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Politica Economica - Riassunto esame Economia Pubblica

Economia politica (Libera Università Maria Santissima Assunta)

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Introduzione
A certe condizioni il mercato produce delle allocazioni Pareto-ottime, le condizioni di Pareto
efficienza possono venir meno, pertanto si necessita l’intervento dello Stato. Anche in assenza
di fallimenti i mercati necessitano dello Stato per funzionare. L’Italia è un’economia mista in
quanto le attività economiche sono portate avanti dai privati e dallo Stato, che influenza l’attività
privata direttamente ed indirettamente tramite regolazione, tasse e sussidi.
Efficienza
Si ha un miglioramento paretiano ​quando in un insieme di persone, spostandosi dalla
situazione ​a ​a quella ​b, ​almeno uno degli individui aumenta la propria soddisfazione.
Ottimo Paretiano. ​Se nella situazione ​c​ tutti i miglioramenti paretiani sono esauriti, non è
possibile aumentare l’utilità di un individuo senza peggiorare quello di almeno un altro.
Alla base del criterio paretiano ci sono delle ASSUNZIONI:
- ogni individuo è il miglior giudice del proprio benessere.
- il benessere di una società è dato dalla ​somma del benessere ​degli individui che la
compongono
- il benessere della società aumenta se aumenta l’utilità di ​almeno un individuo ​senza
che peggiori quella di un altro.

Il Saggio Marginale di Sostituzione (SMS)​ misura la quantità di un bene a cui l’individuo è


disposto a rinunciare in modo da avere una quantità aggiuntiva di un secondo bene. L’SMS
misura l’equivalenza soggettiva tra i beni per il consumatore e graficamente è la pendenza della
curva di indifferenza. L’SMS è dato da: dYi/dXi = (∂Ui/ ∂Xi) / (∂Ui/ ∂Yi). Dove (∂Ui/ ∂Xi) / (∂Ui/
∂Yi) è il rapporto tra le utilità marginali.

Il consumatore ottimizza la propria utilità quando, dato il vincolo di bilancio, la quantità di un


bene che è disposto a cedere in cambio ad un’unità di un altro bene è uguale al rapporto tra i
prezzi dei beni. In concorrenza perfetta i prezzi dei beni sono gli stessi per tutti i consumatori.

Condizioni di Efficienza Paretiana


Si ha ​efficienza nello scambio​ quando assistiamo ad una corretta allocazione nel consumo dei
beni. In questo caso si raggiunge un’uguaglianza tra il saggio marginale di sostituzione per ogni
coppia di beni tra i consumatori.
Si ha ​efficienza nella produzione ​quando si ha un’efficiente allocazione degli inputs produttivi.
È l’uguaglianza del Saggio Marginale di Sostituzione Tecnica (SMST) per ogni coppia di inputs
tra i produttori.
Si ha efficienza nella combinazione dei beni prodotti quando sussiste un’uguaglianza del SMS
tra ogni coppia di beni per tutti i consumatori, e del Saggio Marginale di Trasformazione (SMT)
Limiti del criterio Paretiano:
È principalmente una visione di tipo individualistico. Un individuo non ha sempre tutte le
informazioni rilevanti per calcolare il proprio benessere, le preferenze individuali non sono
sempre date, ma possono evolvere con l'evolversi delle circostanze. Inoltre il criterio paretiano
non ammette l’esistenza di bisogni individuali che necessitano tutela, se non quelli espressi
dall’individuo stesso. Il criterio paretiano non ammette la possibilità di confronti interpersonali,
non è possibile confrontare diverse allocazioni ottime. Non ammette la possibilità di
compensazioni tra gli individui, se le utilità individuali non sono comparabili non si può
individuare un ammontare monetario che compensi un’eventuale perdita di utilità.

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Mentre in microeconomia il mercato produce da se esiti efficienti, in politica economica si cerca


il modo più efficiente di intervenire nel caso di fallimento del mercato.

Un ​miglioramento paretiano​ implica un cambiamento nell’economia che lasci almeno una


parte più soddisfatta e tutte le altre non meno soddisfatte. Ma una volta esauriti gli scambi
volontari, ne rimangono altri da fare? I soggetti potrebbero non scambiare volontariamente ed il
criterio paretiano non è in grado di rispondere a questi quesiti.

Il Criterio di Kaldor-Hicks
Si ha un ​miglioramento di Kaldor-Hicks​ quando un cambiamento nell’economia aumenta il
valore totale raggiunto dalla società nel suo complesso. Questo tipo di cambiamento potrebbe
non avvenire in modo spontaneo, ma necessitare di un intervento esterno.
Il miglioramento K-H può implicare dei vincitori e dei perdenti. Fino a quando i vincitori
guadagnano più di quanto perdono i perdenti la società genera un guadagno netto che può
comunque essere redistribuito.
In quasi tutte le decisioni di intervento pubblico gli scambi paretiani (volontari) sono già stati
esauriti e rimangono i miglioramenti di Kaldor Hicks. Il criterio K-H è utilizzabile solo nel caso in
cui si decida di confrontare e sommare le utilità individuali (la cui somma era rifiutata da Pareto).
L’utilità è misurabile tramite la disponibilità a pagare.

Come si può ottenere l’ottimo sociale?


1. Attraverso un social planner, ovvero quell’elemento utilizzato per individuare chi decide
per conto della comunità distribuendo le risorse sulla base delle preferenze e delle
produttività individuali. Si presuma sia benevolo e pienamente informato.
2. Attraverso un sistema di mercato che deleghi l’allocazione delle risorse al meccanismo
dei prezzi.
L’ottimo sociale è ottenibile attraverso il mercato e questo viene spiegato dai due teoremi del
benessere​.
1 Teorema del benessere.
In un sistema economico di concorrenza perfetta nel quale vi sia un insieme completo di
mercati, l’equilibrio concorrenziale è un ottimo paretiano.
Questo teorema implica delle assunzioni:
- I prezzi sono dati, gli agenti economici sono price-taker e non price-maker.
- I mercati sono completi.
- I beni sono privati
- L’informazione è perfetta, compratore e venditore conoscono tutti i dettagli del bene
scambiato
Quando tali assunzioni vengono meno il mercato fallisce.
L’implicazione normativa​ del 1 Teorema del benessere è quella che favorire le condizioni di
concorrenza perfetta conduce ad un’allocazione pareto-efficiente.
Secondo il 1 Teorema del Benessere lo Stato deve essere minimo, le libertà basilari devono
essere garantite, il diritto di proprietà deve essere protetto ed i contratti devono essere eseguiti
e fatti rispettare.
I limiti che presenta questo teorema dipendono dalla scarsa esistenza delle sue assunzioni
nella realtà. I mercati in realtà non sono completi, i prezzi non sono dati, esiste un potere di
mercato, i beni non sono tutti privati in quanto esistono dei beni pubblici, l’informazione è
sempre incompleta.
2 Teorema Del Benessere​.

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In presenza di mercati completi, ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come
equilibrio concorrenziale previa un’appropriata allocazione delle risorse iniziali tra gli individui.
Un sistema di concorrenza perfetta non necessariamente risolve i problemi distributivi.
Implicazione normativa​: un’autorità che sia in grado di modificare la distribuzione iniziale delle
risorse può ottenere, tramite il mercato, un’allocazione pareto-efficiente. Gli individui devono
essere messi in condizioni di partenza eque. Lo Stato ha pertanto una funzione redistributiva/
equitativa, mentre il mercato ha una funzione allocativa. Efficienza ed equità possono essere
ottenute distintamente con due meccanismi separati.
Limiti. Valgono anche qui i limiti imposti all’utilitarismo ed al criterio paretiano, in più la
redistribuzione ha dei costi elevati. Richiede molte informazione in capo allo Stato e gli individui,
le imposte sono distorsive in quanto modificano il comportamento, la macchina redistributiva ha
un costo (la burocrazia). Il raggiungimento dell’equità richiede una riduzione dell’efficienza.
I teoremi fondamentali sono validi solo nel caso in cui tutti i consumatori e tutti i produttori siano
price taker, in caso contrario l’allocazione delle risorse sarà inefficiente. Caso limite in cui i
produttori determinano il prezzo: monopolio, oligopolio e mercati in cui i beni sono differenziati.
Analizzando congiuntamente i due teoremi si evince che: nelle condizioni di concorrenza
perfetta il mercato è in grado di condurre ad allocazioni pareto efficienti (primo teorema), ed
attraverso un’opportuna divisione dei ruoli con lo Stato, può portare ad un’allocazione pareto
efficiente più equa (secondo teorema).

La funzione di benessere sociale FBS o SWF​ è la rappresentazione delle preferenze della


collettività rispetto alla distribuzione delle risorse tra i suoi membri. La FBS aggrega le funzioni
di utilità individuali. Da una FBS si ricavano le curve di indifferenza sociale, ovvero quelle curve
che indicano le combinazioni di utilità individuali che la collettività ritiene essere tra loro
equivalenti. Il benessere sociale aumenta man mano che ci si sposta in alto a destra. Nel caso
in cui la curva di indifferenza sia tangente alla curva di utilità siamo in presenza di un punto
pareto efficiente ed equo.
Esistono diversi modi di aggregare le funzioni di utilità individuali:
Approcci Welfaristi, che si basano sull’individualismo etico e metodologico e sull’idea che la
società debba tendere a soddisfare le preferenze espresse dagli individui.
1. Visione utilitaristica o Benthamiana​, il benessere sociale è dato dalla​ somma​ delle utilità
individuali. Le curve di indifferenza sono piatte, questa visione è indifferente alla
distribuzione delle risorse, pertanto non include nessun principio egualitario. Si tratta di
ordinamenti cardinali in cui è possibile sapere chi sta meglio e di quanto.
2. Funzione di Bernoulli-Nash​, il benessere sociale è dato dal prodotto delle utilità
individuali. Le curve sono convesse e si tiene conto della distribuzione equitativa.
Introduce un ​principio egualitario ​nella misura in cui l’aumento dell’utilità di un
individuo è compensato da decrementi sempre più piccoli dell’utilità dell’altro.
3. Funzione egualitaria​ associata a curve di indifferenza sociali puntiformi, bisettrici
dall’origine. u1=u2
4. Funzione Rawlsiana​. Il benessere sociale è dato dal valore minimo degli individui che
compongono la società. Principio del minimo-massimo: il benessere sociale aumenta se
aumenta il benessere dell’individuo con utilità minore. Non impedisce al ricco di
arricchirsi ulteriormente, ma i miglioramenti nella società si raggiungono solo se il povero
aumenta il proprio benessere. Secondo Rawls bisogna disegnare politiche economiche
atte ad aumentare il benessere di chi sta peggio.
Teoria della Giustizia di Rawls. Rawls contesta al liberalismo di legittimare le situazioni
di benessere nullo, aumentando il benessere dell’individuo già ricco. Secondo l’autore di

