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ALESSANDRO PETROSELLI
16 ottobre 2021
La trigonometria (parola che deriva dal greco: trigonos, che significa ”triangolo” e métron,
ossia misura) è la disciplina che ha lo scopo di studiare tutti gli strumenti di calcolo, che per-
mettono di determinare (con una certa precisione) la misura degli elementi di un triangolo
(lati e angoli) noti alcuni di essi.
Le sue applicazioni sono innumerevoli, molte delle quali hanno radici antichissime (in astro-
nomia, meccanica, navigazione aerea e marittima, topografia...) Tuttavia questa disciplina si
fonda sulla goniometria, ossia quella parte della matematica che si occupa della misura degli
angoli e delle funzioni relative ad essi, che avremo modo di affrontare nel corso di queste note.
Innazitutto partiamo con la definizione del concetto che funge da protagonista in questa
disciplina, ossia quello di angolo:
Definizione 1.1. Sia V un punto nel piano e siano s1 , s2 , due semirette uscenti da V . Un
angolo è una delle due parti di piano individuata da s1 e s2 .
s1
V
s2
Osservazione 1.2. Gli angoli individuati da s1 e s2 sono due, chiamiamo concavo l’angolo
che contiene i prolungamenti di s1 e s2 e chiamiamo convesso quello che non li contiene
(quello grigio [Figura 1.1]). In generale quando si parla dell’angolo s\
1 V s2 (senza ulteriori
indicazioni), si intende quello convesso.
Un angolo è caratterizzato dalle semirette s1 e s2 che prendono il nome di lati e la loro origine
in comune V che prende il nome di vertice.
Esempi 1.3.
1. Se s1 e s2 coincidono, l’angolo convesso è formato solo dai punti della semiretta, in tal
caso l’angolo si dice nullo. L’angolo concavo invece è formato da tutti i punti del piano,
l’angolo dunque si dice giro.
1
GONIOMETRIA
3. Se due rette intersecandosi formano quattro angoli congruenti, si dice che esse formano
quettro angoli retti.
Notazione 1.4. Sia gli angoli che le loro ampiezze si possono indicare con le lettere greche
minuscole α, β, γ, ...
Il grado definisce quindi una sorta di ”unità di misura”. Infatti dato un angolo α ci chiediamo
quanti angoli da 1° occorrono per formarlo, tuttavia occorre introdurre dei sottomultipli del
grado:
Questo modo di misurare le ampiezza assomiglia molto alla metrica dei segmenti. Tuttavia
questo metodo risulta essere poco efficiente e parecchio ”scomodo” per via di questi sotto-
multipli poco pratici. Conviene allora introdurre un altro sistema.
L’approccio di questo sistema è un po’ più laborioso rispetto a quello di grado, infatti esso si
appoggia su alcuni teoremi relativi alle circonferenze. É necessario quindi riprendere alcuni
concetti base sulle proprieta della circonferenza.
α x
O
Figura 1.2:
Consideriamo l’arco x sotteso da α nella circoferenza, si può facilmente osservare che (fissato
il raggio r) c’è una proporzionalità diretta tra l’ampiezza di α e la lunghezza di x.
∃k ∈ R : x = kα (1.1)
2
A. PETROSELLI
αrad = 1 ⇐⇒ x = r
Più in generale che αrad non dipende dipende singolarmente da x e r (quindi da una precisa
circonferenza), ma dal loro rapporto, dunque si dice che αrad è invariante per circonferenze.
Per cui i tempi sono maturi per definire la nuova unità di misura dell’angolo:
Definizione 1.7. Si dice radiante la porzione di piano compresa tra due semirette s1 e s2
aventi la stessa origine O se esse individuano per ogni circonferenza di centro O un arco di
lunghezza pari al raggio.
360 o
In termini di gradi: 1 rad= v 57, 296...o , ricordiamo però che gli angoli sono
2π
adimenzionali per cui il radiante è non è una vera e propria unità di misura.
Esercizio 1.10. Convertire in radianti i seguenti angoli espressi in gradi: 30°, 45°, 60°
Il radiante inoltre è comodo in quanto la (1.3) ora si può riscrivere nella maniera molto più
elegante come segue:
Adesso però sorge un altro problema, la definizione 1.1 di angolo, risulta essere un po’ troppo
limitante e inadeguata, in quanto gli angoli inferiori al nullo e superiori al giro non hanno
alcun significato con questa definizione, il che è abbastanza restrittivo anche nella realtà, si
pensi infatti ad una vite che gira. L’esempio della vite ci può quindi suggerire un approccio
di angolo più legato alle rotazioni, che alle porzioni di piano.
