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PREMESSA

L’obiettivo di questo volume è quello di fornire un’idea chiara e


concreta rispetto al lavoro di coaching, fornendo spunti di riflessione
e strumenti di applicazione pratica.
Questo lavoro nasce dall’esperienza maturata all’interno dell’A.E.R.F.,
Association Europeenne pour la Recherche Scientifique et la
Formation, che da anni si occupa di formazione professionale in
coaching ad indirizzo ipnotico costruttivista.
Verrà presentata la nostra visione del coaching che privilegia non
tanto le tecniche, quanto la costruzione di uno stato mentale idoneo
allo sviluppo di un percorso di coaching.
Il metodo che utilizziamo, sia nella formazione che nei percorsi con i
clienti, nasce da un preciso meccanismo mentale tratto dalla
psicologia del lavoro denominato Ruota di Deming o ciclo PDCA.
Approfondiremo le diverse fasi del metodo, descrivendo gli strumenti
più efficaci da poter utilizzare durante il momento di analisi,
ottimizzazione, verifica e mantenimento.
Lo strumento privilegiato che proponiamo ai nostri coach è l’ipnosi
costruttivista, che verrà descritta nelle sue componenti e nelle sue
possibilità di applicazione.
Il messaggio che vogliamo trasmettere con questo lavoro è che chi
vuole diventare un buon coach non può prescindere dal lavoro sul
proprio stato mentale.
La lettura di un libro non è sufficiente per potersi definire un coach,
ma sicuramente può stimolare la curiosità e il desiderio di
sperimentare un’esperienza diversa.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 1


1. LA TEORIA DEL COACHING

1.1 DEFINIZIONE DEL COACHING.

La figura del coach è stata esportata dalla Psicologia aziendale,


ambito all’interno del quale si è iniziato ad utilizzare questo termine
per definire una figura professionale con competenze specifiche che
svolge un ruolo ben definito all’interno dell’impresa. La psicologia del
lavoro ha preso a prestito il termine coach dall’ambito sportivo nel
quale veniva, e viene, utilizzato per definire il ruolo dell’allenatore.
Letteralmente si può tradurre il termine coach come cocchiere, colui
che ti porta da un punto ad un altro in un percorso preciso.
Nello specifico aziendale, il coach fornisce assistenza individuale
tecnico - pratica ad un'altra persona, che prende il nome di coachée,
per aiutarla a raggiungere una più completa comprensione di tutte le
dimensioni presenti nel proprio ruolo di lavoro ed una maggior
consapevolezza dei punti di forza e di debolezza posseduti per
raggiungere la pienezza del ruolo attuale o un programmato sviluppo
di ruolo o di carriera.
Il coaching è un metodo di recente introduzione, può essere
considerato come il punto di incontro tra formazione e consulenza
individuale, può comprendere due casi:
9 un consulente individuale esterno affianca un manager per
aumentarne la performance o il benessere;
9 un superiore cerca di aiutare un suo collaboratore.
Questa descrizione ben rappresenta colui che viene definito come
executive coach. L’executive coach è una figura ancora in fase di
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sviluppo, soprattutto in Italia, poiché la richiesta aziendale è ancora
limitata per diversi motivi, fra cui quello economico.
L’executive coach è richiesto principalmente per l’inserimento di
giovani dirigenti, dopo gli assessment center, nelle difficoltà di
rapporto capo – collaboratore, prima e/o durante l'outplacement e
in accompagnamento a cambiamenti organizzativi, fusioni,
acquisizioni

Ciò di cui parleremo in questo libro farà riferimento al life coach. Il


life coach è un processo di coaching che lavora su obiettivi rientranti
nell’area personale. Il life coach, ad esempio, lavora per il
miglioramento della qualità di vita personale rispettando l’ecologia
del soggetto. Usando una metafora, il life coach potrebbe essere
definito come il “terapeuta della vita”. Per comodità di espressione
useremo il termine coach, riferendoci tuttavia al life coach e
lasciando l’executive coach solo per l’ambito aziendale.

Attualmente vi sono molte definizioni del coach, anche se non sempre


sono tutte corrette. Per tale motivo abbiamo raccolto alcune
definizioni di coach e di coaching attraverso alcune testimonianze di
esperti del settore. Alcune delle seguenti definizioni sono più consone
alla visione costruttivista, mentre altre si avvicinano maggiormente
alla logica economica del risultato. Lasciamo a voi la libertà di
scegliere la definizione che maggiormente risuona dentro di voi,
sapendo che tutte queste descrizioni sono globalmente corrette e
possono essere lette come spunto di riflessione rispetto ai vostri
clienti.

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“E’ bella l’idea del cocchiere che accompagna le persone in un
percorso, senza creare dipendenza.”

“Il Coach è colui che aiuta la persona, in un momento di


smarrimento, a ritrovare la luce, senza avere la dimensione della
patologia.”

“E’ partire da com’è la persona per andare avanti, percorrere un


cammino che sviluppa al massimo le potenzialità della persona,
avendo chiaro dall’inizio l’obiettivo. E’ un percorso che non può
prescindere dal counselling.”

“E’ fortemente connotato dall’esperienza progettuale (l’allenamento è


finalizzato al raggiungimento di un obiettivo); ogni progetto parte da
bisogni, che sono da differenziare dai desideri.”

“E’ importante vedere i “punti” che sono rimasti nel cassetto, i


desideri repressi che possono venire fuori. La domanda che deve
fare il coach è: “Di che cosa hai bisogno?.”

“Il coach deve prendersi anche il rischio economico di non aver


raggiunto l’obiettivo e, quindi, di non essere pagato. E’ importante
conoscere la psicologia della persona, per poter andare dritti
all’obiettivo puntando ai reali bisogni della persona stessa.”

In realtà, dal nostro punto di vista, il coach è uno stato mentale. Per
essere un coach efficace, infatti, non basta possedere e
padroneggiare delle tecniche di coaching, ma ci vuole molto di più. E’

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necessario possedere un preciso stato mentale che definisce la
professionalità del coach.
Questo stato mentale è acquisibile e sviluppabile attraverso un
attento e preciso lavoro su se stessi. Il coach necessita prima di
tutto di un training su di sé, poiché avendo vissuto un’esperienza in
modo diretto è più facile comunicarla e trasmetterla ad altri.
Vedremo nel paragrafo successivo alcune delle competenze che il
buon coach deve possedere e sviluppare, attraverso percorsi di
ottimizzazione personale.

Il coaching lavora sul gap, cioè lo spazio che intercorre fra un punto
e l’altro. Ciascuno ha un gap da colmare, quindi un pezzo di strada da
fare per raggiungere uno stato desiderato che non appartiene
ancora alla sua esperienza di vita attuale. Anche il coach può avere
dei gap rispetto alla sua professionalità, soprattutto nella fase di
formazione personale. Quando un soggetto decide di orientare la
propria professione verso il coaching dovrà iniziare un percorso di
lavoro su se stesso, che non consiste soltanto nell’acquisizione di
competenze specialistiche. In sostanza, all’inizio, il coach dovrà
colmare i suoi gap, lavorando sul potenziamento delle sue
competenze, caratteristiche personali e professionali. Dovrà
lavorare sul suo stato mentale per colmare il gap che lo separa dalla
sua immagine attuale a quella del coach professionista.

Nel percorso di coaching intervengono due figure differenti. La prima


è il coach, di cui parleremo approfonditamente nella prima parte di
questo libro, mentre la seconda è il coachée. Il coachée è il vero
protagonista del coaching. E’ lui che con l'aiuto del coach scopre,
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interpreta, valuta, migliora, cambia, impara ad imparare. In genere
coincide con il committente, in caso contrario deve comunque essere
libero di voler iniziare un processo di coaching.

Gli obiettivi principali per cui un cliente si impegna in un’attività di


coaching possono essere riassunti nei punti seguenti:
- miglioramento della performance;
- acquisizione di nuove capacità;
- analisi delle esperienze fatte;
- maggior benessere nel ruolo (professionale o personale) che si
ricopre;
- elaborazione dei conflitti;
- sperimentazione di nuovi comportamenti;
- preparazione di decisioni personali;
- eliminazione dei blocchi ed una più completa percezione;
- messa in moto dei processi di auto-organizzazione;
- ampliamento delle prospettive e delle possibilità individuali.
In generale, il coach viene interpellato ogni qualvolta che si ha la
volontà o il desiderio di raggiungere un obiettivo ma non si
conoscono gli strumenti necessari o la strada da percorrere. Da
bravo cocchiere, il coach avrà come obiettivo quello di condurre il
cliente dallo “stato problema” allo “stato desiderato”.

