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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

Facoltà di Lettere e Filosofia


Corso di laurea in Lettere

Tesi di laurea in Archeologia Medievale

Vichinghi in Occidente: i ritrovamenti archeologici


nell’Inghilterra scandinava del IX-X secolo.
Il caso del “Danelaw”

Candidata Relatore
Linda Nesi prof. Guido Vannini

Anno Accademico 2004/2005


Nella prima pagina, la nave di Gokstad.
Rinvenuta in un grande tumulo nell’estate del 1880 a Gokstad, una piccola località situata sulla
sponda occidentale del fiordo di Oslo. Da notare la linea affusolata e la chiglia imponente; queste
caratteristiche fanno intuire la sua velocità e resistenza.

2
“Un uomo pavido si crede che potrà sempre vivere
se si tiene alla larga dagli scontri;
ma a lui la vecchiaia nessuna pace porta
anche se la conceda l'arme.”

Hávamál (Canzone dell’Eccelso)

Questo lavoro è dedicato a tutti coloro che hanno lottato da soli


per portare avanti un loro sogno,
a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di credere
nonostante tutto e nonostante tutti in quello che facevano,
a tutti coloro che si sono trovati soli
ad affrontare una difficoltà.
Questo lavoro è dedicato a tutti loro, ed a me stessa.

Linda

3
Abstract

With my work I have tried to illustrate, thanks to the archaeological discoveries


made in the last century in England (the oldest excavations in York are from the
late nineteenth century), the type of “archaeological impact” men of the North
have left in the islands British, what they left behind, particularly what was
their material impact on the lands in the Anglo-Saxon and Danish settlement
called "Danelaw" which includes Northumbria, East Anglia, the South East and
the Midlands, the lands dominated by the "Five Boroughs": Derby, Notthingam,
Lincoln, Leicester and Stamford.
The entire work is based on the bibliography available on the subject in Italy
and it is divided into four main chapters. The first chapter is a description of the
geographical environment in Scandinavia before the so-called “viking age” and
the main naval routes used to reach the “west”; the second chapter is an
historical profile of the viking populations; the third chapter studies the impact
of the conquer, archaeologically and urbanistically speaking, on the english
cities. The case of York has been used as example. The last chapter is a “summa”
of the records of vikings finds scattered through the Danelaw that I was able to
collect in Italy: cemetery and tombs, silver hoards and other manufacts of
scandinavian origin, stone crosses with evident scandinavian decorative
inspiration and hogbacks. Finally, a short analysis of the toponomastic in
Danelaw and the influence that the scandinavian language had on the names of
villages and cities.

4
Indice

Introduzione……………………………………………..………………...…..….7

1. L’ambiente dell’Europa settentrionale. Profilo generale dei territori e dei


popoli vichinghi………………...………..…..……………………………….....15
1. 1 Profilo geografico dei territori vichinghi…………………......…………...17
1. 2 Principali linee di espansione e rotte vichinghe…………………….……20
1. 3 La Scandinavia del sud nel periodo precedente l’Età Vichinga…….….....23

2. L’ Età Vichinga (800 d. C. – 1066 d. C.). Profilo storico delle popolazioni


vichinghe……………………………………..………………………………….37
2.1 Profilo storico delle espansioni delle popolazioni vichinghe…………......45
Gli Svedesi…………………………………..………………………………46
I Danesi…………………………………………………..………………….49
I Danesi in Inghilterra………………………………………………….…..53
I Norvegesi………………….………………………………...……………..63

3. Le città dell’Ovest dopo la conquista vichinga: aspetti archeologici e


commerciali……………………………………………...……………………....73
3.1 Fasi dell’urbanizzazione medievale inglese………………….....…...……..74
3.2 York: la “capitale” della Northumbria…………………….....…...………..77
La città danese…………….………………...……......……………………..80
Gli strati di occupazione Danese…………………………..……..………...82
Resti di costruzioni………..……………………...………………………...83
L’ambiente…………...……………………………………...……………....86
Attività di sussistenza………...…………………………...….…...………...87
Attività commerciali………..…………………….……..………………….89

4. Testimonianze archeologiche dell’impatto vichingo nel territorio del


“Danelaw”……………………………………...…………….…………………103
4.1 Sepolture e cimiteri…………………………………….....…...…………..106
4.2 “Tesori” in argento e manufatti vichinghi in Inghilterra………...……....139
4.3 Sculture e croci di pietra in stile scandinavo……...…………....………...148
Le coperture tombali a “schiena di porco”………………...……………...151
Croci in pietra……………...…………………………………………...….163
4.4 Toponomastica. L’influenza della lingua scandinava sui nomi di luogo in
Inghilterra………………………...………...…………………………………..166

5
Appendice
I Re scandinavi dal IX° all’XI° secolo……………………………....…………173
Re del Wessex e dell’Inghilterra dal 757 al 1087……………………………...174

Conclusioni…………………………………………………………………..…175

Bibliografia…………………………………………………………………..…189

6
INTRODUZIONE

«Guðbiorn, Oddi, essi eressero questa pietra


in ricordo di Guðmarr, loro padre.
Stava virilmente sulla prua della nave.
Giace in occidente sepolto colui che morì».

Questa iscrizione runica, che si trova nella pieve di Råby nella provincia
svedese del Södermanland1 ricorda la sepoltura di Guðmarr, padre di
Guðbiorn e Oddi in un luogo lontano dalla patria. Tale luogo è
“l’Occidente”. Iscrizioni runiche di tal fatta sono molto frequenti nel sud
della Scandinavia, e sono state tutte innalzate da parenti che ricordano la
morte di un familiare nel lontano Occidente, oppure in Inghilterra, o
ancora “sulla via che porta in Inghilterra”2. Indubbiamente questi
personaggi venivano visti come eroi da commemorare, esempi dell’ideale
eroico del guerriero del Nord. Ma cosa spinse tali individui a lasciare la
propria patria in quel preciso periodo storico, i secoli che vanno dalla fine
dell’VIII alla prima metà dell’XI? Perché attaccarono le coste delle isole
Britanniche, si insediarono e in molti casi fondarono fiorenti città e
mercati? Che tipo di eredità hanno lasciato dietro di sé queste “bestie
bionde”? Hanno solo portato rovina e saccheggi, oppure il loro impatto
sulle terre inglesi ha determinato lo sviluppo di interessanti cesure

1 C. CUCINA, Il tema del viaggio nelle iscrizioni runiche, Pavia 1989, pp. 344-345.
2 “Sar varð dauðr a Iutlandi, hann skuldi fara til Ænglands” : morì nello Jutland, si trovava sulla
strada per l’Inghilterra. (B. F. JANSSON SVEN, Runes in Sweden, Stoccolma 1987, p. 82).

7
artistiche e commerciali, arrivando a fondare importanti centri che più
tardi sarebbero diventati città, come ad esempio Duiblinn (Dublino),
Hlymrekr (Limerick) e Cork3, in Irlanda?
Con questo mio lavoro ho tentato di illustrare, alla luce delle scoperte
archeologiche fatte nell’ultimo secolo (gli scavi più antichi a York
risalgono alla fine dell’ottocento), il tipo di “impronta” archeologica che
gli uomini del Nord hanno lasciato nelle isole Britanniche, cosa si sono
lasciati dietro questi uomini, qual è stato il loro impatto materiale sulle
terre anglosassoni e in particolare nell’area di insediamento danese
definita “Danelaw” che comprende la Northumbria, l’East Anglia, il sud-
est delle Midlands e le terre dominate dai “Five Boroughs”: Derby,
Notthingam, Lincoln, Leicester e Stamford. Ho preso in considerazione
principalmente le poche categorie di dati pubblicate nelle più importanti
riviste archeologiche britanniche, partendo dall’analisi dei cimiteri e delle
inumazioni scandinave ritrovate nei luoghi dove la “Grande Armata
Danese” ha svernato o ha transitato (es. Repton), passando per
l’osservazione dei cosiddetti “tesori” in argento (gruzzoli di monete o pezzi
di oreficeria nascosti generalmente in buche del terreno) e degli sporadici
reperti archeologici di certa origine vichinga, osservandone la
distribuzione in tutta la Gran Bretagna, cosa che dà un’idea della
distribuzione delle zone dove è stato più massiccio l’insediamento
scandinavo. Altre evidenze interessanti sono le sculture in “stile”
scandinavo (in particolar modo le croci in pietra, di cui esistono vari
esemplari nella zona dell’Inghilterra centro/settentrionale e che sono

3J. R. STRAYER (editor in chief), Dictionary of the Middle Ages, New York 1989, vol. 12, p.
425; confronta inoltre pp. 63, 65.

8
ancora al centro di dibattiti sulla loro funzione) e le pietre tombali definite
“a schiena di porco”, caratteristiche delle inumazioni nordiche e ritrovate,
riutilizzate, in varie chiese dello Yorkshire. Questi monumenti funebri,
per molti studiosi, ricalcano la forma e la decorazione delle case
scandinave, di cui conserviamo solo qualche buca di palo e perimetri dei
muri in quanto gli elevati erano costruiti con materiale deperibile. Infine,
ho studiato la distribuzione della toponomastica “scandinava”, nomi di
luogo di origine nordica o che comprendono, nella loro struttura, parti di
parole riconducibili alla lingua norrena. La presenza di coloni vichinghi
sul territorio inglese ha lasciato anche una sensibile influenza linguistica,
riconducibile non solo ai nomi di città ma anche a termini di uso comune;
nell’inglese moderno, ad esempio, vi sono circa 600 prestiti ritenuti di
origine scandinava4 fra cui ricordo: knife (coltello) dall’antico nordico
knífr, window (finestra) da vind-auga, egg (uovo) da egg, die (morire) da
deyja.
Per una maggiore comprensione generale e per inserire il movimento
vichingo in un quadro storico preciso ho tratteggiato il periodo di
maggiore attività vichinga (che va dalla fine del 700 alla prima metà del
1000) osservandolo sia dal punto di vista Anglosassone che da quello
scandinavo, cosa questa che non viene mai fatta in ambito scolastico ed
universitario in quanto tale zona geografica “esula” dalla sfera di influenza
delle culture mediterranee alla quale anche noi apparteniamo. Ho anche
esposto un ritratto della Scandinavia nei secoli precedenti la cosiddetta
“Età Vichinga”, analizzandola sia dal punto di vista geografico che dal
punto di vista archeologico ed economico; è qui doveroso sottolineare la

4 E. ROESDAHL, I Vichinghi, Torino 1996, p. 232.

9
scarsità delle fonti che ho potuto raggiungere in Italia, fonti che si trovano
per la maggior parte in Inghilterra, o in Svezia, Danimarca e Norvegia.
Sapevo fin dall’inizio che tale ricerca sarebbe stata difficoltosa ma anche
questo può essere considerato un obbiettivo del mio lavoro: capire cosa è
stato pubblicato nel nostro paese su questo argomento ed osservare a che
punto si trova la ricerca. È per questo che considero la mia tesi un
“esperimento”.
Ho inoltre osservato lo sviluppo delle citta e delle attività economiche
come i mercati nella zona dell’Inghilterra orientale (East Anglia e
Yorkshire), per cercare di capire il rapporto fra dominazione scandinava
ed evoluzione economica; i dati archeologici che ho potuto consultare non
sono molti, ma ho potuto farmi un’idea della vita commerciale grazie ai
contributi di Wilson e Hodges. Alla luce di tutto questo non potevo fare a
meno di indagare il centro più importante del “regno” Danese in
Inghilterra: York. Ho provato a delinearne gli aspetti economici e lo
sviluppo industriale riscontrabile nei livelli danesi, notando una vivacità
produttiva elevata (venivano prodotti nella città molti oggetti derivanti
dalla lavorazione del ferro, oggetti in pelle e raffinati lavori in ambra) e il
ripristino dell’insediamento commerciale sul promontorio dove
confluivano i fiumi Ouse e Foss5. Questa città può essere presa come
esempio dell’influenza positiva che i Vichinghi hanno avuto sullo sviluppo
o la rinascita delle città inglesi.
Ciò che auspico con questo mio lavoro è far recepire innanzi tutto la
mia grande passione per la cultura nordica, che troppo spesso a mio avviso
viene sottovalutata in quanto superficialmente considerata emanazione di

5 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 230.

10
un popolo “barbaro”, che non può (a detta di molti) competere con la
raffinatezza e la ricchezza delle civiltà considerate più “evolute” come ad
esempio quelle mediterranee; vorrei riuscire, con tutti i limiti del caso, a
far capire che tali popoli non si sono affacciati sul teatro della storia solo
come pirati e spietati guerrieri, ma che hanno contribuito anche in
maniera evidente e massiccia allo sviluppo di realtà civili e cittadine
concrete, stimolando in molti casi la rinascita di intere aree e città
nell’Ovest dell’Europa. L’unione di culture diverse ed apparentemente
contrarie, la cattolica Inghilterra contro la “pagana” Scandinavia,
dovrebbe farci riflettere su come l’avvicinamento di realtà tanto
particolari abbia dato nuova linfa vitale e nuovi stimoli culturali ed
economici alla società Inglese in crisi (particolarmente sotto il profilo
culturale), come si intuisce dalla lettera inviata da Alfredo ai vescovi
inglesi attorno agli anni 890-896: la lettera illustra le ragioni e gli scopi
della riforma culturale che re Alfredo aveva promosso e a causa della quale
aveva chiamato attorno a sé molte figure eminenti della cultura dell’epoca,
come Asser dal Galles, il suo biografo6.
Esordisce ricordando i tempi in cui il sapere fioriva in Inghilterra, i re
prosperavano nella guerra come nel sapere e il clero era ansioso di
imparare e di insegnare e gli stranieri venivano nel paese a cercarvi sapere
e istruzione. Poi però il sapere era decaduto a tal punto che «v’erano
pochissimi di qua dell’Humber in grado di capire il servizio divino in
inglese o tradurre una sola lettera dal latino in inglese; e credo che non ve
ne fossero molti neppure di là dell’Humber». E Alfredo invita i vescovi a

6G. BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon – Eroi e traditori nell’Inghilterra vichinga,
Roma 2003, p. 8.

11
considerare «quali punizioni si siano abbattute su di noi in questo mondo
allorché noi stessi non amavamo il sapere né lo trasmettevamo agli altri» .
Il declino del sapere avrebbe infatti preceduto le invasioni vichinghe: «Io
ricordo anche di aver visto, prima che fosse tutto saccheggiato e bruciato,
come dappertutto in Inghilterra le chiese erano piene di tesori e di libri, e
v’erano anche molti servitori di Dio; e pochissimo profitto traevano da
quei libri perché non erano in grado di capirli, non essendo scritti nella
loro lingua. Era come se dicessero: “I nostri antenati che hanno tenuto
questi luoghi amavano il sapere, e per suo mezzo hanno ottenuto
ricchezze, e ce le hanno lasciate. Qui si vedono ancora le loro orme, ma
noi non siamo in grado di seguirle”. Perciò abbiamo perduto sia le
ricchezze che il sapere, perché non abbiamo voluto piegare la mente a
seguire le loro tracce» 7.
Indubbiamente gli Scandinavi hanno apportato, almeno inizialmente,
distruzione e saccheggi, ma sono riusciti nel volgere di pochissime
generazioni ad adattarsi alla cultura e alle tradizioni autoctone, a volte
accogliendo totalmente nuovi usi e costumi, nonché religioni, e altre volte
modificando secondo il loro gusto e le loro abitudini le novità di fronte a
cui si trovavano8.
I Vichinghi ci hanno dato, a mio avviso, una grande lezione:
l’accettazione della diversità è l’unica arma per il rinnovo sociale, e
l’adattamento a nuove leggi e nuove culture è l’unica via per una
convivenza positiva e pacifica.

7BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon, cit., pp. 9-10.


8D. M. HADLEY, Viking and native: re-thinking identity in the Danelaw, “Early Medieval
Europe” vol. 2, n. 1, 2002, pp. 69-70.

12
13
14
1. L’ambiente dell’Europa settentrionale. Profilo generale dei
territori e dei popoli vichinghi. Principali linee di espansione in
Europa

L’epopea delle espansioni vichinghe nel mondo ha avuto una durata di


circa 250 anni, dal IX secolo fino alla prima metà dell’XI secolo d. C. su
gran parte dell’Europa, ove essi imposero il loro dominio, sull’Oceano
Atlantico fino al Nordamerica, nel Mediterraneo, ove lambirono anche le
coste africane.
Le patrie dei Vichinghi intorno alla fine dell’800 d. C. erano distribuite
in maniera assai diversa rispetto all’attuale divisione politica dei territori
scandinavi.
Vi erano, infatti, i vichinghi Danesi che abitavano l’attuale stato di
Danimarca9, esteso per un tratto a sud rispetto all’odierno confine con la
Germania, nello Schleswig, comprese le isole Fyn e Sjaelland, sulla quale
si trova la capitale Copenaghen, e altre numerose isole minori, e la parte
estrema meridionale della Svezia, corrispondente a gran parte del Gotland,
fino ad un limite orientato NO-SE fra Göteborg e Karlskrona; faceva parte
di tale patria anche l’isola di Bornholm posta all’ingresso del Mar Baltico.
Fra le più antiche città del periodo vichingo di questo territorio va
ricordata Hedeby, al confine meridionale, mentre fra quelle più recenti

9 Danimarca significa la marc dei Danesi e marc aveva anticamente il significato di “zona
disabitata di frontiera”. Nell’attuale ambiente geografico la marc deve essere la regione dell’istmo
della penisola dello Jutland, l’impraticabile deserto a sud del Danevirke (cfr. p. 31), che divideva
i Danesi dai Sassoni a sud-ovest e dagli Slavi a sud-est. A poco a poco questo nome, la marc dei
Danesi, contratto in Danmark, cominciò ad essere applicato all’intero paese. (J. BRØNDSTED, I
Vichinghi, Torino 1976, p. 21).

15
Schleswig, vicino alla precedente, Roskilde sull’isola Sjaelland, Århus e
Viborg nel settore settentrionale e Lund vicino all’odierna Malmö in
Svezia.
I vichinghi Norvegesi abitavano tutta l’attuale Norvegia 10 meridionale
fra Oslo e Bergen e la fascia costiera della Norvegia fino a Tromsö,
comprensiva di tutte le numerosissime isole e isolette e delle isole Lofoten
e Vesterålen; pare che non vi fossero insediamenti vichinghi in quella che
è la parte settentrionale estrema della Norvegia, la Finnmark e la penisola
di Varanger.
Fra le più antiche città del periodo vichingo vanno ricordate Oslo, posta
alla testata del lunghissimo Oslofjord, Bergen sulla costa occidentale e
Trondheim sul Trondheims fjorden. Gli insediamenti più estesi erano a
Ytre Moa, sul Sognefjorden, e a Lade nei pressi di Trondheim; famosi sono
stati i ritrovamenti di navi funebri sepolte a Borre, Oseberg, Gokstad sulla
sponda occidentale del fiordo di Oslo e a Tune sulla sponda orientale;
Kaupang, sullo stesso fiordo, fu uno dei primi e più importanti centri
commerciali.
I vichinghi Svedesi abitavano il settore costiero della parte centro-
meridionale dell’attuale Svezia11, che si affaccia sul Mar Baltico,
corrispondente ai territori dei Västergötland, Östergötland e Uppland, e la
fascia costiera circostante all’attuale Sundswall; inoltre le isole Öland,

10 Il nome “Norge” trae origine dalla storia mercantile, come appare evidente nella sua forma
inglese e tedesca, “Norway” e “Norwegen”. Significa “via del Nord”, la strada commerciale che
segue la lunga costa della Norvegia, da Skiringssal, sulla sponda occidentale del fiordo di Oslo a
sud, al Mar Bianco al nord. (BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., p. 22).
11 La Svezia in svedese si chiama “Sverige”, termine derivato dall’antico norvegese Svìariki, il

regno dello Svìar. (BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., p. 21).

16
Gotland e Åland, e porzioni costiere della Finlandia distribuite fra
Helsinki e Vaasa.
Fra le più antiche città va ricordata Birka, vicino a Stoccolma, mentre
fra le più recenti sempre nel periodo vichingo vanno menzionate Sigtuna,
a nordovest dell’attuale capitale, e Skara a sud del lago Vänern, nel settore
meridionale del paese. Pare che non vi fossero insediamenti nelle parti
interne montagnose dell’attuale Svezia e nel settore settentrionale della
stessa (fig. 1).

1. 1. Profilo geografico dei territori vichinghi

La comparazione fra i territori di origine dei vichinghi Danesi,


Norvegesi e Svedesi rende chiaramente evidente che i primi abitavano un
territorio del tutto pianeggiante, essendo la collina più alta di appena 173
m nei pressi di Horsens, con un lungo sviluppo di coste, sia continentali
che insulari, interessate dai fiordi di cui il principale è il Limfjorden, nella
parte settentrionale del paese, affacciato sia sul Mare del Nord che sul Mar
Baltico.
I vichinghi Norvegesi viceversa abitavano un territorio pressoché
totalmente montuoso, costituito dalla catena scandinava (il Kølen, la
Chiglia) con quota massima a 2470 m sul monte Glittertind, e interessato
da calotte glaciali residue, di cui la più importante è la Jostedals-breen,
posta a nord del Sognefjorden; tale territorio presenta uno sviluppo
costiero lunghissimo per la presenza di numerosissimi fiordi, fra i quali
quello appena indicato è il maggiore, e una successione infinita di isole,

17
Fig. 1: La Scandinavia.

18
isolette e scogli. Il territorio è interessato da un sistema idrografico
composito: nel settore centro-settentrionale corsi d’acqua brevi scendono
dalla catena scandinava sfociando spesso nei fiordi, dopo un percorso
breve e generalmente molto acclive; nel settore meridionale vi è una
disposizione a ventaglio, con corsi d’acqua che dalle montagne scandinave
scendono verso ovest nei vari fiordi (fra cui Nordfjorden, il Sognefjorden
e il Hardangerfjorden) e verso sud sfociano lungo la costa tra Stavanger e
L’Oslofjord, formando spesso bacini lacustri di origine glaciale.
Il territorio abitato dai vichinghi Svedesi è essenzialmente pianeggiante
o moderatamente collinare, ed è interessato da un sistema idrografico
orientato verso est e sudest; i numerosi corsi d’acqua prendono origine dai
crinali della catena scandinava e scendono verso oriente, con lunghi
percorsi, formando laghi spesso stretti e molto sviluppati nella stessa
direzione, sfociando poi nel Mar Baltico ove la costa si presenta molto
articolata in penisole, fiordi e isole12.
Dai territori sinteticamente descritti sono iniziate intorno all’800 d. C.
le espansioni dei Vichinghi nel mondo circostante, che ha presentato loro
nuove condizioni morfologiche, idrografiche, oceanografiche ed
atmosferiche, con conseguenti nuovi problemi e difficoltà nelle rotte sui
mari e negli itinerari in terraferma. Le sfere d’influenza dei Vichinghi,
come vedremo, sono fortemente determinate dalle tre regioni scandinave
da cui sono partiti poiché le fronteggiano in linea retta.

12 R. TERRANOVA, L’ambiente dell’Europa settentrionale: isolamento e rotte dei vichinghi , in


Il mondo dei vichinghi. Ambiente, storia, cultura ed arte. Atti del Convegno Internazionale di
Studi. Genova, 18-20 settembre 1991, Genova 1992, p. 21.

19
1. 2. Principali linee di espansione e rotte vichinghe

Il vichingo può essere chiamato vikingr 13 solo se opera in Occidente o


vœringr (varego) se ha scelto come teatro delle sue attività la Russia o
l’Asia.
I Norvegesi, la cui patria è rivolta verso occidente, presero la guida delle
rischiose spedizioni sul vasto Atlantico settentrionale, senza sapere cosa ci
potesse essere al di là. Si può dire che la sfera d’influenza degli interessi
della Norvegia si divideva in due: la parte meridionale comprendeva le
isole a nord della Scozia, che all’inizio dell’età Vichinga furono occupate
da loro stessi, i quali lentamente passarono alle coste scozzesi, all’Irlanda,
all’isola di Man e a quasi tutta la costa del Mare d’Irlanda. Partendo da
queste basi essi penetrarono all’interno dell’Inghilterra, venendo talvolta
a contatto con i Danesi e arrivando anche nella Francia settentrionale e
meridionale e persino al Mediterraneo. Anche la Francia fu una delle
regioni che i Danesi e i Norvegesi occuparono insieme.
La seconda direzione in cui si svilupparono gli interessi dei norvegesi fu
verso nord, verso le Faeröer, l’Islanda e la Groenlandia.

13 È ragionevole supporre che la parola sia di origine norvegese, perché nelle fonti letterarie
contemporanee non scandinave essa ricorre di rado. Se è norvegese può collegarsi con vig,
«battaglia», o con vik, «insenatura, fiordo o baia». Secondo questa interpretazione, dunque, i
Vichinghi sarebbero pirati che stanno nascosti in un fiordo. Se viceversa la parola non è di
origine norvegese, allora bisognerà farla risalire all’anglosassone wic (cfr. latino vicus), che
significa «accampamento». Secondo questa teoria i Vichinghi sarebbero stati, per gli
Anglosassoni, la «gente accampata». È da ritenere autorevole l’intervento di Piergiuseppe
Scardigli il quale sostiene che Víkingr significa «chi va di baia in baia» e víking l’azione
corrispondente e cioè un «viaggio per mare a scopo di rapina». (BRØNDSTED, I Vichinghi, cit.,
p. 29; S. ROSBORN (a cura di), I Vichinghi. Mostra archeologica a cura dei Musei di Malmö,
Malmö e Firenze, 1989, p. 17).

20
La Svezia guarda ad est; la sua espansione difatti si attua al di là del Mar
Baltico dal principio dell’VIII secolo. La sua pressione mercantile
continuerà a penetrare nella Russia, fino ad arrivare a Bisanzio e
all’Arabia.
A sud della penisola scandinava si trova la Danimarca, paese costituito,
come abbiamo visto, dalla penisola dello Jutland e da varie isolette. Lo
Jutland è parte integrante del continente europeo ma al tempo dei
Vichinghi le desolate lande meridionali creavano una sorta di barriera
naturale; oltre a questo c’è il fatto che queste popolazioni preferivano
usare il mare o i fiumi come vie di comunicazione. Fu soprattutto per
questo che l’espansione dei Danesi non si sviluppò in direzione sud via
terra, ma in direzione sud-ovest, lungo le coste della Frisia e della
Franconia, ed era diretta ad Ovest verso l’Inghilterra. L’avanzata verso
sud-ovest finì col portarli più lontano costeggiando la Francia, fino a
varcare lo Stretto di Gibilterra e, insieme ad altri popoli scandinavi, a
entrare nel Mediterraneo14 (fig. 2).

14 Dall’859 all’862 si svolse uno dei più formidabili raids di tutta la storia vichinga. Di tappa in
tappa, partendo dall’isola di Thanet (Kent) furono assaltate città nella Spagna, in Marocco, nelle
Baleari, nella Camargue e infine nella Toscana, dove Pisa, Fiesole e Luni subirono durissime
devastazioni. La conquista di Luni è rimasta celebre per l’abbaglio dei Vichinghi – che erano
convinti di attaccare Roma – e per il perfido stratagemma con cui fu condotta a termine. Incapaci
di espugnare le mura di Luni, i Vichinghi fanno battezzare il loro capo che sembra gravemente
ammalato. Il giorno successivo lo dichiarano morto e chiedono che venga sepolto in città,
promettendo in offerta i suoi beni. La richiesta è accolta e un piccolo gruppo di Nordici trasporta
la bara nella cattedrale, dove il vescovo inizia il rito funebre. All’improvviso la bara si scoperchia
e il capo balza fuori con la spada in mano, abbatte il prelato e distribuisce armi ai propri seguaci
che subito massacrano i fedeli bloccati nella chiesa, aprono le porte della città ai camerati rimasti
all’esterno e si abbandonano a un rovinoso saccheggio generale. (F. BARBARANI, L’espansione
dei Vichinghi, Verona 1979, p. 49).

21
Fig. 2: L’espansione scandinava in Europa fra il IX e l’XI secolo.

22
1.3 La Scandinavia del sud nel periodo precedente l’Età Vichinga

Ma chi erano i Vichinghi? Quali sono state le popolazioni che, alla fine
dell’età del ferro scandinava15 sarebbero diventate le padrone
incontrastate dei mari del Nord? Quali erano le caratteristiche insediative
di questi popoli, e le loro attività commerciali? Nel V secolo, in seguito
allo spostamento dei gruppi tribali verso sud dopo la caduta del limes
danubiano e renano, seguì un periodo di relativa stabilizzazione
demografica. La penisola dello Jutland si spopolò per effetto della
migrazione dei suoi abitanti e, se dobbiamo credere a Beda il Venerabile16,
la terra degli Angli situata a settentrione dell’estuario dell’Elba rimase a
lungo un luogo deserto. A quel tempo le isole vicine allo Jutland erano
occupate dai Danesi, che verso il 515, secondo quanto riporta Gregorio di
Tours, facevano incursioni sulle coste franche. Procopio di Cesarea
registra una migrazione degli Eruli, che verso il 512 lasciarono le rive del
Danubio per raggiungere la terra dei Goti. Nel centro della Svezia, nei
dintorni del lago Mälar, abitavano gli Svear, già noti a Tacito; a sud di
costoro, fra il fiume Göta e la riva del Baltico, nonché in Gotland, si
estendevano gli insediamenti dei Goti; sulle isole vicino al Sund e sulla
terraferma prospiciente i Danesi, i quali sottomisero col tempo i resti degli
Juti della penisola dello Jutland. Non si conosce invece il nome della tribù
che a quel tempo popolava nell’odierna Norvegia le valli montane e le

15 L’età del ferro scandinava ha una durata diversa rispetto a quella considerata nella storiografia
“classica”. Essa si estende dal 500 a. C. all’800 d. C e presenta precise suddivisioni interne: età del
ferro Celtica (500 a. C – 1 d. C.), età del ferro Romana (1 d. C. – 400 d. C.), età del ferro Germanica
(400 d. C. – 800 d. C.). (M. MAGNUSSON, Vichinghi – Guerrieri del Nord, Novara 1976, p. 12).
16 L. LECIEJEWICZ, La nuova forma del mondo. La nascita della civiltà europea medievale,

Bologna 2004, p. 125.

23
coste dei mari del Nord. La storia dei Goti scritta da Giordane nomina nelle
sue pagine alcuni gruppi di difficile identificazione, che più tardi furono
chiamati semplicemente genti del Nord, ossia Normanni.
Al tramonto dell’evo antico si può osservare in molti recessi della
Scandinavia un ampliamento delle aree di sfruttamento e la costituzione
di nuovi insediamenti. Nelle aree montuose della Norvegia, come hanno
dimostrato le ricerche fatte nella provincia del Rogaland e nel suo
vicinato, si trattava di solito di singole fattorie. Presso gli edifici di
abitazione e i locali di uso agricolo, eretti su fondamenta in pietra, si
trovavano i campi coltivati e recintati, nonché i luoghi adibiti al culto e al
cimitero. Nella zona pianeggiante sorgevano più frequentemente villaggi
che contavano un numero di fattorie da cinque, in Gotland, a oltre venti
dello Jutland. Il modello dell’unità di abitazione, la casa oblunga 17 in cui
trovavano alloggio gli uomini e il bestiame, rimaneva tuttavia immutato.
In alcune regioni, come la Svezia centrale, la tendenza delle fattorie a
concentrarsi in villaggi più grandi si manifestò soltanto nel primo
medioevo.
L’occupazione principale degli abitatori di queste regioni era
l’allevamento dei bovini, ovini e caprini. In Gotland un posto d’onore
spettava ai cavalli; questo era un aspetto interessante, in quanto si trattava
a quell’epoca di un tratto che caratterizzava le comunità ugrofinniche e
baltiche dell’altra sponda del mar Baltico. Fra i cereali che venivano
coltivati in primo luogo c’era l’orzo, a volte segale, e prendeva sempre più
piede il grano. Un’importante innovazione fu l’introduzione in agricoltura

17 Cfr. p. 151 nota 312.

24
dell’assolcatore18 munito di coltro di ferro, e delle macine a rotazione per
la produzione delle farine. Caccia e pesca, praticate nelle foreste e sulle
acque dei dintorni, integravano le provviste alimentari.
In questo periodo fiorì in Scandinavia la cultura del ferro (la cosiddetta
età del ferro germanica)19, che veniva estratto dal minerale grezzo presente
nelle rocce dei laghi, degli stagni e delle torbiere e si caratterizzava per la
sua elevata qualità. Il ferro divenne la materia prima fondamentale per la
fabbricazione di attrezzi da lavoro, armi, utensili di uso quotidiano; sotto
forma di accette allungate era oggetto di scambio commerciale e si può
ritenere che servisse talvolta come misura di valore, denaro. Utensili e altri
oggetti forgiati con questo metallo venivano accumulati spesso come tesori
e nelle valli montane della Norvegia accompagnavano i defunti nelle
tombe. È stata anche avanzata l’ipotesi che lo sfruttamento dei locali
minerali di ferro di alta qualità fosse una delle cause della fioritura
economica del paese degli Svear nei primi secoli del medioevo.
Conformemente a un’antica tradizione, in scandinavia gli orafi
godevano di un riconoscimento sociale particolare; il periodo tra il V e il
VI secolo è chiamato talvolta anche “il secolo d’oro del Settentrione”20,
perché l’oro veniva ampiamente utilizzato. Con questo metallo si
fabbricavano il più delle volte massicci monili e bracciali, e monete-
medaglioni battuti su una sola faccia, eseguite sul modello delle monete
romane. Certamente il prezioso metallo veniva ricavato, fra l’altro, anche
dai solidi d’oro bizantini, che arrivavano sotto forma di bottino, di tributi

18 L’aratro assolcatore è quello il cui vomere, a triangolo isoscele, è raccordato con un versoio a
due falde uguali, simmetriche rispetto all’asse del bure.
19 Vedi p. 23.

