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Solunto

SOLUNTO (Σολοῦς; Solus, Solūntum). - Antica città della Sicilia che sorgeva


sull'altopiano formato da, una propaggine del Monte Catalfano prospiciente il
mare, sulla costa settentrionale, a circa 16 km da Palermo verso E. Dalle
leggende monetali conosciamo il nome punico che è Kfra (= Kafara,
villaggio); Tucidide (vi, 2, 6) la denomina Σολόεις, Σολόεντα.

Incerta è l'origine della città, nessuna notizia sicura ci è stata tramandata al


riguardo dagli antichi autori; l'unica notizia certa è quella che ci dà Tucidide
(vi, 2 6): "Quando poi vennero d'oltre mare in gran numero i Greci, essi (i
Fenici) sgombrarono la maggior parte del paese e si concentrarono a Mozia,
Solunto e Panormo...". Questi fatti dovevano certamente avvenire nel corso
del VII sec. a. C., quando cioè la colonizzazione greca si poteva considerare già
completata; per Mozia e per Palermo c'è una esatta corrispondenza tra i dati
storici e quelli archeologici; lo stesso invece non si può dire per S. dove
l'aspetto archeologico è chiaramente ellenistico-romano.

Recenti scavi tendenti a risolvere questo problema hanno permesso di


affermare che la città di S. posta sul Monte Catalfano fu fondata intorno alla
metà del IV sec. a. C., dagli abitanti della S. più antica distrutta da Dionisio
alcuni anni prima: si è creduto anche d'identificare la S. antica nella vicina
località "Cannita", sia pure in forma ipotetica. Nel 307 a. C. la città di S.
doveva essere già costruita se fu scelta come dimora per i soldati di Agatocle
reduci dall'Africa. Nel 254 a. C. si arrese ai Romani. Cicerone la nomina tra
le civitates decumanae che ebbero a subire soprusi da Verre, Un'iscrizione
riproducente la dedica della respublica Soluntinorum a Fulvia Plautilla ci
riporta all'età di Antonino. È menzionata dall'Itinerario Antonino  nello
stesso punto in cui si trovano le rovine. Gli ultimi dati archeologici, in ordine
di tempo, sono costituiti da alcune monete di Commodo: a quest'epoca o
anche al secolo successivo si può datare la fine della città, forse per
abbandono volontario dei suoi abitanti.

Gli avanzi dell'antica città sono vasti e di considerevole importanza tali da


indurre lo Holm a denominare S. "una Pompei in piccolo". Essi erano stati
riconosciuti dal Fazello , il quale notò anche lunghi tratti di mura, oggi in
parte scomparsi, ma per alcuni tratti affioranti. S. cominciò di nuovo a
richiamare l'attenzione nel secolo scorso, fin dal 1825, anno in cui fu scoperta
una statua di divinità seduta, oggi al Museo Nazionale di Palermo, databile al
II-I sec. a. C. In seguito si sono eseguite varie campagne di scavi che hanno
messo in luce parte di una città che presenta chiaramente
una facies ellenistico-romana, con un piano urbanistico a pianta ortogonale.
Altra caratteristica della città è la divisione a metà delle insulae mediante un
canale, ambitus, destinato a raccogliere i rifiuti della città ed a smaltire le
acque piovane superflue: parte di queste, infatti, venivano raccolte in cisterne,
sia private che pubbliche, per i varî bisogni dei cittadini.

Recenti scavi hanno messo in luce varî edifici pubblici raccolti tutti in un solo
quartiere: si tratta di una grande piazza, di altari, di un teatro e di
un odeon. Le case sono di varia grandezza e hanno tutte, tranne quelle
piccole, l'atrio con peristilio; le pareti delle case sono spesso decorate con
affreschi, che richiamano sia le case di Delo che quelle pompeiane.

Per i suoi caratteri S. si ricollega alle città greche di epoca ellenistica come
Mileto, Delo, Priene, Olinto, Pergamo, ecc. La necropoli si estendeva nella
pianura sottostante ed era costituita sia da tombe a fossa che da tombe a
camera, scavate nella roccia secondo l'uso punico . S. ebbe una zecca propria.

Forse per averla volontariamente abbandonata, gli antichi abitanti di S.


portarono via tutto quanto poterono: per questo motivo pochissimo è il
materiale archeologico che si rinviene nello scavo della città. Il dato più
interessante è costituito dall'urbanistica: a S., infatti, per la prima volta in
Sicilia, coliosciamo una pianta di città ippodamea in tutto simile a quelle
dell'Asia Minore sopra citate. Notevoli, altresì, i molti capitelli, dorici, ionici e
corinzî, che, insieme a tutto il materiale rinvenuto, si conservano nel Museo
Nazionale di Palermo e nell'Antiquarium recentemente costruito nella zona
archeologica.

L'esame del materiale rinvenuto dà l'impressione di una città fortemente


influenzata dall'elemento greco-ellenistico che perdurò anche in epoca
romana, ma in cui affiorano ogni tanto, fin in epoca romana, sicuri elementi
punici (simboli religiosi punici nelle arulae-thymiatèrion, altare
all'aperto, oscillum con iscrizione punica, ecc.), il che ci autorizza ad
affermare che l'elemento punico, pur dominato dalla superiore civiltà greca o
conquistato dai Romani, resisteva sempre e si manifestava anzi in quelle
forme e in quei monumenti che più da vicino toccavano il suo spirito.

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