1.2 DIFFERENZE FRA COACHING E COUNSELLING

Il percorso di coaching si differenzia in modo sostanziale dal


percorso di counselling, tuttavia si tende ancora a fare molta

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confusione tra le competenze impiegate e gli obiettivi perseguiti in
questi due tipi di intervento. Cerchiamo quindi di schematizzare le
differenze principali:

COUNSELLING COACHING

Permette alla persona di tirare fuori Lavora su OBIETTIVI professionali e


il meglio di sé. Il counsellor lavora accompagna la persona per tutto il
sulle RISORSE individuali percorso di sviluppo

In azienda lavora sul supporto In azienda il coach lavora in seguito


iniziale, rispetto ad un cambiamento all’avvenuto cambiamento e si rivolge ai
previsto o da poco accaduto. livelli professionali superiori (quadri,
manager, amministratori delegati)
Lavora mettendo in luce le risorse Lavora sul cambiamento strutturale e
del soggetto in un percorso che quindi impiega un lasso di tempo non
tende ad essere risolto in tempi inferiore ai 6 mesi, tenendo in
mediamente brevi (massimo 12 considerazione anche i correlati
sedute) neurofisiologici del cambiamento e
delle modificazioni delle abitudini.

Un altro schema che permette di evidenziare le differenze è il


seguente:

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FOCUS SUL PENSIERO

Psicoanalisi, cognitivismo, filosofia

PSICOTERAPIA
FOCUS AL PROBLEMA
FOCUS SULLA SOLUZIONE
Counselling
Psicologia dello sport,
COUN SELLING coaching, terapie sistemiche
americane
QUAL’E’ IL PROBLEMA
COSA FUNZIONA

FOCUS SUL COMPORTAMENTO

Comportamentismo

Se vogliamo usare alcune metafore per spiegare meglio la differenza


fra queste due figure professionali possiamo dire che:

“Il counsellor lavora sull’arredamento della casa per renderla più


confortevole e abitabile mentre il coach, o lo psicoterapeuta, lavora
sulla struttura dell’edificio”

“Quando Mago Merlino fece il counsellor, fece scoprire la spada


magica a Re Artù, mentre quando si trasformò in coach lo guidò alla
costruzione della tavola rotonda”

Lasciamo alla vostra creatività la possibilità di creare altre metafore


per descrivere il lavoro del coaching, distinguendolo da quello del
counselling.
Queste frasi possono rientrare nell’ottica delle laser introduction:
brevi frasi suggestive che danno l’idea forte del messaggio che il

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coach vuole proporre. Allenarsi a costruire la propria laser
introduction permette al coach di rispondere in modo efficace alla
seguente domanda: “In che cosa consiste il tuo lavoro?”.

1.3 LE DIECI ABILITA’ DEL COACH EFFICACE

1) Essere curiosi del cliente. Sappiamo che il lasciarsi incuriosire


è un passaggio fondamentale nel processo ipnotico. E’ infatti la
condizione senza la quale non possiamo abbassare la critica e
allentare le difese nell’avvicinarsi ad una situazione nuova. La
curiosità si manifesta quando abbandoniamo le nostre
aspettative e ci lasciamo coinvolgere dalla situazione che ci si
presenta, senza per forza dover andare a cercare ciò che
vogliamo trovare. Ci poniamo pertanto in una situazione di
“attenzione responsiva” nei confronti del cliente,
permettendoci di essere guidati dalla storia di colui che ci sta
di fronte.
2) Rappresentare e significare. Per spiegare questo secondo
punto facciamo riferimento alla celebre frase di Lao-Tze:
“Ascolta e dimentica, guarda e ricorda, fai e capisci”. Il buon
coach deve pertanto coinvolgere il coachée in un’esperienza
pratica ed emotiva che è l’unica condizione che favorisce un
vero apprendimento e cambiamento. In una visione poetica
potremmo dire che rappresentare e significare vuol dire che il
coach continua a sognare con il coachée un’esperienza diversa
che lo porterà a superare l’abisso (par. 3.5.1)

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3) Reframing o re-incorniciamento. Il vero cambiamento nasce
dal cambiamento di presupposti o di cornice di riferimento. Se
non avviene questo passaggio di livello logico non si ha un vero
cambiamento, ma semplicemente una cambiamento suggestivo
che andrà a decadere velocemente. Se non rispettiamo questa
regola rischiamo di cadere nel “gattopardismo”, ovvero
cambiamo tutto per non cambiare sulla. Re-incorniciare
significa trasformare un limite del coachée nella sua
possibilità di riuscita.
4) Il cliente non sbaglia. Il buon coach sa che il cliente fa solo ciò
che è in grado di fare in quel momento, anche se non è
esattamente ciò che gli è stato richiesto. Il coach in queste
occasioni non sarà mai accusatorio, ma continuerà a motivare
e stimolare il coachée a fare di più e a continuare lungo il
percorso.
5) Preferenze. Il buon coachée esce dalla logica del dovere, e
ragiona in termini di: “che cosa preferiresti fare”. In questo
modo si stimola il coachée in modo non oppressivo, ma
favorendo ciò che viene espresso al punto 6. Questo principio
di preferenza rispetta la seconda regola della Sincronanza
(Vercelli, Bounous 2004) secondo la quale ciascuna azione per
essere svolta al meglio deve rispondere positivamente alle
seguenti domande:
9 E’ facile?
9 E’ divertente?
9 Da’ una sensazione piacevole?
6) Pensare alle possibilità. “Cosa ti differenzia da una persona
comune? Il fatto che una persona comune si ferma quando ha

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trovato l’ago nel pagliaio mentre io continuo fino a che non li
ho trovati tutti!”. Questa frase è la sintesi di ciò che Albert
Einstein rispose ad una giornalista mettendo in luce la sua
grande capacità di cogliere tutte le soluzioni possibili, senza
fermarsi alla prima, credendo di essere arrivato. Il coach deve
favorire lo stesso meccanismo mentale nel cliente. Uno fra gli
strumenti più utili in questo caso è il brainstorming, tecnica
capace di stimolare la creatività personale. Questa tecnica
consiste nel “prendere d’assalto” un problema cercando
quante più soluzioni possibili per esso, lasciando libero sfogo al
pensiero. Successivamente le idee vengono valutate e
giudicate fino a selezionare quella migliore.
7) Domande potenti. Vengono anche dette miracle questions,
ossia domande miracolose. Una domanda potente o miracolosa
vuole valutare se il soggetto si pone mentalmente oltre il
problema oppure se ne rimane invischiato. Da domande di
questo tipo si valuta se il coachée è in grado di proiettarsi nel
futuro e pensare la sua vita in modo differente. E’ necessario
innanzitutto identificare lo stimolo bloccante e poi agire con
una domanda potente. Facciamo un esempio. Di fronte ad un
impiegato che dichiara di non poter cambiare il suo lavoro
poiché il suo senso di riconoscenza verso il capo glielo
impedisce, è possibile identificare lo stimolo bloccante nel suo
sentimento di riconoscenza e dipendenza. La domanda potente
da proporre potrebbe essere di questo tipo: “Cosa farebbe se
il suo capo improvvisamente morisse e lei perdesse il suo
attuale lavoro?”. In questo modo si obbliga il coachée a
passare dallo stato problema allo stato di ipotetiche soluzioni.
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Una domanda potente è rivolta all’obiettivo e non al dilemma.
Ad es.: “Se domani mattina trovassi il genio della lampada e
potessi esprimere tre desideri, che cosa domanderesti al fine
di poter diventare un coach veramente efficace?”
8) Domande propositive. Sono domande a cui non si può dare una
risposta immediata, ma il fatto di rimanere nella domanda
permette di salire di livello logico e favorire un reale
cambiamento. Per comprendere meglio questo tipo di domande
facciamo affidamento ad una frase di R.M Rylke che scrisse:
“Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore.
Permettiti di amare le domande per se stesse. Non pretendere
le risposte che non possono essere date. Perché potresti non
essere capace e pronto a riceverle. Vivi le domande nel loro
tempo presente. Forse ti scoprirai un giorno, senza preavviso,
a vivere nella risposta che hai tanto cercato.”
9) Un margine di compassione. Senza un margine di compassione,
perderemmo la sincronia con il cliente, instaurando un
“rapport tecnico” e dimenticandoci l’attivazione emotiva con il
cliente, che è essenziale per instaurare un rapporto funzionale
al cambiamento. Questo punto riprende il terzo segreto della
Sincronanza, nella figura del guru. Il guru o colui che sfata le
illusioni, è la persona che è in grado di indicare e sa far
percepire la realtà completamente, dolcemente o
energicamente, a seconda di cosa richiede la situazione,
ricordandosi sempre del punto n. 4.
10) Uso di metafore, storie, analogie. Nella nostra visione del
coaching l’ipnosi costruttivista rappresenta le fondamenta
filosofiche alla pratica clinica. Le tecniche ipnotiche, sia di tipo