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“a Theory of Justice” la vera giustizia è la giustizia distributiva, pertanto l’aumento delle


disuguaglianze è accettabile solo se implica un miglioramento dell’individuo che vive una
condizione più svantaggiosa; gli individui dovrebbero esprimere i principi che devono
regolare la società senza essere influenzati dalla loro posizione nella scala sociale.
Approcci Non Welfaristi, che rifiutano la massimizzazione dell’utilità individuale.
1. Dworkin e l’uguaglianza delle opportunità.​ L’equità riguarda l’uguaglianza delle
condizioni iniziali e non ha a che fare con gli esiti della competizione tra individui. Il ruolo
dello Stato è quello di correggere eventuali disuguaglianze distributive iniziali, quando gli
individui non ne sono personalmente responsabili. La FBS non è costruita sugli esiti, ma
sulle opportunità iniziali.
2. Nozick e la giustizia procedurale​ le azioni degli individui devono avvenire nel rispetto dei
diritti fondamentali come il diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà e
all’autodeterminazione. Ciò che secondo Nozick rende giusta, equa, una distribuzione
finale non sono le caratteristiche di tale distribuzione, ma la correttezza delle procedure
che l’hanno determinata. Assistiamo ad una concezione Kantiana dell’individuo, per cui
l’individuo è il fine, ogni tentativo di interferenza è un tentativo di trasformazione
dell’uomo in mezzo. Ne consegue che ogni intervento redistributivo da parte dello Stato
equivale ai lavori forzati. La FBS deve minimizzare la redistribuzione. La tassazione,
così come ogni coercizione, è in contrasto con la libertà individuale e viola la correttezza
delle procedure. Visto che la disuguaglianza che emerge dalle differenti capacità di
sforzo e lavoro è legittima, le teorie di Nozick sono definite Neo-Lockiane.
3. Sen e le capacitazioni​ (premio Nobel). Propone una teoria della giustizia basata sulle
condizioni oggettive e non soggettive degli individui. La giustizia è l’uguaglianza delle
capacitazioni cioè delle capacità funzionali degli individui (essere in grado di partecipare
alla vita politica, agli scambi economici, vivere fino alla vecchiaia, avere accesso
all’istruzione).Secondo Sen è giusto quello che aumenta le capacitazioni della parte più
povera della società. La FBS Seniana tenta di inserire i diritti e le libertà all’interno delle
Funzioni di Benessere Sociale e cerca di aggregare le capacitazioni, ma non esiste un
modo per aggregarle davvero.
​Assenza di mercati​.
Se per un determinato bene non esiste un mercato, non possiamo pretendere che il mercato
assicuri un’allocazione efficiente di quel bene.
Il mercato può non esistere in diversi casi:
- Nel caso di ​informazione asimmetrica​, ovvero quando una delle due parti coinvolte nella
transazione dispone di informazioni che l’altra non possiede.
- Esternalità​, è un’inefficienza che può derivare dalla mancanza di un mercato. È la
situazione in cui il comportamento di un individuo influisce sul benessere di un altro in
modi che non si riflettono sui prezzi dei mercati esistenti. In questo caso l’uguaglianza
MPC= MSC non esiste e si ha un’allocazione inefficiente delle risorse. L’esternalità non
è necessariamente un fenomeno negativo.
- Bene Pubblico​, cioè un bene o un servizio il cui consumo non è rivale e non è
escludibile. La non rivalità implica che il consumo di un bene da parte di un individuo
non impedisce a qualsiasi altro di usufruirne. Non escludibilità quando l’esclusione di
uno o più individui dal consumo è troppo costosa o impossibile. Il meccanismo del
mercato può non riuscire a convincere gli individui a a rivelare le proprie preferenze
riguardo ai beni pubblici, questo può far sì che che vengano impiegate delle risorse
insufficienti per produrli.

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Nel caso in cui l’allocazione delle risorse determinata dal mercato è inefficiente, l’intervento
pubblico può provare a migliorare la situazione, ma non sempre ci riesce. In alcuni casi il costo
dell’intervento pubblico supera il costo dell’ esternalità stessa, e molte volte gli organi
governativi possono commettere degli errori.

Beni Pubblici​.
Si distinguono in ​puri ​ovvero beni o un servizi il cui consumo non è rivale e non è escludibile; ed
impuri ​ovvero beni o servizi caratterizzati da diversi gradi di non rivalità e non escludibilità nel
consumo. Se tutti consumano la stessa quantità di bene pubblico non significa che tale
consumo debba essere valutato da tutti allo stesso modo, diversi individui hanno opinioni
divergenti sui beni pubblici. La natura di un bene pubblico non è assoluta e costante, ma evolve
perché dipende dalle condizioni del mercato e dai livelli tecnologici raggiunti.
Inoltre, non è detto che la non escludibilità e l’assenza di rivalità nel consumo siano sempre
associate, anche la non escludibilità di un bene dipende dalle tecnologie disponibili e dalle leggi
in vigore e pertanto non è una caratteristica assoluta del bene.
Per alcuni beni il consumo non è rivale ma l’esclusione è possibile ad esempio le pay - TV.
L’esclusione è efficiente quando crea incentivi per la produzione, che altrimenti non esisterebbe.
Non è efficiente quando induce il sottoconsumo di un bene il cui costo marginale è 0 (MC = 0 <
p).
Se l’esclusione è possibile, anche quando il consumo è non rivale, lo stato spesso richiede il
pagamento di tariffe. Ad esempio le tasse aeroportuali, i pedaggi o i canoni. Si tratta di
soluzione equa in quanto coloro che usano i beni di più pagano di più, ma al tempo stesso se il
consumo non è rivale, le tariffe o i pedaggi anche se equi, sono inefficienti.

Esistono cose che hanno caratteristiche di beni pubblici, ma che non sono classificate come
merci, come l’onestà e la buona fede.
Un bene fornito pubblicamente non è sempre prodotto dal settore pubblico.
I beni privati non vengono necessariamente forniti solo dal settore privato, in quanto esistono
diversi beni privati forniti pubblicamente. In quanto beni privati, questi sono caratterizzati da
rivalità ed escludibilità nel consumo, come ad esempio l’assistenza sanitaria e l’edilizia
popolare, i cd beni meritori.
Lo Stato produce questi beni perché i beni meritori producono esternalità positive oltre a
benefici privati, e per una questione distributiva. Spesso questi beni privati (MC>0) sono forniti
dallo Stato gratuitamente generando sovraconsumo le cui distorsioni possono essere enormi.
Per ovviare al problema del sovraconsumo si possono adottare diverse soluzioni:
1.​Prezzi​: si possono imporre tariffe per limitare la domanda. Esempio: ticket sanitario
2.​Offerta uniforme​: si può fornire a tutti la stessa quantità del bene. Esempio:
istruzione, anche se a volte l’offerta non riflette le esigenze personali (c’è chi ne vuole
più, chi ne vuole meno).
3.​Code​: si impone di sopportare un costo in termini di tempo d’attesa. Ciò consente
qualche adattamento del livello di offerta alle esigenze degli individui. Per esempio,
coloro la cui domanda di servizi sanitari è più forte saranno maggiormente disposti ad
attendere nello studio di un medico.
Allo stesso modo esistono beni pubblici forniti dal settore privato​.
Lo stato ed il mercato possono essere complementari e coesistenti. In questo caso l’intervento
del primo potrebbe essere volto a correggere e indirizzare il funzionamento del secondo, e non
a porsi come soluzione antitetica.

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La natura “pubblica” di determinati interessi in gioco non implica che un soggetto pubblico sia
capace di ottenere risultati migliori rispetto a quegli interessi, a causa delle numerose distorsioni
cui l’intervento pubblico dà origine.

Domanda di beni pubblici


La quantità di bene pubblico è unica, ma i prezzi che gli individui sono disposti a pagare può
essere diversa. Il pagamento addizionale che un individuo deve effettuare per ottenere ogni
unità aggiuntiva di bene pubblico viene definito ​prezzo-imposta​. Il prezzo imposta di due
individui può essere diverso.
Il prezzo imposta per ​i ​è ​pi ​ed il vincolo di bilancio per ​i ​è C+​pi​G= Y.
​Dati due beni, uno privato ed uno pubblico il vincolo di bilancio è la combinazione di beni che
un individuo può acquistare dato il suo reddito ed il suo prezzo-imposta. Il ​SMS è decrescente​,
man mano che l’individuo ottiene più beni pubblici, rinunciando ai beni privati, l’ammontare di
beni privati cui l’individuo è disposto a cedere per ottenere un’unità addizionale di beni pubblici
si riduce. Facendo variare il prezzo-imposta e vedendo quale quantità sarà domandata è
possibile determinare la​ curva di domanda individuale di beni pubblici​.
La domanda individuale è la ​WTP marginale​. Per ciascuna quantità indica quanto l’individuo
sarebbe disposto a pagare (in termini dell’altro bene) per una unità extra del bene pubblico.
In ciascun punto della domanda individuale SMSi = p.
La ​domanda collettiva​ è la somma delle WTP marginali. Le domande individuali vengono
sommate verticalmente.

Condizioni di fornitura efficiente dei beni privati:​ la curva di domanda per un bene privato si
ottiene sommando il numero di beni che ogni individuo consuma per ciascun prezzo. La somma
è orizzontale. Il mercato è in equilibrio quando la domanda e l’offerta si eguagliano.

Offerta di beni pubblici.


Per fornire la ​quantità efficiente di beni pubblici​ è necessario che la somma delle disponibilità
dei cittadini a pagare per un’ulteriore unità di bene, sia uguale al suo costo marginale.
La quantità efficiente di bene pubblico è nel punto in cui la disponibilità totale a pagare
interseca la curva di offerta.

I beni pubblici rappresentano un fallimento del mercato ​perché di fronte ad un bene


pubblico non escludibile le persone non hanno incentivi a rivelare le loro vere preferenze. Gli
individui stanno meglio se riescono a far credere che il loro Saggio Marginale di Sostituzione
(SMS) sia basso, e cercano di usufruire di un bene per cui altri individui pagano. Questo
atteggiamento è definito problema dell’opportunismo o del ​Free rider. ​È quindi molto probabile
che verrà fornita una quantità di bene pubblico inferiore a quello efficiente.
A questo problema si può rispondere attraverso la ​perfetta discriminazione di prezzo, ​ovvero
quella situazione in cui un produttore fa pagare a ciascun individuo il prezzo massimo che il
singolo è disposto a spendere per quel bene. La perfetta discriminazione di prezzo presuppone
però che il produttore conosca esattamente le preferenze di ogni singolo individuo e se si
conoscessero davvero tutte le preferenze individuali non si porrebbe in problema di determinare
il volume di produzione ottimale del bene pubblico. Anche se un bene pubblico è escludibile (e
quindi può essere applicata la discriminazione di prezzo) è probabile che sorgano inefficienze
nel caso questo venga fornito da privati.

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C’è chi sostiene che il problema del free riding possa essere risolto tramite l’intervento dello
Stato, che usando il proprio potere coercitivo, può imporre a tutti gli individui di pagare per i beni
pubblici.

Sottoproduzione di beni pubblici.


Esistono due soluzioni a questo problema: l’ introduzione di un incentivo a produrre il bene da
parte di privati, creando escludibilità tecnica o legale; la produzione del bene da parte dello
Stato con applicazione di una tariffa per il consumo (per finanziare i costi di produzione).
In presenza di non rivalità, entrambe le soluzioni determinano sottoconsumo, cioè consumo
inferiore al livello socialmente ottimale.

Esternalità
Quando l’attività di un soggetto economico influisce sul benessere di un altro soggetto
direttamente, ovvero non mediante variazioni nei prezzi di mercato, l’effetto viene definito
esternalità. A differenza delle variazioni dei prezzi di mercato le esternalità variano le condizioni
dell’efficienza economica. Una delle applicazioni più importanti della teoria delle esternalità
riguarda la tutela dell’ambiente.
Un’esternalità deriva dalla mancata assegnazione dei diritti di proprietà. Se il diritto di proprietà
fosse definito si dovrebbe pagare un prezzo per usufruire di un qualsivoglia bene (ad esempio
un fiume) e non saremmo in presenza di un’esternalità. Se una risorsa è proprietà di qualcuno,
il prezzo ne riflette il valore per usi alternativi e la risorsa viene impiegata in modo efficiente. Al
contrario, le risorse di proprietà comune vengono utilizzate in maniera non efficiente perché
nessuno è incentivato a economizzare i loro uso.
Le esternalità possono essere prodotte sia dalle imprese che dai consumatori, possono essere
positive. I beni pubblici possono essere considerati un tipo particolare di esternalità. Infatti
quando il consumo da parte di un individuo crea un’esternalità positiva su altri consumatori,
l’esternalità positiva ha il carattere di un bene pubblico puro in quanto il suo effetto è non rivale
e non escludibile. Ad esempio il consumo di un vaccino da parte di un singolo privato è
escludibile e rivale, ma i suoi effetti esterni positivi (immunità di gregge) sono non rivali e non
escludibili, ossia hanno le caratteristiche proprie di un bene pubblico puro.
Correzioni delle esternalità, soluzioni private.
In presenza di esternalità si verificano allocazioni inefficienti delle risorse. I singoli cittadini
possono autonomamente correggere le inefficienze allocative derivanti dalle esternalità.