20 G. L. PROCTOR, I Vichinghi, Bologna 1970, pp. 52-53.

25
o anche tramite le vie dello scambio commerciale. Non mancavano
neppure però manufatti preziosi d’argento e di bronzo fusi e forgiati. Più
tardi dalla Renania, tramite i Frisoni, fu recepita l’arte di fondere i cocci
per ricavarne ornamenti semplici di vetro. Quanto lontano si spingessero
le influenze degli orafi scandinavi lo può suggerire il corredo del sepolcro-
cenotafio21 di un sovrano anglosassone del VII secolo (probabilmente la
tomba di re Raedwald, morto attorno agli anni 624/25) scoperto a Sutton
Hoo, nell’Inghilterra orientale22.
I contatti commerciali allacciati nei primi secoli dell’era volgare non si
erano interrotti nel periodo delle migrazioni dei popoli. Giordane23
ricordava, nel VI secolo, che dal paese degli Svear (Suehans) venivano
importate le “pelli di color zaffiro” tanto apprezzate dai romani. Le sedi di
mercato studiate dagli archeologi a Helgö, nei pressi di Stoccolma, le cui
origini risalgono al periodo delle influenze romane, conobbero un periodo

21 L’ipotesi del cenotafio è stata avanzata dagli archeologi in quanto all’interno della tomba non
è stato ritrovato nessun corpo, benché la disposizione degli arredi funerari sia stata compatibile
con la sua presenza. Per questo è stato pensato che forse la nave funebre non abbia mai contenuto
un corpo, ma sia stata elevata solo in memoria del re anglosassone. Un’altra teoria è quella che
la salma sia stata rimossa poco tempo dopo l’inumazione per consentire una sepoltura cristiana,
mentre una terza ipotesi sostiene che l’acidità elevata del terreno abbia disintegrato totalmente
il cadavere. (A. CARE EVANS (a cura di), The Sutton Hoo Ship Burial, London 1989, p. 39).
22 Nel 1938 a Sutton Hoo, nei pressi del fiume Deben nel Suffolk, vennero effettuati degli scavi

archeologici per investigare tre bassi cumuli che rivelarono essere un enorme tumulo mortuario.
All’interno del più grande è stata trovata una bellissima nave carica di armi, scudi, elmi e
ornamenti d’oro incastonati di pietre preziose oltre ad una splendida borsa d’oro e di avorio
contenente denaro. La maggioranza degli ornamenti e le decorazioni delle armi sono molto simili
a oggetti dello stesso genere ritrovati a Vendel (cfr. p. 29) e Valsgärde, nell’Uppland, in sepolture
esattamente dello stesso tipo (una nave completa ricoperta da un tumulo). (CARE EVANS (a
cura di), The Sutton Hoo, cit., p. 9; R. BRUCE-MITFORD, The Sutton Hoo Ship Burial, Volume
1, excavations, background, the ship, dating and inventory, London 1975; R. BRUCE-
MITFORD, The Sutton Hoo Ship Burial, Volume 2, arms, armour and regalia, London 1978, R.
BRUCE-MITFORD, The Sutton Hoo Ship Burial, Volume 3, silver, hanging-bowls, drinking-
vessels, containers, musical instrument, textiles, minor objects, London 1983; T. D. KENDRICK,
The Sutton Hoo finds, “British Museum Quarterly” XIII, 1938-9, pp. 111-136).
23 LECIEJEWICZ, La nuova forma del mondo., cit., p. 127.

26
di splendore fra il VI e il VII secolo. Nel corso delle ricerche, oltre a un
tesoro di solidi bizantini e di preziosi oggetti d’importazione, fra cui un
attingitoio di tipo copto e un pastorale di provenienza irica, è stata trovata
perfino una statuetta indiana raffigurante Buddha24. Nelle officine attive
presso le fattorie agricole locali si lavorava il ferro, il bronzo, il vetro, e i
manufatti giungevano fino alle rive dei mari del Nord. Vale la pena di
aggiungere che le più recenti ricerche hanno fatto risalire alla metà del
VII secolo le origini della vicina Birka, il primo (e più tardi il principale)
agglomerato urbano della regione.
In molte regioni, tuttavia, tra il V e il VII secolo sopravvenne una crisi
nello sviluppo della colonizzazione. A quel tempo furono date alle fiamme
e abbandonate numerose fattorie, fra cui il famoso insediamento scoperto
a Vallhagar, nel Gotland. Sono indicativi i numerosi tesori di monete auree
bizantine occultati fra il 480 e il 490 nell’Öland, all’inizio del VI secolo nel
Bornholm, fino a metà dello stesso secolo nel Gotland, che datano in modo
abbastanza preciso i periodi turbolenti. Attorno al 500 fu abbandonato
quello che si può considerare il principale luogo di culto nell’Öland, a
Skedemosse, dove dall’inizio dell’era volgare si facevano nel lago offerte
rituali di armi, ornamenti d’oro ed altri oggetti, di animali e perfino di
esseri umani25. La causa della crisi si dovrebbe cercare peraltro più negli
avvenimenti politici che nelle difficoltà economiche.
A conclusioni simili induce la costruzione, nel V secolo, di centri
difensivi in molte regioni. Alcuni di essi furono successivamente
abbandonati, come nel Bornholm, dopo essere stati dati alle fiamme dagli

R. BOYER, La vita quotidiana dei vichinghi (800-1050), Milano 1994, p. 37.


24

25ADAMO DI BREMA, Storia degli arcivescovi della Chiesa di Amburgo, a cura di I. PAGANI,
Torino 1996, pp. 471-473.

27
assalitori. Fra questi si distinguono le cittadelle fortificate dell’Öland,
circondate da una muraglia di pietre, edificate al loro interno con
regolarità sotto forma di grandi case oblunghe, appoggiate il più delle volte
con la parete superiore del retro a rinforzi. Quella che conosciamo meglio,
situata a Eketorp, fu costruita nel V secolo e non fu abbandonata fino al
VII. Può darsi che per queste particolari cittadelle il modello sia stato
fornito dai castelli tardoromani eretti sul Danubio, noti ai membri delle
compagnie germaniche che avevano fatto ritorno nelle loro regioni
d’origine.
La crisi fu comunque rapidamente superata: testimoniano il progresso
della stabilizzazione i cimiteri costituiti nel VI secolo, molti dei quali
utilizzati da allora senza interruzione fino all’XI secolo 26. Fu allora che
nacque la famosa necropoli di Lindholm Høje sul Limfjord, nello Jutland.
Alcuni tuttavia, come Ihre nel Gotland, furono utilizzati senza
interruzione dal periodo romano fino al tempo delle ultime spedizioni dei
vichinghi. Questi cimiteri, a volte anche birituali, si distinguevano per il
corredo dei sepolcri. La tomba di un nobile, di un guerriero che
certamente si occupava anche di commercio, scoperta a Snartemo in
Norvegia, testimonia quanto forti fossero in questo ambiente le influenze
dei modelli continentali: per questa ragione gli studiosi danesi e norvegesi
chiamano merovingio il periodo dalla seconda metà del VI fino alla fine
dell’VIII secolo.
I cambiamenti in corso nella struttura sociale della popolazione
germanica della Scandinavia si possono seguire nel modo migliore
attraverso i cimiteri fondati a partire dalla fine del VI secolo a Valsgärde

26 ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., pp. 70-83.

28
ma soprattutto a Vendel, località dell’Uppland nella Svezia centrale, che
ha dato il suo nome alla coeva cultura degli abitanti di queste regioni fino
all’inizio delle spedizioni vichinghe. Secondo i ricercatori l’epoca dei
Vichinghi affonda le proprie radici nel periodo Vendel (fra il VII e il IX
secolo) dove nel XIX secolo furono rinvenute numerose navi funebri27.
Queste necropoli celavano, riposte nelle imbarcazioni, le tombe dei
notabili con il loro corredo di armi, utensili di uso quotidiano e cibo; con
il defunto veniva solitamente collocato nella tomba anche il suo cavallo, e
talvolta anche il suo cane e il suo falcone. Questi notabili erano sepolti
incombusti, quindi non darebbe adito a dubbi l’esistenza di legami con
l’area merovingia, da cui con ogni certezza fu recepita l’usanza stessa
dell’inumazione; dall’Europa occidentale provenivano del resto i
numerosi oggetti preziosi che andavano a far parte del corredo funerario.
Gli altri defunti che venivano sepolti in questi cimiteri erano invece
cremati, secondo la tradizione indigena28.
Risalgono senz’altro a questo periodo, nella Svezia centrale, gli albori di
un’organizzazione statale. Una leggenda posteriore collegava la schiatta
degli Yngling, regnante nel primo medioevo, con il centro politico
dell’antica Uppsala. Le ricerche archeologiche hanno rivelato che i grandi
tumuli che vi sono conservati furono eretti nel VI secolo, e che in essi si
celavano le spoglie di defunti provvisti di ricchi corredi: la leggenda,
quindi, avrebbe trovato una certa conferma. Può darsi che la distruzione,
avvenuta in questo periodo, di numerosi insediamenti delle isole del
Baltico, in particolare nel Gotland, fosse il risultato delle conquiste

27 ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 18.


28 LECIEJEWICZ, La nuova forma del mondo., cit., p. 129.

29
intraprese dagli Svear. C’è anche chi ritiene che qualche eco di quegli
avvenimenti sia sopravvissuta nel poema anglosassone dell’eroico
Beowulf29.
L’organizzazione dello stato degli Yngling, la cui base sociale era
costituita dai clan dei nobili delle tombe nascoste nelle barche, pur non
superando l’ambito delle strutture tribali, si dimostrò duratura. Secondo la
tradizione a metà dell’VIII secolo gli Yngling estesero il proprio dominio
all’Oslofjord, creando le premesse per l’introduzione nella Scandinavia
occidentale di un sistema di potere. Si tenga inoltre presente che anche in
Danimarca, secondo i risultati di ricerche abbastanza recenti, sulla costa
occidentale dello Jutland, alla foce del fiume Ribe, era sorto già negli anni
fra il 704 e il 710 un centro commerciale frequentato dai Frisoni, il che
starebbe a indicare un’accelerazione nel ritmo della vita economica locale.
Non molto più tardi di tre decenni, sulla linea di confine sassone-danese,
furono innalzate le prime costruzioni del sistema
difensivo in seguito chiamato Danevirke 30 (fig. 3).

29LECIEJEWICZ, La nuova forma del mondo., cit., p. 130.


30Dal Medio Danese Danæwirchi, “Diga dei Danesi”: il più grande monumento medievale nel
Nord Europa. Complesso di fortificazioni vicino alla città di Schleswig, passante per Hedeby, il
più grande emporio scandinavo del nord. Si tratta di un terrapieno di terra alto 2 m e largo 6-7
m, che taglia da ovest a est la Danimarca del sud, seguendo la linea di confine con la Sassonia.
(P. J. CRABTREE, Medieval archeology – an encyclopedia, New York and London 2001, pp. 71-
74).

30
Fig. 3: Il Danevirke.

Grazie alla datazione del legname impiegato nella costruzione del vallo si
è potuto constatare che la realizzazione dell’opera fu avviata già all’inizio
dell’VIII secolo31. Una costruzione di questa portata andava certo al di là
delle possibilità organizzative della locale comunità tribale.

I contatti degli abitanti della Scandinavia con i loro consanguinei


germanici stanziati sul continente generarono numerosi fenomeni
culturali nuovi. Già nel III secolo la conoscenza delle rune incise a fini
magici nella pietra e sul metallo aveva raggiunto il Settentrione, dove nella
metà del IX secolo il numero dei segni fu diminuito, facilitando in tal
modo la diffusione di questa scrittura, che d’altronde crea ancor oggi
frequenti difficoltà agli studiosi che cercano di interpretare il senso delle
iscrizioni32 (fig. 4).

31ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 22.


32 Dall’850 l’alfabeto runico di ventiquattro segni (futhark) si semplificò radicalmente
all’improvviso in tutta la Scandinavia passando a sedici segni, mentre la fonetica dell’antico

31
Fig. 4: Osso inciso (costola di bovino) con alfabeto futhark. Questa è la versione ridotta a 16
segni. Reperto proveniente da Lund, Scania (Svezia).

Alle influenze provenienti dalle province romane si ascrive anche


l’usanza, comune dal V secolo nel Gotland, di collocare sulle tombe le stele
di pietra recanti incisioni di scene della vita dei defunti. La loro
iconografia ci trasmette molte interessanti informazioni su elementi
concreti della realtà dell’epoca. Questa produzione artistica fiorì nell’VIII
secolo, testimoniando quella che fu un’epoca eroica, piena di cimenti
d’armi e imprese marinare.
In molti dettagli dell’arte applicata di questo periodo, nei tipi di
decorazioni, nei motivi ornamentali, nella tecnica di esecuzione, si
possono rilevare gli stretti legami con i paesi eredi dell’impero romano.
Nella seconda metà del V secolo gli orafi locali diffusero modelli che
raffiguravano animali, inseriti, fin dal periodo a cavallo fra il VI e il VII
secolo, in un motivo ornamentale intrecciato, e col tempo sempre più
stilizzati33. Le successive fonti di ispirazione vanno cercate non solo

norreno si arricchì di nuovi fonemi. La nuova versione, detta danese, è la più frequente. (BOYER,
La vita quotidiana, cit., p. 41; JANSSON SVEN, Runes, cit., pp. 9- 30).
33 I principali stili artistici scandinavi sono sei: Oseberg (750-840); Borre (830-970); Jelling (880-

1000); Mammen (950-1060); Ringerike (980-1050); Urnes (1040-1150). (STRAYER (editor in


chief), Dictionary, cit.).

32
nell’ambiente merovingio e forse in parte anglosassone, ma anche
longobardo, e indirettamente fra gli abitanti delle steppe dell’Europa
sudorientale. Gli artisti scandinavi non assimilarono tuttavia modelli in
modo passivo, ma li modificarono per adattarli ai gusti locali.

Fig. 5: Un’immagine di nave vichinga proveniente da una pietra incisa e dipinta dell’isola di
Gotland.

Nel VI o al più tardi nel VII secolo fu recepita dal meridione la tecnica
dello sfruttamento della forza eolica per la navigazione mediante

33
l’applicazione della vela34: essa era squadrata e tessuta in lana o lino, e
sostenuta a un albero maestro posto nel centro dell’imbarcazione35 (fig. 5).
Gli esemplari di imbarcazioni più antichi rinvenuti, datati intorno al IV
secolo, sono stati ritrovati in una zona votiva nei pressi di Nydam, nel
fiordo di Flensburg nello Jutland meridionale, dove vennero portate alla
luce intorno al 1864 tre imbarcazioni (di cui oggi ne sopravvive soltanto
una in legno di quercia, che misura ben 23,5 metri di lunghezza).
L’imbarcazione di Nydam (fig. 6) è a remi e non ci sono tracce che lascino
supporre l’uso di una vela; questa è la differenza sostanziale rispetto alla
nave vichinga divenuta in seguito tradizionale36.

Una novità tecnica come quella della vela permise una più vasta
esplorazione delle coste orientali del Baltico e delle isole atlantiche, e alla
fine dell’VIII secolo rese possibile intraprendere le coraggiose spedizioni
vichinghe che segnarono l’Europa.

34
A causa del numero ridotto di reperti è ancora oggi impossibile determinare con esattezza
l’epoca dell’introduzione della vela quale elemento determinante nella tradizione cantieristica
scandinava. Le pietre scolpite di Gotland cominciano a presentare i primi accenni di velatura
solo durante il VI secolo. (ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 85).
35 T. D. SORENSENS, Ships and searoutes of the Vikings , in Il mondo dei vichinghi. Ambiente,

storia, cultura ed arte. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Genova, 18-20 settembre 1991,
Genova 1992, pp. 175-176.
36 ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 85.

34
Fig. 6: La nave di Nydam, l’antenata della nave vichinga. Durante il periodo dal 1859 al 1963
vennero portate alla luce a Nydam i resti di tre navi. Oggi è conservata nel museo di Schleswig
soltanto una nave. Le tavole che costituiscono lo scafo della nave sono in un unico pezzo.

35
36
2. L’ Età Vichinga (800 d. C. – 1066 d. C.). Profilo storico delle
popolazioni vichinghe

Molti studiosi del cosiddetto “fenomeno vichingo” hanno tentato di


organizzare e classificare gli spostamenti di queste popolazioni, cercando
di dare una spiegazione a questo movimento irresistibile di uomini e navi
verso Ovest che ha caratterizzato il Nord Europa nei secoli IX, X e XI
dell’era cristiana.
Le imprese dei Vichinghi furono ispirate da vari motivi. Un’esposizione
puramente cronologica offrirebbe un quadro oscuro e contraddittorio,
quindi potrebbe essere opportuno classificarle in base alle ragioni e agli
obiettivi, così schematizzabili:

1- Azioni di pirateria dirette da individui;


2- Spedizioni politiche;
3- Imprese coloniali;
4- Penetrazione commerciale.

Questa suddivisione ovviamente non ha la pretesa di essere sempre


applicabile e le attività così riassunte non sono contemporanee nelle
diverse aree di influenza scandinava nelle isole Britanniche: ad esempio,
mentre i Danesi attaccavano l’Inghilterra i Norvegesi si insediavano in
Scozia37. La conoscenza delle varie fasi storiche ed archeologiche non è
sempre lineare; a volte essa è frammentaria ed addirittura sconosciuta.

37 Vedi pp. 54-56.

37
Storicamente è noto il periodo fra il 793 e l’866 in Inghilterra, ma non
sono stati condotti scavi archeologici rilevanti per questo periodo 38.

Azioni di pirateria dirette da individui.

La prima categoria, quella della pirateria che potremmo definire di


iniziativa privata, è la meno interessante, benché forse sia quella che per
prima si presenta alla mente quando si pensa ai più popolari racconti sui
Vichinghi. Spedizioni del genere furono numerose per tutta l’epoca
vichinga39. La più nota fra quelle storicamente accertate tra le incursioni
in Occidente (ma non la prima, come vedremo) è il saccheggio e la
distruzione nel 793 della chiesa e del monastero di Lindisfarne 40. Questa
data è stata presa canonicamente come l’inizio delle incursioni vichinghe
in Occidente, e ricordata anche nella Cronaca Anglosassone per la
violenza e la efferata crudeltà con cui furono trucidati i monaci di quella
che era sempre stata considerata come una delle più sacre mete di
pellegrinaggi41. La Cronaca racconta dei presagi che si erano avuti in
quell’anno – fulmini e apparizioni di draghi – a cui era seguita una carestia;
poco dopo questi avvenimenti, in giugno, le bande pagane erano piombate

38 D. M. WILSON, Economic aspects of the Vikings in the West – The archeological basis,
Göteborg 1980.
39 Questo tipo di razzie, chiamate strandhögg o colpo di mano effettuato a sorpresa contro una

spiaggia e le sue immediate vicinanze, sono continuate per tutta l’Età Vichinga ed hanno
contribuito enormemente a creare quell’alone di crudeltà sanguinaria che ancora oggi viene in
mente quando si pensa ai Vichinghi. (F. DURAND, I Vichinghi, Milano 1995, p. 16).
40 Lindisfarne, oggi Holy Island, è una piccola isola indifesa che si trova al largo della costa della

Northumbria (Inghilterra) da cui il monastero ha preso il nome. In quest’isola san Cutberto aveva
prestato la sua opera come priore dal 664 al 676 d. C circa. Nel 684 venne richiamato per divenire
vescovo di Lindisfarne, dove morì e fu cremato nel 687. (BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., p. 24-
25).
41 R. FLEMING, Monastic lands and England’s defence in the Viking Age , “The English

Historical Review” vol. 100, no. 395, April 1985, pp. 247-248.

38
sulla comunità dell’isola e avevano saccheggiato la casa del Signore. Il testo
così recita:
«In this year terrible portents appeared over Northumbria and sadly
affrightened the inhabitants: there were exceptional flashes of lightning,
and firey dragons were seen flying in the air. A great famine followed soon
upon these signs, and a little after that in the same year on the ides of June
the harrying of the heathen miserably destoyed God's church in
Lindisfarne by rapine and slaughter.» 42
Questi pagani erano Vichinghi norvegesi.

Alcuino, il famoso sacerdote e studioso della Northumbria che a quel


tempo era al servizio di Carlomagno in Francia, scrisse orripilato a
Etelredo re di Northumbria e ai suoi colleghi in Inghilterra che quella
funesta incursione era stata una punizione di Dio per i peccati della
popolazione:

A. D. 793

«To his beloved lord, King Ethelred, and all his nobles, Alcuin, a humble
deacon, sends greetings.

We and our fathers have now lived in this fair land for nearly three
hundred and fifty years, and never before has such an atrocity been seen
in Britain as we have now suffered at the hands of a pagan people. Such a
voyage was not thought possible. The church of St. Cuthbert is spattered

42 G. JONES, A History of the Vikings, Oxford 1984, p. 195.

39
with the blood of the priests of God, stripped of all its furnishings, exposed
to the plundering of pagans – a place more sacred than any in Britain.
Suffering and disaster have started in the very place where, after the
departure of St. Paulinus from York, the Christian religion began in our
nation. Who is not afraid at this? Who does not grieve for this, as if his
own fatherland were taken? The foxes have despoiled the chosen
vineyard; the inheritance of the Lord has been given to a people not his
own. Pagans play where God was praised. The holy feast is turned to
mourning.
Consider closely and carefully, brothers, in case this unprecedented,
unheard-of disaster is due to some unheard-of evil practice. I do not say
that the sin of fornication has not existed among our people in the past.
But since the days of King Aelfwald, fornication, adultery and incest have
flooded the land to such an extent that these sins are committed without
any shame even among nuns. Why should I mention greed, robbery and
judicial violence when it is as clear as day how these crimes have increased
everywhere. A plundered people is proof of it. He who reads Holy
Scripture and studies ancient history and considers the way the world
develops will find that kings have lost kingdoms and peoples their lands
for sins of this kind, and when powerful men have wrongly seized the
property of others, they have rightly lost their own. […]» 43.

Questa impresa clamorosa e cruenta fu il preludio di un’aggressione


vichinga all’Europa occidentale.

43 S. ALLOT, Alcuin of York – His life and letters, York 1974, pp. 18-20.

40
Durante i lavori di restauro del monastero duecentesco di Lindisfarne
alcuni archeologi inglesi trovarono una pietra scolpita (fig. 7) che risaliva,
a quanto pareva, a poco dopo l’assalto alla parte più antica del monastero
e che illustrava quel triste evento. La pietra (arenaria grigiastra) si presenta
rotondeggiante nell’estremità superiore; entrambe le facce hanno una
cornice in rilievo e sono decorate. Sulla faccia frontale vi è una processione
di sette figure che si spostano verso destra. Indossano corti indumenti che
arrivano fino a metà coscia. Cinque dei personaggi raffigurati brandiscono
spade e asce.

Fig. 7: Pietra incisa (arenaria) risalente al periodo del primo attacco vichingo al monastero di
Lindisfarne, Northumberland.

Sulla faccia opposta si trova una croce latina; su questo lato vi è una figura
chinata con le mani tese verso la croce. Una mano si sviluppa da una
cornice all’altra al livello del braccio laterale della croce. Il braccio
superiore della croce è affiancato dal sole sulla sinistra e dalla luna sulla
destra44.
La scena apocalittica del lato frontale della pietra è stata interpretata
come la rappresentazione del saccheggio scandinavo a Lindisfarne.

44 L. WEBSTER, J. BACKHOUSE, The making of England – Anglo-saxon art and culture A. D.


600-900, London 1991, p. 155.

41
Il primo evento registrato che concerne la presenza scandinava in
Inghilterra, come abbiamo accennato poco sopra, è però più antico. Non
si potrebbe definire una vera e propria “scorreria” ma appare piuttosto
come un simbolico prologo ai disastri che sarebbero seguiti. La Cronaca
Anglosassone nell’anno 789 parla dell’uccisione di un agente del re,
Beaduheard, da parte dell’equipaggio di tre navi provenienti da
Hörthaland in Norvegia: «789. In questi giorni vennero le prime tre navi
dei Northmanni da Hörthaland. Il messo reale cavalcò alla volta del
mercato a Portland (Dorset). Ordinò loro imperiosamente di recarsi alla
corte del re, ma lui e i suoi compagni furono immediatamente uccisi dai
pirati. Queste furono le prime navi degli uomini Danesi che trovarono la
terra degli Inglesi»45. Non è sicuramente stato un tentativo di saccheggio
ma probabilmente una missione mercantile finita in tragedia46.
Verso la fine dell’VIII secolo, e durante i primi anni del IX, molte
analoghe scorrerie norvegesi ebbero luogo contro l’Inghilterra
settentrionale, la Scozia e l’Irlanda. Sembra addirittura che alcune di
queste partissero da territori che sono oggi scozzesi: da Caithness e dalle
Shetland, dalle Orcadi e dalle Ebridi. Le scoperte archeologiche
autorizzano a credere che, quando cominciarono le spedizioni vichinghe,
queste isole fossero già in certa misura occupate dai Norvegesi, i quali le
avevano trovate praticamente disabitate47.

45 The Anglo-Saxon Chronicle, a cura di A. SAVAGE, London 1988; H. LOYN, The Vikings in
Britain, Oxford and Cambridge 1994, pp. 38-39; WILSON, Economic aspects, cit., p. 12;
46 D. M. WILSON, The Scandinavians in England, in The Archaeology of Anglo-Saxon England,

London 1976, p. 393; J. GRAHAM-CAMPBELL e K. DAFYDD, The Vikings, London 1980, p.


11.
47 BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., p. 26.

42
Queste furono le prime azioni di pirateria, che raggiunsero il culmine
nel IX secolo. In genere erano dirette da capi minori, piuttosto che da re e
conti; costoro avevano piani ben più ambiziosi. Furono i Norvegesi a
iniziare, ma i Danesi e gli Svedesi seguirono ben presto il loro esempio e
queste scorrerie spicciole continuarono per tutto il periodo dei Vichinghi.

Spedizioni politiche.

Come esempio dell’attività dei Vichinghi in tal senso, posso citare le


operazioni militari intraprese da re Godfred di Danimarca al principio del
IX secolo. Queste avvennero in parte in direzione sud-est, contro gli Slavi
(Vendi e Obroditi)48 delle coste baltiche, in parte verso sud-ovest contro
la Frisia, vale a dire contro Carlomagno. Si dice che re Godfred trasferì
addirittura una città slava, Reric (probabilmente nel Meclemburgo) in
cima al fiordo di Slie nello Slesvig. Poco prima di morire, nell’810, egli
sferrò un attacco violento ben congegnato contro la Frisia; con una flotta
di 200 navi distrusse le difese costiere e occupò il paese imponendo un
tributo di duecento libbre d’argento. Questa non fu un’azione di pirateria
e neppure una spedizione coloniale. Fu una guerra calcolata e improvvisa,
mirante alla conquista di territori che avevano per re Godfred
un’importanza politica e commerciale49.

Imprese coloniali.

48 DURAND, I Vichinghi, cit., p. 25.


49 BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., pp. 26-27.

43
Le maggiori operazioni vichinghe in Occidente furono indubbiamente
mosse da un impulso colonizzatore e sono queste a dare la grande
dimostrazione della potenza dei Vichinghi. Si verificarono nella seconda
metà del IX secolo e all’inizio del X, ed ebbero una ripresa nella prima
metà dell’XI. Benché i capi fossero in prevalenza Danesi e Norvegesi,
anche gli Svedesi vi ebbero la loro parte. Durante questo periodo vaste
zone della Francia settentrionale, dell’Inghilterra e dell’Irlanda furono
occupate e governate dai Vichinghi50. Le invasioni in genere non erano
dirette da sovrani ma da uomini d’alto rango, e spesso i condottieri
avevano tutti gli stessi poteri, non avevano cioè un comandante supremo.
Il metodo seguito di solito in queste imprese era che gli eserciti si
accampavano sulle spiagge durante la stagione invernale, e all’arrivo della
primavera marciavano verso la loro meta: la colonizzazione del paese
invaso51. In questa categoria d’imprese coloniali devono essere incluse le
spedizioni norvegesi nell’Atlantico, fino a terre come le Faeröer,
l’Islanda52, la Groenlandia e l’America (fig. 8).

50 J. GRAHAM-CAMPBELL, E. JOHN, P. WORMALD, The Anglo-Saxon, Oxford 1982.


51 R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta
Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 147.
52 La colonizzazione dell’Islanda è stata chiamata landnám, o “presa della terra” islandese.

(DURAND, I Vichinghi, cit., p. 20).

44
Fig. 8: Espansione colonialistica vichinga.

Penetrazione commerciale.

La quarta e ultima categoria dell’attività dei Vichinghi comprende


spedizioni alla ricerca di nuove possibilità di commercio. Si hanno poche
informazioni su quelle in Occidente, ma molte su quelle a Oriente 53. Gli
studiosi svedesi insistono che l’intensa attività mercantile svolta dai
Vichinghi svedesi verso sud e sud-est aveva scopi commerciali.

2.1. Profilo storico delle espansioni delle popolazioni vichinghe

A differenza di quanto si possa credere, le vicende che hanno


caratterizzato i territori della penisola scandinava nel periodo storico qui
studiato sono molto complesse; si rimane stupiti da come le storie delle tre
principali popolazioni vichinghe si intreccino fra di loro creando quelle

53 Gli Svedesi aprirono l’austrvegr, la Via dell’Oriente: strada che, inoltrandosi attraverso le
steppe russe fino alle rive del Mar Nero, sbocca alle porte dell’impero bizantino e del califfato di
Bagdad. (DURAND, I Vichinghi, cit., p. 37).

45
che saranno poi le principali dinastie reali che si contenderanno il trono
d’Inghilterra e dei vari stati scandinavi: Norvegia, Svezia e Danimarca.
La complessità delle vicende è direttamente proporzionale al suo
interesse; in questa sede, purtroppo, non mi dilungherò eccessivamente
nella loro narrazione ma mi atterrò ai fatti principali. Per completezza
narrativa prenderò in esame anche la storia delle migrazioni della
popolazione svedese che, come già detto, non partecipa (se non in minima
parte) all’espansione verso Ovest e verso l’Inghilterra ma rivolge il suo
interesse all’Est europeo, fino ad arrivare addirittura all’Oriente.

Gli Svedesi.

Nel considerare i contatti dei vichinghi Svedesi con i paesi dell’Est non
dobbiamo dimenticare che il motivo principale della loro espansione era
l’allargamento degli interessi commerciali. Gli Svedesi non penetrarono
nella Russia con l’intenzione di conquistarla e di stabilirvisi, come fecero
i Danesi in Inghilterra; essi si sforzarono di creare e mantenere in
efficienza grandi vie commerciali.
Dopo essersi infiltrati attraverso l’area baltica durante i secoli VII e
VIII54, nel corso del IX secolo gli Svedesi scoprirono nuovi e promettenti
settori in cui riversare le loro energie: la Russia e l’Oriente. A partire dagli
inizi del IX secolo fondarono una prima base nordica a Staraia Ladoga 55,
poi collegarono il Baltico ai sistemi fluviali del Dnepr e del Volga, infine
discesero i due grandi fiumi fino al Mar Nero e al Mar Caspio, entrando in

54Vedi p. 21.
55 J. GRAHAM-CAMPBELL, K. DAFYDD, The Vikings, London 1980, p. 73; BARBARANI,
L’età, cit., p. 27.

46
contatto con nuove popolazioni ugro-finniche e slave e con i Bulgari e i
Khazari del Volga (vedi fig. 2 p. 22). In quanto tempo e con quali
conseguenze questo sia avvenuto è a tutt’oggi problema dibattuto e in
parte oscuro.
Lo spostamento verso sud portò i Vareghi56 a contatto con nuovi popoli,
i Bulgari e i Khazari, e con nuove culture, quella musulmana e quella
ebraica; ciò che comunque attirò principalmente il loro interesse fu la
grande abbondanza d’oro, d’argento e di preziosi manufatti e la possibilità
di commerciare un’enorme varietà di articoli. A causa di ciò i Vareghi
divennero una conoscenza abbastanza comune per i viaggiatori arabi (a
questo proposito è interessante citare la testimonianza letteraria di due
scrittori arabi del X secolo, Ibn Fadlan e Ibn Rusta i quali ci parlano, il
primo dei Rus svedesi stanziati sul Volga e il secondo di quelli stanziati,
sembra, nella Russia occidentale57). A volte s’arruolavano come mercenari
al seguito di principi bulgari o khazari, ma appena l’occasione era propizia
organizzavano scorrerie in proprio a caccia di bottino.
Essi erano insomma presenti ovunque le circostanze consentissero un
rapido arricchimento, un arricchimento, però, frutto di imprese capaci di
soddisfare nel contempo l’indole guerresca e lo spirito d’avventura
caratteristici della loro stirpe; sotto la spinta di queste tendenze – che
riaffiorano attraverso tutto l’immenso scenario delle attività vichinghe –

56
“Rús”, “Vœringjar”, “Svei” sono i nomi correntemente usati dai cronisti russi per designare gli
avventurieri venuti dalla Svezia, attivi in Russia e in Oriente nell’epoca vichinga. Gli autori
dell’Islanda medievale, che chiamano la Russia Svithiódh inn mikla (la grande Svezia), non
lasciano a loro volta dubbi sulla supremazia della Svezia ad Est. (DURAND, I Vichinghi, cit., p.
37).
57 BRØNDSTED, I Vichinghi, cit., pp. 230-233; L. MUSSET, Les invasions: le second assaut

contre l’europe chrétienne (VII°-XI° siècles), Paris 1971, p. 13.

