Sei sulla pagina 1di 6

CANTO III DEL PARADISO

Comprensione complessiva
1. Questo canto è suddiviso in sei sequenze:
o La prima va dal v.1 al v.33, a questa viene dato il titolo “dubbi
ed incertezze di Dante”
o La seconda va dal v.34 al v.57, viene intitolata “l’apparizione di
Piccarda”
o La terza va dal v.58 al v.90, viene intitolata “chiarimenti sui vari
gradi di beatitudine”
o La quarta va dal v.91 al v.108, viene intitolata “storia di
Piccarda”
o La quinta va dal v.109 al v.120, viene intitolata “apparizione di
Costanza D’Altavilla”
o La sesta va dal v.121 al v.129, viene intitolata “la luce
abbagliante su Beatrice”
2. All’interno del terzo canto del Paradiso, viene introdotto il mito di
Narciso, che fa riferimento alle Metamorfosi di Ovidio. Il mito di
Narciso, presente già dal v.10 con una similitudine, narra la storia di
un giovane ragazzo bellissimo di nome Narciso. Eco, una ninfa dei
monti, si innamorò di Narciso, figlio di Cefiso, un dio fluviale, e della
ninfa Liriope. Liriope a causa di una sua preoccupazione consultò
l'indovino Tiresia, il quale predisse che il ragazzo avrebbe raggiunto
la vecchiaia "se non avesse mai conosciuto se stesso”. Ai sedici anni
di Narciso, ogni abitante della città si innamorava di lui per la sua
bellezza; ma respingeva tutti. Mentre si trovava a caccia di cervi, Eco
lo seguì tra i boschi perché voleva rivolgergli la parola. Quando
Narciso sentì i passi si gerò, e vide Eco che stava correndo ad
abbracciarlo. Narciso però, rifiutò la ninfa dicendole di lasciarlo solo.
Nemesi, decise di punire Narciso per aver fatto soffrire Eco. Il
ragazzo, infatti, mentre era nel bosco, s'imbatté in una pozza
profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la
prima volta la sua immagine riflessa, s'innamorò perdutamente del
bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che era lui. Solo
dopo si accorse che l'immagine riflessa apparteneva a sé stesso e,
capendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell'amore, si lasciò
morire, come aveva detto Tiresia. Quando le Naiadi e le Driadi
vollero prendere il suo corpo, al suo posto trovarono un fiore, al
quale fu dato il nome di narciso.
3. Dal v. 58 al v. 63, Dante giustifica il suo comportamento dicendo a
Piccarda che nel suo aspetto risplende qualcosa di divino che la
rende diversa da come era in vita e che questo gli ha impedito di
riconoscerla subito. Dante si giustifica dicendole che il suo aspetto
illuminato dalla luce divina la rendeva molto bella, ma molto diversa
da come era in vita e per questo non riuscì a riconoscerla. Questa
giustificazione è presente dal v.58 al v.63, ma l’apparizione di
Piccarda si ha dal v.34.
4. La parola chiava del canto è il termine “carità”. La carità è una delle
tre virtù teologali, è la perfetta coincidenza tra la volontà di Dio e la
volontà stessa delle anime. Le anime, infatti, non avevano il
desiderio di stare in un grado di beatitudine più elevato, poiché
erano già appagate, e anche perché se lo desiderassero andrebbero
contro la volontà di Dio.
5. Già dal v.67 Piccarda è vogliosa e disponibile nel rispondere ai dubbi
di Dante. L’atteggiamento di Piccarda è molto simile a quello di
Beatrice, infatti, è molto gentile con lui, sempre sorridente e come
Beatrice possiamo definirla come madre benevola. Proprio per
questo possiamo parlare di un alter ego di Beatrice.
6. Anche avendo subito tutto quel male da parte dei fratelli Piccarda
decide di perdonarli, soprattutto perdonò il fratello Corso, che fu il
maggior responsabile del suo rapimento dal monastero e del
matrimonio con Rossellino Della Tosa. Ma Corso non ebbe il
perdono né di Dio né di Dante, infatti egli sarà ucciso e mandato
all’Inferno da una bestia diabolica. I versi da quale si evince che
Piccarda li ha perdonati sono dal v.106 al v.108.