- Diritti di proprietà e teorema di Coase.


Visto che alla base della creazione delle esternalità abbiamo la mancanza di diritti di proprietà
un modo per correggerle potrebbe essere assegnare ai privati la proprietà della risorsa.
Il teorema di Coase afferma che in caso di esternalità, la contrattazione tra i privati porta ad
un’allocazione efficiente, a condizione che i diritti di proprietà siano definiti. L’efficienza sarà
raggiunta indipendentemente da chi detiene i diritti. Non è necessario l’intervento dell’autorità
pubblica (se non limitatamente all’attribuzione dei diritti di proprietà). Il teorema si basa su due
assunzioni: i costi della contrattazione devono essere bassi, in modo da incentivare le parti, ed i
proprietari delle risorse devono essere in grado di identificare i danni e prevenirli legalmente.
Queste assunzioni si rivelano nella realtà particolarmente complicate. Prendendo ad esempio
l’inquinamento dell’aria, anche nel caso in cui si possano identificare i diritti di proprietà, è quasi
impossibile stabilire chi, tra i detentori del diritto, sia il responsabile dell’inquinamento ed in
quale misura. Il teorema di Coase è quindi valido solo nel caso in cui siano coinvolti pochi
soggetti e le fonti dell’esternalità siano ben definite.

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- Fusioni
Un altro modo per combattere le esternalità consiste nell’internalizzarle, fondendo le imprese
coinvolte. In questo caso, il profitto ricavato dalla comune impresa sarebbe più elevato della
somma dei profitti ottenuti singolarmente. Il mercato fornisce dunque una notevole spinta alla
fusione. Una volta avvenuta la fusione il soggetto in carica delle gestione della nuova impresa,
terrebbe conto dell’esternalità nel decidere quale livello di output produrre.

- Regole di convivenza civile


A differenza delle imprese, i singoli individui non possono dare luogo a fusioni per internalizzare
le esternalità, in questo caso sono le regole di convivenza civile ed altre convenzioni sociali ad
entrare in gioco.

Correzione delle esternalità, soluzioni pubbliche


Nel caso in cui gli individui non riescano a raggiungere una soluzione efficiente, lo Stato può
intervenire.

- Imposte à la Pigou (imposta pigouviana)


Si tratta di un’imposta che grava su chi provoca un’esternalità negativa per ogni unità di output
prodotta e per un ammontare pari al danno marginale che l’impresa provoca in corrispondenza
del volume efficiente di output. L’imposta genera una nuova curva dei costi che comprende il
costo marginale privato ed il costo dell’imposta, costringendo l’impresa a prendere in
considerazione i costi dell’esternalità che produce, inducendolo quindi a produrre una quantità
efficiente.
Anche l’applicazione dell’imposta pigouviana è controversa, essa presuppone che sia noto chi
provochi l’esternalità e in che misura, parametri molto difficili da individuare nella realtà.
L’imposta può essere utilizzata per correggere esternalità negative diverse dall’inquinamento,
come il traffico (pedaggi).

- Sussidi
Supponendo che il numero di imprese inquinanti sia fisso, si può ottenere il volume efficiente di
produzione pagando chi inquina perché non lo faccia. L’impresa decide di non produrre un’unità
aggiuntiva di output se il costo marginale per produrla è maggiore del beneficio marginale, in
questo caso accetta il sussidio. Il sussidio induce l’impresa a produrre esattamente il livello
efficiente di output, dove il costo di opportunità totale, ovvero il costo marginale privato (MPC) +
il sussidio = beneficio marginale (MB).
L’introduzione di un sussidio presenta sia i problemi legati all’imposta pigouviana che altri. Il
numero di imprese deve essere fisso, ma il fatto che determini profitti più elevati può indurre, nel
lungo periodo, altre imprese ad inquinare in modo da ottenere il sussidio. Inoltre il sussidio deve
essere finanziato da delle imposte, che possono avere dei costi superiori all’esternalità stessa.

- Imposta sulle emissioni


Un’imposta su ciascuna unità di output può portare ad un’allocazione socialmente efficiente, ma
allo stesso tempo può non incentivare le imprese ad individuare delle soluzioni per ridurre
l’inquinamento, se non quella di ridurre la quantità prodotta. Un modo per ovviare a questo
problema potrebbe essere l’imposizione di un’imposta pigouviana commisurata non ad ogni
unità di output prodotta, ma alle unità inquinanti emesse, un’imposta sulle emissioni.

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Se l’imposta è maggiore del costo marginale connesso alla riduzione dell’inquinamento (f*>MC)
l’impresa riduce l’inquinamento, in caso contrario l’inquinamento non verrà ridotto.
Il costo totale della riduzione risulta minimizzato quando i costi marginali sono uguali per tutti i
soggetti coinvolti.
Un’allocazione è ​efficiente in termini di costo​ quando consente di ottenere un dato livello di
riduzione dell’inquinamento al minor costo possibile.
Con un’imposta sulle emissioni si raggiunge l’allocazione efficiente in termini di costo e allo
stesso tempo equa tra le parti, in quanto l’impresa che riduce meno l’inquinamento subisce
un’imposizione più elevata.

- Cap and Trade


Una politica di autorizzazione ad inquinare. Il numero delle autorizzazioni viene stabilito in base
al livello desiderato di inquinamento ed ai soggetti inquinanti viene concesso di di scambiare tali
autorizzazioni sotto compenso. Se il mercato delle autorizzazioni è concorrenziale, l’allocazione
iniziale delle autorizzazioni non ha alcuna importanza (teorema di Coase), se le imprese hanno
la possibilità di scambiare i loro diritti ad inquinare l’allocazione finale sarà efficiente. Le
autorizzazioni saranno scambiate fino a che i costi marginali delle imprese si eguaglieranno, ed
in corrispondenza di questo punto il prezzo di mercato per le autorizzazioni sarà uguale al
prezzo dell’imposta sulle emissioni.

Le imposte sulle emissioni ed il cap and trade sono politiche simmetriche, in quanto, in teoria,
per ogni imposta sulle emissioni esiste un sistema di cap and trade che permette di ottenere la
stessa allocazione. In pratica le due politiche hanno alcune differenze.
Per quanto riguarda la ​risposta all’inflazione​ l’imposta sulle emissioni deve essere corretta per
tener conto della variazione del livello dei prezzi ogni anno, in quanto una mancata correzione
determina la riduzione dell’imposta in termini reali. Il Cap and Trade si corregge
automaticamente in risposta all’inflazione.
Risposta alla variazione dei costi.​ È probabile che il costo marginale di riduzione
dell’inquinamento vari di anno in anno. Se si verifica un aumento dei costi marginali di riduzione
dell’inquinamento, la presenza dell’imposta sulle emissioni ha come conseguenza che
l’inquinamento si riduce ​meno​ di quanto sarebbe efficiente.
Nel caso di cap and trade, in base al quale il tetto massimo di inquinamento viene fissato al
livello efficiente, l’aumento dei costi marginali non varia il livello di riduzione dell’inquinamento.
Un sistema di cap and trade stabilisce un rigido limite all’inquinamento e non varia al variare
delle condizioni economiche. Tuttavia il costo di raggiungimento dell'obiettivo di riduzione può
diventare particolarmente oneroso con l’aumento dei costi marginali, perché aumenta il prezzo
delle autorizzazioni imponendo costi più elevati per le imprese.Questo sistema limita la quantità
di emissioni, ma comporta delle variazioni nel costo di riduzione dell’inquinamento al variare
delle condizioni economiche. Con il sistema di cap and trade l’inquinamento viene ridotto ​più
del livello efficiente.
Una soluzione potrebbe essere combinare il sistema di cap and trade e le imposte sulle
emissioni. L’autorità pubblica stabilisce un sistema di cap and trade che fissa la quantità di
inquinamento consentita e rende noto che venderà tutte le autorizzazioni richieste ad un prezzo
prestabilito, noto come prezzo di sicurezza o safety valve price. Questo prezzo di sicurezza può
essere piuttosto elevato in modo che venga utilizzato soltanto se il costo della riduzione
dell’inquinamento è maggiore rispetto a quello atteso.
Risposta all’incertezza​. I costi di risoluzione di molte questioni ambientali sono incerti, ed in
condizioni di incertezza i due sistemi possono produrre risultati diversi.

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Con i benefici marginali sociali (MSB) anelastici e costi superiori a quelli attesi, il sistema di cap
and trade comporta un’eccessiva riduzione dell’inquinamento, mentre un’imposta sulle
emissioni comporta una riduzione non sufficiente. In questo caso il sistema di cap and trade
risulta più efficiente. (grafico 5.11)
Con i benefici marginali sociali (MBS) elastici ed i costi sono superiori a quelli attesi, il sistema di
cap and trade comporta un’eccessiva riduzione dell’inquinamento, mentre l’imposta sulle
emissioni comporta una riduzione non sufficiente. In questo caso però l’imposta sulle emissioni
è più efficiente. (grafico 5.12)
Effetti in termini di distribuzione​. Anche quando il sistema di cap and trade e l’imposta sulle
emissioni sono equivalenti dal punto di vista dell’efficienza, possono produrre conseguenze
diverse dal punto di vista della distribuzione. Nel caso di un’imposta sulle emissioni gli introiti
sono destinati allo Stato, nel caso del cap and trade, se lo Stato distribuisce gratuitamente le
autorizzazioni, lo Stato non ha introiti. Nel caso in cui le autorizzazioni non siano gratuite, ma
siano vendute direttamente dallo Stato ai soggetti inquinanti il cap and trade genera un’entrata
per lo Stato.
- Norme di tipo command and control
Le imposte sulle emissioni ed i sistemi di cap-and-trade sono considerati come delle forme di
regolamentazione per incentivi, in quanto forniscono ai soggetti inquinanti degli incentivi di
mercato a ridurre l’inquinamento. Fanno aumentare il costo di opportunità dell’inquinamento,
costringendo i soggetti inquinanti a tener conto dei danni marginali esterni associati al loro
comportamento. Lasciano molta flessibilità ai soggetti sul modo in cui ridurre le emissioni. L’idea
di base è quella di trovare il modo meno costoso di ridurre l’inquinamento. Pertanto l’approccio
più utilizzato per combattere l’inquinamento ambientale è stato quello delle norme di tipo
command and control. Cioè di politiche volte a raggiungere una data riduzione
dell’inquinamento con poca o nessuna flessibilità riguardo alle modalità di ottenerla.
Tra le norme di tipo command and control abbiamo lo ​standard tecnologico, ​cioè una norma che
impone alle imprese di utilizzare una determinata tecnologia per ridurre l’inquinamento. In
questo caso i soggetti inquinanti violano la legge se riducono l’inquinamento con altre modalità,
indipendentemente da quanto efficaci queste siano. Uno standard tecnologico non incentiva le
imprese a cercare modalità nuove e più economiche per ridurre l’inquinamento pertanto è poco
probabile che sia efficiente in termini di costi.
Un’altra norma di tipo command and control è ​lo standard di performance​, che stabilisce un
obiettivo di emissioni per ciascun soggetto inquinante e lascia una certa flessibilità sulle
modalità per raggiungerlo. Presenta una maggiore efficienza in termini di costi rispetto allo
standard tecnologico, ma potrebbe comunque non essere efficiente in termini di costi poiché
l’onere di ridurre l’inquinamento potrebbe essere trasferito alle imprese che possono farlo in
modo meno costoso.
Un sistema di command and control può risultare preferibile rispetto ad uno per incentivi in
quanto quest’ultimo è possibile solo se le emissioni possono essere monitorate. Se non è
possibile farlo, o se il costo del monitoraggio è molto elevato, lo Stato non sarà in grado di
pagare un’imposta sulle emissioni per unità, oppure di stabilire se un soggetto inquinante ha un
numero sufficiente di autorizzazioni per coprire le emissioni. In alcuni casi uno standard
tecnologico può risultare più efficiente perché è più facile stabilire se un’impresa abbia installato
la tecnologia richiesta o meno.
Un altro problema dei sistemi basati sugli incentivi è che possono portare a concentrazioni di
inquinamento molto elevate in alcune zone e queste potrebbero causare più danni di quanti ne
procurerebbero se fossero più sparse. Le concentrazioni di emissioni prendono il nome di hot
spot, ossia punti critici. Attraverso le norme di command and control è possibile evitare che si

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creino degli hot spot, limitando le emissioni da parte di ciascuna singola fonte di inquinamento.
In ogni caso anche con un sistema basato sugli incentivi è possibile risolvere risolvere il
problema dei punti critici. Per esempio nel caso di un’imposta sulle emissioni si possono far
pagare diversi livelli di imposta a seconda della fonte dell’inquinamento, nel caso di
cap-and-trade si può prevedere che alcune fonti riscuotano un numero maggiore di
autorizzazioni per unità di emissioni rispetto ad altre. Nonostante ciò queste risultano più
complesse delle norme di command and control.