3
GONIOMETRIA
• aV b, se a < b
• bV a, se b < a
Il primo lato prende il nome di lato origine, metre il secondo lato termine.
Ora, senza addentrarci troppo in dettagli insidiosi possiamo osservare che il piano possie-
de solo due orientazioni (quelle nel linguaggio comune intendiamo come senso orario e senso
antiorario).
Per convenzione consideriamo positivi gli angoli orientati in senso ”antiorario” e negativi
quelli in senso ”orario”.
Ritorniamo ora al nostro obiettivo primario, ovvero quello di cercare le relazioni tra lati e
angoli di un triangolo rettangolo. Ricordiamo innanzitutto, dalla geometria, un concetto
fondamentale, ovvero quello di similitudine, in particolare applicata ai triangoli.
Due triangoli (in generale, due figure) simili hanno:
Inoltre, due triangoli rettangoli sono simili se e solo se hanno almeno due angoli non retti
rispettivamente congruenti. Questo significa che dato un un angolo α non retto fissato,
l’insieme dei triangoli rettangoli che hanno un angolo congruente ad α è formato da tutti e
soli i triangoli della loro classe di similitutine. L’unico elemento che contraddistingue questi
triangoli è il fattore di proporzionalità dei lati. L’idea quindi è quella di ricondursi ad un
caso speciale (più semplice possibile) e studiare tutte le relazioni tra lati e angoli di questo.
Per questo motivo introduciamo il concetto di:
α E(1, 0)
O x
4
A. PETROSELLI
• le loro misure sono rappresentate dalla stesso numero (infatti l = α/1 = α, si ricordi la
(1.4)).
Nella circonferenza goniometrica, inoltre, consideriamo un angolo orientato α che ha per la-
to origile il semiasse positivo delle ascisse (quindi è fisso) e come lato termine una generica
semiretta di origine O (mobile), in questo caso si dice che l’angolo α è in posizione canonica
rispetto alla circonferenza goniometrica.
Possiamo osservare che il lato termine interseca la circonferenza in un punto P , che noi
chiameremo punto associato all’angolo α o più semplicemente punto associato a α, che di-
pende univocamente dall’ampiezza di α , per questo motivo infatti è molto comune, trovare
scritto Pα (per sottolineare la dipendenza da α). Per ora tuttavia ci limitiamo a definire que-
sto punto, ma nel corso di queste note considereremo pure le sue coordinate che lo identificano
Analogamente, possiamo considerare il rispettivo arco orientato, ovvero arco in cui si de-
finisce un ordine tra gli estremi, che ha per origine (il primo estremo) il punto E(1, 0) e
per secondo estremo il punto P . Il punto E viene detto origine degli archi, proprio perchè
rappresenta l’origine di ogni arco.
Definizione 2.1. Sia α ∈ R un angolo fissato sulla circonferenza goniometrica, diremo che
le cordinate di Pα sono (cos α, sin α).
5
GONIOMETRIA
α
O cos α x
sin α
tan α := (2.7)
cos α
La definizione di tangente viene anche detta seconda relazione fondamentale della goniome-
tria.
6
A. PETROSELLI
y = (tan α)x + q
O x
7
GONIOMETRIA
2. r e r0 costituiscono due rette parallele tagliate dalla trasversale y = 0 (asse x), hanno
angoli corrispondenti congruenti, quindi due angoli di uguale ampiezza con l’asse x.
r0 : y = mx r : y = mx + q
O α α
x
Figura 2.3:
Per questo motivo ci possiamo ricondurre alla retta y = mx senza perdita di generalità.
Notiamo che la retta r0 interseca la circonferenza goniometrica proprio nel punto associa-
to a α, di cui sappiamo quali sono le coordinate, ovvero xP = cos α e yP = sin α. Per
yp sin α
calcolare m ci basterà dunque fare il rapporto = = tan α, da cui la tesi.
xp cos α
A tale scopo dobbiamo ricordare alcune nozioni di geometria relative ai triangoli rettan-
goli che riportiamo nelle due successive proposizioni:
Trattiamo ora il triangolo 30-60 (triangolo i cui angoli interni sono rispetivamente 30°, 60°, 90°).
Proposizione 3.1. Sia ABC un triangolo rettangolo rettangolo in A tale che l’ampiezza di
B̂ sia 60°. Allora la misura del cateto adiacente a B̂ è la metà di quella dell’ipotenusa.
8
A. PETROSELLI
60°
A B
Figura 3.1:
60°
A B
Figura 3.2:
Corollario 3.1.1. Sia ABC un triangolo rettangolo rettangolo √ in A tale che l’ampiezza di
3
B̂ sia 60°. Allora la misura del cateto opposto a B̂ è pari a BC.
