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È lei che parla, argomenta, espone, critica e tesse le lodi di se stessa. Questo
straordinario espediente consentirà al filosofo di passare in rassegna tutte le miserie
del genere umano e con una pungente ironia svelerà le sue debolezze, la sua
confusione interiore, le sue false illusioni, le sue paure e tutti i suoi limiti. Sotto i
colpi ben assestati della Follia nessuno sembra avere scampo. In ordine sono oggetto
di critica grammatici, poeti, giuristi, filosofi, teologi, religiosi e monaci, re, cortigiani,
vescovi, cardinali, pontefici. Tutti sono messi alla gogna e spogliati della loro
autorevolezza.
L’Elogio della Follia è un saggio straordinariamente attuale che presenta un elemento
chiave determinante: la stoltezza, alterazione della ragione, si trasforma nella
saggezza della natura, pronta a soccorrere l’uomo in preda alla conoscenza. Erasmo
infatti afferma che “i più fortunati sono coloro che riescono a tenersi lontani da
qualunque disciplina per seguire la sola guida della natura che in nessuna parte è
difettosa”. Il filosofo olandese capovolge dunque le consuete opinioni di saggezza e
stoltezza. C’è una sola saggezza che aderisce perfettamente alla natura e che solo la
stoltezza rende possibile, perché tutte le passioni sono un prodotto della follia. La
distinzione tra saggio e folle a questo punto è presto fatta: il primo si fa guidare dalla
ragione, il secondo dalle passioni. Qualche lettore potrebbe incautamente pensare che
tra le righe, il vero protagonista dell’Elogio possa essere la stoltezza e non la follia,
ma Erasmo elogia la stoltezza solo in quanto la ritiene la condizione umana più vicina
alla follia, prossima alla follia, che ci spinge in direzione di essa, perché l’uomo
solamente rifiutando la ragione umana può accedere alla Follia di Dio. Si aprono a
questo punto pagine di critica feroce soprattutto nei confronti dei teologi.
“L’uomo che nasconde la sua follia è migliore dell’uomo che nasconde la sua
sapienza”
Nell’Elogio della Follia ci sono per Erasmo diversi livelli di conoscenza del mondo.
Il primo è il livello umano, della ragione, che non conduce a nessuna conoscenza;
abbiamo poi il livello naturale che ci porta alla conoscenza del mondo; infine c’è il
livello della conoscenza assoluta che è quello di Dio, a cui possiamo accedere solo
attraverso la follia. L’abbandono assume una connotazione fondamentale.
L’incredulità, o meglio, la presa di coscienza della propria incredulità sarà la chiave
per vivere follemente il completo abbandono a Dio.
È doveroso ovviamente, ricordare che Erasmo distingue la follia in due specie. Una
negativa che “scaturisce dagli inferi” e una positiva che nasce dall’uomo e che tutti
desiderano. Quest’ultima è la follia pura, quella intesa da Platone: l’estasi dei poeti e
degli amanti.
Secondo Erasmo, gli uomini sprecano la loro vita come se recitassero in una
commedia, vestendo un’incredibile alternanza di panni diversi e indossando infinite
maschere. Sono solo dei funamboli che cercano si tengono equilibrio nelle svariate
convenzioni sociali. Il loro unico obiettivo è ricercare la felicità. Ognuno attua questa
ricerca a proprio modo illudendosi persino di poterla trovare. Ma alla fine, colui che
è veramente felice non è il saggio, che pensa di conservare tutti i segreti del mondo,
bensì il folle. È veramente felice colui che sa godersi la vita, che conosce e ama se
stesso, segue le proprie passioni e asseconda i propri impulsi.