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UNIVERSIDAD DE BUENOS AIRES

FACULTAD DE FILOSOFÍA Y LETRAS


DEPARTAMENTO DE LENGUAS MODERNAS
ITALIANO MEDIO
52021

TESTO 10

1779-2019 La Repubblica napoletana verso il suo


terzo centenario
5 di Anna Maria Siena Chianese

L’istruzione dei popoli è la rovina dei tiranni, l’ignoranza del popolo


tiene in vita il malgoverno
(Mario Pagano. Catechismo repubblicano, 1779)

10Il 2019 è appena iniziato ma sono già partite le iniziative rivolte a celebrarne il percorso,

come avviene negli anni dove il numero 9 è parte della decade […]. Il numero 9 occupa
il suo posto tra le date emblematiche della storia e tra le date che l’Istituto Italiano per
gli Studi Filosofici ha considerato, e considera, pietre miliari nella grande storia
universale e nella storia di Napoli. […]

15 1. _______________________________________________________________

Nella storia della Repubblica napoletana il numero nove, preceduto dal suo simile, è
autonomo dalle cifre inziali del secolo: la Rivoluzione napoletana è del ’99, è Napoli
’99, è la trama portante di un tessuto compositivo e connettivo di storia patria che è
andato a innestarsi nella grande storia via via che i giudizi, critici o encomiastici che
20fossero, cedevano il passo a un revisionismo storico-politico che non tramava

capovolgimenti, ma consentiva all’uomo di rivedere e reinterpretare la storia del mondo


e la sua stessa storia alla luce dei vecchi e dei nuovi tempi, allo scorrere degli anni, ai
cambiamenti o alle cadute delle prospettive, delle speranze e anche, perché no, delle
illusioni. […]

25Le illusioni di Foscolo, il dolore di Leopardi, la dedizione appassionata di corpo e anima

di quanti a tutto ciò hanno dedicato la vita: queste sono le antiche realtà, le decadenti
illusioni, le divine speranze che hanno aiutato il mondo a raggiungere mete certamente

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improponibili all’uomo dei nostri giorni. Le idee ridotte a ideologie che rinnegano sé
stesse o addolcite negli slogan doverosamente criptici del tipo ideali emancipativi di
30massa nascono col proposito, e col destino, di rinnegare sé stessi. La loro radice, idea, si

confronta invano con la realtà, perdendo sostanza e rischiando di trasformarsi da


presunta bandiera a straccio controvento.

2. ________________________________________________________________

La rivoluzione pensata, voluta perché i suoi effetti ricadessero quale riscatto civile e
35morale sull’elemento costitutivo dello Stato più debole, trova la sua cassa di risonanza

in tutta la città. […]

A caratterizzare la Rivoluzione napoletana fu anche, in parte, il contatto tra i piani alti e


il cortile dove maniscalchi, cocchieri, fabbri, contadini, piccoli artigiani lavoravano al
servizio del palazzo in un rapporto spesso affettivo o certamente di fiducia: una
40categoria sociale dalla vita del tutto diversa da quella della massa ma che da quel popolo

veniva, come gli artigiani-artisti che avevano appreso e continuavano ad apprendere la


loro arte lavorando accanto ai grandi architetti, artefici della splendida Napoli europea.

3. _______________________________________________________________

Sull’onda delle rivoluzioni settecentesche e dei venti di libertà che percorrevano


45l’Europa, nonostante le abissali differenze tra i popoli e la posizione politica dei diversi

Stati e degli stessi sovrani, i repubblicani di Napoli ritennero i tempi maturi per la
rivoluzione. Maria Carolina frequentava già ambienti illuministici della città e molti tra
gli intellettuali repubblicani avevano un rapporto di collaborazione con la Corte, da
Eleonora Pimentel Fonseca che ne era bibliotecaria e poetessa a Domenico Cirillo,
50medico della corte e dei sovrani ma questo equilibrio, instabile per forza di cose, era

destinato a crollare col Terrore.

