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CAPITOLO I

CARATTERI GENERALI

GUIDA 1. Le obbligazioni nel sistema del codice civile 2. Relatività delle obbligazioni e distin-
zione tra diritti di credito e diritti reali 3. Differenze tra le obbligazioni rispetto agli altri doveri
giuridici ed alle ulteriori situazioni passive 3.1. Rapporti con gli altri doveri giuridici 3.2. Diffe-
renze rispetto alla soggezione ed all’onere 3.3. Le obligationes propter rem 3.3.1. Gli oneri reali
3.3.2. Oneri reali ed obligationes propter rem: tratti comuni ed elementi di differenziazione 3.4.
La posizione attiva ed il potere giuridico. Differenze con i diritti potestativi 4. La giuridicità del
vincolo: differenze rispetto ai rapporti di cortesia 4.1. Segue: le obbligazioni naturali.
7

1. Le obbligazioni nel sistema del codice civile.

Per diritto delle obbligazioni si intende comunemente fare riferimento a quella


parte del diritto civile che disciplina la nascita, le vicende ed i modi di estinzione
dei rapporti intercorrenti tra creditore e debitore.
Il Code Napoléon, al quale si era ispirato il Codice italiano del 1865, inseriva
l’obbligazione nel libro dedicato ai modi di acquisto della proprietà.
Il contesto storico-sociale, infatti, era quello in cui il diritto per eccellenza era
il diritto di proprietà, attorno al quale ruotava l’intero sistema economico, men-
tre l’obbligazione, in tanto veniva in considerazione, in quanto consentiva il
trasferimento di tale diritto.
Nella società attuale, dove al centro del palcoscenico c’è la figura dell’impren-
ditore, l’obbligazione assume la medesima importanza che hanno i diritti reali,
basandosi l’intera attività industriale sul credito e realizzandosi attraverso i
rapporti obbligatori.
Il fatto che l’attuale codice considera autonomamente l’obbligazione evidenzia
anche il passaggio da un’economia agricola ed una industriale.
Qui di seguito si cercheranno di tracciare i caratteri di questi rapporti, indivi-
duandone gli elementi essenziali, per poi passare nei capitoli successivi ad
un’analisi più dettagliata ed approfondita dei singoli aspetti.
La disciplina delle obbligazioni nell’attuale sistema codicistico consta di una
parte generale, nella quale sono indicati e disciplinati tutti i principi generali
regolatori del rapporto (artt. 1173-1320) e di una parte speciale che comprende
la disciplina delle singole fonti delle obbligazioni e dei singoli contratti.
Altre norme che appartengono alla parte generale ratione materiae sono, poi,
contenute in altre parti del codice, come ad esempio l’art. 2740 sulla responsa-
bilità del debitore, o gli artt. 2900-2906 in tema di azione surrogatoria, di azione
revocatoria e di sequestro conservativo, o, ancora, quelle in tema di clausola
penale e di caparra contenute negli artt. 1382-1386 c.c.
Il libro IV del Codice civile si apre al Titolo I, Capo I con l’art. 1173 c.c., intitolato
“Fonti delle obbligazioni” e prosegue con altre due disposizioni preliminari, una
sul “Carattere patrimoniale della prestazione” (art. 1174 c.c.) e l’altra sul “Com-
portamento secondo correttezza” (art. 1175 c.c.), quindi prosegue con la disci-
plina delle obbligazioni in tema di adempimento, inadempimento, modificazioni
oggettive e soggettive del rapporto obbligatorio.
Il Codice vigente non contiene, invece, alcuna definizione dell’obbligazione ed L’assenza di
in ciò si legge una rinuncia del legislatore del 1942 (come già era avvenuto per il definizione
dell’obbligazione
codice francese e per quello svizzero) a dettare disposizioni definitorie, che
potevano risultare di scarso rilievo pratico e dogmatico, ed a propendere per la
disciplina dei diversi aspetti dell’istituto.
In questo modo si è voluto evidentemente privilegiare la grande elasticità
dell’istituto e la sua capacità di adattamento alle sempre nuove situazioni.
In verità neanche i giuristi romani, che pure hanno il merito di aver elaborato
l’istituto (1), hanno mai fornito una definizione esaustiva di obbligazione ed anche

(1) L’obbligazione non è un istituto di invenzione romanistica. Una struttura corrispondente a quella delle
obbligazioni è presente in tutti gli ordinamenti, anche quelli più primitivi. Tracce si ritrovano già nel diritto
8 PARTE PRIMA — LE OBBLIGAZIONI IN GENERALE

