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Lezione 26/10/21

La prima e la più strutturata delle fonti ecclesiastiche prima del XII sec è quella di tipo obituario, in
cui si celebra la memoria del defunto. Si adotta l’abitudine di registrare la morte delle persone, la
forma più usata è quella del calendario. L’elemento determinante non è quello dell’anno ma del
giorno dell’anno. Per ogni giorno, per quegli enti che hanno particolare influenza, quindi con più
donazioni, ci sono giorni con più registrazioni. Sono registrazioni he hanno una struttura ben
precisa, da un altro lato possiamo considerarle fonti aperte perché vengono continuamente
aggiornate. Ciò è giustificato dal fatto che le persone donassero a enti di tipo ecclesiastico per
aggiudicarsi la preghiera. La maggior parte delle donazioni registrate negli archivi sono di tipo
territoriale, beni fondiari. Le registrazioni assumono carattere di questo tipo, con ancora il
calendario romano. Il documento sintetizza e disposizioni testamentarie dei defunti, ciò che
riguarda l’ente che fa erigere questo obituario. I beni tipici sono appunto i beni fondiari, a volte
elemosina ai poveri ecc. Il vincolo che viene stabilito è quello delle celebrazioni di messe, può
essere una messa per l’anniversario, più messe nel corso dell’anno per determinate ricorrenze.
Col passare del tempo i testatori diventano più precisi, anche per le messe, perché si arrivava
anche a mille messe in un anno per un solo individuo. Seguendo sempre lo stesso tipo di
calendario ci sono eventi che non hanno collegamento con la semplice celebrazione della morte
del defunto.
Si passa da una fase più documentaria a una più narrativa. Integrano le notizie riguardanti le
famiglie, ma poi contribuiscono a dare più informazioni sulle reti ecclesiastiche. Dal 300 la mobilità
all’interno della chiesa o le nomine negli uffici ecclesiastiche, tende ad essere più attiva. Ciò è
indice di un cambiamento in atto nella chiesa.
Vi è la serie di liste dei vescovi, che si aprono con un ritratto del primo titolare o del santo che è
legato all’istituzione della diocesi, come san Pietro diventa il santo di riferimento. Molto spesso
siamo di fronti a leggende mito-geografiche. Nella maggior parte delle diocesi costituite dalla vita
del santo abbiamo una fase di silenzio, le liste non sono sempre complete. Scrive ciò che ha potuto
ritrovare, di certi vescovi abbiamo solo il nome. Invece man mano che si avvicina all’epoca di vita
del redattore della lista si incomincia a vedere eventi più certi, come la durata della vita del
vescovo e le sue contribuzioni verso la chiesa. L’elemento fondante per i documenti è il
testamento del patriarca. Testimoniava il diritto di possedimento dei documenti e la possibilità di
conservarli in archivio.
I documenti di tipo sia documentaristico che narrativo vengono chiamati anche cronache
carturiali, che ci forniscono soprattutto informazioni monasteriali. Siamo di fronte alla necessità di
costruire i diritti dell’ente sui beni. In molti casi si copia il testo, in altri si parte da una descrizione
per poi citare il testo. Non sempre si usava un ordine cronologico, prima c’è un ancoraggio
cronologico preciso – si organizza la storia. Questo tipo di organizzazione diventa tipico nel
medioevo maturo. I modelli di questa cronachistica laica diventano anche riferimento per quelle
ecclesiastiche. Questo tipo di struttura e questo modo di impostare i temi, sono tipiche di questo
periodo (XI sec). Siamo in una fase detta Lotta delle investiture, un contrasto tra papa e strutture
episcopali. Nel momento in cui il papa rivendica il diritto di controllare le elezioni, prima i vescovi
venivano scelti a livello locale. L’unico che può interferire è l’imperatore, che può conferire o
negare il titolo di vescovo: che il papa rivendichi questa autorità è un’assoluta novità. È uno
scontro ideologico, è il tentativo dei vescovi di alterare quelle che sono le procedure del loro
inserimento. Quando si chiude la lotta delle investiture, il papa ritrova il diritto dell’ultima parola
nell’elezione dei vescovi. il potere pontificio non è ancora al livello di controllare la posizione dei
vescovi e il loro ruolo nella diocesi, quello verrà più tardi ed è frutto di grande corruzione. Vescovi
e arcivescovi di Milano e Vienna sono schierati alla parte dell’imperatore, pensano che le posizioni
di Gregorio VII siano eccessive, non sono idee applicabili per la riforma della chiesa.
Nella diocesi di milano abbiamo testi che difendono le posizioni della chiesa milanese. Altri,
cronache filo-gregoriane, sono fortemente critiche nei confronti dell’azione deli arcivescovi e
dell’amministrazione della diocesi. Parallelamente a queto tipo di fonti, che sono sempre
all’interno dell’ambiente ecclesiastico, abbiamo le prime testimonianze di una scrittura, non di
laici, ma che riguardano questioni esterne alla chiesa, gli ambienti laici. Un esempio è la Carmen,
composizione in versi dedica alla biografia di Matilde di Canossa e beatrice di Lotaringia. Matilde è
la mediatrice dell’accordo di Canossa, lei appoggia il papa, ma nel momento in cui si scontra con
l’imperatore deve prendere le parti opposte. Questa cronaca scritta da Donizone è innovativa,
prendendo in prestito dei modelli di natura ecclesiastica.
Vengono redatti racconti sulla lotta ma in cui la chiesa non è più al centro della scena. Questa
trasformazione la vediamo attraverso testimonianze narrative, non è un caso che vengano dal
centro-sud continentale, perché questi territori rischiano di essere sottratti all’ente ecclesiastico
dalla conquista dei romani. I monaci sentono l’esigenza di difendere i diritti della chiesa perché
appunto questi rischiano di essere sottratti dai nuovi padroni del sud. La nuova fase storica vissuta
in questo territorio, finora diviso, diventa unito sotto lo stesso controllo. Cambia l’aspetto del
territorio, anche nelle cronache appare in dettaglio il confine dei vari possedimenti. I romani
spostano i centri abitati, si concentrano sull’aspetto bellico del territorio.

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