7. Costanza D’Altavilla racconta di aver avuto lo stesso destino di
Piccarda, perché è stata strappata dal convento e non ha potuto
continuare la sua vita da suora. La famiglia, infatti, la strappò dal
convento per sposare Enrico VI e per partorire Federico II di Svevia.
La frase “il vel del cor” significa che dentro il suo cuore rimase per
sempre il velo da suora.
Analisi del testo
1. La prima domanda che Dante fa a Piccarda è se è felice o se
desidera un grado di beatitudine più alto. La risposta di Piccarda è
molto gentile, lei spiega che la carità riesce ad appagare ogni loro
desiderio e li induce a volere solo ciò che hanno e non altro.
Riprendendo il significato di carità, se loro desiderassero essere in
un grado superiore di beatitudine, i loro desideri sarebbero contro
la volontà di Dio. Quindi, piccarda aggiunge che l’essere beati
comporta l’adattarsi alla volontà di Dio.
2. Nel canto sono presenti diverse figure retoriche come:
o “Sol” al v.1, epiteto per Beatrice, cioè l’accostamento di un
aggettivo o elemento che lo caratterizza.
o “Beata/Beati” ai vv.50-51, paronomasia, cioè l’accostamento
di due parole molto simili, ma che hanno significato diverso.
o “Voti e vòti” al v.57, paronomasia, cioè l’accostamento di
parole molto simili, ma che hanno significato diverso. Infatti,
“voti” fa riferimento ai voti di Piccarda; mentre “vòti” è un
participio passato del verbo volgere.
o “Tela” al v.95 e “Spuola” al v.96, troviamo una similitudine, il
primo termine di paragone è tela, che rappresenta il progetto
di vita, che tutti dobbiamo sviluppare; mentre il secondo
termine di paragone è spuola, fa riferimento a dei strumenti
che ci permettono di concludere il progetto di vita.
o “Stimando specchiati sembianti” al v.20, è un’allitterazione
della lettera T e della lettera S
3. I latinismi e i termini della filosofia scolastica sono:
o Al v.48 “celerà”, latinismo; da celo che significa nascondere
o Al v.56 “neglego”, latinismo; neglego che significa trascurare
o Al v.61 “festino”, latinismo; festinus che significa veloce
o Al v.75 “cerno”, latinismo; cerno che significa distribuire in
modo uguale
o Al v.77 “necesse”, termine della filosofia scolastica
o Al v.79 “formale” e “esto beato esse”, termini della filosofia
scolastica ed inoltre “esto beato esse” è anche un latinismo.
4. Nel canto sono presenti alcune similitudini legate all’acqua, come al
v.11 “per acque nitide e cristalline” e anche al v.123 “come per
acqua cupa”. Queste similitudini vengono introdotte perché l’acqua
è simbolo di purificazione proprio come nella cultura cristiana, che è
anche simbolo del Battesimo e quindi della purificazione dell’anima.
Questo tema è presente sia all’inizio del canto, con la comparsa
delle anime che sembrano essere riflesse nell’acqua limpida; sia alla
fine con la scomparsa di Piccarda che sprofonda nell’acqua.
5. Nel canto sono presenti dei termini legati al lessico del desiderio e li
troviamo: ai vv.34-36 “vaga” e “voglia”, al v.44 “voglia”, al v.65
“disiderate, ai vv.70-72 “volontà” e “volerne” e “asseta”, ai vv.80-81
“voglia” e “voglie”, al v.84 “voler”. Inoltre, ogni parola detta da
Piccarda viene collegata al lessico del desiderio, perché Piccarda fu
strappata dal convento e quindi dal suo desiderio di diventare
suora.