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diretto che di tipo indiretto, sono pertanto parte integrante del
lavoro di coaching.

1.4 I COACH PROFESSIONISTI INSEGNANO …

Riportiamo in questo paragrafo alcuni consigli tratti da tre interviste


realizzate ad alcuni coach professionisti, prese dal Sole 24 Ore. In
queste interviste si chiese a questi tre coach, con ottiche
professionali differenti, quali secondo loro fossero i segreti per
diventare un buon coach. Riportiamo questi suggerimenti e lasciamo
la possibilità a ciascuno di voi di cogliere ciò che ritiene più utile e
positivo.

OTTICA DEL COACH N. 1

1. CREARE SEGNALI POST IPNOTICI DI TIPO POSITIVO: chi si alza al mattino


dicendosi: “Che brutto aspetto ho!” si dà una cosiddetta “carezza negativa”.
Il linguaggio interno è fondamentale nella buona riuscita della prestazione.
E’ necessario pertanto lavorare sulla trasformazione del self talk in
versione positiva, ad esempio: “Questa sera andrò a letto presto”.
2. LASCIARE MESSAGGI DI ACCUDIMENTO DI SE STESSI: ad es. sulla propria
segreteria telefonica (“Ricordati di telefonare a… domani alle 10”; “Ciao
Paola”; ecc.). Ascoltare se stesso che parla a se stesso è un messaggio al
proprio inconscio (è ipnotico).
3. ESSERE GENTILI CON SE STESSI E CONCENTRARSI SUI PROPRI SFORZI,
INDIPENDENTEMENTE DAI RISULTATI: “Riconosco che sto facendo un buon
lavoro con il mio paziente… il risultato non dipende esclusivamente da me!”

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4. Quando si realizza di essere in una situazione, o in una relazione negativa o
tossica, uscirne; TOGLIERSI DALLE PERSONE CHE SOTTRAGGONO TROPPE
ENERGIE. Fare un buon lavoro sull’assertività.
5. CREARSI UN ASSISTENTE VIRTUALE: aiuta a prendersi cura di sé; dialogo
con se stesso e con l’inconscio.

OTTICA DEL COACH N. 2

1. INGAGGIARE UN COACH: per se stessi, qualcuno che ricordi di prendersi


cura di sé (un amico, un famigliare o un vero coach). Dare l’incarico a
qualcuno di cui ci si fida di ricordare che è importante dedicare tempo a se
stessi.
2. PRENDERSI TEMPO PER PROGETTARE LA PROPRIA VITA: prendersi 15’ al
giorno per pianificare la propria agenda; questo fa risparmiare almeno 2h
successivamente.
3. PURIFICARE LA PROPRIA VITA, ELIMINANDO GLI SPRECHI DI ENERGIA.
4. PRENDERSI MASSIMA CURA DI SE’, SVILUPPANDO RITUALI POSITIVI SU
DI SE’: concedersi di fare delle cose che prima si consideravano perdita di
tempo.
5. ESERCITARE IL FISICO E CONTROLLARLO: confine tra vizio e rituale,
passaggio tra sapere delle cose e metterle in pratica.
6. CREARE UNA RETE CHE SUPPORTI E APPOGGI IL COACH: se si hanno
troppi pazienti, si possono inviare a colleghi o lavorare in equipe, ciò aiuta
ad avere un confronto importante.
7. RAFFORZARE I PROPRI CONFINI TRA VITA PERSONALE E VITA
LAVORATIVA.

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OTTICA DEL COACH N. 3

1. GESTIRE LA DIMENSIONE DEL PROPRIO BUSINNES: per prendersi cura di


sé o del proprio businnes, tenendo conto di quanti clienti si vogliono avere e
cosa si vuole fare.
2. CREARE UN CALENDARIO IDEALE PER SE’ E PER I PROPRI CLIENTI: se si
rende meglio la mattina nello scrivere un articolo, lo si mette in agenda; se
si rende meglio nel valutare dei test dopo le h17, lo si mette in agenda).
3. PRENDERSI VACANZE PROGRAMMATE.
4. PRENDERSI TEMPO CON SE STESSI, PRIMA E DOPO LA SESSIONE DI
COACH: per fare il punto della situazione.
5. DESTINARE I CLIENTI IN ECCESSO AD UN ALTRO TERAPEUTA.

Concludiamo riportando due frasi suggestive che vogliono essere un


consiglio per tutti coloro che si avvicineranno alla professione del
coach.

“Per muoverti in avanti, devi guardare in avanti”

“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro
sogni” (E. Rooswelt)

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2. IL COACHING: UNO STATO MENTALE

Secondo la visione del coaching che proponiamo all’interno dell’AERF,


ciò che contraddistingue il coach efficace non sono tanto le tecniche
apprese, quanto un preciso stato mentale.
Il percorso formativo che il coach deve seguire per potersi definire
tale non consiste pertanto in un semplice corso di formazione, dove
si acquisiscono conoscenze e competenze, ma deve contemplare un
lavoro finalizzato alla costruzione di un nuovo stato mentale.

2.1 PSICOLOGIA DEGLI STATI MENTALI

Prima di descrivere lo stato mentale desiderabile per poter


assumere pienamente il ruolo di coach, diamo una breve definizione
di stato mentale, distinguendolo dal concetto di stato di coscienza.
Normalmente l’uomo può esperire almeno quattro stati di coscienza:
l’ipnosi, il sonno, la veglia e il coma. Qualcuno ipotizza un quinto stato
di coscienza che è rappresentato dalla morte, ma questa
affermazione aprirebbe un discorso molto complesso e dibattuto.
Esistono poi alcuni stati di coscienza cosiddetti “alterati” che si
manifestano ogni qualvolta il soggetto assume sostanze psicoattive,
quali ad es. alcool o droghe. Negli stati di coscienza alterati la
struttura psicofisiologica del soggetto viene modificata dall’esterno,
rendendo il soggetto passivo agli effetti della sostanza. Sovente
l’ipnosi viene definita come stato alterato di coscienza. All’interno
dell’AERF lo stato ipnotico viene definito come stato alternativo, in
quanto si ricrea uno stato fisiologico dell’individuo senza alterare la

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sua struttura psicofisiologica, ma semplicemente alimentando uno
stato che quotidianamente ciascuno di noi vive.
Lo stato di trance ipnotica verrà descritto dettagliatamente nei
capitoli successivi, in quanto è lo stato mentale alternativo che
ricerchiamo per favorire la completa attivazione del potenziale
mentale dei nostri clienti.
Sovente si parla erroneamente di ipnosi come stato mentale,
dimenticando che in realtà si tratta di uno stato di coscienza con
precisi correlati neurofisiologici, monitorabili attraverso
apparecchiature di controllo, quali elettroencefalografi o strumenti
di neuroimaging.