47
si proiettarono sempre più a Sud, verso regioni sempre più remote e
sconosciute, fino alle lontane acque del Caspio58. Ci sono testimonianze
arabe che indicano la presenza di Vareghi sulla strada per Baghdad59.
I Vareghi iniziarono così ad affermarsi tra gli Slavi della Russia, fino a
riuscire a conquistare Kiev nell’86060 (nello stesso anno una poderosa flotta
varega attaccò per la prima volta Bisanzio). Da qui sgombrarono il corso
inferiore del Dnepr infestato dai pirati e imposero il loro dominio dalle
regioni baltiche al Mar Nero. L’organizzazione di un tale regno creò molti
problemi ai Bizantini, i quali reagirono secondo le classiche e ben
collaudate regole della loro arte diplomatica alternando l’attività militare
al gioco delle alleanze e ai tentativi di conversione. Subito dopo l’attacco
dell’860 erano stati battezzati a Costantinopoli alcuni ambasciatori dei Rús
e verso l’874 un arcivescovo veniva inviato a Kiev nella speranza di
ammansire, attraverso il Vangelo, i bellicosi pagani61. La lenta opera di
evangelizzazione, sino ad allora condotta con risultati assai modesti,
otteneva il successo nella seconda metà del secolo X.
La slavizzazione del potentato varego non impedì peraltro che il Dnepr
continuasse ad essere percorso da avventurieri scandinavi; essi però
trovarono pronto impiego come soldati di professione al serizio di
Bisanzio62. I Nordici risultano arruolati nelle forze imperiali fin dal 911,
ma la Guardia Varega – il più famoso reparto mercenario dell’epoca

58 MUSSET, Les invasions, cit. p. 126.


59 BARBARANI, L’età, cit., p. 28.
60 DURAND, I Vichinghi, cit., pp. 40-42.

61 BARBARANI, L’età, cit., p. 35.

62 GRAHAM-CAMPBELL, DAFYDD, The Vikings, cit., p. 73.

48
vichinga – si costituì come corpo speciale formato da soli Scandinavi
soltanto nel 98863.
In conclusione resta da chiedersi in che misura il regno di Kiev del
secolo X possa ancora essere considerato espressione del mondo svedese.
La risposta non è agevole e deve limitarsi a registrare, per la seconda metà
del secolo, l’abbandono dei nomi scandinavi da parte dei regnanti “russi”
e il progressivo indebolimento dei rapporti economici tra Kiev e la Svezia,
indizio, forse, di interessi non più coincidenti o addirittura divergenti64.

I Danesi.

I Vichinghi Norvegesi e i Vichinghi Svedesi, come abbiamo potuto


vedere nel primo capitolo, avevano potuto spingere le loro mire in territori
praticamente deserti o politicamente disorganizzati. I Danesi, invece, si
trovavano rinchiusi nell’angolo sud-occidentale del Baltico: ad Est
l’iniziativa era stata presa dagli Svedesi, a Sud vi erano potenti nazioni
slave che stavano bene all’erta, verso Ovest l’impero Carolingio aveva
fortificato la Frisia e manteneva flotte nel Mare del Nord 65. L’espansione
danese non poteva dunque essere realizzata se non facendo saltare il
catenaccio messo alla base dello Jutland da Carlo Magno e dai suoi alleati
slavi e frisoni. Una tale impresa non poteva essere compiuta da un
individuo isolato che agisse di sorpresa, ma doveva necessariamente avere
carattere di massa e di lunga durata. Per questo i vichinghi Danesi

63 DURAND, I Vichinghi, cit., pp. 42-43.


64 MUSSET, Les invasions, cit., p. 183.
65 Carlo Magno, nell’811, organizzò la difesa costiera stanziando una flotta a Gand e un’altra a

Boulogne. (BARBARANI, L’età, cit., p. 42).

49
operarono in formazioni compatte, sotto il comando di re o di capi molto
influenti, facendo appello a truppe meticolosamente addestrate.
A partire dalla fine dell’VIII secolo re Godfred, il cui potere si estendeva
dalla Scania allo Schleswig, aveva fatto erigere il Danevirke 66 alla base
della penisola dello Jutland. Al riparo di questo bastione i Danesi poterono
preparare l’assalto contro la Germania settentrionale: nell’81067 armarono
una flotta e assaltarono le coste frisone. Sfondarono le difese carolinge,
occuparono la Frisia e imposero un tributo di 100 libbre d’argento; ma
Godfred, su istigazione probabilmente dello stesso Carlo Magno, venne
assassinato da uno dei suoi uomini68. A parte tre incursioni in Frisia, nelle
Fiandre e lungo la Senna nell’819-20, le lotte intestine tra i discendenti di
Godfred tennero occupati i re Danesi entro i loro confini.
A partire dall’834 (con la deposizione di Ludovico il Pio) i Danesi si
spinsero alla conquista dell’Occidente69, capitanati dal nuovo monarca,
Horik, figlio di Godfred, salito al trono nell’82770: saccheggiarono
Dorestad, il più grande centro mercantile dell’Europa settentrionale;
l’anno 845 vide i Danesi attaccare la Frisia, la Francia e la Germania
insieme. Venne colpita anche Amburgo, mentre un’altra squadra salpava
verso la Francia agli ordini di Ragnarr Lodbrók, il più celebre incursore
vichingo del IX secolo71. Battuto il potente esercito condotto da Carlo il

66 Vedi nota 30 p. 31.


67 D. HILL, An Atlas of Anglo-Saxon England, Oxford 1981, p. 37.
68
DURAND, I Vichinghi, cit., p. 25.
69 LOYN, The Vikings, cit., p. 39.

70 BARBARANI, L’età, cit., pp. 41-42.

71 A questo proposito la “Saga di Ragnarr”, di cui l’ultima stesura risale all’incirca alla metà del

XIII secolo, offre una rilettura leggendaria di avvenimenti storici che occupano i primi
ottant’anni del IX secolo; è possibile riconoscere in Ragnarr e nei suoi figli figure di primo piano
della protostoria vichinga. (M. MELI (a cura di), Saga di Ragnarr, Milano 1998, pp. 16-18).

50
Calvo Ragnarr proseguì verso Parigi, s’impossessò della città e se ne ripartì
con un ricco bottino. Il sovrano, anziché bloccarlo sulla via del ritorno, gli
sborsò 7000 libbre d’argento purché promettesse d’astenersi da altre
incursioni72.
In Danimarca, intanto all’interno della corte danese scoppiò una
sanguinosa lotta tra congiunti del re al quale sopravvisse solo Horik il
Giovane, che assunse la corona nell’853-5473; a partire da questo momento
non avremo più sovrani che siano riusciti ad imporre un’autorità personale
ed esclusiva in tutta la Danimarca. Nelle forme di governo torna a
prevalere il particolarismo (Adamo di Brema accenna all’esistenza di altri
re e capi minori di cui s’ignorano il rango e la dislocazione del regno)74, e
per la ripresa della tradizione unificatrice occorrerà attendere fino
all’epoca di Gorm il Vecchio e all’affermazione della dinastia Jelling. La
crisi della monarchia danese sembra aver contribuito notevolmente alla
recrudescenza delle attività piratesche: infatti la Francia fu teatro di una
grande invasione, dall’856 all’86275, invasione che non venne mai arginata
in maniera efficace e duratura dai re franchi. Difatti tanto il pagamento di
tributi quanto le fortificazioni o le inoffensive parate militari non
producevano alcun risultato concreto.
Nella prassi del movimento vichingo, intanto, pur nel perdurare delle
scorrerie stagionali che si concludono con il ritorno in patria, cominciano
ad affiorare nuovi aspetti e nuove forme d’intervento. Il Musset ha distinto

72 DURAND, I Vichinghi, cit., p. 26.


73 BARBARANI, L’età, cit., p. 43.
74 ADAMO DI BREMA, Storia degli arcivescovi della Chiesa di Amburgo , a cura di I. PAGANI,

Torino 1996.
75 DURAND, I Vichinghi, cit., pp. 26-27.

51
tre fasi caratteristiche della “sequenza danese”: il saccheggio dei centri
costieri e, con l’appoggio di basi invernali, di quelli più interni; il sistema
del pagamento di un riscatto spesso ottenuto con la sola minaccia
dell’attacco, il cosiddetto Danegeld76; infine, quando le regioni sono
troppo impoverite dalle razzie, la presa di possesso del suolo e la creazione
di piccoli stati77. Come tratto comune si nota la progressiva tendenza alla
semisedentarietà.
Quanto l’Occidente fosse ancora esposto alla violenza dei guerrieri del
Nord fu soprattutto evidente tra l’879 e l’892, quando il Grand Ost, il
“Grande Esercito” sorto dalla fusione delle squadre presenti in Francia con
quelle scacciate dall’Inghilterra dopo la vittoria di re Alfredo a Edington
(878), portò distruzione e rovina dalla Francia alla Frisia e dalle Fiandre
alla Germania. Il “Grande Esercito” continuò a imperversare nei regni
devastati fino all’892, quando siccità, carestie e pestilenze lo costrinsero
finalmente ad abbandonare la Francia e a sciogliersi sulle coste inglesi78.
Gli attacchi, anche dopo la partenza del “Grande Esercito”, rimasero la
costante delle attività nordiche; tuttavia, verso la fine del secolo, cominciò
a delinearsi in alcuni luoghi una realtà diversa. Numerosi Vichinghi si
erano stanziati lungo il corso inferiore della Senna. Carlo il Semplice,
consapevole dell’impossibilità di scacciarli, aveva tentato un accordo

76 Il suggerimento del pagamento del primo Danegeld è normalmente attribuito a Sigeric,


arcivescovo di Canterbury, che nel 991, dopo la sconfitta delle forze inglesi sotto l’ ealdorman
Byrhtnoth alla battaglia di Maldon, consigliò al re di “comprare” la pace con i Danesi. Questo
“primato” non è del tutto esatto perché esiste, una lunga storia di tributi pagati ai Vichinghi in
Bretagna e nel continente. Alfredo comprò la pace per il suo popolo nell’870; anche nella storia
franca, come abbiamo visto, esistono fatti simili. (STRAYER (editor in chief), Dictionary, cit.,
vol. 4, pp. 90-91).
77 MUSSET, Les invasions, cit., pp. 135-136.

78 BARBARANI, L’età, cit., p. 47.

52
nell’897 ma senza successo. L’operazione gli riuscì invece 14 anni dopo
con Rollone, nuovo capo dei Nordici: giudicate convenienti le proposte
accettò il battesimo, s’impegnò a difendere il regno e ottenne la contea di
Rouen79, che egli stesso e i suoi successori non tardarono a ingrandire fino
a trasformarla nel ducato di Normandia.
In questo lasso di tempo si nota un rallentamento generale, se non una
stasi, dell’espansione vichinga in tutta Europa e subentra un periodo di
tranquillità di circa mezzo secolo, che si è cercato di spiegare con la
diffusione del Cristianesimo tra gli Scandinavi, con le trasformazioni di
carattere economico e con la nascita di un forte potere centrale in
Danimarca.

I Danesi in Inghilterra
La ripresa degli attacchi contro l’Impero dell’834 coincide con l’inizio
delle spedizioni corsare attraverso la Manica. La prima, stando alla
Cronaca Anglosassone, riporta chiaramente che “nell’835 i pagani
devastarono Sheppey”80 e fu seguita da altri colpi di mano stagionali diretti
esclusivamente alla ricerca di bottino. Questo segnò il vero e proprio inizio
di oltre due secoli di massiccio coinvolgimento scandinavo, in cui i Danesi
furono particolarmente attivi. Nei primi anni furono colpite soprattutto
l’Inghilterra meridionale ed orientale, comprese le grandi città di Hamwih
(Southampton) e Londra. L’Inghilterra in quel periodo era divisa in vari
regni: La Northumbria a Nord dell’Humber, la Mercia al centro, l’East

79 DURAND, I Vichinghi, cit., p. 27.


80 The Anglo-Saxon Chronicle, a cura di A. SAVAGE, cit.; ROESDAHL, I Vichinghi, p. 222.

53
Angla a Est e il Wessex a Sud. Il Galles, di lingua celtica, rimase un regno
indipendente fino al Medioevo avazato.
All’inizio il coinvolgimento vichingo seguì lo stesso schema: rapide
incursioni nelle isole e nelle varie regioni costiere da basi in Europa, in
Irlanda o direttamente dalla patria. La prima menzione dei Vichinghi che
svernano in Inghilterra risale all’850-85181 quando si accamparono
sull’isola di Thanet, sulla costa orientale del Kent. Alcuni anni dopo
stabilirono il primo accampamento invernale sull’isola di Sheppey, alle
foci del Tamigi. Ben presto seguirono spedizioni nell’entroterra e nell’865
un “Grande Esercito” si accampò a Thanet e fece pace con la gente del
Kent in cambio di denaro: fu il primo di molti versamenti inglesi del
Danegeld. Le sue dimensioni sono state molto dibattute, ma si ritiene
contasse circa 2-3000 uomini che stabilirono i loro quartieri nell’East
Anglia, si procurarono cavalli e fecero pace con la popolazione. L’anno
seguente l’esercito si trasferì in Northumbria, conquistò la capitale, York,
il 1° novembre; l’anno successivo toccò alla Mercia, già tributaria dei
Danesi. Nell’868 tornò a York e vi rimase per un anno. Nell’869 attraversò
a cavallo la Mercia per giungere in East Anglia, stabilì i propri quartieri
invernali a Thetford, conquistò l’intero paese e uccise re Edmondo 82.
Halfdan83 s’impadronì di Reading nell’870 e di Londra nell’872 e altri
condottieri, poco dopo, s’impossessarono di Cambridge. Il Wessex fece
pace con i Vichinghi e nell’871 Alfredo il Grande ascese al trono84 (fig. 9).

81 R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta


Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 147; GRAHAM-CAMPBELL,
DAFYDD, The Vikings, cit., p. 70.
82 ROESDAHL, I Vichinghi, pp. 223-224.

83 Uno dei figli di Ragnarr Lodbrók. (MELI (a cura di), Saga di Ragnarr, cit., p. 17).

84 F. BARBARANI, L’espansione dei Vichinghi, Verona 1979, p. 49.

54
Fig. 9: L’Inghilterra scandinava.

Questa strategia di spostamento degli accampamenti invernali e di


conclusione di molti accordi di pace continuò per un certo periodo:
nell’871-872 vi era un accampamento a Londra, l’anno seguente a Torksey
in Mercia ed in entrambi gli anni la Mercia fece pace con l’esercito, ma
nell’873-874 i Vichinghi stabilirono i loro quartieri invernali a Repton85.

85 HILL, An Atlas, cit., p 39.

55
Quest’ultima sistemazione si rivelò una svolta: nell’874 il “Grande
Esercito” si divise. Con parte di esso Halfdan andò in Northumbria, fissò i
suoi quartieri invernali presso il fiume Tyne, conquistò il paese e continuò
i saccheggi. L’altra parte dell’esercito lasciò Repton nell’874 sotto la guida
dei re Guthrum, Oscetel e Anwend e si recò a Cambridge, dove rimase un
anno. Poi si trasferì nel Wessex e re Alfredo dovette accettare la pace 86.
Dopo che i Vichinghi ebbero assunto il controllo della maggior parte del
regno Alfredo fuggì nelle paludi con una piccola compagnia. Nella
primavera dell’878, tuttavia, risucì a radunare un esercito ed ottenne una
vittoria decisiva sui Vichinghi a Edington87. Quando venne conclusa la
pace i Vichinghi promisero di lasciare il Wessex e il loro capo, Guthrum,
accettò di essere battezzato. Ben presto Guthrum violò il trattato con re
Alfredo ma, nell’886 ne stipulò un altro dove si stabiliva il confine tra i
regni dei due re: Alfredo mantenne il dominio del Wessex e vi aggiunse
anche il Sussex, il Kent e una piccola parte della Mercia (in pratica un terzo
dell’Inghilterra); ai Vichinghi rimase tutto il resto del territorio situato ad
Oriente della linea che dal Tamigi, vicino alla confluenza del Lea, passava
per Bedford, e continuando lungo Watling Street, l’antica via romana,
andava fino a Chester. La parte riservata ai Danesi venne chiamata

86 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 225.


87 BARBARANI, L’espansione, cit., p. 50.

56
Danelaw 88 (fig. 10). Alfredo il Grande morì nell’89989. I Vichinghi
continuarono ad essere un problema nell’Europa continentale, in Irlanda
e in Inghilterra ma il Wessex estese il proprio potere verso nord. Nel 917-
918 re Edoardo riconquistò l’intera regione a sud dell’Humber, venendo
riconosciuto come signore della Northumbria. Nonostante questo il potere
della zona vide un’alternanza tra sovrani inglesi e vichinghi fino al 95490.
I Norvegesi venuti dall’Irlanda nel frattempo si impadronirono di York 91.
La riscossa proseguì sotto la guida di Etelstano, successore di Edoardo.
Nel giro di pochi anni riprese York, conquistò la Northumbria e nel 937
affrontò una grande coalizione di forze vichinghe e celtiche, che sbaragliò
nell’epica battaglia di Brunanburh92. Alla sua morte, nel 939, i territori in
mano anglosassone comprendevano il Wessex, la Mercia, la

88 Il Danelaw, oggi spesso usato come termine-ombrello per indicare l’intera regione riservata ai
Danesi, non divenne mai un’entità politica. La parola significa semplicemente «la legge dei
Danesi». Questo “stato” sui generis era costituito in pratica da un insieme disorganico di potentati
retti da capi, conti, condottieri e “re del mare” e caratterizzato da un intreccio di rivalità, di
subordinazioni e di mutevoli alleanze. Dopo che i re inglesi giunsero al potere nei regni
vichinghi, lasciarono la parte scandinava della popolazione libera di decidere le proprie leggi,
che furono indubbiamente influenzate da quelle danesi, o meglio scandinave. Il termine
«Danelaw», applicato a specifiche aree geografiche, è noto innanzi tutto dai documenti dell’XI
secolo. Le zone che, secondo questi documenti e altri successivi, osservano la legge danese
corrispondono perfettamente a quelle di cui si sa che furono dominate dai Vichinghi e con la
distribuzione dei toponimi scandinavi. (ROESDAHL, I Vichinghi, cit., pp. 228-229).
89 BARBARANI, L’espansione, cit., p. 51.

90
ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 228.
91 BARBARANI, L’età, cit., p. 52.

92 Brunanburh è uno dei pochi testi poetici antico inglesi trasmessi da più codici: è contenuto in

quattro manoscritti della Anglo-Saxon Chronicle. Il manoscritto più antico deve essere stato
copiato entro il 956 a Winchester. Loda la vittoria conquistata da re Æthelstan, “signore di
guerrieri” che riuscì a far volgere in fuga “il sovrano dei northmanni”. All’inizio del testo è
registrata anche la data, che è il 937. A tutt’oggi il luogo non è stato identificato. (BRUNETTI (a
cura di), La battaglia di Maldon, cit., pp. 77-78, 85-86).

57
Fig. 10: Il Danelaw.

Northumbria, York e parte della Cornovaglia, e l’autorità del sovrano era


accettata anche dai capi anglo-scandinavi del Danelaw93. L’ultimo re
vichingo a York fu Erik Ascia Insanguinata, che era stato esiliato dalla
Norvegia94. Rimase a York per due brevi periodi prima di essere esiliato

93 BARBARANI, L’espansione, cit., p. 52.


94 Figlio di Harald Bellachioma, vedi pp. 66-67.

58
dagli abitanti della Northumbria nel 95495; solo allora il re inglese Eadred
(nipote di Etelstano) divenne sovrano di tutta l’Inghilterra 96.
Per circa un quarto di secolo, dal 954 al 980, le Isole Britanniche
conobbero un lungo periodo di tranquillità; anche nel Danelaw non si
riscontrano avvenimenti significativi. Morto Eadred nel 955, il regno era
passato nelle mani di Edgardo97. Il suo governo si impose autorevolmente
a tutti i capi degli Stati britannici e delle isole; gli stessi Scandinavi del
Danelaw ne riconoscevano la supremazia. Alla morte di Edgardo la
situazione degenerò rapidamente e i Vichinghi approfittarono della
debolezza del potere regale riprendendo a insidiare le coste
dell’Inghilterra. Con l’inizio del regno di Etelredo lo Sconsigliato, nel
97898, le incursioni divennero sempre più frequenti e violente,
specialmente a partire dal 988. Proprio in questo periodo, almeno secondo
la Cronaca Anglosassone 99 , si generalizzò la prassi di allontanare la
minaccia mediante il pagamento del Danegeld. Nel 991 l’“esercito
Danese” saccheggiò in lungo e in largo e uccise il coraggioso Byrhtnoth
nella battaglia di Maldon nell’Essex, commemorata in un grandioso
poema100. Venne deciso che l’esercito vittorioso dei “Danesi” dovesse
ricevere un tributo di 10000 libbre d’argento per porre fine alla
distruzione. Come cita la Cronaca Anglosassone: “991. Qui fu saccheggiata

95 M. BUZZONI, Le sezioni poetiche della Cronaca Anglosassone – Edizione e studio tipologico,


“Quaderni del Dipartimento di lingue e letterature straniere moderne dell’Università di Pavia
anno XVIII”, supplemento al n.35, Lucca 2001.
96 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 228.

97 Con una parentesi di 4 anni dove regnò Eadwig il Bello (vedi p. 174).

98 ADAMO DI BREMA, Storia degli arcivescovi, cit., p. 221.

99 BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon, cit., p. 125.

100 Ibidem, pp. 96-113.

59
Ipswich [Suffolk], e subito dopo fu ucciso l’ealdorman101 Byrhtnoth a
Maldon [Essex]. E in quell’anno fu deciso di dare per la prima volta un
tributo ai danesi per il grande terrore che facevano lungo la costa. La prima
volta fu di 10mila libbre. La decisione fu presa per consiglio
dell’arcivescovo Sigeric.”102. Da questo momento in poi, periodicamente,
venne pagato il riscatto alle flotte danesi che imperversavano sulle coste.
Nel 997 l’“esercito Danese” era ancora all’offensiva in Inghilterra; tornò
nell’anno 1002 e venne pagato con 24000 libbre d’argento: “1002. […] per
ordine del re e dei suoi consiglieri egli (l’ealdorman Leofsige) stabilì una
tregua, e che si dovesse dar loro provviste e tributo, ed essi (i Danesi)
accettarono e furono date loro 24 mila libbre. […]”103. Nel 1003, in seguito
ad una rappresaglia messa in pratica da Etelredo, Svend Barba Forcuta
attaccò ripetutamente vaste zone dell’Inghilterra104; tornò nel 1006 e
l’anno seguente le furono pagate 36000 libbre d’argento105. Nel 1009 arrivò
il capo danese Thorkell il Lungo e molti altri capi con grandi flotte.
L’esercito proseguì con le sue razzie e nel 1011 Etelredo pagò ancora106.
Dopo il pagamento di 48000 libbre nel 1012 l’esercito si disperse107. Svend
ricomparve nel 1013; nel gennaio del 1014 conquista Londra e diviene
sovrano d’Inghilterra. Appena divenuto re venne però a morte e dei suoi
due figli, Harald gli successe sul trono di Danimarca e Canuto su quello

101 L’ealdorman è il rappresentante del re e la massima autorità giuridica e militare di una regione.
(BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon, cit., p. 81).
102 Ibidem, p. 127.

103 Ibidem, pp. 133-134.

104 ADAMO DI BREMA, Storia degli arcivescovi, cit., p. 245.

105 BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon, cit., p. 139.

106 Ibidem, p. 145.

107 Ibidem, p. 147.

60
d’Inghilterra, acclamato dalle truppe danesi 108 (negli anni 1018-1019, in
seguito alla morte del fratello e alla mancanza di eredi Canuto diverrà
anche re di Danimarca). Divenne anche re di Norvegia nel 1026, in seguito
al malcontento manifestato dai jarlar 109 norvegesi a causa del duro
governo di Olaf Haraldsson; questi ultimi sollecitarono l’intervento di re
Canuto il quale non tardò a rispondere.
Nei primi anni in cui Canuto fu re d’Inghilterra c’era molto da fare: il
paese benne diviso in quattro contee basate su vecchi regni; Canuto tenne
per sé il Wessex, Thorkell il Lungo ebbe l’East Anglia, lo jarl Erík ottenne
la Northumbria e un rinnegato inglese, Eadric Streona, ebbe la Mercia.
Nel 1017 Canuto si sposò con Emma, la vedova di Etelredo, i cui due figli
rimasero in Normandia e dalla quale ebbe due figli, Harthacnut e Gunhild
(ne aveva altri due con un’altra donna, Ælfgifu di Northampton, che erano
Harald e Svein) 110.
Il “Grande Esercito” era ancora in Inghilterra ma nel 1018 le condizioni
erano ormai diventate così stabili che poté essere sciolto, dopo il
versamento di un tributo senza precedenti di 72000 libbre d’argento più
10500 dalla sola Londra: “1018. In quest’anno fu versato il tributo in tutta
l’Inghilterra, 72 mila libbre in tutto, tranne quello pagato dagli abitanti di

108 BARBARANI, L’età, cit., p. 55.


109 Uno jarl (pl. jarlar) era probabilmente, prima dell’affermarsi in Scandinavia di forti
monarchie, un capo locale, un piccolo sovrano. Il suo significato può essere reso con “uomo
distinto”, “uomo di alto rango”, “subordinato solo al re”. Nella prosa anglosassone, con le
invasioni vichinghe iniziò ad essere usato il termine eorl («guerriero, nobile») come sinonimo
della parola nordica e a partire dalla fine del decimo secolo come equivalente di ealdorman
(«rappresentante locale del re») nelle regioni anglo-danesi; sostituirà quest’ultima durante il
regno di Canuto (è il moderno earl). (F. FERRARI (a cura di), Saga di Oddr l’arciere, Milano
2001, p. 150 ).
110 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 241.

61
Londra, 10 mila libbre e mezzo. Poi una parte dell’esercito tornò in
Danimarca, e 40 navi rimasero con re Cnut. Danesi e inglesi vennero a un
accordo a Oxford. Qui morì l’abate Æthelsige a Abingdon e gli succedette
Æthelwine.”111. È interessante notare, a questo proposito, che nel Sud della
Svezia vi sono decine di pietre runiche che ricordano la riscossione del
Danegeld da parte di guerrieri al seguito di Canuto: “E Ulfr ha in
Inghilterra riscosso tre tributi. Fu il primo quello che Tósti pagò. Poi pagò
Þorkætill. Poi pagò Canuto” 112 ; e ancora: “Ali (Alli) fece erigere questa
pietra in memoria di sé stesso. Egli riscosse il tributo di Canuto in
Inghilterra. Dio aiuti il suo spirito” 113.
Canuto divenne soprattutto un re inglese, nonostante fosse sovrano di
vari domini in Scandinavia e nelle isole Britanniche; portò la pace nel
paese che era stato devastato per tanto tempo e si recava in Scandinavia
solo quando vi sorgevano problemi e per impedire altri attacchi vichinghi
all’Inghilterra. In un eccesso di propaganda fece penitenza per gli antichi
peccati commessi dal suo popolo114.
Un regno tanto vasto ed eterogeneo comportava però problemi
amministrativi enormi: l’unione dei vari domini non poteva che essere
personale e legata necessariamente alla individualità del fondatore,
specialmente in quelle zone in cui l’autorità era continuamente insidiata
da conti e capi locali (come, per esempio, in Norvegia). Difatti, alla morte
di Canuto (avvenuta nel 1035) le forze disgregatrici che erano già presenti
all’interno del regno divennero incontrollabili, aiutate anche dal fatto che

111 BRUNETTI (a cura di), La battaglia di Maldon., cit., p. 159.


112 CUCINA, Il tema del viaggio, cit., p. 327.
113 Ibidem, p. 329.

114 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., pp. 242-243.

62
i figli del sovrano scomparvero prematuramente. In seguito a questo sul
trono inglese tornò un sovrano anglosassone, Edoardo il Confessore (1042-
1066)115, mentre sul trono di Danimarca sedette re Magnus di Norvegia,
figlio di Olaf “il Santo” 116.

I Norvegesi.

Come già detto, l’inizio ufficiale dell’epoca vichinga è datato dal


saccheggio del monastero inglese di Lindisfarne compiuto nel 793 da una
ciurma di avventurieri norvegesi117. Tornati alle loro basi, raccontata la
prodezza ed esibiti i trofei, la notizia dell’impresa si sparse rapidamente e
molti, vista la facilità con cui era stata compiuta, pensarono che sarebbe
stato profittevole ripeterla. Di fatto, dopo l’attacco di Lindisfarne, le
scorrerie divennero una consuetudine e non passò anno che squadre di
predoni sbarcassero a far bottino sulle coste Irlandesi e Inglesi 118.
Verso l’830 le operazioni cambiarono natura e iniziarono le prime
occupazioni territoriali. L’arrivo di Thorgils (o Turgeis), un capo della
stirpe del Vestfold interessato a progetti più ampi della pirateria, diede
avvio a un sistematico piano di conquista dell’Irlanda; nell’839 si proclamò
signore di tutti i vichinghi del Paese e fondò Duiblinn, l’attuale Dublino119.
I conquistatori si impegnarono nella costruzione di piazzeforti e tentarono

115
The Anglo-Saxon Chronicle, a cura di A. SAVAGE, cit.
116 BARBARANI, L’età, cit., p. 58.
117 Vedi pp. 38-39.
118 Nel 794 vennero assaliti i monasteri di Jarrow e Wearmouth, nel 795 quelli di Lambey,
Rechreyn e Jona; altre spedizioni colpirono la costa del Galles (795), Man (797-798) e Kintyre
(797). (BARBARANI, L’età, cit., p. 65).
119 LOYN, The Vikings, cit., p. 36.

63
di estendere il loro dominio anche nel Sud, non riuscendo però nel loro
intento. Si spostarono quindi verso le coste occidentali e qui profanarono
molti luoghi sacri, cosa che scosse profondamente i Celti: nell’anno 845
Thorgils venne catturato e ucciso120.
Privati della loro guida i Norvegesi si trovarono a mal partito, anche a
causa dell’arrivo dei Danesi che approfittarono del temporaneo momento
di crisi. Alleatisi con i Celti, i Danesi sconfissero a più riprese i Norvegesi
fino all’853, anno in cui comparve una grande flotta proveniente dalla
Norvegia con a capo Olaf, un altro discendente dei re del Vestfold che si
insediò a Dublino, innalzandola definitivamente a centro della potenza
norvegese in Irlanda. Infine, nel corso dell’871, Olaf abbandonò per
sempre il regno di Dublino, forse richiamato in patria dalla notizia dei
profondi rivolgimenti che erano in atto, lasciando il governo di tutta l’isola
a suo fratello Ivar.
La fine del secolo vide numerose battaglie che opposero i Norvegesi ai
Danesi stabiliti in Inghilterra settentrionale. Tutte queste lotte fra capi
“bianchi” (i Norvegesi) e capi “neri” (i Danesi) indebolirono gli occupanti
scandinavi; nel 902 gli Irlandesi poterono riconquistare Dublino121.
Ripiegati sulle loro basi nell’Inghilterra settentrionale (la zona dell’attuale
Cumbria) i Norvegesi prepararono il loro ritorno in Irlanda; intorno al 915
le coste dell’isola furono nuovamente minacciate da squadre vichinghe e
nel 919 risucirono ad impossessarsi di nuovo di Dublino. Successivamente
si insedieranno nel regno di York. A partire da quest’epoca i legami tra i
regni di Dublino e York diventeranno molto stretti; numerosi re

120 DURAND, I Vichinghi, cit., p. 17.


121 LOYN, The Vikings, cit., p. 36.

64
Vichinghi comparvero alternativamente sull’uno e sull’altro trono
contendendosi e contendendo agli Inglesi il possesso di York in un
susseguirsi di vittorie e sconfitte. Nel 954 York tornava in mano inglese e
per venticinque anni nessuna flotta vichinga osò insidiare le coste del
Paese122.
L’influenza scandinava si diffuse ampiamente all’interno della società
irlandese: i conquistatori assimilarono non pochi elementi della civiltà
celtica e cristiana, non ultima la religione cattolica. Nonostante le
innegabili distruzioni che le loro razzie portarono ai monasteri e alle
chiese, l’economia dell’isola ricevette un nuovo impulso con
l’introduzione delle prime coniazioni di monete, la diffusione delle
avanzate conoscenze nautiche vichinghe e, fatto interessante, lo sviluppo
del fenomeno urbano in Irlanda: i Nordici, pur ignorandolo in patria, lo
introdussero ampiamente sull’isola fondando o sviluppando la maggior
parte delle più importanti città irlandesi123.
Osserviamo adesso la situazione interna della Norvegia. All’inizio dell’
Età Vichinga questo territorio era caratterizzato dalla frammentazione e
dal particolarismo politico; sul finire dell’VIII secolo esistevano decine di
staterelli organizzati attorno ai jarlar, la cui autorità si estendeva su piccoli
distretti, fiordi o promontori. Solo in alcune regioni (il fiordo di Oslo e il
fiordo di Trondheim) era in atto un processo di crescita e di integrazione

122BARBARANI, L’età, cit., p. 70.


123Il periodo che va dal 795 all’830 circa, come abbiamo visto, è stato caratterizzato da numerose
incursioni e atti di pirateria ma fu seguito da una fase di sviluppo insediativo notevole; i
Vichinghi fondarono vari porti che più tardi sarebbero diventati città: Duiblinn (Dublino),
Hlymrekr (Limerick), Veigsfjörth (Wexford), Vethrafjörth (Waterford), Vikingalo (Wicklow),
e Cork. (STRAYER (editor in chief), Dictionary, cit., vol. 12, p. 425).