la definizione contenuta nelle Institutiones di Giustiniano (obligatio est iuris


vinculum quo necessitate adstringimur, alicuius solvende rei, secundum nostrae
civitatis iura) è più che altro una indicazione di alcuni aspetti strutturali dell’ob-
bligazione stessa.
I significati as- D’altra parte, il termine obbligazione, in ambito generale e non strettamente
sunti nella termi- giuridico, già da sé rende l’idea di un vincolo, di un dovere che limita l’attività di
nologia pratica e
giuridica un soggetto indirizzandola in una determinata direzione: si pensi agli obblighi
religiosi che vincolano ad obbedire ai precetti di Dio, oppure agli obblighi morali
che impongono il dovere di rispettare gli anziani.
Dal punto di vista giuridico il termine “obbligazione” viene utilizzato per indi-
care la situazione in forza della quale un soggetto è giuridicamente tenuto ad un
comportamento nei confronti di un altro soggetto. In questo senso sinonimo di
obbligazione sono anche i termini “diritto di credito” o “debito”.
Il rapporto In tutti i suoi significati il termine obbligazione evoca sempre una relazione tra
obbligatorio soggetti, un rapporto giuridico, per cui è forse più corretto utilizzare il concetto di
rapporto obbligatorio, che designa appunto quel rapporto giuridico in forza del
quale un soggetto (il debitore) è tenuto ad una prestazione suscettibile di valu-
tazione economica, al fine di soddisfare un interesse anche non patrimoniale di
un altro soggetto (il creditore) (2).
In questo modo, infatti, si riesce a rendere il senso della situazione comples-
siva, cosı̀ come risultante dalla posizione di subordinazione del debitore e da
quella di preminenza del creditore e, quindi, a descrivere il “dovere giuridico”
che è un concetto più ampio e generico di “dovere di comportamento” e che
costituisce il fulcro del rapporto obbligatorio.

2. Relativita delle obbligazioni e distinzione tra diritti di credito e diritti


reali.

Il rapporto obbligatorio è per definizione caratterizzato dal connotato della


relatività.
Distinzione tra Si è soliti affermare che le obbligazioni sono rapporti (o diritti) relativi, in
diritti relativi ed quanto le pretese da esso nascenti possono essere fatte valere esclusivamente
assoluti sul piano
dell’efficacia...
nei confronti del soggetto passivo al quale è imposto di tenere il comportamento
doveroso. Sicché solo il soggetto passivo che non effettuasse, o non effettuasse
correttamente, la prestazione potrebbe violare il diritto del soggetto attivo, men-
tre una tale violazione non potrebbe mai essere imputata ad un terzo estraneo al
rapporto (3).

greco antico (Legge di Gortina, III, 10 e 25). Al greco Aristotele si deve la classificazione in due specie di
“συναλλαγματα”, termine che indica l’accordo ed il conseguente rapporto tra le parti che può necessitare di un
regolamento giuridico. Secondo Aristotele i rapporti obbligatori si dividevano in due categorie: 1) rapporti
volontari sorti per accordo delle parti e 2) rapporti involontari che derivano da un fatto al quale la legge
ricollega il sorgere delle obbligazioni. Ai primi corrispondono le obligatione ex contractu del diritto romano ed
ai secondi le obligatione ex delicto, cit. in Novissimo Digesto, Utet, Torino 1957, voce Obbligazioni. Diritto
Greco, vol. XI, 546.
(2) GIORGIANNI in Novissimo Digesto, Utet, Torino 1957, voce Obbligazioni, vol. XI, 582.
(3) BIGLIAZZI-GERI in Obbligazioni e Contratti, Utet, 1992, vol. 3, 6.
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Questo concetto viene utilizzato in contrapposizione a quello di rapporti (o


diritti) assoluti (quali i diritti reali) che, invece, possono essere fatti valere indi-
stintamente nei confronti di tutti i consociati, che, essendo soggetti ad un gene-
rale dovere di astensione, possono conseguentemente rendersi autori della vio-
lazione del diritto (4).