Esternalità positive
Quando un individuo o un’impresa producono esternalità positive, il mercato fornisce una
quantità inferiore dell’attività o del bene, ma un sussidio adeguato può correggere l’inefficienza.
Rimangono tutte le difficoltà legate alla misurazione della quantità e del valore dell’esternalità.

Monopolio e concorrenza perfetta

Elasticità della domanda​ L’elasticità è un indicatore della reattività (variazione) della quantità
domandata sul mercato ad una variazione unitaria del prezzo. L’elasticità si calcola come
rapporto tra propensione marginale (m(Q)) al consumo e propensione media al consumo (Q).
Una buona approssimazione è il rapporto tra la variazione percentuale della quantità
domandata e la variazione percentuale del prezzo.
Q/ p *P/q
L’elasticità è negativa, quindi si fa riferimento al suo valore assoluto.
| | > 1: domanda elastica
| | = 1: una variazione del prezzo provoca una stessa variazione della quantità
| | < 1: domanda inelastica (o rigida)

Costi
Costo fisso (FC)​: costo che non dipende dal livello di produzione (affitto mensile, iscrizione alla
camera di commercio, etc.)
Costo variabile (VC)​: costo che varia al variare della produzione, normalmente indicato con
VC(q) (costo della manodopera, energia elettrica e materie prime)
Costo totale (TC)​: TC(q) = FC + VC(q)
Costo marginale (MC)​: costo di un’unità addizionale di output, ovvero MC(q) = TC(q + 1) −
TC(q) = TC (q)
Costo variabile medio​ ​(AVC)​: AVC(q) = VC(q)/q
Costo fisso medio (AFC)​: AFC(q) = FC/q
Costo medio (AC) o unitario​: AC(q) = TC/q = AV C(q) + AFC(q)
Se il prezzo di vendita è inferiore al costo medio di produzione non è conveniente produrre
perché i ricavi sarebbero minori dei costi.
Se produrre un’unità aggiuntiva ha un costo superiore al ricavo marginale non è conveniente
produrla.

Concorrenza perfetta
In concorrenza perfetta si ha un comportamento price- taking, ovvero i venditori e gli acquirenti
non riescono ad influenzare individualmente il prezzo al quale il prodotto può essere venduto
perché esso è fissato dal ​mercato​.
Il bene venduto è una commodity (bene identico). I consumatori considerano uguali e quindi
indistinguibili i prodotti delle varie imprese.

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L’informazione è perfetta tra imprese e consumatori.


Non c’è nessuna barriera all’entrata e/o uscita dal mercato pertanto né gli acquirenti né i
venditori devono sostenere costi o tasse per far parte del mercato.
Il profitto ( ) è la differenza tra Ricavi totali, R(q), e costi totali, TC(q):
​ = R(q) − TC(q) = pq − TC(q)
Il profitto ( ) dell’impresa è massimizzato quando il prezzo è uguale ai costi marginali:
p = MC(q)
Efficienza in concorrenza perfetta
L’equilibrio concorrenziale è efficiente perché in un mercato a concorrenza perfetta la
produzione è a livello Pareto efficiente (p = MC = SMT)
E perché i prezzi sono anche una misura dei benefici marginali di consumare una unità extra
del bene (p = MB = SMS). I mercati sono efficienti perché SMT = SMS.

Monopolio e discriminazione di prezzo e regolamentazione

Monopolio
Si ha un monopolio quando sul mercato esiste un’unica impresa.
Possiamo avere monopoli pubblici o privati.
Nel pubblico i monopoli possono essere servizi di pubblica utilità (servizi pubblici locali) e reti
(energia, gas, ferrovie).
Nel settore privato è più complicato trovare degli esempi di monopolio puro, ma possono
esistere monopoli naturali regolati e privatizzati (autostrade, ferrovie).
Le assunzioni di base nel mercato monopolistico sono:
La domanda di mercato è la domanda dell’impresa. Questo significa che il monopolista conosce
la funzione di domanda del mercato.
Il monopolista vuole massimizzare il proprio profitto e può farlo scegliendo indifferentemente il
prezzo o la quantità (ovviamente non può scegliere entrambi).
Il monopolista è price-maker, visto che la sua domanda è quella del mercato stesso.
l profitto ( ) nel mercato monopolistico è la differenza tra ricavi totali, R(q), e costi totali, TC(q):
= R(q) − TC(q) = p(q)q − TC(q)
Il profitto ( ) è massimizzato quando i ricavi marginali sono uguali ai costi marginali:
MR(q)= MC(q)
MR è sempre inferiore al prezzo, ed il profitto è massimizzato quando la domanda è elastica.
(| | > 1)

Nel ​monopolio naturale​ la funzione di costo è subadditiva, il che significa che i costi sostenuti
da una sola impresa nel produrre l'intera quantità domandata sono inferiori a quelli che
sosterrebbero due o più imprese contemporaneamente presenti sul mercato.Nel caso di
monopolio naturale le caratteristiche tecnologiche del settore sono alti costi fissi, costi marginali
decrescenti e costi medi strettamente decrescenti.

Efficienza in monopolio
Il monopolio è un fallimento del mercato.
La concorrenza perfetta massimizza il benessere e l’allontanamento da una situazione di
concorrenza implica l’abbassamento del livello di benessere.
Con potere di mercato, il prezzo è inferiore al costo marginale (p > MC) e quindi il saggio
marginale di trasformazione non è uguale al saggio marginale di sostituzione (SMT ≠ SMS).

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Il monopolio comporta una perdita di benessere per la collettività perché il prezzo a cui il bene
viene scambiato è maggiore del costo marginale (MC(q)).

Nella realtà un monopolio (un mercato in cui un'impresa occupa il 100% del mercato) esiste
raramente, specialmente nel settore privato. Non è invece infrequente una situazione di
mercato in cui un'impresa occupa da sola l'80% del mercato, oppure il 50%, e la restante parte
del mercato è suddivisa in un insieme di piccole imprese (modello dell'impresa dominante
circondata da una frangia concorrenziale) L’effetto di questo modello è che l’impresa dominante
è price maker, mentre gli altri sono price takers.

Il monopolio è un fallimento del mercato perché qualsiasi aumento dei profitti è frutto o di una
riduzione del surplus del consumatore, o di un miglioramento dell’efficienza di mercato, o di una
combinazione di entrambi.
In caso di monopolio infatti assistiamo ad ​un’inefficienza allocativa​ dovuta alla perdita secca
generata dalla riduzione della quantità prodotta, ad ​un’inefficienza tecnica​, in quanto il
monopolista ha un minore incentivo alla minimizzazione dei costi, e ad un fenomeno
denominato ​rent seeking​, secondo cui il monopolista ha un forte incentivo a destinare le proprie
risorse alla difesa della propria posizione di monopolio (può farlo attraverso la brevettazione o
l’azione di lobbying).
Con il potere di mercato​ l’inefficienza​ è anche ​dinamica​: secondo Schumpeter una grande
impresa monopolistica ha una maggiore capacità di sfruttare laboratori costosi e complessi e
può sfruttare il mercato per monetizzare i vantaggi derivanti dall’innovazione; secondo Arrow
invece, il monopolista già presente nel mercato ha un minore incentivo all’innovazione rispetto
alle altre imprese che si affacciano nel mercato, perché per il monopolista i profitti
dell’innovazione si sostituirebbero ai profitti esistenti.

Un’impresa che ha potere di mercato ha una curva di domanda con pendenza negativa, per cui
se applica lo stesso prezzo a ciascun consumatore i ricavi che ottiene dalla vendita di un’unità
addizionale di output sono inferiori al prezzo praticato.
Il monopolista non soddisfa interamente la propria curva di domanda, che in parte rimane
inevasa ​pertanto risulta inefficiente.
Per ovviare al problema dell’inefficienza, il monopolista può applicare una discriminazione di
prezzo, ovvero vendere due unità dello stesso bene a prezzi diversi. La discriminazione di
prezzo potrebbe indurre il monopolista a vendere una quantità maggiore di output ed avvicinarsi
così agli esiti del mercato concorrenziale, rendendo il mercato in cui opera (ovvero quello
monopolistico) più efficiente.
La condizione necessaria per attuare la discriminazione di prezzo è, ovviamente, avere potere
di mercato, quindi essere un monopolista.

Esistono inoltre dei problemi cui bisogna fare fronte se si vuole applicare la discriminazione di
prezzo:
Identificazione, cioè capire dove si colloca il consumatore sulla curva di domanda.
L’identificazione può essere di primo, secondo o terzo grado, dando origine a
discriminazioni diverse (primo, secondo o terzo grado).
1. Identificazione di Primo Grado, ​il monopolista conosce esattamente il prezzo di
riserva del consumatore,

