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Filosofia e poesia può dirsi genealogia del gesto che ha separa-

to e reso l'ambito filosofico e quello poetico spazi chiusi e fra


loro alternativi .
È stato cosi che la parola poetica è andata affermandosi come
quella in cui ancora poteva continuare a risuona re la voce abis-
sale del dio, in cui eccedenza, dismisura e incompiutezza, anzi-
ché condannate, erano accolte e custodite. Il poeta sarà allora
colui che sente le cose e sentire non è infanzia del pensiero, piut-
M Zambrano
tosto è, di questo, originaria pienezza .
La riflessione della Zambrano è quindi critica di quell'idea di es-
ilo sofia e poesia
sere che, a partire da Platone, è stata fatta propria dal pensiero
occidentale. Ad essa la filosofa spagnola contrappone - e sarà
questa una costante di tutta la sua riflessione - l'essere inteso,
con Eraclito, come conflitto e contraddizione.
III
1/1
QJ
Premessa di Antonio GnaU
o
Introduzione di Pina De Luca Co a."Iobi"
QJ

Maria Zambrano [1904-1991) è fra le figure più complesse del Novecen-


to spagnolo. Nel suo pensiero convergono e si fondono la riflessione po-
litica, la mistica di Juan de la eruz, la poesia di Machado, l'insegnamen-
lo di Ortega y Gasset . Da questo intreccio scaturisce La sua proposta di
-
III
o
1/1
o
~

una ragione poetica. Fra le diverse opere pubblicate in Italia ricordiamo LL


I beati [Feltrinelli, 19921. Delf"aurora [Marietti , 20001.

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ISBN 978-8883428258
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€ 14,00 9 7
Maria Zambrano
FiLosofia e poesia

premessa di Antonio GnaU

introduzione di Pina De Luca

4Pendragon
Maria Zambrano INDICE
FiJosofia e poesia

in copertina:
Esiodo e la illUSO (1870) di Gustave Moreau.

Premessa , di Antonio Gnoli p. 7

Introduzione, di Pina De Luca 11

FI.LOSOFIA E POESIA

L Pensiero e poesia 37
II. Poesia ed etica 49
ID. Mjstica e poesja 67
IV. Poesia e metafisica 89
tito lo o riginruc deU 'opera
FilosoFa y poesia V. Poesia 113
traduzione di Lucio Sessa Note 127
le no te al testo sono di Pina De Luca, che ha curato la prima edizione
i.aliana dell 'opcra (Pcndr.gon 2002)
Bibliografia 131
Origina! $panish Ed ition Published by
Fo ndo de Cultura Economica in 1996
Copyright @ 1996 Fondo de Cultura Economica

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Premessa

Una musa dell'esilio


di Antonio Cno/i

Certe volte si pensa alla poesia come a un gioco apparente-


mente senza regole, un'eco indisciplinata della nostra infanzia,
quando tutto è possibile e interpretabile: quando si era guardie
o ladri, buoni o cattivi, eroi o furfanti. E in ogni gesto o storia o
contraddizione si affacciava un nostro alt.rove, un illimitato sen-
so di potenza senza forza , di bellezza senza armonia, di bene sen-
za morale. Tra i compiti della poesia, dopotutto, c'era anche
quello di alleggerire la fatica della storia ed eliminarne le leggi
che la regolano. I poeti, nella loro inferiorità sociologica, ne era-
no l'immediata conseguenza: gli invisibili che nessuna società sa-
rebbe stata mai disposta a prendere sul serio. La forza di Maria
Zambrano, quando ci parla della più negletta delle arti, risiede
nel cuore di un arbitrio, o meglio di una sopraffazione, che la
poesia fin dall 'origine ha subito: non una spensierata fuga dalle
norme ma una vera e propria cacciata dall'Eden. E quando si è
fuori dal paradiso può accadere di tutto. Come in Stella dirtan-
te, di Roberto Bolano, dove succede qualcosa che apparente-
mente non ci aspettiamo: la presenza di un poeta che è anche Wl
torturatore. Egli scrive avvolto dalla purezza della poesia. Ma
uccide perché è ciò che ogni dittatura chiede ai suoi servi più ef-
ferati. Siamo dunque di fronte a un dilemma che non ci aspette-
remmo: si può essere poeti e al contempo assassini? Questione
alla quale diede un colore di sinistra malinconia Arthur Rinl-
baud. Qualcosa stride nel momento in cui si accostano i sogni al
sangue, l'innocua vita di un poeta a quella di un carnefice. Coa-
bitano? E lo stridore diviene un incubo. Convivono? E allora i
versi s.i tingono di misfatto.

7
Antonio Cno/i UltO illusa del/'esi/io

Maria Zambrano non ha mai preso in considerazione l'idea salti del mondo esterno. All'altezza di questo dramma le visioni
che il poeta potesse essere visitato da un rancore criminale. In tal del filosofo e del poeta finirono con il divergere radicalmente.
caso avrebbe dovuto sacrificare la tesi principale della sua argo- Maria Zambrano lo dice con efficacia elementare: "Il filosofo
mentazione: owero che in ogni poeta si nasconde una vittima, un vuole l'uno perché vuole tutto. Il poeta 000 vuole tutto, perché
esule, uno sconfitto. Avrebbe dovuto stravolgere il suo sguardo teme che in questo tutto oon rimanga ognuna delle cose in tutte
sulla filosofia e ripensare il modo in cui le cose andarono tra il le sue sfumature; il poeta vuole una, ciascuna cosa, senza restri ~
pensiero e la poesia, e chi ci rimise. Per lei la poesia è vissuta nel zioni , senza astrazioni né rinunce".
dissidio, tra il pensiero e il patbos, e il dissidio ha un prezzo: sta- Dunque: egoismo contro libertà, rarefazione contro concre-
re ai margini della legge. tezza, vuoto contro pieno. E la posta in gioco è il destino stesso
C'è una scena cbe si presenta in modo teatrale e cruento: da del pensiero. Se la parola poetica non può prendere la forma di
qualche parte dell'educazione occidentale, in quel punto che un'imposizione, essa deve farsi carne e attraversare il mondo al
qualcuno per primo ha chiamato origine, si svolge un crimine fine di coglierne l'immensa ricchezza. li suo destino è la d,fferen-
mentale, di cui ancora scontiamo le conseguenze: il pensiero za che asseconda con il suono della sua voce. Un suono che il fi -
prende il potere contro la parola poetica. E la poesia, condanna- losofo teme e cerca di esiliare. Dove va la poesia, una volta che
ta all 'illegalità, rinuncia a far valere i propri diritti. Si ritira come l'editto mosoEico ne ha decretato l'allontanamento? Un 'arte an-
una dea offesa e senza armi in un mondo dove qualunque cosa cillare si consegna alla servitù e all'anonimato. Cancellata dallo
accada risulterà irrilevante. L'incapacità dei poeti nasce con la spazio pubblico, la parola poetica vive il suo fallimento privato.
loro estradizione dal mondo delle regole. E nel viverlo trasforma il poeta in un inetto. Tutto quello che una
simile figura avrebbe fatto in seguito si circonda di una fama am-
Fu Platone il primo a raccontare la presa del potere da parte bigua e ingiuriosa, di un 'immoralità senza attenuanti. Quando
della parola filosofica e a condannare quella poetica. In seguito Platone condanna la poesia - osserva la Zambrano - lo fa princi-
Aristotele coprì quell'ingiustizia immaginandn che il gesto filoso- palmente in nome della morale. Vale a dire nel segno della verità
fico nascesse dalla meraviglia. Se davvero fosse stato così, osser- e della giustizia. Non ammetterò mai che la poesia può sedurlo.
va la Zambrano, avremmo qualche difficoltà a spiegare perché la Si limita a indicame gli effetti destabilizzanti per l'ordine delle
filosofia si sia ridotta a sistema, e con il suo sguardo astratto ab- cose. Si tratta di una constatazione meno drammatica di quel che
bia smesso di vedere le cose. Non lo stupore (non solo, per lo sembra. Dopotutto, non è dall'emarginazione, dall'esilio, dalla
meno) ma la violenza sarebbe il gesto fondante del pensiero filo- condanna collettiva che la poesia può ritrovare la forza per tor-
sofico. Del resto, è proprio il Mito della caverna a indicare che oare a vivere? La sola etica - nota di sfuggita la Zambrano - cbe
dietro ogni vera azione conoscitiva si cela un esito contradditto- si addice al poeta è il martirio.
rio. Da un lato ci si libera dalle catene del conformismo, dall'al- Naturalmente, vi è qualcosa di profondamente tragico nel
tro si crea un conformismo più grande che sacrilica le singole ve- prolungato dissidio tra filosofia e poesia. Ma anche d'imprevedi-
rità a una verità superiore che risplende e acceca. bile. È accaduto alla filosofia ciò che sotto forma di scherno era
Platone pose le condizioni per una filosofia che avrebbe illu- successo alla poesia. Su quel banco di prova - condito da orgo-
minatn il cammino della conoscenza. Ma la sua luce fu il frutto di glio e fallimento - cbe è stato il Novecento, entrambe hanno in-
un trauma provocato dalla violenza dellogos. Con il trionfo del- crociato nuovamente i loro destini. La poesia uscendo dall'ano-
l'uno sui molti, Platone volle blindare il sapere filosofico dagli as- nimato in cui si era cacciata, la filosofia chiedendo alla vita quel-

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AlitaI/io Gnoli Una musu de/l'~si'io

le risorse che il pensiero da solo non poteva offrirle. Ma di quale C'è qualcosa di estraneo nel pensiero di Marfa Zambrano ri-
vita si parla? Le parole che le sono più consone evocano caduta spetto agli anni che stiamo vivendo. Improvvidi, spaventati, diso-
e naufragio. Quella degradazione - che già Platone aveva avver- rientanti, questi anni promettnno e non mantengono, chiedono e
tito e dalla quale avrebbe fatto di tutto per allontanarsi - diven- non danno. Anni di un'oscurità maligna e deprimente che avreb·
ne con il Novecento la nuova esperienza su cui riflettere, la nuo- bero incuriosito e messo in allarme questa filosofa spagnola, al-
va zona opaca da cancellare o accettare come destino. In quest'e· lieva di Ortega y Gasset, amica di José Bergamin con il quale con-
poca - che Heidegger defmisce "il tempo della povertà" - il poe· frontò il suo pensiero sulla poesia. Quasi una militanza sulle ra-
ta, al pari del filosofo, si trova a operare. E non lo fa più, o non gioni del cuore più che su quelle della mente. Del nostro presen-
solo, con l'ingenua immediatezza dell'umile che asseconda il mi· te, Marfa avrebbe temuto l'oscurità che inghiotte l'orizzonte.
stero più grande di lui , ma con la convinzione che essa possa ri - Avrebbe patito quell'assenza di "c1aro" che opprime i pensieri.
velare di nuovo qualcosa di essenziale intorno al pensiero che Maria fu una singolarissima fUosofa. Tanto strana da apparire
pone al centro la verità. avulsa dalla storia, dalle sue grandezze, dai suoi fantasmi logorati
dalla ragione. Nessuna filosofia che avesse preteso la perfezione e
Ma ancora una volta le strade della filosofia e della poesia si la compiutezza avrebbe soddisfatto la sua sete di pathos e di vita.
separeranno. La verità che il pensiero filosofico insegue si Dovette .lottare contro i pregiudizi. Innanzi tutto quello di vedere
confonde con l'ombra del potere: quanto più il filosofo si avvici- una donna sospettare di un pensiero che dell' arroganza e della
na ad essa, tanto più pretende di rafforzare il dominio sulle cose. forza aveva fatto il cardine dell'esistenza. Poche furono le figure
Quella della poesia è invece una verità che prescinde dalla vio· femminili che nel Novecento erano state ammesse al cospetto del
lenza e dal I mere. Viene prima di ogni pretesa di dominio sul logos e delle sue vicende più che millenarie. Tra costoro ci fu an-
mondo. "La poesia" scrive la Zambrano "vuole riconquistare il che Hannah Arendt, il cui destino per certi versi si congiunge a
sogno originario, quando l'uomo non si era destato nella caduta; quello della Zambrano. Entrambe videro nei rispettivi maestri -
il sogno dell 'innocenza anteriore alla pubertà .. . La metafisica, in- Martin Heidegger e Ortega y Gasset - quel residuo paterno con il
vece, è un allontanamento costante da questo sogno originario". quale fare i conti. Non si trattò di sopprimernc l'autorità, ma di
In questione c'è la libertà stessa, per entrambe. Diverso è l'uso averne in qualche modo pietà, là dove essa aveva fallito.
che ne fanno. La libertà, diciamo onirica, del poeta non è dalle Tutto lo sforzo della Zambrano si concentrò su un'interroga-
cose, come tenterà d'imporre il metafisico, ma nelle cose. Non è zione anteriore al logos, in grado di mettere in discussione la fisi-
Wla libertà che si distacca dal mondo, ma in esso tenta di vivere. ca delle idee con la chimica delle emozioni. Non la domanda sul
"La poesia è stata sempre aperta alle cose, gettata fra di esse, get· discorso e la sua pensabilità, ma il tentativo di rendere visibile
tata fmo alla perdizione, fino all'oblio di sé, del poeta". Si noterà quel bisogno di patimento senza il quale il pensiero è solo distru·
qui un tratto che la Zambrano non formula direttamente, ma la- zione dell'altro. Com'è possibile che il pathos preceda illogos e
scia intendere come fosse un dubbio che le attraversa la mente. insieme ci conviva? C'è un tratto squisitamente femminile nel
Gettata nel mondo, la poesia non può essere confusa come cosa modo in cui la Zambrano elabora questa domanda. Tanto urgen-
tra le cose. E non può neppure - pena passare dalla parte del ne- te da apparirle nella sua fomaa essenziale come passività origina-
mico - scacciarle, combatterle, dominarle. Può solo, ci suggerisce ria. È in questo campo apparentemente inattivo che si genera la
la Zambrano, aprirsi ad esse. E la sua forza è nell'infinita dispo· grande scena in cui compaiono la poesia e la filosofia .
nibilità al mondo. Nel suo sapersi prendere cura di esso.

lO 11
Antonio Cna/i Una musa dell'esi/io

Abbiamo visto e forse compreso le ragioni di un dissidio cbe che Maria Zambrano ha costruito la sua difesa filosofica nel
ha avuto un solo vincitore. Abbiamo ancbe provato a proierrare nome della più debole delle arti. Perché, dopoturro, non si può
la scena su di un secolo, quello che si è appena chiuso, che ha pol- essere filosofi e desiderare la propria scomparsa. E la Zambrano,
verizzato e al tempo stesso esaltato la supremazia dellogos. Ma ci attraverso l'illusione che la poesia genera, ha cercato di dare al
manca ancora una tessera per completare il quadro che la Zam- pensiero ciò che il pensiero ha sempre temuto: l'altro da sé.
brano ci ha consegnato, queUa che concerne intimamente il suo
esilio. Ci sono guerre metaforicbe e guerre vere: lei le combatté
entrambe. La crudeltà del conflitto, il sangue versato, la dispera-
zione senza appello fu ciò che visse nella guerra civile spagnola
aUa quale prese parte sposando la causa repubblicana. È noto
come andò a finire e ciò che ne consegul per coloro che soprav-
vissero e se ne addossarono il dolore. Non la colpa, deUa quale al-
tri si macchiarono. Ma il sentimen to di lacerazione che ogni tra-
gedia innesca tra i vinti. E Maria non avrebbe conosciuto il sapo-
re di una vittoria che non fosse stato possibile trasformare in
compassione. TI carattere agonistico le fu estraneo. Ma in lei era
assai accentuato quello della perdita. In questo visibile scarto si
consumò l'originalissima traierroria critica contro il cinismo della
metafisica e le scelte inique della storia spagnola. Furono cinici,
agli occhi della Zambrano, coloro che nel nome della chiarezza
possente disprezzavano la dimensione patetica senza la quale l'in-
terrogazione del noi non avrebbe mai preso l'indispensabile for-
ma della cu ra. Eppure, sbaglierebbe cbi pensasse che quel chi-
narsi sul mondo potesse avere qualcosa di consolatorio, di reli-
giosamente affme aU 'educazione delle anime.

La Zambrano è una musa dell'esilio, non deU'esodo. Perfino


nella peregrinazione - prima in Sud America, poi in Europa - che
ne farà una sobria figura della dissidenza, si scorge l'assen2a di
obiettivo da centrare, di finalità ultima da raggiungere. Non vi è
una consolazione legata a un premio finale , a una possibile re-
denzione, ma una disperazione cbe al più evoca il suono della
perdita: si chiami poesia o patria è indifferente. Ciò che interro-
ghiamo non è la ragione dell'essere e la sua illusoria vittoria sugli
enti. Ma la natura stessa della perduta intimità originaria. È ncbe
la filosofia può deporre le armi e la poesia ritrovare se stessa. È n

13
Inu'oduzione

di Pino De Luca

. .. la tristezza d'amore non si cura


se non con la presenza e la figura .
Juan de la Crut, Camico espirituaJ

1. Nascere all'elilio

Marra Zambrano scrive Filosofia e poesia nell'autunno del


'39. Un autunno di "indecible bellez.", ricorda nella prefazione
all 'edizione dell'87. Ma vi è qualcosa che lega l"' indecible belle-
za" di quell'autunno messicano, nel quale il libro nasce, all'ab-
bandono della propria terra -la guerra civile spagnola si era tra-
gicamente condusa - e quindi alla condizione dell'esilio?
Forse la poesia di Trakl può aiutare a stabilire un simile nes-
so, nesso che trapassando in Filosofia e poesia vi agisce come in-
rima intenzione che è già stile filosofico.
L'autunno è per Trakl figura dell 'opposizione: "splendore in-
giallito " dei giorni esti vi, "puro azzurro", "sommesse risposte",
"oscure domande". Nella sua quiete si raccoglie sia l'indugiare
nella sosta del solitario che il "vagare" dell '" anima azzurra" nel
suo distaccarsi "dai cari, dagli altri "l. L'autunno è così la calma
della pausa in cui prende l'avvio un movimento lento, persisten-
te, che allontana e distacca da ciò che è noto e familiare avvian-
do verso quell'inizio che è dopo ogni consumo. Questo è anche
il tempo che scandisce " esilio della Zambrano e ne costituisce il
senso. E l'esilio trascende gli accadimenti storici che pur l'ban-
no provocato e si affe rma come il modo di acconsentire alla pro-
pria vocazione filosofica. Vocazione che per realizzarsi ha biso-
gno che sia reciso ogni certo appartenere e, nietzscheanamenre,

I Le poesie di TrakJ a cui si fa qui riferimento sono L'autunno del soli/an'o,


Anima d'auJunno, Una sera d'autunno. in Opere poetiche, trad . iL dj 1. Po-
rena, Edizioni dell 'Areneo, Roma 1963 , pp. 165, 197 e 113.

15
Pitta de ulca Inlroduv 'one

la costa scompaia mentre si spingono "le vele verso terre non an- senza cedimenti, senza miraggi della fine, per colui cbe a questo
cora scoperte"2. si adegua esso diviene "il luogo privilegiato per lo scoprirsi della
L'esilio incomincia con questo gesto in cui convergono insie- Patria [ ... ]. Quando ormai si sta senza di essa, senza alcuna sof-
me necessità e scelta. Quella dell'esili.ato, dirà Maria Zambrano ferenza , quando ormai non si riceve nulla, nulla dalla patria, allo-
nei Beati, è una condizione assoluta perché è il continuo reitera- ra essa gli appare"9. TI suo apparire non è però ritorno - l'esiliato
re "la partenza dal luogo di origine, dalla patria, da ogni possibi- non è mai Ulisse - piuttosto conferma dell'esilio poiché solo nel-
le patria"'. Esilio è sfuggire la stessa seduzione di una patria, la sua estraneità vi è ancora patria. Anzi "possiede, la patria vera,
qualsiasi essa sia. Solo in quest'assenza ostinatamente voluta si la virtù di creare l'esilio. È il suo segno inequivoco [ ... ]. Essa crea
imparano a riconoscere "le presenze senza figura e senza ingan· l'esilio di quanti, per averla anche minimamente vista e servita,
no, la convenzione delle immagini e le parole che danno fred - devono allontanarsene" LO.
do"'. Un tale riconoscere è rivelazione: "Risulterà eccessivo que-
sto termine 'rivelazione' applicato all'esilio? '" si chiede Maria
Zambrano. E se un tale uso è legittimo, vi potrà mai essere" una 2. Il pensiero spezzato
teoria della conoscenza della rivelazione"·? Di una simile possi-
bilità fa esperienza l'uomo deU 'esilio e il suo sarà il sapere più ma- Filosofia e poesia è opera dell'esilio, perché avvio di una pra-
teriale, più concreto, più implicato ed intriso del sensibile ma an- tica filosofica e di un metodo che di sé plasma tale pratica. Prati-
che il più esposto all 'abissalità dell.a cosa, più di essa partecipe. ca e metodo che, a loro volta, sembrano rinviare a una sorta di
Conoscere per rivelazione è così essere feriti dalle cose nella car- poetica della leggerezza, vale a dire un agire per il quale ogni ac-
ne (per la Zambrano una carne-anima) , è sentirne la presenza quisizione teorica quanto più va sostanziandosi e si fa certa delle
come corpo che incontra un altro corpo ed insieme accoglimen- sue finalità, tanto più si sottrae ai modi tradizionali del discorso
to della cosa nel suo mistero: "Ciò che vede lo ferisce, lo può an - filosofico aprendosi alla sfida di una difficile levità. La forza del-
cora ferire prodigiosamente perché il suo essere gli si apra e gli si l'argomentare è così affidata, senza mai per questo diluirsi , ad
riveli, perché egli vada uscendo dall'oscurità congenita della una leggerezza che ne è insieme espressione e risultato. Ciò fa sì
luce"'. È, questo dell'esilio, un nuovo, complicato realismo, nel che la riflessione sia esercizio e l'esercizio ricerca e affinamento di
quale si aderisce ad una realtà d]e non si dà "in modo diretto "', uno stile che da esso non è mai disgiungibile.
che non ha diretta espressione e che pure è consistente presenza. Se l'esilio è il maturarsi di un'appartenenza per estraneità, è da
Se compiere l'esilio è saperne l'incompiutezza, è praticarla tale posizione di guadagnata distanza che il pensiero filosofico
dell'Occidente viene rimeditato da Maria Zambrano per essere
riconosciuto come patria. Ed è un riconoscimento d,e non recu-
2 F. Nietzsche, Cosl parlò Zarathustra, trad. il. di G. Colli e M. Montinari, pera la distanza e, tuttavia, non la fissa in una rigidità senza svol-
Adelphi , Milano 1981 , voI. Il, p. 281. gimento. QueUo che qui matura è un attraversare nella distanza,
J M. Zambrano, I beali, trad. it . e posttaz. di C. Ferrucci. Fe1trinelli, Mj]an o
1992, p. 38. dove l'attraversare è un conoscere al/rorale". Per chi alJ'esil.io ap-
• Ibidem, p. 42.
, Ibidem, p. 29.
6 Ibidem, p. 30. , Id., I beati, cit., pp. 4344.
7 Ibidem. \O lbidem, p. 44.

8 M. Zambrano, Verso un sapere dell'animo, [radoil. di E. Nobili, introcl. e C. Il Cfr. M. Zambrano, Chiari di bosco, trad. il. e postfaz. di C. Ferrucci, Fe1tri-
di R Prezzo, RaffaeUo Cortina Editore, Milano 1996, p. 43 . nelli , Milano 1991.

16
Pino de Luca lnlroduv ofle

partiene, nulla può dirsi nntn e tutto è sempre necessario scopri- omogeneo, senza discrepanze. Compito del pensiero deve essere
re, anche la patria . Appartiene perciò aU 'esiliato uno sguardo aUora queUo di accogliere nel proprio presente quei tempi dispa-
doppiamente orientato per il quale egli apprende sia il realismo rari che profondamente gli appartengono. Esso deve essere, in sé,
dd non visibile, dd residuale, deU 'apparente, sia un altro modo nascita di sé. Ecco che il fuori -dentro deU'esilio è l'avanzarsi del-
di guardare al luogo da cui si proviene. In questo suo secondo la richiesta di un'altro spazialità del pensiero, il quale per pro-
orientarsi lo sguardo si intreccia al movimento deUa memoria, in dursi neUa propria pienezza contraddittoria "esige un presente
una complessità che ridisegna lo spazio stesso deUa patria. adeguato ", adeguato a ricevere il sempre poter nascere.
Non c'è dubbio, afferma Maria Zambrano, che "all'origine Rivendicando la possibilità di un pensiero come spazio del
deUa memoria c'è la ricerca di qualcosa di perduto e di irrinun- semp re poter nascere - Filosofia e poesia è al suo fondo una si-
ciabile [. .. ], qualcosa che esige di essere nuovamente guardato" 12 mile rivendicazione - è rivendicata da Marra Zambrano la possi-
e questo "nuovamente guardato" ha il senso del rinascere: "sen- bilità di queUo che potrebbe definirsi un pensiero intero, dove
za rinascita, niente è del tutto vivo" . Nell 'operare deUa memoria per intero va inteso il frantumato, il contraddirtorio, il mai esau-
è così restituita pienezza di vita a "esseri e cose afferrati sempre a rito. DeUa scomparsa di una tale interezza Filosofia e poesia ri-
metà dalJ'inteUetto, o violentemente catturati daUa percezione, o cerca le ragioni ricostruendo il gesro - gesto al suo interno di-
lasciati passare senza reagire e precipitati tutti negli inferi dove versificato e ambiguo - che ha volto in opposizione il doppio,
giace e geme quanto è stato visto solo a metà "U La memoria as- che ha tradotto in conflitto la coappartenenza. In tal senso esso
seconda la spinta a completarsi di qualsiasi cosa che è stata, fa- è genealogia della separazione da cui si produssero i nomi cbe
cendosi strumento deU'inesauribilità del nascere dal momento andarono ad indicare le due parti nelle quali si era spezzato il
che rutto "tenta di nascere completamente in un'armosfera più pensiero: filosofia e poesia.
ampia e luminosa dove sia possibile la sua apparizione totale, la Ma questo fu evento che solo lentamente si assestò neUa sua
sua interminabile totalità "I'. Si tratta, per Maria Zambrano, di ri- definitezza, perché aU'inizio meraviglia e violenza appartennero
dare il tempo a ciò che non ha avuto tempo, di far sl che ciò che entrambe aUa filosofia "come forze contrarie che non si distrug-
"fu a malapena vissuto, riacquisti il tempo che gli fu sottratto" I'. gono". E la filosofia fu, "nell 'immediato, uno stupore estatico di-
È una lentezza nuova queUa a cui induce il movimento deUa me- nanzi alle cose, cui fa seguito un subitaneo farsi violenza per li-
moria, una lentezza capace di assecondare la fatica del nascere di berarsene" .
cose e pensieri rimasti inespressi o incompiuti per misconosci- Maria Zambr.no ripercorre il dissociarsi di questi tempi e il
mento di un tempo che è in sé plurale e diversificato. radicarsi inconciliato dei due atteggiamenti . TI filosofo nel suo vo-
Per l'esiliato avere memoria non è, semplicemente, risarci- lere "ciò che è permanente, identico, Idea [ ... ] abbandonò la su-
mento o riscatto, né ritorno del rimosso, ma necessità dj "un pre- perficie del mondo"; il poeta, invece, vi rimase "attaccato" e l'i-
sente ampio", cos1 ampio da contenere anche quel che è stato ac- niziale stupore divenne fedeltà alla cosa, sua materiale condivi-
cantonato o spostato perché fuori dal rirmo di un tenlpo unico, sione. Era però un attaccamento, il suo, che non lo chiudeva in
una contingenza opaca, ma al contrario canceUava confini dando
realtà e presenza ai suoi "fantasmi interiori " come a "quelli che
12 Id., Il metodo in filosofia o le tre forme della viJione, in «aut aut», n. 279, vagavano al di fuori ". TI pensiero, spezzato da una volontà ordi-
maggio-giugno 1997, p. 71.
natrice, non riconobbe più come pensiero questa sua parte che
" Ibidem, p. 72.
14 Ibidem. vi vrà in un 'eterna infanzia senza compimento.
l' Ibidem, p. 76.

18 19
Pina de Luca Introduzione

3. II realismo della cosa legame che tiene stretto il poeta "a ciascuna cosa e all' istante fug-
gitivo di questa" sembra così dar luogo in Marfa Zambrano a
Non è il riscatto o la riabilitazione della poesia come parte se- un' erotica delta cosa. L'intimità con la cosa - intimità innamorata
parata che si chiede in Filosofia e poesùl, né si propone di fare del- - è anche dolorosa consapevolezza della sua differenza e del suo
la poesia la parola che assume a sé il gesto assoluto della ftlosofta dileguare. Al tempo stesso quello che era corpo inconsapevole,
come, per la Zambrano, era accaduto nel Romanticismo. Qui poe- carne ignara delle sue vite, nel farsi corpo d'amore si trasgredisce
sia e ftlosofia si erano di nuovo unite, ma era un'unione che si rea- come questo corpo e si conosce come possibile corpo. Non vi è in
lizzava facendo divenire la poesia come il pensiero. Perseguendo il ciò il dilagare sentimentale dell'io o incontrollata emotività,
come del pensiero il poeta si era innalzato" al di sopra della terra" , quanto sentimento della cosa che conduce ad un autentico rimet-
era divenuto "artefice", non più "creatura n che "vive nell'atmo- tersi atta cosa 18 Un simile rimettersi è insieme un accogliere, e i
sfera della creazione". Egli si era immerso in un'''atmosfera rare- due gesti non si dividono ma costantemente si riannodano in una
fatta" , priva di corpi, dove aveva vissuto simile a un giovane dio completezza che fa l'atto poetico. Per quest'ultimo la cosa smet-
esiliato. Non è quindi conducendo la poesia al come del pensiero te di essere fissata nella sua evidenza per poter essere affermata
che si ricompone la loro frattura o se ne riattiva la comunicazione. nei suoi possibili. Solo così essa è appresa nell'interezza di cosa,
Se la poesia è modo del conoscere, non lo è come il pensiero, né lo vale a dire è appresa realisticamente.
è in sua sostituzione o nella forma di pensiero poetante 16. In El realismo espanol como origen de tlna forma de conoct-
La parola del poeta, per la Zambrano, è parola del sentire, di miento, Maria Zambrano parla del realismo come di "una forma
quel prima da cui prende l'avvio il pensiero ma che in questo non di conoscenza " che è insieme "un modo di trattare con le cose" 19.
si scioglie pur appartenendogli. Essa dice di quel rimanere della TI realismo è uno sguardo ammirato sul mondo che vi si depone
vista "irretita dalla foglia o dall 'acqua ", dice dell 'avventura dei senza nessuna pretesa di ridurlo a qualcos' altro. Per tale ammira-
sensi parlando al di dentro di tale avventura affinché non riman- zione disinteressata il realismo è un essere innamorati del mondo
ga muta e cieca ma ne sia sapere ed espressione H La poesia, dice e da innamorati è il suo modo di aderire alle cose, di riroanervi at-
Maria Zambrano, è "vivere secondo la carne" e della carne con- taccati. Esso è quindi legame amoroso con il mondo che teme lo
divide nella parola il tempo precario, se ne impregna senza darvi scioglimento, che non desidera alcuna libertà, che fa sentire inca-
n
eternità. Ma, per conservarsi tale, il "vivere secondo la carne tenati al mondo alla stessa maniera degli amanti . Non vi è, però,
della poesia deve divenire "amore" e questo noo ne è la sublima- in ciò la violenza del possesso ma dedizione, cura, minuziosa at-
zione, piuttosto l'esercizio; è cioè pratica della carne in quanto tenzione. L'amore ha qui , per la Zambrano, il segno dell'eros pla-
pratica amorosa. La quale, impedendone la dispersione, alla car- tonico: gli sono perciò estranee la violenza e l' ingiustizia. E se
ne dà forma e la dispone in un movimento orientato. Movimento esso è desiderio ed amore dei corpi , lo è senza che entrambi si tra-
in cui la carne viene riferita ad un oggetto e così resa transitiva. TI sformino in possesso e dominio.
Tale adesione innamorata alle cose è, secondo la Zambrano, il
16 A propos ito di Heidegger, la Zambrano afferma: "G razie al più famoso dci
filosofi di questo secolo - Hcidegger - risulta che è necessario rito rnare alla 18 [ possibili transiti ve rso la fenomenologia del pensie ro di Maria Zambrano
poesia [ ... ]. G razie ad Heidegger, pe rché senza questa sua giusta fama un sono stati messi in lu ce da R De Mo nti celli, in Lafenomenologia dell'anima
farto del gene re, pur apparendo in altri testi, no n sarebbe stato ri conosciu- sllla"ita (verso Edith Stein) e da R. P rezzo in Aprendo gli occhi al pensiero
to e nemmeno intravisto" (I beoti, cit., p. 53) . (verso Lévinas), in «aut au t», n. 279, maggio-giugno 1997.
17 Su] valore di conoscenza del sensibile esperire il mo ndo (l 'estetico) si veda l ') M. Zambrano, El realismo espanol como origen de una forma de conocìmien-
E. Franziru , Filoso/io dei sentimenti, Bruno Mondado ri, Milano 1997. to, in Pensamiento y poesia en lo vida espaiiola, Ensayo. Madrid 1996. p. 35.