(4) Per i diritti reali si è sottolineato, in particolare, che questi si distinguono da quelli di credito, oltre che
per l’assolutezza dei primi, anche per il duplice profilo dell’inerenza e dell’immediatezza che caratterizza
questi ultimi.
L’immediatezza indica una caratteristica strutturale del diritto reale perché il titolare, avendo la diretta
soggezione del bene, può esercitare il suo diritto senza l’altrui collaborazione al fine di trarne l’utilità tipica ed
in questo modo si distingue dal rapporto obbligatorio dove è necessaria, invece, l’altrui collaborazione.
L’inerenza, infine, significa l’incorporazione tra il diritto e la cosa e questo comporta che essendo il diritto
inerente alla cosa, circola insieme alla proprietà della cosa.
Questa descrizione dei diritti reali non è accolta pacificamente perché, a volte, tali criteri distintivi non sono
sempre contemporaneamente presenti e questo vale, soprattutto, per l’immediatezza e l’astrattezza, a diffe-
renza dell’inerenza che risulta una costante nei diritti reali, sebbene con sfumature diverse.
Il carattere dell’immediatezza è stato criticato per un duplice aspetto, perché da una parte vi sarebbe un
errore concettuale nell’indirizzare dei precetti a soggetti diversi dalle persone fisiche e dall’altra sarebbe
giuridicamente improbabile che una norma invece di imporre a determinati soggetti un comportamento
preveda, al contrario, un potere esercitato direttamente sulla cosa.
A quella parte della dottrina romanistica, soprattutto civilistica, che ritiene che ad un diritto reale corri-
sponda un obbligo od un dovere negativo di tutti i terzi, si ribatte che sebbene vi sia un obbligo o dovere
negativo, questo vincolerebbe solo il terzo od i terzi da cui ci si aspetta in pratica un’ingerenza nella cosa e
non, invece, tutti gli altri estranei compresi, per esempio, gli abitanti in zone distanti tra loro, essendo
un’utopia l’idea che le norme sulla proprietà o su qualsiasi diritto reale abbiano un raggio d’azione illimitato.
È stata condivisa, invece, la definizione del diritto reale come una obligation passivement universelle intesa
come obbligazione non indirizzata ad un debitore specifico ma alla massa universale dei componenti della
collettività, vincolata dall’obbligo di rispetto del diritto proprietario, per cui il principio di immediatezza
descriverebbe un rapporto intercorrente tra vari soggetti avente ad oggetto un dato bene materiale, ma non
nel senso classico di relazione diretta tra soggetto titolare e res.
Altra critica indirizzata al carattere dell’immediatezza si è basata sulla considerazione che essa non è un
predicato solo dei diritti reali, per cui la differenza tra i diritti reali e personali non poggerebbe sull’imme-
diatezza, bensı̀ sull’assolutezza e l’inerenza.
L’assolutezza non può essere l’unico criterio di differenziazione tra rapporti reali e personali poiché essa
evidenzia solo il lato esterno dei diritti reali e trascura il contenuto, essendo impossibile distinguere un
aspetto esterno da intendersi come obbligazione generale di astensione, da un aspetto interno concepito
come potere sulla cosa.
Un’altra parte della dottrina sostiene che solo l’inerenza riesce a distinguere i diritti reali e le altre categorie
di diritti perché l’immediatezza o l’assolutezza hanno solamente una dimensione descrittiva. Tuttavia, il
rischio è che il carattere dell’inerenza farebbe rientrare nella categoria dei diritti reali anche figure giuridiche
purché ricorra la realità, come nel caso delle obbligazioni propter rem che presentano i caratteri della
ambulatorietà.
Vi sono due esempi che dimostrano la natura non sempre pacifica di questi criteri distintivi e sono l’ipoteca
e le servitù negative.
Nel primo caso non sarebbe presente il requisito dell’immediatezza perché il creditore non ha un potere
immediato sulla cosa, ma deve ricorrere all’autorità giudiziaria per la soddisfazione del proprio diritto e
questo comporta che la concreta assegnazione del bene o del ricavato dalla sua vendita deriva da un’iniziativa
giudiziaria.
Anche per alcune servitù negative il profilo dell’immediatezza non è presente perché il soddisfacimento
degli interessi avviene attraverso un comportamento collaborativo del proprietario del fondo servente, con la
conseguenza che l’obbligato non è il fondo ma il proprietario del fondo servente tenuto ad astenersi da alcuni
comportamenti.
A questo potrebbe essere opposto che l’immediatezza indica la disponibilità giuridica della res e la
possibilità di esercitare il diritto su di essa senza la mediazione altrui, ma tale concetto è diverso da quello
della disponibilità materiale della cosa, anche in tema di ipoteca e servitù negoziale.
10 PARTE PRIMA — LE OBBLIGAZIONI IN GENERALE

...e sul piano Questa affermazione è stata oggetto di rivisitazione da parte della dottrina (5)
strutturale che ha ritenuto errata tale distinzione in quanto svolta sul piano della efficacia e
non, come dovrebbe più correttamente farsi, sul piano della struttura (6).
Osserva in senso critico questa dottrina che esercitare un diritto significa agire
in giudizio per ottenere tutela, per cui, in caso di diritto assoluto ove la situazione
più rilevante è quella della proprietà, l’azione principale che il titolare del diritto
potrebbe esperire è quella di revindica.
Sennonché, tale azione non può essere promossa contro chiunque, ma solo nei
confronti di una determinata persona, per cui avrebbe anch’essa caratteri di
relatività nel senso prima descritto.
D’altra parte, soggiungono altri (7), il carattere dell’assolutezza nei termini
esposti è riscontrabile anche all’interno del rapporto obbligatorio, in quanto è
principio generale quello che impone a ciascun consociato di non violare gli
altrui diritti, di qualsiasi natura e contenuto, per cui non può escludersi l’even-
tualità di un intervento lesivo da parte di un soggetto esterno al rapporto, sul
quale grava anche questo obbligo di astensione, tanto che si ritiene sussista una
responsabilità in capo al terzo che, con il proprio comportamento, arrechi pre-
giudizio agli interessi del creditore (c.d. tutela aquiliana del credito) (8).
Le modalità di In realtà, le differenze si colgono se si esaminano le due categorie in esame
esercizio del di- sotto il profilo delle modalità di esercizio del diritto.
ritto assoluto...
Sotto questo aspetto, infatti, il diritto assoluto ha la caratteristica di dar vita ad
una relazione tra un soggetto ed un bene e non ha bisogno della collaborazione
di terzi per la sua realizzazione. Esso, inoltre, ha per contenuto una pluralità di
facoltà che si estrinsecano all’esterno attraverso il compimento di diverse atti-
vità, a seconda del diritto assoluto a cui si faccia riferimento. Si pensi per un
verso al diritto di proprietà, che è il diritto al quale è riconosciuta l’estensione
maggiore e che può consistere nella facoltà di disporre e godere del bene in
modo pieno ed esclusivo e, per altro verso, al diritto di usufrutto che si riferisce
solo al godimento del bene escludendo qualsiasi atto dispositivo.
A ben vedere, quindi, i rapporti assoluti fanno riferimento ad un diritto che il
soggetto ha già nel suo patrimonio e rispetto al quale l’ordinamento impone
questo dovere generale di astensione dei consociati (senza che, quindi, sorga
alcun rapporto giuridico in senso stretto), obbligo finalizzato, appunto, a con-
sentire al titolare l’esercizio e l’esplicazione delle facoltà in cui si sostanzia il
diritto.