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2. Identificazione di Secondo Grado, ​il monopolista conosce la disponibilità a


pagare dei consumatori a seconda di alcune caratteristiche, ma non sa quali
consumatori possiedono tali caratteristiche.
3. Identificazione di Terzo Grado, ​il monopolista conosce la disponibilità a pagare
dei consumatori sulla base di alcune caratteristiche osservabili es: (età, sesso,
lavoro)
Arbitraggio. Per operare una discriminazione di prezzo il monopolista deve essere in
grado di evitare che i consumatori a cui viene venduto il bene ad un prezzo più basso lo
rivendano ad altri consumatori che, secondo la discriminazione di prezzo, dovrebbero
comprarlo ad un prezzo più elevato. Le aziende possono impedire l’arbitraggio
attraverso le garanzie, le clausole contrattuali e le tecnologie contro l’adulterazione del
prodotto.
Discriminazione di primo grado​ (o discriminazione perfetta). L’impresa fa pagare ad ogni
consumatore il suo prezzo di riserva, questo le permette di applicare un prezzo diverso per ogni
consumatore, così da tenere per sé tutto il surplus del consumatore. Questo tipo di
discriminazione presenta dei problemi informativi in quanto non è possibile conoscere il vero
prezzo di riserva del consumatore ed è impraticabile applicare prezzi diversi ad ogni
consumatore
Discriminazione di secondo grado​. Il monopolista conosce la disponibilità a pagare dei
consumatori a seconda di alcune caratteristiche, ma non sa quali consumatori presentano tali
caratteristiche (es discriminazione su tariffe aeree). Tra le discriminazioni di secondo grado
abbiamo:
Tariffa a due stadi.​ Per una quantità elevata di beni, i consumatori decidono se acquistare o
meno ed anche quanto acquistare. Questo permette all’impresa di discriminare sulla base della
quantità consumata. La tariffa a due stadi è composta da una parte fissa che il consumatore
deve pagare indipendentemente dalla quantità acquistata ed una parte variabile, proporzionale
alla quantità. Se il monopolista può usare la tariffa a due stadi e tutti i consumatori hanno la
stessa funzione di domanda il prezzo che massimizza i profitti totali è lo stesso che massimizza
il surplus totale.
Esistono altre pratiche che inducono discriminazione di prezzo come ​gli sconti sulle quantità
con cui il prezzo del bene varia con il numero di unità acquistate dal cliente, o ​la vendita
abbinata o bounding​, cioè la vendita di due o più beni insieme, per cui il consumatore non può
acquistare un solo bene, ma entrambi.
Esistono inoltre la ​discriminazione di prezzo intertemporale​ che consiste nel suddividere i
consumatori con curve di domanda differenti in gruppi diversi, applicando prezzi diversi in base
al momento (es. viaggi last minute), e ​la discriminazione di prezzo in base al carico di punta​,
basata anch’essa sul tempo, che consiste nell’applicare tariffe diverse in base ai periodi di
punta (alta, media, bassa stagione).
Discriminazione di terzo grado o group pricing.​ ​L’azienda raggruppa i consumatori in termini di
disponibilità a pagare il bene sulla base di caratteristiche osservabili come l’età, il reddito, la
localizzazione geografica o l’istruzione (questo processo prende il nome di segmentazione del
mercato). Tutti i gruppi hanno una curva di domanda differente e pertanto il monopolista
applicherà a ciascun gruppo un prezzo diverso (ma unitario all’interno del gruppo stesso). Il
prezzo medio unitario pagato da ciascun consumatore è pari al prezzo marginale dell’ultima
unità acquistata.
Ovviamente ai consumatori per i quali l’elasticità della domanda è bassa vanno applicati prezzi
più elevati rispetto a quelli praticati ai consumatori che hanno un’elasticità della domanda più
elevata.

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Molti esempi di discriminazione di terzo grado si presentano quando il venditore offre prodotti
differenziati. Facendo ciò il monopolista può ovviare al problema dell’identificazione, in quanto
individua le tipologie di consumatori tramite le decisioni dell’acquisto ed ovviare, almeno in
parte, al problema dell’arbitraggio in quanto consumatori diversi acquistano varietà diverse del
prodotto.
Un tipo di differenziazione del prodotto è la localizzazione delle vendite. In molti casi un prodotto
acquistato in un luogo non è uguale allo stesso prodotto venduto in un altro. Ad esempio una
Fiat 500 venduta in Italia costa molto meno rispetto ad una venduta negli USA.
In assenza di discriminazione di prezzo un monopolista ottiene dei profitti limitando la quantità
di output prodotta, fa pertanto diminuire il surplus del consumatore e di conseguenza il
benessere sociale. La discriminazione di prezzo di terzo grado è desiderabile dal punto di vista
sociale quando aumenta l’output prodotto, diminuendo la distorsione del monopolio. Il group
pricing ha infatti l’effetto potenziale di incoraggiare il monopolista a servire mercati che non
sarebbero serviti se non ci fosse la discriminazione di prezzo, ad esempio i mercati popolati da
gruppi con reddito molto basso; quando questo accade la discriminazione di prezzo può
effettivamente generare benessere sociale, anche in presenza di monopolio.

Regolamentazione del monopolio


La discriminazione di prezzo rende il monopolio più efficiente, ma meno equo. Per risolvere il
fallimento di mercato dovuto al monopolio si possono mettere in atto delle regolamentazioni,
come:
La proprietà pubblica
La regolazione tariffaria
Le Aste (mercati potenzialmente competitivi)
I mercati contendibili
Le liberalizzazioni

Proprietà pubblica​ ​Se lo Stato diventa proprietario dell’impresa monopolista, può conoscere
perfettamente la funzione di costo dell’impresa e può imporre il prezzo più basso possibile
senza fare perdita, ovvero un prezzo = al costo medio, (lo stato può imporre il prezzo = costo
medio anche quando il monopolio non è di proprietà pubblica) o può uguagliare il prezzo al
costo marginale (pA=MC(qA)) finanziando la perdita attraverso la fiscalità generale. Il problema
di quest’ultimo punto è che la perdita secca dovuta alla tassazione sarebbe maggiore della
perdita secca del monopolio, inoltre ricorrere alla proprietà pubblica implica una crescita del
debito statale ed un aumento dell’inefficienza (ricordiamo che il pubblico è più inefficiente del
privato in quanto non cerca la massimizzazione del profitto). Inoltre è molto difficile monitorare
un’azienda pubblica, infatti questo rimedio al monopolio naturale è stato abbandonato dopo gli
anni ‘80, lasciando spazio alla liberalizzazione.

Regolazione tariffaria​. Se l’impresa monopolista è privata, sotto il vincolo che il monopolista


non subisca perdite, il regolatore impone al monopolista di praticare un certo prezzo.
Se il regolatore ha perfetta informazione e quindi conosce la funzione di costo del monopolista,
può imporre uno specifico prezzo e coprire eventuali perdite con dei sussidi. Il rischio di questa
politica è che venga finanziato un monopolista inefficiente.
Nel caso in cui il regolatore ha informazione imperfetta e quindi non conosce la funzione di
costo del monopolista, non può imporre specifici prezzi ma potrà solo vincolare le politiche di
prezzo dell’impresa. Può farlo attraverso la regolazione del tasso di rendimento (Rate-of
-Return) attraverso cui l'impresa può applicare un prezzo che le garantisca una certa

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remunerazione del capitale investito. Il limite di questo tipo di regolamentazione è che non
incentiva la riduzione dei costi di produzione (inefficienza produttiva). Solo un eventuale ritardo
nella regolazione garantisce un piccolo incentivo ad abbassare i costi, pertanto average cost
pricing e regolazione del tasso di rendimento sono incentivi a bassa potenza.
Il regolatore può altresì applicare il ​price-cap​, ovvero un meccanismo di remunerazione del
monopolista che fissa il prezzo (o ne programma la sua crescita) per un determinato periodo. Il
regolatore può fissare il prezzo massimo che l’impresa può applicare, il limite di questa
regolamentazione è che può incentivare l’efficienza produttiva perché il monopolista si
appropria dei profitti derivanti da una riduzione dei costi, ma disincentivare gli investimenti in
qualità. Il price cap è un incentivo ad alta potenza perché il monopolista beneficia della
riduzione di prezzo per tutti il periodo, ma presenta dei problemi: se il periodo è troppo corto, è
equivalente a av. cost pricing; se il periodo è troppo lungo il beneficio del guadagno di efficienza
è tutto a favore del monopolista.

Aste.​ molto utilizzate per controllare il mercato. Il monopolio naturale rimane all’azienda
pubblica, mentre la sua gestione passa al privato. Lo Stato mette all’asta il diritto di monopolio e
guadagna il prezzo di riserva del monopolio ed i suoi profitti iniziali. Questo modo di
regolamentare il monopolio lo rende più efficiente, in quanto l’asta viene vinta da chi programma
di avere i costi più bassi. Le imprese non competono nel mercato, ma per il mercato, creando
una concorrenza EX ANTE.
Il problema dell’asta pubblica è che l’oggetto dell’asta non può essere definito in maniera chiara,
oggettiva e semplice. Le prime esperienze di aste pubbliche per assegnare il monopolio sono
state quelle per l’assegnazione delle frequenze telefoniche negli anni ‘90. Nel caso delle aste, la
concessione deve avere una durata ottimale, il che significa che non può essere troppo corta
perché i costi irrecuperabili sarebbero troppo grandi, creando una situazione in cui il
monopolista non riesce a generare abbastanza profitti, né troppo lunga perché in quel caso il
monopolista aumenterebbe troppo il suo profitto.

Mercati contendibili​ L’idea di base del mercato contendibile è che non è necessaria
un’effettiva competizione per generare gli esiti del mercato concorrenziale, può essere
sufficiente la competizione potenziale, ovvero il pericolo che altre aziende possano entrare a far
parte del mercato, rubando lo status di monopolista. Un mercato è contendibile quando la
concorrenza è di tipo hit and run, e le condizioni per cui questo possa essere possibile sono:
l’inesistenza di costi irrecuperabili nel lungo periodo, l’entrata nel mercato in tempi molto brevi,
la reazione immediata dei consumatori, la non iper-reattività dell’impresa monopolistica. Se
un’impresa può entrare nel mercato ed uscirne molto velocemente senza sostenere grossi costi
fissi, i profitti generati dall’azienda capace di entrare a far parte del mercato inducono altre
aziende ad entrare nel mercato, rendendolo concorrenziale.

La liberalizzazione​ è un processo è stato molto utilizzato nel mondo per combattere i


monopoli. Si costituisce di uno o più dei seguenti processi:
De-verticalizzazione ​dell’impresa monopolistica e separazione in più aziende
(Unbundling)​. Grazie a questo processo solo una parte dell’impresa verticalmente
organizzata (l’infrastruttura di rete) rimane un monopolio naturale, il resto viene
distribuito da un mercato concorrenziale. Nel settore della vendita i prezzi si abbassano
attraverso i meccanismi concorrenziali.

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Regolamentazione.​ Un pezzo è rimasto un monopolio naturale, pertanto si costituisce


un’autorità indipendente (non politica) che la regoli, la regolamentazione serve a
mantenere l’efficienza e regolare i prezzi.
Interventi antitrust.​ Si costituisce un’autorità (AGCOM in Italia) che controlla EX POST la
concorrenza sulla base del diritto interno e di quello comunitario.
Deregolamentazione.​ Attività atta a promuovere la concorrenza privatizzando più
componenti della filiera dopo che sia stata spacchettata.

Privatizzazione
Uno dei dibattiti di Politica Economica riguarda la privatizzazione, ovvero la cessione del
monopolio dallo Stato al privato. La privatizzazione può essere una buona soluzione in quanto
il rischio di fallimento induce il manager ad adottare incentivi corretti per massimizzare i profitti e
per raggiungere la dimensione ottimale del business, mentre nelle mani del pubblico l’azienda
rischia di non essere efficiente. I casi di privatizzazione reali dimostrano però che alcune volte i
vantaggi della privatizzazione possono venire meno e non si assiste al miglioramento delle
condizioni dell’azienda e della collettività, ma ad un aumento dei costi imponibili al cliente a
causa della speculazione del privato. Si privatizza tramite la restituzione, la vendita delle
proprietà dello Stato, con la distribuzione di massa o con sistemi di voucher o con la
privatizzazione dal basso.

La teoria delle scelte collettive.