Le mete che si ponevano quanti dettero la vita per migliorare le condizioni di un popolo
che sentivano proprio, sicuramente antesignane rispetto a quelle del resto dell’Europa,

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non si tradussero in un progetto di riforme tale da coinvolgere i destinatari nel loro
55ideale di riscatto sociale, economico e civile.

Tuttavia, sia presso gli stessi rivoluzionari che negli ambienti aristocratici della città,
l’avvenimento trovò la partecipazione appassionata di quanti considerarono la
rivendicazione dei diritti del popolo un riscatto da esercitare coralmente perché potesse
acquistare le valenze necessarie alla sua riuscita e dispiegarsi su un più vasto orizzonte
60in tutta la sua tragicità, nonostante il presentimento di dolore e di morte maturatosi nelle

coscienze.

La città, nella sua componente partecipe e consapevole della tragedia che vi si svolgeva
quotidianamente nel silenzio-assenso della parte che ne traeva i suoi vantaggi, fu
matrice e martire della Rivoluzione napoletana. E per città non intendiamo la culla
65magica di una Sirena, bensì quella sopravvissuta a sé stessa maturandosi all’innatismo

dell’autocritica, al pragmatismo che non frena, ma dà nuove luci al pensiero, all’idea,


agli ideali. Il pensiero dei rivoluzionari di Napoli si formò e si maturò in una città che
aveva attraversato i secoli e i millenni rinnovandosi ma senza mai essersi perduta, aveva
edificato una nuova lingua senza estirpare, ma arricchendo l’antica; aveva creato una
70letteratura, una filosofia, una musica alle quali far attingere il mondo e aveva diffuso nel

mondo le sue mille e una notte di favole delle quali erano protagonisti i personaggi
tipici dell’antico regno e della sua tradizione in una esemplare potenza allegorica e di
costume che metteva in scena in piccoli drammi la vita: il fatato Pentamerone di Giovan
Battista Basile i cui racconti, con nomi diversi, sono divenuti i classici delle favole
75europee.

4. ________________________________________________________________

Questa era la città dove si era formato e maturato il pensiero dei rivoluzionari del ’99,
una città dove l’Illuminismo non accese solo le sue luci, ma ne previde i corti circuiti
che ne avrebbero deviato le mete. Questa era la città dove avevano attecchito i semi del
80buon governo, quello che si pone il compito di esercitare una politica economica per il

bene comune.

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L’ambiente al quale il pensiero rivoluzionario alimentò le sue prospettive e le sue
illusioni era la Napoli dove Antonio Genovesi, dopo la cattedra universitaria di etica
ereditata da Gianbattista Vico, aveva retto la cattedra di economia politica, prima in
85Europa: passaggio significativo, per chi abbia approfondito il significato della politica

economica quale strumento di progresso, di benessere, di crescita e quindi di etica e di


civiltà. […]

Miracolosamente, circa tre secoli fa, Antonio Genovesi queste cose le aveva capite e ne
stava facendo l’elemento portante del suo insegnamento come lo sarà del magistero di
90Ferdinando Galiani. Le sue lezioni erano tenute in lingua italiana e non in latino perché

anche il popolo potesse comprenderne l’importanza ai fini del proprio benessere e del
proprio progresso civile. Genovesi rendeva inoltre accessibili nuovi percorsi di futuro
con l’istruzione e la formazione, aprendo la via al liberalismo e alla fisiocrazia.

Antonio Genovesi fu amico di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, e certamente


95il percorso verso Caponapoli trova nei Palazzi Sansevero uno dei suoi più intriganti

legami con un passato che può aiutare a comprendere l’essenza spesso fraintesa nella
sua multiforme varietà e nelle sue abissali profondità di una città quasi perduta.

5. ________________________________________________________________

L’Illuminismo napoletano non alimentava dall’esterno le sue fiaccole. Il pensiero


100rivoluzionario che percorse il Settecento ebbe una matrice comune che aveva attinto

all’Illuminismo napoletano la sua linfa: gli ideali di libertà e di progresso che percorsero
il mondo in quegli anni si ispirarono all’opera del giovane principe napoletano Gaetano
Filangieri, apparsa in un breve succedersi di anni sui mercati librari d’Europa.