(5) CANNATA in Trattato di Diritto Privato Rescigno, Utet, 1984, vol. 9, 16. In senso conforme anche SANTORO-
PASSARELLI.
(6) CANNATA, op. cit., 16, sostiene che “Un diritto reale (di un certo tipo) è definito dalla individuazione del
soggetto attivo e della cosa che ne costituisce l’oggetto, sicché se si dice che Tizio (soggetto attivo) è proprietario
(tipo) di questo libro (oggetto) il rapporto è compiutamente enunciato, e se esso venga dedotto in giuridico, il
soggetto passivo sarà tale rispetto all’azione, non rispetto al diritto: sicché la menzione di Caio (soggetto passivo)
non riguarda la causa petendi (che è questo libro è di tizio), ma il petitum (mi condanni Caio a restituire questo
libro a Tizio). Mentre un obbligazione è definita dall’individuazione del soggetto attivo (Tizio, creditore), dalla
prestazione dovuta (oggetto) e dal soggetto passivo (Caio, debitore), sicché se si dica: “Tizio è creditore di 100” o
“Sono dovute 100 a Tizio” giuridicamente non si dice nulla. Finché non si dica: “Caio deve 100 a Tizio” non si
enuncia un rapporto obbligatorio; e se si agisca, la menzione di Caio è essenziale alla causa petendi (Caio deve
100 a Tizio) quanto al petitum (si condanni Caio a pagare 100 a Tizio)”.
(7) BIGLIAZZI-GERI, op. cit., 6.
(8) Sul punto si esamini Cass. Sez. Un. n. 174/71 sul noto caso MARONI.
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Proprio per questo, da parte di alcuni si ritiene che qui si sia in presenza di una
situazione statica e finale e che l’interesse si realizzi di per sé (9).
Per i diritti di credito ed i diritti relativi in generale, invece, la situazione è ...e del diritto di
diversa, in quanto essi vengono in rilievo solo quando il soggetto intenda conse- credito

guire un bene che non è suo e che si trova nel patrimonio di un terzo, sicché vi è
necessità del consenso e della collaborazione altrui. In caso contrario si realiz-
zerebbe un’appropriazione indebita e violenta, riprovata dall’ordinamento.
Nei diritti relativi, quindi, si è in presenza di una situazione dinamica che si
traduce in una modificazione dei patrimoni dei soggetti interessati, laddove in
linea generale il conseguimento dell’interesse del creditore comporterà una
modificazione migliorativa del suo patrimonio e, correlativamente, una modifi-
cazione in senso peggiorativo del patrimonio del debitore.
Questa modificazione giuridica potrà, poi, tradursi in una modificazione del
mondo esterno (per es. alla dazione di denaro da parte del debitore in favore del
creditore consegue una modificazione del patrimonio di entrambi), oppure potrà
essere solo ideale e lasciare immutata la realtà esteriore (si pensi al vicino che
chieda la comunione forzosa del muro di confine ai sensi dell’art. 874 c.c.: in
questo caso non vi sarà una modificazione in termini materiali del muro che non
sarà diviso tra i due, ma si avrà solo una modificazione in termini giuridici ed
ideali della realtà). A questa distinzione è collegata quella tra diritti di credito e
diritti potestativi, di cui si dirà in seguito (v. par. 3.4.).
Nei diritti di credito, a differenza di quanto avviene per i diritti assoluti, il
soggetto passivo è ben individuato e determinato (o determinabile) e su di esso
incombe uno specifico dovere di collaborazione. Inoltre, il diritto di credito ha un
contenuto ben delimitato consistente nella prestazione pattuita rispetto alla
quale il creditore può solo esigere la stessa nei confronti del debitore.
D’altra parte i termini della questione non cambiano neppure nel caso in cui
l’obbligo del soggetto passivo consista in un non facere, come ad esempio l’ob-
bligo di non edificare, perché qui non si è in presenza di un dovere di astensione
nei termini sopra specificati, ma, anzi, di un obbligo che ha caratteri positivi in
quanto mira ad impedire che avvenga una trasformazione della realtà materiale
che, a sua volta, si traduce in una modificazione materiale del patrimonio del
creditore (che, ad es. si arricchisce dell’utilità di godere del panorama, della luce,
ecc.), a scapito di quello del debitore che si vede privato di facoltà assolutamente
lecite (nell’esempio fatto, appunto, costruire un edificio).
Dal punto di vista funzionale, quindi, i diritti reali hanno lo scopo di assicurare La funzione dei
forme di appartenenza o di godimento ed utilizzazione di beni, e cioè di definire diritti reali e delle
obbligazioni
le competenze, con effetto erga omnes, che sono da ricollegarsi alla titolarità di
tali situazioni di appartenenza, mentre il diritto delle obbligazioni si occupa delle
forme giuridiche attraverso le quali ha luogo lo scambio e la circolazione di beni
e servizi.
Ciò non esclude che ci sia una zona di confine, con riferimento a quelle ipotesi
in cui il godimento di un bene non viene garantito dall’ordinamento attraverso il