La teoria delle scelte collettive è sostanzialmente l’applicazione dei principi economici all’analisi
del processo decisionale politico.
Democrazia Diretta.
In generale se la decisione di produrre una certa quantità di bene pubblico fosse presa
mettendo a votazione diverse alternative e si raggiungesse l’unanimità su una di queste, la
quantità prodotta e l’ammontare pagato da ciascun individuo (prezzo di Lindahl) sarebbero
efficienti, e la determinazione del prezzo e della quantità avverrebbe in modo simile a quella del
mercato.
Il problema è come raggiungere l’equilibrio tra quantità prodotta e prezzo di Lindhal, il
procedimento proposto da Lindahl presuppone che gli individui esprimano sinceramente le
proprie preferenze e che nessuno degli individui adotti un comportamento strategico.
In realtà raggiungere l’unanimità è parecchio complicato, pertanto si è preferito ricorrere ad altri
sistemi come la ​votazione a maggioranza​. Il problema principale di questa votazione è che le
preferenze della comunità possono non risultare coerenti nonostante le preferenze individuali lo
siano, questo fenomeno prende il nome di ​paradosso del voto​.
Nel caso in cui si manifesti il paradosso del voto, controllare l’ordine di votazioni diventa uno
strumento molto importante per ottenere il risultato desiderato (​manipolazione dell’ordine del
giorno​). Un altro problema che può verificarsi a causa del paradosso del voto è la ​ciclicità del
voto​, ovvero quella circostanza in cui il voto a maggioranza a coppie su due possibilità va avanti
all’infinito senza che venga presa una decisione definitiva.
Il risultato della votazione dipende dalla configurazione delle preferenze individuali rispetto alle
decisioni da prendere. Un individuo può avere ​preferenze unimodali​, se mano a mano che si
allontana dall’esito che preferisce, il suo beneficio cala costantemente, o ​bimodali​ (plurimodali)
quando, allontanandosi dalla soluzione che preferisce, il suo beneficio prima cala poi aumenta
nuovamente. Il punto in cui il beneficio individuale raggiunge il suo massimo viene definito
picco.

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In un sistema di votazione a maggioranza, ​l’elettore mediano​ è l’individuo le cui preferenze


occupano la posizione intermedia nell’insieme delle preferenze di tutto il gruppo, ordinate per
quantità crescenti. Metà degli elettori vorrà una quantità maggiore di quel bene, l’altra metà una
quantità minore e l’elettore mediano si collocherà in mezzo. Il ​teorema dell’elettore mediano
afferma che se tutte le preferenze sono unimodali (e sono soddisfatte alcune condizioni), il
risultato di una votazione a maggioranza rifletterà la preferenza espressa dall’elettore mediano,
perché più la fornitura di un bene o un livello di spesa è vicino al picco di ciascun elettore più
questi lo preferirà.
Nel caso in cui le preferenze di almeno un individuo siano plurimodali (fenomeno molto diffuso),
si potrà assistere al fenomeno del paradosso del voto, e non si potrà più fare affidamento sulla
votazione a maggioranza per prendere decisioni pubbliche definitive.
Un limite del sistema di votazione a maggioranza è che gli individui non possono esprimere
quanto gli stia a cuore un certo problema. Con ​lo scambio dei voti​ (logrolling) è possibile che
gli elettori manifestino la loro vera volontà di portare avanti una proposta. I sostenitori dello
scambio dei voti ritengono che il far emergere l’intensità delle preferenze individuali, porti ad
una fornitura efficiente del bene, con il conseguente aumento del benessere di tutti i cittadini.
Chi è contrario invece, ritiene che questo sistema faciliti il prevalere di interessi particolari e
l’approvazione di progetti privi di benefici per la collettività. Con lo scambio dei voti, un gruppo di
votanti può formare una coalizione per fare approvare il progetto che procura loro benefici, ma il
costo del progetto stesso ricade sulla minoranza. Pertanto, nonostante in alcuni casi lo scambio
di voti permetta di raggiungere un risultato più efficiente rispetto a quello che si può raggiungere
con la votazione a maggioranza, non sempre questo accade.
Gli studiosi hanno preso in considerazione altri sistemi di votazione:
la​ ​votazione a punti​, in cui ciascun individuo dispone di un certo numero di punti da
distribuire tra le varie alternative;
il sistema di pluralità​, in cui vince l’alternativa che ha più voti;
il conto di Borda​, attraverso cui ogni votante compila una graduatoria la quale viene
successivamente sommata alle graduatorie compilate dagli altri votanti e vince
l’alternativa che ha più punti;
la scelta di Condorcet​, per cui l’alternativa che prevale sulle altre coppie di alternative
vince;
la votazione ad esaurimento​, in cui la proposta meno apprezzata dagli elettori viene
rimossa fino a quando non ne rimane una sola.
Tutti questi sistemi presentano però dei difetti, pertanto nel 1951, il premio Nobel ​Kenneth
Arrow​ ha sostenuto che in una società democratica il metodo di scelta collettiva debba
soddisfare i seguenti criteri:
- Deve portare ad una decisione, e non deve fallire in caso di preferenze bimodali;
- Deve essere in grado di stabilire una graduatoria tra tutti gli esiti possibili;
- Deve riflettere le preferenze individuali;
- Deve essere coerente (se la proposta A è preferibile alla proposta B, e la proposta B è
preferibile alla proposta C, allora la proposta A è preferibile alla proposta C);
- Deve sussistere ​l’indipendenza delle alternative irrilevanti, ​l’ordinamento di preferenze
che la società assegna a due diversi progetti deve dipendere dalla preferenza dei votanti
sulle due alternative, non possibilità terze, irrilevanti al momento della votazione;
- Le preferenze della società non devono riflettere quelle di un solo individuo, non è
ammessa la dittatura.
La conclusione a cui Arrow giunge è che è impossibile soddisfare contemporaneamente tutti
questi criteri (​teorema dell’impossibilità di Arrow​), e questo mette in dubbio che i sistemi

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democratici possano realmente funzionare. Bisogna rinunciare ad una qualsiasi delle sei
condizioni perché le altre cinque funzionino, e la scelta dipende dal tipo di votazione, dai propri
principi o dalle ideologie.
Il Teorema dell’impossibilità di Arrow afferma che non ci sono garanzie che la società sia in
grado di trovare una regola decisionale coerente. Secondo alcuni il vero significato del Teorema
di Arrow è che il corretto funzionamento di una democrazia richiede una quasi totale uniformità
delle preferenze individuali, pertanto l’obiettivo di molte istituzioni è modellare le preferenze
individuali in modo da garantire una certa uniformità, attraverso, secondo alcuni, l’istruzione
obbligatoria.
Altri ritengono invece che il teorema di Arrow non abbia in verità sostanziali applicazioni sui
processi democratici. Il premio Nobel James Buchanan ritiene che le contraddizioni del voto
maggioritario abbiano in realtà effetti positivi in quanto permette che le proposte siano adottate
in via sperimentale e provvisoria, sottoposte a verifica e sostituite da altre proposte, approvate
da un gruppo maggioritario sempre diverso.

Democrazia Rappresentativa​.
Per spiegare la condotta dello Stato bisogna studiare l’interazione tra politici, funzionari pubblici
e gruppi di pressione.
I politici. ​Vista la complessità di numerose materie è molto più facile che i cittadini eleggano dei
rappresentanti che ne facciano le veci. Nella rappresentanza torna il concetto di elettore
mediano. È stato infatti dimostrato che, supponendo che le preferenze degli individui siano di
carattere unimodale, il politico che intende massimizzare i voti deve adottare il programma
preferito dall’elettore mediano, cioè del votante che si trova esattamente al centro della
distribuzione delle preferenze. Questo modello ha delle importanti conseguenze, in primis
dimostra come i sistemi politici bipolari siano più stabili, in quanto entrambi i poli tendono a
posizionarsi verso il centro, in secondo luogo dimostra come la sostituzione dell’elezione diretta
con un sistema rappresentativo non abbia effetti sui risultati in quanto entrambi portano a
riflettere le posizioni dell’elettore mediano. Se però l’identità dell’elettore mediano dipende dal
tema in oggetto, gli elettori mediani saranno ogni volta diversi e non necessariamente
coincideranno, in questo caso il teorema dell’elettore mediano non potrà più valere.
Inoltre le decisioni dei votanti possono essere influenzate non soltanto dal tema oggetto di
dibattito, ma da molti altri fattori, come ad esempio l’ideologia politica o la personalità del
candidato. I politici infatti non rispondono sempre passivamente alle preferenze degli elettori,
anzi possono molte volte influenzarne l’idea politica.
C’è inoltre da ricordare che se le posizioni dei candidati sono troppo vicine tra loro, alcuni
elettori potranno decidere di astenersi e che l’informazione molte volte ha un costo (non soltanto
monetario) che non tutti gli elettori, vuoi per pigrizia o vuoi per mancanza di possibilità possono
sostenere; ne deriva che il cittadino che decide di astenersi dal voto metta in atto un
comportamento opportunista, identico al comportamento del free rider.
Funzionari Pubblici​, definiti burocrati, sono quelli che attuano effettivamente le leggi, spesso
molto vaghe, approvate dai parlamenti. Uno Stato moderno non può funzionare senza
burocrazia.
Nel 1971 Niskanen ha sostenuto che nel settore privato un individuo che voglia rendere più
redditizia la sua azienda è incentivato a farlo perché ha come ricompensa un salario più
elevato, l’interesse della burocrazia è focalizzato sulla reputazione, sul potere e sullo status, che
dipendono in modo molto stretto dalla dimensione del bilancio a disposizione del burocrate.
Pertanto questi cercherà di massimizzarlo. Il desiderio del burocrate di estendere il suo ufficio
porta ad una burocrazia sovradimensionata.

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Niskanen ritiene infatti che sia stata la burocrazia una delle cause principali dell’incremento
dell’intervento statale in economia, e propone degli incentivi finanziari per controllare i burocrati.
Ad esempio propone di creare un rapporto di dipendenza negativa tra il salario percepito da un
alto funzionario statale e la dimensione del suo ufficio, così che il burocrate in grado di ridurre il
suo ufficio possa beneficiare di un aumento salariale. Questo sistema può però indurre ad una
riduzione del bilancio oltre il punto in cui i benefici marginali eguagliano i costi marginali.
Un’altra soluzione potrebbe essere fare ricorso alle aziende private per la produzione di beni e
servizi pubblici, con tutti i problemi che la privatizzazione può portare con sé.
Gruppi di pressione (Lobby)
Gli individui con interessi comuni, possono esercitare un grosso potere se sono in grado di agire
insieme. I gruppi di pressione dispongono spesso di ingenti somme di denaro con cui possono
influire ad esempio sulle campagne elettorali.
L’aspetto più importante della politica moderna dei Paesi occidentali è il c.d. ​Triangolo di ferro
ovvero l’interazione tra gruppi di pressione, burocrati, e rappresentanti eletti. Secondo alcuni il
triangolo di ferro è il motore della maggior parte delle decisioni politiche intraprese nelle
democrazie mondiali.
Spesa pubblica.​ L’intervento dello stato nell’economia è diventato sempre più importante.
Questo fenomeno può essere spiegato da diversi fattori come ad esempio la richiesta da parte
dei cittadini di maggiore intervento da parte delle istituzioni, la necessità da parte del settore
pubblico di espandersi per assorbire l’eccessiva produzione del settore privato, degli eventi
casuali, come la guerra, che costringono lo Stato a ad aumentare il suo intervento
nell’economia e nonostante l’evento si concluda un processo chiamato inerzia impedisce allo
Stato di riprendere il ruolo antecedenti all’evento stesso.
Il problema della spesa pubblica è stato ampiamente affrontato, ma non si è ancora riusciti a
trovare una soluzione davvero duratura e significativa. Si potrebbe, come già anticipato,
cambiare gli incentivi alla burocrazia, facendo sì che questa diminuisca l’ampiezza dei propri
uffici. Si potrebbe anche incentivare la concorrenza con il settore privato e riformare i processi
di determinazione del bilancio. Quest ultimo punto è particolarmente controverso: i vincoli di
bilancio, fino al 2012, venivano approvato da una legge statale, e come tale la legge poteva
essere modificata, abrogata o sospesa. Pertanto, i membri dell’Unione Europea hanno deciso di
sottoscrivere il Fiscal Compact, vincolando con la Costituzione il bilancio.

Tassazione

Prima di parlare di tassazione è importante definire dei concetti chiave.


La prima differenza da ricordare è quella tra patrimonio e reddito. Con il termine​ patrimonio​ si
indica il complesso di beni mobili o immobili (o entrambi), che una persona fisica o giuridica
possiede. Rappresenta la grandezza stock, misura la ricchezza dell’attore economico in un dato
istante. Con il termine ​reddito​ indichiamo l’utile proveniente in un dato periodo di tempo da
un’attività o da un impiego di capitali. Rappresenta una grandezza flusso, nel senso che viene
misurata in un dato periodo di tempo.