20 21
Pi"o de Luco Introduzione

tratto forte del realismo spagnolo, ciò che ne definisce il modo Se il realismo così inteso è una categoria ampia nella quale
del conoscere e lo distingue da ogni altra forma di realismo. Que- rientrano momenti diversi della vita e del pensiero spagnolo, "il
t'ultimo ha nella vita e nella cultura spagnola un'assoluta perva- materialismo " ne è invece la specificazione e la radicalità. Esso
sività. La mistica stessa è realismo ed è dall'essere inscritta in tale è "la consacrazione della materia, la sua esaltazione, la sua apo-
orizzonte che essa ricava il suo carattere peculiare 20 . Peculiarità teosi "", è "il fanatismo della materialità", di ciò che può toc-
che, indagata, è ciò che a sua volta consente di cogliere la speci- ca rsi e vedersi. La materia è così fatta oggetto di una "tenace
ficità del realismo spagnolo e quel che per esso deve intendersi adorazione " perché tale è il sentimento che ispira la sua "ener-
per realismo della cosa. Se nella mistica tedesca vi è la solitudine gia creatrice" per la quale "tutto va a tutto " in un movimento
assoluta dell 'uomo di fronte a Dio, l'arrendersi, naufragando, alla che è infinito attraversamento di ogni cosa esistente. L'adora-
sua potenza, in quella spagnola vi è, invece, "la presenza meravi- zio ne ve rso questa materia "ardosa y creadora " non conduce
gliosa del mondo e delle sue creature"21. E Juan de la Cruz nel però ad un contemplare che si mantenga nella neutralità della
suo Cdntico nomina cose e creature: "Aerei uccelli, / leoni, cervi, distanza . Entrare in relazione con essa significa "entrare nella
agili daini , / monti , valli, riviere, / venti. acque. arsure / e vigili sua atmosfera, in cui nulla permane separato da nulla, in cuj
notturni terrori "2'. Dice della carne nei suoi più sottili palpiti: "In nulla conserva la sua individualità opaca e separata "26. Contem-
quel capello / che tremarmi sul collo tu spiavi; / e mentre lo guar- plare è partecipazione ad essa, esistenza che si modifica esisten-
davi / allaccio ti sei preso / e uno dei miei occhi ti ha ferito" ". do in essa.
La densa materialità delle cose, l'intera realtà non è elusa dai mi- Anche questo materialismo, come il realismo di cui rappre-
stici spagnoli. AI contrario essi vi si diffondono, ne accolgono "la senta l'estremizzazione, non ba equivalenti in quello europeo,
naturaleza" che è "la naturaleza" delle creature umane come del - non condivide di questo il carattere di "idealismo rovesciato" . In
le cose. Sarà questo realismo a far sì che la Zambrano paragoni- Spagna esso assume un 'inclinazione "più teorica", "più dogmati-
paragone che mostra appieno il modo in cui il realismo è da lei ca", "più appassionata" e per tale motivo il materialismo può ap-
assunto e fatto agire nella sua opera - Juan de la Cruz ad un pas- parire un'astrazione, ma si tratta di un'astrazione che non ha ori-
sero che "si fa il nido nell'aria ma è uscito dalla terra bruna e che gine nell 'intelletto bensì nella passione. E nel movimento ascen-
è bruno come essa, fatto , infine, della sua stessa sostanza. E cosl sionale che la passione produce l'esser materia delle cose non è ri-
quando canta, per quanto liberamente lo faccia, è come se la ter- mosso, piuttosto trova espressione, si fa com unicabile.
ra stessa cantasse; come se la terra stessa fosse riuscita a disfarsi Ma è nella poesia, per la Zambrano, che questa forma di ma-
del suo peso e della gravità che lo trattiene"" . terialismo si sviluppa nel modo più fecondo. Le maggiori opere
della cultura spagnola sono opere di cose, opere che dicono della
materialità delle cose, del legame appassionato che a queste strin-
lO È qui ass unto dalla Zambrano come tr.HtO proprio della mistica spagnola ~
la presenza di wcose " e wcreacure" - un elemento che, per quanto con di-
ge. Lo stesso Don Chisciolle, con la sua ricerca di un'impossibile
verse accentuazioni e significati, appartiene all'intera mistica. Dulcinea, è opera di cose, manifestazione della loro naturalezza ir-
li M . Zambrano, El realismo espanol, cit. , p. 36. removibile. Ecco allora che il realismo, colto nella sua accezione
2l Juan de la Cruz, Canzoni fra l'anima e lo sposo, in Poesie, trad. il. e introd.
di G. Agambcn, Einaudi, Torino 1974, p. 37.
2) Ibidem, p. 35.
2. M. Zambrano, San Giovanni della Croce. Dalla nalle scura a/la più chiara mi· v Id., Materialismo espanDI, in Pensamienlo y poesia l'n la vida espaiiola, cit.,
stlca, in Lo confessione come genere letterario, trad. il. di E. Nobili, introd. di p.39.
C. Ferrucci, Bruno Mondadori, Milano 1997, p, 110. l6 Ibidem, p. 40.

22
Pino de Luco Jntrodllzione

estrema di materialismo, è "ragione e conoscenza poetica"27. Qui proprio potere, necessario al prodursi di quel fluido equilibrio fra
l'adesione innamorata alle cose, cioè il materiale parteciparsi di le pani che rende partecipi della materia creatrice. TI poeta è co-
soggetto e cosa, si radicalizza fmo a fare del poeta lo spazio vuo- lui che vive" perso tra le cose, attaccato alla carne, smarrito tra i
to'8 in cui le cose si depongono nel loro essere materia e come tali sogni e dimentico di sé" , ma ciò non rimanda ad un emozionato
in lui esistono. Nella rinuncia del poeta ad esercitare potere sulle quanto inconsapevole abbandono. Piuttosto è atto della coscien-
cose, le cose sono giacché esse si offrono solo a colui che non le do- za nel quale il poeta, nell'estremo tendersi di questa, giunge a toc-
mina. Solo a colui, infatti, che in sé sperimenta la forza dell'impo- care e ad essere toccato dalle cose in un'amorosa pratica. Nella
tenza, che conosce la "passività per amore", la realtà si fa incontro. poesia si assiste quindi al "martirio della lucidità di chi accetta la
Per tale movimento la verità che iJ poeta comprende non sarà una realtà cosÌ come si dà nel primo incontro" , ed è un 'accettazione
ICverità conquistata"' l "rapita "t "violata ", ma "gratuita". La ragione che è assoluto realismo, docile, osservante condivisione dell'inti-
poetica è lo spazio dell'offrirsi gratuito e del riconoscente ricevere, mo ritmo della materia.
e in questo è atto di assoluto materialismo perché condivisione Parlando all'interno di simile pensiero, di questa patria che
dell 'infinito creare della materia, partecipazione al suo flusso nel l'esilio continuamente ritraccia in assenza, alla Zambrano, come
quale nessuna parte può sopravanzare l'altra. In ciò non vi è pa- già a Machado, non può che risultare estranea la purezza della
reggiamento o annichilimento delle diversità ma l'instaurarsi della poesia di Valérf9. Purezza che è ottenuta proprio nell 'astrazione
comunità - il poeta è l' uomo della comunità e perciò figurazione dalla cosa, nel revocarne la presenza nella perfezione cristallina
del politico - come interconnessione delle differenze ed insieme della costruzione. In ciò la poesia giunge ad essere come il pen-
loro fluidità . Fluidità garantita dall'incessante movimento della siero e Valéry è poeta compiendo il medesimo gesto del filosofo,
materia che, dice la Zambrano, si riparte in tutto e in tutto si iden - cioè decidendo, come questo, di essere "colui che lascia tutto"' o.
tifica, tutto fonde ed unisce, al tempo stesso distinguendo. Essa è Ma per Valéry lasciare è ricerca di nuove vie lungo le quali qual-
perciò il realizzarsi di quella pienezza della "comunione" per la siasi fedeltà è inessenziale, anzi se fedeltà vi può essere, la sua rea-
quale "tutto va a tutto" e dove l'unito è anche il separato.
L'esito di simile posizione sarà in Filosofia e poesia la decisa egli resta in insipienza / ogni scienza lrascendendo" (Coplas sopra un'eslasi
presa di distanza da qualsiasi "metafisica della creazione" per la di alto contemplaz.ione, in Poesie, ci t. , pp. 13 e 15) .
29 Giudizi e considerazioni su Valéry compaiono in numerosi luoghi dell'ope-
quale il soggetto assume a sé l'onnipotenza divina divenendo egli
ra di Machado. Nel Discorso di ammissione all'Accademia dello lingua è, ad
stesso Dio. La creazione è qui atto di una singolarità chiusa, che esempio, affermato a proposito della "poesia pura ": "Questa lirica disog-
negando esistenza in sé alle cose le fa discendere dal proprio vo- gettivizzata, stemporalizzata, disumanizzata, per usare la felice espressione
Jere. A questo la Zambrano oppone il creare dei poeti in cui il ri- del nostro Ortega y Gassel, è il prodono di un' attività più logica che esteti-
ca e solo una crilica superficiale non riuscirà a scoprirci la ms(sssa di COn-
tirarsi non è gesto di in'perio ma volontario indebolimento del cetti che racchiude il suo labirinto di immagini. Perché oggi come ieri le im-
magini indicano intuizioni o rivestono concetti , lerlium nOll dalur; ma ogni
intuizione è impossibile al margine dell 'esperienza vitale di ogni uomo. Ai
27 M . Zambrano, Conocimiellio poé/ico, in Pensomienlo y poesia en lo vido poeti di oggi pOITernmo applicare, mutatis mutandis, gli argomenti di Kant
espanolo, ci1. , p. 48. contro la metafisica di scuola e ricordare loro la parabola di quella colomba
28 U vuoto del poeta ha qui il segno del vuoto che appartenne all'esperienza mi- che, sentendo su lle sue ali la resistenza dell'aria , sogna che nel vuoto po-
stica e che i versi diJuan de la Cruz hanno descrino: "ero così sommerso, / trebbe volare megHo: perché c'è una colomba Hrica, desiderosa di eliminare
cosÌ assorto e S[ran iato / che i miei sensi restarono / spogHati di ogn i senti - il tempo per meglio innalzarsi verso l'eterno, la quale, come quella kantiana,
re; / e la mente infusa / intendeva senza intendere / ogni scienza trascen- ignora la legge del proprio volo" (in Prose, trad. ie. di O. Macrì ed E. Terni
dendo. / Chi là giunge veramente / di se stesso è spossessatoj / quan to pri- Aragone, introd. di O. M.cri. Lerici, Rom. 1968, p_61 ).
ma conosceva / cosa infima gli appare; / e tanto cresce lo sua scienza / che '0 M . Zambrano, J beali, cit. , p. 54 .

24 25
Pino de Luca Introduzione

lizzazione passa per lma pratica infedele. La poesia di Valéry sarà mediazione, né passaggio da un luogo all' altro, ma l'in decidibile
il paradosso di una purezza che, ottenuta artraverso un lavoro di del transito, cioè, ancora una volta, l'esilio come scelta e metodo.
prosciugamento e rarefazione, restituisce per intero le impurità e
le eccedenze da cui si è separata.
Da questo Maria Zambrano rimane lontana, così come rimane 4. Ali troppo grandi
lontana da quel pensare proprio della poesia che nella forma trova
svolgimento. La sua riflessione non è volta ad individuare e descri- nsotterraneo movimento che attraversa Filosofia e poesia è anche
vere un pensiero della poesia, quanto a riconnettere poesia e pen- ciò che vi spiega la crucialità di Platone. Una crucialità che fa tutt'u-
siero tiattivando "l'impeto appassionato" che la poesia ha tratte- no con il modo della Zambrano di percorrerne il pensiero. Si tratta di
nuto per sé e di cui il pensiero è divenuto privo. Si tratta di rista- un modo teso a mostrare, di questo, il lato in ombra, il rovescio o an-
bilire, in un lavoro che non è restauro, il tratto reciso di filosofia e che i refusi. Platone filosofo delle Idee è cosÌ il medesimo che offre
poesia e ciò non può accadere emancipando la poesia da se stessa una compiuta descrizione di ciò che nell'Idea è negato e che soprav-
fino a farla divenire mimetica alla fuosofia. La poesia ba bisogno di vive proprio in quanto nominato nella condanna. Questo doppio li-
conservare il proprio scarto rispetto alle forme acquisite del pen- vello della filosofia platonica è reso - quasi per un'immediata fruibi-
siero occidentale, senza che tale scarto sia segno di un'approssima- lità - plasticamente visibile attraverso figure. E figura della doppiez-
zione e di un'insufficienza che non conosce evoluzione. E se evo- za diviene il cigno sotto le cui sembianze Platone si annuncia in sogno
luzione deve darsi, non è per raggiungere il come del pensiero ma a Socrate. Ma il cigno, fa osservare la Zambrano, è "un angelo puni-
perché vi sia altro pensiero, un pensiero che sia spazio di nascite. to" , "immobilizzato", che ha conservato però Clla sua purezza" e "le
Posta così, la differenza tra filosofia e poesia appare, almeno sue ali" . Ali "incoerenti", "troppo grandi" per quel corpo che solleva
fin qui, irrimediabile. Come, allora, sopravvive per la Zambrano solo in un accenno di volo senza riuscire a distaccarsi definitivamen-
la tensione ad un pensiero intero e in cbe modo e attraverso qua- te dalla terra. "Angelo punito" forse perché, come l'angelo di Baude-
le strategia questo potrà ancora realizzarsi? laire, sempre tentato da "l'amour du difforme"". Potrà allora acca-
La risposta a tale interrogativo non appartiene, o almeno non dere che in altri sogni Platone compaia come una creatura dalla con-
pienamente, a Filosofia e poesia, ma andrà costruendosi nell'intero trastante natura di toro e di bianco cigno. Sono i versi di Juan de la
svolgimento dell'opera della Zambrano. Quello che a Filosofia e Cruz - i più platonici di "tutta l'umana poesia" - a dare piena espres-
poesia appartiene, invece, è il movimento che percorre il lato feri- sione a questa doppiezza di Platone che la lettura - o dialogo - della
to di ciascuna parte, il segno che l'una, staccandosi, ha lasciato nel- Zambrano costantemente ricerca ed espone: "Oh fonte cristallina, /
l'altra. Segno che non mitiga o riduce le loro differenze, né lascia se in quelle tue sembianze argentate / tu formassi d'un tratto / gli oc-
sperare il ripristino dell'originaria interezza ma forse, se agito, è ciò chi desiderati / che nelle viscere porto disegnati! ".
che può creare spazio per il sempre poter nascere. La tensione ad Rintracciare simile doppiezza in Platone è leggere nella con-
un pensiero illtero si realizza così ponendosi dentro questa incon- dorma della poesia il riconoscimento di questa per negazione,
ciliatezza, sapendone l'irrimediabilità. Esso è perciò un agire para- perché "discutere con i poeti come fece Platone, seppure con
dossale poiché chiedendo l'intero afferma l'irrevocabilità delle grande crudeltà, vuoi dire riconoscerli""-
parti distinte, la loro non redimibile differenza. Filosofia e poma è
questo sotterraneo muoversi nella dissociazione delle parti, espe-
li il riferimento è alla lirica di C. Bauddaire, L'T"eparabile, in I fiori dei male,
rendone la differenza per produrne la necessità. L'unica posizione rrad. il. di G . Raboni , Einaudi, Torino 1987, p. 138.
possibile è quindi quella di essere tra le parti, e tra non è punto di lZ M. Zambrano, Poema e sistema, in Verso un sapere dell'animo, cit., p. 40.

27
1
Pino de Luca Introdu1.i01te

Dallo Ione alla Repubblica è così possibile seguire, in una sor- concessione" del poeta, del suo dare illimitato che non si volge
ta di storia rovesciata e parallela, le forme di questo riconosci- mai in richiesta, essa è il rovescio della giustizia del filosofo, del
mento, dal quale emergono lo spazio della poesia e l'agire dei suo chiedere altrettanto illimitato. Platone, ricorda la Zambrano,
poeti. Ed entrambi sono fissati nello scarto dal pensiero e dalle stabilendo nella Repubblica "le basi della società perfetta" , mo-
sue leggi, scarto in cui il proprio della poesia si afferma nella sua stra come "queste basi si risolvono in una: Giustizia". È infatti la
autonomia e nelle sue altre leggi. giustizia che dà la regola a quella perfezione che si vuole edifica-
La domanda "Chi è il poeta?" è in Platone che trova risposta. re poiché essa è simmetria delle parti, imposizione di un uguale
"Cosa leggera, alata e sacra"3J egli dirà. A fare del poeta "cosa che sacrifica la disparità. In tal senso la gi ustizia è l'operare stes-
leggera " ed "alata " è la sua stessa sacralità perché è nel suo farsi so della verità nell'astrazione dai corpi, "il correlato dell 'essere
vuoto che il terribile del dio trova dimora. Questo terribile è l'e- nella vita umana ", dice Marfa Zambrano.
splodere dell'infmito del senso, è il riapparire dell'originaria con- Nel definirsi della giustizia per il filosofo si delinea, nella sua
fusione di essere e non-essere. Così il poeta, posseduto dal dio, forma negativa, la Ugiustizia caritativa" del poeta: un agire co-
possiede l'altro di sé e delle cose, fa propri , per un atto privo di stantemente sbilanciato, attento alle singolarità e riguardoso del-
potenza, il non dell'io come delle cose. Essere partecipi del non le differenze fra queste. Per essa, l'altro, come ogni cosa, è pre-
delle cose è apprenderne l' inaudita pienezza ed è questa che tra- senza di un corpo, intransitiva evidenza della sua carne; e non lo
smigra nel canto. Nel delirio il poeta si fa simile alle api che vo- è come "peccato" ma come "grazia". "La lotta" e «la re1azione in -
lando portano ai mortali i loro canti dopo averli attinti da "fonti tima" con la carne djvengono, nell'instaurarsi della l'giustizia ca-
d i miele che scorrono da alcuni giardini e vallate selvose delle ritativa" , pratica amorosa , c.ioè "amore per la carne propria e al-
Muse"J4. La dolcezza di miele della terra trapassa nel canto, e l'o- trui ", riaffermazione dei "legami che uniscono l'uomo con tutto
rigine divina e l'origine materiale di questo si saldano. In tal ciò che è vivo, compagno d'origine e creazione".
modo ciò che rende il canto segno del dio è anche ciò che ne de- Ma carità è parola che a Platone non appartenne benché la
termina la terrestrità. illimitatezza del dio e materialità finiscono Zambrano ve la senta come sospesa, sul punto di potersi pro-
con il coincidere, e la voce del dio che prende corpo nel canto è nunciare e tuttavia non ancora pronta per esserlo. Saranno allora
quella stessa della cosa, poiché entrambe sono il non appreso bellezza e creazione a divenire "redenzione della carne mediante
come immanente, sensibile pienezza. l'amore", e perché ciò si realizzasse l'amore stesso dovette sepa-
Per simile nascita, "cosa" per la poesia non sarà allora "la rarsi dalla carne.
cosa concettuale del pensiero, ma complessissima e reale" e "rea- La crucialità di Platone per Mada Zambrano è anche l'im-
le" per il poeta è sia quello che è, sia quello che non è. "Reale" è possibilità di porre termine al suo aggirarsi nei recessi e nelle fes-
il fantasma , le apparenze, l'incompiuto, il trascorso e tutto è da sure di quel pensiero per rintracciarvi la descrizione, che traspa-
lui accolto in un gesto che la Zambrano definisce "giustizia cari- re nella condanna, del mondo incerto e fragile delle apparenze e
tativa "". Se la "giustizia caritativa" è il segno dell 'essere " tutto delle passioni. Platone non solo le mostrò entrambe, ma volle sal-
varie dalla loro stessa dispersione salvandone la sede: l'anima. Da
qui il senso aperto e problematico della condanna platonica. Sen-
jJ Platone, lane, in Dialoghi plnlonici, a c. di G. Cambiano, Uter , Torino 1995, so non esaurito e su cui Maria Zambrano continuamente ritorna
voI. I, p. 136.
H Ibidem. in un'analisi che non si soddisfa di sé e che chiederà all'intera sua
}, L'idea di "giustiZia caritativa n trova compimento in quella di "pietà n svilup- ope ra di reggere. A dover sempre di nuovo essere investigata è la
pata dalla Zambrano in El hombre y lo divino, Siruela, Madrid 1991. doppiezza di Platone, quel movimento che all'inlprovviso si mo-

28 29
Pina de Luca l"traduzione

stra, rivelando che il bianco cigno è anche "il toro del sangue e nel Discorso di ammissione all'Accademia della lingua, "la meravi-
della morte". glia delle cose e il miracolo della ragione"".
Ma questa è la posta in gioco di filosofia e poesia. Se comune alla Zambrano e a Machado è il progetto di una
nuova logica, il cui potersi dare passa per la messa in movimento
di filosofia e poesia, diversa è invece la richiesta che alla poesia
5. "Contraddire la muso" viene fatta perché si realizzi tale progetto. Mentre per la Zam-
brano la poesia è parola del sentire e quindi viatico, impeto, gui-
"Ci deve essere stato un momento iniziale in cui sentire e ca- da al concetto ma non concetto, per Machado la poesia deve, in-
pire non erano separati"J6, scrive Maria Zambrano ne l beati. vece, contenere entrambi i momenti, essere essa stessa intuizione
Questo momento iniziale è ciò che nell'esilio si è spostato in e concetto. Nella poesia , infatti , sono adoperate "due qualità di
avanti, è divenuto "meta" senza essere certezza della patria. Cer- immagini, generate da due zone diverse dello spirito del poeta:
to è invece il lavoro che richiede - ed è il lavoro dell'esilio - il sa- immagini che esprimono concetti e non possono avere altro che
pere e l'arte che saranno necessari per "riunirli". Sapere ed arte un significato logico, e immagini che esprimono intuizioni, e il
"basati sulla fiducia nella non irrazionalità del sentire e assistiti loro valore è prevalentemente emotivo"". E sebbene non sia "la
dalla docilità dell'intelligenza " H. L'operare di entrambi dovrà far logica quel che il poema canta, ma la vita", pur tuttavia non è "la
sì che sentire e capire occupino "l'uno il posto dell'altro" in vita, ma la logica, che dà struttura al poema"4J.
modo che "il sentire risveglia, ravviva, ed è fuoco rianimato dal La riflessione sulla poesia diviene così per Machado il labo-
capire; il sentire, che fa da guida vegliando da solo in lunghe not- ratorio di nuova logica dove sensibilità e concetto divergendo si
ti oscure, è in seguito sostenuto, custodito"38. In questo non è incrociano. Perché questo accada - come poi awerrà, benché
riassestato, sistemandolo, il rapporto filosofia -poesia, ma è fatto con differenti accenti, per la Zambrano - bisognerà apprendere a
avanzare il ptoblema che il rapporto pone: un pensiero "come vedere e vedere è "l'intelligenza che riacquista gli occhi"". In
misura " e "come sentimento", cioè quel pensieto che la Z,mbra- questo atto il mondo esterno esiste per sé. È la realtà di quanto si
no ba visto realizzarsi nell'opera di Machado". "vede e tocca", "le cose sono lì dove le vedo, gli occhi Il dove ve-
Anche in Machado il rapporto fra filosofia e poesia non si ri- dono", "il mio rapporto con il reale è reale anch'esso"". È qui la
solve nella sintesi o nel declinarsi dell'una nell 'altra, ma spinge poesia di Mareno Villa a guidare la riflessione di M,ch,do. La
fuori di entrambe nella costruzione di una nuova logica che di cia- pura e semplice "presenza " delle cose in essa, lo stupore che
scuna affermando la differenza dell'altra pone la necessità come l'"uno" ne provoca nel poeta, l'equilibrio che vi si stabilisce fra il
differenza e necessità di "intuizione" e "concetto": "una cavità sentire di questo e il loro "freddo contorno", sono il mostrarsi
piena che è, al tempo stesso, una cecità veggente"40 o, come dirà lell'agire concorde di intuizione e concetto. La nuova /ogiCfJ è
cosÌ pure ilila "nuova fede nelle cose" a cui istruisce la poesia
stessa. È necessario, infatti, concedere alle cose "per lo meno la
Hl M. Zambrano, l beati, cit ., p. 93 .
)7 Ibidelll, p. 94 .
~I Id., Discorso di ammissione ai/'Accademia della lingua, in Prose, cit., p. 59.
" Ibidem.
" A proposito della lettura che la Zamb rano conduce dell'opera di Machado 41 Id., Riflessioni sulla lirica, in Prose, cir., p. 23 .
si veda "La Gue"o- de Antonio Macbado e Antonio Machado y Unamuno. " Ibidem, p. 25.
precursores de Heidegger, in Senderor, Anthropos, BarceJona 1989 . .. Ibidem, p. 27.
~, Ibidem, p. 28 .
..o A. Machado, Juan de Mairena , in Prose, cit., p. 339.

30 31
PÙl0 de Luco Inlroduziofte

proprietà di apparirci, di presentarsi a noi prima che noi le so- poesia, quanto il farsi str3da nell'una e nell'altra di movimenti
gniamo" e questa è "una nuova e severa emozione" perché vi è che, separatamente percorrendo fùosofia e poesia, si annodano,
emozione nel nostro essere "saldamente ancorato a un brano del poi, all'esterno di queste, in un pensiero che entrambe le contie-
reale", vi è emozione nella "legge che ci obbliga e ci fissa al no- ne ed entrambe le trascende.
stro posto e al nostro tempo"46. Vi sarà una figura che, alla fine dell'opera di Marta Zambra-
Questo lavoro dentro la poesia è così "contraddire la musa" di- no, di simile pensiero sarà espressione: il beato. È nel beato, in-
mostrando l'insufficienza del "sentire" per la poesia ed affermando fatti, che il "culmine dell'immediatezza del sentire" e il "culmine
la necessaria contemporaneità in essa di "carne" e "spirito"47. della potenza della mente"" coincidono. Esso è perciò il compi-
Un analogo lavoro viene compiuto da Machado sul versante mento pieno di quel tragitto che, aveva detto Machado, porta il
della filosofia . L'essere, scriverà nei suoi Appunti per una teoria poeta, dopo aver, come Dante, "esplorato tutto l'inferno" a rive-
della conoscenza, è IIvario non uno", è "radicale eterogeneità" che dere le stelle. E se il beato è "indice di pienezza estetica"", lo è
per pensarsi richiede mobilità, "continuo spostamento dell'atten- anche perché estetico è lo spazio in cui l'inferno e le stelle si san-
zione"48.ln Juan de Mairena Machado aggiunge che l'eliminazio- no necessari, in cui la "meraviglia delle cose" prepara, senza
ne dell 'altro è stato il costante impegno della ragione. il punto smentirsi o scomparirvi, "il miracolo della ragione"".
però è che "l'altro non si lascia eliminare; sussiste, persiste; è l'os-
so duro da rodere e la ragione ci rimette i denti ". E allora neces-
saria "fede " sia "poetica" che "razionale" per arrivare a com-
prendere che l'uno soffre di "incurabile alterità"". e affermare
l'uno come alterità è "unire due parole per la prima volta "' o, tale
è però anche il compito che è posto al pensiero. Questo deve es-
sere in sé capace di disgiungere sostantivo ed aggettivo per insie-
me connetterli nel loro opporsi arrivando in tal modo "all'e-
spressione nuova e sorprendente, all'aggettivazione coraggiosa,
che sfida la stessa contradictio adjecto; per esempio: una guardia
d'assalto!"' !,
E pensare "una guardia d 'assalto", produrne la logica è ciò
che si ottiene nell'attraversamento e dalla divaricazione di filoso-
fia e poesia. Ma è anche qui che Maria Zambrano si riaffianca a
M.ch.do in un comune, benché non identico, pensiero della con-
traddizione. TI quale non è risoluzione del rappotto di fùosofia e

<Ii Ibidem, p. 31.


47 A. Machado, Lettera a D.E. Giménez Caballero, in Prose, cit. , p, 275.
411 Id., Appunti per una teoria della conoscenz.a, in Prose, ciL, p. 120.
49 Id" fua n de Maireml, cit. , p, 286. 12 M, Cacciari, L'Europa di Maria Zambrano, in «Paradosso», n, 8, 1994, p. 177.
,. Ibidem, p. 330. " Ibidem.
, . Ibidem. ~ A. Machado, Discorso di ammissione all'Accademia dellD lingua, cit ., p, 59,

32 33
FILOSOFIA E POESIA
l.

Pensiero e poesia

Sebbene in alcuni fortunati mortali poesia e pensiero si siano


incontrati e abbiano coinciso, sebbene in altri - ancora più forru·
nati - si siano fusi in un'unica forma espressiva, non vi è dubbio
che, nel nostro contesto storico·culrurale, poesia e pel1siero si con·
trappongano con nettezza. Entrambe le forme espressive, infatti,
vogliono per sé, in eterno, il luogo in cuj l'anima si annida, e que-
sto loro reciproco disputare ba spesso sciupato vocazioni poetiche
e reso sterili angosce degne di ben altro sbocco concettuale.
Un altro motivo decisivo per cui non possiamo abbandonare
l'argomento è che oggi poesia e pensiero ci appaiono come due
forme incomplete e ci vengono incontro come due metà dell ' uo·
mo: il filosofo e il poeta. Nella filosofia non si trova l'uomo inte·
ro; nella poesia non si rrova la totalità dell 'umano. Se nella poe·
sia troviamo direttamente l'uomo concreto, individuale, nella fi o
losofia ci imbattiamo nell' uomo inserito nella sua storia universa·
le, nel suo voler essere. La poesia è incontro, dono, scoperta ve·
nuta dal cielo. La filosofia è ricerca, urgente domanda guidata da
un metodo.
È in Platone che la lotta fra le due forme della parola, ingag·
giata in tutto il suo vigore, si conclude col trionfo del logos del
pensiero filosofico, determinando ciò che potremmo definire "la
condanna della poesia ". Ha inizio così, nella cultura occidentale,
la vita rischiosa della poesia, quasi respinta ai margini della legge,
maledetta, costretta a vagare su accidentati sentieri, sempre sul
punto di perdersi, esposta al continuo pericolo della follia. Nel
momento in cui il pensiero compì la "presa del potere", la poesia
si accontentò eli vivere ai margini, da cui, esacerbata e lacera, in
rivolta perenne, urla le sue sconvenienti verità. Se i fùosofi non
hanno governato ancora alcuna repubblica , la ragione da essi isti·

37
Morio 'lambrono Filoso/io t! poesio

tuita ha esercitato un dominio decisivo nella conoscenza e ciò che due necessità, qual è quella più profonda, sorta nei recessi più na-
non era radicalmente razionale, in curiosa alternanza, o era sog- scosti della vita umana? Quale la più inlprescindibile?
giogato dal suo fascino o vi si ribellava. Se il pensiero è nato solo dalla meraviglia, secondo quanto
Non vogliamo qui ripercorrere la storia di tali alternanze, tramandato da testi illustri ', non si spiega certo facilmente come
sebbene potrebbe essere di sommo interesse soprattutto indaga- ben presto abhia preso forma di filosofia sistematica; non si spie-
re le loro più profonde connessioni con il resto dei fenomeni cbe ga neanche come una delle sue migliori virtù sia stata l'astrazio-
inlprimono carattere a un'epoca. Prinla di accingerci a una simi- ne, questa idealità conseguita con lo sguardo, sì, ma con un ge-
le impresa, conviene meglio chiarire il fondo di quel drammatico nere di sguardo che ha ormai cessato di vedere le cose. Perché lo
scontro che è all'origine di tali alternanze, e soffermarsi sulla con- stupore che produce in noi la generosa esistenza della vita che ci
tesa in atto tra filosofia e poesia, per definire un po' i termini di circonda è tale da non permettere un così rapido distacco dalle
un conflitto in cui si dibatre colui cbe ba necessità di entrambe. molteplici meraviglie che l'hanno suscitato. E proprio come la
Vale, sì, la pena di rendere manifesta la ragione della doppia irri- vita, tale stupore è infinito, insaziabile e non disposto a decretare
nunciabile necessità di poesia e pensiero, nonché l'orizzonte che la propria morte.
s'intravede come scioglimento del conflitto. Orizzonte cb e, ove Però, in un altro testo illustre - più illustre ancora per la sua
non sia un 'allucinazione nata da un'avidità singolare, da un amo- triplice aureola di filosofia , poesia e ... "Rivelazione" - troviamo
re ostinato che sogni una riconciliazione al di là dell'attuale di- un 'altra radice da cui si genera la filosofia: si tratta di quel pas-
sparità, sarebbe semplicemente la via verso un mondo nuovo di saggio del libro VII della Repubblica, in cui Platone presenta il
vita e di conoscenza. mito della caverna. La forza che origina la filosofia è li la violen-
"In principio era il Verbo ", il logos, la parola creatrice e or- za. E allora meraviglia e violenza, insieme come forze contrarie
dinatrice, che pone in movimento e legifera. Attraverso queste cbe non si distruggono, ci spiegano quel primo momento filoso-
parole, la più pura ragione cristiana si intreccia con la ragione fi - fico in cui già troviamo una dualità e, forse, il conflitto originario
losofica greca. E il divino paradosso, vale a dire l'Awento di una della filosofia : nell'inlmediato, uno stupore estatico dinanzi alle
creatura che portava nella propria natura l'impensabile ed estre- cose, cui fa seguito un subitaneo farsi violenza per liberarsene. Si
ma contraddizione di essere al tempo stesso umana e divina, non direbbe ch e il pensiero non prenda la cosa cbe gli si presenta da-
deviò il cammino dellogos platonico-aristotelico, non ruppe con vanti se non come pretesto e che il suo stupore originario sia su-
la forza della ragione, con la sua supremazia. Malgrado la flagel- bito negato, forse tradito, da tale fretta di slanciarsi verso altri
lante "follia della sapienza" di San Paolo, la ragione, quale radi- luoghi che gli inlpediscono l'estasi nascente. La filosofia è un'e-
ce ultima dell'universo, si reggeva saldamente. Tuttavia qualcosa stasi fallita a causa di uno strappo. Quale forza la lacera? Perché
di nuovo era accaduto: la ragione, i110gos era creatore, di fronte la violenza, la fretta, il desiderio furioso del distacco?
all'abisso del nulla; era la parola di chi parlando poteva tutto. E E cosi vediamo già più chiaramente la condizione della filo-
i1logos rimaneva situato oltre l'uomo e oltre la natura, al di là del- sofia: meraviglia, sì, stupore di fronte all'immediatezza delle cose,
l'essere e del nulla. Era il principio al di là di tutto ciò che già ave- cui fa inlprowisamente seguito uno strappo, un brusco allonta-
va avuto inizio. narsi per slanciarsi altrove, verso qualcosa da cercare e persegui-
Quali radici hanno in noi pensiero e poesia? Per il momento, re perché non si dà, percbé non ci fa dono della sua presenza. E
più che cercare la loro definizione, ci interessa la necessità, l'e-
strema necessità, che le due forme della parola possono colmare.
Qual è l'indigenza d 'amore alla quale mettono riparo? E tra le l Aristotele, Metafisica, l , 982 b.