(9) GAZZONI, Manuale di diritto privato, Esi, 2003, 58.


12 PARTE PRIMA — LE OBBLIGAZIONI IN GENERALE

riconoscimento di un diritto reale, ossia di competenze esercitabili erga omnes,


bensı̀ nelle forme dello scambio e cioè attraverso contratti obbligatori.
Conclusioni Sulla base di tali considerazioni, si può affermare che il connotato della rela-
tività dell’obbligazione sottolinea, riferito alla pretesa creditoria, la direzione
obbligata della stessa e, riferito alla posizione del soggetto passivo, che solo
questi e non altri è vincolato all’osservanza dell’obbligo; anche sotto il profilo
della tutela, la relatività consente l’attuazione coattiva della pretesa solo verso il
soggetto obbligato, interessandone la sfera giuridica.
Il connotato della relatività, invece, viene meno qualora si tratti di tutelare il
creditore contro atti di terzi preordinati a violare il diritto di credito, nonché con
riguardo a quella classe di doveri accessori (detti di protezione, v. in questa Sez.,
cap. 4, par. 5) che accompagnano il dovere primario di prestazione, i quali (per
es. protezione dell’interesse alla vita, alla salute, al patrimonio, ecc.) hanno
rilievo non solo con riferimento alla figura del creditore, ma anche verso quei
soggetti che vengono in qualche modo in contatto con la sfera del creditore e per
i quali si pone una analoga esigenza di tutela.

3. Differenze tra le obbligazioni rispetto agli altri doveri giuridici ed alle


ulteriori situazioni passive.

Le obbligazioni non esauriscono tutte le situazioni nelle quali un soggetto è


tenuto ad un determinato comportamento (10).
Si pensi ai rapporti coniugali e familiari, all’obbligo di fedeltà, a quello di
assistenza morale previsto dall’art. 143 c.c. o, ancora, al dovere di istruire ed
educare la prole contemplato dall’art. 147 c.c.: in tutti questi casi si è in presenza
di un rapporto giuridico dal quale discendono diritti e doveri, che non sono
riconducibili al rapporto obbligatorio in senso stretto (11).
Occorre, quindi, ricercare gli elementi che caratterizzano l’obbligazione e con-
sentono di distinguerla dagli altri obblighi giuridici.
La patrimonialità Primo elemento caratterizzante è la patrimonialità della prestazione quale si
della prestazione desume dall’art. 1174 c.c., secondo il quale “La prestazione che forma oggetto
dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corri-
spondere ad un interesse anche non patrimoniale del creditore”.
Il requisito della patrimonialità (12) si riferisce più specificamente alla presta-
zione che forma oggetto dell’obbligazione, ossia al comportamento che dovrà

(10) Nella Relazione al Re sull’art. 4 del libro delle obbligazioni, corrispondente all’attuale art. 1174 si legge
che “l’obbligazione deve essere considerata come figura giuridica distinta da quegli altri obblighi i quali, per
quanto diano luogo ad azione, tuttavia non hanno contenuto patrimoniale diretto o di riflesso, come è, ad esempio,
di alcuni obblighi posti dalla legge in relazione a taluni rapporti di diritto familiare”.
(11) Sul punto deve darsi conto del mutato orientamento giurisprudenziale che, superando la vecchia
concezione secondo la quale il diritto di famiglia sarebbe un nucleo chiuso che dialogherebbe con se stesso e
conterrebbe solo al suo interno le sanzioni per la violazione dei doveri imposti, oggi ritiene invece sanziona-
bili sul piano della responsabilità aquiliana tutte le violazioni dei doveri coniugali e familiari: Vd. Cass., 24
gennaio 23 marzo 2005 n. 6276; Cass., 10 maggio 2005 n. 9801; Trib. Milano 24 settembre 2002; Trib. Venezia
30 giugno 2004.
(12) Nella Relazione al Re si legge “Dopo di ciò si dovrà ritenere che non vi è obbligazione quando il contenuto
del correlativo dovere non abbia i caratteri della prestazione secondo l’art. 4” (l’attuale art. 1174 c.c.).
CAPITOLO I — CARATTERI GENERALI 13

essere assunto dal debitore per soddisfare l’interesse del creditore, comporta-
mento che deve essere suscettibile di valutazione economica per se stesso o per
i risultati che ne discenderanno.
Nella maggior parte dei casi potrà aversi un interesse di ordine patrimoniale,
ma potrà anche trattarsi di un interesse di carattere morale, sociale, affettivo,
culturale, ecc., insuscettibile di essere valutato in termini economici, ma comun-
que rilevante perché considerato meritevole di tutela da parte dell’ordinamento
giuridico (v. cap. 2, par. 3.1).
Per un esame più approfondito della patrimonialità della prestazione si rinvia
al cap. 2, paragrafi 2.2. ss.