Gli stati mentali si manifestano durante lo stato di veglia e possono


essere intesi anche come stati d’animo o stati psicofisici.
Per meglio comprendere il concetto di stato mentale possiamo
utilizzare la metafora di un treno composto da diversi vagoni. Ogni
vagone del treno rappresenta uno stato mentale. Ogni vagone è un
contenitore a sé stante che contiene un preciso arredamento
(pensieri, emozioni, ricordi, aspettative, comportamenti, ecc).
Quando si cambia vagone, si cambia stato mentale e si cambia anche
l’arredamento che caratterizzava il vagone precedente. La
“normalità” psicologica sta nel passare regolarmente, attraverso
vagoni differenti. Saper modificare, quindi, i propri stati mentali è
fondamentale per preservare un buon equilibrio psicofisico.
La patologia nasce nel momento in cui il soggetto si stabilisce in un
vagone evitando di vivere tutti gli altri. Potremmo dire, semplificando
estremamente, che la persona depressa vive perennemente nel
vagone della tristezza, il quale si caratterizza per il fatto di
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contenere determinati pensieri negativi, alcuni sintomi fisici,
particolari comportamenti che generano disagio emotivo, ecc. La
persona depressa ha perso la capacità di vivere lo stato mentale
della speranza o della felicità, perdendo automaticamente la capacità
di generare pensieri, emozione, comportamenti correlati a quegli
stati mentali.
Se prendiamo come presupposto che il coaching sia un preciso stato
mentale, o un vagone del nostro treno, dovremo iniziare ad arredare
questo vagone con tutte quelle caratteristiche o competenze che ci
permetteranno di mettere in atto comportamenti o strategie tipici
del buon coach.

2.2 COSTRUIAMO IL NUOVO VAGONE …

Colui che assume il ruolo di coach deve aver lavorato intensamente


su se stesso ed aver raggiunto un buon livello di autoconsapevolezza,
cioè la capacità di riconoscere in qualunque situazione i propri
impulsi, reazioni, emozioni, proiezioni attive e passive. Se vogliamo
sintetizzare le competenze fondamentali del coach, possiamo così
riassumerle:
- elevato coefficiente di efficacia relazionale;
- coerenza fra pensiero e linguaggio;
- capacità di ascolto attento e di osservazione acuta;
- accortezza nel porre le domande, elevata sensibilità, curiosità,
interesse verso l'altro;
- capacità di analisi delle skills del coachée e delle sue molteplici
possibilità di sviluppo;

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- capacità di pianificare azioni accettabili;
- abilità nel creare un clima supportivo;
- capacità di sostegno per favorire i cambiamenti di
comportamento;
- capacità di sopportazione delle frustrazioni;
- orientamento alla situazione presente, più che alle esperienze
passate;
- capacità di aiuto per i momenti di insicurezza eccessiva del
coachée;
- elevate capacità comunicative e di lettura situazionale.

Ovviamente questo elenco di competenze non può essere esaustivo,


però può dare un’idea del fatto che non tutti possono rivestire il
ruolo di coach e che il possedere un semplice titolo professionale
non è sufficiente se non è accompagnato da un lavoro su se stesso.
Soffermiamoci un momento sui primi due punti che risultano essere
realmente determinanti in questo ambito operativo.

Per coefficiente relazionale si intende la capacità del soggetto di


essere consapevole delle proprie emozioni e delle emozioni altrui. Il
coefficiente di efficacia relazionale o C.E.R si può obiettivamente
determinare attraverso l’applicazione di un test psicologico
standardizzato: l’i.e5, o intelligenza emotiva 5 (Goleman, 1957).
L’ie5: valuta l’intelligenza emotiva, evidenziando le cinque dimensioni
principali:
− empatia, intesa come capacità di percepire, decodificare e
comprendere intuitivamente i sentimenti e i comportamenti degli
altri;
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− maturità emozionale, intesa come la capacità di gestire le
proprie emozioni in modo adattato e realista, di far fronte alle
difficoltà della vita;
− sensibilità, intesa come capacità di utilizzare proficuamente
l’empatia, l’affettività, i sentimenti e l’intuizione. Esistono due tipi
di sensibilità, una più legata a valori estetici e soggettivi
(sensibilità di concetto), l’altra basata prevalentemente su
aspetti razionali, funzionali ed obiettivi (sensibilità di
realizzazione);
− cordialità, intesa come capacità di coinvolgersi in modo
caloroso nelle relazioni con gli altri;
− esteriorizzazione, intesa come capacità di manifestare agli altri
le emozioni del momento.
Una buona intelligenza emotiva non è data, ma si acquisisce e
richiede una buona conoscenza di sé e dei propri meccanismi
mentali.
In modo euristico si può autovalutare la propria intelligenza emotiva,
dandosi un punteggio relativo a ciascuna delle cinque componenti. In
ambito formativo si procede poi con il confronto di gruppo,
ottenendo così un riscontro obiettivo all’autovalutazione.

SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE DELL’EFFICACIA RELAZIONALE

EMPATIA = capacità di mettersi nei panni dell’altro. Sentire ciò che sente l’altro.
Punteggi molto alti significano che ci si coinvolge troppo con l’altro,
rimanendone quasi invischiati.

MATURITA’ EMOZIONALE = capacità di controllare le proprie emozioni (ansia,


stress) o capacità di allontanarsi da una situazione non controllabile per se

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stessi. Se è troppo alta, si è sempre controllati, senza emozioni; se è troppo
bassa si è troppo istintivi.

SENSIBILITA’ = modo di cogliere informazioni dal mondo con i sensi. Se il


punteggio tende a + 20, si colgono le informazioni su base estetica, dando
maggiore importanza alle sensazioni e formulando deduzioni. Se è – 20, si
colgono informazioni tramite dati (parte razionale). Lo 0 (zero) è equilibrio tra
dati e deduzioni.

CORDIALITA’ = è intesa in senso classico; la capacità di essere accoglienti nei


confronti dell’altro. Più si scende al Sud e più le persone sono cordiali. + 20 =
INVADENZA; - 20 = FREDDEZZA.

ESTERIORIZZAZIONE = capacità di riconoscere, trasmettere, comunicare


all’esterno le sensazioni che si percepiscono. Saper comunicare all’altro se ci si
sente a disagio o meno (colonna di sinistra e di destra), se si percepisce
invadenza, ecc. Se si esteriorizza poco, la persona non ci capisce; se si
esteriorizza troppo, il feddback crea immedesimazione totale e quindi un blocco
nella persona.

Il profilo di un buon coach, o di un buon terapeuta, potrebbe essere il seguente:

EMPATIA 20

MATURITA’ EMOZIONALE 15

SENSIBILITA’ verso lo 0 (zero)

CORDIALITA’ 10/12

ESTERIORIZZAZIONE 15

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Il secondo punto risulta apparentemente più facile, ma non è da
sottovalutare. Saper essere coerenti rispetto ai propri pensieri non
è sempre così immediato. Sovente ci capita di pensare qualcosa e
poi, per vari motivi, dichiararne una parzialmente o completamente
differente.
L’esempio classico è quello dell’amica che, dopo aver appena
giudicato il nostro nuovo abito inadatto a noi, alla nostra domanda
specifica: “cosa ne pensi?”, risponde: “Carino!”. L’incoerenza, molte
volte, nasce dalla paura di ferire la sensibilità dell’altro o di
innescare discussioni giudicate inutili. Il coach deve saper dire, nel
giusto modo, esattamente ciò che pensa. Il coachée ha bisogno, per il
suo percorso di crescita anche di feedback negativi, come vedremo
in seguito.
Se ci pensiamo bene, nella nostra vita, chi ci ha permesso di
migliorare è colui che ha avuto il coraggio di dirci come realmente ci
percepisce. La sua critica nei nostri confronti si è alzata al massimo,
ma ci ha dato tanto. L’impegno del coach e del coachée è quello di
mettersi in gioco completamente.
Un esercizio che può essere utile a tale obiettivo, è l’esercizio delle
due colonne.