38
Marfa Zombral1o Filosoji"a (! poesia

qui inizia l'affannoso cammino, lo sforzo metodico per catturare cose, sarebbero state spremute in modo implacabile, quasi cru-
qualcosa che non abbiamo e di cui siamo talmente bisognosi da dele. Lo stupore iniziale si trasformerà in un domandare peren-
strapparci da ciò cbe già abbiamo senza averlo cercato. ne; l'interrogare deH'inteHetto inaugura così il proprio martirio e
Senza specificare per il momento quali siano l'origine e il si- queHo della vita stessa.
gnificato deHa violenza, ciò è sufficiente a spiegare come tra co- I:a1tro cammino è queHo del poeta. TI poeta nnn rinunciava,
loro che sono stati catturati daHa meraviglia originaria, dal primi- non cercava neppure, perché già possedeva. Possedeva immedia-
tivo 9awuxçElV, ve ne siano stati alcuni che non si sono rassegna- tamente ciò che davanti a lui, ai suoi occhi, aH'udito e al tatto ap-
ti al cambiamento, non hanno accettato il canllIlino deHa violen- pariva; possedeva ciò che guardava ed ascoltava, ciò cbe toccava,
za. Alcuni di quelli che hanno sentito la loro vita sospesa, la loro ma anche tutto ciò che popolava i suoi sogni, i suoi personali fan-
vista irretita daHa foglia o daH'acqua, non hanno potuto passare tasmi interiori, mescolati in tal modo con altri, con quelli che va-
al momento successivo in cui la violenza interiore fa chiudere gli gavano al di fuori, che uniti formavano un mondo aperto dove
occhi cercando altre foglie e altra acqua più vere. No, non tutti tutto era possibile. I confini si modificavano in modo tale cbe fi-
seguirono il sentiero che porta aHa verità faticosa; alcuni rimase- nivano per non esserci. I confini di queHo che scopriva il filosofo,
ro aggrappati al presente e all 'immediato, a ciò che offre la pro- invece, si andavano nel frattempo precisando e distinguendo in
pria presenza e dona la propria figura , a ciò che tremola tanto è modo tale che già si formava un mondo con un suo ordine e una
vicino; essi non sentirono alcuna violenza o forse non sentirono sua prospettiva, dove già esisteva il principio e "il principiato "; la
queHa forma di violenza , non si lanciarono alla ricerca di un 'i- forma e ciò che sotto di essa è.
deale corrispondenza, né si disposero a percorrere con sforzo il TI cammino della filosofia è il più illuminato, il più certo; la fi-
cammino in salita che porta dal semplice incontro con l'imme- losofia ha vinto neHa conoscenza poiché ha conquistato qualcosa
diato a ciò che è permanente, identico, Idea. Fedeli aHe cose, fe- di stabile, qualcosa di talmente autentico, compatto e indipen-
deli aHa loro primitiva meraviglia estatica, non vollero mai lace- dente che è assoluto, che su nulla poggia, mentre tutto viene ad
rarla; non avrebbero neanche potuto, perché la cosa stessa si era appoggiarsi su di esso. I:asprezza del sentiero e la rinuncia asce-
ormai fissata in loro, impressa nel loro intimo. Ciò che il filosofo tica trovano così un'ampia ricompensa.
perseguiva, il poeta l'aveva già dentro di sé, in un certo modo; in In Platone, il pensiero,la violenza della verità, ha combattuto
un certo modo, sì, e quanto diverso. una battaglia difficile quanto queHa deHa poesia; se ne sente il fra-
Qual era la differente maniera di possedere la cosa da cui non gore in numerosi passaggi dei dialoghi, dialoghi drammatici in cui
nasceva alcuna violenza filosofica e che produceva, invece, un lottano le idee e sotto di esse si intuiscono battaglie ancor più
particolare genere di inquietudine e una pienezza cbe turba, che aspre. Forse la più grande è quella di colui che, essendo nato per
quasi è terrificante? Qual era questo possesso dolce e inquieto la poesia, si è deciso invece per la filosofia. Infatti, in ogni dialogo,
che placa ma cbe non basta? Sappiamo che si chiamò poesia e la poesia viene attraversata o almeno sfiorata, e ne sono verificati
forse ebbe anche altri nomi che il tempo avrà cancellato. Da aHo- le ragioni, la validità, il vigore. Ma risulta altrettanto chiaro che nei
ra il mondo si divise, soleato da due sentieri. TI cammino deHa fi- passaggi cruciali, quando sembra ormai esaurita la strada deHa
losofia, in cui il filosofo , spinto daH'amore violento per ciò che dialettica, irrompe, come un al di là deHa ragione, il mito poetico.
cercava, abbandonò la superficie del mondo, la generosa imme- E ciò accade neHa Repubblica, nel Simposio, nel Fedone. Quest' ul-
diatezza deHa vita, basando il proprio ulteriore e assoluto posses- timo, il più drammatico, queHo che più di tutti ci scuote, lascia in
so su di una iniziale rinuncia. L'ascetismo era stato scoperto, noi un dubbio sull'intima verità di Socrate. I:idea del maestro va-
come strumento di questo tipo di sapere ambizioso. La vita , le gabondo, la sua vocazione di pensatore errante, vacilla. Qual era

40 41
Maria lambro/IO filosofia e poesia

il suo profondo sapere, quale la fonte della sua sapienza, quale la aveva calamitato la violenza filosofica. Le apparenze si distruggo-
forza che fece la sua vita così bella e illustre? Colui che afferma no reciprocamente, sono in guerra perpetua, chi vive in esse non
che "la filosofia è una preparazione alla morte" l'abbandona pro- può che perire. Occorre "salvarsi dalle apparenze", prima di tut-
prio quando giunge in prossimità della morte e, quasi sul punto di to, e salvare poi le apparenze stesse: risolverle, renderle coerenti
varca me la soglia, si fa poeta e gioca. Forse la verità era un'altra? con questa unità invisibil.e. Chi ha raggiunto l'unità ha raggiunto
Stava forse toccando qualche verità al di là della fi.losofia, una ve- anche tutte le cose che sono, perché, in quanto sono, partecipa-
rità che poteva essere rivelata solo dalla bellezza poetica? Una ve- no di essa o, in quanto sono, sono una. Chi possiede l'unità pos-
rità che non può essere dimostrata, ma solo suggerita da questo di siede tutto. Ecco spiegata l'urgenza del filosofo, la violenza terri-
più che espande il mistero della bellezza al di sopra delle ragioni? bile che gli fa spezzare le catene che lo legano alla terra e ai suoi
O forse le verità ultime della vita, quelle della morte e dell'amore, compagni; quale rottura non sarebbe giustificata in cambio della
sono - per quanto perseguite - trovate alla fine solo per un dono, speranza di possedere tutto, tutto? Platone ci affascina con il
per fortunosa scoperta che in seguito verrà chiamata grazia e che mito della caverna dal momento che con tale mito ci rivela la spe-
già in greco porta un bel nome: xO:PU;, charis. ranza della filosofia, poiché è la speranza la sua giustificazione ul-
In ogni caso Socrate, con il suo misterioso "demone" interio- tima ed assoluta. Anche la filosofia vuole, infatti, mostrarci di
re e la sua morte luminosa, e Platone, con la sua filosofia, sem- possedere la speranza, cosl come la possiedono la religione, la
brano suggerire che un pensare puro, scevro da contaminazioni poesia e perfino quella forma speciale della poesia che è la trage-
poetiche, era appena agli inizi. Ciò cbe si considerava filosofia dia, le quali sono modi della speranza, mentre la filosofia ne resta
"pura " non contava ancora su forze sufficienti, tali da affrontare priva, anzi resta desolata. I più alti fi.losofi non hanno fatto altro;
quei problemi fondamentali che a un uomo artento di quel tem - alla fme della loro catena di ragionamenti, costruiti per rompere
po già si presentavano. le catene del mondo e della natura, c'è qualcosa che rompe le loro
La poesia coltivava, intanto, la disdegnata molteplicità, la vi- stesse costruzioni. È un qualcosa che si chiama di volta in volta
tuperata eterogeneità. TI poeta, innamorato delle cose, vi si attac- vita teoretica o "amore di ciò che è intellettuale", o "autonomia
ca, si attacca a ognuna di esse e le segue attraverso il labirinto del della persona umana".
tempo, del mutamento, senza poter rinunciare a nulla: né a una Bisogna salvarsi dalle apparenze attraverso l'unità, dice il fi-
creatura, né a un istante della creatura stessa, né a una particella losofo; il poeta, invece, aderisce alle apparenze seduttrici. Come
dell 'atmosfera che l'awolge, né a una sfumatura dell'ombra che può, se è un uomo, vivere così disperso?
getta o del profumo che emana, né al fantasma che già in assenza rupito e disperso è il cuore del poeta: "il mio cuore pulsa at-
suscita. Forse al poeta non interessa l'unità? Forse che egli rima- tonito e disperso" [A. Machadol. Non vi è dubbio che questo pri-
ne attaccato in modo errante - immorale - alla molteplicità ap- mo momento di stupore si prolunghi molto nel poeta, ma non in-
parente, per svogliatezza e pigrizia, per mancanza di impeto asce- ganniamoci: non si tratta di un suo stato permanente, da cui gli
tico necessario a perseguire quell'unità tanto amata dal filosofo? sia impossibile uscire. No, anche la poesia ha il suo volo, l'unità,
Con ciò tocchiamo forse il punto più delicato di tutti: il di- l'altrove.
lemma "unità/eterogeneità ". Abbiamo indicato, nelle rigbe che Se il poeta non avesse volo, non si darebbe poesia, né parola.
precedono, che il cammino inizia a divergere nel momento in cui Ogni parola richiede un allontanamento dalla realtà cui si riferi-
il filosofo si dirige verso l'essere che si cela dietro le apparenze e sce; ogni parola è anche una liberazione di colui che la dice. Chi
il poeta resta immerso nelle apparenze stesse. Lessere era stato parla, anche se parla delle apparenze, nnn ne rimane del tutto
definito soprattutto come unità, perciò era occulto, siffatta unità schiavo; chi parla, foss'anche della più variopinta molteplicità, ha

43
Mario lambrano Filoso/io ~ poesia

già raggiunto una sorta eli unità. Diversamente, imbevuto di puro tendendo per cosa un'unità fatta di sottrazioni. La cosa del poe-
stupore, soggiogato da ciò che muta e fluisce, non riuscirebbe a ta non 'è mai la cosa concettuale del pensiero, ma complessissima
dir nulla, quand 'anche la materia del suo elire fosse un canto. e reale, la cosa fantasmagorica e vagheggiata, quella inventata,
Abbiamo appena alluso a qualcosa di affine, molto affine alla quella che ci fu e quella che non ci sarà mai. Vuole la realtà, ma
poesia, poiché hanno camminato insieme per lungo tempo: la mu- la realtà poetica non è solo quella che c'è, quella che è, ma anche
sica. Nella musica l' unità risplende più dolcemente. Ogni brano quella che non è; abbraccia l'essere e il non-essere in ammirevole
musicale è un'unità, pur essendo composto solo di fugaci istanti . giustizia caritativa, giacché tutto, ptoprio tutto, ha diritto ad es-
n musicista non ha avuto bisogno di rivolgersi a un essere occulto sere, finanche ciò che non ha mai potuto essere. n poeta trae dal-
e identico a se stesso per cogliere la trasparente e indistruttibile l'umiliazione del non-essere ciò che in esso geme, trae dal nulla il
unità delle armonie di tale essere. Certamente l'unirà alla quale ac- nulla stesso dandogli nome e volto. n poeta non si tormenta af-
cede il musicista non è la stessa unità dell'essere cui aspira il filo- finché, delle cose che ci sono, alcune giungano ad essere ed altre
sofo. Nell'immeeliato, l' unirà della musica è li realizzata. È un'u- non abbiano questo privilegio, lavora soltanto per fare in mndo
nità di creazione: con ciò che è disperso e transeunte si è costrui- che tutto, quel che c'è e quel che non c'è, arrivi ad essere. n poe-
to qualcosa che è uno ed eremo. Allo stesso modo il poeta, nella ta non teme il nuIla.
poesia, crea l'unità nella parola. Parole che cercano eli afferrare ciò Apparizione, presenza che ha un ohremondo su cui appog-
che è più tenue, più alato, completamente eliverso da ogni cosa, da giarsi. La matematica sostiene il canto. Non avrà anche la poesia
ogni istante. La poesia è già l'unità non occulta, ma presente; l'u- il suo oltremondo, il suo oltre su cui appoggiarsi, una sua mate-
nità realizzata, incarnata, eliremmo. n poeta non ha esercitato al- matica?
cuna violenza suIle apparenze etetogenee e sempre senza violenza Non c'è dubbio che sia così: il poeta coglie l'unità nella poe-
ha raggiunto l'unità. Come dapprima la molteplicità, essa gli è sta- sia più rapidamente del filosofo. L'unità della poesia discende per
ta donata per grazia ad opera delle charites. farsi carne nel poema e per tale motivo presto si consuma. La co-
Vi è però una clifferenza; il filosofo, se cogliesse l'unità dell'es- municazione tra illogos poetico e la poesia concreta e viva è più
sere, sarebbe un'unità assoluta, senza alcuna interferenza del mol- rapida e più frequente; illogos della poesia è di fruizione imme-
teplice; l'unità raggiunta dal poeta nella poesia, invece, è sempre diata, quntidiana; quotielianamente scende nella vita, tanto quo-
incompleta; il poeta ne è consapevole e la sua umiltà consiste nel- tielianamente che, a volte, si confonde con essa. È un logos che si
l'accontentarsi del conseguimento della fragile unità ottenuta. Ne presta ad essere divorato, consumato; è illogos disperso della mi-
deriva quel tremore che permane elietro ogni poesia riuscita e sericordia che va a chi ne ha bisogno, a tutti coloro che ne hanno
quella prospettiva illimitara , scia che ogni poesia lascia dietro eli sé bisogno. Quello della filosofia , invece, è immobile, non eliscende
e che ci induce al suo seguito: quello spazio aperto che sempre cir- ed è accessibile solo a chi può conseguirlo con le proprie forze.
conda la poesia. Ma un' unità conseguita in tal modo, quand'anche "Tutti gli uomini banno per natura desiderio di sapere", elice
volessimo considerarla completa, ci apparirà sempre gratuita, in Aristorele all'inizio della MetafiSIca, giustificando così in parten-
confronto all'unità filosofica tanto pervicacemente perseguita. za questo "sapere che si cerca". Ma se ammettiamo che tutti gli
n filosofo vuole l'uno perché vuole tutto, abbiamo detto. n uomini abbiano questo desiderio eli sapere, ci si pone immedia-
poeta non vuole tutto, perché teme che in questo tutto non ri- tamente una domanda da rivolgere alla filosofia: come mai, se tut-
manga ognuna delle cose in tutte le sue sfumature; il poeta vuole ti hanno bisogno eli te, sono così pochi quelli che ti raggiungono?
una, ciascuna cosa, senza restrizioni, senza astrazioni né rinunce. C'è stato forse un tempo in cui la filosofia si è concessa a tut-
Vuole un tutto a partire dal quale si possieda ogni cosa, non in- ti? C'è stato forse un tempo in cui illogos ha protetto la fragile

44 45
MarIa Zambraffo Filosofia e poesia

vita di ciascuno? Se dobbiamo prestare ascolto a ciò che dicono passo, con molta fatica, fa sì che colui che finalmente vi giunga si
gli stessi ftlosofi, la risposta è negativa, ma forse è possibile che senta il solo. Superbia della filosofia! A! contrario l'unità e la gra-
questo sia accaduto al di là delle loro stesse intenzioni, in qualche zia, rinvenute dal poeta come fonte miracolosa sul proprio cam-
altra dimensione, in qualche altra maniera. In qualcosa di sicura- mino, sono donate, scoperte immediatamente e in assoluto, sen-
mente molto vitale e prezioso di cui solo adesso che è stato di- za progettare tragitti, senza inciampi , né contorsioni. TI poeta non
strutto - con incosciente noncuranza di alcuni "fUosofi", ai quali ha metodo ... e neppure etica.
sembra sia indifferente che la fUosofia possa servire oggi - ap- A! loro originario incontrarsi, tale dovette essere il primo
prezziamo il valore, adesso che vediamo il vuoto che ha lasciato confrontarsi di pensiero e poesia, quando la fUosofia superba s.i
nella vita dell'uomo. liberò della propria matrice; quando si risolse ad essere ragione
Con la poesia, invece, la questione non si pone. La poesia, che catturava l'essere, essere che espresso nel logos ci indicava la
umilmente, non si autopose, né si autofondò, non cominciò col verità. Già, la verità. E allora come mai, pur possedendola, la fi-
dire che tutti gli uomini ne avevano naturalmente bisogno. Essa losofia non è stata l'wUca via percorsa dall'uomo per andare dal-
è una e diversa per ognuno. La sua unità è così flessibile, così coe- la terra fino a quell'alto cielo immutabile in cui risplendono le
sa che può piegarsi, dilatarsi e quasi sparire; discende fin nella idee? Quella via è stata perseguita, ceno, ma c'è altro nell'uomo
carne e nel sangue, perfino nei sogni. che non è ragione, né essere, né unità, né verità, o almeno non
Per questo l'unità alla quale aspira il poeta è così lontana da questa ragione, questo essere, questa unità, questa verità. Ma non
quella a cui tende il filosofo. n fUosofo vuole l' uno, assolutamen- era facile dimostrarlo, né si è voluto farlo, perché la poesia non si
te, e lo vuole al di sopra di ogni cosa. nutre di polemica e la sua generosa presenza non si è mai affer-
n poeta non crede alla verità, a quella verità che presuppone mata polemicamente. La poesia non è sorta in contrapposizione
l'esistenza di cose che sono e di cose che non sono, né crede alla a qualcos'altro.
relazione verità-inganno. Per il poeta non c'è inganno, eppure è La poesia non conosce la polenuca, ma può disperarsi e
l'unico a escl udere alcune parole in quanto menzognere. Per que- confondersi SOltO il dominio della fredda clliarezza dellogos filo-
sto, il poeta rispetto al pensatore ci appare inizialmente come uno sofico e sentire perfUlo la tentazione di rifugiarsi nel recinto di que-
sceltico. Ma le cose non stanno così: nessun poeta può essere sto. Recinto che non ha mai potuto contenerla, né definirla. E il fi-
sceltico; egli ama la verità, ma non la verità escludente, piuttosto losofo, quando s'awide che la poesia gli sfuggiva, la confinò. Va-
la verità imperativa, che sceglie e seleziona ciò che dovrà ergersi gabonda, errante, essa trascorse così luoghi secoli. E anche oggi la
a dominio di tulto il resto, di tulto. Non è forse per questo che si constatazione della sua limitata fecondità ci intristisce e ci angoscia,
è voluto il tutto: per potedo possedere, abbracciare, dominare? perché la poesia è nata per essere il sale della terra e grandi regio-
Ci sono indizi in tal senso. ni della terra ancora non la accolgono. La verità pacat., ermetica,
Sia o meno così, il "tulto" del poeta è diverso, poiché non è ancora non la accoglie ... "In principio era illogos. Sì , ma .. . il 10-
il tutto come orizzonte, né come principio. È un "tutto" a poste- gos si fece carne e abitò tra noi, pieno di grazia e verità "'.
riori, che sarà tale solo quando ogni cosa sarà giunta alla propria
pienezza.
La divergenza tra i due logos è tale che questi hanno proce-
duto per un lungo tralto volgendosi le spalle. La fUosofia posse-
deva la verità, possedeva l'wutà. E ancor più l'etica, perché la ve-
rità fUosofica, dal momento che può essere acquisita passo dopo 2 Si veda il primo paragrafo delle NOie a p. l27.

46 47
u.

Poesia ed etica

Capita talvolta in sorte ad alcune parole ignorate di avere


un'eco che risuona nei secoli. Questo perché da esse traspare un
atteggiamento essenziale. Parole che sono fatti e come i fatti, seb-
bene realizzati da inrlividui rli spiccata personalità, sembrano ave-
re sempre qualcosa di impersonale. Ci si può dimenticare il nome
rli chi le ha pronunciate e perfino le parole stesse possono essere
dimenticate, ma il loro senso continua ad agire vivo e duraturo.
È il caso della condanna della poesia contenuta nella Repub-
blica rli Platone ed emanata in nome della morale. Vale a dire del-
la verità e della giustizia. Tale condanna può definirsi uno degli
eventi capitali del mondo, e poiché l'evento si è verificato nella
luminosa Grecia, esso ci appare perfertamente trasparente, ci
sono cioè chiare sia tutte le conseguenze cbe ne sono discese, sia
le ineccepibili motivazioni che lo hanno provocato. Dalla Grecia
ci viene la luce per cui ciò cbe accade in quella terra si presenta
con abbagliante chiarezza, il cbe però non significa necessaria-
mente che lo si possa comprendere senza fatica e neppure che lo
si comprenda. Tuttavia, percepiamo con immediatezza che è pie-
namente intellegibile. E prima ancora rli cercare rli penetrare le
questioni più profonde, ci sorprende quel mistero della luce che
lo avvolge. La sorpresa rlinanzi alla rivelazione ci dà il segno rli
quanto miracolosa sia questa luminos.ità, questa trasparenza nel-
le cose umane. Sorptesa che ci fa evitare la trappola dell'"ov-
vietà ", vale a rlire il considerare come molto naturale e ovvio ciò
che appare in modo tanto luminoso, pericolo in cui possiamo ca-
dere rispetto a quel che ci viene incontro accogliendoci con il
dono della sua presenza: il pericolo di non cogliere quella lieve
grazia e la generosità del suo donarsi . Da qui non c'è che un pas-
so al "senso comune", ma rli fronte alle cose rli Grecia il fantasma

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Maria Zambrano Filoso/ia e poesia

ll
del "senso comune si ritira, vinto dal mistero di quella luce ri- sofo dei primi istanti della chiara aurora del pensiero greco aveva
velatrice, splendente. detto qualcosa che può apparite in opposizione a questa interpre-
Così avviene per la condanna platonica della poesia e del poe- tazione etica dell' essere. L'ingiustizia, cioè, è l'essere -l'essere del-
ta. Le radici di tale condanna affondavano tanto profondamente da le cose - e per porre riparo a tale ingiustizia, le cose sono condan-
meritarsi l'adesione di tutti coloro che nei secoli si fanno forti del- nate a reintegrarsi nell'oscuro, indistinto apeiron. Non c'è ragione
le "opinioni dominanti", ma la stessa forza della condanna, la sua perché qualcosa sia indipendentemente, perché qualcosa si di-
aspra chiarezza li ha fino a un certo punto messi in fuga, e per for- stacchi dal tutto, rompendone l'armonia. Non c'è motivo perché
tuna. La condanna è stata sÌ accettata, ma raramente commentata. sia concessa esistenza ad alcunché di determinato, e che qualcosa
Va aggiunto cbe un eventuale commento avrebbe mostrato esista è già un 'ingiustizia. Perché ogni esser qualcosa non è che es-
con chiarezza la distanza che separa la condanna platonica dal ri- sere a spese di qualche altra cosa; di qualcos'altro che non è.
sentimento dei filistei di tutto il mondo, tra loro uniti. Una cosa, Ravvolto in una sottile bellezza, l'essere appare così anche in
infatti, è la lotta terribile della poesia con la verità e la giustizia, Eraclito. Essere è essere contrario. L'unità non è mai completa,
un'altra, di ben differente rango e proporzioni, è la mal dissimu- perché deve essere continuamente riferita aIl'" altro". Ciò che è fa
lata invidia di coloro i quali non riconoscono la poesia, senza per costantemente allusione all'" altro " che esso è, e perfino a ciò che
questo cogliere la verità e la giustizia. non è ancora. L'unità - compagna inseparabile dell'essere - nella
Abbandoniamo, però, la considerazione di questo sguardo sua interezza non risiede in alcun essere, ma unicamente nel tut-
indiretto con il quale alcuni preferiscono mirare alle cose più alte to. Solo l'armonia dei contrari è, giustizia sarebbe solo questa ar-
della vita umana, per immergerci, fin dove possiamo, nella consi- monia totale.
derazione del grave conflitto. Anche Platone la cerca nell 'armonia. Nulla è giusto, se non in
È nella Repubblica che Platone formula la sua condanna riferimento al tutto. Ma il tutto platonico non è l'integrazione dei
esplicitamente e con asprezza , con quella asprezza con la quale si contrari, meno che mai l'integrazione dell'essere col non-essere,
suole allontanarsi da ciò che più si ama. È nella Repubblica, li bensl un tutto intorno a ciò che è. La giustizia, pur essendo ar-
dove si stabiliscono le basi della società perfetta e queste basi si monia, è vendicativa, punitiva. Lega e raccoglie la disparità in-
risolvono in una: giustizia. La poesia, dunque, va contro la giu- torno all'unità. Afferma e nega, scinde. E tra le cose che nega, vi
stizia. E va contto la giustizia, la poes.ia, perché va contro la ve- è la poesia. Perché rappresenta la menzogna.
rità. L'idea dell'essere è determinante per il filosofo greco e gli Ogni rappresentazione è di per sé menzogna. Non c'è altr.
impone molti obblighi. L'essere è la scoperta greca per eccellen- verità all'infuori di quella che riflette l'essere che è. Tutto il resto
za (e su questa si è avventata la volgarità del "senso comune", è quasi crimine. La creazione umana è puramente riflettente; lim -
come se il "senso comune" fosse mai stato capace di coglierlo, pido specchio è l'uomo, nella sua ragione, dell 'ordinato mondo,
come se esso non fosse semplicemente l' ultimo strato, la deca- che è a sua volta tiflesso delle alte idee. Ciò che non è ragione è
denza della scoperta geniale dell'essere con tutte le conseguenze mitologia, cioè inganno che assopisce, fallacia; ombta dell'ombra
cbe ne scaturirono). Platone vi sarà fedele fino alle estreme con- sulla pietrosa parete della caverna.
seguenze; si dà con totale pienezza, con totale lealtà a questa sco- Ma c'è di più: per Platone, in tealtà, la poesia non è una men-
perta. Senza dubbio appartiene a tale lealtà il considerare e privi- zogna, è la menzogna. Solo la poesia ha il potere di mentite, per-
legiare come somma vittù la giustizia, poiché la giustizia non è al- ché solo essa ha il potere di sfuggite alla forza dell'essere. Solo la
tro che il correlato dell'essere, nella vita unlana. poesia sfugge all'essere, lo elude, se ne burla. Un pensiero scia-
Non bisogna dimenticare che, tempo addietro, un altro filo- gurato può condurre all'errore, alla confusione, ad una verità in

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Moria ZOlllbrono Filosofia e poesia

parte velata, incompleta, ma non alla menzogna. Menzogna, ciò ti: il significato che essa assunse nei confronti del mondo della
che si intende per menzogna, è solo la poesia. Solo quest'ultima tragedia greca e la rapidissinaa e portentosa unione che si realizzò
finge, afferma quel che non c'è, finge quel che non è; trasforma e in seguito tra ragione greca e fede - speranza - cristiana.
distrugge. Infatti, com 'è possibile che esista l'inganno nella ra- n pessimismo, la melanconia, l'angoscia, ricorrono nella tra-
gione, se la ragione non fa che aderire all'essere? Come può la ra- gedia, nello spietato mondo degli dèi. Umani, troppo umani, que-
gione deviare dalla realtà, se la realtà è essere e l'essere è di natu- sti dèi avevano in realtà accerchiato l'uomo: lo ostacolavano, lo
ra analoga a quella della ragione? L'uomo è una creatura fortu - controllavano, lo opprimevano. Poveri uomini, nel terrore di una
nata e la sua unica sventura consiste nel dover aspettare e nell'at- divinità così gelosa, vendicativa, oppressi da una giustizia così
tesa svelarsi, svelare ciò che gli è nascosto, però tanto disponibi- spietata! Giustizia era anche quella degli dèi, certo, ma giustizia
le ad essere svelato! divina, cioè irrazionale, puraJnente vendicativa. Luomo era infe·
L'uomo non è neppure una creatura incompleta, ma sempli - riore agli dèi e non poteva che esserne travolto.
cemente nascosta, rawolta nei veli dell'oblio. La verità, squar- Rispetto a questo, la giustizia platonica significava l'umaniz-
ciando i propri veli, lo riconsegna all'unità, sua origine, lo reinte- zazione della giustizia. La Repubblica era la città costruita dal-
gra. Conoscere è ricordare e ricordare è riconoscersi in ciò che è, l'uomo con la ragione. Era l'indipendenza umana, il recinto che
in quanto essere: riconoscersi in unità. Conoscere è dissolvere il l'uomo, alla fine, aveva trovato; in cui signoreggiava; la città dove
velo dell'oblio, l'ombra, per essere interamente nella luce. L'uo- realizzava il suo essere. Non era ancora possibile pensare ad una
mo è, deve solo riconoscerlo. La filosofia percorre questa strada, realizzazione dell'uomo individuale. Ancora non c'era l'uomo in-
la abbrevia, e grazie ad essa non è necessario uscire da questo dividuale, ma vi era l'uomo, l'umanità. Platone era troppo vicino
mondo per essere pienamente. n filosofo, colui che già sa, può agli dèi, al mito e al mondo della tragedia di cui si preparava, nel-
sottrarsi all'attesa impaziente della caduta dell'ultima parete del la propria ardente gioventù, ad essere un ennesimo cantore. Era
tempo, perché egli già sa e il divenire del tempo non gli rivelerà ancora troppo vicino a tutto ciò, per osare pensare l'essere nel-
nulla di nuovo. Al tempo è estraneo l'essere e, una volta che già l'uomo concreto, nella debole e scialba realtà di ciascun uomo.
sappiamo, poco inaporta, perché la vita è una malattia cui il tem- Era già tanto che esistesse l'umanità in quanto tale. La città idea-
po pone rinaedio, purtroppo. Lo stesso tempo collabora col filo - le della Repubblica era, da questo pWltO di vista, una sorta di ga-
sofo nel suo tragitto. ranzia , un modo per placare gli dè.i. Gli uomini esistevano, ma era
Possiamo quindi vedere come in Grecia l'ottimismo, la spe- come se ne esistesse uno solo.
ranza, si siano aperti la strada attraverso la vita del pensiero. La Ogni volta che qualcosa si rivela, lo fa integralmente ma in
ragione, bellissima scoperta greca correlativa all'essere, era libe- modo indeterminato. Se ne vede il contorno, ma il contenuto con
ratrice. In quel tempo ragione e speranza procedevano di comu- tutte le sue distinzioni non appare in maniera altrettanto rapida.
ne accordo. La contrapposizione che in seguito, nel mondo cri- Così Platone, nel desiderio ansioso di dare indipendenza all 'uo-
stiano, si è verificata tra ragione e speranza, tra ragione e fede, mo, facendolo evadere dal mondo della tragedia, lo compose in
non va estesa, come erroneamente si fa , fino alla nascita di en- unità e lo mise sotto l'egida della ragione. Ed è grazie alla ragio-
trambe. Si tratta di una pretesa infondata, di un errore di pro- ne che l'uomo esisteva e si liberava dagli dèi tirannici.
spettiva. Quando la ragione nacque, nei bei giorn i di Grecia, fu L'unico agente di simile tirannia era il poeta; l'unico che con
la depositaria , il veicolo della speranza; così, nel suo pieno ri- la sua voce non diffondesse la ragione. L'unica voce del passato,
splendere, appare in Platone. Ne sono prova il mito della caver- dello ieri tragico e melanconico. n poeta era il rappresentante de-
na, il finale del Fedone e tanti altri passi. E lo confermano due fat- gli dèi, di tutti gli dèi, antichi , moderni e mai conosciuti, perché

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Marfa Zambrallo Filoso/ia e poesia

era capace di inventarne sempre di nuovi . il logos tradiva se stes- Dice Anacreonte:
so nella poesia, agiva illegittimamente. La poesia, sebbene paro-
la, non era ragione. Com'è possibile simile separazione? A che serve imparare le regole e i sofismj dei rè[ori? Che ne-
TI logos, parola e ra~ione, si scinde tramite la poesia, che è sì cessità ho io di tali inutilizzabili parole? Insegnami, prima di
parola, ma irrazionale. E, in realtà, la parola posta al servizio del- [uno, a bere il dolce )jquore dj Bacco, insegnamj a volare con
l'ebbrezza. E nell 'ebbrezza l'uomo diventa altro da sé; qualcuno Venere dalle trecce d'oro. Capelli bianchi coronano la mia te-
viene ad abitate il suo corpo; qualcuno possiede la sua mente e sta. Dammi acqua, mesci il vino, assopisci la mia ragione, gio-
muove la sua lingua; qualcuno lo tiranneggia. Nell'ebbrezza l'uo- vane adolescente. Presto avrò smesso di vivere e coprirai la
mo dorme, pigramente ha cessato di rimanere vigile, di ricercare, mia testa con un ve1o. I morti non hanno desideri!.
e più non si affanna nella sua speranza razionale. Non solo si ade-
gua alle ombre della caverna, ma superando quella condanna La poesia si aggrappa all'istante e non ammette le speranze,
crea nuove ombre e giunge addirirtura a parlare di esse e con le consolazioni della ragione. Se ci avviciniamo alla ragione e alla
esse. Tradisce la ragione utilizzando il suo strumento, la parola, e poesia degli inizi, all'epoca della loro splendida aurora greca , esse
fa sì che tramite questa parlino le ombre; e la parola diviene cosl appaiono con ruoli rovesciati rispetto a come noi le inlmaginia-
la forma stessa del delirio. TI poeta non vuole salvarsi; vive nella mo. Nei tempi moderni, la desolazione è venuta dalla filosofia e
condanna, e ancor più la estende, la rende più ampia, più profon- la consolazione dalla poesia. Qui invece accade il contrario: la
da. La poesia è veramente l'inferno. poesia è la voce della disperazione, della melanconia e dell 'amo-
L'inferno, che - come secoli dopo dirà un poeta platonico - è re per ciò che è caduco, che non vuole consolazione per la perdi-
"il luogo in cui non si spera", è ancbe il luogo della poesia, per- ta e per l'essersi persi. Per questo si ubriaca. «Avvicina la coppa,
ché la poesia è l' unica cosa ribelle dinanzi alle speranze della ra- perché è meglio per me giacere ubriaco piuttosto che morto".
gione. La poesia è ubriachezza e si ubriaca solo colui che è di- La vita, la meravigliosa vita, non può avere scampo, va incon-
sperato e non vuole cessare di esserlo, che fa della disperazione il tro alla morte e quando sopraggiunge la vecchiaia - «capelli bian-
proprio modo di essere, la propria esistenza. chi coronano la m.ia testa" - il desiderio non si è estinto, e nulla
Questo accade nel mondo della tragedia, ma anche in quello nella mia anima è maturato. Nessun'a1u'a vita si intravede, al di là
della lirica greca. Ebbrezza e canto; canto innalzato da coloro che del fuoco bruciante del desiderio. Solo la morte e l'ebbrezza.
invasati seguono il dio Pan, immensa melanconi. di vivere, di E il delirio. La ragione non è altro che rinuncia o forse l'im-
sgranare gli istanti, ad uno ad uno, affinché trascorrano senza ri- potenza della vita. Vivere è delirare. Ciò che non è ebbrezza né
medio. E la morte. La poesia non accetta la ragione del morire, delirio, è preoccupazione. Ma perché preoccuparsi se tuttO è de-
non accetta la ragione come mezzo per vincere la morte. Per la stinato a finire? TI mosofo concepisce la vita come una continua
poesia niente vince la morte, se non, momentaneamente, l'amore. attenzione, un perpetuo vigilare e stare all'erta. TI filosofo non ri-
Solo l'amore. Ma l'amore disperato, l'amore che va anch'esso, in posa mai, allontana da sé ogni canto ammaliatore che potrebbe
modo irremissibile, verso la morte. assopirlo, ogni seduzione, per mantenersi lucido e desto. TI filo-
La ragione come speranza. Ma a costo di quante rinunce! E sofo vive nella propria coscienza, e la coscienza non è che atten-
chi consolerà il poeta dell'istante che trascorre, chi lo persuaderà zione e preoccupazione.
ad accettare la morte della rosa, della fragile bellezza della sera,
del profumo di una capigliatura amata, di turto ciò che il filosofo I [ ono qui , come nelle pagine seguenti, attribuiti ad Anacreonte i componi.
chiama "apparenze"? menti considerati di solito Anacreol1lee].
Maria lambrano Filosofia e poesia