65
socio-politica. In questo movimento la dinastia reale del fu chiamata a
svolgere un ruolo decisivo.
Dopo gli antichi e semileggendari membri della dinastia, nei primi
decenni del IX secolo cominciarono a emergere personaggi più concreti e
definibili. Con il governo di Halfdan il Nero le notizie si fanno più precise.
Alla morte gli successe il figlio Harald Bellachioma, di dieci anni, sotto la
reggenza dello zio. Harald si dimostrò un re avveduto, oltre che un abile
guerriero; infatti riuscì a stroncare la rivolta della coalizione dei re e jarlar
delle regioni sud-occidentali, che miravano a deporre il re del Vesfold.
Battuti e dispersi gli avversari, Harald Bellachioma rimase padrone del
campo e signore della Norvegia124.
Per alcuni anni vi furono però ribellioni e minacce di fuoriusciti che
Harald sedò. Nonostante questo l’unificazione del Paese andava contro il
radicato senso d’indipendenza dei capi e dei ricchi contadini e Harald fu
costretto ad appoggiarsi a parenti, amici, alleati, delegando parte delle
funzioni sovrane, ma intervenendo duramente al minimo cenno
d’infedeltà o ribellione; inoltre sviluppò una struttura amministrativa
imperniata sulle figure degli jarlar e degli hersar125.
Alla sua morte il regno si sfasciò tra le mani dei discendenti, come
accade sempre per i domini retti soltanto dall’eccezionale personalità del

124BARBARANI, L’espansione, cit., pp. 74-75.


125Lo hersir (pl. hersar) era in Norvegia un nobile, probabilmente membro dell’aristocrazia
guerriera, che esercitava il suo potere su un territorio limitato. Secondo la Heimskringla re
Harald Hárfagr (Bellachioma), il primo re di tutta la Norvegia, avrebbe creato una sorta di
piramide feudale in cui gli jarlar erano soggetti al re e avevano il compito di amministrare la
giustizia e raccogliere i tributi. A loro volta soggetti agli jarlar, a un gradino inferiore della
gerarchia, erano gli hersar, incaricati, in sede provinciale e locale, di far rispettare le leggi,
fornire soldati e raccogliere tasse e tributi. Per assicurarsi la lealtà di tutti questi funzionari e
amministratori, il monarca li avvinse a sé attraverso un’intricata politica di matrimoni,
ricompense e favori. (FERRARI (a cura di), Saga di Oddr l’arciere, cit., p. 150).

66
fondatore e dal suo valore militare. Gli succedette il figlio Erik Ascia
Insanguinata, che ben presto dimostrò di non essere all’altezza del padre
per il comando del regno: non riuscì a domare le sommosse di vari re e
conti che tentarono di tornare indipendenti. Fu forse per questo che
all’arrivo di Hakon, suo fratello, Erik abbandonò la Norvegia lasciandogli
il trono.
Il nuovo re si si mostrò un sovrano accorto e scrupoloso, con un grande
senso dell’ordine e della pace: forse è per questo che si assicurò l’appoggio
e la simpatia dei sudditi, che gli conferirono l’appellativo “il Buono”.
Se i fratelli di Hakon non fecero obiezioni alla sua supremazia, i cinque
figli di Erik Ascia Insanguinata lo considerarono un usurpatore e
tentarono a più riprese di togliergli la corona. Trovarono un alleato in
Harald Dente Azzurro: intorno al 960-965 sconfiggono e uccidono
Hakon126, Harald si proclama re della Norvegia e i fratelli si spartiscono le
spoglie del regno. Ma il tracollo dei figli di Erik avvenne rapidamente, e
l’alleanza che li legava con Harald Dente Azzurro venne ben presto meno.
In seguito a tali avvenimenti Olaf Tryggvason, un discendente di Harald
Bellachioma che si trovava nelle isole Britanniche, decise che il momento
era propizio per un colpo di mano e volse la prua verso la Norvegia. Verso
il 995 approdò con la sua flotta sulle coste norvegesi e venne
immediatamente acclamato re nel thing127 di Trondheim, e la sua sovranità

126BARBARANI, L’espansione, cit., p. 74.


127Il thing era un’assemblea formata da uomini di potere e possidenti locali che, periodicamente,
si riuniva per decidere e dirimere questioni di vario tipo (militari, di gestione della giustizia,
economiche e così via). Esisteva anche l’althing, un’assemblea generale di respiro più ampio, che
coinvolgeva i capi di villaggi e territori diversi. (STRAYER (editor in chief), Dictionary, cit., vol.
12, p. 423).

67
fu presto riconosciuta anche nei distretti orientali e in quelli meridionali
soggetti al protettorato danese.
Il regno di Olaf fu caratterizzato da una energica e diffusa attività di
evangelizzazione portata avanti con metodi spesso violenti, che gli costò
l’alienazione della popolazione e l’allontanamento di molti capi; inoltre
dimostrò di essere un politico poco avveduto che non riuscì ad impedire
l’unione dei suoi nemici. Tutto questo avvenne anche grazie alle iniziative
diplomatiche di Svend Barbaforcuta che gli aveva sottratto ogni appoggio.
Nell’estate del 1000, completato l’accerchiamento diplomatico del sovrano
norvegese, Svend fu pronto per gettare tutte le sue forze contro Olaf che
venne sconfitto nella battaglia del fiordo di Svold128.
La Norvegia venne nuovamente spartita tra i vincitori e Svend riaffermò
il tradizionale controllo danese sulle regioni meridionali. Lo
smembramento della Norvegia si protrasse per circa quindici anni, fino a
quando l’impegno dei Danesi in Inghilterra rese possibile l’affermazione
di un nuovo discendente di Harald Bellachioma, Olaf Haraldsson
(successivamente noto come “il Santo” in quanto la reale e definitiva
cristianizzazione della Norvegia fu senza dubbio opera sua)129.
Intorno al 1025 le relazioni tra i tre regni scandinavi s’erano modificate:
i regni di Norvegia e quello di Svezia si strinsero in un’alleanza militare,
sotto la minaccia di una egemonia danese estesa dal Mare del Nord al Mar
Baltico. Questa alleanza sfociò in un’aggressione contro i territori danesi.

128 Il luogo è sconosciuto. Lo studio delle fonti sembra indicare l’Öresund o Rügen.
(BARBARANI, L’espansione, cit., p. 89; ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 237).
129 BARBARANI, L’espansione, cit., pp. 77-79.

68
Re Canuto salpò dall’Inghilterra, raccolse un’altra flotta in Danimarca e,
assaliti i nemici, li sconfisse130.
Canuto decise di sfruttare a fondo la vittoria: quando nel 1028 le forze
navali della Danimarca cominciarono a risalire le coste norvegesi, re Olaf
non fu in grado di organizzare la minima resistenza. Canuto sbarcò soldati
nelle zone strategiche, occupando tutta la Norvegia: venne così accettato
come sovrano del Paese. In quell’occasione nominò suo figlio Hardicanute
re di Danimarca, il figlio di jarl Erik, Hakon, governatore della Norvegia
ed egli stesso, disceso nel Vik131, fu acclamato signore delle province
meridionali. Un anno dopo Hakon moriva annegato in Inghilterra e al suo
posto Canuto impose un proprio figlio, Svend, sotto la reggenza della
madre Ælfgifu132.
La notizia della morte di Hakon raggiunse Olaf nel suo esilio e
inaspettatamente, nel 1030, ricomparve nel Baltico con un ridotto gruppo
di seguaci. Assoldò guerrieri vichinghi e i fuorilegge, il cognato svedese gli
fornì un piccolo reparto di soldati e anche suo fratellastro Harald lo
Spietato (Hardrádi) si unì a lui con un manipolo di guerrieri. Lo scontro
tra l’esercito di Olaf e i grandi capi norvegesi avvenne nel Trondelag, a
Stiklestad il 29 luglio del 1030 e al termine di una battaglia eroica
combattuta contro un esercito di forza almeno doppia 133 Olaf venne
sopraffatto e ucciso.
Nel frattempo la direzione del regno norvegese sotto Svend e Ælfgifu
causò malumori crescenti fino a quando, quattro anni dopo la battaglia del

130 LOYN, The Vikings, cit., p. 54.


131 La regione del fiordo di Oslo. (BARBARANI, L’espansione, cit., p. 84).
132 ROESDAHL, I Vichinghi, p. 242.

133 Si presume che le forze di Olaf ammontassero a 2000-3000 uomini. (BARBARANI,

L’espansione, cit., p. 95).

69
Trondelag gli stessi antichi avversari di Olaf si recarono in Russia per
offrire il trono a Magnus, suo figlio. Ælfgifu e Svend abbandonarono la
Norvegia e successivamente la scomparsa di Canuto il Grande, avvenuta
nel 1035134, impedì ai Danesi ogni intervento in modo che nello stesso
anno Magnus poté insediarsi come sovrano incontrastato135.
Il nuovo monarca, alla morte di Hardicanute avvenuta nel 1042,
s’impossessò del trono di Danimarca; e fu attorno al 1045 che ricomparve
nel Nord Harald lo Spietato, proveniente da lontane terre dove s’era
guadagnato una reputazione temibile, gloria, potenza e ricchezza136.
Informato dei successi del nipote Magnus in Norvegia decise di
abbandonare l’oriente per ripresentarsi nel Nord, risoluto ad affermarsi
anche in Norvegia.
Inizialmente Magnus non accettò le rivendicazioni dello zio e Harald,
trovando un disponibilissimo alleato in Svend, compì qualche azione
dimostrativa contro l’isola Zealand. Magnus, accordandosi subito con
Harald, lo associò al governo della Norvegia. Nel 1047 il figlio di Olaf il
Santo morì all’improvviso, Harald divenne signore unico della Norvegia e
Svend venne finalmente proclamato re di Danimarca137. A partire da
questo anno Harald lanciò una serie interminabile di attacchi contro
Svend, nell’intento di scacciarlo dalla Danimarca. Per diciassette anni le
incursioni si susseguirono senza tregua ma Svend dimostrò un’incredibile

134 LOYN, The Vikings, cit., p. 57.


135 Ibidem, p. 54.
136 Era sfuggito alla morte nella battaglia del Trondelag; passò in Russia, poi nell’esercito

bizantino dove ben presto divenne capitano della Guardia Varega. (BARBARANI, L’espansione,
cit., p. 97).
137 LOYN, The Vikings, cit., p. 57.

70
capacità di sopravvivenza superando indenne persino l’incendio che
distrusse completamente Hedeby nel 1050138.
In patria Harald dimostrò di essere un sovrano rigido e intransigente,
dando la caccia ai vari capi regionali e imponendo ovunque la sua autorità
personale. La sua ferrea azione politica finì per assicurare l’ordine interno
al Paese, garantendo ai ceti rurali più minuti una tranquillità che da tempo
non si ricordava.
Torniamo adesso in Inghilterra: questo regno era rimasto fuori dagli
interessi di Harald, anche perché i suoi sforzi erano tutti tesi nella lotta
contro Svend. Dopo che il continuo martellamento nei confronti della
Danimarca non aveva sortito l’effetto desiderato, Harald iniziò a guardare
con più interesse all’Inghilterra e, accordandosi con Svend Estridsson - che
si era finalmente visto riconoscere il trono difeso con tanta ostinazione –
cominciò a progettare un attacco. Quando nel 1066 Edoardo il Confessore
morì senza lasciare figli139, la successione al trono vide in lizza tre
candidati: il re di Norvegia Harald lo Spietato, che derivava da Magnus un
diritto sull’Inghilterra, Harold figlio di Godwin, il più potente dei nobili
anglosassoni, e Guglielmo il Bastardo, duca di Normandia e cugino di
Edoardo140. Il primo ad afferrare la corona fu Harold ma subito dovette
affrontare la flotta del re norvegese. Gettate le ancore nel fiume Ouse,
Harald marciò fino a York dove impegnò gli abitanti ad assisterlo nella sua
impresa. Il figlio di Godwin però, marciando a tappe forzate sulla città,
piombò sui Vichinghi norvegesi e li sconfisse nella famosa battaglia di

138 Lo stesso Harald lo Spietato fece distruggere la città; l’evento è registrato nella saga che narra
le sue gesta. (ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 28).
139 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 244.

140 BARBARANI, L’espansione, cit., p. 100.

71
Stamford Bridge (12 chilometri a est di York) dove il 25 settembre 1066
Harald lo Spietato, alla testa delle sue truppe, chiudeva gloriosamente la
sua vita: l’Età Vichinga era finita141.
Il duca Guglielmo di Normandia sbarcò nell’Inghilterra meridionale il
28 settembre (fig. 11, scena tratta dall’arazzo di Bayeux) 142, anch’egli con
propositi di conquista. Harold marciò verso Sud a tempo di record; nella
battaglia di Hastings del 14 ottobre 1066 il suo esercito subì una sconfitta,
egli fu ucciso e il giorno di Natale del 1066 Guglielmo il Conquistatore, un
discendente dei Vichinghi, fu incoronato re d’Inghilterra143.

Fig. 11: Guglielmo sbarca in Inghilterra con le sue truppe.


L’iscrizione recita: “HIC EXEUNT CABALLI DE NAVIBUS. ET HIC MILITES FESTINA
VERUNT HESTINGHAM UT CIBUM RAPERENTUR” . Traduzione: Qui vennero fatti
scendere i cavalli a riva. E qui i soldati si affrettarono verso Hastings per requisire il cibo.
L’ultima parte dell’iscrizione non è visibile nell’immagine.

141 LOYN, The Vikings, cit., pp. 57-58, 67-68.


142
L’arazzo di Bayeux, impropriamente chiamato così, è in realtà un insieme di otto drappi di
lino cuciti assieme e ricamati con fili di lana colorata, lungo nel complesso 68,83 m e di altezza
variabile tra i 45,7 e i 53,6 cm. Originariamente era più lungo ma la parte conclusiva è
danneggiata e incompleta. Fu eseguito nel sud dell’Inghilterra prima del 1082; descrive i fatti
storici che portarono all’invasione Normanna in Inghilterra fino alla grandiosa scena finale della
battaglia di Hastings. (D. M. WILSON, L’arazzo di Bayeux, Milano 1985; per il riferimento
fotografico: http://www.hastings1066.com).
143 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., pp. 244-245.

72
3. Le città dell’Ovest dopo la conquista vichinga: aspetti
archeologici e commerciali

La storia delle città inglesi è strettamente legata alla dominazione e


decadenza Romana. In seguito al lento collassare dell’amministrazione
romana a partire dalla fine del IV secolo144 ed ai tentativi dei britannici di
preservare le antiche vie romane, molte città sembrano essere state
abbandonate145 e, dove gli Anglosassoni invasori continuarono ad usare i
vecchi siti, si nota una tendenza ad occuparli in scala ridotta. La decadenza
delle istituzioni romane è visibile anche all’interno del territorio inglese:
il sistema delle “ville” si sfascia e i vecchi possidenti, ridotti in povertà,
occupano parti di costruzioni romane o le adattano a usi diversi da quelli
originari. Gli Anglosassoni, arrivati come invasori e mercenari146 ben
presto mutano diventando possidenti terrieri e fondatori di villaggi, dei
quali sono rimaste tracce archeologiche rappresentate da cimiteri e corredi
funebri147. Tali insediamenti prendono vita nei primi anni dopo la fine
della dominazione Romana in Britannia.

144
R. A. HALL, York 700-1050, in The rebirth of towns in the West - A. D. 700-1050, edited by
R. HODGES and B. HOBLEY, London 1988, p. 125.
145 D. M. WILSON, Introduction, in The Archaeology of Anglo-Saxon England, London 1976, p.

5.
146 Inizialmente gli Anglosassoni erano mercenari al soldo della popolazione Romano-Britannica,

particolarmente nel periodo fra la seconda metà del IV secolo e la prima metà del V secolo. (J.
G. HURST, The pottery, in The Archaeology of Anglo-Saxon England, London 1976, p. 292).
147 WILSON, Introduction, cit., p. 6.

73
3.1 Fasi dell’urbanizzazione medievale inglese

Possiamo suddividere l’origine dell’urbanizzazione medievale inglese in


varie fasi, caratterizzanti ognuna un preciso periodo storico e
considerando alcuni esempi di città dell’East Anglia, regione orientale del
Danelaw sotto il dominio Danese fin dal IX secolo.

Nei secoli V e VI possiamo osservare, nelle regioni dell’Inghilterra, una


gerarchia limitata di insediamenti, con una produzione di beni
strettamente domestici e una ristretta circolazione di oggetti impiegati nel
rito mortuario; l’immagine che si presenta è quella di un mondo senza
grandi consumi o mercati popolari. L’occupazione accidentale di alcune
grandi città deserte Romano-Britanniche da parte degli Anglosassoni non
possono essere prese a esempio come segno di vita cittadina attiva148.
Nel tardo VI e inizio VII secolo la gerarchia cambia. Empori di “Tipo
A”149, luoghi dove periodicamente si riscontrano attività commerciali
(come a Ipswich, città dell’East Anglia situata sulla costa, a sud-est) e la
presenza di palazzi, chiese e luoghi di inumazione stratificati sottolineano
l’emergenza di un nuovo sistema politico. Questi nuovi luoghi nascono in
concomitanza con una modifica nella produzione e nella circolazione
regionale di beni di lusso (la maggior parte distrutti ritualmente in contesti
funerari). Ipswich, presa a esempio come tipico emporio di “Tipo A” fu
fondata all’inizio del VII secolo; indubbiamente è un insediamento di

148 R. HODGES, The rebirth of towns in the early Middle Ages , in The rebirth of towns in the
West - A. D. 700-1050, edited by R. HODGES and B. HOBLEY, London 1988, p. 3.
149 Luoghi di mercato temporanei, secondo la classificazione di Hodges. (R. HODGES, Dark Age

economics, London 1982).

74
origine Anglosassone150. Vi sono stati riscontrati vari tipi di lavorazione,
in particolare quelle della pelle, della produzione di oggetti in osso e di
ceramica, definita “Ipswich-type”151.
Nel tardo VII secolo il sistema insediativo cambia di nuovo. L’emporio
di “Tipo A” si trasforma in una comunità urbana: Hodges lo descrive come
un emporio di “Tipo B”152. Questo insediamento presenta generalmente
una planimetria stradale a griglia, che include una larga strada centrale
costruita all’interno di un territorio recintato e scavato. I lati lunghi delle
costruzioni giacciono sulla strada, contenenti i residui delle lavorazioni
artigiane.
Nel tardo VIII secolo e primo IX secolo possiamo rilevare un’ulteriore
alterazione nella struttura insediativa: i villaggi risultano più organizzati e
la produzione di beni di consumo aumenta. I ritrovamenti archeologici
sottolineano l’aumento della produzione ceramica, la follatura dei panni e
la produzione di ferro. Ipswich, verso la metà dell’VIII secolo è teatro del
primo “picco” commerciale, interpretato dallo scavo delle monete nella
città153; successivamente vi fu un declino economico, sotto la dominazione
Merciana.
Nel tardo IX e primo X secolo avviene ciò che Hodges definisce come
“Prima Rivoluzione Industriale Inglese”154. Le monete scavate a Ipswich

150 K. WADE, Ipswich, in The rebirth of towns in the West - A. D. 700-1050, edited by R.
HODGES and B. HOBLEY, London 1988, p. 93.
151 Ceramica prodotta con la tecnica del tornio lento, databile al periodo Medio-Sassone (650-

850). (HURST, The pottery, cit., p. 299).


152 HODGES, The rebirth of towns in the early Middle Ages , cit., p. 3.

153 S. DUNMORE, V. GRAY, T. LOADER, K. WADE, The origin and development of Ipswich:

an interim report, “E. Anglian Archaeol.”, n. 1, 1975, pp. 57-67.


154 HODGES, The rebirth of towns in the early Middle Ages , cit., p. 4.

75
indicano un secondo picco commerciale, datato all’inizio del X secolo,
associato all’occupazione Danese dell’area. Già dal tardo IX secolo la città
era prosperosa, con una popolazione di circa 2000 persone. Le prime difese
furono costruite all’inizio del X secolo, probabilmente dai Danesi stanziati
in questa zona prima del 917155. Alte due importanti città dell’East Anglia
emergono in questo periodo: Thetford e Norwich 156. In particolare
Norwich ha dimostrato, in seguito a recenti scavi157, di essere più grande
di quanto non sia stato supposto fino ad adesso; la sua grandezza, nei secoli
che vanno dal IX all’XI, si è rivelata essere la stessa del successivo periodo
Normanno158.

Le città, dunque, si svilupparono inizialmente in maniera molto lenta


come centri amministrativi, come mercati temporanei o come luoghi di
difesa e rifugio per tempi difficili. Successivamente, lo stabilirsi di
un’economia di mercato ha prodotto un incremento nella popolazione e,
conseguentemente, un allargamento delle città (come ad esempio è il caso
di Norwich). È interessante notare come i più floridi e prosperosi periodi
siano da associare alla presenza scandinava, particolarmente per Ipswich.
Indubbiamente questo processo è stato portato avanti dall’influsso delle

155 WADE, Ipswich, cit., p. 97.


156 A. ROGERSON, Vikings and the new East Anglian towns, “British Archaeology” n. 35, June
1998.
157
Scavi diretti da Andy Hutcheson, della “Norfolk Archaeological Unit”. (New evidence for
Viking love of towns, “British Archaeology” n. 45, June 1999:
http://www.britarch.ac.uk/ba/ba45/ba45news.html#love).
158 Norwich, fino a questi scavi, era considerata la quinta città in grandezza di tutta l’Inghilterra

del X secolo dopo Londra, Winchester, York (che tratteremo nel paragrafo successivo) e Lincoln.
(New evidence for Viking love of towns, “British Archaeology” n. 45, June 1999 http:
//www.britarch.ac.uk/ba/ba45/ba45news.html#love).

76
nuove popolazioni scandinave arrivate dall’Est. Il X secolo e l’inizio del
nuovo millennio inaugurano, quindi, l’inizio di un commercio
competitivo internazionale159. Da questo possiamo dedurre che a
differenza della città antica, che basava la propria ricchezza
sull’imposizione di tasse e sulle rendite fondiarie, nonché sul suo assetto
politico, la città medievale è “figlia” del proprio attivismo mercantile ed
economico.

3.2 York: la “capitale” della Northumbria

York (fig. 12) di fondazione Romana, sorge nella zona meridionale della
valle omonima, tagliata dal fiume Ouse che riceve un tributario, il Foss,
all’interno della città. Lungo l’Ouse si svilupparono insediamenti civili nel
tardo II secolo, e al sito fu concesso lo status di colonia fin dall’inizo del
III secolo. Tutti gli elementi della città Romana continuarono ad essere
usati od occupati fino alla fine del IV secolo. Non vi sono documenti
archeologici per quanto riguarda la città dopo il ritiro militare dei Romani,
e il V e VI secolo sono, per definizione, gli “anni oscuri” di York.
Probabilmente la città è rimasta un insediamento Britannico fino al tardo
VI secolo; è stato inoltre suggerito che nel V e VI secolo parte dell’abitato
sia stato allagato dall’acqua marina proveniente dall’estuario
dell’Humber160.

159 HODGES, Dark Age economics, cit.


160 HALL, York 700-1050, cit., p. 125.

77
Fig. 12: York.
I numeri corrispondono ai siti citati nel testo, oppure dove sono stati fatti ritrovamenti
interessanti.

LEGENDA

1. Anglian Tower 16. Walmgate Bar


2. Blake Street 17. Fishergate
3. Bedern 18. Aldwark
4. Davygate 19, 20, 21 elementi difensivi pre-normanni
5. Rougier Street 22. Alwark
6. Holy Trinity Priory 23. Minster
7. St. Mary Bishophill jr. 24. sito di St. Mary Bishophill Senior
8. St. Gregory 25. Bishophill Senior
9. St. Martin 26. Tanner Row
10. Clementhorpe 27. Coppergate
11. Coppergate 28. Aldwark
12. Hungate 29. St. Denys
13. Skeldergate 30. Leadhill Lane
14. Cattle Market
15. Walmgate

78
Lungo il fiume Ouse, all’interno del territorio della colonia c’è una
virtuale assenza di reperti per i secoli V-VII ma una grande
concentrazione di materiale di VIII-IX secolo, tutto di natura domestica161.
I Vichinghi, già presente in Inghilterra in maniera massiccia dall’850-
851162 iniziarono le loro spedizioni nell’entroterra, seguendo il classico
schema di azione: rapide incursioni nelle isole e nelle varie regioni
costiere163. Dall’ 865 le cose si modificarono leggermente: il “Grande
Esercito Pagano” (così chiamato dalle fonti dell’epoca, in particolare dalla
Cronaca Anglosassone) giunse in Inghilterra, stabilì i propri quartieri in
East Anglia, si procurò cavalli e fece pace con la popolazione. L’anno
seguente si trasferì in Northumbria, ne conquistò la capitale, York, il 1°
novembre, fece pace con gli abitanti e pose sul trono un re fantoccio,
svernando sul luogo164. I Vichinghi chiamarono la città Yorvik invece di
usare l’anglosassone Eoforwic165. Sotto il loro governo l’insediamento
commerciale venne ristabilito sul promontorio dove confluivano l’Ouse e
il Foss (fig. 13) che era protetto in parte dai fiumi, in parte dai vecchi
bastioni e dalle mura romane. Osserviamo in dettaglio la struttura della
città danese.

161G. ANDREWS, Archaeology in York: an assessment, in Archaeological papers from York


presented to M. W. Barley, edited by P. V. ADDYMAN, V. E. BLACK, London 1984, pp 173-
208.
162
Questa è la prima menzione dei Vichinghi che svernano in Inghilterra; si accamparono
sull’isola di Thanet, sulla costa orientale del Kent. (ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 222; R. A.
HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta Archaeologica
vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 147).
163 Vedi p. 54.

164 Vedi pp. 54-56.

165 HALL, York 700-1050, cit., p. 125; LANG J. T., A Viking-age Spear-Socket from York,

“Medieval Archeology” n. 25, 1981, p. 160.

79
Fig. 13: York Anglo-Danese.
Zona di maggior influenza danese nei pressi dell’Ousegate.

La città danese

Due aspetti della città danese meritano attenzione:


- la sua difesa;
- il suo sviluppo urbano.
Le mura romane, anche se presentano brecce in varie parti, hanno resistito
e sono risultate alte più di tre metri. Scavi di S. N. Miller nel ’25 rivelarono
la presenza di tre fasi di “lavori in terra” difensivi166 (fig. 14). Lui non
identificò i costruttori di questi bastioni e fino al 1969 non vi fu un indizio

166 S. N. MILLER, “Journal Roman Studies“ n. 15, 1925, pp. 176-178.

80
che facesse pensare che il primo bastione, che copriva appena il muro
romano, fosse la difesa Danese (databile a poco prima del 900 d. C.)167.

Fig. 14: Fortezza romana a York.


Sezione attraverso la rampa vicino alla torre nell’angolo E.

Questa struttura, con una palizzata sulla cima, è conosciuta grazie a scavi
eseguiti nei lati N-O e N-E della fortezza romana, ma non negli altri due
lati. E’ probabile che il lato Danese si estendesse dal fiume Foss al fiume
Ouse, comprendente la fortezza romana e l’area fra essa e il fiume 168 (vedi
fig. 13). Miss Richardson mostrò che un terrapieno correva accanto al Foss;
qui doveva esservi l’ancoraggio per le navi Danesi169.
Il bastione difensivo e i due fronti del fiume aperti, simile alla
sistemazione a Hedeby e Birka, ha senso quando ricordiamo che
l’insediamento romano sul lato S-O dell’Ouse era probabilmente difeso, e

167 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
38.
168 WILSON, Economic aspects, cit., p. 16.

169 K. M. RICHARDSON, Excavations in Hungate, York, “Archaeological Journal” n. 116, 1959,

pp. 51-114.

81
certamente difeso anche nel periodo Danese, con la creazione di
insediamenti gemelli uniti da un ponte.
La connessione di York con il mondo commerciale dei Vichinghi fu via
acqua e il centro della città economica fu attirato verso l’area fuori della
fortezza romana, a S-E. Dopo la decadenza Romana il ponte sul fiume
Ouse cadde in disuso; probabilmente fu ricostruito nel periodo danese più
o meno nello stesso posto dell’attuale ponte Ouse. La strada principale da
O correva dritta verso la fortezza romana, ma nel periodo medievale fu
deviata verso il nuovo ponte. Quindi: la strada devia a Micklegate a S-E170.
Il ponte porta la strada principale nell’area di interesse economico
centrale per i Danesi, che passa nell’Ousegate e dopo nel Pavement.
Questo asse Micklegate-Ousegate-Pavement fu la più importante strada
commerciale nel periodo Danese171.

Gli strati di occupazione danese

Per il periodo 400-850 d. C. (periodo Anglo) non sono stati trovati siti
domestici utili (un pavimento, una struttura). A Davygate Wenham non
ha trovato che una sistemazione di pietre Romane riutilizzate (che
dovevano far parte di una costruzione)172 e un singolo frammento di
ceramica Romana173.

170 HALL, York 700-1050, cit., p. 127.


171 Ibidem, p. 130.
172 L. P. WENHAM, Excavations and discoveries within the legionary fortress in Davygate, York,

1955-8, “Archaeological Journal” n. 60, 1962, pp. 531-533, 540-541, 547.


173 H. G. RAMM, Roman York: excavations in 1955 , “Journal Roman Studies” n. 46, 1956, pp.

76-90.

82
Con l’avvento dei Danesi qualcosa cambia. Dove sono stati trovati
artefatti databili, essi sono stati associati all’elaborato uso del legno per
costruire piattaforme e recinti per rinforzare le fosse di scarico delle
concerie. Il terreno basso facilita la sopravvivenza del legno e di altri
materiali deperibili nel terreno saturo di acqua, particolarmente nell’area
Ousegate-Pavement.
I tipi di alberi impiegati possono essere riconosciuti dalla loro corteccia;
l’assenza di resti negli strati Angli è da considerarsi del tutto eccezionale174.
“Zattere” e pali di fondazione erano fatti di quercia o di betulla: risultano
meno utilizzati l’ontano, il faggio, i noccioli.
La città di York è sorta sui suoi depositi di rifiuti, una caratteristica che
ha aiutato a tenere gran parte della città sopra il livello d’inondazione nei
tempi tardo-medievali (cfr. p. 77) e moderni. Nell’area Ousegate-
Pavement gli strati danesi sono generalmente 10-15 piedi (3-4,5 m) al di
sotto dell’attuale livello della strada, ma possono giacere anche a 18 piedi
(5,48 m) 175.

Resti di costruzioni

Il materiale utilizzato più comunemente per la costruzione di edifici nel


periodo Anglosassone e Anglo-Danese fu il legno. Ci sono due metodi per
preparare le fondamenta di una costruzione e due metodi per fare i piani:
un’armatura di legno per una casa può essere costruita con piloni in

174R. M. BUTLER, Soldier and Civilian in Roman Yorkshire, Leicester 1971, pp. 179-199.
J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
175

40.

83
quercia o su una trincea riempita di pietre; il pavimento può essere un
piano in legno o un livello sabbioso rifinito con malta176.
Nella Lloyds Bank lo scavo è stato effettuato nel basamento adiacente al
lato S di Pavement (fig. 15).

Fig. 15: York Anglo-Danese.


Mappa dell’area Ousegate e Pavement con i relativi siti scavati che hanno restituito reperti del
X e XI secolo.

D. M. WILSON, Crafts and industry, in The Archaeology of Anglo-Saxon England, London


176

1976, pp. 253-259.

84
Qui l’occupazione danese è 10-12 piedi (3-3,6 m) sotto il livello della
strada. Il piano principale è una piattaforma di tronchi di betulla spessi dai
3 agli 8 pollici (7,6-20 cm), che giacciono orizzontali e paralleli a
Pavement177.
Sono stati esaminati oltre 240 metri quadrati di pavimento ma non sono
stati trovati indizi che facessero pensare alla presenza di una linea di
costruzione sulla strada. Gli scavi suggeriscono che i quartieri industriali,
quando erano stabiliti su terreno umido, usassero la semplice tecnica della
“zattera”: essa è stabilizzata da legno di quercia o da pali di betulla e la
struttura verticale sovrastante trova posto nel pavimento ligneo.
L’unica costruzione completa danese scoperta a York nel 1902 deve
essere menzionata178. Questo edificio (fig. 16) stava con il suo frontone
sull’High Ousegate e aveva un’armatura in legno, supportato da pali di
fondazione. La sezione mostra che la trave portante era intatta per la
maggior parte della pianta. La conceria era lunga 90 piedi (27 m) e larga
17 piedi (5,18 m), ma sembra esserci una navata o una galleria larga 3 piedi
e mezzo (1 m) su entrambi i lati; la costruzione completa assomiglia a un
granaio con navate. Varie travi dividono la costruzione in stanze e ogni
trave appare ribattuta per lasciare il posto a un montante, che sopravvive
in alcuni luoghi e si presenta a un’altezza di circa 3 piedi (90 cm). Queste
mura sembrano passare oltre le fosse per la conceria, il che potrebbe
significare che erano parte di un sistema di rastrelliere per asciugare e
appendere le pelli nella conceria. La relazione simmetrica fra le buche per

177 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971,
pp. 40, 42.
178 G. BENSON, Excavations at 25-7 High Ousegate, “Ann. Report, Yorkshire Philos. Soc.” 1903,

p. 64.

85
la concia e le travi portanti non lascia alcun dubbio che facessero parte di
una stessa entità179. Parte di una costruzione simile è stata scoperta sul lato
E delle buche per la concia.

Fig. 16: High Ousegate e Coppergate.


Pianta della conceria con le rispettive buche per la concia (A, B, C) e relative strutture del
periodo Danese scavata nel 1902.

L’ambiente

Come ho già sottolineato, il sottosuolo saturo d’acqua nella parte bassa


di York è ideale per la preservazione di resti organici. Ogni sito danese
nella città ha restituito rami di betulla e quercia, e le analisi polliniche
danno un’idea delle piante presenti nelle vicinanze180: erano abbondanti

179 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
43.
180 K. M. RICHARDSON, Excavations in Hungate, York, “Archaeological Journal” n. 116, 1959,

Appendix 3 pp. 109-113.