3.1. Rapporti con gli altri doveri giuridici.


Già in epoca romana (13) l’essenza dell’obbligazione era stata individuata non
tanto in un diritto del creditore (il quale non ha alcun potere sul mondo este-
riore), quanto in un dovere giuridico a carico del debitore di dare, facere o
praestare a favore di altro soggetto, il creditore appunto.
L’essenza dell’obbligazione deve, quindi, essere individuata proprio nel do-
vere giuridico del debitore di eseguire la sua prestazione in favore del creditore
e, cioè, in ultima analisi in un debito.
Il riferimento al dovere giuridico, tuttavia, non deve fuorviare e trarre in
inganno, perché, se è vero che in linea generale in tutti i casi in cui venga in
rilievo un dovere giuridico il comportamento doveroso è destinato a soddisfare
l’interesse dei consociati, è anche vero che in taluni casi il dovere è imposto per
soddisfare l’interesse dei consociati in generale, mentre in altri è destinato al
soddisfacimento dell’interesse di un soggetto determinato.
In realtà (14), solo in quest’ultimo caso potrà parlarsi di obbligazione, perché
solo in questo caso in correlazione ad un dovere del debitore vi sarà un potere del
creditore.
La posizione del debitore, quindi, si sostanzia in un obbligo o, meglio, in un
dovere giuridico che implica il compimento di un attività positiva, anche quando
l’obbligazione consista in un non facere, perché anche in questo caso il debitore
dovrà svolgere un’attività finalizzata a non tenere quel comportamento (15).

3.2. Differenze rispetto alla soggezione ed all’onere.


L’obbligazione, intesa quale dovere giuridico od anche obbligo, esprime un
concetto ben diverso rispetto ai doveri generici ed in particolare alla soggezione
ed all’onere.

(13) Obligationum substantia non in eo consistit,ut aliquod corpus nostrum aut servitutem nostram faciat, sed
ut alium no-bis obstringat ad dandum aliquid,vel faciendum,vel praestandum. Institutiones di Paolo libro II, in
Digesto 44,7,3 pr.
(14) GIORGIANNI, op. cit., 587.
(15) Per i sostenitori delle teorie patrimoniali (nettamente minoritarie ed isolate), che mirano a svilire la
posizione del debitore, in taluni casi il contegno del debitore non consisterebbe in un non prestare, in un non
facere, ma nel tollerare che il creditore si soddisfacesse come gli competeva. Per tutti v. MESSINEO op. cit., 14.
Contra MICCIO, Delle obbligazioni in generale, il quale ha osservato che in questo modo si giungerebbe ad
affermare che il cuoco che è obbligato a farmi mangiare non esegue la prestazione con il cuocere le vivande,
ma con il tollerare che il soggetto le mangi.
14 PARTE PRIMA — LE OBBLIGAZIONI IN GENERALE

La soggezione È noto, infatti, che la soggezione fa riferimento alla posizione passiva di un


soggetto che subisce un potere altrui e le conseguenti modifiche della sua sfera
giuridica, senza che ciò dipenda o sia collegato ad una sua prestazione.
Si pensi al caso del diritto di opzione: in questo caso al potere del soggetto
attivo (il titolare del diritto potestativo), corrisponde una soggezione del soggetto
passivo (l’opzionario), che può solo subire l’esercizio dell’opzione.
Nel rapporto obbligatorio, invece, il soggetto passivo è tenuto ad eseguire la
sua prestazione per soddisfare l’interesse del creditore, il quale, in caso di ina-
dempimento o di non corretto adempimento potrà chiedere la riparazione o la
rimozione della lesione subita.
L’onere Margini di più spiccata differenziazione possono cogliersi rispetto all’onere,
che consiste in un comportamento doveroso, che il soggetto deve necessaria-
mente tenere per soddisfare un proprio interesse. Sicché mentre nell’obbliga-
zione il mancato compimento dell’attività dovuta, se e solo se imputabile,
esporrà il debitore a sanzioni e rimedi (in particolare il risarcimento del danno),
nel caso degli oneri la mancata tenuta del comportamento prescritto impedirà di
conseguire il vantaggio previsto, e tanto indipendentemente da qualsiasi consi-
derazione sulla imputabilità della inosservanza della condotta doverosa. Si pensi
all’onere che ha il titolare del diritto di compiere atti interruttivi della prescri-
zione per evitare che questa maturi.