Attenzione e preoccupazione, perché il signore di tale co- le essenze immortali non si svelano ora e pur tuttavia io le amo e
scienza non riesce mai a possedere interamente. Perché possiede tendo irrefrenabilmente verso di esse, allora saranno state neces-
in embrione qualcosa di imperituro e non dipende che da lui il sariamente presenti, familiari , in qualche altro tempo e in qualche
coglierlo completamente. TI filosofo sente che gli è stata data, con altro luogo.
la vita, una reminiscenza. Reminiscenza della propria origine, che TI poeta, invece, è posseduto dalla bellezza nel suo risplen -
lo condurrà alla meta, se avrà cura di uniformare la propria vita dere, dalla bellezza che brilla e che risalta sopra ogni altra cosa.
al fine che gli è stato prescritto. TI poeta invece non sente la re- E sa, anzi è l'unico che non potrà mai dimenticarlo, che dovrà
miniscenza, ma si sente interamente ospite di questo mondo, lo cessare di vederla, di godere del suo splendore. Il poeta si è,
ama ed è attaccato alle sue gioie. Forse che il poeta, posseduto per propria sventura, votato a una divinità peritura, nel doppio
dall'entusiasmo, è stato più tenuto per mano dagli dèi? O forse è senso del termine: in quanto la vedremo svanire davanti ai no-
interamente posseduto dal divino di questo mondo e per tale mo- stri occhi e anche noi svaniremo in quel luogo dove questa non
tivo non vuole assolutamente abbandonarlo? sarà più.
Sono gli dèi che abitano il mondo, perché senza dubbio ve ne TI poeta oblia ciò che il filosofo si affanna a ricordare e ba
sono. Lo stesso Platone, nel Fedro, parla degli effetti causati dal- sempre presente, in ogni istante, ciò che il filosofo ha allontanato
la bellezza nel suo risplendere e del terrore sacro che provoca nel- per sempre da sé. Il poeta non si cura della reminiscenza che sve-
l'amante la bellezza della creatura amata. E comparando la bel - glia la ragione e resta vigile dinanzi a quel che è obliato dal filo-
lezza con la sapienza, lascia intendere che la bellezza ci attrae di sofo. Si racconta di un imperatore della Cina che ordinò di suo-
più in quanto è visibile. nare una dolce melodia per accompagnare lo sbocci.re dei fiori .
TI poeta non fa altro: si mantiene all'erta fino allo struggimento di
Quanto alla bellezza, brilla, come ho già deno, fra tutte le al- fronte ai mutamenti, ai tremendi e minim,i mutamenti in cui le
tre essenze e nella nostra esistenza terrestre. Quando ogni cosa cose nascono, periscono, si consumano.
eclissa col suo splendore, la riconosciamo aruaverso il più lu- Questo è il motivo per cui chiede al pittore di carturargli le
minoso dei nostri sensi. l'occhio è, infatti, il più fine di rutti amate apparenze, quelle apparenze che il [ùosofo disdegna. TI
gli organi del corpo. Ma non può percepire la sapienza perché "fantasm. " delle apparenze che, come dice Platone, la pittura
sarebbe smisurato il nostro amore per essa, se solo la sua im- imita, diventa cosÌ "fantasma dei fantasmi ". Con quanta crudelis-
magine e le immagini delle altre essenze, degne del nostro sima severità P latone decreta l'abolizione dei fantasmi , con quan -
amore, si offrissero alla nostra vista così distinte e vive come to affanno da gi ustiziere accorda i suoi favori alla supremazia del
sono [250 c·d). reale! Solo il reale deve esistere, il reale, ciò che esiste di per sé,
ciò che è presente senza bisogno di aiuto da parte dell' uomo.
La vista percepisce la bellezza nel suo risplendere, ma non Neanche per un attimo Platone ha pietà dell ' uomo, il quale ha bi -
può percepire la sapienza. A questa sapienza che balena dinanzi sogno che i suoi fantasmi perdurino. Con quale freddezza ineso-
agli occhi - il più fine dei nostri sensi - si rivolge il filosofo, at- rabile decreta la loro morte, senza lasciarsi sfiorare dal sospetto
traverso la reminiscenza. Attraverso la reminiscenza, perché il fi - che i fantasmi siano tutt'uno con le viscere dell'uomo e che, seb-
losofo non può accettare ancora che qualcosa di esistente sia co- bene siano fantasmi se confrontati con l'invulnerabile realtà di
nosciuto al di là della sua inlmediata presenza. E siccome non è ciò che è, sono carnale, immediata presenza incisa nel cuore del-
né qui né ora che si offre tale presenza, allora vuoI dire che si trat- l'uomo! Tali fantasmi sono realtà per l'amore che li cerca. Dice
ta di qualcosa accaduto in un tempo anteriore a questo tempo. Se Anacreonte:

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Mano Zambrono FIloso/in t! poesia

Abile pittore, pittore famoso, re di quest'arte che fiorisce a zione neU'uomo tra ciò che nella sua anima segue la ragione e la
Rodi , dipingi l'immagine che ti traccerò della mia amara as- legge, e ciò che è passione. La poesia non può rinunciare al dolo-
sente. Rappresenta la sua capigliatura soffice e nera fmo al re e al sentimento; essa serba così memoria delle nostre pene. E
punto ch'io ne senta il profumo; rappresentami i suoi capelli ancor più, ci fa simpatizzare con le cose che ci siamo proibiti, con
lucenti come porpora che cade dalla sua fronte d'avorio lun- rutto ciò che abbiamo gettato via dalla nostra anima, con le pas-
go le gote arrossate. Non separare troppo le sue sopracciglia, sioni dalla cui tirannia la ragione ci aveva liberati. Nel protagoni-
ma fa' attenzione a non confonderle; imita la nera curvatura sta della tragedia, contempliamo le passioni nel loro libero fluire,
delle ciglia cosÌ come sono, devate e timide. nel loro scatenarsi. E godiamo segretamente dinanzi allo spetta-
colo di altri che fanno quel che noi ci siamo proibiti. Questo è in-
Non discostarti, insomma, artefice di fantasmi , dai pitl minu- coerente e pericoloso, perché potrebbe farci correre il rischio di
ziosi e perciò preziosi dettagli di simile fantasma così reale per il dimenticare il patto stretto con noi stessi sorro il dominio della ra-
mio cuore, per i miei occhi: questo fantasma , queste apparenze, gione, e seguire, quando il dolore busserà alla nostra porta, l'e-
più reali d'ogni altra cosa al mondo. sempio del protagonista della tragedia.
Come convincere l'amante che il fantasma della bellezza Minaccia per il governo della nostra vita individuale e per
amata è irreale? Non c'è bisogno di convincerlo della sua morte, quello deUa città ideale che si vuole istituire: "E nel momento in
perché la piange già; ma cbe qualcosa muoia, non significa che cui accoglierete in essa le voluttuose muse, siano epiche o liriche,
sia irreale. il piacere ed il dolore regnerarmo nel vostro Stato in luogo della
n nodo vero è n, nella morte. n filosofo disdegna le apparen- legge e della ragione" [Repubblica, X, 60]. La condanna è tassa-
ze in quantn le sa periture. Anche il poeta lo sa ed è il motivo per tiva e non ammette scappatoie. Perché la poesia va contro la giu-
cui vi si aggrappa, le piange prima ancora che trascnrrano, le pos- stizia, è strumento di distruzione.
siede e già le piange, perché già nel possesso vive la perdita. I ca- Non c'è da meravigliarsene. Arrivato il momento di istituire
pelli neri dell'amata imbiancano già mentre li accarezza e gli oc- la società perfetta, Platone doveva formulare col massimo rigore
chi impercettibilmente scolorano, velando il loro scintillio. E ciò che era già implicito in rutta la filosofia greca. E aggiunge che
sono per questo più amati, più irrinunciabili. non è di ora, ma viene da molto lontano, l'inimicizia tra poesia e
n filosofo, procedendo lungo la via della ragione, si pone al filosofia ed enumera alcuni degli insulti e dei lazzi lanciati sfac-
riparo da tale luttuosa melanconia delle belle apparenze. La ra- ciatamente dalla poesia ai filosofi . Però non dice che que ti poe-
gione è effettivamente la speranza. Ma a costn di quante rinun- ti si lasciarono trasportare in modo estremo, poeticamente, da
ce! Il poeta invece non rinuncia. Nessuno lo convincerà mai a ri- qualcosa che forse avevano percepito prima degli stessi filosofi , la
nunciare, nessuno lo consolerà del giorno che passa, né lo per- condanna della poesia che le idee fondamentali della filosofia
suaderà mai ad accettare il cinereo trasformarsi degli occhi ama- componavano: essere, verità, ragione. La poesia ne rimaneva ai
ti, il dileguarsi, neUe brume del tempo, del fantasma amato. margini, poiché se queste trionfavano avrebbero necessariamen-
Niente e nessuno. te portato con loro il disprezzo della poesia.
E questo non accettare il dileguare inesorabile della bellezza n poeta non poteva guardare benevolmente alla scoperta del-
trascina l'esistenza verso una fatale conseguenza: la distruzione, l'essere, perché il poeta sa che ci sono scoperte che travolgono,
la minaccia perpetua di ogni ordine stabilito. Distruzione dell 'or- che esistono cose alle quali, una volta scoperte, bisogna essere lea-
dine come distruzione dell' unità. li fino alla mone. Così, l'essere porta con sé l'obbligo di una deci-
Le parole platoniche sono definitive. Esiste una contraddi- sione che riguarda la vita stessa. Una volta riconosciuta la supre-

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Marfo Zambrallo Filosofia e poesia

mazia dell'essere e affermato che l'essere è unità, all'uomo non ri- possiede quel che non ba cercato e, più che possedere, si sente
maneva che distaccarsi violentemente - violentando o violentan- posseduto.
dosi - da tutto ciò che questo non era. E l'uomo deve assumere Per questo il poeta non sembra un uomo, o se egli è un uomo,
l'impegno di una decisione che lo avvicini all'essere, glielo faccia allora sembra inumano il filosofo. il filosofo definisce la vita uma-
realizzare. Perché mai è esistita una mera contemplazione; la con- na come manchevolezza, come insufficienza e da simili considera-
templazione, quanto più pura, tanto più sarà fattiva, definitoria. Si zioni muove per trovare, per trovare da sé, il cammino che lo por-
contempla per essere, non per un'altra cosa, per quanto impre- ti a completarsi. La filosofia è incompatibile col ricevere qualcosa
gnata d'amore la contemplazione sia. Ma questo, cioè che la con- come dono, per grazia. È l'uomo che, uscendo dal proprio stupo-
templazione sia impregnata d'amore, appartiene alla poesia. re iniziale, dall'angoscia o dal naufragio, trova da sé l'essere e il
E cosÌ andarono le cose. Non attese molto il filosofo per isti- proprio essere. Insomma, salva se stesso con la propria decisione.
tuire l'ascetismo che non è altro che la fedeltà , la lealtà all' unità il poeta è fedele a ciò che già possiede. Non si sente manche-
dell'essere. il poeta lo presentì sempre e per questo mai volle ri- vole come il filosofo, anzi, in eccesso, carico, con un carico, è
conoscere tale essere, né la sua unità. E Don solo per la rinuncia vero, che non comprende. È il motivo per cui lo deve esprinlere,
e il disprezzo che portava con sé delle apparenze, delle idolatra- deve parlare "senza sapere quel che dice", come gli viene rim-
te apparenze, ma più ancora per la decisione umana che ne sa- p roverato. E la sua gloria consiste nel non saperlo, percbé, in tal
rebbe immediatamente scaturita. il poeta non ha mai voluto modo, si rivela di molto superiore all' intelletto umano la parola
prendere una decisione e quando l'ha fatto , è stato per cessare di che dalla sua bocca esce; in tal modo ci mostra che è più che uma-
essere poeta'. Questo momento della decisione, centrale nell'eti- no, quel che nel suo corpo abita.
ca, mette in fuga la poesia. il poeta è, sì, immorale. È giusto che Ne deriva il suo parlare di divinità misteriose, di muse che lo
vaghi per i sobborghi della città della ragione, dell'essere e della possiedono, di forze che abitano la sua interiorità quasi fossero a
decisione. Ma per il fatto che il poeta non può vivere sotto la cu- casa loro. Mentre il filosofo cerca di essere se stesso, il poeta,
pola della giustizia, non dobbiamo credere che non abbia la sua spossato dalla grazia, non sa che fare. Si sente dimora, nido, di
giustificazione, perché se fosse così non sarebbe un uomo. Ha la qualcosa che lo possiede e trascina. E una volta portato a compi-
sua giustificazione, perché ha la sua fedeltà . mento questo suo donarsi, il poeta non può desiderare null 'a1tro.
il poeta , per essere fedele a quel che già possiede, non può fin Non potrà desiderare null'a1tro che essere un uomo. E forse di
dall'inizio slanciarsi verso l'invisibile essere. Ciò che egli possie- questo sente a volte la nostalgia; forse vorrebbe riposarsi. Ma
de, non ha avuto bisogno di uscire a cercarselo, non si è affatica- prosegue, come la cicala, il proprio canto interminabile.
to a dargli la caccia, ma si è sentito carico di qualcosa che, al tem - Tutt'al più, nostalgia: il poeta non si affanna ad essere uomo.
po stesso, lo angoscia e lo colma. Possesso infinitamente contur- Non cerca di sapere che cosa egli sarebbe indipendentemente da
bante, come se eccedesse le forze umane. il suo vivere non co- quella forza che parla con la sua voce. E se tale forza lo abban -
mincia con una ricerca, ma con un ubriacante possesso. Il poeta dona, si sente semplicemente vuoto. Vuoto come una stanza di-
sabitata. il tempo, allora, si converte per lui in qualcosa di simile
a un guanto senza mano. Tempo vuoto, pura attesa che torru il
2 Forse questo è il caso di Rimbaud . La sua esisten za crrante e tormenrata, la miracolo, che torni il delirio. E se qualcosa desidera, non deside-
sua splendida c lucida produzio ne sono una testimonianza del poeta esem -
ra altro cbe quella stessa cosa che ha annullato il suo desiderio,
plare, puro. Un bel giorno, com 'è risaputo, fuggì dai suoi amici e dislrUSSC la
sua poesia, dislrUSse il poeta ch'era in lui . E diventò un U0l110 d'azione, eb- che lo ha vinto completamente. Perché la gloria del poeta è il sen-
bro d'azione, come prima lo era stato di parole. tirsi vinto. Anche Anacreonte lo dice:

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Maria Zambrano Filosofia e poesia

Si racconta che Arti, quel giovane effeminato, nel suo deli- tralasciato di scrivere. E se qualcosa ha guadagnato il poeta at-
rio amoroso chiamasse a gran voce tra i monti l'incaluatrice traverso i secoli è questa lucidità, questa coscienza vigile, sempre
Cibele. Coloro che in Clara bevono dall' onda profetica, sulle più vigile e lucida, come testimoniano i poeti moderni, come at-
rive dove regna Febo con la fronte cinta di lauro, posseduti testa il padre di tutti loro, Baudelaire. Lucidità che rende più pre-
dal delirio, lanciano i loro lamenti. Anch 'io, inondato di pro- ziosa, più dolorosa, la fedeltà alle forze divine - divine o demo-
fumi , ebbro del liquore di Lieo e dei baci della mia amante, niache - oltreumane che lo possiedono, che rende più eroico il
voglio, voglio delirare. suo vivere errabondo e lacerato. E così, questo genere di co-
scienza propria del poeta ha generato anche un'etica del poeta,
Vuole delirare, perché nel delirio acquista vita e lucidità. Nel che non è più l'etica fino a un certo punto tranquilla e rassicu-
delirio non ba nulla di suo, nessun segreto; nulla di opaco, nel suo rante del filosofo. Perché, alla fin fine, il filosofo persegue la si-
essere. Si consuma ardendo come la fiamma , e canta e dice. TI curezza. Quest'etica poetica non è altro che quella del martirio.
poeta vive attaccato alla parola; ne è schiavo. Ogni poeta è martire della poesia, le dona la propria vita, tutta la
TI filosofo vuole possedere la parola, diventarne il padrone. TI propria vita, senza riservarsi alcun essere, per sé, e assiste con
poeta ne è lo schiavo, si consacra e si consuma in essa. Si consu- sempre maggiore lucidità a tale donarsi senza riserve.
ma per intero; fuori dalla parola non ba esistenza, né vuole aver- Ed è così intima la sua convivenza con le forze divine che ge-
ne. Vuole, vuole delirare, perché nel delirio la parola germoglia in nerano il delirio, che è arrivato, con Baudelaire, a convertire
tutta la sua purezza originaria. Bisogna pensare che il prinlO lin - l'"ispirazione" in lavoro. TI che non è, in alcun modo, negare l'i-
guaggio fu una forma di delirio. Miracolo verificato nell' uomo, spirazione, ma donarsi ad essa interamente, donarsi eroicamente
annuncio, nell'uomo, della patola. Verifica di fronte alla quale nel pieno possesso delle proprie facoltà. È utilizzare al suo servi-
l'uomo, già poeta, non poté che dire: "Si faccia in me". Si faccia zio ciò che bisognava utilizzare per evadere, per fuggire da essa. In
in me la patola e che io non sia altro che la sua sede, il suo veico- Baudelaire il processo del poeta sembra essere giunto a compi-
lo. TI poeta è consacrato alla parola; il suo unico fare è questo far- mento. È il padre, e insieme il redentore, della poesia. E l'ha re-
si in lui. Perciò il poeta non prende alcuna decisione e anche per denta proprio attraverso ciò che sembrava mancarle: la coscienza.
questo è irresponsabile. La coscienza, che in Baudelaire raggiunge la pienezza del suo
È l'accusa che per tanti secoli è stata mossa al poeta, perfino splendore e pertanto del suo martirio, non fu meno eroica fin da-
al di là della poesia. Platone, più coerente con se stesso, più leale gli inizi. Così, i rinaproveri di Platone ad Omero si rovesciano in
fino alle ultime conseguenze, più estremista, sebbene credente, altrettante lodi, in altrettante prove della sua fedeltà , del suo mar-
decretò comunque la condanna della poesia. In seguito nessuno tirio. Platone accusa il divino cantore di andare errante per le
ha osato tanto, anzi si è accettata la poesia, vinti dal suo fascino, strade, di villaggio in villaggio, cantando. Lo accusa di non aver
e si è confinato il poeta, perché il poeta, in verità, non è respon- lasciato dietro di sé, come aveva fatto anche Pitagora, alcun mo-
sabile. Non sa quel che dice. Platone affronta finanche Omero, il dello di vita, come guida ed esempio per gli altri uomini. Dà per
venerabile, e gli chiede conto. Possiede, dice, turti i saperi senza scontato cbe l'unico compito inaportante per l'uomo sia scoprire
possederne davvero nessuno. il modo di governare i propri giorni e trasmetterlo agli altri affin-
Costa fatica dire che Platone non ha saputo rendere giustizia ché facciano altrettanto. E Omero, che osava parlare di tutte le
al poeta. TI poeta non sa quello che dice e, tuttavia, possiede una cose divine e umane, non fece nulla di tutto questo. E va ancora
coscienza, un genere di coscienza. Una speciale lucidità esclusiva oltre denunciando che se la compagnia del cantore fosse stata
del poeta , senza la quale chissà quante pagine Platone avrebbe dolce e giovevole, amici e discepoli lo avrebbero circondato sen-

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Maria Zambrano Filosofia e poesia

za lasciarlo andar via, lo avrebbero trattenuto accanto a loro o si aggrappa alla dispersione. Di fronte all'essere, cerca di fissare
trascinati dall'amore per il maestro, lo avrebbero seguito nel su~ unicamente le apparenze. E di fronte alla ragione e alla legge, la
peregrinare. Insiste, insiste Platone, con l'ostinazione di chi vuo· forza irresistibile delle passioni , la frenesia . Di fronte allogos, il
le lasciare bene ÙTIpresso un ragionamento: se Omero fosse stato parlare delirante. Di fronte alla vigilanza della ragione, alla preoc·
davvero sapiente o fosse stato capace di realizzare imprese me- cupazione del filosofo, l'ubriachezza perenne. E di fronte a ciò
morabili, non si sarebbe dedicato a cantare quelle degli altri, per· che è atemporale, ciò che si intesse e si disfa nel tempo. Oblia ciò
ché conta più il farle che il cantarle. che il filosofo ricorda, ed è la memoria stessa di ciò che il filosofo
Platone, con tutti questi rÙTIproveri e accuse così ben assesta- oblia. Vagabondo, errante, oon si decide mai, per lealtà ad oscu·
ti, non fa altro che mettere in evidenza la maniera di vivere del re divioità, con le quali neppure lotta per scoprirne il volto. E la
poeta, la sua generosità; la sua fedeltà a ciò che ha ricevuto senza poesia non si dà in premio a coloro i quali metodicamente la cero
cercare, che lo induce a donare a sua volta agli altri senza che lo cano, ma accorre a darsi perfino a coloro i quali non l'hanno mai
chiedano, per pura carità. Bella immagine venerabile del poeta, cercata; si dà a tutti ed è diversa per ciascuno. Certamente è ÙTI·
questa che in Omero si configura. Senza asperrare che lo cerchi. morale. È immorale come la carne stessa.
no, va, come la poesia stessa, incontro a tutti, che ne sentano o Ma, non avranno - poesia e poeta - lIna loro giustificazione,
meno il bisogno, a profondere l'incanto della sua musica suUe ub- un loro regno? Non ci sarà in tutto l'universo, in questo universo
bie quotidiane dell'uomo, a squarciare con la luce della parola le che il poeta ama tanto e con tanto fuoco , alcun luogo per lui? Al
nebbie del tedio, a rendere leggera la pesantezza delle ore. Va an- di là della giustizia, non ci sarà nuUa per il poeta? TI poeta non
che a consolare gli uomini affinché abbiano memoria della loro chiede, ma dà; il poeta è tutto coocessione. Non gli sarà conces-
origine. Anche la poesia ha la sua reminiscenza. Va a portare agli so nulla? Si può chiedere in nome della giustizia. Ma chi davvero
uomini la memoria e l'oblio. dà qualcosa, non lo fa in suo nome. Chi dà - e chi dà di più di
TI poeta non prende mai una decisione, è vero. TI poeta sop- quel che gli si chiede, e quasi tanto come si spera -lo fa perché il
porta unicamente il vivere errabondo e senza appigli. Sopporta il suo dono gli viene da qualcosa che è al di là della giustizia; al di
vivere istante dopo istante, dipendente da tutto ciò che è altro e là di ciò che remllnera ciascuno, con ciò che gli appartiene. Per-
che neppure conosce. Intravede qualcosa nella nebbia e a ciò cbe ché questo dono della poesia non è di nessuno ed è di tutti. Nes-
ha intravisto è fedele fino alla morre', fedele per tutta la vita. E suno lo ha meritato e tutti, talvolta, lo trovano.
non esige, come il filosofo , di vederne il volto per abbandonarvi-
si . Non lotta, come Giacobbe, con l'angelo. Accerra e addirittura
anela d'esser vinto.
Ha ragione Platone: poeta e poesia, poiché sono immorali,
sono fuori daUa giustizia. Di fronte - e questi "di fronte " li vede
il filosofo , noo il poeta - all' unità scoperta dal pensiero,la poesia

)"y caminante en sueiios / que va buscando a Dios entre la niebla" (Antonio


Machado). [La citazione dj Machado nOf] è esana: l'autrice la ripone r'd cor.
renamente nel capito lo Poesia: "y pobre hombre en sueiios / siempre bu-
scando a Dios entte la niebla" - "e pover'uomo perso nei sogni / sempre in
cerca di Dio tra la nebbia" (Soledades y Galerias, LXXVII»).

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ill.

Mistica e poesia

La poesia è stata, in tutti i tempi , vivere secondo la carne. Ha


costituito il peccato della carne fatto parola, eteroato nell 'espres-
sione, oggettivato. TI filosofo, ai tempi di Platone, non poteva che
guardarla con orrore, perché in essa illogos, volgendosi all 'irra-
zionale, contraddiceva se stesso. L'irrazionalità della poesia si
concretava cosl nella forma più grave: la ribellione della parota, ta
perversione del togos che tavorava per portare alla tuce ciò che,
in quanto non-essere, doveva essere taciu to. Una falsa verità, in-
somma. Verità in quanto si mostra , nel suo apparire, come verità
nella parola. Falsa perché scopre quel che, non raggiungendo il
supremo rango di essere, non ha motivo di manifestarsi.
La poesia era un 'eresia rispetto all 'idea di verità dei greci. E
lo era anche rispetto alla loro esigenza di unità, perché portava la
dispersione nel modo più insidioso: fissandola. Eresia anche nei
confronti della morale e di qualcosa di più grave deUa morale
stessa e ad essa precedente, la religione dell 'anima (orEismo, cul-
ti dionisiaci), perché era la carne espressa, resa ente dalla parola.
TI greco, in realtà , non osava ri.Butare la carne, come secoli
dopo avrebbe fatto il cristiano, per la prima volta per bocca di
San Paolo. Non osava, ma era come se fosse in attesa di qualcu-
no che trovasse una buona ragione per farlo . Q uesto gualcuno,
prima di San Paolo, fu Platone. E invero l'incomprensione con
cui "l'Apostolo delle genti" si scontrò ad Atene durante la sua
predicazione non fu causata dal suo disprezzo della carne, anzi,
al contrario, fu dovuta al fatto che egli veniva ad annunciarne la
resurrezione. Perché venne a mostrare proprio guell 'aspetto del-
la mistica cristiana più estraneo ad una mente greca nutrita del-
l'ascetismo intellettuale dei filosofi , e a contraddire, al tempo
stesso, guell'aspirazione religiosa portata avanti dai circoli intel -
Moria Zambrono Filoro/io e poesia

lettuali di maggiore spicco: l'orrore della carne e delle passioni e ne, dell 'annientamento lento, accurato e inesorabile di ciò che,
la vagheggiata liberazione dell'anima dalla sua tomba corporale. massiccio e osseo, sembra costituisca la natura umana. Un trito-
TI corpo come tomba era un'immagine orfica che lo stesso ne, un vecchio scafo incagliato, sfigurati dalle alghe e da tutti que-
Platone l aveva ripreso con forza. La considerazione delle passio- gli esseri, strani e seducenti al tempo stesso, che il mare espelle
ni come avverse all'immagine pura dell'anima appare di continuo dal suo seno. il mare, seducendo, distrugge, con la violenza si-
e con grande chiarezza, cruarezza poetica, è bene precisare. Così, nuosa dell'incanto. La forza della carne sull'anima, Platone non
a proposito dell'anima, dice nella Repubblica che l'ha concepita come un muro di fronte al prigioniero, ma come la
lenta e irresistibile forza corrosiva delle onde marine. L'anima,
per conoscere la sua vera natura, non bisogna vederla come ci inabissandovisi, si consuma struggendosi ; un insieme indistinto
appare ora, nello stato di degradazione dovuto alla sua umo- di cose aderisce ad essa, ma tali cose, non appartenendole, mo-
ne col corpo ed altre miserie, ma bisogna contemplarla con gli struosamente la sfigurano. L'anima si dissolve e si altera a contat-
occhi dello spirito così com'è in se stessa e liberata da (utto ciò to con la carne. Questo contatto con la carne, come l'inabissarsi
che le è estraneo. Allora si vedrà che è infinitamente bella e nell'elemento marino, è insond_bile. I muri del carcere, pur im-
che noi l'abbiamo vista in uno stato che assomiglia a quello di prigionando, sono comunque finiti e la loro azione si limita ad
Glauco marino, vedendo il quale avremmo molte difficoltà a isolare. Chi invece si immerge nel mare cade in un elemento cor-
riconoscere la sua originaria natura, perché delle parti antiche rosivo, la cui attività distruttrice è illimitata, insondabile. Cade
del suo corpo alcune sono andate distrutte, a.ltre sono state dentro non sa che cosa e non sarà più possibile definire il suo sta-
guastate e sfigurate dai flutti , mentre se ne sono aggiunte di to. Quand'anche riuscisse a mantenersi a galla, gli accadrà ciò che
nuove, formate da conchiglie, alghe e sassi, di modo tale cbe accade al tritone, allo scafo incagliato: verrà sfigurato e consunto.
rassomiglia più a una bestia qualsiasi cbe al suo essere natura- È perciò necessario che l'anima, che è cos) naufragata, com-
le. Allo stesso modo, l'anima si mostra a noi sfigurata da in- batta senza posa contro questa forza terribile e seduttrice. È ne-
numerevoli mali [X, 611 cl. cessa rio, se vuole scampare al naufragio, cbe la sua lotta sia in-
cessante: per prima cosa deve mantenersi a galla, per poi cercare
Con questa immagine poetica Platone ci mostra il tristissimo di isolarsi il più possibile dall'elemento distruttore; rinlanendo fe-
stato dell'anima una volta caduta nel corpo, sua tomba, suo car- dele alla propria natura, difendendo le sue fattezze originarie dal-
cere. Ancor di più, come il mare, carcere attivo nella sua passi- l'alterazione e rifiurando violentemente quelle creature estranee
vità. il corpo di Glauco il tritone, immerso in un elemento estra- che cercheranno di aderire ad essa. Questa lotta è senza dubbio
neo, come il mare, per la sua originaria natura . E il mare, nella sua più difficile di quella del prigioniero, il quale, sebbene privato
apparentemente passiva neutralità, sfigura, altera, trasforma . della luce, rimane in possesso di se stesso, da solo con la propria
Nulla di più sconcertante e melanconico di certe spiagge nell 'ora natura, vale a dire in libertà, quantunque delimitata. TI carcere è
di bassa marea, quando creature stranissime giacciono abbando- separazione e solitudine. Ma nella solitudine e nella separazione,
nate sulla sabbia umida e su ogni cosa sembra fluttuare un'aria di l'anima si conserva fedele a se stessa, ed è libera di ricordare le
distruzione. il mare pare essere l'agente cosmico della distruzio- sue elevate origini, di provare nostalgia per i propri compagni e
la propria remota patria. È una lotta ancor più difficile di quella
che si combatte nella caverna del mito, dove il prigioniero non ha
l "Perché eravamo puri e non subivamo l'onna di questo sepolcro che chia-
miamo corpo e che ci portiamo dietro, legati ad esso come l'ostrica alla sua dinanzi a sé altro che ombre, apparenze che avvincono le sue
conchiglia" (Fedro , 250 c). membra affmché non guardi verso il luogo da cui proviene la

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Maria Zolllbrano Ft1osofia e poesia

luce. Nel quadro che Platone ci offre alla fme della Repubblica, fismo. P latone non fa altro - nuU 'altro! - che dacie fondamento,
l'anima appare incatenata da qualcosa che non si limita ad imo trovarle un fondamento razionale. Non fa altro che razionalizza-
mobilizzarla, ma da catene attive che la distruggono, infine da un re la speranza assicurandola, trasformandola in certezza; e ancor
mondo popolato da creature strane e - sebbene P latone non lo di più: in una certezza che posso conquistare con la forza. La spe-
dica in questo passaggio - popolato anche da seduzione. C'è ranza, in cuj noi rimaniamo fermi e passivi, si trasforma in cer-
qualcosa nell 'anima che simpatizza con questo ambiente che pure tezza per effetto della violenza filosofica; in certezza attiva, giac-
le è estraneo. Dovrà compiere uno sforzo supremo per reinte- ché il suo compiersi dipende dall'umano sforzo.
grarsi aUa sua natura. Così prosegue Platone nella sua immagine Sforzo che s.i realizza attraverso il cammino della filosofia. La
poetica: filosofia nasce da un paradosso della natura umana. La natura
dell 'uomo è la ragione. Tale identificazione tra natura umana era·
Eppure è nche occorre guardare, al suo amore eli sapere. E gione è una delle bartaglie decisive vinte da Platone, vinta per
occorre considerare quali siano gli oggetti che coglie e quali le tanti secoli quanti da lui ci separano'. Per natura s'intende il
relazioni che ricerca per la sua affrnità con il divino e immona- modo di essere di una cosa, che è tale per se stessa, vale a dire che
le ed eterno; e quale potrebbe divenire se rutta seguisse questo il suo essere non è realizzato dalle mani deU'uomo. Quindi la na-
essere e daUo slancio fosse portata fuori del pelago in cui ora si tura dell' uomo - la ragione - è qualcosa che l'uomo non potrà
trova e si scroUasse via i sassi e le conchiglie L..], Allora si po- mai possedere una volta per tutte, ma dovrà costantemente recu-
trà vedeme la vera natura, se molti ne siano gli aspetti o uno perare, riconqujstare.
solo, in che cosa consista e come sia. In relazione al suo stato Tale riconquista inizia con la separazione dall'elemento estra-
presente, abbiamo considerato a sufficienza le passioni a cui è neo in cui è caduta, inizia con la catharsis dalle passioni, prodotte
assoggettata durante la vita umana [Repubblica, X, 611 a-bl . dal vincolo con il corpo-tomba . Poi verrà la strada dell.a dialettica
che la ragione, finalmente sola e in se stessa raccolta, dovrà per-
"Quali relazioni ricerca il suo amore per la verità in virtù del- correre fmo all 'idea del bene, che è il divino, a cui l'anima umana
la sua affinità con ciò che è divino, immortale ed eterno": la na- è, sui generis, affme. La filosofia , dunque, realizza nientemeno che
tura deU'anima umana, dunque, consiste proprio nella sua affi- l'incontro dell 'anima con se stessa, la riscoperta della propria na-
nità con ciò che è divino, immortale ed eterno. Questa idea P la- tura. P latone ripete innumerevoli volte la medesima idea in molti
tone la ripete più volte nel corso dei suoi dialoghi come qualcosa dei suoi dialoghi, ma soprattutto nel Fedone, che è il dialogo in cui
di ovvio e di decisivo, come la verità su cui si fonda il suo più in- questa speranza, razionalizzata dalla filosofia, si rivela:
timo e profondo anelito. Anel.ito, non è difficile dirlo, anelito e
speranza di salvare l'anima. L'immagine presente gli sembra solo E purificazione non è dunque, come già fu detto ncUa paro-
immagine della decadenza, della degradazione. Per questo dove- la antica, adoperarsi in ogni modo eli tenere separata l'anima
va rifiutare la poesia che aspirava invece a perpetuarla. La poesia, dal corpo, e abituarla a raccogliersi e a racchiudersi in sé me-
copia della degradazione, decadenza della decadenza. "L'anima è desima fuori da ogni elememo corporeo, e a vivere, per quan-
simile al divino"; "l'anima è quasi divina", ripete nel Fedone.
C'è da dire che l'immagine della vita come naufragio, come
2 Può darsi che la crisi in cui versa attualmente la cultura occidentale non sia
caduta, non è originaria della filosofia platonica, né di alcun'altra altro che la crisi di questa idea platonica, divenuta (un'uno con la coscienza
filosofia. Essa apparteneva, fin dai tempi più remoti, alla dottrina europea, nei momenti felici della vita d'Europa. La natura umana è la ra·
della metempsicosi, e arriva a Platone attraverso i Misteri e l'or- gione. È quello che oggi molti non intendono più accettare.