Nel linguaggio corrente i termini tassa, imposta e contributo vengono spesso utilizzati in modo
equivalente, ma in realtà, in sede giuridica, tali espressioni sono tra loro differenti.
Quando parliamo di ​tassa​ intendiamo il pagamento finalizzato a sostenere un determinato
servizio, divisibile, erogato al cittadino (es. Tassa sui rifiuti, TARI)
La ​tassa ​non deve essere confusa con​ le tariffe​ versate dall'utente per la fruizione di determinati
servizi pubblici, come il trasporto ferroviario, il servizio postale e telefonico, le forniture dei gas

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ecc. In questi casi si è di fronte a veri e propri corrispettivi di natura contrattuale e non legale,
mentre la tassa è un tributo e, come tale, può essere stabilita solo con legge.
Quando parliamo di ​imposta​ ​parliamo di una prestazione obbligatoria di denaro dovuta dai
contribuenti, in relazione alla propria capacità contributiva (es. IRPEF). Con il pagamento
dell’imposta si finanziano le spese pubbliche.
Bisogna poi distinguere le imposte dirette da quelle indirette.
Le ​imposte dirette​ ​vengono immesse direttamente sul denaro che una persona produce in un
dato momento, questo comporta anche una variazione di tale imposta da soggetto a soggetto in
base a diversi parametri che possono essere i possedimenti o il reddito di una qualsiasi
persona. Alcuni esempi riguardanti questa imposta sono ​l’IRPEF​, ossia una tassa personale
che va a incidere sui redditi prodotti all’interno dei confini italiani da ogni cittadino.
Le ​imposte indirette ​sono tutte quelle imposte che non colpiscono i guadagni prodotti sul
momento da una persona, ma quelle somme di denaro che vengono spese in qualsiasi modo.
Un esempio di imposta indiretta è l’IVA.
Quando parliamo di ​contributi​ ​indichiamo il prelievo coattivo effettuato per finanziare un’opera
o un servizio pubblico specifico (es contributi pensionistici).

Con il termine ​incidenza legale​ indichiamo il soggetto che è giuridicamente tenuto al pagamento
dell’imposta. Poiché i prezzi possono variare in seguito all’introduzione di un’imposta,
l’incidenza legale non fornisce alcuna indicazione su chi paga effettivamente l’imposta.
L’incidenza economica​ invece indica il soggetto che sopporta l’onere dell’imposta e rappresenta
la variazione nella distribuzione del reddito determinata dall’introduzione della stessa. La
differenza tra incidenza legale ed incidenza economica prende il nome di ​traslazione
dell’imposta.

Nell’analisi dei modi in cui le imposte ricadono sulla distribuzione del reddito bisogna tenere
conto di alcuni fattori.
Per l’economista sono solo le persone fisiche (azionisti, lavoratori, consumatori,
proprietari di beni mobili ed immobili) a supportare il carico fiscale.
Esistono due modi per classificare le persone fisiche ai fini dell’analisi dell’incidenza
economica.
1. Distribuzione funzionale del reddito. L’analisi dell’incidenza viene condotta
studiando il modo in cui l’imposta, ed in generale il sistema fiscale, modifica la
distribuzione del reddito tra i lavoratori, gli azionisti ed i proprietari di beni (le
persone fisiche).
2. Distribuzione quantitativa del reddito. Cerca di spiegare il modo in cui il reddito
viene distribuito tra gli individui, indipendentemente da chi genera il reddito
stesso.
Le variazioni nella distribuzione funzionale del reddito possono essere tradotte in
variazioni nella distribuzione quantitativa.

Bisogna considerare sia le fonti, sia gli impieghi del reddito. Se il prezzo aumenta, tutti
coloro che tendono a consumare molte unità del bene vedono peggiorare il proprio
benessere, se l’imposta riduce la domanda, sono i fattori impiegati nella produzione del
bene a vedere peggiorare la propria situazione perdendo del reddito.

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L’incidenza dipende dalla modalità di determinazione dei prezzi. Nella maggior parte dei
casi la reazione alla variazione dei prezzi è maggiore nel lungo periodo. L’incidenza di
breve e lungo periodo di un’imposta può variare.

L’incidenza dipende dalla destinazione del gettito fiscale. Con​ l’analisi dell’incidenza con
bilancio in pareggio​ si calcola l’effetto dell’imposizione fiscale e della spesa pubblica
finanziata dalle imposte. L’effetto distributivo finale di un’imposta dipende anche da
come la P.A. spende il denaro. In alcuni studi si ipotizza che lo Stato impieghi il gettito
fiscale esattamente come un consumatore medio. Con ​l’analisi dell’incidenza
differenziale dell’imposta ​si analizza la distribuzione delle risorse confrontando imposte
alternative. Con ​l’analisi dell’incidenza assoluta dell’imposta ​si esaminano gli effetti
dell’imposta ipotizzando che non esistano sostituzioni con altri tributi o variazioni della
spesa pubblica. Si presuppone spesso che l’imposta sia un’imposta ​a somma fissa​,
ovvero un’imposta i cui effetti non dipendono dal comportamento del singolo.

La progressività dell’imposta può essere ottenuta e misurata.


In base all’incidenza economica l’imposta viene definita ​proporzionale, progressiva o
regressiva.
1. Abbiamo un ​sistema impositivo proporzionale​ quando l’aliquota media (il
rapporto tra le imposte versate ed il reddito) è costante, indipendentemente dal
livello del reddito.
2. Abbiamo un ​sistema impositivo progressivo​ quando l’aliquota media aumenta
al crescere del reddito.
3. Abbiamo un ​sistema impositivo regressivo​ quando l’aliquota media diminuisce
al crescere del reddito.
La Costituzione italiana (art. 53) prevede un sistema impositivo progressivo.
Sulla base del sistema impositivo, le imposte possono quindi essere proporzionali, come
la flat tax, progressive o regressive. Sulla base dell’art. 53, si può pensare che la flat tax
sia incostituzionale, ma non lo è se il sistema impositivo nel suo complesso rimane
progressivo, cosa che può accadere attraverso deduzioni e detrazioni.

La progressività si può ottenere in vari modi:


- Attraverso una deduzione o una detrazione, due processi praticamente identici.
La deduzione​ è una diminuzione del reddito imponibile al quale applicare le
aliquote medie. Si riconosce una riduzione del reddito complessivo per
determinate spese e si ottiene un risparmio fiscale pari all’aliquota marginale per
l’importo dedotto dal contribuente. T=t*(Y-d). Dove T è la tassa totale che è
uguale all’aliquota per il reddito meno la deduzione.​ La detrazione​ è una
diminuzione della tassazione lorda, ottenuta attraverso l’applicazione di aliquote
crescenti al reddito imponibile. Per determinate spese si riconosce una
detrazione pari ad una percentuale dell’onere sostenuto dal contribuente. Il
risparmio è pari alla percentuale detraibile della spesa effettuata. T= t*(Y-c).
Dove T è la tassa totale, che è uguale all’aliquota per il reddito meno la
deduzione.

- Attraverso la divisione per classi. Si calcola ex ante un’aliquota media diversa a


seconda seconda della classe d’appartenenza. Il problema di questa divisione
sono le fasce intermedie nei cambi di classe, che vengono tassate troppo.

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-
- Attraverso la suddivisione in scaglioni di reddito in cui l’aliquota media è applicata
solo al dato scaglione di reddito.

Abbiamo detto che le imposte influiscono sulla distribuzione del reddito in quanto producono
variazioni dei prezzi relativi. Quando si intende calcolare l’incidenza delle imposte si utilizzano
modelli di equilibrio parziale, ovvero modelli che considerano unicamente il mercato in cui viene
imposto il tributo ed ignorano gli effetti sugli altri mercati.
Le imposte specifiche​, ovvero le imposte applicate come ammontare fisso su ogni unità di
bene venduto, generano una nuova curva di domanda percepita dai produttori, che ricevono il
prezzo del bene meno l’imposta specifica. La loro curva di domanda sarà pertanto più bassa
con l’introduzione dell’imposta specifica. L’equilibrio è individuato nel punto in cui l’offerta è
uguale alla domanda, con la nuova curva di domanda per i produttori, l’equilibrio si sposta. Con
l’introduzione dell’imposta la quantità Q venduta è minore. Il prezzo pagato dai consumatori è
uguale al prezzo di equilibrio (calcolato prima dell’introduzione dell’imposta) più il prezzo
dell’imposta specifica. In seguito all’introduzione dell’imposta il benessere dei consumatori
peggiora perché il nuovo prezzo è superiore a quello originale, peggiora anche il benessere dei
produttori. L’incidenza di un’imposta specifica è infatti indifferente al fatto che venga attribuita a
produttori o consumatori.
L’incidenza dell’imposta specifica dipende anche dall’elasticità della domanda e dell’offerta.
Più è elastica la curva di domanda, minore è l’imposta che grava sui consumatori (a parità di
condizioni), con una domanda elastica è più facile per i consumatori passare ad altri prodotti
quando il prezzo sale, in questo modo una percentuale maggiore dell’imposta sarà a carico dei
produttori.
Più è elastica la curva di offerta, minore è l’imposta che grava sui produttori (a parità di altre
condizioni).
Le Imposte ad valorem​ cioè le imposte con un’aliquota proporzionale al prezzo (IVA), nel caso
in cui sia legalmente a carico dei consumatori, sposta la curva di domanda verso il basso di una
stessa percentuale per ciascun livello di output. Generando una nuova curva di domanda, si
trova un nuovo punto di equilibrio dove la domanda (con l’imposta ad valorem) e l’offerta si
eguagliano. La quantità scambiata è minore, ed il prezzo sostenuto dai produttori si trova
calcolando la quantità efficiente sulla curva di offerta, il prezzo sostenuto dai consumatori si
trova calcolando la quantità sulla nuova curva di domanda.

Imposte sui fattori di produzione


Imposte sul salario. ​In molti paesi sono previste due aliquote contributive, una a carico
dei datori di lavoro ed una a carico dei lavoratori, in modo che l’onere dell’imposta sia
distribuito equamente. In realtà la ripartizione dell’onere dell’imposta non è sempre
equa, in quanto dipende dall’elasticità di domanda e offerta. Se supponiamo che l’offerta
di lavoro sia rigida (perfettamente anelastica) e che sia introdotta un’imposta ad valorem,
si crea una nuova curva di domanda ed il salario ricevuto dai lavoratori diminuisce (si
trova nel punto in cui la domanda tocca l’offerta, in questo caso, con l’applicazione
dell’imposta ad valorem, la curva di domanda si abbassa). Il prezzo sostenuto dai datori
di lavoro rimane allo stesso livello in cui era prima dell’introduzione dell’imposta. In
questo caso sono solo i lavoratori a sopportare l’onere dell’imposta. Nel caso in cui la
curva di offerta sia perfettamente elastica, e la curva di domanda anelastica si ottiene il
risultato opposto. ​L’andamento dell’elasticità di domanda e offerta è essenziale per
capire l’incidenza di un’imposta.

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Tassazione del capitale in un’economia globale​. L’analisi di un’imposta sul capitale è


sostanzialmente la stessa di quella per l’analisi di un’imposta sul lavoro.
In un’economia chiusa (no globalizzazione) la curva di domanda ha pendenza negativa,
e la curva di offerta di capitale ha pendenza positiva. In questo caso sono i detentori di
capitale a sopportare parte dell’onere dell’imposta, il cui importo preciso dipende
dall’elasticità di domanda e offerta. Se il capitale è perfettamente mobile tra i paesi
(piena globalizzazione) l’offerta di capitale per un dato paese è perfettamente elastica ed
il prezzo ricevuto dai produttori sale in misura pari all’imposta. In questo caso i detentori
di capitale non sopportano l’onere dell’imposta.
Nell’economia globalizzata di oggi il capitale non è perfettamente mobile, e quindi la
possibilità di tassare il capitale è verosimile, ma non si può sovrastimare la capacità di
gravare i detentori di capitale in quanto è presente, un minimo di mobilità.