2
Dimostrazione. Sia ` la misura dell’ipotenusa, il cateto adiacente misura `/2, da cui, per il
teorema di pitagora: s 2 r 2 √
` 4` + ` 3
BC = `2 − = = `
2 4 2
Consideriamo ora invece il triangolo 45-45 (triangolo i cui angoli interni sono rispetivamente
45°, 45°, 90°). Ma osserviamo subito che due angoli sono congruenti, quindi il triangolo è
isoscele rispetto all’ipotenusa, dunque i due cateti sono congruenti
9
GONIOMETRIA
Proposizione
√ 3.2. Sia ABC un triangolo isoscele e rettangolo in A. Allora ogni cateto è
pari a 2/2 dell’ipotenusa.
A B
Figura 3.3:
Dimostrazione. Questa volta cosideriamo la figura che si ottiene unendo ABC con il suo
simmetrico rispetto all’ipotenusa BC:
A B
Figura 3.4:
Possiamo osservare che si forma un quadrato (45° è la metà di un angolo retto) e l’ipotenusa
è semplicemente la diagonale di questo quadrato. √
√ 2
Quindi si avrà che (ponendo BC = `) ` = 2 · AB da cui si ottiene che AB = `.
2
Riassumendo:
` √ `
` 2
2 2 `
√ √
3 2
2 ` 2 `
Figura 3.5:
10
A. PETROSELLI
π π π
Possiamo finalmente calcolare il valore delle funzioni goniometriche per α = , ,
6 4 3
π
1. α = :
6
Consideriamo il triangolo OHP ottenuto nella circonferenza goniomentrica come in
figura:
y
sin α
α
O cos α x
11
GONIOMETRIA
sin α
α
O cos α x
√
2
π
(d) tan = √2 =1
4 2
2
π
3. α= :
3
Analogamente si cosidera il triangolo OHP :
sin α
α
O cos α x
(a) OP = 1
π π 1
(b) P H = cos ed è adiacente all’angolo di 60° ⇒ cos = P H = OP · ⇒
3 3 2
π 1
⇒ cos =
3 2
√
π π 3
(c) OH = sin ed è opposto all’angolo di 60° ⇒ sin = OH = OP · ⇒
3√ 3 2
π 3
⇒ sin =
3 2
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A. PETROSELLI
√
3 √
π 2
(d) tan = 1 = 3.
3 2
Si possono ora dunque riassumere tutti i valori di coseno seno e tangente per angoli del primo
quadrante:
π π π π
0
√6 √4 3 2
3 2 1
cos α 1 1
2 √2 √2
1 2 3
sin α 0 0
√2 2 2
3 √
tan α 0 1 3 @
3
Passiamo ora, ad una caratterizzazione più geometrica della tangente riferita al primo qua-
drante (nel corso di queste note generalizzeremo per ogni α)
sin α
α
O cos α x
Quindi la tangente non è altro che l’ordinata del punto d’intersezione del lato termine con
il la retta tangente alla c.g. passante per (1,0). Questa caratterizzazione giustifica il nome
della funzione ”tangente”.
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GONIOMETRIA
Analizziamo ora la principale proprietà che accomuna tutte le funzioni goniometriche ovvero
la periodicità.
f (x + T ) = f (x) ∀x ∈ A (4.9)
Ora consideriamo invece alcune proprietà che per mettono di calcolare in valore delle funzioni
goniometriche di particolari di quadranti al di fuori del primo. Perfare ciò, si usa la tecnica
degli archi associati, ovvero ci si riconduce ad angoli del primo quadrante. Di seguito enunce-
remo, queste proprietà senza però fornirne le dimostrazioni, le quali richiedo semplicemente
l’utilizzo di congrenza dei triangoli.
Consideremo solo il seno e il coseno in quanto la tangente (come altre funzioni) si ricavano
facilmente a partire da queste
Proposizione 4.4. (Archi associati per angoli supplementari) Per ogni x ∈ R (angolo):
1. sin(π − x) = sin x
2. cos(π − x) = − cos x
Proposizione 4.5. (Archi associati per angoli opposti) Per ogni x ∈ R (angolo):
1. sin(−x) = − sin x (Quindi, il seno è una funzione dispari)
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A. PETROSELLI
π
2. cos − x = sin x
2
Queste appena enunciate risultano essere le più importanti, e sarebbero sufficienti per ridurre
un qualunque angolo al primo quadrante, tuttavia esistono altre proprietà che però sono molto
utili per facilitare la riduzione.
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GONIOMETRIA
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