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Maria Zambrallo Filosofia e poesia

to è possibile, anche nella vita presente come nella futura, rut- to? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non po·
ta solitaria in se stessa, staccata dal corpo come da una cate- trebbe vedere nessuno degli oggetti cbe ora sono detti veri
na? [67 c-d]. [ .. .l. Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo
superiore. E prima osserverà, molto facilmente,le ombre e poi
La conoscenza è dunque purificazione, separazione dell'ani- le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro ri-
ma dalle sue catene al fine di reintegrarsi nella sua vera natura. TI flessi nell'acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi , vol-
"sapere disinteressato" viene ad essere il più profondamente in- gendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, potrà coo-
teressato di tutti, perché, in realtà, non è un aggiunger qualcosa, templare di notte i corpi celesti e il cielo stesso più facilmente
ma semplicemente un trasformare l'anima, un farla essere, giac- cbe durante il giorno il sole e la luce del sole. Certo. Alla Bne,
ché "colui che contempla si fa simile all'oggetto della sua con- credo, potrà osservare e contemplare il sole quale è veramente ,
templazione" [Tùneo, 90 d]. non le sue immagini nelle acq ue o su altra superficie, ma il sole
il cammino di tale contemplazione è quello della dialettica, il in se stesso, cosl come è [Repubblica, VII, 515 a-bl.
movimento della ragione di per sé distaccata ormai già da tutto:
La purificazione è giunta a compimento e colui che è arriva-
Quando un uomo, servendosi dell. dialettic. e prescindendo to a contemplare il bene faccia a faccia , e a sapere che il bene è la
da ogni sensazione, cerca di dirigersi con la ragione verso cia- causa di nltto ciò che io qualche modo è, non ha più nulla di pro-
scuna cosa che è, in se stessa, e non desiste se prima non è riu- priamente umano, vale a dire io comune con coloro i quali conti-
sciro • cogliere con l. pur. imellezione l. reale essenz. del bene, nuano .d essere iocatenati nella caverna, eccetto la pietà per la
giunge proprio al limite estremo deU'intellegibile, come l'altro, loro miserabile condizione. Ma tornato nell'oscura grotta sarà un
nel caso già citato, giungeva al limite estremo del visibile. - in- estraneo per gli uomini: essi non lo riconosceranno, perché egli
dubbiamente, rispose. - E questo procedimento non lo chiami viene dalla luce e porta la luce. La sua estraneità è tale che li irri-
dialettica? - Senza dubbio [Repubblica, VII, 531-532 a-bl. ta fino al punto cbe possono giungere a ucciderlo. Non è dawe-
ro un azzardo pensare che Platone, con queste righe, abbia volu-
Lo slancio iniziale di questa dialettica consiste nella violenza to far riferimento alla morte del suo maestro Socrate. Possiamo
con cui uno dei prigionieri della caverna si vede forzato a sepa- davvero meravigliarci del fatto che colui il quale stava ingaggian -
rarsi dalle catene che lo trattengono di fronte alle ombre, e il suo do una così tremenda battaglia per affermare la via della filosoB.
punto terminale è nella contemplazione dell'idea di bene. TI pri- manifestasse tanta ostilità nel giustificare qualsiasi altra via? Era
gioniero, così trascinato, dapprincipio ascende penosanlente l'et- la filosofia , era la vita del filosofo ciò che bisognava giustificare e
ta che conduce alla luce. La descrizione di tale prigioniero, nella chiarire contro la cieca moltitudine umana. Era la speranza mes-
sua asces. verso la verità, non ha perso nulla del proprio vigore sa dall.a filosofia alla portata di ogni uomo. Perché la speranza
nonostante tanti secoli di luoghi comuni platonici. E questo a non dipendeva più dagli dèi, né dal destino; la scelta di una vita
causa del suo impressionante realismo. Tale è l'ascesa alla quale si fortunata ciascuno poteva compierla da sé. Ciascun uomo poteva
vede costretto il filosofo: scegliersi a condizione che si scegliesse dawero, risolvendosi ad
esercitare violenza sulla sua condizione presente e, trascioato da
E se lo si trascinasse via di lì a forza, su per l'ascesa penosa questa stessa violenza, ne intraprendesse il cammino, faticoso e
ed aspra , e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del aspro al principio, luntinoso e senza limiti alla fine. Era la salvez-
sole, non ne soffrirebbe e non si irriterebbe di essere trascina- za attraverso la filosofia , attraverso l'umano sforzo:
Mori" Zombrono Filosofia t poesia

In ogni anima è insita la facoltà di sapere e un organo ap- grazie ad un privilegio speciale, ha ottenuto la grazia di tornare
posito per tal fme. Come un occhio incapace di volgersi dal- tra gli uomini come messaggero di quella violenza di cui c'è biso-
l'oscurità alla luce, se non insieme al corpo tutto, cosl tale or- gno affinché la conversione si realizzi, come un richiamo di ciò
gano deve separarsi, con turta l'anima, dalle cose perirure, fino che dall'altro lato è affine all'alterata natura umana. Nel Pedone,
ad arrivare ad essere capace di sopportare la vista deU'essere e la ftlosofia viene istituita, in modo netto e palese, come sapienza
della sua pane più splendida, che chiamiamo bene. Non è della morte:
vero? Sl! L'educazione è l'arte di volgere quest'organo attra-
verso il metodo più semplice ed efficace; non consiste nel- E dunque non è questo che sj chiama morte, scioglimento e
l'infondervi la vista, perché quell'organo già la possiede, ma separazione dell'anima dal corpo? Certamente. E di sciogliere,
non è rivolto dalla parte giusta e non guarda dove dovrebbe; come diciamo. l'anima dal corpo si danno pe.nsiero sempre, so-
a quell'arte spetta appunto di occuparsi di questa sua conver- pra rlltti gli altri e anzi essi soli, coloro che filosofano retta-
sione [Repubblica, vn, 518 c-d]. mente; e lo studio e j'esercizio proprio dei filosofi , non è ap-
punto questo di sciogliere e separare l'anima dal corpo? [67 cl] .
TI prigioniero slegato, libero dall'oppressione delle catene e
dall 'inganno delle ombre, si impietosisce per la sorte dei suoi an- La questione si pone in modo sempre più radicale: ormai al
tichi compagni e li educa, li converte. Tale conversione si realizza filosofo non basta più la semplice separazione dalle cose cosl
attraverso la filosofia , anzi attraverso la dialettica, che va più lon- come si darmo al primo sguardo che lasciamo cadere sul mondo.
tano della stessa filosofia, giacché l'aspra ascesa per arrivare alla Non solo deve rinunciare alle apparenze sensibili, ma gli si impo-
luce, cioè quella conversione che ciascuno può realizzare nella ne un vero e proprio ascetismo. La conoscenza non è una mera
propria anima Con l'aiuto e la Cura compassionevole del filosofo, occupazione della mente, ma un esercizio che trasforma l'intera
sembra fondata su qualcosa che non è di questo mondo. Perché anima, che riguarda la vita nella sua totalità. L'amore per il sape-
la luce del bene non si lascia contemplare interamente se non re determina una maniera di vivere. Perché è, prima di tutto, una
dopo la morte. maniera di morire, di andare verso la morte. L'esser maturo per
Infatti se nella Repubblica Platone istituisce la giustizia di la mOrte è lo stato proprio del filosofo.
questo mondo e ci fornisce le ragioni del retto vivere, nel Pedone Le conseguenze dovevano essere incalcolabili e non solo per
la dialettica stessa ha già il senso di un insegnamento per la mor- la poesia, ma per la vita intera. La poesia era chiaramente fuori
te. La ftlosofia è preparazione alla morte e il filosofo è l'uomo cbe questione, in quanto essa continua ad essere il vivere secondo la
ha raggiunto una maturità tale da essere proDlo alla morte. Simi- carne nel modo più pericoloso per l'ascetismo ftlosoEico: vivere
le conversione non si verifica se non quando "ci siamo separati secondo la carne, non in virtù di quel primo movimento sponta-
dalla follia del corpo", frase che potremmo credere di San Paolo neo di ogni essere vivente che si affeziona alla propria carne. No,
se la trovassimo separata dal testo platonico. ' poesia è vivere nella carne, addentrandosi in essa, conoscendone
Separato dalla follia della carne, dall'inganno delle ombre, il l'angoscia e la morte.
filosofo recupera la propria natura, la vera natura umana. Natura Le conseguenze dovevano essere illimitate non solo per la
che non si possiede, come abbiamo visto, senza sforzo e violenza. poesia , ma per tutte le questioni fondamentali della vita; le sorti
Ciò a cui l'anima è affine sta sull' altra riva del fiume della vita. La del non ancora nato cristianesimo si decisero lì, nel momento
ftlosofia è un esercitarsi a morire e il soggiorno del filosofo tra gli stesso in cui l'ascetismo venne filosoficamente fondato .
uomini è molto simile a quello di qualcuno che è morto e che, Sarà proprio questo ascetismo il legame più forte tra religio-

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Maria Zambrano Filosofia e poesia

ne cristiana e pensiero greco. E se da qualche parte l'ascetismo si sto mondo. Se Platone non si fosse fatto carico di un cosÌ gigan-
disegnava con maggiore fermezza e chiarezza, non v'è dubbio al- resco disegno religioso, noo avrebbe mai condannato la poesia,
cuno che eSSO fosse vivo e in crescita nel pensiero platonico all'e- anzi non avrebbe mai cessaro d'esser poeta (a dire il vero non ces-
poca del sorgere del cristianesimo. sò mai davvero di esserlo, perché se egli abbandonò la poesia , la
Ma cosa significa questo ascetismo e cosa significa lo stesso poesia non lo abbandonò mai, e questo costiruisce la maggiore
cammino percorso dalla dialettica platonica? Lo abbiamo già vi- giustificazione di Platone al riguardo).
sto: non è il conoscere ciò che importa, non è l'essere delle cose, La condanna platonica della poesia si manifesta nella Repub-
né le leggi del mondo ciò che l'intelletto persegue. A doversi per- blica in modo cosÌ sconcertante da celare quel che adesso ci ap-
seguire è il recupero dell'umana narura, il riscatto dell'anima. pare in modo chiaro, vale a dire la duplicità di ciò che fu istirui-
Quel che fa Platone, in realtà, è teologia e mistica: teologia, in to nella città ideale. Vi erano in questa due strutture: una struttu-
quanto pensa o cerca di pensare, tramite la ragione, il divino; mi- ra, potremmo dire, puramente terrena, di una città presieduta
stica, in quanto ci indica il cammino per convertirci ad esso. Ca- daUa gi ustizia e un 'altra che, nel libro VI, è riferita alla filosofia e
tarsi e dialertica non sono che mezzi per arrivare ad essere. Baste- ai filosofi e s'innalza al di sopra della giustizia stessa.
rebbe solo questo a spiegare la violenza che genera la filosofia, la È già teologia e mistica. La mistica della ragione. Parmenide
forza che ci porta a distaccarci dalle cose che ci circondano, dal e le antiche credenze si sono stretti la mano, giustificandosi reci-
nostro involucro, dalle nostre passioni. Se Platone condanna le procamente. Potrebbe sembrare un po' audace. Ma in verità vi
passioni è semplicemente perché vuole salvare la sede in cui le sono, in quel libro meraviglioso, alcune parti che sembrano in-
passioni si radicano, perché mira a salvare l'anima. Fin dai tempi terpolate, che potrebbero forse essere espunte, senza ledere l'in-
più antichi vi erano i prodromi di simile anelito: salvare l'anima. tegrità delle altre parti, quelle che si riferiscono alla prima strut-
Certamente non tra i poeti, ma all'interno di quei circoli religiosi tura, aII.a città umaoa . La si direbbe una "rivelazione" aggiunta a
già menzionati. Platone sembra essere il loro strumento, colui che ciò che l' uomo Platone di per sé aveva pensato'.
razionalizzando tali aneliti, fortemente deliranti, diede loro sicu- La condanna della poesia fatta nella Repubblica appare in pri-
rezza. Ancorò alla sicurezza del pensiero - essere, unjtà, idea - le mo luogo e con tutta la sua forza all'interno della prima struttu-
forze che pulsavano come gemito, come ansia irrinunciabile, nei ra, dentro la città umana governata dalla dikaiosyne, perché i poe-
culti orfici e dionisiaci. Per la prima volta si pensò in modo chia- ti alteravano, con il loro elegiaco amore, con le loro raffigurazio-
ro su ciò che così oscuramente si sentiva. I simboli divennero pen- ni della frenesia delle passioni, l'ordine impresso dalla ragione. È
sieri chiari e ai misteri seguirono le idee. Matematica e anelito ir- una condanna morale e politica quella che si manifesta.
razionale si unirono per la prima volta. Platone ha farto teologia>' Ma sarà ciò che è più della giustizia, la "rivelazione" del mito
Adesso si comprende perché rinunciò alla poesia, perché si della caverna e la detmizione della filosofia come apprendistato
dichiarò suo nemico irriducibile. Non lo fece in nome della co-
noscenza, né in nome dell'essere, dell'unità o della verità di que-
.. Scrive E. Rohde a p. 481 dell'opera già citata: "Mi sembra che risulti molto
chiaramente da uno studio attento e senza pregiudjzi di tutta l'opera ed è
stato, credo, dimostrato da Krohn e da P(eiderer, che (asi distinte del pen·
, "Nessuno vi ha contribuito in modo più durevole di quel grande pensatore siero platonico abbiano aVUlO luogo nella Repubblica e che sono legate solo
e poeta che ha impiantato nel cuore della filosofia l'idea teologica deU'im· esteriormente. lo particolare, ciò che [Platone] dice a partire dal verso 471
mortalità personale, e dopo averla resa familiare ai fùosofi l'ha restituita ai C. fmo alla fine del libro VII [ ... ] mi sembra qualcosa di strano che non era
teologi pill profondamente fondata " (E. Rohde, Psyche. Payot, Paris 1928, previsto all'inizio, cosÌ compreso nel piano primitivo, e che più tardi venne
p.480). ad aggiungersi alla descrizione"'.

76 77
Marfa ZOlllbraflO Filosofia e poesia

per la morte, a dover rifiutare la poesia nel modo più inesorabile, tro se stessa, manca di unità; ed è, in ogni momento, "altra" in
nel modo più inconciliabile. Al cospetto della dikaiosyne, la poe- terribile monotonia, monotonamente contraddittoria.
sia poteva ancora fate la propria difesa delle apparenze, l'apolo- Salvare le apparenze e salvare l'anima. Non si poteva arrivare
gia della bellezza, poteva ancora appellarsi al delirio amoroso. oltre, anche a costo della condanna della poesia e del distacco
Ma al fondo di questa condanna senza spiragli c'è, invece, un dalla "follia del corpo". TI logos non poteva ancora discendere
intento mistico. La ripulsa è ancor più grande, più profonda, più fino alla carne. Era necessario, inevitabile, che in P latone la filo -
insanabile, da teologo che vuole salvare le apparenze, le realtà sofia, che è teologia e mistica, apparisse come irrimediabilmente
tutte del mondo e delle passioni umane: la bellezza che pulsa nel nemica dei poeti e dei loro sogni. La ragione decisiva era che si
sensibile, la bellezza di cui si innamora il poeta senza riuscire ad proponeva di salvare ciò che la poesia si limitava a rimpiangere;
eternarla. E l'anima, di cui il poeta sa soltanto raffigurare l'agi- aspirava a dar vila (non una vila passeggera, ma un'altra vita al di
tarsi delle passioni. là del morso del tempo) a quell'adorato mondo della bellezza di
[n questa ripulsa ammantata di un 'acredine un po' sospetta, cui la poesia non ha saputo far altro che piangere la distruzione,
c'è l'affanno di salvare tutto ciò che si disdegna, vale a dire le ap- dolersi per la sua morte incessante, per il suo naufragare nei mari
parenze, le passioni, ma in un modo più vero e più profondo di del tempo. Perché la poesia - e soprattutto la poesia lirica - era
come fa la poesia. A Platone dovette sembrare vacua, non abbia- in Grecia pianto, agonia dell'anima di fronte alla realtà amata che
mo dubbi, la pretesa di salvare le apparenze captando il loro fan - dilegua. Pianto di fronte ad ogni cosa: di fronte al dolore, di fron-
tasma, fissando la loro ombra, creando un 'altra apparenza di mi- te al piacere, di fronte all'amore, all'amore soprattutto. La que-
nore rango rispetto all'essere. Perché, dopotutto, per vivo che stione vera è fi, nell'amore.
possa essere il ritratto, esiste sempre un abisso tra dò che è vivo Nell'amore è la vera questione. L'amore è cosa della carne; è
e ciò che è raffigurato. la carne che desidera l'amore. Per quest'ultimo si strugge e attra-
No, l'imitazione non è una strada percorribile, poiché attra- verso quest'ultimo vorrebbe affermarsi dinanzi alla morte. La
verso di essa si moltiplica la decadenza, si rende patente il non -es- carne, di per sé, vive nella dispersione; ma tramite l'amore si re-
sere, la morte giunge precipitosamente senza esserne maturi. No, dime, perché cerca l'unità. L'amore è l' unità della dispersione
bisogna cercare un'altra strada mediante la quale le apparenze carnale e la ragione della "follia del corpo".
possano essere messe in salvo dalla distruzione. Bisogna cercare la Cosllascia intendere Platone, e lo fa attraverso due vie: la via
realtà perenne, dove tali apparenze brillanti non periscano. della bel.lezza e quella della creazione. La prima appare nel Fedro,
Tantomeno può essere un rimedio esprimere le passioni. Fis- la seconda nel Simposio. Bellezza e creazione sono la redenzione
sa re nella parola le passioni e la loro melanconia, il loro fluire ine- della carne mediante l'amore.
sorabile. Perché questa parola della poesia - ombra di ombra - Di nuovo la filosofia è la voce dell'ottimismo, l'uscita dalla fa-
non può eternarle, in quanto non ha estratto la loro vera unità. È talità. Anche l. carne sarà salvata dal filosofo, che troverà ciò che
un'antinomia voler salvare le passioni, perché dietro le passioni vi sembrava impossibile: la sua unità, nell'amore. La poesia, attacca-
è ciò che più importa: la nostra anima che le soffre e le subisce. ta alla carne, vivendo dispersamente e tragicamente secondo la
Le passioni sono qualcosa di estraneo alla nostra anima e a causa carne stessa, non poteva trovarla. La poesia è pura contraddizio-
di esse la nostra anima non è mai interamente nostra. Le passio- ne; l'amore nella poesia ancia all'unità e vi si rivolta contro, vive
ni si contraddicono reciprocamente e una sola passione già si nella dispersione e si affligge. Piange per tutte le cose che non vor-
contraddice con se stessa e con l'anima in cui dimora. L'anima rebbe mai abbandonare e si ribella a ciò che potrebbe salvarle. La
agitata dalla passione, da una sola passione, si lacera, si volge con- poesia è la coscienza più fedele delle contraddizioni umane, per-

79
Mario Zombrafto Filosofia e poesio

ché è il martirio della lucidità, di chi accetta la realtà così come si poeta non può sapere chi è e neanche cosa cerca. n fùosofo, al-
dà nel primo incontro. E l'accetta senza ignoranza, ben consape- meno, sa ciò che cerca e per questo si autodefinisce /ilo-solo. n
vole della sua tragica dualità e del suo annientamento finale. poeta, poiché non cerca ma trova, non sa come chiamarsi, D o-
n poeta sente l'angoscia della carne, la sua cenere, prima e vrebbe adottare il nome di ciò che lo possiede, di ciò che lo pren -
più di quelli che vogliono annientarla. n poeta non vuole annien- de colmando la dimora della sua anima, dell'impeto che lo tra-
tare nulla, ma proprio nulla, delle cose che l'uomo non ha falla. scina. Ma non sarebbe facile, perché solo a volte si sente rapito,
Ribelle verso le cose cbe sono opera dell 'uomo, è invece umile, ri- indiato; altre volte si sente afferrato, irretito in sogni informi pri-
vereme, con ciò cbe gli si para dinanzi e che egli non può spiega- vi perfino di impeto, si sente vivere nella carne quando la carne è
re: la vita e i suoi misteri. Vive, dimora all'interno di questo mi- ancora opaca e non è stata resa trasparente dalla luce della bel-
stero come dentro un carcere e non pretende di scavalca me le lezza. Come potrebbe chiamarsi il poeta? Perso nella luce, erran-
mura con domande irtiguardose. Eterno innamorato, nulla esige. te nella bellezza, povero per eccesso, folle per troppa ragione,
Ma il suo amore tullO penetra lentamente. peccatore in stato di grazia.
n poeta vive secondo la carne, anzi all'interno di essa. Ma la n fùosofo cerca sentendosi incompleto e bisognoso di com -
penetra a poco a poco, si insinua al suo interno, s'impadronisce pletamento, semendo che la propria natura è stata alterata e vo-
dei suoi segreti e, rendendola trasparente, la spiritualizza. La con- lendo riconquistarla. n poeta nuota nell'abbondanza e nell 'ecces-
quista a vantaggio dell'uomo, poiché l'accoglie in sé assorbendo- so. Forse è proprio questa sovrabbondanza che gli impedisce di
la, eliminando la sua estraneità. scegliere. Vivendo inondato di grazia non può raccogliersi in sé,
Poesia è, sl, 10lla con la carne, relazione intima con essa, che cercare di essere se stesso e neanche sa di questo "se stesso" che
dal peccato - "la follia del corpo" - conduce alla carità. Carità, è invece l'ossessione del filosofo. Perso nella ricchezza, cieco nel-
amore per la carne propria e altrui. Catità che non può decidersi la luce, peccatore in stato di grazia, egli vive secondo la carne e
a recidere i legami che uniscono l'uomo con tullO ciò che è vivo, secondo la carità .
compagno d'origine e creazione. n percorso platonico è ben differeme. Se pare sfiorare i bor-
Perché il peccato della carne segue la grazia della carne: la di della parola peccato e della parola carità senza cadervi, signifi-
carità. Peccato carnale e carità sono frutti cristiani, ma entrambi ca che non poteva farlo. Questa I.ieve distanza non attraversata è
sono sul punto di emergere dal loro sonno nelle pagine del Fe- essenziale per tulla la sua filosofia. Se una simile cosa fosse acca-
dro , del Fedone O del Simposio. Sembra che debbano apparire da duta , tutto avrebbe dovuto essere riconsiderato dalla radice.
un istame all'altro, quelle due parole che solo il cristianesimo Se P latone vuole salvare le apparenze, non può rinunciare a
pronunciò. salvare l'amore che nasce dalla carne, ma per fa rlo deve separar-
Platone sfiora quelle due parole - peccato, carità - così come lo da questa. Tutta la teoria platonica dell'amore si fonda sul di-
sfiora la poesia. La poesia sì che le pottava con sé; sono le sue stacco dal corpo, inserendo il corpo stesso nel processo della dia-
stesse viscere, la costituiscono. Ma la poesia ha tardato molto a lettica , della conoscenza che conduce all'essere - all'essere che è
saperlo: oppressa dal proprio tesoro, si dimenticò di calcolarlo. e ad essere "io" con ciò che è. Parallelamente alla dialettica, vi è
Non volse mai lo sguardo, il suo triste sguardo, verso se stessa. l'ascendere della bellezza. La bellezza ha il privilegio di essere in-
Mai - generosa e disperata - si prese cura di se stessa, come in- teramente visibile. L'essere vero è occulto, l' unità e il bene, il di-
vece aveva fatto la fùosofia fin dal suo primo sorgere. vino, non sono visibili. Solo la bellezza ha il privilegio di manife-
n poeta non si cura di comare e ricontare i propri beni e i starsi sensibilmente senza per questo cadere nel non-essere. Si
propri mali; non fa l'inventario della propria fortuna. Perché il potrebbe dire che essa è l'unica apparenza vera.
Moria Zambrono Filoso/ia e poesia

Quanto alla bellezza, brilla, come ho già detto, fra tutte le al· l'altro, bella solo in un tale tempo e non in un altro, bella in
tre essenze e durante il nostro soggiorno terrestre, quando una relazione e brutta in un'altra, bella in un luogo e brutta in
ogni cosa eclissa col suo splendore, la riconosciamo attraverso un altro, bella per questi e brutta per quelli; bellezza che non
il più luminoso dei nostri sensi. La vista è, infatti, il più fme di ha nulla di sensibile come il volto o le mani, e nulla di corpo·
tutti gli organi dcl corpo. Ma non può percepire la sapienza, rale; che non è neppure questO discorso o questa scienza, che
perché sarebbe smisurato il nosrro amore per essa, se solo la non risiede in alcun essere differente da essa stessa, in Wl ani-
sua immagine e le immagini delle altre essenze, degne de1 no- maJe. per esempio, o nella terra, o ne1 ciclo, o in un'altra cosa,
stro amore, si offrissero alla nosrra vista, in (Utta la loro vivez- ma esiste eterna ed unicamente per se stessa ed in se stessa
za e distinzione. Solo che unicamente la bellezza ha ottenuto [Simposio, 210 e·211a].
questo privilegio di potere essere ciò che più sca in evidenza e
ciò il cui incanto è più amabile [Fedro, 250 c·d]. In tal modo, è già conseguito qud che sembrava più impossi.
bile: la generalizzazione dd sensibile. TI sensibile era contrario e
È come se l'essere vero e occulto si lasciasse vedere a causa di ribe lle all'unità, unità di cui, una volta trovata, partecipano tutte
uno strappo nd vdo che lo copre. Per questo è possibile muove· le cose che prima vedevamo disperse, ciascuna vivendo per sé.
re, per questa nuova ascesa, dalla bellezza visibile. È l'wlica cosa Tale unità è stata ottenuta grazie alla bellezza. TI mondo sensibile
visibile sulla quale possiamo fare affidamento. Ma dobbiamo imo ha trovato la sua salvezza, ma più ancora l'amore per la bellezza
mediatamente lasciarla a vantaggio della bellezza che è una: sensibile, l'amore nato dalla dispersione della carne.
L'amore nato dalla dispersione della Carne trova la propria
Colui che inoltre vuole aspirare a questo oggetto deve, dal· salvezza perché segue il cammino della conoscenza. È ciò che più
la sua gioventù, cominciare a cercare corpi belli. Inoltre, se è assomiglia alla ftlosofia. Come questa, è povero e bisognoso e
ben diretto, deve amarne uno solo. Subito deve arrivare a per egue la ricchezza; come questa, nasce daU 'oscurità e sfocia
comprendere che la bellezza che si trova in un corpo qualsia· nella luce; nasce dal desiderio e culmina ndla contemplazione.
si è sorella della bellezza che si trova in tutti gli altri. Infatti, se Come questa, è mediatore.
è giusto cercare la be11ezza in generale, sarebbe una gran paz- E adesso, dopo aver letto il Simposio, ci si presenta il dubbio
zia non credere che la bellezza che risiede in tutti i corpi sia che siano, in realtà, due le strade che conducono alla salvazione:
una e identica [Simposio, 210 bl. la dialettica e l'amore, l'altra dialettica amorosa, la purificazione
dell'anima all'interno dell 'amore stesso, senza che vi sia bisogno
Comincia così la scalata dell'amore attraverso la bellezza, ma dd suo annientamento.
distaccata dalla particolarità di un corpo, per concludere: L'amore è utile alla conoscenza, arriva al suo stesso fme se·
guendo un differente percorso, un percorso che sembrerebbe il
Colui che nei misteri dell'amore si è elevato fino al punto in meno appropriato, quello della mania o dd ddirio:
cui siamo, dopo aver percorso in ordine tutti i gradi del bello
e giunto infine al termine dell'iniziazione, percepirà una bel· Ecco dove approda tutto questo discorso che concerne la
lezza meravigliosa come se fosse un lampo, quella bellezza, oh quarta specie di delirio - sì, di del.irio. Quando aUa vista della
Socrate!, che era oggetto di tutti i travagli precedenti; bellez- bellezza di quaggiù, che fa riandare il ricordo alla bellezza
za eterna, increata ed imperitura, esente da aumento e da di- vera, uno mette le ali e, di nuovo pennuto e impaziente di va·
minuzione; bellezza che non è bella da un lato e brutta dal· lare, sebbene impotente a farlo, dirige verso l'alto il suo sguar·

82 83
Maria Zambrano Filosofia e poesia

do come fosse un uccello, e più non si cura delle cose di quag- (come tante volte è stato detto) che l'amore mistico sia un corri-
giù [... l di tutte le forme di possessione divina (entusiasmo) spettivo dell'amore carnale tal quale si dà. È vero il contrario: l'a-
questa si rivela come la più nobile, tanto per chi ne è preso more carnale, l'amore sessuale, ha vissuto "culturalmente", vale a
quanto per chi ne partecipa; chi conosce tale rapimento divi- dire nella propria espressione, sotto l'idea, già mistica, deU' Amo-
no ed ama corpi belli è detto pazzo d'amore [Fedro, 249 d-el. re platonico. E neUe epoche in cui l'amore è stato una forza so-
ciale, in quei fulgidi momenti deU'autunno del Medioevo e nel
C'è un delirio divino che è l'amore. Come mai Platone, giun- Rinascimento, ogni innamorato manifestava il proprio amore in
to a questo punto, non ha sentito la necessità di giustificare i poe- termini più o meno platonici, e ciò che più importa è che lo espri-
ti in quanto uomini ridotti in schiavitù da tale delirio? Delirio meva così perché così lo sentiva, vale a dire che così lo diceva a
d'amore che esercita la stessa funzione deUa violenza filosofica. se stesso. E così era. Grazie al platonismo, l'amore ha potuto ele-
Per suo tramite, l'uomo viene rapito, sospeso, in "estasi" , come varsi a categoria intellettuale e sociale. Si è potuto amare senza
diranno ripetutamente i mistici nel corso dei secoli. che questo costituisse qualcosa di scandaloso.
Siamo grati a Platone per il Simposio, per il Fedro. Grazie ad Grazie aUa salvazione dell'amore, la poesia ha potuto soprav-
essi l'amore si è salvato daUa totale distruzione. NeU'ascetismo vivere aU'interno deUa cultura ascetica del cristianesimo. La pri-
dominante che legò filosofia greca e religione cristiana, l'amore e ma poesia: gli inni aUa Vergine, il Salve regina, la Litania intesso-
il suo culto, la religione deU'amore, l'antica religione deU 'amore, no, con immagini in parte ebraiche, un 'idea divina della donna
dei misteri, trovò un proprio luogo. Attraverso il pensiero plato- che per la verità non è dato riscontrare nel primo cristianesimo.
nico non solo si uniscono filosofia greca e cristianesimo, ma an- La divinizzazione del'!a donna ha pur'essa ascendenze platoniche,
che la religione deU'amore e deU 'anima, che esisteva sotto diver- è stata resa possibile dal pensiero platonico e da ciò che ne è con-
si nomi, con il cristianesimo. Senza questo pensiero mediatore, seguito. Anche la donna è stata salvata perché è stata idealizzata.
tale religione sarebbe stata annientata completamente, occultata Se l'uomo si innamora è perché ha neUa sua mente un a priori
e forse avrebbe prodotto gravi disordini attraverso inesplicabili ideale del femminile, e colui che non lo possiede non potrà mai
apparizioni , parziali e disperate. innamorarsi.
Infatti il cristianesimo, religione trionfante vissuta nella cul- La poesia si è cope rta con questo manto; è vissuta e cresciuta
tura trionfante dell'Occidente, ha annullato alcune religioni ante- prodigiosamente protetta da tale firmamento. Così, tutta la poe-
riori, e i loro segni non hanno più forma né nome, intrecciati sia del Medioevo che non sia cinica o burlesca - come quella del-
come sono con la religione cattolica, che è stata così flessibile da lo spagnolo Arcipreste de Hita' - è platonica senza saperlo. Pre-
assorbire le particolarità là dove effettivamente esistevano. Non suppone e canta l'unità deU'amore e anche la sua assenza. L'as-
vi è alcun dubbio che vi siano culti obliati per deità sconosciute, senza neU'amore è un motivo chiaramente platonico il cui studio
che oscuramente vivono sotto altri nomi . Così sarebbe accaduto compete agli storici deUa letteratura. "Assenza" neU'amore, dal
con l'amore, se non ci fosse stata la mediazione del pensiero dav- momento che la presenza non è mai possibile e qualora si desse
vero mediatore di Platone. non la si canterebbe.
L'amore si è salvato grazie aUa sua "idea" , cioè grazie aUa sua
unità. Si è salvato perché, partendo daUa dispersione deUa carne,
, [TI riferimento è a un autore dd Trecento , Juan Ruiz, Arcipreste de Hita, a
porta aU'unità deUa conoscenza, perché il suo impeto irrazionale cui si deve un 'opera inli tolata Libro de buen amor. L'opera consta di un pro-
è divino, poiché verso il divino ascende. L'idea originaria che si logo in prosa, seguito da un a pane narrativa in quartine di versi alessand ri -
crea deU'amore è già mistica. Per questo è un grande errore dire ni. inframmezzara da liriche in metro assai vario].