3.3. Le obligationes propter rem.


Queste considerazioni fondamentali consentono di risolvere anche le annose
disquisizioni svoltesi sulle obligationes propter rem e permettono di inquadrarle
definitivamente all’interno della categoria generale delle obbligazioni.
La caratteristica delle obbligazioni propter rem sta nel fatto che il rapporto
obbligatorio ha sempre per contenuto un facere o un non facere, ma la posizione
del debitore è ricollegata ad un diritto reale, per cui il soggetto passivo è indivi-
duato in colui che risulti titolare della proprietà o di altro diritto reale di godi-
mento (16).

(16) Le obbligazioni propter rem, costituiscono una fattispecie tipica e dunque non possono essere libera-
mente assunte se la legge non disponga che, in relazione ad un determinato diritto reale, un soggetto possa
obbligarsi e compiere una determinata prestazione (nella specie la Cassazione ha escluso la natura reale
dell’obbligazione, assunta dal venditore di un terreno nell’atto di compravendita, di impiantare un cancello
nel proprio fondo al fine di meglio delimitare le due proprietà). Le obbligazioni proptem rem, oltre che dalla
accessorietà e dalla ambulatorietà del lato soggettivo passivo, sono caratterizzate, alla pari dei diritti reali, dal
requisito della tipicità, con la conseguenza che non possono essere liberamente costituite dall’autonomia
privata, ma sono ammissibili soltanto quando una norma giuridica consente che in relazione ad un determi-
nato diritto reale e in considerazione di esigenze permanenti di collaborazione e di tutela di interessi generali
il soggetto si obblighi ad una prestazione accessoria, che può consistere anche in un facere (Cass., 2 gennaio
1997, n. 8, in Giust. civ. Mass., 1997, 4; Riv. notar., 1997, 1241); le obbligazioni proptem rem possono sorgere per
contratto solo se il tipo ne é previsto dalla legge, e perciò un accordo fra i due condomini, che imponga ad uno
di loro l’esecuzione di opere (es. strada) sul fondo comune, non vincola il suo avente causa a titolo particolare,
dato che per l’art. 1104 c.c. sono propter rem solo gli obblighi di fare (Cass., 7 settembre 1978, n. 4045, in Foro
it., 1979, I, 724); le obbligazioni reali costituiscono figure tipiche legali per cui possono sorgere per contratto
solo nei casi e col contenuto espressamente ex lege previsti: pertanto, in tema di comunione, ove la relativa
disciplina prevede solo obbligazioni di dare, non è lecito all’autonomia privata creare obbligazioni in faciendo
vincolanti i terzi acquirenti a titolo particolare della quota di uno dei contraenti (Cass., 7 settembre 1978, n.
4045, in Foro padano, 1978, I, 264).
CAPITOLO I — CARATTERI GENERALI 15

I due rapporti, cui fanno capo l’obbligo ob rem ed il diritto reale, sono distinti,
ma il primo è accessorio al secondo (17).
Per questa loro caratteristica le obbligazioni propter rem vengono definite L’ambulatorietà
ambulatorie, nel senso che si trasferiscono automaticamente insieme alla tito- delle obligationes
propter rem
larità del bene o, meglio, nel senso che le parti del rapporto variano in seguito
alla circolazione del bene, senza bisogno di una previsione espressa.
Sono esempi di obbligazioni reali: l’obbligo del proprietario del fondo servente
di tenere in perfette condizioni d’uso la strada su cui viene esercitata la servitù di
transito; l’obbligo del partecipante alla comunione di contribuire nelle spese;
l’obbligo del vicino di estirpare alberi e siepi posti a distanza inferiore da quella
legale; l’obbligo del vicino di tagliare gli alberi che si protendono sul fondo altrui,
ecc..
La dottrina prevalente (18) ritiene che la prestazione oggetto dell’obbligazione La prestazione
reale consiste in un comportamento connesso con l’esercizio del diritto reale cui quale comporta-
mento connesso al
essa è accessoria. diritto reale
Da questo punto di vista, si suole distinguere le obbligazioni reali in quattro
categorie:
— quelle che hanno lo scopo di provvedere alla conservazione della cosa
comune (per es. le fattispecie di cui agli artt. 882 e 1104 c.c.);
— quelle in cui la prestazione fissa limiti od indica modalità nell’utilizzazione
della cosa (per es. le fattispecie dei cui agli artt. 987, 989, 894, 896 e 1102 c.c.);
— quelle che incidono sul diritto reale del titolare modificandolo, che, cioè, ne
circoscrivono la disponibilità (per es. le ipotesi di cui agli artt. 846 ss. c.c., o quelle
di cui agli artt. 874, 875, 878, 888, 1128 c.c.);
— infine, quelle che hanno ad oggetto un indennizzo per l’incremento di un
diritto reale di godimento (per es. le fattispecie di cui agli artt. 935 ss. c.c.).
La dottrina è divisa tra chi (19) ritiene che le obbligazioni reali (in maniera La tipicità delle
complementare al principio espresso in materia di diritti reali) siano tipiche e obbligazioni reali

possano sorgere solo per previsione normativa e chi (20), invece, ne ammette
l’atipicità e la possibilità che nascano anche per volontà delle parti, preoccupan-
dosi solo di chiedere la pubblicità mediante la trascrizione nei registri immobi-
liari.
La giurisprudenza, dopo essersi inizialmente espressa in favore della atipi-
cità (21), ha successivamente mutato opinione ed oggi è attestata nel senso della
tipicità delle obbligazioni propter rem (22) che, quindi, devono considerarsi un
numero chiuso.
In particolare, fino agli inizi degli anni cinquanta si ammetteva pacificamente
la costituzione consensuale di obbligazioni reali atipiche: alla base di tale aper-
tura vi era l’esigenza di consentire, per questa via, la regolamentazione dei
rapporti giuridici tra i proprietari dei terreni confinanti in caso di lottizzazione,

(17) BALBI, Obbligazione reale in Novissimo Digesto, 670 n. 6.