86
noccioli, prugni selvatici, susine, e sono stati fatti tentativi di
identificazione su lino, luppolo, cavolo, spinaci e ravizzone;
probabilmente vi erano coltivazioni di cereali vicino alla città. C’erano
pochi alberi, forse vicino al fiume, ed erica riscontrata al di sotto dei
depositi danesi a Nessgate181. Gli spazi aperti tra le case e dietro di esse
presentano il tipico insieme di erbacce: erba calderina, cardo e graminacee
con molte delle piante che oggi preferiscono luoghi con rifiuti o ambienti
umidi. Non c’è nessuna prova di coltivazioni di giardini o di erbe
medicinali.
Il sito di High Ousegate ha restituito strati alluvionali di limo; è stato
notato sotto la Lloyds Bank e sembra probabile che i secoli IX, X e XI
videro ripetute alluvioni nella zona di York182. Il clima inoltre doveva
essere più fresco rispetto al presente, con inverni più rigidi. L’abbondanza
di pattini di osso usati potrebbe testimoniarlo183.

Attività di sussistenza

La York danese era una fiorente città con una colonia di mercanti della
Frisia e un’abbondanza di tutti i generi di beni di consumo 184.
Sfortunatamente non è sopravvissuta nessuna registrazione scritta della
natura di questo commercio, oltre a ciò che può essere recuperato
dall’archeologia.

181 J. RAINE, “Yorkshire Philos. Soc. Museum: Handbook to the Antiquites”, 1891, p. 216.
182 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971,
pp. 46-48.
183 Ibidem, pp. 55-56.

184 D. WITHELOCK, English Historical Documents, I, 1955, p. 725; J. RAINE, The Historians of

the Church of York and its Archibishops, II (Roll Series, 71, 1879), p. 495.

87
Le analisi polliniche indicano che vi erano varie specie di cereali, e le
ossa animali sono così frequenti che si pensa formassero la maggior parte
dell’economia delle fattorie. Più di 127 kg di ossa sono state ritrovate in
un periodo di 5 mesi di scavi. Un’analisi di queste ossa dà un’idea del tipo
di cibo che si trovava a York: su 10 kg di ossa il 65% erano soprattutto
gambe e costole di bestiame, il 24% erano di cervo (Cervus elephas) e il
resto includeva pecore e capre185, piccoli maiali e galline. Altri siti hanno
restituito resti di cavalli, cani, oche e anatre, e uno strato di concime di
maiale è stato trovato a Coppergate, Clifford Street186.
Corna, teschi e ossa di gambe di buoi appartengono a una piccola razza
simile a una razza preistorica dalle corna corte. Un solido corno ha una
stretta somiglianza con quello di montone, e altre ossa sono simili a quelle
delle capre selvatiche britanniche.
Di particolare interesse è l’alta percentuale di ossa di cervo. Questi
animali erano indubbiamente grandi come i capi odierni ed erano molto
ricercati per i loro palchi di corna; molti dei palchi ritrovati dimostrano
essere stati tagliati via dal cranio grazie a una sega187.
Una curiosa caratteristica delle ossa di capra è la presenza, sotto la
Lloyds Bank, di un paio di lunghe e curve corna attaccate a una porzione
segata di cranio. Appartengono probabilmente ad un esemplare di Capra
corneri, una razza di capra che ora è estinta in Gran Bretagna, e potrbbe
essersi estinta proprio nel periodo danese.

185 Confronta i risultati degli scavi di I. M. Stead sotto Hart’s Store. (“Yorks Archaeological
Journal“, n. 39, 1958, pp. 515-537).
186 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.

49.
187 WILSON, Crafts and industry, cit., pp. 259-260.

88
Sono stati fatti altri ritrovamenti di corna (Barclays Bank, Goodramgate,
Hungate, Coppergate). E’ improbabile che le capre fossero native della
Britannia; forse sono state importate dal continente per le loro corna e la
loro carne.
Altri resti di carne sono stati trovati nel sito dell’Ousegate e includono
ostriche e cozze forse provenienti dall’estuario Humber; inoltre sono stati
rinvenuti resti di nocciole e susine188.

Attività commerciali

Produzione di metalli
Il ferro fu un importante elemento nella cultura materiale del periodo
Anglosassone e Danese, probabilmente l’elemento più importante dopo il
legno. Armi, attrezzi e oggetti domenstici sono stati ritrovati spesso nei
contesti scandinavi.
Stead ha trovato prove di lavorazione di metallo fuori l’angolo S della
torre della fortezza Romana nel livello che potrebbe essere del periodo
Danese189.
Analisi delle scorie dal sito rivelano che il ferro era probabilmente
battuto e mai interamente fuso. Associata alla costruzione danese sotto
Barclays Bank è stata trovata un pezzo di fodera di fornace vetrificata, che
suggerisce che nel periodo danese gli abitanti di Ousegate erano capaci di
produrre del buon ferro. Scorie ferrose sono state registrate nel Pavement

188 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
50.
189 Confronta il contributo di I. M. Stead in “Yorks. Archaeol. J.” n. 39, 1958, p. 537.

89
e nel Goodramgate. Gli artigiani del ferro erano probabilmente artefici di
alcuni dei coltelli, asce, fibbie, cesoie, ganci e chiodi trovati a York190.
Il bronzo era usato comunemente per monete, spille e fibbie. Durante
gli scavi nell’estate del 1964 fu rinvenuto un oggetto in bronzo nel sito
vicino alla chiesa di St. Mary Bishopshill Senior (vedi fig. 12), in un livello
di distruzione Romano-Britannico datato IV secolo; lo strato era molto
disturbato. L’oggetto (fig. 17) è risultato essere l’estremità finale decorata
che veniva applicata alle cinture191. La parte terminale è rotondeggiante,
la superficie leggermente corrosa e presenta una decorazione che ricorda
lo stile scandinavo Borre (datato fra l’870 e il 970)192. Sul retro si riscontra
un motivo decorativo simmetrico definito “anelli e punti”. Sia la parte
superiore che quella inferiore sono circondate da un bordo inciso. È quasi
certo che tale oggetto sia stato prodotto in Inghilterra, sotto l’influenza del
gusto Scandinavo, all’inizio del X secolo193. Un’interessante scoperta
registra i resti di due fornaci danesi fuori Coppergate194, che hanno
restituito due sottili pezzi di rame misuranti 15 cm x 2,5 cm; questo
potrebbe aver dato il nome alla strada.

190 WILSON, Crafts and industry, cit., pp. 261-263.


191 D. M. WILSON, Anglo-Saxon Ornamental Metalwork, 700-110, in the British Museum,
London 1964, tav. XXX.
192 D. M. WILSON, O. KLINDT- JENSEN, Viking Art, London 1965, tav. XXVII, h.

193 D. M. WILSON, Two 10th-century bronze objects, “Medieval Archaeology” n. 9, 1965, pp.

154-156.
194 WILSON, Crafts and industry, cit., p. 267.

90
Fig. 17: Decorazione in bronzo applicata alle estremità delle cinture.
St. Mary Bishophill Senior, York.

Clifford Street e Coppergate hanno reso numerose spille di bronzo, e


uno stampo di pieta per bronzo o anelli di peltro è stato ritrovato a
Hungate195. Ci sono tarde registrazioni di orafi, argentieri e armaioli a York
ma, sebbene siano stati trovati oggetti d’oro e d’argento, per ora non ci
sono prove della lavorazione di questi metalli nella York danese.

Produzione di vetro
Gli unici oggetti in vetro prodotti nella York danese (e a quanto risulta
fino ad adesso, l’unico luogo dove venivano prodotte) sono le “perline”, o
grani per collana. Un’officina di perline del periodo danese è stata
rinvenuta vicino al sito di Clifford Street196; Waterman registra, durante i
suoi scavi a Pavement, la presenza di molte perline (anche se distorte)197.
Più tardi Radley accetterà questi ritrovamenti come prova dell’esistenza

195 K. M. RICHARDSON, Excavations in Hungate, York, “Archaeol. J.” n. 116, 1959, pp. 100-
101, fig. 28 n. 10.
196 WILSON, Crafts and industry, cit., p. 270.

197 D. M. WATERMAN, Late Saxon, Viking and early medieval finds from York, “Archaeologia”

n. 97, 1959, p. 104.

91
di una produzione di grani per collana in vetro in questo sito a York198. Le
perline di Clifford Street sono state descritte sempre da Waterman; a parte
due perline a forma di “melone” e una segmentata le altre sono tutte ad
anello, in varie grandezze199.
Quelle di vetro traslucido sono per la maggior parte verdi (alcune sono
più chiare) e blu scuro. Le perline fatte di vetro opaco variano in una
gamma di colori dal bianco al grigio, marrone, blu, giallo e nero. Una di
vetro blu ha decorazioni color oliva e una perlina a “melone” color
camoscio presenta strisce blu pallido.
Sono sopravvissuti quaranta scarti, oltre trenta perline rotte, vari esempi
deformi e tre non forati. Molte delle perline sembra abbiano preso la forma
rotondeggiante in seguito all’avvolgimento della pasta di vetro attorno a
un pezzo di filo sottile. Le 230 perle da Pavement sono fatte di vetro
traslucido verde o giallo e vetro opaco scuro, che appare nero 200. Ci sono
inoltre 5 frammenti di piccoli anelli di vetro giallo che hanno un diametro
di 25 mm. Molte delle perle sono lunghe 7-8 mm, ma la larghezza varia da
4-5 mm a 16 mm. Non vi è nessuna evidenza di crogiuoli sopravvissuti;
sono inoltre stati esaminati esempi di scorie, ma potrebbero benissimo non
avere nulla a che fare con i processi di produzione del vetro. Le perle blu
e gialle, forse, devono il loro colore alla presenza di ferro;
alternativamente potrebbe essere stato usato il rame201.

198
D. M. WATERMAN, Late Saxon, Viking and early medieval finds from York, “Archaeologia”
n. 97, 1959, p 96.
199 D. M. WATERMAN, Late Saxon, Viking and early medieval finds from York , “Archaeologia”

n. 97, 1959, pp. 59-105.


200 D. M. WATERMAN, Late Saxon, Viking and early medieval finds from York, “Archaeologia”

n. 97, 1959, p. 104.


201 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.

49.

92
La presente distribuzione di prove per la lavorazione del vetro e del
metallo mostrano una concentrazione di attività attorno a Ousegate e
lungo i banchi del fiume Ouse, sotto l’attuale Clifford Street. E’ probabile
che alcune di queste attività industriali prendano posto vicino alle
strutture in legno lungo l’Ousegate.

Altri beni di lusso


Entrambi i siti di Clifford Street e Pavement hanno restituito numerosi
frammenti di ambra, e alcuni pezzi di questo materiale sono stati trovati a
Coppergate. Sono stati rinvenuti tutti i livelli nella manifattura di perle in
ambra, pendenti e anelli: dal grumo non lavorato di materia prima, al
pezzo approssimativo, fino a quello lavorato a metà, ed esemplari rotti. La
principale prova proviene da Clifford Street202, dove vari pezzi mostrano
che alcune perline erano lavorate ad una specie di tornio.
Un frammento di anello in ambra nera lavorato al tornio fu trovato nel
sito di Pavement. Un pendente spiraliforme a serpente, un fuso e un pezzo
degli scacchi dimostrano un limitato uso di questo materiale203.

L’ “industria” della pelle


La produzione della pelle a York è l’attività documentata in maniera più
esauriente ed ampia, con fosse per la concia a Ousegate, Coppergate e

202 D. B. HARDEN, Anglo-Saxon and later medieval glass in Britain: some recent developments,
“Medieval Archaeology” n. 22, 1978, p. 10.
203 D. M. WATERMAN, Late Saxon, Viking and early medieval finds from York, “Archaeologia”

n. 97, 1959, p. 94 fig. 21.

93
numerosi resti di scarpe204 (fig. 18), lacci, cinture, indumenti, borse, guaine
(o fodere) e guanti.

Fig. 18: Scarpe provenienti dai livelli Anglo-Danesi a York.

Nella concia medievale veniva usato olio, allume o corteccia di quercia.


La pelle proveniente dall’officina sotto Lloyds Bank è stata identificata
come il prodotto di una concia con corteccia di quercia. La pelle viene
ammorbidita e trattata con calce spenta, per evitare l’imputridimento e
facilitare la perdita dei peli e dell’epidermide superiore.
I peli erano raschiati via sopra un tronco, e le pelli immerse per circa 15
mesi nelle buche per la concia. E’ improbabile che i Danesi usassero la
tecnica dell’allume a York, ma la presenza di ambra nera suggerisce
contatti commerciali con l’area di Withby, la maggiore zona di estrazione
dell’allume. Analisi di pelli da Lloyds Bank mostrano che esse erano quasi
esclusivamente bovine, i pezzi sottili (1,7-2,0 mm) provenienti da vitelli,

204 Le calzature subirono numerose variazioni, a seconda della moda, durante il periodo dei
Vichinghi. Non vi erano diversificazioni tra scarpe invernali ed estive, da uomo, da donna o da
bambino. In inverno si usavano anche calze o, nei casi più poveri, si riempivano le scarpe di
paglia. Le suole ricordavano quelle di oggi, ma posteriormente finivano a punta, risalendo lungo
il calcagno. Le calzature erano allacciate come oggi sul davanti, ma le stringhe venivano avvolte
intorno alla caviglia. Se la scarpa era alta, si avvolgevano più volte le stringhe intorno alla
calzatura. (ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 128).

94
e quelli più grandi da animali adulti. Molte pelli erano divise nel centro,
ma non nella congiunzione delle spalle. Questo porta ad una concia
incompleta, che lascia una striatura non trattata nel centro, con
conseguente decomposizione precoce rispetto alla parte lavorata. Pelli con
questo difetto sono state ritrovate nei siti di Market Street e Feasegate;
questa è una caratteristica delle concie prodotte da società moderne
primitive205.
Vi erano numerosi pezzi di pietra calcarea nel sito della Barclays Bank e
Lloyds Bank; essi potrebbero rappresentare pezzi residui usati nelle vicine
fosse per la concia. Il quartiere dei conciatori, che sembra essere stato
spostato in una data antica nella Tanner Row206 al di là dell’Ouse, era
situato vicino al fiume per facilitare l’immersione delle pelli appendendole
su pali posti nel fiume, presumibilmente posizionati più in basso rispetto
ai luoghi dove veniva attinta l’acqua per gli usi domestici. Quando Benson
scavò le buche per la concia nel 1902207 sotto l’ High Ousegate (fig. 16)
notò che il fondo delle tre buche era ricoperto di calce, sabbia e argilla. La
presenza della calce era una conseguenza della lavorazione (le pelli
venivano spente nella calce viva), mentre l’argilla e la sabbia
probabilmente derivavano dall’afflusso di acqua o dalla sporcizia delle
pelli. Le buche erano grandi abbastanza per poter contenere, accatastate
senza essere piegate, pelli bovine, e basse abbastanza per facilitarne il
riempimento. Le buche traboccavano lentamente da N-O a S-E. Parte di
una canaletta di scarico in legno venne notata da Benson in direzione del

205 Confronta il contributo di I. M. Stead in “Yorks. Archaeological Journal” n. 39, 1958, p. 530;
inoltre L. P. Wenham in “Yorks. Archaeol. J.” n. 39, 1958, pp. 155-156, 422-423.
206 WILSON, Crafts and industry, cit., p. 275.

207 Ibidem, p. 274.

95
sito da N-O, ma la sua relazione con le buche non è chiara. Una quantità
superiore d’acqua era richiesta e similmente uno scarico poteva essere
necessario. Parte di una fossa passante sotto una piattaforma di supporto
attraverso Coppergate poteva appartenere in effetti a uno scarico.
In mezzo ai frammenti di pelle recuperati nel 1968 e 1969 vi erano
molte strisce con segni di coltello, e altre con incisioni che si ritrovano
nelle suole delle scarpe. Diversi pezzi presentavano lunghi tagli, che
dovrebbero essere la conseguenza di un fissaggio a una cornice. Dozzine
di palchi di corna di cervo sono state ritrovate nel sito di Ousegate, e uno
di essi usato per inchiodare le pelli.
Non vi sono fonti letterarie per questo periodo, ma i più antichi registri
(1272-78)208 mostrano che il commercio della pelle continuò ad essere
importante per la città. Erano rappresentati i seguenti mestieri:
conciapelle (tannatour, tannour), conciatore (pelliparius), conciatore di
cuoio (alutarius), guantaio (cirotecarius), cinturaio (zonarius), artigiano di
finimenti (lorimer), produttore di pergamene (parcheminer), calzolai
(sutor).

Corna di cervo e utensili in osso


Macine e ramificazioni di corna di cervo sono state trovate
frequentemente a York, e tutte con segni di sega dove sono state staccate
dal corpo del palco. I palchi di cervo nel loro stato naturale sono trovati
raramente, forse per il loro elevato valore economico. Corna e ossa erano

J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.


208

51.

96
usate per pettini, manici di coltello, pedine per giochi, spille, aghi e
spilloni per capelli; gli attrezzi impiegati per intagliare questi materiali
non sono stati ancora identificati, ma sembra probabile che venissero
impiegate seghe, punte in ferro, coltelli209 e varie sostanze per lucidare210.

Fig. 19: Coltello con decorazione Anglo-Scandinava da Canterbury, Kent.

Molti resti di corna sono stati ritrovati a Clifford Street nel 1883, più che
in ogni altro luogo a York. Sono stati rinvenuti 22 pettini in corno, un
portapettine in corno e diverse strisce segate per produrre pettini. Un
pezzo di osso piatto, che mostra un fregio di animali, è stato

209 A questo proposito è interessante citare il ritrovamento, durante gli scavi del 1976 a
Canterbury, Kent, di un coltello con un manico in osso finemente decorato con motivo Anglo-
Scandinavo del X secolo, la catena ornamentale caratteristica dello stile Borre (fig. 19). La
lunghezza dell’oggetto è di 10,3 cm; la forma di questo coltello, con una lama corta e larga che
si infila profondamente nel manico di osso, è inusuale e non vi sono ritrovamenti simili fra i
coltelli di età Vichinga in tutta la Britannia e la Scandinavia. Chiaramente non può essere un
coltello destinato ad usi comuni; probabilmente era uno strumento specializzato per produrre
tagli precisi con un controllo millimetrico della pressione esercitata. Forse serviva per incidere
pelle, legno od osso. (J. GRAHAM-CAMPBELL, An Anglo-Scandinavian ornamented Knife
from Canterbury, Kent, “Medieval Archaeology” n. 22, 1978, pp. 130-132; D. M. WILSON, The
Borre style in the British isles, in Minjar og Menntir, edited by B. VILHJÁLMSSON, Reykjavík
1976, pp. 502-509).
210 WILSON, Crafts and industry, cit., p. 260.

97
presumibilmente prodotto nella città. Un frammento di avorio verde
istoriato, chiaramente uno scarto, è stato recuperato dal livello danese
attorno alla torre Angla scavata nel retro della Central Library nel 1969, e
una fibbia verde in osso è esposta nello Yorkshire Museum. Questi pezzi
suggeriscono un gusto particolare per la produzione di oggetti in osso,
decorati ad imitazione del bronzo.

Produzione di abiti
Pesi da telaio in argilla, probabilmente del periodo Danese, sono stati
ritrovati a York, anche se raramente. Ve ne sono quattro da Castle Yard,
uno da Clifford Street, e forse un altro da Hungate. I fusi sono più
abbondanti: tre da King’s Square, vari da Goodarmgate, uno da Castle
Yard, uno da Hungate e diciannove da Clifford Steet: sono fatti in pietra
calcarea, ciottoli, gesso, piombo e carbone. E’ interessante notare che sono
assenti dagli scavi di Ousegate, ma ricorrono entrambi sui lati del fiume a
Hungate e Clifford Steet, e vicino al Ministero a King’s Square e
Goodramgate. L’unico pezzo di abito recuperato è stato trovato in Market
Street ed è sicuramente un tessuto filato in lana211.

Utensili in legno
E’ difficile, nel limo melmoso del sito Danese, isolare frammenti di vasi
in legno e altri utensili; in alcuni casi il loro ritrovamento è del tutto
fortuito. Scodelle in legno prodotte al tornio sono state trovate a Hungate,
King’s Square e Barclays Bank (fig. 20, n. 14); Clifford Street ha restituito

211 Leggi il contributo di I. M. Stead. (“Yorks. Archaeol. J.”, n. 39, 1958, p. 525).

98
due cucchiai in legno decorato. All’interno della città sono stati trovati
alcuni pettini in legno212.

Ceramica
La caratteristica più peculiare della produzione ceramica a York è
l’apparente assenza di industrie locali; non sono state rinvenute tracce di
fornaci né all’interno della città né nelle immediate vicinanze. Benché la
tipologia ceramica tipica della città sia stata chiamata “York-type” non ci
sono prove per la sua manifattura nel complesso industriale vicino a
Ousegate o nel suburbio. La ceramica “York-type” (appartenente al
periodo Sasso-Normanno, che si estende dall’850 al 1150)213 è stata
rinvenuta per la prima volta nel sito di Hungate, nel livello datato X
secolo, ma non sappiamo ancora quando è apparsa per la prima volta nella
città214. Ad oggi alcune delle forme e delle tipologie ritrovate appartenenti
allo stile Anglo-Danese possono essere datate al più tardi al XII secolo, ma
non esiste ancora una sequenza stratigrafica completa per la città.
Oltre venti siti all’interno di York hanno restituito ceramica Anglo-
Danese. Barklays Bank ha prodotto un utile gruppo di frammenti (fig. 20,
n. 3-14) che sono simili alla migliore raccolta ceramica trovata a King’s
Square e a Hungate. E’ meritorio notare che il sito di Coppergate,
probabilmente del X secolo, ha restituito pochi pezzi, e questo potrebbe

212 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
52.
213 HURST, The pottery, cit., p. 285.

214 Ibidem, p. 329.

99
indicare che la ceramica non sia diventata un bene comune fino all’XI
secolo, quando l’intero Danelaw divenne un’entità politica più forte215.
Le forme ceramiche riscontrate più frequentemente sono pentole e
scodelle. Vasi con il tipico orlo rivolto all’interno, oppure orli con
incrostazioni diseguali, becchi o casseruole con manico lungo e bordi
dentellati (“rouletting”) (fig. 20 n. 1-13) si trovano nella tipologia
Thetford. Le forme ceramiche “York-type” più grezze sono una piccola
parte del totale, solo il 21%216.
In mezzo alle forme vascolari meno frequenti, la più interessante è il
piccolo vaso (una brocca) con pareti sottili e becco. E’ stata trovata a
Barclays Bank (fig. 20 n. 6). Infine, un’altra forma che ricorre
frequentemente è la casseruola.

Pietra
Una chiara immagine dei movimenti di beni di consumo è portata
dall’analisi delle pietre per affilare217. Ne sono state trovate molte, ed
alcune sono certamente Danesi per quanto riguarda la datazione: altre

215 J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971, p.
53.
216 HURST, The pottery, cit., p. 329.

217 D. M. WATERMAN, Late Saxon Viking and early medieval finds from York , “Archaeologia”

n. 97, 1959, pp. 97-98.

100
Fig. 20: Ritrovamenti del periodo Danese provenienti da:
Lloyds Bank (1-2) e Barclays Bank (3-14). York
1-13: ceramica; 14: scodella in legno

identiche sono più tarde. Molte delle pietre nello Yorkshire Museum e un
singolo esempio trovato sotto i Lloyds e Barclays Bank sono piccole pietre
perforate ad una estremità, probabilmente per essere appese ad una
cintura. Molte sono fatte di pietra con una grana sottile e di colore
azzurrognolo, ma hanno origini diverse. Sette esemplari sono di quarzo,
due di pietra di limo metamorfica, entrambe trovate nell’Aberdeenshire.
Altri esemplari sono fatti in argilla sedimentata e indurita, arenaria.
Questi tipi di pietra si trovano nello Yorkshire o sulle coste della

101
Northumbria, dove gli erratici glaciali della Scozia sono più comuni.
L’arenaria può provenire dai Pennini.

L’insieme di evidenze degli scavi recenti, e il poco che conosciamo dagli


scavi del passato insieme ai contributi di molti specialisti in var settori, ci
restituisce una immagine abbastanza chiara della York pre-Normanna,
anche se ovviamente siamo lontani dalla completezza.
Il nucleo dell’insediamento Danese sembra essere stato costruito in
maniera abbastanza densa, con lunghe e strette costruzioni in legno.
L’impressione che abbiamo dai ritrovamenti archeologici è che si trattasse
di una città umida e sporca, con fiorenti industrie. Vi erano fornaci, fosse
per la concia delle pelli; beni di lusso e beni comuni erano prodotto in
quantità; altre merci arrivavano da varie zone dello Yorkshire e
probabilmente da più lontano, e le case dei mercanti si ergevano nelle
vicinanze dei fabbricati dove ferveva l’attività lavorativa. La cosa più
importante è che i resti Danesi dimostrano che il “piano regolatore” della
città e l’organizzazione delle case padronali esistevano già prima della
conquista dei Normanni.
Restano sconosciuti gli sviluppi Danesi in due grandi aree: quella vicino
alla fortezza Romana, dove una piccola area di resti domestici devono
ancora essere scavati, e l’area della colonia romana, dove Wenham ha
recentemente dimostrato che, ogni qual volta procediamo a scavare una
larga area, possiamo ritrovare resti Danesi218.

218J. RADLEY, Economic aspects of Anglo-Danish York, “Medieval Archaeology” n. 15, 1971,
pp. 54-55.

102
4. Testimonianze archeologiche dell’impatto vichingo nel
territorio del “Danelaw”

Lo studio delle antichità scandinave in Inghilterra è a tutt’oggi in una


fase di intenso sviluppo, anche se molto deve essere ancora fatto. Le ultime
scoperte219 hanno rilanciato un rinnovato interesse verso questo discusso
e in parte oscuro periodo storico delle isole Britanniche, facendo estendere
gli studi non solo alla zona di cui mi interesso direttamente nella mia tesi
(il Danelaw in generale e lo Yorkshire in particolare), ma anche alla
Scozia, al Galles e all’Irlanda. Gruppi archeologici locali o semplici
appassionati hanno permesso di riportare alla luce, negli ultimi decenni,
svariati artefatti e sepolture che hanno aiutato a chiarire l’impatto
culturale e geografico dei colonizzatori vichinghi. Da questi studi è stato
dedotto che i Vichinghi non erano semplicemente “pagani razziatori” che
distruggevano e depredavano indiscriminatamente tutto ciò che
trovavano (complice di questa oscura fama soprattutto la faziosità dei
pochi documenti scritti che ci hanno tramandato le gesta di questi
invasori, quasi tutti di matrice anglosassone)220, ma colonizzatori capaci di
adattarsi a stili di vita diversi, creando spesso interessantissime cesure
artistiche e culturali, non ultima l’eredità linguistica e toponomastica che
hanno lasciato nelle zone in cui i loro insediamenti erano più numerosi.

219 In particolare la scoperta, fatta nel gennaio 2001, di una sepoltura di una donna vichinga nel
Sud Yorkshire, ad Adwick-le-Street. Questo è l’unico ritrovamento finora fatto in tutta
l’Inghilterra di una tomba appartenente sicuramente a una donna scandinava (G. SPEED, P. W.
ROGERS, A Burial of a Viking Woman at Adwick-le-Street, South Yorkshire, “Medieval
Archaeology” n. 48, 2005, p. 51).
220 P. ADAMS, A. LUPTON, F. SIMPSON, Cumbrian Heritage, “British Archeology” n. 79,

November 2004.

103
Le testimonianze archeologiche degli insediamenti scandinavi nel
Danelaw consistono in poche categorie di dati.
Primo, vi sono tombe identificabili come “vichinghe” attraverso la
testimonianza di rituali o la presenza di beni funerari che presentavano
analogie allo stile scandinavo. Queste sono in numero veramente esiguo,
in totale 20 o 30221. Molte di queste sepolture furono scoperte da antiquari
del diciannovesimo secolo – il loro valore archeologico fu così limitato
dalle scarse tecniche di recupero impiegate.
Secondo, sono stati ritrovati manufatti, per lo più armi od oggetti in
metallo decorati in stili e forme assimilabili a quelli scandinavi. A volte
questi oggetti sono stati rinvenuti in accumuli di beni (i cosiddetti
“tesori”), e spesso questi accumuli erano accompagnati da monete che
davano un’indicazione della data di sepoltura. Come per le tombe, la
maggioranza delle scoperte è stata fatta grazie al caso e così dettagli precisi
sul contesto o sul luogo di ritrovamento sono persi per sempre.
Terzo, la presenza di sculture in stile scandinavo o decorate con motivi
ispirati a questo metodo espressivo può essere un’ulteriore indicazione di
una possibile influenza vichinga in una data area222.
Quarto, la toponomastica: elementi di nomi scandinavi che tutt’oggi
ricorrono nei nomi di luogo inglesi223.

221 WILSON, The Scandinavians, cit., pp. 393-403; J. GRAHAM-CAMPBELL, The Scandinavian
Viking Age Burials of England – Some problems of interpretation, in Anglo-Saxon Cemeteries,
edited by P. RAHTZ, T. DICKINSON, L. WATTS, London 1979.
222 WILSON, The Scandinavians, cit., p. 396.

223 P. H. REANEY, The Origin of English place-names, London and New York 1987; G.

FELLOW-JENSEN, Vikings in the British isles: the place-name evidence, “Acta Archaeologica
vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 135.

104
Dal 1960 la tipologia e la quantità di testimonianze archeologiche sono
state incrementate per due motivi principali: uno è stato lo stabilirsi di una
vasta rete di unità archeologiche sul paese che hanno intrapreso campagne
di rilievo e di scavo, in particolare su siti minacciati dallo sviluppo edilizio.
Dal 1990 tuttavia questa tendenza è stata sostituita da una corrente
opposta, che porta a diminuire le operazioni di scavo e a incoraggiare la
conservazione in situ. L’altra ragione dell’aumento dei dati archeologici è
stata l’incremento dell’utilizzazione del metal-detector, il quale ha
contribuito a portare alla luce grandi quantità di oggetti; la maggior parte,
suppongo, non sono mai stati studiati da archeologi e quindi non sono mai
stati identificati. Altri, comunque, sono documentati e registrati e a volte
le scoperte di concentrazioni di oggetti hanno indotto a ricognizioni e
occasionalmente a scavi224.
Con tutti questi nuovi dati è possibile adesso riconoscere i cambiamenti
significativi nella documentazione archeologica del Danelaw,
cambiamenti che avvengono all’inizio del IX e nel X secolo. Queste
trasformazioni includono la posizione e la natura di alcuni insediamenti
rurali, innovazioni nelle pratiche religiose, lo sviluppo di reti urbane e
l’evoluzione di una manifattura a scala industriale.
Prima di considerare questo, però, è necessario porre l’accento sulla
difficoltà di datare molte delle informazioni archeologiche: per svariati
artefatti di tipo Anglo-Scandinavo non è possibile circoscrivere il periodo
in cui sono stati creati se non con un’approssimazione addirittura di un
secolo. Gli oggetti decorati possono essere datati con criteri storici-

224G. SPEED, P. W. ROGERS, A Burial of a Viking Woman at Adwick-le-Street, South


Yorkshire, “Medieval Archaeology” n. 48, 2005, p. 52.

105
artistici, ma il margine d’incertezza con queste tecniche può estendersi a
diversi decenni dalla data principale. Le attività edilizie possono essere
datate esattamente grazie alla dendrocronologia, o una buona
stratificazione di una serie di monete può dare eccezionalmente un alto
grado di sicurezza nella datazione degli strati associati e degli artefatti che
si trovano in essi; tuttavia, la maggioranza dei siti archeologici dell’VIII-
IX secolo non possono essere datati con grande precisione. In molti casi la
questione se un particolare evento è avvenuto nell’800, nel 900 o nel 950
d. C. rimane incerto.

4.1 Sepolture e cimiteri.

I ritrovamenti di tombe sono in genere di difficile interpretazione storica,


spesso perché non capiamo se esse sono evidenza di insediamenti stabili o
semplicemente di incursioni. Ad oggi, conosciamo con certezza solo due
cimiteri vichinghi: una serie di tumuli vicini a Ingleby, nel Derbyshire, e
un gruppo di inumazioni sotto una chiesa a Kildale, Yorks. Ci sono solo
altri ventitré ritrovamenti minori che possono essere riconosciuti come
inumazioni scandinave (fig. 21). Altre zone importanti di ritrovamenti
sono Repton (Derbyshire), Sonning (Berkshire)225,

V. I. EVISON, A Viking Grave at Sonning, Berkshire, “Antiquaries Journal” n. 49, 1969, pp.
225

330-345.

106
Fig. 21: Mappa delle tombe scandinave in Inghilterra.

Middle Haring (sud-est di Norfolk, East Anglia)226, e Adwick-le-Street


(Yorkshire del sud), dove nel gennaio 2001 sono stati rinvenuti resti di una

226Una tomba maschile con coltelli, uno sperone, fibbie, una pietra per affilare e un cucchiaino
per orecchi (destinato alla rimozione del cerume) fu scavata dal Dr. Andrew Rogerson nel 1983.
(A. ROGERSON, Vikings and the new East Anglian towns, “British Archaeology” n. 35, June
1998).

107
sepoltura di donna scandinava del periodo Vichingo227. Quest’ultima
scoperta è la più rilevante degli ultimi anni. Infine, la presenza di una
tomba molto probabilmente di coloni norvegesi è stata ritrovata nel 1859
a Cambois, Bedlington, Northumberland; questa sepoltura è leggermente
decentrata rispetto a quelle che ho considerato, trovandosi in una zona di
interdipendenza fra Danesi e Norvegesi228.