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Marta Zombrollo Filosofio l' poesia

Così, il Ctintico espiritual del mistico Juan de la Cruz è un l'amore, l'antica religione della bellezza trasformata, a volte, in re-
canto all'assenza dell'amato. In questo caso è facile spiegasselo, ligione della poesia. In alcune delle sue felici realizzazioni si ma-
giacché il suo amato non è in effetti visibile. Ma anche nella poe- nifestano tutte e tre e qualcos'altro ancora: il punto di coinciden-
sia profana del tempo, nonché di tempi precedenti, troviamo za di due cose, a quanto sembra, incompatibili: filosofia e cristia-
ugualmente il motivo dell 'assenza e la ricerca spasmodica delle nesimo. Se un'ingiustizia è stata consumata nel corso degli anni,
tracce dell'amato, per cui l'intera natura si trasforma: ruscelli, al- è che ai loro fondatori, a quelli che con la loro parola hanno de-
beri, prati, la luce stessa conservano il segno della presenza ama- ciso la sorte dei secoli, non è stato dato di contemplare la loro
ta, perennemente schiva e irraggiungibile. opera. Pensiamo a Platone e a questa strofa, questa sola strofa, la
L'amore porta con sé, costitutivamente, una distanza. Amore più platonica, la più poetica anche, di tutta l'umana poesia:
senza distanza non sarebbe amore, perché non avrebbe unità,
vale a dire oggetto. In questo consiste la sua differenza fonda- Oh fonte cristallina,
mentale dal desiderio: nel desiderio non vi è un vero e proprio se in quelle tue sembianze argentate
oggetto, perché ciò che viene desiderato non risiede in se stesso, tu formassi d'un tratto
non viene tollerato quel suo racchiudersi in sé che già la poesia gli occhi desiderati
aveva realizzato per proprio conto, prima di Platone e anche che nelle viscere porto disegnaci!
dopo di lui , nei casi in cui è rimasta estranea al suo influsso. Il de- Ouan de I. Cruz, Canlico e'PiritI/aI]
siderio consuma ciò che tocca; nel possesso l'oggetto del deside-
rio viene annientato, dal momento che non ha alcuna indipen- In così pochi versi c'è tutto Platone e tutta la poesia.
denza e non ha esistenza all'infuori del desiderio stesso. L'irrag- Ogni uomo di statura gigantesca, tutti quelli che con la loro
giungibilità dell'oggetto d'amore lo rende incessantemente pre- parola o con la loro opera hanno deciso le sorti della storia uma-
sente. Il possesso amoroso è un problema metafisico e come tale na, hanno una leggenda grazie alla quale il loto nome discende
non ha soluzione. Ha bisogno di transitare nella morte per com- fino alla più oscura ignoranza. La leggenda è una forma di pietà
piersi, deve attraversare la vita, la molteplicità del tempo. della conoscenza, perché grazie ad essa ogni uomo partecipa, in
L'amore, così come la conoscenza, ha bisogno, per compier- qualche modo, della verità e della storia. Molti non sanno chi è
si , della morte. Proprio l'amore, attraverso cui si propaga la Platone, ma conoscono una leggenda talvolta riportata dalle pa-
vita ... È questo, crediamo, il fondamento di ogni mistica: l'amo- gine degli almanacchi: Platone si annunciò al suo maestro Socra-
re che nasce dalla carne (ogni amore "originario" è carnale) deve, te, prima di incontrarlo, in un sogno; in un sogno, sotto forma di
per compiersi , distaccarsi dalla vita, deve convertirsi; come dice- un bianco cigno. Reprimiamo il sorriso incredulo di quelli che,
va Platone, era necessario realizzarlo attraverso la conoscenza. per aver letto tanto, molto si sono insuperbiti. Un cigno è un an-
E tale conversione, in realtà, si è verificata grazie alla poesia, gelo punito; un angelo immobilizzato che non ha perduto la sua
nella poesia. Nella poesia che meglio della filosofia ha saputo in- purezza, né le sue ali. Ali incoerenti, perché, troppo grandi per
terpretare la propria condanna, poiché essa era stata destinata a un corpo coslleggero, non riescono a librarlo in volo e allora più
nutrirsi perfino della propria condanna. Con più forza rispetto al che un organo sono una cicatrice nostalgica di una natura perdu-
pensiero, ha saputo, finora , distillare le proprie virtù dalla pro- ta. E qualcuno ha potuto sognare con Platone, sentendolo dietro
pria debolezza; la propria esistenza dalle proprie contraddizioni, due creature le più differenti possibili: un toro e un bianco cigno.
dal proprio peccato. Il toro del sangue e della morte, trasformato nella purezza alata ,
Poesia platonica nella quale si perpetua l'antica religione del- ma problematica, della filosofia .

87
IV.

Poesia e metafisica

Sarebbe stato naturale aspettarsi che pensiero e poesia, dopo


essersi riconciliati sotto il cielo delle idee platoniche, non fossero
più tornati ad essere inconciliabili. E così sarebbe accaduto, se
non vi fosse stato al mondo altro pens.iero che queUo platonico.
Infatti, molto tempo dopo che Platone aveva chiesto il potere per
il pensiero filosofico, altri pretesero la medesima cosa, ma con
ben altri progetti.
Perché abbiamo visto che Platone, se aveva disprezzato la
poesia e assegnato ili. ragione un dominio più alto di qualunque
altro, si era assunto il compito di un disegno più generoso ed uni-
versale, più autenticamente amante dell'unità, di quel che a prima
vista troviamo nella sua condanna della poesia. A tale scopo la sola
filosofia non era sufficiente; Platone dovette iliora fare teologia,
dovette scop rire, fortificandola, dandole fondamento e chiaren-
dola, la mistica. Non tutti i filosofi hanno proceduto sospinti da
uguali ansie. Molto tempo dopo, nella vita di quella parte del
mondo chiamata Europa e in quel momento stnrico chiamato Età
moderna) la filosofia nasce una seconda volta, rinascc e di nuovo
presenta le sue istanze di dominio, però in differente maniera.
La prima speranza era già stata fondata.
Medioevo e Rinascimento avevano raccolto l'eredità platoni-
co-cristiana, la cui solidità era tale che ili'interno dell'ascetismo
aveva trovato posto perfino il piacere. Come già abbiamo visto,
qualcosa si era salvato dili' ascetismo, non dal lato cristiano ma per
via platonica: proprio l'amore, l'amore platonico. Ed è tanta la sua
ricchezza, così profonda la sua fecondità, che arriva fino ili'arte,
ili'arte plastica che è ancora più distante, più "irrazionale", del-
l'arte della parola. La pittura stessa si riempie di logos, imbeven-
dosi di idea e di senso. Leonardo da Vinci è il pittore platon ico in
MarEa Zombrallo Filosofio e poesia

cui culmina la bellissima tradizione del Quattrocento' italiano. Le pito, che le era proprio, di mitizzare, materializzare quella spe-
vergini del Beato Angelico e di Filippo Lippi, le dee pagane di ranza che filosofia e religione avevano eretto e sostenuto.
Botticelli e i nudi di Giorgione sono anch'essi platonici, come Un altro momento di unità profonda fra le tre cose si verifi-
d'altra parte le vergini di Raffaello, ultimo pittore platonicO>. ca, almeno così sembra, attraverso la mistica. Qui si apre un pro-
Ma l'uomo è eternamente insoddisfatto e quando ottiene la blema a sé stante - che è doveroso perlomeno segnalare - relati-
riconciliazione tra due principi che apparivano come inconcilia- vo all'annosa questione se ogni poesia non sia, in ultima analisi,
bili, ne solleva un altro o, meglio, assume uno dei due sviluppan- mistica, o se la mjstica non sia, nella sua radjce, poesia, vale a dire
dolo, rimettendo di nuovo in gioco la lotta. L'uomo non riesce a una sorta di religione poetica o religione della poesia. In ogni
navigare nell'unità e quando ci riesce, la distrugge per mettersi di modo non ci soffermeremo - almeno per il momento - sulla que-
nuovo aUa sua ricerca. L'unità gli è necessaria come meta, come stione'.
orizzonte, e quando finalmente essa cade, come un frutto matu- Ma la tregua fu breve, la pace non durò che un istante. Pre-
ro, ai piedi dell'uomo, egli si rivela incapace di assaporarla. sto, ben presto una nuova speranza cominciò a farsi sentire,
La speranza che appare nel mondo greco, la speranza che aprendosi la sU'ada .maverso rutte le formulazioni possibil.i. La
l'uomo avesse finalmente essere, essere rispetto al divenire della nuova speranza era - addirittura - questo mondo. Questo mon-
natura, essere pur all'interno del turbinio dell'esistenza, si era do: avere in questo mondo tutto ciò cbe avevamo appromato per
appoggiata sul doppio cammino della filosofia e della religione l'altro. Godere al di qua del tempo, delle cose che ci erano state
cristiana. Filo ofia e religione cristiana si erano unite in maniera così ragionevolmente promesse solo a condizione di attraversare
cosl stretta fin dai primordi, che appariva con chi.arezza come la la soglia della morte. Saltare quindi il lungo cammino dell'ascesi.
battaglia che stavano ingaggiando fosse, per molti versi, coinci- La nuova speranza non si chiude nell'ascetismo; vuole tutto sen-
dente. Così coincidente che la religione rinunciava, intanto, a ciò za, nel frattempo, rinunciare a nulla.
che aveva di più peculiare rispetto alla filosofia , purché que- Vuole tutto, ma c'è qualcosa cbe vuole in modo più determi-
st'ultima le marciasse al fianco . In tal modo tutto si incastrò e ar- nato: l'individualità. La verità è cbe la speranza prima si era di ·
ri vò a compimento con una perfezione raramente conseguita retta anzitutto all 'essere, all'essere delle cose, e subito dopo al -
nelle vicende um ane. l'essere dello stesso uomo. Ma tale essere, questo essere intero
La poesia fu manifestazione e al tempo stesso strumento di dell'uomo, solo al di là della morte - attraverso la contemplazio-
questa lotta unitaria, aggiungendo la propria voce nella battaglia ne, dice Platone; attraverso la redenzione, dke il cristianesimo -
contro le ombre. La Divino commedia realizza questo momento si poteva trovare. Adesso, invece, l'accento va a cadere sull 'esse-
felice , forse irripetibile, di unità senza vaghe e nebulose identifi- re ottenuto in questo mondo, al di qua della morte. E in un altro
cazioni , tra poesia, religione e filosofia. Alla poesia toccò il com- momento, sull'essere in se stesso, sull'essere individuale.
La filosofia va ad installarsi nello spazio della creazione. La re-
ligione non poteva continuare per molto tempo a custodire per sé
l [In italiano nel testo).
1 È di grande in teresse osservare come nella pittura spagnola , una delle gran - sola le proprie verità. E la battaglia combattuta in comune con la
di pitture d'Europa , non esista questo platonismo. La Spagna, patria del - filosofia era stata vinta. Adesso ciascuna formulerà le proprie nuo-
)'Lnmacolata Concezione, non produce una sola immagine di vergine plato- ve esigenze, curiosamente trasfuse. Per quanto riguarda il cristia-
nica. Los Purfsimos di Ribera e MurWo, che avrebbero dovuto essere tale
rappresentazione, sono in realtà qualcosa di molto diverso. Non è questo il
luogo per approfondire tali argomenti , sebbene si trani di cose nient'affano l Con quest'ultimo pensiero, la sottoscritta, da un po' di tempo a questa par-
estranee alla poesia. te, non è molto d'accordo.

90 91
Morlo Za1llbrOllO Filosofia e poesill

nesimo, un mistero, quello della creazione - volontà e libertà di- Auronomia della persona umana. In verità, in precedenza,
vine, infinite -, emergerà come tema centrale, ossessivo. Sul ver- solo qualcuno aveva goduto del privilegio di determinarsi da sé: la
sante della filosofia, saràanno invece l'esistenza umana, e subito divinità in persona. Adesso sì che l'uomo era dawero a immagine
dopo l'esistenza umana individuale, a cercare di farsi largo, po- e somiglianza di Dio, così a immagine da non esser più tale, cioè
nendosi addirittura come fondamento di tutta quanta la realtà. immagine nel senso di riflesso, copia, traccia, ma da essere proprio
E dato che cristianesimo e filosofia erano inesorabiLnente in- come prima si era concepito Dio, libero e creatore. Creatore.
trecciati, le loro rispettive tensioni si fusero. La creazione divina Quesro era, a quanto sembra, il programma del pensiero;
- volontà e libertà - rimarrà al fondo di ciò che si è definito me- programma francamente religioso. La ragione procedeva nell 'al-
tafisica. Dapprincipio sul fondo, ma non tarderà molto a salire in veo di una smisurata ambizione religiosa. L'uomo voleva essere.
superficie, manifestandosi in tutta la propria pienezza: da Kant (il Essere creatore e libero. E continuando: essere unico. Sono i pas·
Kant della Ragion pratica) a Fichte, a Schelling, fino ad arrivare a saggi, senza dubbio decisivi nella storia moderna, di ciò che chia-
Hegel, in cui la tensione religiosa trova un corrispettivo esatto miamo Europa. E la sua angoscia e tragedia.
nella ragione. In Hegel, la ragione, all'altro estremo di Platone, fa La metafisica della creazione. Nulla di più naturale che all'in-
anche teologia. Forse non sarebbe azzardaro designare questa terno di essa la creazione artistica abbia un suo spazio e perfmo
stagione del pensiero filosofico col nome di "metafisica della uno spazio centrale, perché, dopotutto, l'atto di creazione è un
creazione" . dar forma, cioè un atto estetico. Al centro di questa metafisica vi
Nell'ordine della conoscenza si vuole trovare il fondamento è, come si vede non appena ci avviciniamo ad essa, l'azione. L'a-
della scienza, vale a dire di quella conoscenza che già si possiede, zione cbe procede dalla volontà e sfocia nell'atto di dar forma. La
ma che va posseduta fino alle sue radici ultime, non essendo suffi- nozione di arte non solo verrà ammessa, ma sarà addirittura cen-
ciente, a quanto pare, il suo puro e semplice possesso. Si tratta, ef- trale, in qualche modo defmitiva, all'interno di questa metafisica
fettivamente, di una conoscenza ambiziosa. Giacché arrivare al della creazione. L'atto creatore per antonomasia, in cui si mostra
fondamento della conoscenza significa saperne tanto delle cose, l'identità di ciò che appariva separato da un abisso: lo spirito e la
che se anche le avessimo create, non ne sapremmo di più. È cono- natura. L'arte, ILLngi dall'essere fucina di ombre e fantasmi, è la ri -
scere daUa radice stessa dell'essere. È conoscere in modo assoluto. velazione della verità più pura, è la manifestazione dell'assoluto.
Ma tale conoscenza implica , naturalmente, che l' uomo stesso Non è l'aspirazione ad eternare il contraddittorio, ma è la mani-
sia situato come termine ultimo, fondamento dell 'essere delle festazione più immediata dell'identità. L'arte, in questa metafisi-
cose. L'uomo è il soggetto di una conoscenza fondante. Da que- ca che si concretizza - fin dove è possibile che una metafisica si
ste premesse, non si poteva che arrivare all'autonomia della co- concretizzi - in Schelling, svolge una funzione che è parte della
scienza di Kant: chi deve determinare l'uomo stesso e dove ritro- creazione divina stessa. Le forme dell 'arte sono copia diretta, ri -
vame il fondamenro? L'essere non è più lo stesso dei tempi della velazione immediata delle idee divine, delle idee che hanno pre-
Grecia, né quello del Medioevo, non è più visto come qualcosa in so parte alla creazione. Dice Heimsoeth: "Le idee eterne o le au-
cui il mio essere, il mjo essere peculiare} è contenuto, quantunque tointuizioni di Dio - anteriori, come la stessa identità assoluta, ad
in modo diverso dalle altre cose. Ormai, l'essere non è indipen - ogni anragonismo del soggettivo e dell'oggettivo, del naturale e
dente da me, poiché, a rigar di termini, solo in me stesso lo tro- dello spirituale - sono gli archetipi di tutte le realtà che si dispie-
vo, e le cose hanno il loro fondamento in qualcosa che sono io a gano in gradi e differenze, sono le forme delle cose così come esse
possedere. Solo la persona umana rimarrà esente, libera, in se sono nell'Assoluto; sono le vere e proprie cose in sé". E questa è
stessa fondata. la grande funzione metafisica dell' Arte: presentare in concreto

93
Maria Zmllbral10 Filosofia e poesia

queste Idee in immagini fedeli e nello stesso prodotto sensibile, E cosl, poeti e pensa tori del Romanticismo ci passano davan -
infinito. Senza saperlo, il genio artistico rivela "l'interno di que- ti oppressi da un'opera gigantesca, di vaste dimensioni . Ciò che
sta natura felice in cui non c'è nessuna opposizione". "Le forme si offre loro è inesauribile. Devono creare l'universo. Non un
dell'arte sono le forme delle cose in sé e come esse sono negli ar- istante di riposo, nemmeno una piccola tregua . Oggi li vediamo
chetipi", e cosl conclude nello stesso paragrafo: "Le idee che la dawero come in una nube di fuoco, sospesi tra cielo e terra.
filosofia riesce ad interpretare solo nel sistema astratto, si fanno Troppo visibili per essere identificati col creatore, ma al di sopra
oggettive per mezzo dell'arte come aninle di cose reali "'. deUa terra. Non solo il creatore, ma la loro figura si trova in que-
Non sarebbe stata possibile una rivendicazione più profonda, sta atmosfera rarefatta dove, non essendoci più corpi, non ci sono
più totale dell'arte, a partire dalla filosofia. Inevitabilmente, essa limiti ed è possibile credere che si stia in vari luoghi indistinta-
si è data in un pensatore platonico aU'interno di quell'antiplato- mente, in vari luoghi nello stesso tempo.
nismo che è tutta la metafisica moderna. Metafisica della creazio- li poeta dell'epoca che più si eleva è il francese Victor Hugo,
ne, della volontà e della libertà, pertanto sempre più sganciata sebbene sia in Germania, la Germania della filosofia, che fiori-
daU'eredità platonica. Contemplazione dell'unità dell 'essere, sce lo splendore romantico del gruppo di Jena, e di un Novalis
contemplazione amorosa, amante dell'unità del mondo al di là di e un Hiilderlin . Questi ultimi hanno l'aria di dèi incompiuti,
ciò che scoprono gli occhi della carne. come giovani dèi esiliati. Victor Hugo, invece, è un profeta che
Questo pensiero di cbelling corrisponde, come è noto, al realizza le sue profezie; si direbbe che passi il tempo profetiz-
Romanticismo. Nel Romanticismo, poesia e filosofia si abbrac- zando se stesso. Siffatto tempo di giganti non poteva durare
ciano, arrivando in alcuni momenti a fondersi con furia appas- molto. Dopo l'ultima generazione romantica, abbiamo una cor-
sionata; come amanti da lungo tempo separati che s'incontrino rezione di rotta. A Victor Hugo succede Baudelaire. E a chel-
presentendo che la loro unione non sarà duratura, si fondono con ling, Kierkegaard . Si direbbe che questi due successori, che
quella passione che precede la morte (non abbiamo ritenuto ne- avrebbero meritato di essere coetanei, portino una cosa essen-
cessario soffermarci sul luogo privilegiato che la poesia e le arti ziale: misura , coscienza. L'uomo tra nubi di fuoco scende sulla
della parola, in genere, occupano nella metafisica dell'arte, privi - terra, apre gli occhi e si ritrova ad essere uomo. Uomo che vive
legio nel privilegio). Tanto la poesia quanto la filosofia, allo stes- nell'atmosfera della creazione, ma come creatura, non come ar-
so modo estremiste, tendono a straripare e, se non aspirano al- tefice. E già hanno coscienza del loro peccato, coscienza acumi -
l'assoluto, è solo perché pensano di esservi già dentro. Entrambe nata, esacerbata, come e alla perenne coscienza del peccato ori-
sentono se ste se come una rivelazione trascendentale. Tutto in ginale se ne aggiungesse un'altra di più recente conio. La co-
esse si scrive a lettere maiuscole, in questo momento d'ebbrezza scienza del recente peccato, del peccato romantico, è chiarissi-
in cui sembrano fondersi tutte le barriere. La coscienza si è sfu- ma e dolorosa in questi due geni dalla coscienza vigile, in questi
mata, ma senza dubbio toccano qualcosa di divino. Toccano quel due animi che non si concedono neppure un istante di distra-
divino che in entrambe eccede le umane forze e sotto il cui peso zione. I due sono, o quantomeno appaiono, arbitrari e distacca-
croUano. La loro luce, la luce di cui dispongono, nella loro co- ti dagli uomini . Almeno è questo che la loro personalità sem-
scienza umana, non basta a ridurre a ragione, a misura, tutto il te- brava suggerire a coloro i quali ebbero la fortuna, annullata dal-
soro di cui si vedono inondate. la cecità, di incontrarli e di conviverci. Arbitrarietà; ma quanta
esattezza, quanta inesorabilità nel giudicare la vera situazione in
.. H. Heirn soeth, La metafisica moderna, in «Revisc8 de Occidenle», Madrid cui si trovavano semplicemente come uomini. Quanta onestà nel
1939. distinguere il sogno dalla realtà, nel discernere il momento del-

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Maria Zambrollo Filosofia t! poesia

la caduta irreparabile che, una volta per sempre, ci colloca "da luogo nel Romanticismo. Scoprire ciò che veramente accadde e
questa parte" della creazione. ricavame il senso.
In questi due pensa tori - nessuno dubiterà del farro che Bau- È infatti in quest'epoca che pensiero e poesia si disgiungono
delaire lo è stato -, in questi due poeti - non c'è bisogno di di- e si ignorano. Ed è in questa medesima epoca che, per la prima
mostrare che Kierkegaard lo fosse -, ciò che ha luogo, in verità, è volta, la poesia risponde all'atteggiamento imperialistico del pen-
una purificazione. Essi fanno pulizia delle precedenti ebbrezze e siero filosofico con un atteggiamento analogo, aspi rando anch'es-
riportano le cose alle loro giuste dimensioni . Entrambi quasi sa all 'identico potere e ponendosi come assoluta.
scientifi ci nel loro desiderio di precisione. Fin dall'inizio si deli- La poesia ha acquisito coscienza in questa che è l'era della co-
nea in loro, pensatori e poeti al tempo stesso, la distinzione tra scienza. TI poeta va conquistando sempre più coscienza di sé e del-
poesia e metafisica. La luce si è fatta di nuovo, torniamo alla ter- la propria poesia. Per la prima volta teorizza sulla propria arte e ad-
ra. Ritorniamo, e vediamo che le cose sono dove effettivamente dirittura ri/]ette sulla propria ispirazione. TI poeta romantico vero
sono, non dove in un raprus per un istante abbiamo voluto che e proprio - Novalis, Victor Hugo - pensa a partire dalla propria
fossero, credendoci più che uomini . Pur supponendo che rutto ispirazione. TI poeta che gli succede - Baudelaire - interpreta la
ciò che dicono i romantici sia vero, sarà vero per loro nell'istante propria ispirazione come lavoro. "L'ispirazione è lavorare curti i
di ispirazione, non per quelli che sono solo uomini, creature crea- giorni ". TI poeta non si sente più, o non vuole più sentirsi, trasci-
te, dotate di libertà, ma di una libertà ben fissata all'interno del- nato, alla mercé del delirio che lo possiede. La cosa è tanto più si-
la più perentoria necessità. Esseri liberi, ma incatenati nell'esi- gnificativa in quanto chi adesso pensa così è il medesimo che dice-
stenza da molteplici legami , e soprattutto dalla catena del tempo. va "dovete ubriacarvi senza tregua [ .. .] di vino, di poesia, di
Entrambi, Baudelaite e Kierkegaard, sono portatori di co- virtù ... che importa! ", oppure "dappertutto, purché sia fuori dal
scienza. Coscienza della poesia in Baudelaire, in modo quasi ec- mondo! ". In questo caso bisognerebbe distinguere tra l'ispirazio-
cessivo. Coscienza della poesia in cui si dà la coscienza della sua ne poetica e ciò che l'uomo Charles Baudelaire, vissuto in epoca
finitezza e, ancor più, la coscienza del peccato. Baudelaire, su- positivistica, pensava. Le sue idee corrispondevano in pieno a
perbo ed umile, superbo che cede all 'umiltà, si autodefinisce pec- quelle del tempo: primato del lavoro, dominio totale deUa coscien-
catore. Ma peccatore che spera, a causa della poesia, che il Crea- za. Vanno ben oltre, invece, per ciò che concerne il processo di av-
tore gli abbia riservato un luogo nel proprio giardino. Un pecca- vicinamento a una poesia cosciente di sé, vanno ben oltre, in par-
tore che spera di salvarsi come poeta: come figlio. ticolare, nel caso specifico della felice unione tra ispirazione e sfor-
È attraverso questi pensatori-poeti, portatori entrambi di una zo, tra "poeta vate" e "poetafaber"; in tal senso Baudelaite realiz-
coscienza implacabile, che pensiero e poesia di nuovo si disgiun- za pienamente ciò che aveva attribuito al suo nume tutelare, Edgar
gono. Non torneranno più a ricongiungersi davanti ai nostri oc- Allan Poe, cioè l'aver "sottomesso alla sua volontà il demone fug-
chi. L'idea della creazione non è stata in grado di forgiare un 'u- gitivo degli istanti felici" (Nauvelles his/aires ex/raardinaires ).
nione durevole tra poesia e pensiero. L'abbraccio, come avevamo E in questo percorso di poesia cosciente, Paul Valéry, col suo
preannunciato e come già presentivano coloro i quali s'abbrac- culto deUa lucidità, compie un passo decisivo e realizza forse l'i-
ciavano, fu breve come un lampo. Forse occorrerebbe un'accura- dentificazione più totale di pensiero e poesia che si sia mai vista
ta indagine, per capire meglio cosa c'è stato di veramente auten- dal versante della poesia. La poesia ha cessato di essere un sogno:
tico in quel lampo. È molto probabile che uno dei nodi essenzia-
li da sciogliere per i poeti e - perché no? - anche per i fil osofi ri- La véritable condition d'un véritable poète est ce qu'il-y-a
guardi proprio quell'unione tra poesia e filosofia che ha avuto de plus distinct de l'état de reve. Je o'y vois que recherches vo-

96
Maria Zambrano Filosofia e poesia

lontaires. assouplissement de pensées, consenre.ment de l'fune ro siano divenute due forme di azione e per tal.e morivo più che
à de gens exquises et le triomphe perpétuel du sacrifice. [ ... ]. mai si escludono e si ignorano.
Qui dil exactitllde et style invoque le contraire du songe. È assoluramente vero che il poeta abbia la propria etica già
nella realizzazione della poesia. Etica cbe consiste nello star sve-
Chi dice esattezza e stile invoca il contrario del sogno; il so- gli ; il vegliare persistente, il sacrificio perenne per ottenere la
gno resta alla radice della poesia, ma la novità consiste nel fatto chiarezza al limite sresso del sogno. Anche Paul Valéry lo dice
che ora, per la prima volta, si pone in evidenza lo sforzo infinito espressamente:
che bisogna compiere per dare espressione al sogno stesso; final-
mente il poeta confessa ciò che per secoli ha taciuto: il lavoto. C'est dans le point que la lirtérature rejoilll le domaine de
Perché "ce n'est pas des absences et des reves que l'on impose à l'éthique: c'est dans cet ordre de choses que peur s'y inr rod lli ·
la parole de si précieux et si rares ajustements" . "Celui -Ià meme re le connit du naturel et de l'effort; qu 'eIle obrient ses héros
qui veut écrire son reve doit d'etre infiniment éveillé". Non si è et ses marryres de la résistence au facile (Varieté, [1).
certo inaridita la radice del sogno nella poesia, perché in tal caso
si sarebbe estinta la poesia stessa, ma il poeta ha acquisito una il poeta si mantiene vigile tra il suo sogno originario - la ra-
consapevolezza via via crescente della poesia; il suo sogno è dive- dice nebulosa - e la chiarezza cbe si esige. Chiarezza cbe è lo stes-
nuto cosciente, preciso il delirio. so sogno ad esigere, poiché l'aspirazione del sogno è quella di
Questo accade perché il poeta si afferma nella propria poe- realizzarsi e lo può fare solo artraverso la parola poetica. il poeta
sia. Baudelaire, Valéry, definiscono e al tempo stesso realizzano è il martire che sacrifica la propria vira alla poesia. Avrà forse an-
la "poesia pura" . Poesia pura significa affermare la poesia, cre- cora bisogno d'altro per giustificare e perfino santificare i propri
dere in essa, alla sua sostantività, alla sua solitudine, all.a sua in - giorni?
dipendenza'. La situazione è quindi completamente mutata, rispetto ai
E la "poesia pura" afferma, dal versante opposto del Roman- tempi della Grecia. il poeta non è più fuori dalla ragione, né fuo-
ticismo ma con maggiore profondità, con maggiori diritti, po- ri dall 'etica; ha la propria reoria e la propria erica, da lui stesso
tremmo dire, che la poesia è tutto. Tutto, naturalmente, in rela- scoperte, non dal filosofo . il poeta è, è tanto quanto può essere
zione alla metafisica; tuno, relativamente alla conoscenza; tutto, chi fa metafi ica. Entrambi fanno qualcosa di essenziale, che sem-
per ciò che conceroe la realizzazione essenziale dell' uomo. Al bra essere sufficiente a se stesso.
poeta è sufficiente far poesia per esistere; è la forma più pura di Tuttavia, se poeti e metafisici hanno pretese identiche, è per-
realizzazione dell'essenza umana. ché, parrendo da un punto comune, scelgono differenti percorsi.
Sarà proprio questo modo di legare insieme poesia e pensie- E il percorso non è mai arbitrario, dipende dal punto di parten-
ro a rendere estremamente problematica, per non dire impossi- za e da ciò che si vuole realizzare e salvaguardare. Due percorsi
bile, la riconciliazione tra poesia e metafisica. Percbé il poeta sono due verità e anche due diversi e d ivergenti stili di vita. Se
puro non ne ha più bisogno. E sull'altro versante, anche il filo- ammertiamo l'identità dell' uomo, l'uomo che fa poesia e l' uomo
sofo moderno crede di realizzare l'essenza dell ' uomo attraverso il che fa metafisica non possono muovere da una situazione radi-
proprio pensare metafisico. Si potrebbe dire che poesia e pensie- calmente diversa; devono avere, almeno inizialmente, un punto in
comune. Partendo da questa radice comune, arriverà un momen-
to in cui qualcosa, una disgiuntiva, comporrerà la necessitò di SC('
, Si veda il secondo paragrafo delle NOie, p . .129. glie re. E in virtù di rale scelta, le strade si separa no.

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Maria Zambrano Filosofia e poesia

Al fondo di tutta l'epoca moderna, sembra risiedere una sola dalle cose, dall 'essere che un tempo si supponeva indubitabile.
parola, una sola aspirazione: voler essere. L'uomo vuole essere, Scoperta del soggetto, intimità dell 'uomo con se stesso, possesso
prima di ogni altra cosa. Cieco, prima ancora di preoccuparsi di di sé e diffidenza per ciò che lo circonda. La verginità del mondo
aprire gli occhi, vuole ciecamente. E quando guarda è per essere. si era decomposta e non la si sarebbe più recuperata.
Per questo non vuole vedere altro se non l'assoluto. La sua sete Perduta la verginità del mondo e delle cose, la ragione, diffi-
d'assoluto può essere saziata solo dall'assoluto. Tuttavia non si dente e distante, si auto-afferma con una rigidità e UD "assoluti-
mette alla sua ricerca, dal momento che, in qualche modo, l'asso- smo" del tutto nuovi. La ragione si affermava rinchiudendosi , per
luto già respira in lui. In realtà, l'uomo di quest'epoca non si sen- cui , in seguito, Don potrà trovare altro che se stessa.
te affatto incompleto, non sente il bisogno di uscire alla ricerca di Da qui l'angoscia. L'angoscia che questa metafisica proietta
qualcosa, niente gli manca. Ma al di sotto del suo "assoluto · c'è come sfondo ultimo; come ultima rivelazione della sua radice,
- oceani di nulla -, cieca, indifferente, l'angoscia. E sull'angoscia, che definisce l'atteggiamento umano da cui sono usciti sistemi di
gli alti muri del sistema. pensiero superbi e chiusi . Forse tutto ciò è arbitrario, ma sembra
L'angoscia sembra essere la radice originaria della metafisica. che esista una correlazione profonda tra angoscia e sistema, come
E in quanto radice, la si coglie meglio nella sua formulazione fi - se il sistema fosse la forma che assume l'angoscia quando vuole li-
nale che non nella sua fase iniz.iale, più nell'approdo che nell'ori - berarsi di sé, la forma che adotta un pensiero angosciato quando
gine. Già questo suo carattere ci avverte di una certa sua affinità vuole affermarsi e stabilirsi su tutto. Ultimo e decisivo sforzo di
con la volontà e con l'azione. Quando è giunta a compimento, l'a- chi, naufragato nel nulla, può contare solo su se stesso. Non aven-
zione si delinea con più chiarezza che nel suo impulso iniziale. Lo do nulla a cui aggrapparsi, potendo contare soltanto sulle proprie
stesso accade con la volontà, che si mostra nella propria pienezza forze , si è dedicato a costruire, a edificare qualcosa di chiuso, di
quando ha raggiunto ciò che si era prefissata e non quando, an- assoluto, di resistente. A colui che è angosciato solo il sistema può
cora avvolta nelle nebbie sentimentali e nelle maschere dell'intel- offrire sicurezza: castello di ragioni , muraglia impenetrabile di
letto, avanza con cautela. pensieri invulnerabili che s'affaccia sul vuoto.
La metafisica moderna, vale a dire la metafisica europea , dal L'angoscia non si risolve se non con l'attività. Non conduce
volto così diverso da quello della filosofia greca, ha questo modo alla contemplazione, ma ad un pensiero che è azione, a un pen-
guardingo, un po' astuto, di procedere. Paragonata alla filosofia sare che si mette in movimento perché è l'unica cosa che possa
greca, appare con chiarezza la sua assenza di trasparenza, il suo fare un essere angosciato, pe rché è l'unica cosa di CtÙ dispone per
modo così diverso di apparire e rivelarsi . Si potrebbe dire che la confermarsi. L'angoscia era l'inesorabile punto terminale del
filosofia greca ha mostrato fin dagli albori la pienezza dei propri dubbio cartesiano.
caratteri, rivelandosi a se stessa con l'ingenuità di ciò che nasce; Creatura cosciente e nulla più. Come in W10 sviluppo paral-
avanzava fiduciosa , senza avere coscienza delle difficoltà e nep- lelo, man mano che il "cosciente" si afferma, ponendosi come
pure del peccato. Avanzava con la forza della speranza unita alla fondamento di tutto, cresce proporzionalmente il "nulla più ". La
ragione. Era un'aurora. solitudine va sempre più al fondo, si estende sempre di più e alla
La metafisica europea è figlia della diffidenza, del sospetto, e fine l'angoscia appare. L'isolamento totale, l'isolamento di fronte
invece di guardare verso le cose, di interrogarsi sull'essere delle a tutto e subito dopo l'azione.
cose, si ripiega in un movimento di presa di distanza che è il dub- Tuttavia l'angoscia non è soltanto conseguenza della solitudi-
bio. TI dubbio è già nel "padre". In Descartes vi è il ritorno del- ne, dell'essere "cosciente e nulla più" , ma è il principio della vo-
l'uomo, convertito in soggetto, a se stesso. È l'allontanamento lontà. O forse c'è angoscia perché c'è già un principio di volontà.