Nella Scienza della Legislazione Filangieri svincola la legge dal contingente e ne


105sostiene la necessità di poggiare su princìpi scientifici, esattamente come la matematica

e la chimica che andava svincolandosi dall’alchimia. Solo una legge nata da questa
matrice di pensiero sarebbe stata in grado di consentire all’uomo la conservazione di sé
stesso e dei benefici ottenuti dalla crescita civile della quale era premessa e
conseguenza.

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110Principio ispiratore delle riforme è quello della città platonica, sede delle virtù, basata

sull’educazione e l’istruzione: un’educazione universale, ma non uniforme, consona alla


funzione da svolgere e tanto più severa quanto più questa era impegnativa.
Diversamente, non poteva che venirne fuori un appiattimento verso il basso, a livelli ai
quali l’educazione, e per conseguenza la formazione, avrebbero perduto i loro contenuti
115e il loro stesso significato.

E amaramente, e vanamente, dobbiamo dire che la storia ha dato ancora una volta
ragione non solo a Platone, ma al comune buon senso e che ciononostante, e in piena
consapevolezza dei grandi manovratori di riforme, ci sembra il caso di temere che
l’appiattimento continuerà a procedere verso la deriva del significato stesso dei termini.

120Base dell’educazione è per Platone l’etica, alla quale vanno formati governanti e

governati; fonte dell’educazione è la legge che assicura la vita civile e la certezza del
diritto, fondamentali a qualsiasi progetto di futuro che consenta all’uomo, in tranquillità
e sicurezza, di raggiungere condizioni di vita sempre migliori e di avvicinarsi allo stato
di felicità, sua meta naturale.

125 6. ________________________________________________________________

Inserire in un testo giuridico la parola felicità, forse la più suscettibile di interpretazioni


diverse per la sua indefinibilità oggettiva, era a sua volta una sfida e un segnale di
libertà da qualunque ostacolo alla vastità e alla libertà di pensiero. A Napoli la
consapevolezza che la verità possa avere molteplici aspetti e tutti validi fa parte, ancora
130una volta, di quell’innatismo che è intuito, sensibilità, creatività, coraggio di

confrontarsi con le infinite contraddizioni della vita. D’Annunzio ci presenta la sua


Felicità velata, ma ne intuirono l’essenza luminosa che consentiva un obiettivo di
progresso civile e sociale i coloni americani che si ribellarono alla madrepatria.
Franklin, coautore della Dichiarazione di Indipendenza del 1774, venne di persona a
135Napoli per conoscere Filangieri e invitarlo, invano, a trasferirsi in America.

La Dichiarazione d’Indipendenza del 1774 può considerarsi l’inizio della rivoluzione


americana, la più antica delle Rivoluzioni settecentesche come la relativa Costituzione

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del 1787, ancora quasi integralmente in vigore. Entrambe s’ispirarono alla Scienza della
Legislazione di Gaetano Filangieri, al diritto dei popoli alla libertà e alla ricerca della
140felicità.

Alexis de Tocqueville, nel suo libro sulla democrazia americana, scrive: la rivoluzione
francese ha generato violenza e terrore, quella americana libertà.

Tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento la dea Ragione tende a
degenerare nell’arroganza come la virtù era degenerata negli assolutismi politici e nella
145tracotanza borghese, ma nella Rivoluzione napoletana non vi furono compromessi né

adattamenti. La posta restò alta, ben più alta di quella delle rivoluzioni precedenti
perché fin dall’inizio ai valori connessi al benessere i rivoluzionari preposero quelli
della consapevolezza dei diritti come dei doveri, la coscienza di essere un Popolo,
elemento costitutivo dello Stato da difendere e promuovere una volta riabilitato nella
150sua identità.

7. _______________________________________________________________

Dello spirito mercantile che mancava quale spinta alla Rivoluzione napoletana del ’99
parlò in un incontro internazionale sul tema François Mitterand sottolineando che i
motivi che spinsero i repubblicani a ribellarsi ai sovrani prescindevano dall’eventuale
155tornaconto economico, preminente nelle altre rivoluzioni.