LE DUE COLONNE

La colonna di sinistra rappresenta l’emisfero razionale: vi si segna tutto ciò che


si è detto, rispetto ad una determinata situazione od esperienza.
La colonna di destra rappresenta l’emisfero emotivo: vi si segna tutto ciò che
realmente si è pensato, rispetto ad una determinata situazione od esperienza.
Bisogna fare in modo che ciò che si dice corrisponda a ciò che si pensa, che
quello che si vive e quello che si manifesta coincidano e, soprattutto, bisogna

22 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


permetterselo. E’ importante riconoscere tale meccanismo prima in se stessi,
poi negli altri.
Il coach ipnotista può creare un’induzione ipnotica facendo visualizzare le due
colonne, con l’obiettivo finale di sovrapporle e far sì che ciò che si dice e ciò che
si pensa corrispondano perfettamente.
Il tenere a mente l’immagine delle due colonne e del loro significato è già di per
sé un valido esercizio di autoconsapevolezza.

DETTO: PENSATO

“Ho trovato il tuo “E’ stata una noia


intervento molto mortale!”
interessante”

Il coach deve saper dare alla persona almeno tre stimoli


fondamentali:

- UN PROGRAMMA
- FEEDBACK POSITIVI
- FEEDBACK NEGATIVI (come limitatori)

Vedremo nel capitolo successivo quali strumenti utilizza il coach per


formulare un programma di azione efficace insieme al coachée. Per
quando riguarda invece il discorso dei feedback bisogna prestare
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 23
estrema attenzione. Lodare e criticare sembrano due azioni molto
semplici dettate dal buon senso, ma un coach professionista sa che
esistono delle regole precise.
Il buon coach deve saper lodare o dare credito al proprio cliente,
così come deve fare con se stesso, usando però alcuni accorgimenti:
- fare un riferimento generale circa la performance di cui si vuole
dare credito
- riconoscere gli obiettivi raggiunti dalla persona
- soddisfare i bisogni di stima di un individuo
- aiutare la persona a mantenere una performance adeguata agli
standard richiesti
- aiutare la pianificazione
- fare riferimento alle qualità e alle attitudini personali
La lode non può essere data a caso. Anche gli studi neuroscientifici
hanno dimostrato che una lode “non meritata” genera un’attivazione
delle aree del piacere, nettamente inferiore alle situazioni in cui il
feedback positivo è pertinente ad un’azione realizzata.
Per lodare in modo efficace bisogna farlo con tempestività, con
specificità rispetto ad una particolare performance, non troppo
frequentemente perché diventa consuetudine, né troppo raramente
perché causa demotivazione.

Allo stesso modo, esistono delle regole precise anche per dispensare
le critiche o i feedback negativi. Secondo la filosofia del One Minute
Manager (Blanchard, Johnson 1983,1990) oggi in voga negli Stati
Uniti, per criticare in modo efficace si ha bisogno di un solo minuto.
Il buon coach sa quando utilizzare i feedback negativi per riportare il
cliente nella condizione migliore rispetto al suo progetto di azione,

24 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


conosce il modo più garbato di farlo e, soprattutto, fa coincidere la
colonna di sinistra con quella di destra. E’ importante che durante la
fase del contratto di coaching (vedi capitolo 2), il coach faccia
comprendere molto chiaramente al cliente che sarà lui a fornire, in
modo molto chiaro, feedback sul suo operato. Accordati su questo
punto, il coach procede alla critica nel modo seguente:

- il feedback negativo arriva subito dopo l’errore


- la critica è specifica a quell’evento
- è importante che il coach comunichi le proprie sensazioni al
riguardo
- fare una pausa per dare modo che il messaggio venga
interiorizzato
- stringere la mano alla persona o usare un lieve contatto fisico
per far capire che comunque si è dalla parte del cliente
- confermare, ricordandogliela, la stima che si nutre nei confronti
del coachée
- chiarire al cliente che si pensa bene di lui, ma non della sua
prestazione in quel caso particolare
- ricordarsi che, dopo quel minuto, tutto riparte nel modo normale

Le critiche, per essere realmente efficaci, devono pertanto:


- esser rilevanti
- essere appropriate
- essere costruttive
- permettere una via d’uscita
- essere dettagliate
- comprendere il positivo e il negativo della situazione

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 25


- evidenziare vantaggi e svantaggi
- specificare meriti e dubbi
- essere inerenti alla prestazione e non alla persona

Un’altra competenza indispensabile per il buon coach, non inserita


nell’elenco precedente, ma fondamentale, è l’assertività.
L’assertività è un comportamento che sta a metà strada tra
aggressività e remissività. Il comportamento assertivo è tipico
dell’adulto ovvero il comportamento del problem-solver, secondo il
modello dell’Analisi Transazionale (Berne, 1979). L’assertività si basa
sull’affermazione dei diritti personali, mediante un comportamento
risoluto e flessibile.
Il nostro comportamento è assertivo quando facciamo rispettare i
nostri diritti in un modo che non viola i diritti degli altri e, allo stesso
tempo, mostriamo di capire la posizione altrui.
Esistono anche aspetti non verbali del comportamento assertivo fra i
quali: il tono di voce fermo e deciso, sincero e chiaro, non troppo
forte, ma non sussurrato; la struttura del discorso fluente e senza
esitazioni; enfasi sulle parole chiave; espressioni facciali consone
con la situazione; sguardo sostenuto ma che non fa abbassare lo
sguardo agli altri.
Quali sono i vantaggi di un comportamento assertivo? Innanzitutto si
riescono a creare relazioni di lavoro più soddisfacenti, aumenta la
fiducia in noi stessi e negli altri, aumenta il senso di responsabilità,
aumenta l’autocontrollo, si guadagnano tempo ed energie.
Per sviluppare l’assertività sono estremamente utili sia l’autoipnosi
che la meditazione dinamica.

26 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Un esempio di meditazione dinamica è la meditazione kundalini,
antica tecnica indiana riportata alla luce da Osho. Divertiamoci
pertanto a conoscere questa tecnica e magari a sperimentarla su
noi stessi.

Esistono fondamentalmente due tipi di meditazione:


9 il primo tipo, in cui obbligo la mia mente a focalizzare l’attenzione
su un’unica idea (o mantra) per un tempo di circa 15 minuti, per
due volte al giorno
9 un altro tipo, che consiste nel lasciar fluire liberamente i
pensieri della nostra mente e semplicemente limitandosi ad
osservare i pensieri che si producono.

Nella versione classica della meditazione kundalini sono previsti


quattro momenti principali, ma si può effettuare anche in tre stadi.

Meditazione Kundalini

Il primo stadio (di circa 15 minuti) consiste nell’assumere una posizione eretta e,
sul ritmo della musica, oscillare il corpo nello spazio senza muovere i piedi.
Nella seconda fase (altri 15 minuti), su una musica più lenta, iniziare a muoversi
nello spazio sincronizzandosi con la musica.
Nell’ultimo stadio (15 minuti) distendersi o sedersi e, ascoltando la musica,
osservare tutto ciò che avviene dentro di sé.

Allenarsi a praticare questo tipo di meditazione favorisce la


connessione mente-corpo e l’attivazione del potenziale mentale e può
essere divertente sperimentarla. Durante la Meditazione Kundalini è
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 27
importante non intervenire, ma permettere che lo scuotimento
accada e abbia inizio la vibrazione.

Un’altra competenza importante per il coach è lo stile di leadership.


“La leadership consiste nel saper creare un mondo al quale le
persone desiderano appartenere” disse G. Pijou, presidente di una
società farmaceutica svedese, e a noi piace condividere questa
definizione di leadership.

La leadership è stata definita come un processo diretto ad


influenzare gli altri, ossia un esercizio di potere. Esercitare la
leadership in un gruppo significa contribuire a stabilire gli obiettivi,
stimolare negli appartenenti al gruppo il raggiungimento di tali
obiettivi, migliorare la qualità delle interazioni fra i membri,
garantire la coesione del gruppo e rendere disponibili al gruppo le
risorse necessarie al perseguimento degli obiettivi.

Si possono raggruppare i diversi modi di esercitare la leadership in


tre stili rappresentativi classici nella letteratura:

Leadership autoritaria. Determina una forte dipendenza dal leader,


una notevole “irritabilità” e “aggressività” tra i membri del gruppo,
uno scarso utilizzo delle proposte di gruppo, un elevato rendimento
quantitativo e qualitativo.
Leadership democratica. Determina una scarsa dipendenza dal
leader, frequenti suggerimenti di attività, una grande soddisfazione
per le attività svolte, un rendimento quantitativo inferiore, ma
qualitativamente superiore.