100 10J
Maria Zambrano
Filosofia (! poesia

Quel che è certo è che l'angoscia implica la volontà. La volontà to che siamo noi preposti a dargliela. Non c'è pericolo nell'ango-
esige solitudine, è anticonremplativa. È singolare, rifugge dalla scia del poeta, né minaccia alcuna, ma soltanto timore, il "santo
comunità. timore" ch e ci viene dal sentirci obbligati a qualcosa che, solle-
il sistema è, in tal modo, la forma dell 'angoscia e la forma del vandoci al di sopra di noi stessi, ci condanna ad essere più che
potere. La forma della comunicazione, dell'ostinata solitudine. uomini. Dice il fen omenologo Kolnai nel suo studio El Asco 7 cbe
La poesia, per la verità, vive appartata. Potere e volontà non "il concetro di angoscia è inseparabile dal concellO di minaccia,
le interessano, né entrano nel suo ambito. La coscienza in essa pericolo, necessità di salvarsi o di soccorso". E il poeta, in verità,
non significa potere: è questa la differen za più significativa. quando vive l'angoscia della creazione, non si sente il suo salva-
Quando la poesia parlerà di etica, parlerà di martirio, "di sacrifi- tore. È la parola che si salva mediante il poeta e se anche il poeta
cio". La poesia soffre il martirio della conoscenza, subisce per lu- si salva, è solo perché è stato dellO che "chi perde la sua vita la
cidità, per veggenza. Subisce, perché poesia continua ad essere guadagnerà " e "tutto il resto vi sarà dato come un di più ".
mediazione e in essa la coscienza non è segno di potere, ma ne- Scrive ancora Kolnai nello studio citato che
cessità ineludibile affinché una parola arrivi a com pimento. H a
bisogno di chiarezza per far sl che ciò che vagola nelle nebbie si il modo intenzionale dell'angoscia è duplice. L'angoscia si ri-
fissi e precisi, acquisendo "numero, peso e misura". ferisce, simultaneamente, a due oggetti completamente indi-
La poesia non va alla ricerca delle cose che hanno già "nu- pendenti: l'oggetto che produce l'angoscia e la persona o sog-
mero, peso e misura". Non va, come la filosofia, a scoprire le leg- getto che la prova. l o provo angoscia alla vis ta di un pericolo
gi del "calcolo in base al quale Dio ha fatro il mondo ", le leggi che mi minaccia o all'idea di esso ma, evidentemente, solo in
della creazione, ma si mette alla ricerca del numero, peso e misu- relazione a me stesso, alla mia persona.
ra di quelle cose che ancora non ce l 'banno6. Per questo è soffe-
renza e sacrificio. È creazione, insomma. È sapersi ispirata, in vo- Pertanto, ciò che si evidenzia nell'angoscia è la persona: è
cazione, impeto divino. È giustizia caritativa; mano tesa verso ciò questa che prova angoscia per farsi largo. La persona non è altro
che 11011 è riuscito ad essere, affinché alla fine sia. Continuità del- da ciò che Kierkegaard ha definilO "spirito ". Potremmo afferma-
la creazione. re che il farsi largo della persona è un distaccarsi dalla natura e da
Non può volgere al sistema come la metafisica, nata dal- ogni immediatezza, per IOrnare a sé. Questo è l'avvenimento de-
l'angoscia, perché non può starsene rinchiusa. Il giorno in cui si cisivo della filosofia moderna.
definirà, quello sarà il giorno finale della creazione. Della crea- L'angoscia sembra giacere al fondo di tutta la filosofia e, più
zione che, per la poesia, segue il suo corso. che giacere, si attualizza , si mette in molO all'interno del pensie-
Anche nella poesia c'è angoscia, ma è l'angoscia che accom- ro filosofico moderno, come è possibile verificare io Kierkegaard
pagna la creazione. L'angoscia che deriva dallo stare di fronte a e in Heidegger, che sembra essere l'erede di tutta la filosofia te-
qualcosa cbe non scopre la sua forma davanti a noi, dal momen- desca a partire da Kant. Ciò che più turba nel "fatto" della filo -
sofia esistenzialista di Heidegger, a parte il suo "successo" , è che
sembra provenire da una tradizione e non presentare il minimo
6 "Sì, l'inattualità. Vivere perennemente una vita fatta di dopo o di mai, ~ra~
monto di quesro porto [ . .. ]. Uscire livide, in mattine di piogge, di ba1h dI
ca rattere di estraneità. Talmente innervata nella tradizione meta-
città che ancora non sono nel tempo [, .. 1 Sospiri doppi al giardino, per ga1-
Ieri e che ancora sono roccia, nel canto di allodole che ancora sono sogno"
O.R ] iménez, Inverosimilitud). 7 «Revista de O ccidente», Madrid 1929 .
Marta Zambrallo Filosofia e poesia

fisica tedesca da apparire la rivelazione del suo ultimo segreto. sogname: in quanto è presente esso è, in un certo senso, una
Almeno è con tale carattere che si presenta storicamente. forza ostile, perché disrurba continuamente il rapporto tra l'a-
La persona, lo spirito. Queste due parole ne suggeriscono nima e il corpo [p. 531 .
una terza: la volontà, cioè il potere. E così appare senza alcun
dubbio nella stessa filosofia. D 'altra parte esso è una potenza amica, appunto perché vuo-
L'immagine dell'angoscia e della sua immediata conseguenza, le costiruire il rapporto. Qual è, dunque, il rapporto dell'uomo
il potere, è disegnata in modo insuperabile da Kierkegaard nel con questa potenza ambigua, il rapporto dello spirito con se stes-
suo libro classico, Il concetto dell'angoscia. Così scrive nel capi to- so e con la sua condizione? Esso si rapporta come angosc.ia. Li-
lo omonimo: berarsi di se stesso non è possibile per lo spirito; afferrare se stes-
so non gli è neppure possibile finché esso trova se stesso fuori di
L'innocenza è ignoranza. NeU'innocenza l'uomo non è deter- sé; lasciarsi sprofondare nella vita vegetativa non è possibile per
minato come spirito, ma è detenninato psichicamente nell'u- l' uomo, perché egli è determinato come spirito; fuggire l'angoscia
nione immecliara colla sua naturalità. Lo spirito nell'uomo è non può, perché l'ama; amarla propriamente non può, perché la
come sognante. [. .. ]. In questo stato c'è pace e quiete; ma c'è, fugge.
nello Stesso tempo, qualcos'aluo che non è né inquietudine né
lotta, perché non c'è niente contro cui lana re. AUora, che cosa Non c'è nessuna conoscenza del bene e del male, ma l'inte-
è? TI nulla. Ma quale effe((o ha? TI nulla. Esso genera l'angoscia. ra realtà di sapere si proietta neU 'angoscia come Pimmenso
Questo è il profondo mistero dell'innocenza: essa nello stesso nulla dell'angoscia [p. 53].
tempo è angoscia. Sognando lo spirito, proietta la sua propria
realtà; m. questa realtà è il nulla, questo nulla l'innocenza lo Ignoranza del bene e del male, ignoranza dell'esistenza, che
vede continuamente fuori di sé. Vangoscia è una determinazio- appare nella pienezza delle sue possibilità, come wl'ombra che
ne dello spirito sognante e come tale appartiene alla psicologia. popola di presentimenti infiniti il candore d eserto deU' innocen-
Nella veglia la differenza tra l'io e l'altro da me è posla; nel son- za. In seguito (Kierkegaard segue il testo della caduta di Adamo
no è sospesa; ncl sogno è un nuUa accennato. La realtà dello spi· ed Eva secondo la Genesi) una parola soltanto scarica l'angoscia?
rito si mOStra continuamente come una figura che tenta la sua Scrive Kierkegaard a continuazione di quanto sopra riportato:
possibilità, ma appena egli cerca eli afferrarla, essa si dilegua;
essa è un nulla che può soltanto angosciare [p. 50]'. Il divieto angoscia Adamo, poiché il divieto sveglia in lui la
possibilità della libertà. Ciò ch'era rimasro fuori dell'innocen ·
Tutto ruota intorno all'entrata in scena dell 'angoscia. L'uomo za come il nulla dell'angoscia, è entrato ora dentro di essa Stes-
è una sintesi di psichico e corporeo, ma tale sintesi non è pensa- sa e qui è eli nllOvo un nulla, cioè la possibilità angosciante eli
bile se i due elementi non si uniscono in un terzo. Questo terzo è potere. Cosa sia ch'egli può, egli Don ne ha idea alcuna; altri-
lo spirito. menti si presupporrebbe, come avviene eli solito, quel che se-
gue, cioè la differenza fra il bene e il male. Soltanto la possibi-
Lo spirito, dunque, è presente, ma come immediato , come lità di potere c'è come la forma più alta dell'ignoranza, come
l'espressione più alta dell'angoscia; perché, in un senso più
8 [l brani di Kierkegaard citati nel tesco sono ripormti nella traduzione di C. alto, questa possibilità è o non è, perché egli, in un senso più
Fabro per Sansoni, Firenze 1965] . alto, l'ama e la fugge [p. 54].

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Morto Za",brono Filoso/ia e poesia

E poche righe più avanti: verte altro; nessun reale determinato che con la sua presenza lo
incanti, lo incateni. E c'è chi s'incatena per l'incanto di una pre-
La possibilità infinita di potere, che svegliò iJ divieto, ora si senza , per Pamore; eè chi s'incatena rinunciando o non perce-
avvicina di piLI per il fano che questa possibilità manifesta pendo neppure l'infinitezza del potere. Quest' ultimo è il poeta. li
come sua conseguenza un'altra possibilità [p. 55). poeta è incatenato dall ' incanto e non arriva alla concretizzazione
del potere.
Sogno. Angoscia di fronte alla totalità presentita, di fronte al- Nell'angoscia, dicevamo, si fa largo la persona. Lo "spirito" ,
l'infinito della libertà. E caduta nel potere ... So bene che Kierke- dice Kierkegaard; l'"esistenza ", dice H eidegger. Ma in che
gaard non usa la parola potere nel senso di dominio, ma nel sen- modo? Se il poeta non segue il cammino della filosofia , vuoI dire
so della possibilità di un essere che si sveglia nel momento in cui che la persona, lo spirito, si siano sospesi? Vuoi dire forse cbe la
cade, cioè che cade nella stessa esistenza dal sogno innocente in poesia proviene da un'epochè della persona ? Ma può l' uomo ri-
cui giace, mentre ancora non è lui; mentre aJ1Cora non è uscito dal nunciare ad essere persona?
seno di Dio o del nulla. Angoscia; presentimento all'interno del Non sarà che colui che segue il cammino del'!a poesia non ac-
nulla, della caduta della propria esistenza, del destarsi nel pecca- certi di essere persona se non in modo diverso da quello del fùo-
to dell'essere se stesso. Lo vita è sogno ce lo dice più chiaramen- sofo, cioè attraverso la volontà? Non sarà che il poeta ha scelto la
te, o almeno più plasticamente, con la sua immagine centrale del- strada della conoscenza? Se per conoscenza intendiamo ciò che
la vita come sogno (tutto è sogno, tranne il "ben operare che non s'intendeva in Grecia e ciò che intende l'uomo non idealista, il
va perduto neanche in sogno") . Ma nel poeta la vita è il sogno, e conoscere qualcosa che è, ossia il trovar qualcosa, un essere che
nel filosofo il sogno è l' innocenza e la caduta il destarsi alla li - ci oltrepassi, che sia più di noi; un essere che ci vinca innanlO-
bertà. In entrambi la libertà è l'unica cosa reale. randoci, prendendoci a sua volta, per amore. li poeta non vuole
Libertà, oltre che reale, assoluta in Kierkegaard, dato che ri- cogliere l'esistenza per sé, non vuole il proprio essere carpendo-
duce il passaggio biblico ad un accadimento interno all'uomo, e lo al nulla, ma vuole riceveclo "in aggiunta ". li poeta non vuole
le parole di Dio sono da Adamo riferite a se stesso. essere, se non vi è gualcosa al di sopra di lui. Qualcosa al di so-
pra di lui, che lo domini, senza che ci sia stata alcuna lotta, che lo
Potrebbe sembrare troppo audace far risalire l'origine della vinca senza umiliarlo, che lo abbracci senza annientarlo. Non può
poesia ad un avvenimento cosl decisivo, cosl al fondo della narura acceltare un'esisten za solitaria, ai margini del vUOtO; un 'esistenza
umana, che non vi è scienza capace di coglierlo, né di misurarlo. strappata grazie alla sua sola volontà.
Ma la poesia non è per nulla arbitraria e chi è poeta lo è perché Né Kierkegaard, né nessUDO di coloro che hanno parlato di
obbligato ad esserlo, esattamente come il filosofo o lo scienziato: angoscia, segnalano il momento dell'amore. Non appare che il ti-
la poesia appartiene a quel tipo di occupazioni umane che si in- more. E non c'è amore perché non c'è neanche alcuna presenza,
traprendono per una sorta di destinalità inevitabile. li poeta è. alcun volto. L'infmitezza del potere e della libertà senza limite al-
TI sogno dell' innocenza. E l'angoscia come possibilità della li- cuno, perché il limite dovrebbe esser posto da qualcosa, da qual-
bertà. Fin qui la poesia cammina insieme a qualsiasi altra forma che altra cosa. Nell 'angoscia, non esiste l'altro.
di esistenza umana . La distinzione si renderà però necessaria un Nell 'angoscia del poeta sì, esiste già gualcosa che egli si vede
attimo dopo, nell 'istante dell'apparire del potere. C'è chi scopre forzato a creare, perché si è innamorato della sua presenza senza
l'infinitezza del potere, della possibilità, e se ne fa carturare. Ade- vederla, e per vederla e gioirne la deve cercare. TI poeta è inna-
risce a tale potere, a tale infinita possibilità, forse perché non av- morato della presenza di gualcosa che non ha e poiché non la

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Morfo Zambra1lo Filosofia e poesia

possiede, deve attrarla a sé. Kierkegaard cita l'idea schellinghiana voca l'innamoramento, alla ricerca del "numero, peso e misura"
in base alla quale l'angoscia designerebbe in primo luogo le sof· dell 'indeterminato, dell'indefinito. La poesia desidera e ha biso·
ferenze di Dio prinla di cominciare a creare. E non senza ironia gno di chiarezza e precisione. Una poesia che si contenti del vago
cosÌ commenta: fantasticare sarebbe (Valéry ba pienameme ragione) un contro·
senso. Per definire il sogno verginale dell'esistenza, il sogno del·
A Berlino egli espose ancora più precisamente lo stesso peno l'innocenza in cui lo spirito ancora non sa di sé né del suo pote·
siero, paragonando Dio a Goethe e aJoh. v. MGJJer, che si seno re, la poesia necessita di tutta la lucidità di cui è capace un esse·
civano bene soltanto quando producevano e ricordando, nello re umano; necessita di tutta la luce del mondo.
s[esso [empo, che una felicità che non può comunicare non è TI poeta, poiché non vuole esistere senza altro, senza altro che
una felicità [p. 72] . lo oltrepassi, si volge verso quel luogo da cui proviene. La poesia
vuole riconquistare il sogno originario, quando l'uomo non si era
Ed è nel giusto quando giudica, poche righe più avanti, que· destato nella caduta; il sogno dell 'innocenza anteriore aJJa pu·
ste idee come antropomorfiche. È cosÌ: questa angoscia creativa bertà. Poesia è reintegrazione, riconciliazione, abbraccio che ser·
è propri.a soltanto dell' uomo . Tuttavia, la cosa strana è cbe ra in unità l'essere umano con il sogno da cui proviene, cancel·
Kierkegaard non si sia sentito attratto a riflettere sul significato lando le distanze. La metafisica, invece, è un alIontanamemo co·
dell'angoscia creatrice dei poeti. stante da questo sogno originario. TI mosofo crede che solo al·
E senza angoscia, il poeta non potrebbe percorrere il cammi· lomanandosi, solo immergendosi nell'abisso della libertà, solo ri·
no che ha inizio nel sogno - questo sogno che sottende a ogni manendo fino alla fine se stesso, sarà salvato, sarà. TI poeta crede
poesia - e che è il sogno cbe sottende a ogni vita. TI poeta non sa· e spera di reintegrarsi, di restaurare l'unità sacra dell'origine, can·
rebbe mai uscito da tale sogno d'innocenza , se non grazie all'ano cellando la libertà e la colpa per non averla utilizzata. Sono due
goscia. Angoscia piena d 'amore e non di volontà di potere, che lo movimenti divergenti che non hanno neppure una medesima na·
conduce fino aJJa creazione del suo oggetto. scita, visto che il poeta non è arrivato all'istante della libertà, del
Ne deriva che la metafisica moderna ci appare sempre come potere. Sul limite stesso, retrocede.
monca di qualcosa che le è stato rolto in precedenza. E l' uomo E il cammino non smette di essere parallelo a quello che ab·
che tale metafisica disegna, un po' vuoro, un po' disumanizzato biamo visto prima, in Grecia. Lì la poesia tetrocede di fronte aJJa
o, forse, dedivinizzato [derdivinizodo 9 ] a forza di volersi diviniz· "vio.lenza ", per rimanere aderente alle cose, alla presenza delle
zare. Perché l'ebbrezza della libertà termina con i limiti; e i limi · cose, aJJa prima meraviglia. TI poeta ridotto per sempre allo stu·
ti ce li porta la presenza delle cose, degli esseri, del mondo e del· pore originario di fronte aJJ'universo, di &onte all a sua bellezza e
le sue creature e perfino dell'artefice delle creatute stesse. La li· alla sua luce fugace. Adesso, in questo secondo cammino dell'uo·
bertà assoluta, con l'illusione di disporre interamente di sé, di au· mo , anche il poeta resta indietro; non arriva fino all'abisso della
tocrearsi 'da sé, finisce per cancellare ogni cosa. "L'angoscia è la libertà che conduce ad essere "se stesso ". Nel cuore stesso del ·
vertigine della Libertà" [p. 74]. l'angoscia, indietreggia alla ricerca del sogno originario, per trac·
E la poesia sarebbe la vertigine dell'amore. Preso da tale vero ciarlo. Per tracciarlo e perEorarlo aJJa ricerca del volto amato. TI
tigine il poeta va in cerca di ciò che, senza essere ancora, ne pro· poeta vuole reincontrare il volto che c'era dietro il sogno, la bel·
lezza sernio.scosta nell'innocenza. E utilizza il sapere, la coscien ·
za per precisarlo.
l) [Desdivim'zare è tennine che appartiene aIJa mistica di Juan de la Cruz] , La poesia vuole la libertà per tornare indietro, per reintegrar·

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Marfa lambro/IO Filosofia e poesia

si nel seno da cui proviene; vuole la coscienza e il sapere per pre- troppo dal tema: è mia opinione, infatti, che in Ortega si manife-
cisare ciò che ha solo intravisto. Per questo è melanconia. Me- sti la condizione caritativa del pensiero spagnolo"l.
lanconia che cancella subito l'angoscia. I! poeta non vive pro- La poesia disfa [deshace l anche la storia; la strugge [desvivel
priamente nell 'angoscia, bensì nella melanconia. Essendo indie- percorrendola all'indietro, verso quel sogno originario da cui
treggiato di fro nte al potere della libertà, ecco che l'angoscia spa- l'uomo è stato gertato fuori. Verso la vita verginale, inedita, che
risce. Sparisce quando si annulla il principio del potere e della li- alita in ogni uomo sotto gli accadimenti del tempo. La poesia, che
bertà o, con altro nome, la volontà. nacque in Grecia, teneramente attaccata al tempo senza voler ri-
E rinlane la poesia legata al suo sogno primario amaverso la nunciare ad esso, lo attraversa adesso, lo perfora perché non vuo-
melanconia, melanconia che fa tornare alla ricerca di tale sogno, le staccarsi dal sogno originario, dall' innocenza preistorica. Filo-
per precisarlo, ,·ealizzarlo. La poesia cerca di realizzare l'inno- sofia e storia camm inano insieme, in avanti, mosse dalla volontà,
cenza, trasformarla in vita e coscienza: in parola, in eternità. mentre la poesia s'immerge nel tempo, distaccandosi dagli acca-
Sarà impossibile non vedere che nella poesia viene raggiunta dimenti, alla ricerca del pri.migenio e dell'originario; dell'indi-
un'integrità maggiore rispetto alla metafisica; impossibile non ve- stinto, dove non vi è alcuna colpevole distinzione.
dere in essa il cammino della restaurazione di una perduta unità. I! filosofo affonda in ciò che costituisce ogni distinzione e la
Impossibile anche non sentirla come la forma della comunità; se storia è, a sua volta, il movimento realizzato re, attualizzante di
la poesia è fatta di parole, è perché la parola è l'unica cosa intel- ogni possibile distinzione. La filosofia è, in un certo senso, la vera
legibile. La parola, alla fine, sarebbe questo sogno condiviso. storia; mostra quel che di veramente decisivo sia accaduto all 'uo-
Questo persegue la poesia: condividere il sogno, rendere co- mo. Ma la poesia manifesta ciò che l'uomo è, senza che nulla gli
municabile l'innocenza prinligenia; condividere la solitudine, di- sia accaduto. Nulla al di fuori di quel che accadde all'uomo nel
sfacendo [deshaàendo,ol la vita , percorrendo il tempo in senso primo atto sconosci uto del dramma in cui egli ebbe origine, ca-
cona'ario, disfacendo [deshaàendo l i passi ; struggendosi [desvi- dendo da quel luogo inconquistato che è prima del principio di
viéndosé J. I! fuosofo vive proiettato in avanti, allontanandosi dal- ogni vita e che è stato chiamato in modi differenti. Modi diffe-
l'origi.ne, cercando "se stesso" nella solitudine, isolandosi e allon- renti che hanno in comune l'allusione a qualcosa, a un luogo, a
tanandosi dagli uomini. I! poeta si strugge [desvive l, allontanan- un tempo fuo ri dal tempo, in cui l'uomo fu altro dall'uomo. Un
dosi dal suo possibile "se stesso", per amore dell'origine. luogo e un tempo che l' uomo non ha potuto precisare nella sua
(Non a caso il ftIosofo, in qualche modo, contrappone sem- memoria, perché di quel tempo non c'era memoria, ma che noo
pre la solitudine per lui feconda , si potrebbe dire etica, alla co- può obliare, perché neppure vi era oblio. Qualcosa che è rimasto
munità. Heidegger parla dell'essere come dell'appartarsi del filo - come pura presenza al di sotto del tempo e che quando si attua-
sofo per sottrarsi all'esistenza vnlgare. Ortega y Gasset parla del- lizza è estasi , incanto.
la massa, della disumanizzazione dalla quale bisogna uscire per I! poeta non ba potuto rassegnarsi a perdere questa patria
essere autentici, cioè se stessi. Tuttavia è opportuno aggiungere lontana e parte alla sua ricerca. Ma il poeta è colui che non vuo-
che Ortega ha immaginato la vita come dialettica di solitudine e le salvarsi da solo; è colui per il quale essere se stesso non ha sen-
compagnia e ha detto che "vivere è convivere". Spiegare il perché so: "Una felicità che 000 può essere com unicata nOD è una feli-
di tutto questo nella ftIosofia di Ortega ci farebbe allontanare
Il Siamo in presenza del tremendo problema della conviven za umana, ddla
IO ru verbo deshacer. come il verbo dervivirse, compare neU 'opera di Juan de comunità e del dove e in che cosa si realizzi; se sia possibile una comunica-
la Cruz). zione autentica e su quali basi.

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MorUt Zombrono v.

cità" . Non è se stesso che il poeta cerca, ma tutti e ciascuno. E il Poesia


suo essere è solo un veicolo, un mezzo affinché tale comunica-
zione si realizzi. La mediazione, l'amore che lega e scioglie, che
crea. La mediazione dell'amore che distrugge, che consuma e si
consuma, dell 'amore che si strugge [deJvive].
Non sarà possibile che in un qualche giorno felice la poesia
raccolga, fissando lucidamente e per tutti il proprio sogno, tutto
ciò che la filosofia sa, tutto ciò che ha appreso nel suo aIIontana-
meDIo e nel suo dubbio? Filosofia è trovare se stessi, arrivare finalmente a possedersi.
Arrivare a raggiungersi attraversando il tempo, correndo col pen-
siero più del tempo stesso, superandolo in una gara di velocità. TI
filosofo è colui il quale non essendo riuscito, come Giosuè, a fer-
mare il sole, e sapendo ormai che il sole non si ferma , vuole anti -
ciparne il corso, in modo tale che, se non riesce a fermarlo, riu-
scirà almeno, e la cosa è decisiva, ad anticiparlo. Essere già Il,
quando il sole arriverà.
Nessuna ambizione più seria, pie) profonda e per questo, for-
se, più riprovevole della filosofia . Vuole, il ftlosofo , sottrarsi alla
corrente del tempo, staccarsi dalla processione degli esseri, dalla
lunga catena della creazione in cui marciamo uniti in condanna
temporale con gli altri, col resro degli uomini e anche con le al -
tre creature: luci ed ombre che ci accompagnano. TI filosofo,
però, non accetta questo incatenamento, questa compagnia. Ha
sognato una volta, all'alba della sua vita, quando ancora non era
filosofo , che una voce invisibile lo chiamasse per trarlo fuori dal-
la processione e distaccarlo dal resto dei pellegrini. Una voce che
lo chiamava per nome, un nome straordinario, individuale, che
solo per lui era stato inventato. Un nome che riempiva di stupo-
re i compagni di catene e gli conferiva un essere unico, invulne-
rabile ed esclusivo; soprattutto, esclusivo. Un tale prodigio non
si è mai compiuto. Allora lo speranzoso "teorico" diffida e di-
spera. Ma siccome il disperare mal s'accorda con l'efficacia, con
quella volontà di essere che lo strugge, si guarda intorno e pensa
che sia stato un errore della sua ingenuità la fiduciosa attesa di
una voce che non è mai risuonata per alcuno e pensa, pensa che
tale voce non esista. Contin ua a pensare (a questo non rinuncia)
che tale evento, la cui realizzazione ha atteso invano che si com-

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Marfa Zambrallo Filosofia e poesia

pisse attraverso un prodigio, possa essere egli stesso a detenni- dello stampo. Così acquisisce anche la certezza che nessuno più
narlo. E allora si guarda intorno, diffidente, e incomincia a pen- lo userà in futuro, poiché colui che ha fatto lo stampo ha deciso
sare. Pensa, in effetti. E dal pensare si produce il suo essere; il che così sia.
suo nome individuale ed unico, il suo essere imperscrutabile. In realtà, il ftlosofo noo inizia ad essere tale se non quando de-
Conquistato dal proprio sforzo, viene alla lu ce ciò che egli chia- cide di operare da sé il miracolo. Infatti tale miracolo, probabil-
ma essere: il suo essere. Scopre allora il ftlosofo - nel frattempo mente, è la speranza di tutti quelli che canlffiinano nella processio-
lo è divenuto - che è stato meglio cosÌ. Se la voce fosse risuona- ne incatenati nel tempo. Ma se colui il quale sarà fIlosofo decide di
ta per samarIa alla processione delle crearure anonime, dando- non attendere più la voce creatrice che chiamandolo gli dà nome
gli nome e liberandolo dalla comune corrente temporale, che tut- ed essere, la voce del Padre, non è perché abbia motivi speciali per
ti allo stesso modo abbraccia, se questo miracolo fosse davvero essere più stanco dell'attesa di quanto non lo siano gli altri. Non è
avvenuto, come egli in quel tempo aveva sperato, in tal caso l'es- perché sia particolarmente "condal111ato da Dio" ("condannato ad
sere, il suo essere, noo sarebbe stato così completamente suo. Sa- essere ftlosofo ", come ba detto uno di loro) , ma perché è germina-
rebbe stato sì individuale, esclusivo, ma pur sempre ricevuto, ta nella sua coscienza l'idea audace, portentosamente audace, di es-
vale a dire gratuito, estraneo, in un certo senso imposto. Adesso, sere egli stesso il proprio creatore. Ed ha avuto la fennezza di so-
invece, con l'essere che egli inaugura facendone mostra, ci,e è il steneda, di perseguirla, l'ba ribadito con l'angoscia, l'incertezza, la
solo a possedere in quanto è stato il solo ad averlo scoperto, si sottomissione al proprio inesorabile e spietato destino.
sente dawero in possesso di sé, si sente, in verità, creatura unica, Tutti, rutti sperano di essere un giorno chiamati per oome,
individuo. Sente che ha un nome e che è finalmente riuscito, se- per il proprio nome che nessuno conosce; né loro stessi, né la ma-
parandosi dalla processione anonima, a fermare il sole, ossia ad dre terrena. Tutti sperano qualche volta di essere chiamati da
evadere dalla comune misura temporale. È sfuggito al tempo; ha questo padre, la cui mano e il cui volto abbiamo avvertito sul no-
rotto la catena che lo faceva camminare insieme alle altre creatu- stro capo sotto forma di divieto nei nostri primi giorni, ombra
re: uomini, luci ed ombre. sulla nostra fronte pura nel giardino perturbante dell'infanzia. E
Quello che il filosofo voleva davvero era essere creato diret- della cui voce abbiamo credutO di udire l'eco lontana, alle nostre
tamente da Dio, da questo inventato in modo esclusivo, essere spalle, quando nell'adolescenza abbiamo voluto uscir fuori di
più che uomo: essere una creatura unica. Come gli angeli per San corsa, varcando i limiti del giardino protetto. E il cui sguardo, tra
Tommaso, costituire una specie unica : esse re creato direttamente le nubi, è arrivato sfumato fino alle nostre guance, avvampando-
da Dio e poi che si rompesse pure lo stampo. Un escl usivismo an - le del fuoco del timore e del desiderio. Lo abbiamo sentitO come
tologico, alquanto irritaote, ma invero degno di molto rispetto. un'aureola infinita sulla fronte e al di là della figura del nostro pa-
Che tale prodigio non sia mai accaduto - o almeno l'uomo dre terreno. E la sua voce ha rafforzato quell'altra, facendola ri-
che sarà filosofo (finché rimane in attesa del miracolo, ancora non suonare all'infinito. Tutti abbiamo sentito la sua illimitata pre-
lo è) Ilon ha la certezza che sia accaduto: a lui interessa sopra ogni senza sulla nostra piccola, insignificante presenza. E abbiamo
cosa la certezza -lo porta a pensare che se il prodigio si fosse dav- sentito la sua presenza dare senso, forza, alla natura, "al di sopra
vero verificato, avrebbe dovuto a questo "qualcuno" onnipoten - dei cieli dispiegati"; alle nubi che ne erano il carro, al vento che
te il proprio essere tanto desiderato. E allora si fa luce nella sua ne era "alato cavallo" l.
coscienza, segretamente. Meglio che sia egli stesso ad essere Dio:
crearura originalissima, il cui stampo si è dissolto dopo la sua I Si allude qui ai Salmi nella versione di frate Luis de LeOn: "Loda, oh, ani·
creazione. Dio al tempo stesso; prodotto dallo stampo e artefice ma! Il Signore Iddio".