Una singolare scoperta nello Yorkshire avvenuta alla fine del 2003 ha
riportato alla luce un insieme di manufatti e oggetti preziosi che farebbero
addirittura pensare a una tomba con barca vichinga229. Questa scoperta ha
eccitato Arne Emil Christensen, curatore del Museo delle Navi Vichinghe
a Oslo. Vari oggetti in metallo lavorati sono stati recuperati da “metal
detectorist” e studiati. Christensen è cauto nell’affermare che tali
manufatti provengano da una tomba con nave vichinga (che sarebbe la
prima ad essere ritrovata in Inghilterra; da altre zone delle isole
britanniche sono pervenute altre scoperte, circa sedici, descritte da
Shetelig e Brogger nel libro “The Vikings Ships”, Oslo 1954)230, poiché
include il cosiddetto “argento tagliato”231 (oggetti in argento spezzati per
essere utilizzati come moneta di scambio dalle bande di incursori), che
non è del tipo normalmente rinvenuto in tali sepolture. Il suggerimento

227 Viking woman dies in Yorkshire, “British Archaeology” n. 74, January 2004:
http://www.britarch.ac.uk/ba/ba76/ index.shtml.
228
M. L. ALEXANDER, A “Viking-age” grave from Cambois, Bedlington, Northumberland,
“Medieval Archaeology” n. 31, 1987, pp. 101-105.
229Is Viking ship under hedge?, “British Archaeology” n. 76, May 2004:
http://www.britarch.ac.uk/ba/ba76/index.shtml
230 C. S. BRIGGS, A boat burial from County Antrim, “Medieval Archaeology” n. 18, 1974, p.

158.
231 In inglese “hack silver”.

108
di una nave funebre però viene dal ritrovamento di tre chiodi, alcuni
chiavistelli con rondelle e una capocchia di chiodo a forma di diamante
usate dai Vichinghi per tenere insieme le assi della nave. Sette monete di
re Burgred della Mercia, due di Alfredo il Grande e un dirham arabo
datano il sito all’inizio dell’870, 250 anni dopo la tomba anglosassone di
Sutton Hoo232. Altri oggetti includono una bilancia di bronzo e due serie
di pesi (una serie poliedrica e l’altra a forma di disco), piccoli lingotti di
argento, una montatura dorata con un piccolo frammento decorato
(probabilmente appartenente a finimenti), frammenti di due spade e una
cote per affilare233.

Heat Wood, Ingleby


Il tumulo cimiteriale a Heath Wood, Ingleby, a 4 km a sud-est di
Repton, fu investigato con una serie di piccole campagne di scavo che
ebbero luogo tra il 1944 e il 1955234. Il cimitero è datato al periodo vichingo
attraverso la scoperta di due spade vichinghe, entrambe deliberatamente
mutilate, e un pezzo di filo per ricamo. I tumuli sono di due forme, con o
senza una fossa perimetrale. Alcuni tumuli giacciono sopra i focolari per
la cremazione, altri appaiono vuoti e sono interpretati come cenotafi per i
Danesi che erano sufficientemente cristianizzati per essere sepolti in un
altro luogo, presumibilmente in un cimitero vicino a una chiesa.

232 Vedi p. 26.


233 Is Viking ship under hedge?, “British Archaeology” n. 76, May 2004:
http://www.britarch.ac.uk/ba/ba76/index.shtml
234 J. D. RICHARDS, M. JECOCK, L. RICHMOND, C. TUCK, The Viking Barrow Cemetery at

Heat Wood, Ingleby, Derbyshire, “Medieval Archaeology” n. 39, 1995, pp. 51-70.

109
Un recente riesame del sito ha prodotto un’immagine più accurata e
completa della configurazione del cimitero rispetto a ciò di cui
disponevamo prima. Esso suggerisce che vi erano originariamente 59
rilievi, raggruppati in quattro distinti gruppi spaziali235; forse queste
sepolture pagane e con “corredo” e l’erezione dei tumuli-cenotafio
possono essere continuati per diversi anni236. Probabilmente durante la
seconda metà del nono secolo una banda di vichinghi avviò il cimitero di
Ingleby, attratti dalla vicinanza del monastero di Repton e dal centro di
sepoltura reale. Conseguentemente, quando l’esercito vichingo passò
l’inverno a Repton negli anni 873-4237, 249 cadaveri di guerrieri vennero
sepolti nella “tomba collettiva” nel cimitero di Repton, sia a causa
dell’influenza delle pratiche sepolcrali cristiane, sia perchè essi cercavano
la legittimazione del centro culturale della Mercia. Le altre sepolture
vichinghe a Repton, nelle tombe con corredi attorno al limite est della
chiesa, sono viste come quelle dei guerrieri che hanno accettato la
conversione al Cristianesimo. Cenotaffi di alcuni di questi vichinghi
cristianizzati sono stati eretti, comunque, nel loro cimitero originario a
Ingleby.
Questa interpretazione fa sorgere diversi nuovi punti. Cruciale per
l’intero argomento è la questione dello status delle “bande” di vichinghi, i
quali sono stati visti come iniziatori del cimitero di Ingleby. Il contesto e
la composizione di questi gruppi non è specificato, ma non sono collegati

235 WILSON, The Scandinavians in England, cit., p. 396; D. M. HADLEY Invisible Vikings,
“British Archaeology” n. 64, April 2002; R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the
Archaeological Evidence, “Acta Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000,
p. 150.
236 J. D. RICHARDS, M. JECOCK, L. RICHMOND, C. TUCK, The Viking Barrow Cemetery at

Heatwood, Ingleby, Derbyshire, “Medieval Archaeology” n. 39, 1995, p. 60.


237 D. HILL, An Atlas of Anglo-Saxon England, Oxford 1981, p. 40.

110
specificamente con il “Grande Esercito”: erano visti come di passaggio o
come colonizzatori? Come è possibile che il loro cimitero fosse conosciuto
e riutilizzato dal grande esercito, e perché esso meritò tale trattamento? Se
tale gruppo risiedeva a Ingleby o nelle sue vicinanze ad una data
sufficientemente antica per permettere di stabilire un “cimitero
ancestrale” prima dell’arrivo dell’esercito, potrebbe essere sollevata
l’ipotesi di altri “antichi” gruppi di colonizzatori vichinghi e, di
conseguenza, una rivalutazione delle colonie Scandinave in Inghilterra.
Forse il cimitero di Ingleby era inteso come un provocatorio
“monumento vichingo”, anche se non è chiaro se esso rappresenti
un’affermazione culturale portata intorno a un singolo evento, o un
desiderio di continuità espresso in un lungo periodo. La sua datazione e lo
studio del suo contesto rimangono problematici: l’ultimo quarto del nono
secolo e le prime decadi del decimo è il breve intervallo cronologico in cui
il cimitero, probabilmente, era in uso. Ad oggi un ritrovamento di questa
portata è unico in Inghilterra.

Repton, Derbyshire
Alla fine degli anni 90’ scavi a Repton, a 9 km sud-ovest da Derby,
hanno fornito nuovi e importanti spunti nell’impatto del “Grande
Esercito” vichingo in Inghilterra238. Tombe vicine al confine N-E della
chiesa Anglosassone in un’area non usata prima per le sepolture
dovrebbero essere collegate alla presenza degli incursori scandinavi. La
più antica di queste (tomba 529) ha restituito un anello d’oro con delle

238M. BIDDLE, B. KJØLBYE-BIDDLE, Repton and the Vikings, “Antiquity” n. 66, 1992, pp. 36-
51.

111
decorazioni stampate, e anche cinque pennies della metà dell’870; porre
un gruppo di monete assieme al cadavere sembra essere una caratteristica
dell’esercito vichingo, con altri esempi provenienti dalla cattedrale di S.
Maria a Reading (Berkshire) e un tumulo a Hook Norton (Oxfordshire),
siti entrambi associati all’esercito vichingo 239. Un’altra sepoltura a Repton
(tomba 511) è di un maschio, di età compresa fra i 35 e i 40 anni: oltre ad
avere una ferita al braccio sinistro, un taglio al femore sinistro avrebbe
reciso l’arteria femorale causando la morte per dissanguamento 240. Fu
sepolto con una spada posta nel suo fodero e con una fibbia alla sua sinistra;
attorno al suo collo c’era una collana con due perline di vetro e un martello
di Thor d’argento. Il suo cadavere fu inoltre munito di una cintura con
una fibbia in lega di rame, un coltello pieghevole e un altro coltello, una
chiave di ferro e, in mezzo alle cosce, la zanna di un cinghiale e l’omero
di una taccola, forse originariamente contenuto in una scatola di legno.
Due altre tombe adiacenti contengono ognuna un coltello, in un caso con
un filo d’argento all’impugnatura. Un’altra tomba, sul lato sud della chiesa,
si pensa sia stata l’ultima di queste tombe con corredo, e può essere
identificata come quella che originariamente conteneva un’ascia che fu
riportata alla luce nel 1922241.

239 M. BIDDLE, J. BLAIR, The Hook Norton Hoard of 1848: A Viking Burial from Oxfordshire?,
“Oxoniensia” n. 52, 1987, pp. 186-195; J. BLAIR, Anglo-Saxon Oxfordshire. Oxford 1994.
240 Studi condotti su scheletri che presentano ferite di armi da taglio mostrano abbastanza

chiaramente le modalità di combattimento del tempo: le spade erano usate principalmente per
tirare pesanti fendenti invece che parare o perforare. I colpi potevano essere inferti: alla testa o
alle spalle, con un fendente dall’alto verso il basso che mirava alla zona del collo; verso il basso,
generalmente alla gamba sinistra sotto lo scudo e infine al braccio armato (R. UNDERWOOD,
Here he lies, hewn down… in the dirt, “British Archaeology” n. 47, September 1999).
241 R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta

Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 149.

112
Forse la scoperta più importante a Repton è stata quella di una grande
quantità di tombe242, create all’interno delle rovine di due celle di pietra
smantellate, facenti parte forse di un’antica cappella di monastero o di un
mausoleo, poste a 55 m a ovest della chiesa esistente. Nel compartimento
est della struttura sono stati trovati i resti disarticolati di 249 individui.
Essi erano stati originariamente accatastati con le ossa lunghe disposte a
90° rispetto al muro, e con i teschi posati sopra. Analisi scheletriche, non
ancora pubblicate in dettaglio, hanno determinato che l’80% dei morti è
di sesso maschile, con un’età compresa tra i 10 e i 40 anni, e descritti come
eccezionalmente robusti243 e scheletricamente separati. Un piccolo
numero di oggetti trovati nella camera della sepoltura di massa include
armi (punte di lancia, scramasax) e, importantissimi, cinque pennies
d’argento della metà dell’870. L’evidente conclusione è che questi
individui facessero parte del “Grande Esercito” vichingo che svernò a
Repton nell’inverno 873-874, benché le ossa non mostrino segni di morte
violenta; potremmo forse pensare che la loro morte sia stata causata da
epidemie naturali come la peste, oppure da un inverno di miseria e di
fame244. Il meccanismo e la ragione per la loro riesumazione dalla sepoltura
originale, e il loro seppellimento in queste modalità, non è chiaro.

242 D. M. HADLEY, Invisible Vikings, “British Archeology” n. 64, April 2002.


243 La razza dei Vichinghi ha sempre meravigliato gli osservatori stranieri per la sua vigorosa
salute e per l’altezza, che era intorno ai 170 cm di media, molto più di qualsiasi altra popolazione
del tempo. Tale benessere doveva essere dovuto alla qualità e varietà della dieta. L’archeologia
ha localizzato depositi di rifiuti domestici nelle abitazioni grazie ai quali siamo stati in grado di
ricostruire una dieta tipo del periodo vichingo: maiale, vacca, montone, capra, cavallo e pollame
insieme a resti vegetali quali orzo, segale, frumento, nocciole, noci, mele, ciliegie, bacche
selvatiche e luppolo. Non mancavano la verdura cruda e il pesce, alimenti primari. (DURAND I
Vichinghi, cit, p. 94).
244 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 227.

113
Dopo che le ossa furono accatastate in posizione, forse attorno a una
pietra che segnalava l’inumazione di un capo vichingo, vennero ricoperte
con tavole di legno e l’intera area della struttura originaria coperta da un
cumulo di pietre definito da un cordolo di massi più larghi. Fosse circolari
furono scavate attraverso gli angoli N-O e S-O del cumulo; lo strato
superficiale del suolo venne raschiato per formare una bassa collinetta che
fu rivestita di ciottoli. Quattro ragazzi furono poi seppelliti in una tomba
a fossa, al limite S-O del tumulo. Uno fu posato sotto, con mascelle di
pecora ai suoi piedi; altri due furono posizionati schiena a schiena sopra il
corpo del primo; il quarto fu messo in una postura rannicchiata o flessa
alle spalle del primo, in modo da fronteggiarlo245.
Il successivo uso di questo tumulo è di rilevante importanza. Sopra di
esso e attorno sono state scoperte 44 tombe più tarde. Alcune di esse
presentavano caratteristiche che suggerivano che i loro occupanti fossero
persone di un elevato rango sociale e di importanza significativa. Otto di
essi erano sotterrati in bare di legno con rinforzi di ferro, e tre
presentavano oggetti di oreficeria: uno aveva un gioiello sul petto, il
secondo al polso (dove vi erano anche dei pendenti) e il terzo aveva circa
380 fili d’oro che si estendevano dal mento alle caviglie. Questi individui
dovevano essere ricchi aristocratici Danesi e proprietari terrieri, a
giudicare dalla ricchezza delle sepolture.

245R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta


Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 150.

114
Tomba di una donna vichinga ad Adwick-le-Street, Sud Yorkshire
Nel gennaio 2001 fu eseguita una spedizione archeologica per
monitorare una zona vicino a Doncaster, chiamata Adwick-le-Street, dove
venivano eseguiti dei lavori per la costruzione di una linea fognaria.
Durante lo scavo di una strada romano-britannica venne identificata una
tomba che restituì i resti di uno scheletro e un insieme di reperti in ferro
e in lega di rame tipici di una tomba di donna scandinava del periodo
Vichingo. I beni funerari includono una scodella in lega di rame
(probabilmente rovinata dallo scavo), un paio di spille ovali a “tartaruga”
non appartenenti allo stesso paio, frammenti di un coltello in ferro e una
chiave (o chiavistello). Tipologicamente le spille sono le più antiche fra
quelle ritrovate in tomba in Inghilterra e le prime scavate con criteri
archeologici246. Il motivo decorativo e la condizione fisica delle spille
suggeriscono una datazione attorno alla fine del IX secolo. Analisi
scientifiche dei resti dei denti e dello scheletro invece indicano che la terra
di origine della donna potrebbe essere la Norvegia o, forse, il nord-est della
Scozia.

Luogo e natura del sito. Il sito si trova a circa 1 km a ovest del centro
storico del villaggio di Adwick-le-Street, in un campo che giace
immediatamente a nord del moderno quartiere periferico (fig. 22). L’area
è stata interessata da un notevole sviluppo urbano specialmente verso
ovest durante il ventesimo secolo. Il terreno nell’area del sito è stato

246G. SPEED, P. W. ROGERS, A Burial of a Viking Woman at Adwick-le-Street, South


Yorkshire, “Medieval Archaeology” n. 48, 2005, p. 51.

115
classificato come terra calcarea marrone, ben drenata e facilmente
lavorabile247.

Fig. 22: La dislocazione del sito ad Adwick-le-Street, vicino Doncaster, sud Yorkshire.

La tomba. Considerando il lato S-O dell’area dello scavo, il condotto più a


est è risultato tagliato da una tomba di forma rettangolare, denominata
tomba 5. È allineata nella direzione OSO-ENE. Le sue dimensioni sono

247
R. A. JARVIS, V. C. BENDELOW, R. I. BRADLEY, D. M. CARROLL, R. R. FURNESS, I N. L.
KILGOUR, S. J. KING, Soils and Their Use in Northern England, “Soil Survey of England and
Wales Bulletin” 1984.

116
1.82 m la lunghezza, 0.7 m la larghezza e 0.13 m la profondità, ma è stata
severamente danneggiata da arature moderne. La tomba contiene i resti di
uno scheletro umano, giacente in una posizione supina con la testa rivolta
verso S-O. Il teschio è stato ritrovato in una posizione sopraelevata, contro
la fine del taglio della tomba e probabilmente girato lievemente verso
destra (S-E) ma è stato danneggiato da arature successive che hanno
causato la perdita della parte frontale e di quella superiore. Alcune
vertebre sotto il cranio si sono conservate, così come alcune parti di
entrambi i femori e diverse costole vicine ai reperti funerari in lega di
rame. La clavicola destra è ben conservata ma non c’è traccia delle ossa del
petto associate. Poco è sopravvissuto dello scheletro, a causa delle
particolari condizioni del suolo248.
Associati all’inumazione sono stati ritrovati diversi beni funerari: le
pareti di una scodella di bronzo danneggiata dalle lavorazioni della terra;
vari frammenti di bronzo recuperati grazie al metal detector e che si pensa
facciano parte della stessa scodella, posizionata probabilmente nella zona
S-E (ai piedi della tomba); un paio di caratteristiche spille ovali del periodo

248 Dalle analisi di laboratorio condotte sui resti scheletrici si è potuto capire che siamo in
presenza di un individuo adulto, quasi sicuramente una femmina a causa del femore e della
clavicola più gracili rispetto ai resti di un maschio. Questo individuo, al momento della morte,
si trovava in un’età compresa fra i 33 e i 45 anni (deducibile dal consumo dei molari); è possibile
però che fosse anche più vecchio, se consideriamo una patologia degenerativa riscontrata a
livello della spina dorsale. Non ci sono indizi di altre malattie o traumi, né di denti cariati.
Un’analisi della percentuale di isotopi di ossigeno e stronzio presenti nei tessuti (particolarmente
nei denti) ha permesso di ricostruirne approssimativamente la provenienza; grazie al confronto
di questi dati con quelli ritrovati nell’acqua raccolta in diverse zone della Gran Bretagna e della
Scandinavia, è possibile ipotizzare i luoghi di provenienza del defunto. Essi sarebbero la zona
nord-est della Scozia o l’area di Trondheim, sulla costa Norvegese. (D. R. BROTHWELL, Digging
Up Bones, Oxford 1981; J. ROGERS, T. WALDRON, A Field Guide to Joint Diseases in
Archeology, Chichester 1995; P. BUDD, J. MONTGOMERY, B. BARREIRO, G. THOMAS,
Differential diagenesis of strontium in archaeological human dental tissues , “Applied
Geochemistry” n. 15, 2000, pp. 687-694).

117
Vichingo, altrimenti chiamate spille a “tartaruga”, trovate in situ ai lati
dell’area dove si trovava la cassa toracica (fig. 23). Esse sono state
conservate in un blocco di terreno, e presentano tracce di reperti organici
(forse materiale tessile249, aderente al retro della spilla). Infine tre
frammenti di ferro sono stati recuperati dalla tomba: parte di un
chiavistello, o chiave, giaceva vicino l’area dei piedi e parte di un coltello
è stato recuperato nella zona del braccio sinistro.

Fig. 23: La sezione della testa e delle spalle dello scheletro mostrano le spille ovali,
rispettivamente AC (sulla sinistra) e AB (sulla destra).
Il corredo. I manufatti ritrovati nella tomba, un paio di spille ovali, una
scodella, un coltello e una chiave (o chiavistello) identificano la tomba
come appartenente ad una donna Scandinava. Tombe simili sono state
riscontrate nella Scandinavia dell’età Vichinga, nelle colonie norvegesi del

249Il tessuto rinvenuto è risultato essere lino o canapa. (G. SPEED, P. W. ROGERS, A Burial of
a Viking Woman at Adwick-le-Street, South Yorkshire, “Medieval Archaeology” n. 48, 2005, p.
76).

118
nord Atlantico e lungo le linee commerciali scandinave attraverso il
Baltico orientale e i fiumi russi. Un ritrovamento del genere, però, è unico
nel Danelaw poiché sono attestate tombe maschili risalenti al periodo
delle invasioni ma mai inumazioni femminili.

Fig. 24: Spille ovali provenienti dalla tomba 5 di Adwick-le-Street. A sinistra AC, a destra AB.

Le spille ovali. Le spille ovali, denominate dagli scopritori AB e AC (fig.


24), sono conosciute come “spille a tartaruga” a causa della loro forma a
cupola. Esse sono state realizzate con un’unica sottile gettata di metallo in
lega di rame250. Presentano decorazioni sulla superficie esterna, e dei
piccoli ribattini dove erano attaccate delle borchie decorative. Come già

250La tecnica utilizzata per realizzare queste spille è una forma particolare della modalità definita
“a cera perduta”. Un modello di argilla è realizzato da una spilla preesistente. La cera viene poi
colata in questo stampo, e nuovi motivi possono essere incisi sulla sua superficie. Ogni gettata di
cera viene poi ricoperta da argilla fresca, dei piccoli pioli ed un piccolo pezzo di stoffa vengono
inseriti in ogni stampo per dare la forma definitiva della spilla. Viene poi colato all’interno il
metallo. Quando il metallo si è rappreso, il contenitore in argilla viene rotto e la spilla è pronta.
Per questo non esistono due spille perfettamente uguali. (G. SPEED, P. W. ROGERS, A Burial
of a Viking Woman at Adwick-le-Street, South Yorkshire, “Medieval Archaeology” n. 48, 2005,
p. 74).

119
detto, le spille non fanno parte dello stesso paio poiché differiscono
lievemente nel motivo decorativo.
Queste spille erano indossate in coppia e servivano a fermare le cinghie
del vestito lungo delle donne. Entrambi gli oggetti rientrano nella
categoria delle spille del “tipo con decorazione prominente”, definito
“decorazione a diamante”251. La spilla è divisa in otto compartimenti: due
grandi pannelli decorati sulla cima, due laterali e quattro piccoli sugli
angoli. Le borchie erano generalmente attaccate agli angoli dei pannelli,
con due borchie in più nel centro dei pannelli più grandi. I motivi
decorativi sono formati da quattro animali con degli strani piedi e ritratti
nell’atto di “afferrare”252 (fig. 25).

Entrambe le spille sono il risultato di un’unica gettata di metallo, in


questo caso ottone (lega di rame, appunto). Entrambe presentano dei fori
per borchie, dove nella spilla AC erano probabilmente di metallo bianco.
Entrambe le spille sono consunte ed usate, e nel caso di AB vi sono segni
di riparazione.

251I. JANSSON, Ovala Spännbucklor: En Studie av Vikingatida Standardsmycken med


Utgångspunkt från Björkö-fynden, Uppsala, 1985, p. 12.
252 Lo stile detto “della bestia che afferra” inizia ad apparire durante la seconda metà dell’VIII
secolo, ed è caratteristico degli stili Borre e Jelling, importati entrambi nelle isole Britanniche e
in Russia in seguito alle incursioni vichinghe. Lo stile Borre impiega tre motivi principali: la
cosiddetta “catena ad anelli”, con due elementi sui bordi che si intrecciano grazie a questa catena;
la “bestia che afferra” e l’ “animale che guarda all’indietro”. Si sviluppa dalla metà del IX secolo
e continua fino al tardo X secolo. Lo stile Jelling è caratterizzato da una fascia nastriforme con
decorazioni animali di profilo ed estensioni ornamentali dal corpo. È stato utilizzato dalla fine
del IX secolo al tardo X secolo. (STRAYER (editor in chief), Dictionary, cit., vol. 2 p. 332; vol. 7
p. 57).

120
Fig. 25: I motivi decorativi sulle spille e lo sviluppo dall’originale (sulla sinistra): (i) i motivi
degli angoli, (ii) i motivi dei “diamanti”, (iii) le decorazioni sui lati della spilla.

La scodella. I frammenti denominati dagli archeologi AA e AG


rappresentano i resti di una scodella in lega di rame, danneggiata da
arature253. Dalla curva dell’orlo è possibile determinarne il diametro, che
doveva essere attorno ai 180-190 mm. La profondità doveva aggirarsi
attorno ai 50 mm. Presenta un semplice bordo rovesciato spesso 8 mm, e
su un lato si trova una punzonatura di forma circolare di 2 mm di
diametro. Sulla superficie esterna vi sono delle sottili linee circolari
assomiglianti a linee di tornio. Si notano inoltre segni di martello sotto il
bordo e un motivo a graticcio nella parte inferiore della scodella, nella
superficie interna. Si osservano inoltre scalfiture che indicano un uso

E. PATERSON, York Archaeological Trust Conservation Record Sheet for Red House Park
253

Sewer Requisition, Adwick-le-Street, Doncaster, RFS01/3/AA+AG, nell’archivio del Doncaster


Museum.

121
estensivo dell’oggetto. Il metallo è spesso approssimativamente 1 mm (fig.
26).

Fig. 26: La scodella in bronzo, AA/AG.


(a) ricostruzione; (b) il motivo a graticcio presente nella parte inferiore della scodella,
sulla superficie interna; (c) la scodella ai raggi X; (d) foto dei due frammenti principali;
(e) motivo a graticcio sulla scodella.

Il coltello in ferro. Il coltello in ferro, AF, presenta un lato dritto con


due inclinazioni che si protendono verso la punta. La punta e la parte del

122
manico sono assenti; la lunghezza totale del manufatto è di circa 65 mm.
La lama è triangolare in sezione e la sua lunghezza doveva essere
approssimativamente di 55-60 mm. Lo spessore della lama è di circa 15
mm, ma originariamente doveva essere più larga. Sono presenti resti di
manico in legno (fig. 27, sopra). Questo tipo di coltelli sono stati ritrovati
in Inghilterra all’interno del Danelaw, a York, Lincoln e Thetford, e in
Scandinavia nei siti di Birka, Trelleborg, Århus e Fyrkat254.

Fig. 27: Il coltello in ferro, AF, e la chiave/chiavistello, AD/AE.


Sopra: frammento del coltello che include parte della lama e parte del manico. La sostanza
mineralizzata sul manico è risultata essere legno. Lunghezza 65 mm; larghezza lama 15 mm.
Sotto: Due frammenti di un oggetto in ferro incompleto, consistente in una barra di metallo
con un gancio ad una estremità; probabilmente un chiavistello. Lunghezza 82 mm; spessore 12
mm x 4 mm dalla parte del manico e 7 mm x 5 mm all’estremità con il gancio.

La chiave (o chiavistello). Un oggetto in ferro, AD/AE è stato trovato ai


piedi della tomba con la scodella e, come quest’ultima, è incompleto.
Presenta una sorta di gambo, con una parte a forma di gancio con estremità
appuntita (fig 27, sotto). Parte del corpo principale è perduto; la lunghezza

254P. J. OTTAWAY, Anglo-Scandinavia Ironwork from Coppergate, “The Archaeology of York”


n. 17, 1992, p. 574.

123
complessiva è di 82 mm ma confronti con reperti simili ritrovati in
Norvegia suggeriscono che il manico doveva avere un laccio di
sospensione255. Questo poteva essere un gancio per sollevare o chiudere un
chiavistello da fuori, oppure una semplice chiave. Le chiavi non sono
sempre facilmente distinguibili dai chiavistelli, ma è chiaro che essi
venivano posti sia nelle tombe femminili che in quelle maschili dell’età
Vichinga256.

Tomba di età vichinga a Cambois, Bedlington, Northumberland


Nel 1859 una tomba contenente tre corpi, una spilla a disco smaltata e
un pettine in osso fu scavata a Cambois, nel Northumberland del nord. La
spilla “giaceva accanto allo scheletro, seppellito per tutta la lunghezza con
la testa rivolta verso est rinchiusa nell’argilla”, con una linea di pietre
collocate attorno al corpo. Degli scheletri, sopravvivono solo i teschi: dalle
analisi di laboratorio sono risultati appartenere uno ad una donna di un’età
compresa fra i 45 e i 60 anni, e gli altri due probabilmente a maschi, uno
di 20 anni e l’altro di 40 circa257.

255
J. PETERSEN, Vikingetidens Redskaper, Oslo, 1951, fig. 254-255.
256 J. PETERSEN, Vikingetidens, cit., p. 463.471; T. LØKEN, The correlation between the shape
of grave monuments and sex in the Iron Age, based on material from Østfold and Vestfold ’, in
Were They All Men? An Examination of Sex Roles in Prehistoric Society, edited by R.
BERTELSEN, A. LILLEHAMMER, J.-R. NÆSS, Stavanger 1987, pp. 56-58.
257 M. L. ALEXANDER, A “Viking-age” grave from Cambois, Bedlington, Northumberland ,

“Medieval Archeology” n. 31, 1987, p. 101.

124
La spilla a disco
La spilla258 è uno stampo in lega di rame, di circa 43,5 mm di diametro
(fig. 28). Presenta nel centro una parte rotonda in rilievo, con smalto
“champlevé”259 che circonda un uccello con qualcosa nel becco, forse un
ramo. È presente un motivo decorativo di puntini realizzati a pressione,
inseriti in una spessa bordatura con un disegno che corre circolarmente
lungo tutto il perimetro. Questo disegno è difficile da interpretare;
sembrano teste di pesce con le bocche aperte e gli occhi rotondi. L’angolo
esterno è decorato con una serie di linee incise.

Fig. 28: Spilla a disco proveniente da Cambois, Bedlington, Northumberland.

La parte inferiore della spilla è concava, e una piccola concrezione su


un lato suggerisce la presenza di un gancio o una fibbia. Nella parte più

258 R. A. SMITH, The British Museum Guide to Anglo-Saxon Antiquities, London 1923; D. M.
WILSON Anglo-Saxon Ornamental Metalwork 700-1100 in the British Museum, London 1964.
259 Tecnica utilizzata per le decorazioni a smalto su oggetti in metallo. È stata usata sia dai Celti

che dai Romani e impiegata dagli orafi medievali per produzione di gioielli e reliquiari fino al
XIV sec. Questa tecnica è realizzata con l’incisione del disegno voluto sull’oggetto da decorare e
il successivo riempimento degli spazi così creati con smalto. Il tutto viene cotto in forno, in modo
da far vetrificare lo smalto sul gioiello. Successivamente si può lucidare e dorare il lavoro.
(Technique de l’émail champlevé, http://www.culture.gouv.fr/emolimo/techniqu.htm).

125
esterna c’è un piccolo foro, troppo piccolo perché possa sostenere una
catena forte abbastanza da sorreggere il peso della spilla.
La spilla presenta inoltre varie colorazioni nella parte smaltata: rosso,
turchese, bianco, blu e verde. La sua datazione è stata stimata oscillante
fra l’825 e il 900, grazie al confronto con il ritrovamento di un oggetto
simile in un cimitero in Germania260.
Il pettine
Il pettine è ricavato dalle due metà di un singolo osso inchiodate insieme
nella estremità del manico, ma con una fessura all’estremità più stretta per
permettere ai denti di essere inseriti (fig. 29). Le lamine con i denti
sopravvivono, e sono di uguale lunghezza; sono inchiodate attraverso la
parte mediana e originariamente contenevano sei denti in 10 mm. I
ribattini sono in ferro. La decorazione è la stessa per ogni lato e consiste
in una banda di linee diagonali tra linee orizzontali; sotto di loro giace una
terza linea. Un paio di linee verticali fiancheggiano i ribattini. Il manico è
decorato con due bande verticali di croci, con ai lati due/tre linee
verticali261.

Fig. 29: Pettine in osso, Cambois, Northumberland.

260 K. DINKLAGE, Die Emailscheibenfibeln vom Kohlmarkt in Braunschweig ihre Zeitstellung


und Verbreitung, in Städarcheologie in Braunschweig, edited by H. ROTTING, Neumunster
1985, pp. 271-273.
261 M. L. ALEXANDER, A “Viking-age” grave from Cambois, Bedlington, Northumberland ,

“Medieval Archaeology” n. 31, 1987, pp. 102-103.

126
L’area in cui è stato ritrovata questa tomba è relativamente povera di
nomi di luogo scandinavi262; questo porterebbe a pensare che questa
sepoltura non sia di coloni norvegesi, ma l’uso di questo tipo di
inumazione e la deposizione di oggetti personali fa pensare a una pratica
Scandinava piuttosto che Anglosassone. Simili demarcazioni del tumulo
con pietre si ritrovano, come abbiamo visto, nel cimitero scandinavo a
Ingleby263. La spilla, però, non ha paralleli in Scandinavia e l’associazione
con il pettine non porta a pensare a una sepoltura norvegese. La spilla
potrebbe non essere inglese, e suggerisce la presenza di contatti di ampio
raggio264.
Questa deposizione, in base alla datazione della spilla, sarebbe stata fatta
non più tardi del X secolo. La mancanza di armi e la presenza di più
individui di sesso diverso potrebbe indicare che questi erano semplici
proprietari terrieri scandinavi (o anglo-scandinavi), stanziati in un’area
dove sono state ritrovate pochissime evidenze archeologiche della loro
presenza. Il fatto che non si riesca esattamente a classificare la tomba come
scandinava o Anglosassone è dovuto, a mio avviso, alla zona di
rinvenimento: culturalmente era soggetta sia ai Danesi del Danelaw che ai
Norvegesi stanziati nella parte occidentale delle isole Britanniche265, senza
contare l’apporto Anglosassone. Non è un caso che una tomba del genere
sia stata rinvenuta in una zona di interscambio culturale.

262 Vedi § 4.4.


263 Vedi pp. 109-111.
264 M. L. ALEXANDER, A “Viking-age” grave from Cambois, Bedlington, Northumberland ,

“Medieval Archeology” n. 31, 1987, p. 105.


265 Vedi fig. 9 p. 55.

127
Spada Anglosassone da Gilling West, Nord Yorkshire
Il ritrovamento che mi appresto a descrivere è particolare in quanto ha
diviso gli studiosi sia per quanto riguarda la modalità di ritrovamento che
la successiva collocazione in un contesto archeologico.
Il nove aprile 1976 fu rinvenuta una spada tardo Anglosassone a doppio
taglio con lama decorata ed elsa con decorazioni in argento vicino al ponte
sul torrente Gilling, nel villaggio di Gilling West, Nord Yorkshire (fig. 30).
Il ritrovamento fu effettuato da un bambino di nove anni che dichiarò di
aver trovato l’arma a quattro-cinque pollici di distanza dal torrente,
notando un pezzo di metallo che usciva dal letto del fiume. Forse la spada
è stata smossa dal suo originale alloggiamento in seguito a dei lavori di
alcuni scavatori che stavano dragando il torrente266.