28 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Leadership laizze-faire. Determina una scarsa dipendenza dal
leader, una forte aggressività e irritabilità, uno scontento diffuso, un
moderato livello di rendimento e molti suggerimenti non realizzati
fino in fondo.
Ovviamente non esiste una tecnica buona una volta per tutte e la
scelta dello stile di leadership dipende molto dalle risorse di base di
ciascuno, dalle posizioni di ruolo, dal controllo dei canali di
comunicazione, dal gioco soggettivo delle percezioni interpersonali,
ecc.
Il leader efficace deve saper utilizzare molto bene i tre meccanismi
comunicativi della suggestione, persuasione e convinzione per
creare il mondo al quale le persone vogliono appartenere. Il leader
deve saper creare delle motivazioni basandosi su:
- bisogni primari o di base: fisiologici (fame, sete, ecc) e di
sicurezza
- bisogni secondari o sociali: appartenenza ad un gruppo o
comunità e riconoscimento;
Il questionario di autovalutazione sullo stile di leadership o ASL, può
dare un’indicazione precisa rispetto alla modalità di leadership
maggiormente adoperata dal soggetto.
L’ASL distingue sei stili principali:
- direttivo
- autorevole
- affiliativo
- partecipativo
- battistrada
- coaching

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 29


Appare evidente che colui che si sta formando nell’ambito del
coaching dovrebbe essere in grado di adoperare in modo efficace
l’ultimo degli stili sopra elencati.

2.3 INDUZIONE IPNOTICA PER L’EMPOWERENT DEL COACH


Come abbiamo già detto il coaching è, nella nostra visione,
fondamentalmente uno stato mentale.
Un coach efficace deve innanzitutto lavorare su se stesso per
incrementare non solo le sue competenze specialistiche o
trasversali, ma soprattutto per acquisire il giusto stato mentale da
applicare nel setting di lavoro.
A tal proposito proponiamo uno schema di induzione volta a
potenziare lo stato mentale del coach, lavorando sul suo senso di
efficacia professionale.

Induzione per l’empowerment del coach


…Concediti il tempo per creare quel rituale in cui sei stato efficace e recupera
quel momento in cui sei stato molto efficace… e puoi dirti sono stato bravo… in
gamba… assolutamente magico…questa dimensione è quella in cui puoi attingere
per essere efficace, anche se hai usato un escamotage, ma ha funzionato…
…e ora puoi prenderti cura di quell’escamotage perché sei convinto di farcela…
questa convinzione ti accompagnerà sempre… e quando questa sensazione
entrerà in te, questa sensazione aprirà il tuo cuore, i tuoi polmoni, tutto il tuo
essere…
… e ti lasci coccolare dal tuo respiro che ti fa entrare completamente in questa
dimensione e puoi immaginare… sentire… percepire un pensiero, un’azione, un
sentimento… e se lo vuoi puoi aggiungere un gesto che ti guida, che ti
accompagna, per raggiungere questa sensazione… e senti la persona insieme a
te… e ti sembra di sentire il rumore dei tuoi pensieri, immagini potenti e positive

30 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


si creano nella tua mente… e tu sfiori la persona perché quelli sono i punti di
contatto con la persona per essere efficace… e suggerisci alla persona che può
essere sicura ed efficace…
… e puoi concedere al tuo corpo di avere un recupero… e concedere un
recupero all’altra persona, rimanendo in attesa di una parola, di una sensazione
che ti rende libero, completamente libero…
… e ora ti lasci rotolare su di un prato, giù fino in fondo… e guardi il cielo
azzurro… e segui il volo di una farfalla… e tutto ciò ti dà il senso dell’abbandono e
del recupero…
… e così si sono fissati in te quei segni che sono il tuo modo di officiare, per cui
cammini con la persona, puoi prenderla per mano, suggerirle un movimento che
gira, come le pale di un mulino a vento… o come quell’albero che puoi
abbracciare e che ti fa sentire di nuovo pieno di energia… senti la corteccia e
tramite lei senti quell’energia… e puoi comunicarla alla persona con cui stai
lavorando…
… e questa volta con te stesso puoi lasciare che la tua mente lavori per te, che
trovi per te le parole, azioni, gesti magici… e i tuoi pensieri, azioni, sentimenti, si
allineano in quei gesti magici, che creano suggestione per te e per l’altro, che ti
permettono di lavorare con lui e per te…
… la tua mente lavora per te… la mia voce ha solo suggerito di lavorare con te,
entrando e uscendo da questa situazione… in questo momento magico… con lo
stupore di aver creato un momento magico, un qualcosa di unico… e tenerlo con
te finché lo desideri… fino a quando lo desideri… per poi tornare al tuo presente,
dolcemente… portando con te tutto quello che desideri che ti accompagni…
lasciandoti alle spalle quello che non vuoi portare con te… piacevolmente libero e
leggero…
… e dolcemente puoi tornare al tuo presente, in perfetta armonia con te stesso,
la natura, le persone che ti circondano… con i tuoi tempi… con i tuoi tempi…

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 31


2.3 I MECCANISMI MENTALI DEL COACHING.

Il coach lavora, secondo la nostra visione, applicando il modello della


Ruota di Deming.
Deming fu un economista americano del secolo scorso che trascorse
alcuni periodi in Giappone per studiare il modello della Total Quality
Management e i meccanismi mentali esportabili nel mondo aziendale
occidentale. Il ciclo PDCA o Ruota di Deming sta alla base del
miglioramento continuo ed è parte integrante del modello formativo
e operativo dell’AERF. La semplicità di questo modello si scontra con
il fatto che è quasi sconosciuto alla maggior parte dei professionisti
delle discipline psicologiche. L’AERF ha ripreso questo meccanismo
mentale e ha strutturato i percorsi di counselling, coaching e
mentoring secondo il principio del modello di Deming. Un coach che
voglia lavorare in modo semplice ma efficace dovrà procedere con
l’acquisizione di questo meccanismo mentale e strutturare il suo
intervento seguendo le quattro fasi fondamentali del modello:
- PLAN: pianificare. Si tratta di preparare a fondo il terreno
attraverso una buona analisi della situazione o del profilo
psicologico del soggetto.
- DO: fare ciò che si è deciso nella fase precedente. Strutturare un
progetto di azione o percorso di ottimizzazione che tenga in
considerazione i dati emersi dall’analisi
- CHECK: verificare i risultati raggiunti e la loro coerenza con gli
obiettivi fissati nella fase di analisi
- ACT: decidere di mantenere o correggere i risultati ottenuti.

32 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Ciascuna fase identificata può essere suddivisa in altrettante
sottofasi, che strutturano in modo dettagliato tutti i passi che devono
essere affrontati.
Nella fase di Plan, il primo passaggio è quello di identificare il
problema attraverso l’analisi e l’osservazione, isolando le cause reali
e iniziando a definire le contromisure necessarie per migliorarsi.
La fase di Do prevede una fase iniziale di
preparazione/progettazione del percorso di ottimizzazione,
definendo gli strumenti applicativi da utilizzare prima di passare
all’azione.
La verifica dei risultati e il confronto degli obiettivi iniziali sono i due
passaggi fondamentali per il Check, mentre l’Act prevede la
standardizzazione e il consolidamento dei risultati. La preparazione
del plan successivo conclude la ruota.
E’ possibile rappresentare graficamente la ruota di Deming nel modo
seguente:

ACT PLAN

CHECK DO

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 33


Nei prossimi capitoli vedremo in dettaglio alcune tecniche applicabili
in ciascuna di queste fasi. Per il momento possiamo riassumere in
modo schematico i punti fondamentali dei primi due momenti del
percorso di coaching.
La fase di analisi si caratterizza per:
9 essere un momento di conoscenza reciproca in cui si definisce lo
stato presente del coachée e l’obiettivo desiderato;
9 essere il momento in cui il coach utilizza il colloquio, i test e
diversi strumenti di indagine che permettono di “fotografare”
puntualmente lo stato interno ed esterno del coachée;
9 essere la fase in cui si crea il “sincronismo”.