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Maria Zambrallo Filosofia e poesia

E tutti abbiamo sperato, una volta aLneno, di essere chiama- regalato a sorpresa, quello che manifesta con la sua fragilità , e a
ti da questa voce, di cui ci era apparsa l'eco. Abbiamo sperato di volte con la sua povertà, una volontà amorosa, il ricordo dei ge-
uditla in parole che vincessero il timore e lo trasformassero in in- nitori che camminavano per strada assorti in gravi conve rsazioni;
finito giubilo, in ritrovata felicità. Tutti abbiamo sperato di ve- quando, forse, qualcuno molto importante gli rivolgeva Wl salu-
dere, interamente e per sempre, ciò che si è mostrato solamente to; quando la madre, disattendendo il saluto cortese del signore
come ombra e allucinazione. E a causa di tale speranza vi è chi con la bombetta, ha pensato al proprio bambino e ba lasciato
non osa intraprendere davvero, cioè fmo alle sue estreme conse- perdere tutto, tutto, per la fretta di portargli il giocattolo, a con-
guenze, il compito di darsi da sé il nome. Di essere il creatore di ferma della perennità del suo ricordo, del fatto che in ogni istan-
se stesso. te, anche in quelli più brillanti, nella festa del mondo, lui solo - il
TI filosnfn comincia ad essere tale quando si decide a guada- figlio - contin ua a colmarla in modo totale.
gnare, a cercare il proprio nome con le sole proprie forze. Chi fi - Così il poeta. TI poeta, prima di tutto e innanzi tutto, è figlio.
losofo non sarà mai, invece, continua, con umiltà e speranza, ad Figlio di un padre che non sempre si manifesta. Lo abbiamo de-
attendere che si compia la pienezza desiderata. finito amante, precedentemente, ma la verità è che prima di es-
C'è spazio anche per esseri intermedi, creature che sono giun- sere amante è figlio , o, ed è ancora più vero, è il figlio amante,
te fin sulla soglia della filosofia con una segreta speranza di pre- l'amante che unisce nel suo illimitato amore l'amore filial e con
senziare all'evento. Come colui che cerca la rottura con l'essere l'innamoramento. Filiale, perché si dirige verso le proprie origi-
amato sperando sempre, fino all 'ultimo istante, che non lo lasci - ni, perché tutto s'aspetta da esse e non è per nulla disposto a
no andar via, d,e lo trattengano. Due cose di cui ha assoluto bi- staccarsi da ciò che l' ha generato. E innamorato, perché assorto
sogno sarebbero cosÌ provate: la pienezza del suo amore e la tran- in esso con le stesse esigenze, le stesse folli e e stravaganze dell'a-
quillità recuperata della coscienza, la convinzione che non vi sia more degli amanti. Baudelaire, martire della poesia, lo mostra
altro da fare che rimanere ... come se chi volesse staccarsi davve- chiaramente.
ro dalle braccia amate fosse capace di sottoporsi alla benché mi- Amore per le origini e scarsa cura di sé. E come potrebbe
ni,ma prova. aver cura di sé, dal momento che è in perenne artesa di tutto?
CosÌ, in tutti i tempi , sono esistite creature si ngolari che han- Egli non aspira a possedere, ma spera di ricevere. Al contrario
no voluto "tentare Dio", andando verso la filosofia , per indugia- del filosofo, non si sentirebbe appagato da quanto riceve dalle
re sulla soglia stessa, senza attraversarla, perché sapevano, questo mani del padre e della madre se non lo ricevesse, perché l'im-
sì, che una volta attraversata non sarebbe stato possibile tornare portante non è avere l'essere, ma averlo in dono; questo lo col-
indietro. Creature speranzose e disperate al tempo stesso, cbe pur ma. Senza il dono, l'essere non gli servirebbe a nulla. TI filosofo ,
non udendo la voce, al momento di tendere la mano verso il frut- invece, se alla fine la voce si fosse lasciata udire, si sarebbe reso
to dell'albero che ci "farà essere come Dio ", senza udire l'avver- conto, tardivamente, che non era questo che voleva e di cui ave-
timento angelico, ritirano la mano. Perché non è il frutto ciò che va bisogno.
vogliono, ma unicamente il frutto ricevuto, il frutto donato dalla TI filosofo , quindi, parte a vele spiegate alla ri cerca del pro-
mano del Padre. Come quei bambini ai quali non interessa quel prio essere. TI poeta se ne sta tranquillo in attesa del dono. E
giocattolo che possono procurarsi da sé, né quello in cui per caso quanto più tempo trascorre tanto più egli indugia a partire.
si imbattono, ma il giocattolo cbe le mani del padre e della madre Quanto più tarda il dono vagheggiato, tanto più si volge all 'in-
gli portano un giorno a casa, in un angolo del giardino, inaspet- dietro. Parte, allora, ma va all 'indietro; si disfa , si strugge, si
tatamente. Neppure il giocattolo perduto, ma unicamente quello reintegra per quanto può nella nebbia da cui era uscito ... "E

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Maria Zambrano Filosofia e poeSld

pover'uomo perso nei sogni / sempre in cerca di Dio tra la neb- ne, dell.a propria volontà. Tutt'al più, il poeta può sopportare
bia"2. questo: meritare dopo aver guadagnato; farsi degno, dopo, di ciò
Può anche accadere che il mistero della voce ris uoni, che che ba ricevuto per grazia, nella ferma consapevolezza che l'ha ri-
tracci la sua presenza il volto sperato e tem uto, e che la commo- cevuto senza esercitare alcuna violenza, neppure quella di esser-
zione sia tale da avere alla fine paura di ascoltare quel che si è spe- selo meritato.
rato. Amore che distaccarsi non vuole, terrore di essere, infme, Vi sono, all'interno di una medesima religione, varie religio-
sempre se stessi ed in solitudine, ansia occulta di permanere nel- ni. Va perciò segnalata, in relazione a rale questione, la differen-
la dipendenza e nel desiderio, di rifuggire l'istante, paura di in- za immensa che passa tra l'arteggiamento di chi vuole assediare la
traprendere il cammino, la corsa veloce, fuga dinanzi alla rivela- grazia divina, forzandola con atti sacrificali o con buone azioni
zione. Corpo perseguitato'. TI poeta incalzato dalla grazia, timoro- deliheratamente compiute, e quell 'altro atteggiamento, che è da
so e schivo: tragedia e agonia di colu i che possiede e si spaventa innamorato, da amante cbe sa aspettare senza forzare il momen-
di tanto possedere, di finire di possedere alfine, dato che la vita, to, senza porre in atto nessuno dei mezzi di cui dispone per ob-
dinanzi al procedere del tempo nella catena degli esseri, nella co- bligare la volontà onnipotente. Sempre onnipotente appare all'a-
munità delle creature, si spezzerebbe se la voce si facesse udire. mante la volontà dell'amato.
Forse questa creatura, poeta del poeta, non può accettare il pro- Passività per amore. Non si vuole essere senza aiuto, non si
prio essere, non solo se non gli viene donato, ma ancor di pill: se vuole, quando arriverà la grazia, averla già meritata. Ma saperla
non viene donato al tempo stesso a coloro che con lui vanno. accogliere.
La poesia è fuga e ricerca, bisogno e spavento; un andare e ri- E per questo il poera si conserva vuoto, disponibile, sempre.
tornare, un chiamare per fuggire; un'angoscia senza limiti e un La sua anima assomiglia a un ampio spazio aperto, deserto. Per-
amore esteso. Non può neanche concentrarsi sulle origini, perché ché ci sono presenze che non possono discendere laddove ne esi-
ormai ama il mondo e le sue crearure e non troverà riposo fin stano altre ... Deserto, vuoto; perché solo quando questa presen-
quando rutto con lui non si sarà reintegrato nelle origini. Amore za giungerà, giungeranno con essa rutte le altre; solo con la sua
di figlio, di amante. E amore anche di frarello. Non solo vuole ri- pienezza e luce acquisiranno corpo e sen o le cose.
tornare alle vagheggiate origini, ma vuole, necessira di ritornarci Da sé non si giunge a nulla. Non solo non è possibile posse-
con rutti, e potrà farlo solo in compagnia, tra i pellegrini il cui vol- dersi, ma neppure si può possedere alcunché, per piccola, minu-
to ba visto da vicino, il cui respiro ha sentito accanto al suo, nel- scola che sia la sua esistenza. In ciascuna misera creatura c'è il mi-
la fatica del cammino, e le cui labbra secche dalla sete ha voluto, stero del suo essere e quello della creazione intera: come posse-
senza riuscirvi, inumidire. Perché non vuole la propria indivi- derli allora? In verità, colui il quale riuscirà a penetrare total-
dualità, ma la comunità. La totale reintegrazione; in definitiva: la mente nell'esistenza della più misera creatura del mondo sarà pe-
pura vittoria dell'amore. netrato in tutto il mondo. Ma questo è impossibile, come impos-
Vittoria dell'amore senza mescolanza di cosa alcuna, vittoria sibile è possedere se stessi.
la cui lucentezza non sia offuscata dall'opacità della propria azio- li poeta ha da sempre saputo ciò che il filosofo ha ignorato,
cioè che non è possibile possedersi da sé. Si dnvrebbe essere più
di se sressi; possedersi a partire da qualche altra cosa che si sirua
2 [Si lratta della medesima citazione di Machado che compare a p. 56 e che al di là, da qualcosa che possa effettivamente contenerci. E que-
qui è riportata correttamente].
, Cuerpo perseguido è il ritolo del libro inedito del poeta spagnolo Emilio sto qualcosa non sono più io. L'attualità piena di ciò che siamo è
Prad6s; è staro lui a guidarmi verso simili affermazioni. possibile unicamente in vista di un'altra cosa, di un'altra presen-

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Maria Zambrano Filosofia e poesia

za, di un altro essere che abbia la vinù di porci in essere. Perché La poesia non è pigrizia, non è svogliatezza, né immorale tra-
dobbiamo uscire da noi stessi? Come, per chi, a meno di Don es- scuratezza. Non è schivare lo sforzo e la fatica, perché questo
sere innamorati? Dice Juan de la Cruz: "La mia anima s.i è vota- nessun uomo può evirarlo. E il poeta meno che mai . La poesia,
ta / con tutti i miei tesori al suo servizio" [Cintico espirituo!]. configurandosi come uscir da sé dell'anima dal suo steccato e
Per essere se stessi e in pienezza, vi è bisogno che qualcosa met- come apertura deU 'essere - verso dentro e verso fuori -, non può
ta in atto il tesoro che possediamo, che "il fondo dell'anima " si calcolare i passi che dà , né tantomeno soffermarvisi. Ciò che per
rovesci in superficie; che nulla rimanga come possibilità , come essa si verifica è qualcosa di assoluto. Come gloriarsi di questo,
passività, perché, alla fine, s.iamo atto puro. E l'essere umano aUa maniera del filosofo a proposito del proprio metodo? Non
non può possedersi in sé; al massimo può possedere i propri può essere misurato poiché la poesia conSUJl1a interamente, tra-
strumenti, ciò che ba in sé di strumentale: il corpo l'anima il sforma l'essere da cui discende. Consuma senza dolore perché
pensiero. Ma l'uso completo, il possesso assoluto d~i suoi st;u - l'attendevano; senza quel dolore che dà il rifiutare qualcosa che
menti, lascia allo scoperto la propria insufficienza. Si esaurisce sentiamo che ci sminuisce. La poesia vince senza umiliare, e seb-
prima la perfezione strumentale che l'anelito che vi fa ricorso. bene ci sia lotta - angoscia e terrore nei momenti che precedono
Per tale motivo l'anima innamorata non può rimanere in sé, il suo apparire - il vinto non prova rancore dal momento che era
non è se stessa quando solo ad essa si aggrappa, perché, tutt'al questo che profondamente desiderava. E alla fine, tutto si rasse-
più, ottiene di possederne gli strumenti . E al di sotto degli stru- rena nella pienezza. "Nella notte serena / con fiamma che con-
menti rimane qualcosa. I filosofi lo hanno chiamato essere, oc- suma e non dà pena " (Juan de la Cruz, COlitico espiritllo/].
culto esattamente come prima. Neppure siamo tutto ciò che ab-
biamo. Se fosse possibile per un istante mettere insieme rutto ciò Ma è possibile che alla fine in questo si risolva il vivere se-
che abbiamo in turti i suoi poteri , in atto, corpo, anima, pensie- condo la carne che era la poesia ... ? Vivere secondo la carne che
ro, ci accorgeremmo di avere ben poco e l'unità continuerebbe portava dentro di sé la possibilità dell'amore, la sua realtà cela-
a mancare. ta. Nel delirio della carne, nel suo irrazionale anelito, c'era l'a-
E questo, che il filosofo avrebbe dovuto sapere, l'ha saputo more. E l'amore può trasformare l'irrazionalità della carne per-
il poeta. L'unità gli stava certamente a cuore, perciò era ingiusta ché si riferisce ad un oggetto. Non c'è amore senza riferimento
la condanna. Da sempre il poeta sapeva che avrebbe conseguito ad un oggetto. Ogni vivere innamorato ce l'ha, e il poeta vive in -
l'unità solo uscendo da sé, dandosi, obliandosi. "E non ho più namorato del mondo, e il suo attaccarsi a ciascuna cosa e all'i-
greggi / né altro uffizio; / ormai solo in amore è il mio esercizio" stante fuggitivo di questa, alle sue molteplici ombre, non signifi -
(Juan de la Cruz, Contico espiri/uot]. ca altro che la pienezza del suo amore per l'integrità. Il poeta
Solo nell'amore, nel darsi assoluto, senza alcuna riserva, senza non può rinunciare a nulla perché il vero oggetto del suo amore
che rimanga nulla per sé. La poesia è un aprirsi dell'essere verso è il mondo: il sogno e la sua radice, e i compagni che cammina-
dentro e verso fuori al tempo stesso. È un udire nel silenzio e un no nel tempo.
vedere nell 'oscurità. "La musica silenziosa, la solitudine sonora" La poesia si separa dalla filosofia, non volendo il poeta con -
eT uan de la Cruz, Contico espinttloll. È un uscire da sé, un posse- quistare nulla per sé. Lo offre unicamente come gloriosa mani-
dersi per essersi dimenticati, un dimenticarsi per aver guadagnato festazione di chi tanto generosamente gliel'ha donato. Secondo
la rinuncia totale. Un possedersi per non aver più nulla da dare; un filosofo, Schelling, "Dio è il Signore dell'essere". E in questo
un uscire da sé innamorato; un darsi a ciò che non si sa ancora, né è d'accordo il poeta, sebbene non lo dica, né pensi di crederlo.
si vede. Un ritrovarsi integri per essersi interamente dati. Ogni poesia non è cbe servitù, servitù ad un signore che è al di

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Marfa Zambraflo Fi/cso/ia e poesia

là dell'essere. Non è necessario, dunque, catturare l'essere delle to tra le cose. È, in realtà, il "figliuol prodigo" cui il padre sem -
cose, poiché questo non fa che situarei a metà del callU1lJJ)O, pre perdona, perché nella sua prodigalità non ha mai cessato rli
anzi, a dire il vero, ci svia. Dice Schelling: vivere in modo filiale. TI poeta non ba voluto mai dimenticare il
suo esser figlio per risvegliare il sapere. Perso tra le cose, attacca-
l'essere è entità, peculiarità; è separazione, ma l'amore è il to alla carne, smarrito tra i sogni e rlimenrico rli sé. Ma rlimenti-
nuUa della peculiarità che non cerca ciò che è suo, e per que- candosi di sé si immergeva sempre più nella propria origine.
sto non può per se stesso, non essendo, essere. La filosofia non sempre ha dimenticato l'origine, anzi a parti-
re da questa è riuseita a riscattare l'essere perduto delle cose, per
Tale è il fondo ultimo del sapere che ogni poesia comporta e forgiarne l' unità. Unità che riposava su di un fondamento ultimo
che per questo ha sempre rifuggito l'essere, ,'essere delle cose e non obliabile. Platone, Aristotele e, nell 'Europa moderna, Spi-
nel senso della filosofia; la sua peculiarità, la sua entità faziosa e noza, Leibniz e chissà se qualcun altro, non cercavano, in realtà,
ingiusta. E l'essere "se stesso" dell 'uomo, che non potrà trovare di affermare se stessi, ma rli affermare soprattutto l'essere dell ' u-
se non dimenticandosi di sé. Oblio di sé che è svegliarci in ciò niverso; l'unità di tutte le cose proprio in virtù del loro fonda-
che ci ha creato e ei so tenta. mento ultimo. La poesia non avrebbe avuto nulla contro una si-
L'uomo si trova tra due orizzonti: le cose che ci circondano, mile filosofia, ammesso che la poesia possa essere qualche volta
cose amiche ed estranee, cose verso cui siamo andati uscendo dal contro qualcosa. Anzi, rispetto a tale riferimento all'unità inte-
sogno originario, verso le quali ci siamo diretti col sapere. E l'al- grale dell' universo, a questo abbracciare tutte le cose, poesia e fi -
tro, che resta dietro nell 'oblio, e da cui il filosofo vuole staccarsi losofia sarebbero state pienamente in accordo.
quando marcia alla conquista del suo essere ... Non sarebbero mai state d 'accordo, invece, sul metodo: la
Ma non tutti i filosofi, non tutte le fùosofie hanno significa- poesia è ametodica: vuole tutto allo stesso tempo . Non può,
to un simile tremendo affanno individualistico o personalistico, neanche per un momento, staccarsi dalle cose per immergersi
disegnato all'inizio di questo capitolo. Al contrario, è costitutivo nel fondamento - in questo si differenzia dall'atteggiamento re-
rli una maniera della filosofia -la più venerabile - il riferirsi alla ligioso. E non può staccarsi neppure, foss'anche per un istante,
totalità delle cose, non per staccarsi da esse, ma per affermarle. dall 'origine, per afferrare meglio le cose - qui si distingue dalla
Non per evadere dal mondo, ma per sostenerlo. L'amore del fi - filosofia . Vuole entrambe le cose al tempo stesso. Non distin-
losofo per il sapere è stato amore rli obiettività, mediante il qua- gue, cos1 come non può distinguere, tra l'essere e l'apparenza.
le l'andirivieni primitivo si è trasformato in universo. L'ordine è Non distingue percbé non decide, perché non si decide a sce-
stato cosa dell' amore. gliere, a scindere alcunché: né le apparen ze dall 'essere; né le
E fin qui filosofia e poesia avrebbero camminato insieme.lni- cose che sono dalla loro origine; né il proprio stesso essere dal-
zialmente si sono differenziate per la violenza e solo successiva- la sua provenienza.
mente per la volontà. La volontà che sembra essere il segreto di
tutto ciò che la metafisica moderna ha chiamato "spirito". Spiri- l!esisren za umana dunque, non è solo gettata tra le cose,
to che possiamo intendere come volontà. E la volontà presuppo- ma rilegata dalla radice. r:essere rilegato - , eligalum esse, , e-
ne la libertà ... e porta, in qualche caso, al potere. E dunque, la ligio, reljgione in senso primario - è una dimensione formal-
poesia si separa dalla filosofia nell'istante in cui la libertà si diri- mente costitutiva dell'esistenza [. .. ] . E così come l'essere
ge verso il potere. Nell'istante in cui ,'affanno di essere in modo aperto alle cose ci ruscopre, in questo suo essere aperto, che
peculiare spinge a separarsi dall'origine. TI poeta è il figlio perdu- "ci sono" cose, così ,'essere rilegati ci discopre anche che

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Moria Zombrallo
Filosofia ~ poesia

"c'è" dò cbe ri lega. Questo costituisce la radice fondamenta· La parola della filosofia per smania di precisione, perseguendo
le dell'esistenza". la skurezza, ha tracciato un cammino che non può attraversare
tale inesauribile ricchezza, La parola irrazionale della poesia, per
La poesia è stata sempre aperta alle cose, gettata fra di esse, fedeltà a ciò che ha trovato, non traccia percorsi. Va come persa,
gettata fino alla perdizione, fino all' oblio di sé, del poeta, Ma per Le due parole hanno la loro radice e la loro ragione. La verità che
questo oblio di sé, più prossima sempre ad essere aperta verso cammina con sforzo audace e passo dopo passo, e avanzando da
l'ultimo fondo o radice dell'esistenza. Il poeta si trascurava, non se stessa, e l'altra che non pretende neppure di essere verità, ma
si preoccupava di sé, del proprio essere; era immorale, Ma la sua solo di fissare ciò che ha ricevuto, tracciare il sogno, ritornare at-
immoralità lo metteva più vicino all' origine ultima, traverso la parola al paradiso originario e condividerlo. La paro-
E il miracolo della poesia sorge in pienezza quando nei suoi la cbe significa l'apertura totale di una vita per colui al quale il
istanti di grazia ha trovato le cose su questo fondo u1timo, le cose suo corpo, la sua carne e la sua anima, perfino il suo pensiero, ser-
nella loro peculiarità e nella loro verginità; le cose rinate dalla vono solo come strumenti, modi di espandersi tra le cose. Una
loro radice. Ormai l'uomo, l'esistenza umana, la sua angoscia, la vita che, avendo libertà, la usa solo per ritornare Il dove può ri-
sua problematicità, sono stati annuUati. La poesia ann ulla il pro- trovarsi con tutti.
blema dell'esistenza umana, là dove si manifesta, Ormai l' uomo La parola che definisce e la parola che penetra lentamente
è soln voce che canta e manifesta l'essere delle cose e di tutto. nella none dell'inesprimibile: "Scrivevo silenzi, notti, annotavo
L'uomo che non si è arrischiato ad essere se stesso, l'uomo per- l'inesprimibile, Fissavo vertigini " [A, Rimbaud, Deliri, II, in Una
duto, il poeta, possiede tutto nella sua diversità e nella sua unità, slagione a/l'inferno]. La parola che vuole fissare l'inesprimibile,
nella sua finitezza e nella sua infinitezza, Il possesso lo colma; perché non si rassegna al fatto che ogni essere sia soltanto ciò che
trabocca di tesori chi non si è ostinatamente impegnato ad affer- appare. Al di sopra dell'essere e del non-essere, persegue l'infini-
mare la propria vacuità, chi per amore non ha sap uto chi udersi tezza di ciascuna cosa, il suo diritto ad essere al di là de,i suoi at-
a nulla. L'amore l'ba fatto uscire da sé, senza che potesse mai più tuali limiti. «Mi sembrava che ciascun essere avesse dirino ad al-
riaccogliersi; ha perso la sua esistenza e ha guadagnato la totale tre vite" [Deliri,m, Ogni essere porta come possibilità un 'infini-
epifania, la gloria della presenza amata , ta diversità rispetto alla quale, ciò che ora è, è uni camente perché,
per ora, ha vin ro, Significa un 'ingiustizia,
Che se oggi al pascolo La realtà è troppo inesauribile per essere sonomessa alla giu-
non mi vedrete né udirete, stizia, giustizia cbe non è altro che violenza, E la volontà estre-
dite pure che mi sono perduta, mizza ulteriormente questa violenza I l naturale" e la porta ai suoi
che essendo innamorata , limiti estremi , La parola della poesia è irrazionale, poiché disfa
mj ero perduta. e fui conquistata. tale violenza, tale giustizia violenta dell'esistente, Non accetta la
Guan de la Cruz, Cantico espiritual) scissione che l'essere significa dentro e sopra l'inesauribile e oscu-
ra ricchezza della possibilità, Vuole fissare l'inesprimibile volen -
La pasola è venuta a dar forma , ad essere la luce di queste do das forma a ciò che non l'ha conseguita: al fantasma , all 'om-
due infinitezze che circondano, accerchiandola, la vita umana, bra, alla fantasticberia, al delirio stesso. Parola irrazionale, che
noo ba neppure combattuto la chiara, defmita e definitrice paro-
.. X. Zubiri, En lorno al problema de Dios, in «Revista de Occidente», Madrid la della ragione. Di quale delle due sarà la vinoria?
1935,

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Maria Zambrano

La parola della ragione ba percorso un tratto maggiore, si è Note


affaticata, ma ha mietuto sicurezze. Quella della poesia sembra
trovarsi, nonostante tutte le tappe percorse, nello stesso luogo da
cui era partita. Le sue conquiste si misurano con un altro metro;
non avan za. "La sua carità è stregata e mi tiene prigioniera " (A .
Rimbaud, Deliri, 1). Stregata e prigioniera: così senza dubbio do-
vrà continuare, e la sua unione con l'altra parola, quella della ra-
gione, non sembra essere ancora molto vicina. Ancora non è pos-
sibile pensare dal luogo senza limite in cui la poesia si estende, 1. Si pone, a questo punto, la questione dell'errore all' interno
dall'immenso territorio che percorre errante. della filosofia greca e, in particolare, all'interno del pensiero par-
La verità si riconosce già come parziale, e la stessa ragione di- menideo-platonico. Com'è possibile l'errore? Come si può elu-
svelatrice dell'essere riconosce la differenza ingiusta tra ciò che è dere la verità?
e ciò che vi è'. Così facendo, si avvicina al terreno della poesia. E La verità, essendo rivelazione dell'essere, attraverso lo sguar-
la poesia, attraverso il martirio della lucidità, si approssima alla do intellettuale umano, non è più un fatto problenlatico. Al con-
ragione. Ma non pensiamo ancora attraverso cosa possa verifi- trario, a ri ultare problematico è che non tutto il dire sia vero. La
carsi la loro reintegrazione, tante volte sognata da coloro i quali conseguenza inlmediata dell' unità dell'essere e dell'identità tra
non riescono a decidersi tra l'una e l'altra. Chi è toccato dalla essere e pensare, in Parmenide, porrebbe arrivare perfino a una
poesia non può decidersi e chi si è deciso per la fùosofia non può tale conclusione: tutto ciò che si dice è vero.
tornare indietro. Solo potrà farlo il tempo, la storia, quando alla E , in effetti, ad essa arrivarono i sofisti. Proragora, col suo ce-
fine farà sì che la ragione si situi, esaurito il tema dell'essere del- lebre "L'uomo è la misura di tutte le cose", sembrò portare all 'e-
la creazione, più in là. Là dove, da lungo tempo, aspetta la verità stremo tale conclusione'. Nei sofisti si intravede già il cinismo, e
rivelata e indecifrabile,la verità dove realmente la "carità è stre- il cinismo è estremista sempre: è privo di misura. Così , la fiducia
gata ". Carità e comunione che non hanno trasceso il pensiero, originaria nella realtà e nella ragione, che veniva identificata con
perché nessuno ha potuto ancora pensare questo "logos pieno di l'essere, fu portata fino alle sue più estreme conseguenze da Pro-
grazia e verità ". tagora. Ma ogni estremismo distrugge ciò che afferma. È proprio
questa la sua caratteristica peculiare, l'affermare, cioè, con forza ,
che in realtà quanto si afferma si volge contro ciò che è stato af-
fermato , al fine di distruggerlo. Se tutto quel che si dice è vero, è
come se nulla lo fosse. La misura, l. norma dell 'essere e del non-
essere, è stata oltrepassata e distrutta.
Platone sente con assoluta chiarezza il problema e lo af&onra
nel Solista e nel Teeteto. Per affermare l'essere, bisogna cercare il
non-essere; affinché la ragione e la verità continuino ad essere bi-

, Questa differenza (fa ciò che è e ciò che vi è, e quella che esiste sul terreno
deUa conoscenza tra il pensare e il "comare su", l'ha esposta il filosofo spa· l Questa interpretazione del pensiero dei sofìsti come conseguenza deU'j·
gnolo Ortega y Gassci durante il corso "'Tesi metafisica circa la ragione vi· dentità parmenidea tra ,'essere e la ragione è stata esposta in uno dei corsi
tale" , tenuto aU'Uni versirà eli Mad.rid. di fUosofia greca tenuti all'Università di Madrid da Xavier Zubiri.

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Marfo Zambrallo Filosofia e poesia

sognerà fondare l'esistenza dell'errore, istituirlo. Ma qui sta il a continuare a farlo fino alla fine dei suoi giorni? E se rinuncia,
nodo della questione: come può la ragione agire su ciò che non questo non significherà che l'era della filosoSa è terminata?
è? Vale a dire, com'è possibile parlare senza che si dica la verità? La poesia, invece, assisa fin dalle origini sull'ineffabile, tesa a
li problema riguarda, benché Platone non lo ponga cosÌ, la dire l'indicibile, 000 vede minacciata la propria esistenza. Fin dal
poesia, indubbiamente. Qual è il modo di funzionamento dello- prinao istante, si è sentita trascinata a esprimere l'ineffabile in due
gas nella poesia, nella quale la ragione non coincide più con la pa- direzioni: ineffabile in quanto vicino, carnale; ineffabile anche in
rola? Come può la parola deviare a tal punto dal suo sentiero, per quanto inaccessibile, in quanto senso al di là di ogni senso, ragio-
inaboccarne uno contrario alla propria stessa essenza? La parola ne ultima al di sopra di ogni ragione. È il dramma che umilmen-
poetica fun ziona fuori della ragione e dell'essere, secondo la con- te ha pottato con sé ogni poeta: consapevolmente alcuni, incon-
danna platonica. L'obiezione, in realtà, più che contro la poesia, sapevolmente altri.
va contro la parola stessa; contro l'idea dell'essere e della ragio- A tale ineffabile si consacra la poesia. E il poeta sente il nes-
ne 1 parmenidea. so fortissinlO che c'è tra le due forme dell'ineffabile. Tra la pros-
La parola, illogos, è l'universale, esprime la comunità nell'u- simità alla carne e il più alto principio, la più elevata ragione; tra
mano. E il poeta usa la parola noo nella sua forma universale, ma ciò che per essere al di sotto della ragione non può definirsi e ciò
per rivelare qualcosa che solo in lui accade, nel fo ndo ultimo del- che per far sÌ che vi sia definizione non può rinaanere al di sotto
l'individuale, che perfino per Aristotele è irrazionale. Questo è della ragiooe. Da una all 'altra va la poesia, irretendosi a volte;
dawero grave. Perché se la parola è per essenza universale e il confondendosi , errando, molte altre volte. Senza errore, né ve-
poeta la utilizza irraziooalmente, vuoi dire che c'è una comunità rità, ai margini di entrambe e perciò invulnerabile nelle sue de-
umana non razionale, o vuoI dire che il poeta è, in quanto poeta, viazioni , nel proprio cieco servaggio.
fuori e ai margini di ogni comunità; che la poesia, situata all'in-
terno dell'ineffabile, non lo trascende mai; che esistono tanti lin- 2. La questione della poesia pura viene posta in realtà da Mal -
guaggi quanti poeti e che la poesia, pertanto, è uno sforzo vano, lar mé, ma si acuisce coo Paul Valéry che inventa, per caso e sen-
dato che nulla trasmette. za alcun intento definitorio - come egli stesso confessa - , quella
Può semhrare strano, ma la ftlosofia oggi sembra trovarsi nel- formula "poesia pura" che tanta risonanza ha avuto.
le medesime difficoltà. Se il pensiero ftlosofico è qualcosa che si Attraverso questa formula felice di Paul Valéry, la poesia per
realizza nella più assoluta solitudine, per ottenere, con lo sforzo la prima volta si definisce. Si spiega cosÌ la sua risonanza rapidis-
dell 'essere, l'essere stesso, che senso ha allora insegoarlo, tra- sinaa , quasi scandalosa, di cui l'autore stesso si sorprende. La poe-
smetterlo? Per quale motivo, e a che scopo, insegnare filosofia? È sia non si era mai autodefinita; non aveva mai posto una propria
la medesinaa domanda che Socrate rivolge ai soSsti, quando af- questione fino a quel momento, in cui cerca di definlrsi con Mal-
fermano che qualsiasi cosa detta è vera. Nei suoi momenti più cri- larmé, sebbene ancora, come Dio in certa scolastica, per via pu-
tici sembra che la ftlosoSa venga a trovarsi Il dove vive la poesia, ramente negativa.
owero lì dove il più individuale trova la propria giustificazione; La definizione di Mallarmé è poetica, nasce dall'interno del -
in ciò che di più irriducibile vi è in ciascuno di noi . la poesia; è un acuirsi estremo della coscienza del poeta che, for-
Ma potrebbe chiamarsi ftlosoSa tale sforzo solitario che oasce se per la prima volta, sente chiaramente come funziooa la sua
in se stesso e in se stesso termina? La ftlosofia che ha elevato l'og- poesia. E non trovando con che cosa compararla, sentendo la dif-
gettività al di sopra della mutevolezza della vita umana, la com u- feren za tra la parola poetica e quella del linguaggio della vita e an-
nità sulla diversità di ciascuna creatura, potrà rinunciare davvero che della scienza, parla di "assenze". Le cose sono oella poesia

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Mano Zambral10

per assenza, che è il loro lato più autentico. Infatti, quando qual- Bibliografia
cosa ci lascia, rimane più vera perché è incancellabile: sua pura
essenza. E la stessa realtà si cda a se stessa. Inoltre, con questo a cura di Flavia Garo/alo
gioco di assenza e presenza, le cose ci appaiono immerse nd flus-
so dd tempo; si mostrano a noi come sempre nascenti. La loro
presenza è un miracolo, il miracolo originario dell 'apparire delle
cose. Poesia è sentire le cose in status nascen.r.
Ma Valéry estremizza la questione ed estremizzandola non fa Opere di Maria Zambrano
altro che porne una nuova, di fronte alla quale Mallarmé si era ar-
restato, forse a causa di uno stato di schiavitù poetica e, proprio
per questo, di una maggiore feddtà alla poesia. Valéry, ormai, se- 1930
para la poesia dal testo poetico, come fa il filosofo con le idee. Per Horizon/e del liberalismo [Nuevo liberalismoJ. Madrid : Morata,
Valéry la poesia è qualcosa di ideale, un 'essenza, unitaria come 1930' ; Edici6n y estudio introductorio: La poUliea desde su envés hi-
tutte le essenze e, pertanto, un problema. E vi è coscienza dd storico-vito!: historia tragica de la esperonz.o y sus utopios, a cargo de Je-
problema, ossia vi è un problema segnatanlente filosofico, sol- sus MORENO SANZ (Rafces de la memoria), 1996'.
tanto quando vi è un 'essenza o, per dirla più chiaramente, quan-
do vi è una definizione. 1937
Valéry ha definito la poesia e definendola l'ha resa ciò che mai Los in/elee/uales en el drama de Espaiio. Santiago de Chile: Panora-
era stata: problematica. L'ha resa sin1ile al pensiero. E vi è stato ma, 1937'; 2' ed. aumentada con Ensoyos y no/as 0936-1939). (Textos
spazio perfino per un "metodo" poetico, un cammino per affer- recuperados) Madrid: Hispamerca, 1977'; y en Senderos. Barcelona:
rare l'essenza poetica. Perché se l'essenza è unitaria come ogni es- Anrnropos Editoria! del Hombre, 1986'; y con Escri/os de la guerro ci-
senza, deve lasciarsi afferrare per approssimazione'. vil, presentaci6n de Jesus MORENO SANZ. (Estrllcturas y procesos. Fi-
Ma è questo la poesia? La poesia non si è data nella disper- losofial Madrid: Trotta, 1998'.
sione? La sua unità non è stata finora diversa da qudla dd pen-
siero e pertanto indefinibile? TI solo fatto che la poesia si situi pa-
ralldamente al pensiero porta a pensare che abbia cessato di es-
sere fedde a se stessa, proprio perché ha preteso di es erlo. La La presenre bibliografia è stata redatta facendo riferimentO alle regole in-
rernazionali per la descrizione bibliografica (ISBO). Preziose sono state, per la
poesia non può istituirsi, né definirsi. Non può pretendere di tro- sua compilazione, le informazioni bibliografiche COnlenute nella Nota biogra-
varsi, perché allora si perde. fica y bibliografica che appare in appendice a M. Zambrano, Senderos, Barce-
lona, Anthropos, 1996, della Bibliografia pubblicata in «aut aut», n. 279, mag-
gio-giugno 1997 (numero dedicato a Maria Zambrano), e della Bibliografia de
y sobre MarIa Zambrano, curala da Ortega Munoz per «]abega», n. 65, lercer
l "Il poeta si consacra e si consuma nella defmizione e costruzione di un lin- trimestre de 1989. Ci si è, inoltre, avvalsi dell'importante contributo di Ana
guaggio all'interno del linguaggio, e tale operazione, che è lunga, difficile e Isabel Salguero Robles, Escrltos de Maria Zambrano recuperados, pubblicato
delicata, che sollecita le più diverse qualità dello spiritO e che oon giunge nell'edizione elettronica della rivista «El Basilisco», n. 2 1 (l996). Nel lavoro di
mai a compimento perché non è mai neanche esattamente possibile, tende aggiomamento condotto per la secondI! edizione si è provveduto ad una veri-
ad arrivare ad essere l'idioma di un essere più puro, più potente e più felice fica capillare degli URL indicati nella prima edizione e alle eventuali correzio-
con la sua parola che qualsiasi altro personaggio reale". P. Valéry, Baudelai- ni l saggi di Maria Zambrano già pubblicati in raccolte non figurano nell'e-
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