6. Il canto è caratterizzato da una struttura circolare perché sia
all’inizio sia alla fine è presente il tema dell’acqua: all’inizio troviamo
Dante che guarda le anime come se fossero riflesse in acque nitide;
alla fine troviamo Piccarda che scompare sprofondando nell’acqua.
Inoltre possiamo dire che anche la stessa figura di Beatrice influisce
alla circolarità del canto perché all’inizio rivolge lo sguardo verso il
cielo, mentre alla fine Dante la osserva e rimane colpito dalla luce
abbagliante.
Approfondimento
1. Nel canto, si narra la storia di due donne importanti: la prima è
Piccarda Donati; mentre la seconda è Costanza D’Altavilla. Costanza
D’Altavilla, era una suora e come Piccarda, venne strappata dal
convento per sposare Enrico VI di Svevia. Lei fu costretta a partorire
in piazza perché, dopo aver partorito, doveva mostrare il figlio al
popolo, era una delle tradizioni medievali perché a volte capitava
che una donna non potendo avere dei figli rubava il bambino di
un’altra donna. Tra Piccarda e Costanza risulta esserci un’analogia,
perché entrambe subirono una violenza da parte della famiglia,
perché entrambe videro i loro sogni e i loro desideri andare in
frantumi, Piccarda per sposare Rossellino della Tosa; Costanza per
sposare Enrico VI di Svevia e per dare alla luce Federico II di Svevia.
Dante giustifica la violenza su Costanza, perché dice che il suo unico
compito era quello di partorire un sovrano, Federico II di Svevia;
mentre non giustifica e non perdona la violenza su Piccarda perché
non le fu permesso di proseguire i suoi sogni per salvare le
condizioni economiche della famiglia.
2. In questo canto, è presente un tema molto importante, il tema della
violenza sulle donne del Medioevo, qui si ha un parallelismo con tre
donne: Francesca da Rimini, Pia de’ Tolomei e Piccarda Donati. Ci
viene presentata Francesca da Rimini nel V canto dell’Inferno, qui
racconta la sua storia: Francesca fu costretta a sposare Gianciotto
Malatesta, pur essendo innamorata del cognato Paolo, fu costretta
perché nel Medioevo erano le famiglia a decidere e a stabilire con
chi dovessero sposarsi i figli. Quando la relazione tra Francesca e
Paolo fu scoperta, Gianciotto fece uccidere entrambi. Francesca
rappresenta l’amore adultero tipico del Medioevo. Ogni donna ha
un simbolo che rappresenta il proprio tipo di amore, il simbolo
dell’amore di Francesca fu il libro di Lancillotto e Ginevra, che
narrava una storia di amore simile a quella loro. Nel V canto del
Purgatorio, Dante incontra Pia de’ Tolomei. Pia nacque a Siena, ma
morì nella Maremma, perché il marito, Nello Pannocchieschi,
innamorato di un’altra donna si liberò di lei gettandola da una rupe.
Pia rappresenta quell’amore vero, ma non corrisposto. Come
Francesca, anche Pia ha l’oggetto dell’amore, che in questo caso è la
fede nuziale. Dante incontra Piccarda Donati nel III canto del
Paradiso, la quale non subì una violenza da parte del marito, ma dai
fratelli. Piccarda sin da piccola sognava di far parte di un monastero
e quindi di diventare suora. Per un breve periodo della sua vita ci
riuscì, ma quando fu abbastanza grande per sposarsi, i fratelli per
migliorare le condizioni familiari, la strapparono dal convento per
farla sposare con Rossellino della Tosa, che faceva parte di una
famiglia potente. Una leggenda narra che durante la prima notte di
nozze, il suo corpo si riempì di piaghe al tal punto che il marito non
riuscì a toccarla. L’oggetto dell’amore di Piccarda è il velo monacale,
che rappresenta un amore diverso, cioè l’amore per Dio. Queste
donne e le loro vite sono molto simili, perché si parla per tutte di
violenza e ognuna di loro sono caratterizzate da un oggetto che
rappresenta loro e il loro amore.

Potrebbero piacerti anche