Imposte sui beni in mancanza di concorrenza


Quando tutta la domanda di mercato è soddisfatta da un solo produttore siamo in presenza di
Monopolio.
Il livello di produzione ottimo nel monopolio si trova quando i ricavi marginali sono uguali ai costi
marginali, ed il prezzo è dato dall’intersezione della quantità con la domanda. Il profitto è dato
dalla differenza tra ricavo medio e costo medio totale.
Supponendo che la quantità Q prodotta dal monopolista sia gravata di un’imposta specifica, la
curva di domanda effettiva fronteggiata dal monopolista si sposta verso il basso, ad una
distanza verticale pari all’imposta. Anche la curva dei ricavi marginali si sposta verso il basso.
La quantità di output che massimizza i profitti si trova nel punto di intersezione tra i nuovi ricavi
marginali ed i nuovi costi marginali, dalla nuova quantità di output prodotto si trova il nuovo
prezzo. Il nuovo prezzo a cui i consumatori acquisteranno il bene si trova aggiungendo l’imposta
specifica al prezzo del monopolista. Il nuovo profitto del monopolio è dato dalla differenza tra il
prezzo ricevuto dal monopolista ed il costo medio totale.
La quantità domandata scende, il prezzo pagato dai consumatori aumenta ed il prezzo ricevuto
dal monopolista diminuisce. Con l’introduzione dell’imposta i profitti del monopolio sono inferiori.
Il monopolista è colui che sopporta in maniera maggiore l’onere dell’imposta introdotta sul
prodotto.

Eccesso di pressione tributaria


L’introduzione di un tributo altera le decisioni degli agenti economici e la perdita di benessere
che ne deriva prende il nome di ​eccesso di pressione tributaria​. Con questo termine si indica
quindi la riduzione di benessere che eccede quella legata al prelievo fiscale, l’eccesso di
pressione tributaria può anche essere definito ​costo o perdita netta di benessere sociale​.
Prima che sia introdotta un tributo, un individuo ha un vincolo di bilancio e massimizza la sua
utilità quando la sua curva di indifferenza è tangente al vincolo di bilancio. Un’imposta modifica
il prezzo del prodotto, pertanto modifica il vincolo di bilancio che trasla verso il basso. Dopo
l’applicazione dell’imposta, si crea quindi un nuovo vincolo di bilancio dove l’utilità individuale è
massimizzata nel punto in cui la nuova curva di indifferenza intrinseca il vincolo di bilancio.
L’onere fiscale è la distanza verticale tra il vecchio ed il nuovo vincolo di bilancio.
Qualunque tributo pone l’individuo su una curva d’indifferenza inferiore, ma nel caso in cui
esista un tributo che comporti una perdita di utilità minore siamo in presenza di un’imposta che
causa un eccesso di pressione tributaria.
Per capire se esiste o meno un eccesso di pressione tributaria bisogna calcolare​ la variazione
equivalente​ ovvero la variazione del reddito che produce lo stesso effetto sull’utilità di una

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variazione del prezzo del bene. Se la variazione equivalente è maggiore del gettito raccolto con
l’imposta, il tributo peggiora la condizione dell’individuo per un’utilità maggiore dell’entrata
tributaria che genera. Siamo davanti ad un caso di eccesso di pressione tributaria.
Non tutti i tributi generano un eccesso di pressione tributaria.
La somma fissa (lump-sum)​ ​è un​ ​ammontare fisso, senza alcuna corrispondenza con variabili
controllabili, come le caratteristiche e le dimensioni dell’oggetto da tassare.​ ​Un’imposta a
somma fissa genera lo spostamento parallelo della retta del vincolo di bilancio. Le entrate
derivanti dalle imposte a somma fissa sono uguali alla variazione equivalente, quindi questo tipo
di tassazione non causa un eccesso di pressione tributaria.
Un tributo che modifica i prezzi relativi dei beni è inefficiente perché riduce l’utilità dell’individuo
più di quanto sia necessario.
Nonostante sia efficiente, la tassazione a somma fissa non è uno strumento politico molto
utilizzato in quanto si tratta di un tipo di tassazione molto iniquo, perché deve essere pagato da
tutti indipendentemente dalla loro condizione economica.
Negli anni ‘90, la Thatcher introdusse in Gran Bretagna un’imposta a somma fissa sul capitale,
questa imposta non variava al variare del reddito o del patrimonio, ma al variare dell’area
geografica di residenza. Vista la sua iniquità, questa tassazione fu uno dei principali motivi della
caduta del governo Thatcher. Per produrre risultati più equi bisognerebbe fare pagare una
somma superiore a coloro che hanno un reddito maggiore, ma un’imposta del genere
condiziona le decisioni individuali a tal punto da far decidere di lavorare di meno, o non lavorare
per niente. Ne deriva che un’imposta sul reddito non può essere un’imposta a somma fissa e le
due imposte non sono equivalenti, poiché il reddito di ciascun individuo è sotto il suo controllo.
In un’economia moderna, la tassazione in somma fissa è considerata come riferimento per
valutare l’efficienza delle imposte, ma non può essere un’alternativa politico-fiscale.

Eccesso di pressione dei sussidi.


Molto frequente nei sistemi fiscali, un sussidio è un’imposta negativa e in quanto tale può avere
un eccesso di pressione tributaria.
La curva di domanda per un bene di prima necessità ha pendenza negativa e l’offerta è
costante e misura il costo marginale sociale della produzione di tale bene. Il livello di output
socialmente efficiente si ha nel punto in cui la domanda intrinseca l’offerta. Se il Governo
introduce un sussidio agli imprenditori sotto forma di agevolazione fiscale, si crea un nuovo
prezzo ed una nuova offerta per il bene di prima necessità, anche l’output socialmente efficiente
cambia. Con l’introduzione del sussidio il surplus del consumatore aumenta e così il suo
beneficio. Ma il costo dell’agevolazione è in realtà maggiore del beneficio e siamo in presenza
di un eccesso di pressione fiscale, pari alla differenza tra i due output prodotti, sopra la curva di
domanda e sotto i rispettivi prezzi. Il sussidio induce a consumare beni di prima necessità
valutati meno del loro costo, questo genera inefficienza. In questo caso, un programma di
sussidi costa di più che un trasferimento di risorse diretto.

Imposte personali e comportamenti individuali


Le imposte sul reddito delle persone fisiche influiscono su molte decisioni economiche tra cui
l’offerta di lavoro, il risparmio, l’acquisto della casa di abitazione e le modalità di investimento
del capitale.

Quando prendiamo in considerazione ​la tassazione del lavoro​, bisogna distinguere tra effetto
sostituzione ed effetto reddito. ​L’effetto sostituzione​ è una modifica nella quantità consumata
di un bene imputabile alla sola variazione del prezzo relativo, nel caso in cui un’imposta riduca il

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salario netto di un lavoratore, il costo opportunità del tempo libero diminuisce e quindi si tende a
sostituire il lavoro con il tempo libero. Quest’affermazione non è sempre vera, in quanto
potrebbe manifestarsi ​l’effetto reddito​, cioè quell’effetto prodotto da una variazione del prezzo
sulla quantità consumata, imputabile esclusivamente alla variazione del reddito del
consumatore. In altre parole, qualunque sia il numero di ore lavorate, l’imposta riduce il reddito
individuale, e se il tempo libero è un bene normale, la perdita di reddito porta ad una riduzione
del tempo libero in favore delle ore lavorate.
Se prevale l’effetto sostituzione, le ore di lavoro aumentano all’aumentare del salario netto.
Sulla base di questa idea, l’economista Laffer crea un grafico, che prende il nome di ​curva di
Laffer​ e rappresenta la relazione tra aliquota d’imposta ed entrate tributarie. L’idea del modello
è quella secondo cui la riduzione dell’aliquota fiscale non necessariamente riduce le entrate
tributarie. Le entrate tributarie aumentano all’aumentare dell’aliquota fino a raggiungere un
livello massimo, dopo questo picco cominciano a diminuire portandosi fino a 0. La forma della
curva di Laffer dipende dall’elasticità del lavoro rispetto al salario netto, può essere vera solo se
prevale l’effetto sostituzione, se invece prevale l’effetto reddito la riduzione delle imposte e il
conseguente aumento del salario netto provocano una riduzione inevitabile delle ore di lavoro e
quindi una riduzione del gettito creato dall’aliquota. Inoltre è stato dimostrato che perché ci sia
un aumento del gettito, è necessario che la riduzione delle aliquote d’imposta faccia aumentare
l’offerta di lavoro in maniera molto consistente, così da generare maggior reddito.
Un altro comportamento che può essere influenzato dal sistema tributario è la ​decisione sul
risparmio​. Le decisioni sul risparmio si basano sul ​modello del ciclo vitale​, secondo cui gli
individui pianificano anno dopo anno le loro decisioni sul consumo e sul risparmio considerando
tutta la loro vita. Ciò che si risparmia ogni anno non dipende soltanto dal reddito di quel
determinato anno, ma dal reddito passato e da quello che si prevede di avere nel futuro.
L’individuo può decidere di consumare meno oggi e risparmiare per potere consumare più nel
futuro, oppure spendere di più oggi riducendo i propri risparmi e quindi le proprie spese future.
La tassazione del reddito da capitale riduce il costo opportunità del consumo presente e quindi
la propensione al risparmio.

Tassazione della famiglia


Abbiamo considerato la tassazione dei redditi individuali, ma gli individui vivono in famiglie.
La tassazione individuale favorisce l’individualismo.
La tassazione del nucleo riconosce i vantaggi del vivere in comune.
È difficile capire quale sistema garantisce più equità orizzontale:
si potrebbe ​tassare individualmente i due coniugi​ (come accade in molti paesi), in questo
modo la decisione di sposarsi è neutrale, la decisione di avere figli è neutrale anche se può
essere corretta con detrazioni e deduzioni per coniuge e figli a carico, in modo da favorire
l’avere figli. L’elusione è favorita in quanto il coniuge più ricco trova conveniente spostare il
reddito al coniuge più povero. La partecipazione al mercato del lavoro di entrambi i coniugi è
favorita in quanto questi trovano più conveniente essere tassati su due stipendi differenti che su
uno solo più alto;
si potrebbe ​tassare cumulativamente il nucleo ​cioè applicare una funzione di imposta al
reddito cumulato dei due coniugi. Nel caso in cui il sistema tributario fosse progressivo, la
decisione di sposarsi sarebbe sfavorita, in quanto l’onere fiscale sarebbe più alto, la decisione
di avere figli sarebbe neutrale, l’elusione sarebbe neutrale, ma anche la partecipazione di
entrambi i coniugi al mercato del lavoro sarebbe neutrale;
si potrebbe ​tassare per parti (splitting) ​l’aliquota è una funzione della somma dei redditi del
nucleo divisa per 2. La decisione di sposarsi è favorita, in quanto se i due coniugi si sposano

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l’aliquota media tra i due diminuisce, la decisione di avere figli è neutrale, l’elusione è neutrale,
la partecipazione di entrambi i coniugi al mercato del lavoro è neutrale;
si può​ ​tassare per parti​ ​(quoziente familiare)​. L’aliquota è una funzione della somma dei
redditi del nucleo familiare pesata in base al numero dei componenti familiari. La decisione di
sposarsi è favorita, se si sposano l’aliquota media tra i due diminuisce, la decisione di avere figli
è favorita in quanto l’aliquota media si abbassa con il numero dei figli, l’elusione è neutrale, la
partecipazione di entrambi i coniugi al mercato del lavoro è neutrale.

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