(18) BALBI, op. cit., 671 n. 6.
(19) GIORGIANNI, op. cit., 589; ROMANO, Diritto e obbligo nella teoria del diritto reale, Napoli, 1969, 61.
(20) DI STASO, Diritto reale, servitù e obbligazione propter rem, 438; BIANCA, Diritto civile, vol. VI, 1998, 141.
(21) Cass., 24 maggio 1947 n. 812; Cass., 9 luglio 1946 n. 824; Cass., 6 febbraio 1946 n. 107.
(22) Cass., 23 agosto 1978 n. 3931; Cass., 20 marzo 1964 n. 630, Cass., 29 febbraio 1960 n. 392; Cass., 19
ottobre 1957 n. 3982; Cass., 18 gennaio 1951 n. 141.
16 PARTE PRIMA — LE OBBLIGAZIONI IN GENERALE

stante l’impossibilità di ammettere la costituzione di servitù reciproche, che al


tempo erano ritenute contrastanti con il carattere della unilateralità proprio
delle servitù prediali.
Successivamente, riconosciuto che le servitù reciproche sono comunque ri-
spettose del principio da ultimo ricordato (in quanto la reciprocità è un dato che
riguarda due rapporti di servitù distinti ed autonomi, per cui uno stesso fondo è
considerato dominante nell’uno e servente nell’altro), la giurisprudenza ha ri-
petutamente affermato il principio di tipicità delle obbligazioni reali, le quali
pertanto possono costituirsi solo nei casi previsti dalla legge.
E ciò sulla base di due principali argomentazioni: in primo luogo, la loro stretta
connessione con un diritto reale comporterebbe l’estensione del carattere del nu-
mero chiuso dei diritti reali anche alle obbligazioni ad essi inerenti; in secondo
luogo, il principio di relatività del contratto risulterebbe violato dalla previsione
pattizia di obblighi a carico anche degli eventuali terzi acquirenti dei beni.
Titolo costitutivo Sul titolo costitutivo, legale o negoziale, va infine segnalato che la giuri-
legale e titolo co- sprudenza di legittimità ritiene che “le obbligazioni reali costituiscono figure legali
stitutivo negoziale
tipiche e possono sorgere per contratto solo nei casi e nel contenuto previsto dalla
legge, ma ciò comporta che tanto è consentito ove, in relazione ad un determinato
diritto reale i soggetti si obblighino ad un comportamento accessorio non in con-
trasto con disposizioni normative” (23).
L’abbandono Dalla struttura della obbligazione propter rem sopra descritta deriva che
liberatorio l’adempimento è dovuto dal titolare del diritto reale se ed in quanto rimanga tale,
sicché se rinuncia al suo diritto si avrà l’estinzione dell’obbligazione. Si parla in
questi casi di abbandono liberatorio.
È intuibile che il debitore non potrà liberarsi dalla sua obbligazione rinun-
ciando al diritto:
— quando abbia compiuto atti o fatti che implichino una sua responsabilità
per l’adempimento (per es. il comproprietario del muro comune non può abban-
donare la quota di comunione per liberarsi dall’obbligo di contribuire alle spese
di riparazione quando queste siano state causate da un suo atto);
— quando abbia rinunciato esplicitamente od implicitamente alla facoltà di
valersi dell’abbandono liberatorio (per es. approvando le spese per la conserva-
zione ed il godimento della cosa comune);
— quando l’esercizio del diritto reale che dovrebbe essere abbandonato è
connesso all’esercizio di un altro diritto al quale il debitore non intende rinun-
ciare (per es. il condomino non può liberarsi dall’obbligo di contribuire alle spese
di conservazione, abbandonando la sua quota di parti comuni se non rinuncia
anche alla proprietà dell’immobile).

3.3.1. Gli oneri reali.


Caratteri comuni tanto ai diritti reali, quanto alle obbligazioni propter rem
sono riscontrabili nella categoria degli oneri reali (24).

(23) Cass., 13 agosto 2004 n. 15763. In senso conforme anche Cass., 11692/99; Cass., 2 gennaio 1997 n. 8;
Cass., 20 agosto 1993 n. 8797; Arb. Napoli 20 dicembre 2001 in causa Cons. Gesecedi c. Soc. Italgas.
(24) L’onere reale è una figura di origine medioevale che deriva da un’antica consuetudine delle popola-
zioni germaniche, la c.d. servitutis iuris germanici e consiste in un vincolo imposto su di un fondo, per cui il

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