Il miglioramento del popolo voluto dai rivoluzionari riguardava naturalmente anche lo


status materiale delle sue condizioni di vita, ma il loro fine primario era quello di
difenderne la dignità e di promuoverne la libertà e la consapevolezza di sé, dei propri
diritti, delle ingiustizie e della mancanza di prospettive che lasciassero sperare in un
160rinnovamento delle sue condizioni e un ravvedimento da parte dei sovrani.

Principi e deduzioni apparentemente elementari espressi nei decenni dalle autorità del
pensiero e delle correnti politiche di diverse prospettive sono state solo l’eco della
grande missione interpretativa, valutativa ed esplicativa svolta dall’avvocato Gerardo
Marotta, Presidente dell’Istituto Italiano per gli studi filosofici, al suo fianco sempre

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165Antonio Gargano le cui lezioni di filosofia agli studenti liceali restano indimenticabili,

vera e propria memoria storica della cultura napoletana. […]

8. ________________________________________________________________

Tra le Costituzioni settecentesche quella della Repubblica napoletana conserva la sua


coerenza con i fatti che la determinarono e può considerarsi moderna, contemporanea,
170valida e densa di dottrina anche per questi nostri tempi indefinibili.

Sul frontespizio del suo Catechismo repubblicano quello che è stato considerato l’unico
autore della Costituzione, Mario Pagano, che merita uno studio a parte per la sua storia
di passione civile duramente pagata, scrive:

“L’istruzione del popolo è la rovina dei tiranni” e, a seguire, “L’ignoranza del popolo
175tiene in vita il malgoverno”: e limitiamoci a dire che i tempi gli hanno dato ragione e,

ahimè, continuano e continueranno a dargliela.

Altra regola aurea della Costituzione di Mario Pagano è quella che considera
l’uguaglianza fonte di diritti e di doveri e non elargizione irresponsabile di soli diritti
che, inevitabilmente, ne ridurrebbero i benefici fino a un appiattimento ancor più
180costrittivo. A tal punto, il nostro invito a leggere, o a rileggere, le quattro costituzioni

settecentesche può considerarsi non un invito a un dovere, ma a un’apertura di pensiero


e una spinta a confrontare tra loro i momenti cruciali della storia: confronti ormai
improcrastinabili perché, come sosteneva Gerardo Marotta, quando divampa l’incendio
bisogna che accorrano i pompieri, esortazione divenuta per lui sempre più stringente
185nel tempo e divampata nell’urlo di dolore e di sdegno: Gente, pensate al mondo!

9. ________________________________________________________________

Non sarebbe mai passata per la mente di Mario Pagano l’idea di eliminare i doveri dalla
sua aurea carta costituzionale. Dalla alcune Costituzioni francesi, come da quella del
1793, vennero esclusi i doveri perché non offuscassero la grande conquista dei Lumi: i
190diritti.[…]

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La Costituzione napoletana di Mario Pagano non indugia in utopie né in illusioni nella
sua robusta trama progettuale. Non materia di sogni, ma monumento coerente a un’idea
di giustizia e di verità, esempio di quello spirito illuministico che toccò a Napoli le sue
vette più alte. […]

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195ATTIVITÀ

A. Sono stati cancellati e mescolati i titoli dei paragrafi. Assegnate ogni sottotitolo al
paragrafo numerato corrispondente.

a. Le Costituzioni settecentesche: coerenze e spiazzamenti con la proiezione verso la


felicità

200 b. La lezione della Repubblica Napoletana

c. Lo spiazzamento tempistico e ideologico tra rivoluzionari e popolo

d. Il tramonto dell’idea

e. L’illuminismo europeo: luci, ombre e le abbaglianti fiaccole di Napoli

f. La Rivoluzione napoletana: Gerardo Marotta e l’Istituto Italiano per gli Studi


205 filosofici

g. La tensione alla Felicità: il coraggio delle parole e la sicurezza degli obiettivi

h. Gaetano Filangieri: La Scienza della Legislazione

i. La partecipazione cittadina all’ideale rivoluzionario dei Repubblicani

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