Fig. 30: Gilling West, N. Yorkshire

266J. R. WATKIN, A late Anglo-Saxon Sword from Gilling West, N. Yorkshire, “Medieval
Archaeology” n. 30, 1986, p. 93.

128
Adesso la spada fa parte dello Yorkshire Museum, York267. Una descrizione
di questa arma è stata fatta sul catalogo della mostra “Vikings
in England”, tenutasi a Londra nel 1981268.
La lama
La lama è lunga 700 mm dal punto più basso della guardia all’estremità
appuntita; si assottiglia man mano che ci allontaniamo dalla guardia, dove
la maggiore larghezza è 52 mm. La lama è conservata molto bene
(probabilmente in seguito alla continua permanenza in ambiente umido)
e presenta ancora la superficie originale scura e brillante (fig. 31).

Fig. 31: Spada rinvenuta a Gilling West, N. Yorkshire.


Lunghezza lama: 700 mm; misura lama nel punto più largo: 52 mm.

267
Catalogata con numero acc. no. 1979.81.
Per ulteriori informazini consultare: G. ZARNECKI, London. The Viking Exhibition, “The
268

Burlington Magazine”, vol. 122, n. 926 (May 1980).

129
Nella parte centrale della lama si nota una decorazione che si estende
per tutta la lunghezza, da entrambi i lati dell’arma. Questo “motivo”
decorativo è il risultato di una particolare tecnica di lavorazione del ferro,
nota in lingua inglese come “pattern-welding”; tale particolare processo
consiste nel fondere più barre di ferro assieme, torcerle e ribatterle
nuovamente fino a farle assumere lo spessore della lama. Questo
procedimento è diverso dalla damaschinatura, anche se spesso vengono
confusi: la decorazione che risulta in seguito a questa tecnica di forgiatura
deriva dal fenomeno della cristallizzazione nella lavorazione dell’acciaio
(che deve contenere almeno l’ 1,2/2% di carbonio), mentre nella tecnica
“pattern-welding” l’effetto decorativo si ottiene primariamente dalla
forgiatura delle barre di ferro ritorte insieme e saldate269.
Dall’analisi ai raggi X risulta che per la losanga centrale sono state
utilizzate tre barre di ferro fuse l’una dietro l’altra. Questo porta alla
formazione di un particolare “motivo” sulla superficie della lama, come si
vede dalla fig. 32. La figura A mostra il motivo sulla superficie dell’arma,
e la figura B rende una sezione tridimensionale della lama. Da notare che
il motivo “pattern-welded” è molto sbiadito subito vicino alla guardia;
questo dimostra che la decorazione era molata via dopo la forgiatura
finale. Invece vicino alla punta il motivo di forgiatura è distorto, cosa che
indica la mancata affilatura di quell’ultima parte dell’arma.
Nell’area dove la superficie originale della lama si è conservata,
possiamo notare una patina scura e brillante. Questa patina era ricavata
trattando la lama con una tecnica simile alle incisioni all’acquaforte, che

J. W. ANSTEE, L. BIEK, A study in Pattern-Welding, “Medieval Archaeology” n. 5, 1961, pp.


269

71-72.

130
serviva per far risaltare e rendere ancora più visibile la decorazione
“pattern-welded” inferiore.

Fig. 32: Disegno schematico della spada per mostrare la probabile struttura “pattern welding”
nella parte superiore e centrale della lama (A) e in sezione (B).
Gilling West, N. Yorkshire.

I lati taglienti dell’arma, dopo questa lavorazione, apparivano come


zone più chiare o più scure, in base al tipo di sostanza chimica usata, il tipo
di elementi presenti nel ferro e un trattamento finale a caldo al quale la
spada era soggetta. I lati affilati dell’arma risultano essere di acciaio, con
un’alta percentuale di carbonio che li rende più resistenti270.

270J. R. WATKIN, A late Anglo-Saxon Sword from Gilling West, N. Yorkshire, “Medieval
Archaeology” n. 30, 1986, pp. 93-97.

131
L’elsa
La guardia risulta curvata verso l’esterno, lontano dalla presa e non è
decorata. Il pomo è trilobato (fig. 33), con un lobo centrale a forma di
cono e gli altri due lobi separati da quello centrale da una stretta fascia di
argento decorata con due gruppi di linee incise parallele. Da ogni lato del
pomo, nel centro, è presente una lastra in argento decorata con cerchi
divisi in quadranti, circondati da campi triangolari.

Fig. 33: Dettaglio dell’elsa.


Gilling West, N. Yorkshire.

Sotto il pomo cinque strisce circolari circondano la presa. Le decorazioni


presenti su queste bande riprendono i motivi del pomo. Le due fasce

132
centrali nella presa risultano consumate, mentre il materiale che formava
l’ impugnatura è scomparso; probabilmente era una sostanza deperibile.

La forma e la decorazione di questa arma rientrano nel gruppo delle


spade tardo Anglosassoni, caratterizzate da una guardia ricurva e un pomo
trilobato. Gli studiosi le considerano le tipiche spade Anglosassoni del
periodo Vichingo271. La sua datazione è compresa fra il IX e l’inizio del X
secolo, datazione che si basa sulla decorazione del pomo e sul confronto
fra questa spada e altri due ritrovamenti avvenuti nel Nord Yorkshire:
Wensley e Camphill, due tombe vichinghe che hanno restituito spade di
questo tipo272. Questo può far pensare che anche la spada in esame
provenga da una tomba scandinava, visto che il contesto di deposizione
dell’arma è incerto; tale ipotesi è secondo me fortemente sostenuta dal
ritrovamento, fatto intorno al 1978, di una pietra a “schiena di porco” (fig.
34) e di un blocco di arenaria con incisa una croce inscritta in un anello
(rotondeggiante in sezione, fig. 35) nei pressi della sponda del Gilling
Beck, poco lontano dal luogo dove è stata ritrovata la spada273 (confronta
§ 4.3). Potrebbe essere stata spostata dal suo alloggiamento originario in

271J. PETERSEN, De norske vikingesverd. En typologisk-kronoligisk studie over vikingetidens


vaaben. Videnskapsselskapets Skrifter, II, “Hist-Filos. Klasse“n. 1, 1919.
272 La spada di Wensley fu rinvenuta nel 1915, mentre veniva scavata una tomba nel cimitero di
questa cittadina situata nello Yorkshire. Essa si trovava associata a uno scheletro orientato nella
direzione E-O (il teschio verso ovest). La spada era posta alla destra dell’uomo e gli altri oggetti
(una punta di lancia in ferro, un frammento di lama di falcetto e un coltello in ferro) sulla sinistra
e con le punte rivolte verso i piedi. Questa è l’unica spada di manifattura Anglosassone dove sono
sopravvissute le decorazioni, proveniente da una tomba Vichinga nelle Isole Britanniche. (D. M.
WILSON, Some neglected late Anglo-Saxon swords, “Medieval Archaeology” n. 9, 1965, pp. 41-
42).
273 J. T. LANG, C. MORRIS, Recent finds of pre-Norman sculpture from Gilling West, N.

Yorkshire, “Medieval Archaeology” n. 22, 1978, pp. 127-130.

133
seguito a un cambiamento del corso del torrente o ai lavori che sono stati
fatti in quella zona.

Fig. 34: Pietra a “schiena di porco” da Gilling West, N. Yorkshire.

134
Fig. 35: Croce in arenaria di Gilling West, N. Yorkshire.

Un’altra ipotesi, probabilmente meno realistica, ci porta a vedere l’arma


come un oggetto da offrire in “rituale” e gettato volontariamente nel
fiume274. Visto il piccolo torrente in cui è stata ritrovata, penso che non si
tratti di un dono “votivo” ma piuttosto di una perdita accidentale 275.
Middle Haring, Norfolk

274 B. D. ADAMS, A Sword of the Viking period from the R. Lea at Hertford, “Medieval
Archaeology” n. 18, 1974, pp. 154-156.
275 D. M. WILSON, Some neglected late Anglo-Saxon swords, “Medieval Archaeology” n. 9,

1965, p. 50.

135
Altri aspetti delle sepolture scandinave e degli insediamenti sono stati
studiati attraverso scavi dall’Unità Archeologica di Norfolk a Middle
Haring nel sud-est di Norfolk, approssimativamente nel centro dell’East
Anglia. Parte di un cimitero giace all’interno dell’area scavata: l’area
cimiteriale era gravemente disturbata, e relativamente poche le tombe
scavate completamente. Di conseguenza la data di molte delle tombe
individuali, e così il divario cronologico del cimitero, è sconosciuto.
Nel perimetro di questo cimitero, tagliato in una fossa che è
interpretata come un possibile confine276 è stata recuperata una singola
sepoltura con corredo. Lo scheletro giace in una posizione ortodossa
(supina), allineato con la testa verso S-O e con i piedi verso N-E. Le ossa
erano malamente conservate a causa delle condizioni del terreno, e la
coscia destra è stata spostata da un buco di palo più tardo. Tutto ciò che
può essere detto sulla base delle ossa è che questa fosse una sepoltura
maschile. Un coltello da intaglio di ferro giaceva vicino al gomito sinistro;
trasversalmente alla vita si trovava una pietra per affilare (tipo della pietra
non identificato)277. Sopra c’era un altro coltello da intaglio e sopra di esso
un coltello con una lama imperniata sul manico. Era presente un secondo
coltello di questo tipo immediatamente a ovest (sul lato del teschio). Una
fibbia in lega di rame con una lastra di ferro si trovava alla sinistra del
bacino, e un’altra piccola fibbia di ferro fu trovata precisamente vicino al
ginocchio sinistro. Uno sperone di ferro era vicino al piede sinistro.
Un’ansa di una tazza in lega di rame è stata rinvenuta nel riempimento

276 A. ROGERSON, A Late Neolitich, Saxon and Medieval Site at Middle Haring, Norfolk , “East
Anglian Archeology” n. 74, 1995, pp. 24, 88.
277 Le pietre per affilare erano corredo comune nelle tombe maschili; come abbiamo visto

venivano prodotte in grande quantità nei centri più importanti (vedi cap. 3 p. 100).

136
della tomba, 11 cm sopra la sua base; un frammento di tarda ceramica
sassone “Thetford” 278 è stato trovato nel riempimento di fondo della
tomba279. Questa varietà di beni funerari suggerisce che la sepoltura è di
un “colonizzatore pagano Vichingo”, “un Danese invasore”. La sepoltura è
stata datata al tardo nono secolo, o all’inizio del decimo, seguendo la
tradizionale considerazione che i coloni pagani Scandinavi si convertirono
presto al cristianesimo. Su questa base, l’individuo può essere descritto
come appartenente alla prima generazione dei coloni.
Vari aspetti di questa sepoltura sono intriganti. Uno è la sua locazione,
che è suggerito essere nell’angolo del cimitero contemporaneo 280. Un altro
è l’allineamento della sepoltura, che sembra leggermente diverso rispetto
alle altre inumazioni della stessa parte di cimitero. Entrambi questi punti
possono essere spiegati come l’espressione del desiderio (da parte della
famiglia dell’uomo morto) di essere visti come separati dai riti Cristiani
della popolazione nativa, mentre usano il consueto luogo di sepoltura della
loro comunità; un passo, forse, lungo il sentiero verso l’integrazione
sociale e religiosa. Comunque, i dati incompleti del cimitero rendono
questi aspetti dell’interpretazione della sepoltura difficili da
convalidare281.

278 Questa tipologia ceramica rientra nella classe definita “Saxo-Norman” (850-1150). Nel periodo
precedente alla Conquista era prodotta solo in determinate città (Ipswich, Norwich e Thetford);
dopo la produzione si estese anche a Langhale e Grimston. Ceramica caratteristica dell’East
Anglia. (HURST, The pottery, cit., pp. 283-288, 314).
279 A. ROGERSON, A Late Neolitich, Saxon and Medieval Site at Middle Haring, Norfolk , “East

Anglian Archeology” n. 74, 1995, pp. 24-25, 79-80.


280 A. ROGERSON, A Late Neolitich, Saxon and Medieval Site at Middle Haring, Norfolk , “East

Anglian Archeology” n. 74, 1995, p. 88.


281 R. A. HALL, Scandinavian settlement in England – the Archaeological Evidence, “Acta

Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, pp. 151-152.

137
Il “corpus” di beni funerari che accompagna questa sepoltura è inusuale
tra le correnti “tiplogie” di corredi di sepolture Scandinave in Inghilterra,
figuriamoci in East Anglia. Da un lato c’è l’assenza di armi e oggetti di
status-symbol tra i beni rinvenuti (oltre allo sperone); dall’altro c’è
un’inusuale concentrazione di coltelli. Rimane incerto se questo corredo
debba essere interpretato come riflesso di uno status particolare o come
conseguenza dell’assimilazione culturale fra Scandinavi e Inglesi.

I cimiteri che si trovano nei pressi di chiese del nord dell’Inghilterra


vennero usati continuativamente durante il periodo Anglosassone, e
presumibilmente furono usati anche dagli Scandinavi, ipotesi supportata
dalla presenza di sculture di pietra con decorazioni di gusto scandinavo282.
Gli invasori, sia i coloni che i pirati, seppellivano i loro morti vicino alle
chiese rispettando rigorosamente le inumazioni presenti. Benché
praticassero riti non cristiani, per loro doveva essere normale porre i loro
morti in luoghi consacrati da seguaci di una diversa confessione; questo
probabilmente perché la religione dei colonizzatori, in questo periodo, si
stava distaccando da quella scandinava classica e stava “assorbendo”
caratteristiche della religione cristiana. La loro vita spirituale, come
appare dalle saghe e dalla letteratura, è varia, a volte contraddittoria,
mobile: essa evolvette dalla sua originaria coesione verso una complessità
e una frammentazione ispirata dal dinamico individualismo nordico, in

P. SIDEBOTTOM, Monuments that mark out Viking land, “British Archaeology” n. 23, April
282

1997.

138
modo tale che, al momento del confronto, poté opporre una resistenza
abbastanza debole alle iniziative della Chiesa romana 283.
I beni funerari sono difficili da datare; Wilson284 è scettico nei confronti
della datazione di un oggetto utilizzando solo l’analisi tipologica, credendo
che sia impossibile collocare cronologicamente un qualsiasi reperto senza
nessun tipo di supporto documentario. È facile classificare le spade trovate
nelle tombe scandinave, ma è impossibile assegnare qualsiasi data che sia
più precisa del secolo. Da questo ne consegue che è impossibile
determinare se tali tombe rappresentino resti di individui sepolti nel
periodo delle incursioni oppure nel periodo degli insediamenti. Sembra
probabile, comunque, che alcune di esse siano rappresentative di una
società radicata sul territorio, anche perché è difficile pensare che la
Chiesa tollerasse sepolture di persone pagane nelle loro chiese.

4.2 “Tesori” in argento e manufatti vichinghi in Inghilterra

I cosiddetti “tesori”285 sono gruzzoli di monete e di argento, sotto forma


di manufatti o lingotti, che vengono occultati sotto terra per tesaurizzarli
ed evitare che vengano rubati. Molte volte questi “tesori” vengono
dimenticati per le cause più varie (semplice dimenticanza o abbandono
precipitoso di un dato luogo di residenza), e così pervengono a noi tramite
lo scavo archeologico o il ritrovamento casuale (spesso con l’ausilio di
metal detector). I ricchi “tesori” dell’Età Vichinga nelle Isole Britanniche
ci forniscono un’idea della ricchezza dei materiali per ricerche su quel

283 DURAND, I Vichinghi, cit., pp. 113-122.


284 WILSON, The Scandinavians, cit., p. 397.
285 In inglese “hoards”.

139
periodo e una prima impressione sulla dislocazione di gruppi scandinavi
sul territorio. Questi gruzzoli contengono monete, gioielli, lingotti e
frammenti di ornamenti personali e altri materiali, deliberatamente
spezzati, in argento (il famoso “argento tagliato”) o un insieme di tutte
queste cose286. Il riconoscimento delle monete ci permette inoltre di datare
i materiali rinvenuti assieme a loro; esse infatti possono fornire il terminus
ante quem, cioè la data prima della quale gli elementi più antichi del tesoro
devono essere stati depositati287.
I “tesori” rinvenuti nelle Isole Britanniche, alla fine degli anni ’70, erano
cinquantacinque; quarantasei dall’Inghilterra, uno dal Galles, cinque dalla
Scozia e tre dall’Irlanda288. La loro disposizione è più chiara osservando le
fig. 36 e 37. Possiamo notare un incremento massiccio nel periodo dall’865
all’895, quando gli scandinavi sono stati più attivi nei loro insediamenti in
Inghilterra289.

286 S. E. KRUSE, Ingots and Weight Units in Viking Age Silver Hoards , “World Archeology” 20,
n. 2, 1988, p. 285.
287 P. BARKER, Tecniche dello scavo archeologico, Milano 2003, pp. 241-245.

288 WILSON, The Scandinavians, cit., p. 397.

289 HILL, An Atlas, cit., pp. 40-43.

140
Fig. 36: Tesori di monete depositati in Inghilterra nel periodo compreso tra il 795 e l’865.

Fig. 37: Tesori di monete depositati in Inghilterra nei periodi compresi tra l’865 e l’895.

Successivamente sono stati rinvenuti altri gruzzoli di questo genere, che


hanno dimostrato di avere datazioni successive: Cuerdale 290 (risalente al

E. HAWKINS, An account of coins and treasure found in Cuerdale, “Arch. Journal” n. 4, 1847,
290

pp. 112-130, 189-199.

141
903), Scotby291 (depositato circa nel 935), Chester292 (depositato nel 970),
per citare quelli di una certa rilevanza pubblicati dalle riviste
archeologiche. Il ritrovamento di Cuerdale, per fare un esempio, contiene
circa settemila monete di origine franca e il suo peso raggiunge le 88
libbre, risultando quattro volte più grande di qualsiasi tesoro rinvenuto in
Inghilterra o in Scandinavia. Forse questo tesoro è stato portato via
dall’Irlanda dai Vichinghi norvegesi che stavano fuggendo verso
l’Inghilterra occidentale293, ed è stato occultato sulle rive del fiume
Ribble294, in una zona che non rientra direttamente nel Danelaw ma che
ha ricevuto delle influenze dai vicini Danesi (vedi § 4.4).

Alla fine degli anni ’80, vicino a Easingwold, Yorkshire, a circa tredici
chilometri a nord di York è stato rinvenuto un piccolo lingotto in argento.
Il sito, un campo arato, ha restituito inoltre una moneta della metà del IX
secolo di Æthelred II di Northumbria e una bilancia in lega di rame per
pesare le monete (forse risalente al tardo medioevo), sfortunatamente con
il braccio rotto, cosa che ci impedisce di quantificare la capacità di
misurazione della bilancia295. Il campo è stato setacciato accuratamente,
alla ricerca di altri oggetti preziosi; il non averne rinvenuti fa supporre che
questa sia semplicemente una perdita isolata piuttosto che un tesoro
occultato volontariamente.

291 S. E. KRUSE, The Viking-age silver hoard from Scotby ; the non-numismatic element, “Trans.
Cumberland and Westmorland Antiq. And Archaeol. Soc.” n. 86, 1986, pp. 79-83.
292 G. WEBSTER, R. H. DOLLEY, G. C. DUNNING, A Saxon treasure hoard found at Chester,

1950, “Antiq. Journal” n. 33, 1953, pp. 22-32.


293 Vedi p. 64.

294 GRAHAM-CAMPBELL, DAFYDD, The Vikings, cit., pp. 33-34; LOYN, The Vikings, cit., p.

49.
295 M. A. S. BLACKBURN, M. J. BONSER, A Viking-age Silver Ingot from near Easingwold,

Yorks., “Medieval Archeology” n. 34, 1990, p. 149.

142
Il lingotto in argento
Il piccolo lingotto in argento può essere preso come esempio in quanto
è simile ai ritrovamenti effettuati in altre zone dell’Inghilterra. Presenta
una forma triangolare in sezione, con estremità arrotondate. La sua
lunghezza è di 30 mm e il suo spessore 8 mm nella parte più larga (fig. 38).

Fig. 38: “Lingotto” in argento proveniente dai dintorni di Easingwold, Yorks.


Lunghezza: 30 mm.
Spessore nella parte più grande: 8 mm.

Il suo peso è di 11,66 g. Il lingotto non ha subito una corrosione elevata,


le piccole scanalature sulla sua superficie probabilmente derivano dalla
natura dello stampo con cui fu forgiato (probabilmente sabbia). La parte
superiore presenta una piccola depressione, probabilmente un
restringimento del metallo durante la colatura 296. Non sono state
rinvenute tracce di trattamenti secondari come le “intaccature” 297 che
invece sono risultate evidenti nel tesoro di Cuerdale.

I lingotti sono stati usati in molti periodi in alternativa alla coniazione


di monete per una tesaurizzazione e un trasporto migliore del metallo
prezioso. Non sempre è facile contestualizzarli cronologicamente, a meno
che non siano ritrovati insieme ad altri oggetti chiaramente databili (come

296 S. E. KRUSE, R. D. SMITH, K. STARLING, Experimental casting of silver ingots, “Historical


Metallurgy” n. 22, 1988, pp. 87-92.
297 Il metodo cosiddetto dell’“intaccatura” consisteva nel tagliare o intaccare, appunto, la

superficie del lingotto con un coltello. Era una prassi utilizzata nel mondo vichingo per testare
la purezza del metallo. (M. A. S. BLACKBURN, M. J. BONSER, A Viking-age Silver Ingot from
near Easingwold, Yorks., “Medieval Archeology” n. 34, 1990, p. 149).

143
le monete). Il periodo in cui i lingotti sono stati utilizzati in maniera più
abbondante è stato il tardo IX secolo e l’inizio del X secolo, nel Danelaw
inglese e nel settore costiero del mar d’Irlanda. In seguito a tutti i
ritrovamenti effettuati è lecito supporre che in queste zone vi fosse
un’economia fiorente ed attiva, dove le monete, sebbene esistessero in
gran numero, erano usate a peso nelle transazioni commerciali. Il
ritrovamento di Easingwold (che è la prima scoperta di un lingotto isolato
in tutta l’Inghilterra) porta un’ulteriore prova che nelle immediate
vicinanze di York esisteva una economia basata sulla tesaurizzazione
dell’argento sotto forma di lingotti durante i primi decenni degli
insediamenti scandinavi in Northumbria298.

I manufatti vichinghi in Inghilterra sono, generalmente, rinvenuti in


maniera accidentale o grazie ai “metal-detectorist”. Durante la mia ricerca
mi sono soffermata principalmente sui ritrovamenti effettuati nella zona
del Danelaw, con la preferenza della zona di York e in un secondo
momento, della zona dell’East Anglia. Il materiale reperito non è molto,
ma ogni ritrovamento mostra chiaramente la qualità e, spesso, l’unicità di
questi manufatti, come gli oggetti che descriverò qui di seguito.
Manico di rasiera del periodo vichingo dal Norfolk
Nell’autunno del 1999 un esperto metal-detectorist trovò in un campo
arato nella parrocchia di Postwick, nella periferia di Norwick un

M. A. S. BLACKBURN, M. J. BONSER, A Viking-age Silver Ingot from near Easingwold,


298

Yorks., “Medieval Archeology” n. 34, 1990, pp. 149-150.

144
insignificante oggetto in lega di rame, che adesso fa parte del Norwick
Castle Museum299.
L’oggetto è risultato essere metà di un manico di rasiera in lega di rame
del periodo vichingo. Originariamente era fatto nella forma di due cavalli
e cavalieri visti di profilo; presenta un’antica frattura in mezzo. Nel punto
più largo misura 28 mm (fig. 39). La base è divisa per reggere la lama in
ferro della rasiera; nell’angolo c’è un foro circolare che può essere un
difetto di colatura. Sopra la base vi è il manico a forma di cavallo e
cavaliere; le tre gambe del cavallo derivano direttamente dalla base, e il
naso si collega a un lungo montante. Il braccio del cavaliere è rivolto verso
il collo del cavallo, e la sua testa è incompleta. Una estremità arrotondata
che parte dal volto sembra una barba. La parte superiore della testa si
espande in qualcosa che assomiglia a un cappello, ma doveva trattarsi della
parte centrale del gancio di sospensione trovato in altri esempi300.

Fig. 39: Manico di rasiera proveniente dal Norfolk. Nel punto più largo misura 28 mm.
L’intero manico è liscio e non presenta nessun tipo di decorazione
superficiale. Considerato l’elevato consumo delle fratture è difficile dire se
il logorio è avvenuto durante l’utilizzo della rasiera oppure dopo la
deposizione. La superficie è corrosa e di un colore marrone scuro.

299 N. di catalogo NWHCM: 20000.75. (H. GEAKE, A Viking-period scandinavian Strike-a-Light


handle from Norfolk, “Medieval Archaeology” n. 44, 2000, p. 223).
300 Cfr. J. GRAHAM-CAMPBELL, Viking Artefacts, Londra 1980, p. 94.

145
Questo oggetto è eccezionalmente raro in Inghilterra; l’esempio di
Postwick sembra essere il primo ritrovamento del genere. Graham-
Campbell, confrontandolo con altri ritrovamenti del genere provenienti
dalla Finlandia (perché tali oggetti facevano parte della tradizione
vichinga dell’Est) lo data tra il IX e il X secolo301.
Il luogo dove è stato ritrovato il manico di rasiera non ha restituito
nessun altro artefatto vichingo; è per questo che si pensa che possa
provenire dalla vicina città di Norwick, anche se negli ultimi anni Norfolk
ha restituito una serie di interessanti oggetti di vita quotidiana del periodo
vichingo302. Questi ritrovamenti hanno cambiato il modo di vedere il
Norfolk, che era sempre stato considerato come una zona di scarsi o
convenzionali ritrovamenti archeologici, quindi una zona periferica del
mondo vichingo.

Frammento di montatura di finimento dell’età vichinga da Cliffe, Nord


Yorkshire
Parte di un montante di finimento in lega di rame fu rinvenuto nel 1997
in un campo vicino a Selby, a pochi chilometri a sud di York. Questo
ritrovamento è di particolare interesse in quanto è il primo esemplare di
una guida per redini trovato nelle Isole Britanniche303. Questa guida è
montata su un arco in legno usato nei finimenti, dove venivano fatte
passare le redini dei cavalli che trainavano carri.

301 Graham Campbell ha recentemente rivisitato questa datazione, includendoci anche il X


secolo. (GRAHAM-CAMPBELL, Viking, cit., p. 94).
302 S. MARGESON, The Vikings in Norfolk, Norwich 1997.

303 È custodito nello Yorkshire Museum, con numero di catalogazione YORYM 1998.694. (J.

GRAHAM-CAMPBELL, A Viking-age Harness-Bow fragment from Cliffe, N. Yorkshire,


“Medieval Archaeology” n. 42, 1998, p. 102).

146
Il frammento di Cliffe, lungo 50 mm (fig. 40) consiste in un terzo di tale
montante che doveva avere una forma semicircolare, con due fori circolari
per far passare le redini, circondato da una decorazione nello stile Borre
del IX/X secolo304. La decorazione che sopravvive è formata da una
maschera animale, posizionata centralmente sui fori, con occhi
prominenti e orecchie serpentiformi a forma di nastro, con una linea
mediana, terminante in una coda. L’ornamento sulla faccia opposta è
simile nel disegno, benché non identico, ma è preservato in maniera
peggiore e la superficie del disegno sembra corrosa. Il culmine è rigato
trasversalmente.

Fig. 40: Frammento di montatura di finimento da Cliffe, Nord Yorkshire.


Il pezzo misura 50 mm.

Questo è l’esempio base di un tipo standard di montante ad arco per


finimento305. Un oggetto del genere è l’unico ritrovamento fatto fino ad
ora nell’Occidente Vichingo; recenti studi hanno dimostrato che reperti
del genere sono principalmente di distribuzione Svedese, benché siano
stati ritrovati anche in Norvegia306.

304 Vedi nota 33 p. 33.


305 J. GRAHAM-CAMPBELL, Viking Artefacts: A Selected Catalogue, London 1980.
306 M. STRÖMBERG, Kumtbeschläge, in Birka II:2. Systematische Analysen der Gräberfunde ,

edited by G. ARWIDSSON, Stockholm 1986, pp. 143-146; J. PETERSEN, Vikingetidens


redskaper, Oslo 1951, pp. 39-42, fig. 38.

147
4.3 Sculture e croci di pietra in stile scandinavo

Il riflesso più grande ed evidente della presenza vichinga in Inghilterra


si trova nella grande quantità di sculture che i coloni scandinavi hanno
lasciato. Nei sagrati delle chiese di gran parte dell’Inghilterra vi erano un
gran numero di sculture in pietra con funzione memoriale, molte delle
quali sopravvivono sotto forma frammentaria ancora oggi. La maggior
parte dei frammenti, tuttavia, proviene dal periodo successivo alla
colonizzazione scandinava307.

Nella loro patria i Vichinghi erano soliti erigere monumenti votivi per
i loro morti, anche se utilizzavano del semplice legno o una pietra piatta.
A parte le occasionali iscrizioni runiche abbiamo pochi esempi in
Scandinavia di pietre intagliate prima della metà del X secolo. Uniche
eccezioni sono le famose “Pietre di Jelling”, erette in prossimità della
chiesa di Jelling nello Jutland; la più piccola è quella eretta da re Gorm in
onore della moglie Thyri, che presenta la seguente iscrizione: “Il re Gorm
eresse questa pietra in onore di Thyri, sua moglie, ornamento della
Danimarca”. La pietra è stata eretta probabilmente nel 935 308. Gorm e
Thyri erano genitori del re Harald Dente Azzurro il quale, tra il 960 e il
985 eresse un’altra pietra runica (fig. 41), la più vistosa di tutta la
Scandinavia, a pochi metri dalla precedente. Vi è incisa una
rappresentazione della Crocifissione; contigua alla grande figura del
Cristo, l’iscrizione recita: “Il re Harald ha ordinato di fare questo

307 WILSON, The Scandinavians, cit., p. 398.


308 ROSBORN (a cura di), I Vichinghi., cit., p. 28.

148
monumento per (memoria di) Gorm suo padre e per (memoria di) Thyri,
sua madre, quell’Harald che ha guadagnato per sé tutta la Danimarca e la
Norvegia e che ha reso cristiani i Danesi”309.
Gli unici altri grandi esempi sono le pietre scolpite e dipinte dell’isola
di Gotland che, dall’inizio del periodo delle migrazioni continuarono con
una tradizione ininterrotta fino alla fine dell’XI secolo; ma Gotland non
sembra aver influenzato il resto della Scandinavia. Infatti, è quasi certo
che la pietra di Jelling sia la prima pietra decorata al di fuori dell’isola di
Gotland eretta in Scandinavia.

La maggioranza delle sculture in pietra in Inghilterra è costituita da


croci e pietre tombali a forma di casa. Queste ultime sono state chiamate
“a schiena di porco” per il colmo del tetto ricurvo che, come le lunghe
mura arcuate, ricorda i grandi edifici secolari dell’epoca 310. Questa
particolare forma monumentale è caratteristica del X secolo 311.
Solo nello Yorkshire ci sono resti di oltre 500 croci e “schiene di porco”;

309 BARBARANI, L’età, cit., p. 63; STRAYER (editor in chief), Dictionary, cit, vol. 12 p. 418.
310 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 235.
311 D. M. HADLEY, Invisible Vikings, “British Archaeology” n. 64, April 2002.

149
Fig. 41: La Pietra di Jelling. Questa pietra, eretta tra il 960 e il 985 da Harald Dente Azzurro,
mostra la più antica rappresentazione di un crocifisso in Danimarca.

150
molte sono decorate in stile scandinavo, o meglio Anglo-Scandinavo,
soprattutto nello stile Borre e Jelling. Le “schiene di porco” presentano
un’iconografia che unisce temi pagani e cristiani; forse possono essere state
usate per commemorare il processo di conversione. Esse, come ho già
detto, possono essere intese per assomigliare a case312 – hanno tetti,
appaiono come formate da due sale con le pareti curve, e alcune
presentano addirittura una porta. Molte hanno delle bestie fissate alle due
estremità del tetto (nel timpano) somiglianti a musi di orso313. Vediamole
da più vicino, basandoci sulla bibliografia disponibile in Italia.

Le coperture tombali a “schiena di porco”


Questi particolari monumenti sono distribuiti maggiormente all’interno
dei confini dell’antico regno di Northumbria e nel regno norvegese di
Orkney, aree dominate dagli insediatori scandinavi durante i secoli X e
XI314.
Principalmente, le pietre a “schiena di porco” sono state utilizzate come
coperture di tombe e sono state ritrovate nel territorio di insediamenti
scandinavi. Sono sculture in pietra appartenenti alla cultura Anglo-
Scandinava della Northumbria del X e XI secolo; diversi studiosi ritengono
che possano essere prese come modelli per le case in legno scandinave. La
tecnica della lavorazione della pietra fu acquisita dai Danesi e dai

312 La “casa lunga” o “a navata”, tipica del mondo germanico, doveva essere molto diffusa in tutta
la Scandinavia. Di regola essa aveva una pianta rettangolare, spesso con i lati maggiori incurvati
verso l’esterno. Il tetto poggiava su due file di pali interni indipendenti, staccati dai muri, che
delineavano la grande navata centrale separandola da quelle laterali. Questo vasto salone fungeva
contemporaneamente da soggiorno, sala da pranzo e dormitorio. (BARBARANI, L’età, cit., p.
138).
313 D. M. HADLEY, Invisible Vikings, “British Archaeology” n. 64, April 2002.

314 A. STONE, Hogbacks: Christian and Pagan imagery on Viking Age monuments , “3rd stone -

archaeology, folklore and myth”, n. 33, Gennaio-Marzo 1999, p. 16.

