le due monarchie israelitiche) e che questi due sono presentati come “della
dinastia di David”. Si tratta di una testimonianza redatta appena un secolo dopo all’epoca
associata al regno di David, il che rende la sua esistenza storica del tutto verosimile.
I dibattiti tra archeologi sono tuttora molto vivaci. Io sono una geografa culturale e non mi
addentro, ma mai mi sognerei di sposare una posizione in maniera netta come ha fatto Barbero
inficiando il suo discorso di tanti errori o forse di esemplificazioni troppo forzate. Non ricordo
quante imprecisioni, dovrei andare a rivedere il video in cui ne parla, ma non erano poche. Nella
misura in cui si tratta di argomenti tecnici legati alla stratigrafia e alla datazione di terracotte il
non specialista fa molta fatica a verificare, ma anche gli specialisti tendono a propinare ai non
addetti prove per loro decisive di tesi a volte del tutto divergenti, tanto che viene difficile
distinguere il vero dal falso.
Purtroppo Barbero dal medioevo si è spinto all'intero scibile umano, diciamo che consiglierei più
prudenza, però lui è conosciuto e famoso, mentre io solo una prof sfigata che scrive libri che
nessuno legge, pertanto saranno le sue parole ad avere seguito e non certo le mie. Comunque la
scoperta di un ostrakon a Khirbet Qeiyafa con tracce di scrittura, che pare facesse riferimento a
questioni di giustizia sociale, induce a ritenere l'esistenza di scribi e pertanto potrebbe costituire
l'indizio della formazione del regno di Giuda alla fine dell'XI sec-inizi del X a.C., cioè all'epoca che
la Bibbia associa a David. Qualche scettico ha detto che potrebbe essere un documento filisteo,
ma l'assenza di ossa di maiale nella zona del rilevamento fa pendere la bilancia a favore della
prima ipotesi.
Inoltre sempre a Khirbet Qeiyafa sono stati ritrovati due altari portatili decorati da colonne che
richiamano la descrizione biblica del Tempio di Salomone, dunque per certo era una città
israelita.
HaTikva. Percezione e spazio nel Tanakh e in Eretz Israel, L. Beltramo e D. Santus, Torino, Nuova
Trauben, 2021.