La fase di ottimizzazione si può distinguere per:


9 essere la fase in cui si definiscono gli obiettivi e le modalità con
le quali si perseguiranno gli stessi;
9 essere il momento in cui attraverso opportuni strumenti il coach
aiuta il coachée ad identificare “un buon obiettivo” e gli eventuali
ostacoli, o aiuti, che si potranno trovare lungo il percorso

I meccanismi mentali come il ciclo PDCA sono meccanismi di


carattere metodologico che, se bene applicati, consentono alle
persone di contribuire potentemente all’obiettivo e di raggiungere
uno stato di eccellenza. Il coach che vuole fare un lavoro
“d’eccellenza” con il suo cliente deve possedere e applicare alcuni di
questi meccanismi mentali.

34 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Accanto alla Ruota di Deming, sono proposti altri due meccanismi
mentali importanti che hanno nomi giapponesi molto suggestivi: kai-
zen e kai-ryo.

L’ottica del kai-zen consiste nel miglioramento ottenuto per piccoli


passi, operando sulla realtà esistente. La filosofia del kai-ryo,
invece, rappresenta il miglioramento ottenuto attraverso
l’innovazione. Possiamo rappresentarli schematicamente nel modo
seguente:

KAI-ZEN KAI-RYO

Generalmente si tende a cambiare con lentezza, perché non si sa a


cosa si va incontro. Il coach deve essere in grado di far fare “salti”
al cliente. Ogni scalino, per essere superato, deve prevedere un giro
completo della ruota di Deming: analisi, ottimizzazione, verifica e
mantenimento. Solo alla fine di un giro completo si può passare allo
scalino successivo. La differenza fra i due meccanismi mentali sta
nell’ampiezza dello scalino che si vuole salire. Nell’ottica del kaizen i
gradini sono molto piccoli e vicini l’uno all’atro, mentre nel kairyo il
“salto” è molto più ampio.

Non possiamo dire quale dei due meccanismi mentali sia il migliore,
perché non esiste in assoluto un modello migliore di un altro. Esiste
soltanto il meccanismo migliore rispetto all’obiettivo che ci si è
prefissati. Inoltre, bisogna sempre tenere presente alcune

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 35


caratteristiche individuali che predispongono la persona ad adottare
l’uno piuttosto che l’altro meccanismo.
Tuttavia, un buon coach dovrebbe essere in grado di condurre il
proprio coachée in una direzione o nell’altra, tendendo conto delle
possibilità del cliente, che non sempre è in grado di seguirlo in
un’evoluzione rapida e innovativa.

36 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


3. LA FASE DI ANALISI

Nel capitolo precedente abbiamo introdotto il modello della Ruota di


Deming come processo che il coach segue nella sua pratica
operativa. Approfondiamo quindi fase per fase, gli strumenti che il
coach ha a disposizione.

3.1 GLI STRUMENTI DELLA FASE ANALISI

La fase di analisi è indispensabile per la strutturazione di un


percorso di coaching adeguato. L’obiettivo di questa fase è quello di
raccogliere quante più informazioni possibili rispetto al cliente, alla
sua storia personale e alle competenze che possiede.
A tale scopo si utilizzano diverse schede di auto o eterovalutazione,
test psicologici o psicodiagnostici e scale di valutazione. I principali
strumenti che proponiamo nella nostra visone del coaching in ipnosi
costruttivista sono:
- colloquio e contratto di coaching
- bilancio di competenze
- coaching mandala
- la matrice dell’energia
- la Sindrome di Achille

Vedremo nel dettaglio alcuni di questi strumenti che verranno


riportati per esteso in appendice.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 37


3.1.1 Il colloquio e il contratto di coaching
Il contratto di coaching viene stipulato fra coach e coachée durante i
primi colloqui. E’ fondamentale per stabilire gli obiettivi da
perseguire nel percorso e tutto quanto può essere necessario
sapere sul cliente. Si può proporre sia in forma orale, sotto forma di
semplice colloquio, sia in forma scritta. Il realizzarlo in forma scritta
può essere di aiuto perché può essere ripreso durante il percorso,
qualora la situazione lo richiedesse. Lo scrivere, inoltre, è un
esercizio che stimola maggiormente la consapevolezza, rispetto alla
richiesta che il coachée propone al coach.

Esempio - PATTO TERAPEUTICO

OBIETTIVO: cosa deve cambiare dopo il percorso di coaching?

CRITERI: in che modo potrà rendersi conto di aver raggiunto l’obiettivo?

OSTACOLI: che cosa non deve succedere durante il coaching?

TEMA: come definisce il problema all’inizio di questo percorso?

QUANDO: perché ora il coaching? Quanto pensa potrà durare?

SINTOMI: quali segnali le hanno fatto maturare l’idea di un percorso di coaching?

STORIA: come si è creata la situazione attuale?

Il rapporto di coaching, come qualunque rapporto terapeutico, deve


sempre essere proposto e mai imposto. Proporre un percorso
significa innanzitutto condividere alcuni presupposti comuni, per

38 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


poter svolgere al meglio il lavoro futuro. Questa prima fase di
conoscenza e di condivisione avviene attraverso una serie di colloqui
in cui è importante che il coach ponga alcune domande cruciali. Le
domande fondamentali, da porre al coachée all’inizio di un rapporto
di coaching sono:

- Cosa t’impedisce di raggiungere il tuo obiettivo?

- Per quale motivo non hai ancora trovato le persone che sono
necessarie per te per attivare il tuo progetto?

- Dal punto di vista del tempo avresti tempo da dedicare a questo


progetto?

- Secondo te questo progetto è realizzabile fattivamente o è un


sogno, un desiderio?

Attraverso le risposte che il coachée fornisce alle domande


precedenti si inizia ad abbozzare un primo progetto di azione,
distinguendo tra azioni possibili e semplici illusioni. Si definiscono i
limiti e le possibilità dell’intervento del coach, si raccolgono dati
anamnestici importanti, si saggia la motivazione del coachée e
soprattutto si inizia ad intravedere il possibile obiettivo del processo
di coaching.
Vedremo nel paragrafo dedicato alla formulazione degli obiettivi che
sovente, la prima richiesta che viene esposta al coach non
costituisce un obiettivo ben formulato e, soprattutto, talvolta non
rappresenta la reale domanda del soggetto. La fase di analisi ha
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 39
infatti lo scopo di identificare il reale problema del soggetto e
aiutarlo a formulare una richiesta di aiuto più adeguata alle sue reali
esigenze.

Oltre al colloquio il coach ha a disposizione anche diversi strumenti


pratici che sono estremamente utili per poter formulare un profilo
completo del coachée. Vediamo alcuni insieme.

3.1.2 Il bilancio di competenze


Viene definito “Bilancio ed Orientamento di Competenze e
Caratteristiche” un intervento articolato di valutazione del
patrimonio di conoscenze e competenze che una persona acquisisce
professionalmente e delle caratteristiche personali possedute.
Il modello e gli strumenti assumono che la competenza sia una
componente profonda e duratura della personalità che favorisce e
causi il comportamento di una persona in un’ampia varietà di
situazioni.
La corretta comprensione e valutazione delle competenze possedute
permette la formulazione di un personale progetto di crescita
professionale e di carriera ed una più immediata
responsabilizzazione sulla propria professionalità.
Per assessment si intende la valutazione globale del professionista. Il
coach utilizza differenti strumenti di valutazione al fine di ricavare le
informazioni necessarie per poter redigere la relazione finale.
L’assessment delle competenze si divide in due fasi:

40 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


- fase di autovalutazione: compilazione autonoma del bilancio delle
competenze.
- fase di eterovalutazione: somministrazione di test, esperienze
pratiche di dinamiche di gruppo, colloquio.

Alla fine di queste due fasi viene redatto il profilo professionale,


unendo i dati ricavati dalla fase di autovalutazione e quelli raccolti
direttamente dall’esaminatore.
Fase di autovalutazione.
Tale fase si caratterizza per il fatto che è la persona stessa a
comporre un’immagine di sé completa e organica, che verrà poi
supportata dall’analisi fatta direttamente dal coach. Il questionario di
autovalutazione delle competenze professionali e delle
caratteristiche personali è strutturato in modo da esaminare le
competenze del soggetto secondo il modello prima esposto,
suddividendo così le competenze di base, da quelle specialistiche e
trasversali. Al soggetto viene chiesto di dare una valutazione in base
al livello di padronanza della competenza e del relativo interesse nei
confronti della medesima.
Viene poi richiesta al soggetto la traccia del proprio profilo del
percorso formativo, professionale ed extraprofessionale, con relativi
commenti sugli elementi di soddisfazione ed insoddisfazione.
Il questionario di autovalutazione è uno strumento complesso che
prevede diverse altre sezioni, oltre quelle principali che sono state
sopra citate.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 41


Fase di eterovalutazione.
Il coach si avvale del supporto di alcuni strumenti testistici
tradizionali, oltre che dell’osservazione diretta dei soggetti in diverse
situazioni.
Vedremo ora alcuni di questi strumenti di eterovalutazione.