151
Norvegesi dagli artisti autoctoni, probabilmente in seguito alla modifica
degli usi funerari dovuta alla loro conversione al Cristianesimo.
È difficile datare esattamente questi monumenti funerari, specialmente
se prendiamo in considerazione solo lo stile artistico con cui sono state
decorate poiché molte pietre non sono state ritrovate in situ, nei cimiteri
vicino alle chiese, ma sono state riutilizzate come elementi murari nelle
chiese Normanne, circostanza che le ascrive probabilmente al X secolo.
Tale esposizione agli agenti atmosferici rende oggi quasi impossibile
determinare, in molti casi, la lavorazione e l’originale decorazione
pittorica che ornava le pietre.

Brompton, North Riding dello Yorkshire


Diverse pietre riutilizzate vennero alla luce quando la chiesa a
Brompton, vicino a Northallerton, fu demolita nel 1867. Fra le pietre ve
ne erano undici a “schiena di porco”315. Con una sola eccezione, tutte le
“case” che tali pietre riproducevano presentavano una scultura a forma di
orso da entrambi i lati del tetto. La “casa” compresa fra le fauci degli orsi
presenta una divisione in pannelli, con un chiaro segno di demarcazione
fra le mura e il tetto, e il tetto risulta coperto da una serie di assicelle di
copertura che si rastremano ad una estremità. Il tutto è coronato da una
cresta curva, con il colmo decorato da una treccia ad anelli. La decorazione
delle mura può essere interpretata come “palo e graticcio” (fig. 42 a).

315W. GREENWELL, A Catalogue of the Sculptured and Inscribed Stones in the Cathedral
Library, Durham. The Anglian Series, 1899, nos. 58-63.

152
Un’altra “schiena di porco” proveniente da Brompton è in tutto e per
tutto simile a quella appena descritta, con la differenza che le pareti sono
decorate con un motivo particolare definito “triquetra” (fig. 42 b)316.
Nel centro delle mura di alcune “schiene di porco” troviamo un
pannello con un arco incassato, interpretato da Collingwood come una
porta317 (fig. 42 c).
Da Ingleby Arncliffe, vicino Brompton, provengono tre “schiene di
porco” 318 con un disegno particolare. Due di esse sono custodite nella
Cathedral Library a Durham, la terza nello Yorkshire Museum a York (fig.
43 a). Quest’ultima è piccola, e la parte bassa delle pareti è stata tagliata
via. Il tetto ha una pendenza non accentuata, la superficie è piana. Una
caratteristica importante è che i timpani sono di larghezza e altezza
ineguale. Sculture di forma animale sono state sostituite da sobrie
caratteristiche architettoniche.
Tre altre “schiene di porco” sono state rinvenute nella cripta della torre,
nella chiesa di Lythe, vicino a Whitby nel Nord Yorkshire (una delle
pietre, fig. 43 b)319.

316
W. G. COLLINGWOOD, Anglian and Anglo-Danish sculpture in the North Riding of
Yorkshire, “Yorks. Archaeol. J.”, 19, 1907, p. 277.
317 W. G. COLLINGWOOD, Anglian and Anglo-Danish sculpture in the North Riding of

Yorkshire, “Yorks. Archaeol. J.”, 19, 1907, pp. 82, 277.


318 W. GREENWELL, A Catalogue of the Sculptured and Inscribed Stones in the Cathedral

Library, Durham. The Anglian Series, 1899, nos. 64-65.


319 J. T. LANG, The Castledermot hog-back, “Journal Roy. Soc. Antiq. Ireland” n. 101, 1971, fig.

10.

153
Fig. 42: Tre “schiene di porco” provenienti dalla chiesa di Brompton, North Riding dello
Yorkshire.

Come per la precedente, i timpani di queste pietre sono ineguali in


altezza e larghezza, e decorate con segni che ricordano i tetti.

154
Fig. 43: “Schiene di porco” provenienti da:
a. Ingleby Arncliffe, Brompton
b. chiesa di Lythe, vicino a Whitby, Nord Yorkshire

Una pietra particolare può essere inserita nella serie ritrovata a


Brompton, ma presenta delle caratteristiche che la differenziano dalle
“schiene di porco” osservate fino ad ora. Tale pietra si torva nella chiesa di
Sockburn-on-Tees, presso Durham320. La testa dell’orso è appena
accennata e non è scolpita con molti dettagli (fig. 44), i lati del tetto sono
curvi. I frontoni sono inclinati verso l’esterno.

Cfr. J. RUSSEL WALKER, Notes on a peculiar class of recumbent monuments, “Proc. Soc.
320

Antiq. Scotland” n. 7, 1884-1885, p. 406 fig. 9.

155
Fig. 44: “Schiena di porco” da Sockburn-on-Tees, presso Durham.

Wycliffe Churc, Teesdale, North Riding dello Yorkshire


In questa “schiena di porco” le teste degli orsi sono immediatamente
riconoscibili; i loro corpi sono formati da una decorazione in stile Jelling321
(fig. 45). Le altre caratteristiche sono simili a quelle delle pietre descritte
sopra, anche se le pareti sono molto rovinate.

Fig. 45: “Schiena di porco” da Wycliffe Churc, Teesdale, North Riding dello Yorkshire.

321 D. M. WILSON, O. KLINDT-JENSEN, Viking Art, London 1966, tav. 10.

156
Cumberland
Esistono anche pietre senza gli orsi affrontati sul tetto; anche se questi
esemplari sono pochi, è interessante osservarli. La “schiena di porco”
proveniente da Plumbland, Cumberland, nonostante sia stata spezzata a
metà e riutilizzata nella chiesa del paese, è ben conservata e presenta
chiaramente i frontoni (fig. 46 a). Le pareti sono decorate con sottili figure
di animali con un doppio contorno, scavate in bassorilievo ed entrambi i
frontoni sono decorati con il motivo a “triquetra”. Questo, secondo
Brøndsted, ascrive la pietra alla metà del X secolo322.

Fig. 46 a: “Schiena di porco” proveniente da Plumbland Church, Cumberland.

Il frammento proveniente da Brigham, vicino a Plumbland, presenta una


simile cornice, ma senza ornamento (fig. 46 b)323.

J. BRØNDSTED, Early English Ornament, London and Copenaghen 1924, p. 225.


322

R. BAILEY, Pre-Norman sculpture from Brigham, “Trans. Cumberland and Westmorland


323

Antiq. And Archaeol. Soc.” n. 63, 1963, pp. 158-159.

157
Fig. 46 b: “Schiena di porco” proveniente da Brigham Church, Cumberland.

La piccola pietra da Kirkby Stephen, Westmorland, presenta una forma a


casa e non è appesantita da decorazioni animali o intrecci 324 (fig. 46 c).

Fig. 46 c: “Schiena di porco” proveniente da Kirkby Stephen Church, Westmorland.

Altre “schiene di porco” provenienti dal Cumberland sono quelle della


chiesa di Crosscanonby (fig. 47 a), che danno una buona impressione di
come potevano essere le case lunghe con pareti curve. Il tetto non è
decorato con l’usuale motivo a assicella di copertura, ma con una catena
in stile Borre325. In questo caso sono presenti le teste di orso, ma appaiono
talmente degenerate che assomigliano di più a serpenti con il corpo ridotto
a una treccia decorativa. Su un lato si nota una figura sbozzata,
probabilmente una porta; nella parte bassa appare la rimanenza di un

324 H. SCHMIDT, The Trelleborg house reconsidered, “Medieval Archaeology” 17, 1973, p. 71.
325 WILSON, KLINDT-JENSEN, Viking Art, cit., p. 108.

158
nodo, forse un serpente. Questo indica che la pietra, originariamente, era
più alta326.
La “tomba del gigante” a Penrith Church327 consiste in due croci e
quattro “schiene di porco”, ma solo una pietra è conservata
sufficientemente per dare un’idea di come appariva (fig. 47 b). Appare una
decorazione di trecce avvolte e spirali sulla superficie.

Fig. 47: “Schiene di porco” provenienti da:


a. Crosscanonby Church, Cumberland;
b. “Tomba del Gigante” a Penrith Church, Cumberland.

H. SCHMIDT, The Trelleborg house reconsidered, “Medieval Archaeology” 17, 1973, p. 73.
326

W. G. COLLINGWOOD, The Giant’s Grave, Penrith, “Trans. Cumberland and Westmorland


327

Antiq. And Archaeol. Soc.” n. 23, 1923, p. 115.

159
La “schiena di porco” ritrovata in una chiesa parrocchiale ad Aspatria328
è molto danneggiata, ma il disegno principale è chiaro (fig. 48). Una
mandibola erosa con un canino è tutto ciò che rimane della testa dell’orso,
ma la bestia non presenta corpo. Le pareti della “casa” presentano dei
frontoni e consistono in recessi rettangolari che occupano l’intera
superficie del muro, inframezzati da pilastri. Le decorazioni sono tutte in
stile Jelling329.

Fig. 48: “Schiena di porco” proveniente da Aspatria Church, Cumebrland.

Gosforth
Le due famose “schiene di porco”330 a Gosforth, vicino alla costa del
Cumberland, presentano molte caratteristiche in comune con le altre

328 H. SCHMIDT, The Trelleborg house reconsidered, “Medieval Archaeology” 17, 1973, p. 70.
329 Per la decorazione cfr. W. G. COLLINGWOOD, Northumbrian Crosses of the Pre-Norman
Age, London 1927, fig. 178.
330 C. A. PARKER, The Ancient Crosses at Gosforth, Cumberland , London 1896, pp. 81-85; W.

S. CALVERLEY, Shrine-sharped or coped tombstone at Gosforth, Cumberland, “Trans.


Cumberland and Westmorland Antiq. And Archaeol. Soc.” n. 15, 1899, pp. 239-246.

160
pietre della zona. Sono state rinvenute nel 1896 e nel 1897 come pietre
angolari nelle fondamenta del muro nord della chiesa, ma sono state
danneggiate da un’esplosione. Sulla pietra denominata “Tomba del Santo”
(fig. 49) troviamo motivi Cristiani e Scandinavi, simili alla splendida croce
del cimitero (la famosa “croce di Gosforth” eretta nel 940, vedi fig. 50)331;
esse sono così simili che è stato pensato siano opera dello stesso artigiano,
nella metà del X secolo. Brøndsted avvicina i reliquiari Irlandesi a questa
“Tomba del Santo”, poiché sono chiari i riferimenti e le influenze delle
croci Irlandesi332. I serpenti sono intagliati in rilievo, il tetto presenta una
curvatura debole. È visibile la testa di un drago dove generalmente sono
presenti gli orsi, e una treccia prende il posto del corpo.

Fig. 49: “Tomba del Santo”, Gosforth, Cumberland.

331 Consultare i seguenti link: http://web.ukonline.co.uk/cj.tolley/ctm/ctm-gosforth.htm;


http://www.visitcumbria.com/index.htm
332 BRØNDSTED, Early English, cit., p. 203.

161
L’altra “schiena di porco” della chiesa di Gosforth, chiamata “Tomba del
Guerriero”, presenta una splendida decorazione raffigurante un insieme
di guerrieri armati di spada e scudo (fig. 51). Nessun tipo di animale è
presente in questa “casa dei morti”333.

Fig. 50: Croce di Gosfoth: alta 4,20 metri, è la croce vichinga di dimensioni maggiori in tutta
l’Inghilterra.

333 H. SCHMIDT, The Trelleborg house reconsidered, “Medieval Archaeology” 17, 1973, p. 74.

162
Fig. 51: “Tomba del “Guerriero”, Gosforth, Cumberland.

Croci in pietra
Le prime croci medievali in Inghilterra sono state viste, per lungo
tempo, semplicemente come pietre decorate che riflettevano lo stile e la
moda del tempo. Tradizionalmente vengono fatte risalire al periodo tra
l’VIII secolo e l’XI secolo - quelle senza segni riconoscibili di decorazioni
in stile scandinavo fra l’VIII e il IX secolo, e quelle in stile anglo-
scandinavo fra il IX e l’XI secolo. Sfortunatamente, poche pietre possono
essere datate con certezza e questa cronologia è basata su una serie di dati
relativi e ultimamente sull’assunzione stilistica che le pietre riflettano la
“decadenza” della popolazione334. Questa teoria sostiene che gli
Anglosassoni divennero decadenti e questo venne rese manifesto dalla

P. SIDEBOTTOM, Monuments that mark out Viking land, “British Archaeology” 23, April
334

1997.

163
povertà e semplicità della scultura. Questo “declino” li lasciò
successivamente vulnerabili alle invasioni dei Vichinghi. I Vichinghi, a
loro volta, decaddero e iniziarono anche loro a scolpire in maniera più
elementare. In altre parole, più povera e semplice è la scultura, più è tarda.
Un recente riesame di circa 300 pietre in sette regioni centrali del
Danelaw, tuttavia, ha prodotto una nuova interpretazione del perché e del
quando queste pietre sarebbero state erette. È possibile che tutte queste
pietre siano state poste in loco in una breve fase all’inizio del X secolo, e
che i diversi stili di incisione riflettano i vari gruppi regionali di scultori
piuttosto che i cambiamenti nella moda attraverso il tempo. Tutte le pietre
considerate in questo studio sono state trovate nelle aree controllate dai
Vichinghi, non in aree Anglo-sassoni. Come una sorta di “totem”, sembra
siano state erette per sottolineare la rivendicazione del controllo su un
territorio e per simbolizzare un’identità di gruppo nel periodo della
minaccia politica dal Wessex anglosassone335.
Un attento esame degli elementi decorativi delle pietre suggerisce che
ogni gruppo stilistico appartenga a uno dei secolari territori del Danelaw.
I gruppi stilistici rispettano i confini delle suddivisioni di quel tempo,
piuttosto che frontiere territoriali precedenti o successive al controllo
Vichingo.
I monumenti sono stati rinvenuti sulla linea est del confine tra il Nord
della Mercia e la Mercia “esterna” da una parte, e il Sud della Mercia
dall’altra336; questa prova suggerisce che quasi certamente queste pietre
segnavano la linea di demarcazione fra i Vichinghi e gli Inglesi in seguito

D. M. HADLEY, Invisible Vikings, “British Archaeology” 64, April 2002.


335

P. SIDEBOTTOM, Monuments that mark out Viking land, “British Archaeology” 23, April
336

1997.

164
all’accordo stipulato fra Guthrum e re Alfredo del Wessex, dopo la vittoria
di quest’ultimo riportata nella battaglia di Edington nell’878. Il re vichingo
stipulò un patto con Alfredo, ma ben presto lo violò; nell’886, o poco dopo,
ne stipulò un altro che stabiliva i confini tra il suo regno e quello di
Alfredo337. Nel cuore del regno della Mercia, e nei vecchi centri del sud,
non sono state ritrovate nessun tipo di croci in pietra.
Un gruppo di pietre, tuttavia, segue un diverso percorso e si collega non
ai territori del Danelaw ma alle aree degli insediamenti Norvegesi. Questi
monumenti sono localizzati nelle terre più marginali attorno ai monti
Pennini, e la loro iconografia mostra paralleli con i monumenti nel Wirral,
nord del Galles, nella Cumbria e nell’isola di Man, le maggiori aree di
insediamenti di Norvegesi provenienti dall’Irlanda; mostrano dunque
chiari segni di ispirazione Irlandese-Norvegese338. Essi inoltre si ritrovano
in regioni ricche di elementi di nomi di luogo norvegesi 339. È possibile
quindi riconoscere uno stile differente fra le prime sculture del nord-est
dell’Inghilterra e quelle del nord-ovest, differenza presumibilmente
dovuta a una diversa origine dei colonizzatori340.
Tutti i monumenti tradizionalmente considerati “Inglesi” (quelli che
non mostrano un’iconografia scandinava riconoscibile) furono trovati in
zone dell’Elmet e della Pecsaetna341; queste furono aree (benché
all’interno del Danelaw) dove non sono state rinvenute prove della

337 Vedi p. 56.


338 LOYN, The Vikings, cit., p. 47.
339 WILSON, The Scandinavians, cit., pp. 398-401.

340 Si veda la fig. 2 a p. 22 per la disposizione delle diverse stirpi vichinghe nelle isole Britanniche.

341 Territorio che comprende lo Yorkshire sud-occidentale e il Distretto Peak, nel Derbyshire.

(D. M. HADLEY, Invisible Vikings, “British Archaeology” 64, April 2002).

165
presenza di insediamenti Vichinghi. Comunque non dobbiamo pensare
che un monumento, solo perché non sembra vichingo, non possa esserlo.
Il dubbio del perché queste opere in pietra siano state erette rimane. La
ragione più plausibile è che queste croci avessero la funzione di celebrare
la sottomissione dei Danesi del nord ai Sassoni dell’ovest e alla Chiesa
Romana, che operavano insieme. Le croci sembra siano state erette nel
centro di vecchie proprietà, molte di queste in sagrati di chiese (dove
possono essere trovate ancora oggi), come un tacito riconoscimento del
potere della Chiesa e del re dei Sassoni. Nello stesso tempo, l’iconografia
con influenze scandinave dei monumenti mostra un sottile messaggio di
coesione territoriale ma soprattutto culturale, segno questo che la forza
delle tradizioni pagane non era del tutto morta342.

4.4 Toponomastica. L’influenza della lingua scandinava sui nomi di luogo


in Inghilterra

La presenza di coloni scandinavi nel Danelaw non ha lasciato, come


visto precedentemente, solo un’impronta archeologica; possiamo infatti
riconoscere le zone dove la loro influenza e i loro villaggi erano più
radicati e numerosi grazie all’“eredità” linguistica che hanno lasciato, sotto
forma di nomi di luogo e termini di uso comune, ancora oggi presenti nella
lingua inglese.
Nei distretti dove i Vichinghi si insediarono la loro influenza sui nomi
di luogo ha variato molto. Essi continuarono a parlare la loro lingua e,

342J. GRAHAM-CAMPBELL, E. JOHN, P. WORMALD, The Anglo-Saxon, Oxford 1982, pp.


162-163.

166
dove la popolazione era formata sia da coloni scandinavi che da nativi
parlanti inglese, i nuovi arrivati modificarono sensibilmente la
toponomastica adattandola alla loro pronuncia oppure cambiando alcuni
termini inglesi con termini scandinavi simili, o ancora unendo nomi
propri scandinavi con termini topografici inglesi343. Queste caratteristiche,
oltre a dare indicazioni sulla distribuzione della popolazione scandinava
in un determinato territorio fa capire il grado di interscambio culturale
che si era instaurato fra i nativi inglesi e i colonizzatori vichinghi. Spesso
la combinazione di elementi inglesi e scandinavi in uno stesso nome di
luogo, oppure l’esistenza di nomi diversi per indicare la stessa località
mostrano chiaramente la presenza di due comunità parlanti lingue
diverse, che vivono a stretto contatto344.

Esistono varie tipologie e livelli di influenza linguistica:


Nomi di luogo puramente scandinavi: quei luoghi che presentano nomi
importati direttamente dal norreno e utilizzati per indicare una località.
Ad esempio, Grimsby che significa semplicemente “il villaggio di Grim”
dove Grim è un nome proprio scandinavo345.
Nomi di luogo “scandinavizzati”: nomi di località che, a causa della simile
pronuncia in entrambe le lingue erano soggetti ad essere “storpiati” e
modificati, spesso con la sostituzione di lettere. Esempi: Skyrlaugh (Est
Riding of Yorkshire) proviene dall’ Old English scīr-lēah, “radura

343 G. FELLOW-JENSEN, Vikings in the British isles: the place-name evidence, “Acta
Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, pp. 135-136.
344 D. M. HADLEY, Viking and native: re-thinking identity in the Danelaw , “Early Medieval

Europe” 2, n. 1, 2002, pp. 56-62.


345 P. H. REANEY, The Origin of English place-names, London and New York 1987, pp. 163-

164.

167
luminosa”; Skipwith (Est Riding of Yorkshire) deriva dall’Old English
scīpwīc, “fattoria di pecore”, con la sostituzione addizionale dell’Old Norse
viðr, “bosco” per l’ Old English wīc346.
“Anglicizzazione” di nomi scandinavi: sostituzione di una parola
scandinava con un termine inglese. Esempi: il termine scandinavo austr,
“est” è stato rimpiazzato dall’ Old English ēast in East Riding; il termine
Old Norse fagr dall’Inglese fair in Fairywood (North Riding of
Yorkshire)347.
“Ibrido Grimston”: è un termine convenzionale che viene usato per i nomi
di luogo formati da un nome proprio scandinavo e il suffisso Old English
–tūn. Grimston è la località da cui prende nome questa particolare forma
di scandinavizzazione: deriva dai nomi propri in Old Norse Grímr e Old
Danish Grīm, e ricorre dieci volte nelle contee dello Yorkshire,
Nottingham, Leicester, Norfolk e Suffolk348. Questi ibridi sono numerosi
nelle aree di maggior insediamento (fig. 51).

346 REANEY, The Origin, cit., pp. 165-168.


347 Ibidem, p. 169.
348 Ibidem, p. 170.

168
Fig. 51: Nomi di luogo scandinavi dell’Inghilterra orientale.

Elementi comuni: “-by” e “thorp” (o “þorp”): l’elemento finale –by è


estremamente comune nelle zone dove gli scandinavi si insediarono,
particolarmente nel Lincolnshire, Leicestershire e il North Riding of

169
Yorkshire (nel complesso, la zona centro-settentrionale del Danelaw, vedi
fig. 51). Il suffisso –by implica la presenza di un gran numero di immigrati
nordici parlanti scandinavo (Danesi o Norvegesi) in un distretto. In
Norvegese la parola significa “fattoria”, mentre in Danese “villaggio”. Un
esame dei nomi in “-by” ha mostrato che circa i due/terzi di essi sono
formati da un nome proprio più il suffisso, e questi sono divisi fra nomi
Danesi e Norvegesi nella proporzione di otto a uno in favore dei Danesi. I
maggiori centri dei nomi in “-by” si trovano nelle valli fra i fiumi Tees e
Welland, nella valle del Wreak nel Leicestershire, in molte parti del
Lincolnshire e in tutte e tre le divisioni amministrative dello Yorkshire,
con una speciale concentrazione nella valle di York349. Esempi: Ellerby
(East Riding of Yorkshire), Wetherby e Austby (West Riding of
Yorkshire) da austr, “east”.
Il secondo elemento comune nei nomi di luogo di origine Scandinava in
Inghilterra è “thorp”, o “þorp”; ricorre raramente in Norvegia, ma è
comune in Svezia e Danimarca. Tradizionalmente è tradotto come
“insediamento secondario”, “piccolo villaggio dipendente da un centro più
grande” anche se alcuni studiosi sono scettici: Gillian Fellow-Jensen
sostiene infatti che i villaggi con questo nome presentano una natura non
omogenea e la maggior parte di loro si sono sviluppati in grandi e prosperi
possedimenti. I nomi con il suffisso “thorp” ricorrono frequentemente
nelle zone del Northumberland, North Riding of Yorkshire, East Riding
of Yorkshire, Lincolnshire e la zona orientale dell’East Anglia. Non si
ritrovano spesso nella zona della Cumbria e del Lancashire perché questo

349 AA. VV., Published by the director General of the Ordnance Survey Southampton, Britain
before the Norman Conquest, Southampton 1973, p. 11.

170
territorio era sotto il dominio dei Norvegesi; comunque, qualche sporadica
presenza fa intuire l’apertura all’influenza dal Danelaw350. Esempi:
Skinnerthorpe, Edderthorpe, Painthorp (West Riding of Yorkshire).

Anche se la distribuzione topografica non può rappresentare un dato


certo e indiscutibile sulla presenza scandinava in una data area, è
sicuramente un indizio di cui dobbiamo tenere conto nel valutare
l’impatto della colonizzazione vichinga nel Danelaw. Ciò che risulta da
questa analisi è che la distribuzione dei toponimi scandinavi segue, in linea
di massima, gli spostamenti e le zone insediative danesi descritte nelle
fonti storiche. Nomi di comuni di matrice scandinava si ritrovano
ampiamente disseminati attraverso il North e East Riding of Yorkshire,
lungo il fiume Humber nel Lincolnshire e Leichestershire, e meno
densamente nel Nottinghamshire. Nel Norfolk sono ben rappresentati; nel
Suffolk sono ben diffusi ma meno numerosi. Nel West Riding abbiamo
una fascia che corre dal nord del Lancashire attraverso tutta la regione
verso il North e East Riding, con un’altra zona più oltre, dal sud del
Lancashire verso Nottinghamshire. Questi insediamenti sono però meno
densi e separati gli uni dagli altri.
Se consideriamo i nomi in –by, abbiamo un’impressione simile. Ve ne
sono circa 250 nello Yorkshire di cui 150 nel North Riding e 42 nell’East
Riding; 260 nel Lincolnshire, 58 nel Leicestershire, 21 nel
Nottinghamshire, 18 nel Northamptonshire, 10 nel Derbyshire. Nell’East
Anglia ne troviamo 21 nel Norfolk, 3 nel Suffolk e solo 1 nell’Essex. Questo

350G. FELLOW-JENSEN, Vikings in the British isles: the place-name evidence, “Acta
Archaeologica vol. 71: Vikings in the West”, Munksgaard 2000, p. 140.

171
dimostra che la più grande influenza scandinava in Inghilterra si è avuta
dove le “Grandi Armate” Danesi si sono insediate: Yorkshire, Mercia
scandinava e East Anglia351.

L’influenza scandinava sulla lingua inglese non si limitò, comunque, ai


soli nomi di luogo: moltissimi termini di uso comune sono stati presi in
prestito dall’inglese moderno, come molti elementi grammaticali nuovi,
fra cui il plurare they (essi), them (loro come pronome oggetto), their (loro
come aggettivo possessivo) derivanti dallo scandinavo their, theim,
theirra. I dialetti inglesi comprendevano migliaia di prestiti scandinavi,
compresi molti relativi all’agricoltura, ad esempio lathe (in nordico antico
hladha, granaio), quee (kvíga, giovenca) e lea (lé, falce), ma ora stanno
scomparendo insieme ai dialetti. Il forte influsso linguistico deriva dalla
somiglianza di molte parole in inglese antico e in nordico antico, perciò
fin dall’inizio le due lingue erano in una certa misura intelligibili, e un
dialetto misto potrebbe essere ben presto sorto nel Danelaw. Le
testimonianze linguistiche mostrano inoltre che molti scandinavi
coltivavano la propria terra ed accudivano i propri animali, a differenza
dei conquistatori normanni dopo il 1066352. I molti prestiti scandinavi
riguardanti la navigazione, che furono presto adottati, presumibilmente
riflettono la superiorità tecnica dei Vichinghi in questo campo 353.

351 REANEY, The Origin, cit., pp. 179-180.


352 ROESDAHL, I Vichinghi, cit., p. 232.
353 T. D. SORENSENS, Ships and searoutes of the Vikings , cit., pp. 175-186.

172
APPENDICE

I Re scandinavi dal IX° all’XI° secolo354

Norvegia
Harald Hárfagr (Bellachioma) c. 872 - c. 930
Olaf Tryggvason 995 - 1000
Olaf Haraldsson (il Santo) 1014 - 1030
Magnus 1035 - 1047
Harald Hardrádi (lo Spietato) 1047 - 1066
Magnus 1066 - 1069
Olaf 1067 - 1093

Danimarca
Harald Dente Azzurro c. 988
Svend Barbaforcuta c. 998 - 1014 (Re d’Inghilterra 1013 - 1014)
Harald 1014 - 1018
Cnut (Canuto il Grande) 1018 - 1035 (Re d’Inghilterra 1016 - 1035)
Svend 1047 - 1074

Svezia
Eric il Vittorioso c. 980 - 985
Olaf Svenski 995 - 1022
Anund (James) 1022 - 1056
Edmund Ganuel 1056 - 1060

354 The Anglo-Saxon Chronicle, a cura di A. SAVAGE, cit.

173
Re del Wessex e dell’Inghilterra dal 757 al 1087355

Cynewulf 757 - 786


Brihtric 786 - 802
Ecgbryht 802 - 839
Æthelwulf 839 - 858
Æthelbald 858 - 860
Æthelberht 860 - 866
Æthelred 866 - 871
Alfredo il Grande 871 - 899
Edoardo il Vecchio 899 - 924
Æthelstan 924 - 939
Edmund 939 - 946
Eadred 946 - 955
Eadwig il Bello 955 - 959
Edgar il Pacifico 959 - 975
Edoardo il Martire 975 - 978
Æthelred lo Sconsigliato 978 - 1016
Sven Barbaforcuta 1013 - 1014
Edmund Fianco di Ferro 1016
Canuto il Grande 1016 - 1035
Harold Harefoot (Piè di lepre) 1035 - 1040
Harthacnut 1040 - 1066
Edoardo il Confessore 1042 - 1066
Harold Godwinesson 1066
Guglielmo il Conquistatore 1066 - 1087

355 The Anglo-Saxon Chronicle, a cura di A. SAVAGE, cit.

174
CONCLUSIONI

«Sulla via dell’Occidente in spedizione per mare a scopo di rapina», A


vestrvegum í víkingu, questa è la formula consacrata dai monumenti
runici – e ripresa più tardi dalla letteratura delle saghe – che indica uno
dei grandi assi della penetrazione nordica, in opposizione al non meno
tradizionale í austrvegi, che designa la via dell’Oriente356.
I vichinghi Danesi, come abbiamo visto, si spinsero lungo l’asse di
penetrazione occidentale e si insediarono in maniera massiccia sulle isole
Britanniche con un movimento di navi ed uomini che iniziò alla fine
dell’VIII secolo e che è continuato (in maniera sempre meno incisiva)
quasi fino alla metà dell’XI secolo. Fonti storiche anglosassoni ci fanno
intuire che questi “northmanni” fossero un numero elevato, che
sbarcavano e svernavano sul suolo inglese per poi, la primavera successiva,
dedicarsi al saccheggio e alla conquista del territorio invaso. Quel che è
certo è che la popolazione scandinava all’alba della così detta Età Vichinga
non poteva essere tanto numerosa357 da giustificare un “esodo” che non è
avvenuto in massa ma che è stato esagerato dalle uniche fonti scritte del
tempo, come la Cronaca Anglosassone358.
Le motivazioni per cui i vichinghi Danesi si spinsero verso l’Occidente,
particolarmente verso le isole Britanniche è un punto controverso; da ciò
che è emerso dalla mia ricerca posso dedurre che le prime incursioni

356 DURAND, I Vichinghi, cit., p. 15.


357 Ancora oggi la popolazione della Scandinavia (Norvegia, Svezia e Danimarca) non raggiunge
i 20 milioni di abitanti su una superficie di circa 816 mila chilometri quadrati.
358 Vedi p. 103.

175
furono probabilmente condotte in maniera casuale da ciurme spinte solo
dal desiderio di avventura ed esplorazione, che tanta parte ha avuto nei
viaggi per mare vichinghi. Avendo successivamente scoperto che
l’Inghilterra possedeva ricchi e indifesi monasteri e città costiere
facilmente razziabili pensarono di ripetere i saccheggi 359, e da pirati i
vichinghi si trasformarono in coloni, contadini, allevatori ed artigiani che
si insediarono sul territorio inglese e contribuirono, con il loro lavoro, a
riattivare le attività commerciali ed artigianali nelle città e nei piccoli
centri inglesi (che certo non possedevano una vita mercantile e culturale
particolarmente ricca e florida)360. L’Inghilterra stessa, come già
sottolineato, stava attraversando una crisi culturale profonda che re
Alfredo cercò di arginare in parte361.
Ma tale difficoltà era solo l’ultima manifestazione della instabilità della
società inglese, poiché nell’evoluzione delle tipologie insediative
anglosassoni nei secoli precedenti la dominazione Vichinga si rispecchia
questa frammentazione e stagnazione della vita cittadina. Le città erano
gerarchie limitate di insediamenti, che lentamente evolvettero in piccoli
centri commerciali temporanei e poi in comunità urbane più organizzate.
Solo a partire dal tardo IX secolo quindi, con la dominazione Danese, le
città orientali del Danelaw mostrarono chiari segni di un’economia
fiorente e di una ripresa commerciale proiettata anche a livello
internazionale, non ultimo l’esempio di York, “capitale” del Danelaw che
ha restituito chiare evidenze archeologiche di lavorazioni raffinate di
ambra, vetro, pelle e ceramica.

359 Vedi pp. 38-43.


360 Vedi pp. 74-77.
361 Vedi Introduzione, pp. 11-12.

176
Oltre ad una attiva partecipazione nella vita mercantile ed artigianale,
che ha portato alla “rinascita” di varie città nella parte orientale della
Britannia, che tipo di eredità materiale hanno lasciato questi
“northmanni”? Da cosa possiamo dedurre che la loro presenza sul suolo
inglese ha lasciato tracce abbastanza profonde da essere visibili ancora oggi
agli occhi di un archeologo?
Le categorie di dati che ho preso in considerazione per tracciare una
“carta d’identità” degli scandinavi in Inghilterra essenzialmente
comprendono le tombe di coloni vichinghi ritrovate all’interno delle aree
a dominazione scandinava, i pochi manufatti e “tesori” di monete
assimilabili a presenza vichinga in una data area, la presenza di sculture di
ispirazione nordica o di tradizione scandinava che indicano la presenza di
coloni “stranieri” stabiliti solidamente e la toponomastica.
Le tombe, come visibile dalla fig. 21 a pagina 107 danno una prima idea
della disposizione sul suolo inglese delle comunità scandinave. Come si
nota, vi è un esiguo numero di ritrovamenti fino ad ora accertati. Il nord
dell’Inghilterra (la zona di interdipendenza fra Danesi e Norvegesi)362
presenta il più alto numero di ritrovamenti singoli o in cimiteri: tra questi
di particolare interesse è la tomba di Cambois, nel Northumberland del
nord363. A lungo è stato discusso se tale tomba fosse o no un’inumazione di
scandina