3.1.3 Il coaching mandala


E’ un momento di profonda meditazione sui principali componenti
della vita del nostro cliente. Serve al coach per avere una visone
chiara dell’ambiente di vita del coachée e del suo grado di
soddisfazione rispetto a tali aree. Ovviamente vi saranno aree,
definibili come punti di forza, e aree che necessitano di lavoro per
poter essere migliorate. In queste aree potrà essere collocato
l’obiettivo del processo di coaching.

Il punto di partenza è far compilare lo schema allegato in appendice


nel modo seguente:

1. Colorare ogni fetta del mandala dando un valore di


soddisfazione (stato attuale) che va da 1 a 10. La corona circolare più
interna ha un punteggio che va da 1 a 4; la corona centrale da 5 a 7 e
la corona esterna da 8 a 10.

2. Colorare lo stato desiderato corrispondente ad ogni settore,


realistico e realizzabile. Non è pensabile di mettere tutti 10 perché
ciò è irrealistico e, soprattutto, priverebbe l’individuo di spunti di
miglioramento, indispensabili nella crescita continua del soggetto.

42 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


3. Lavorare sullo stesso foglio facendo in modo che, cambiando
i colori o la numerazione (es. n. arabi o n. romani), si abbia un colpo
d'occhio chiaro tra lo stato attuale e quello desiderato.

4. Assegnare un tempo in giorni, mesi od anni in cui si


considera possibile passare dallo stato attuale allo stato desiderato,
settore per settore.

5. Assegnare una percentuale da 1 a 100 in cui si considera


possibile passare dallo stato attuale allo stato desiderato, settore
per settore.

6. Infine dare un tempo ed una percentuale GENERALE che


comprenda tutti i settori del mandala (probabilmente sarà la media
fra tutte le percentuali ed i tempi di ogni settore).

Non tutti sanno darsi un tempo, per questo motivo può essere utile
suggerire di dare un colore ad ogni aspetto della propria vita. Il
colore dà la visione chiara di come la persona si vede. Deve essere la
migliore condizione per ciascuno e deve essere plausibile.

3.1.4 La matrice dell’energia


Quando si desidera incominciare un percorso di cambiamento, uno
dei fattori più importanti da tenere in considerazione è il “tempo”
che il coachée ha a disposizione da dedicare al raggiungimento del
suo obiettivo.
Nei primi colloqui il coach ha l’obbligo di porre il coachée di fronte
all’impegno che dovrà mettere in atto, rispetto al progetto di azione.
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 43
L’impegno è sai in termini di denaro, che di coinvolgimento emotivo,
ma soprattutto di tempo. Paradossalmente, talvolta si incontrano
persone che dicono di voler lavorare per se stessi per raggiungere
un obiettivo, ma dichiarano di non avere sufficiente tempo da
dedicare a questo progetto.
Il tempo è sicuramente una variabile fondamentale nella buona
riuscita di un percorso di cambiamento ed è un fattore che va
conosciuto e gestito da parte del soggetto. Coloro che dichiarano di
non avere tempo, semplicemente hanno una cattiva gestione del
proprio tempo e sovente lo sprecano in attività che sottraggono
energia, senza dare in cambio nulla di significativo.

La matrice dell’energia è un semplice schema che permette al


soggetto di dichiarare le situazioni professionali e personali che
danno e che tolgono energia (vedi appendice). Questo esercizio può
sembrare molto semplice e molto banale, tuttavia la maggior parte
delle persone ne rimane positivamente coinvolta, in quanto
generalmente non si presta molta attenzione a ciò che sottrae
energia. Ci si lamenta spesso di essere stanchi o privi di energia ma,
prestando un minimo di attenzione, ci si rende conto che talora si
persiste in situazioni negative che non fanno altro che consumare
inutilmente le nostre riserve energetiche. Identificate le situazioni
che danno e che tolgono energia, si può ragionare sulla possibilità di
eliminare o modificare le situazioni che sottraggono energia o di
potenziare quelle che ne infondono e aiutano la persona a
raggiungere una situazione di benessere psico-fisico.

44 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Una persona che sa gestire al meglio il proprio tempo e che sa
trovare un giusto equilibrio fra azioni che rafforzano la sua energia e
quelle che la consumano, è una persona che saprà investire il giusto
impegno nel percorso che gli verrà proposto.

Quando un soggetto viene interrogato rispetto alla sua capacità di


gestire il tempo, è possibile identificare precise modalità che variano
da individuo ad individuo. Possiamo schematizzare le modalità
personali di gestione del tempo con le seguenti definizioni:

AFFANNO INGORGATO. Ci si sente prigionieri del tempo. L’idea del tempo


preoccupa e a volte angoscia. Si è continuamente consapevoli del
suo trascorrere e non si riesce ad utilizzarlo come si vorrebbe.
Questa tipologia di persone cerca il tempo per organizzarsi ma non
riesce a trovarlo e perde tempo cercando di risparmiarlo.

INSODDISFAZIONE BLOCCATA.
Ci si preoccupa troppo del tempo e pare che
il suo trascorrere blocchi l’azione invece di velocizzare e rendere
abili.

PATTEGGIANDO CON L’OROLOGIO. Patteggiare con il tempo vuol dire


accomodarsi ad esso. Questa tipologia di persone pensa che non
dipenda da loro organizzare il tempo; c’è sempre qualcosa o
qualcuno che lo impedisce. Nei confronti dell’orologio sono riusciti a
stabilire un equilibrio scambievole, lui non le preoccupa e loro non lo
dimenticano.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 45


PADRONANZA ORGANIZZATA. Queste persone sanno come utilizzare il
tempo. Hanno uno spirito ben organizzato e si circondano di persone
simili a loro. Riescono a realizzare, senza tensione né contrasti, una
notevole quantità di lavoro.

PERFETTA OSSESSIONE.
Il tempo è completamente controllato, rischiando
alla lunga di rendere schiavo il padrone del tempo. La produttività è
formidabile ma dipende molto dalla salute e dal morale. Queste
persone corrono contro il tempo, invece che utilizzarlo.

Ciascuno di voi avrà avuto modo di identificarsi in una di queste


modalità di gestione del tempo. Se qualcuno ha maturato la
consapevolezza di possedere una modalità di gestione del tempo non
adeguata, può iniziare a seguire alcune semplici regole per
amministrare al meglio il proprio tempo.

1. Dedicate tempo alla gestione del vostro tempo. Pianificate e


programmate il vostro tempo per risparmiare tempo. Un quarto
d’ora di programmazione ogni sera, o nella prima ora del
mattino, fa guadagnare 1 o 2 ore di lavoro al giorno.
2. Osservate il vostro tempo, registrando ciò che fate, per alcuni
giorni. Solo in questo modo prenderete coscienza della buona o
cattiva gestione che fate del vostro tempo. Il vostro consuntivo
diventerà la premessa ideale per continuare a realizzare la
prima regola.
3. Sappiate dire di “no”. Ciò non vuol dire negarsi continuamente,
ma decidere in quali periodi della giornata non ci siete per

46 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


nessuno e scegliere quali cose riuscirete a fare e quali no, quali
scadenze riuscirete a mantenere e quali no.
4. Applicate la curva di Pareto. La curva di Pareto afferma che con
il 20% del tempo si portano a termine l’80% dei risultati.
Delegando il restante 20% degli obiettivi, potrete risparmiare
l’80% del tempo che inizialmente ritenevate necessario per voi.
5. Difendete la vostra salute dall’aggressione delle attività non
programmate ed urgenti. Imparate a controllare l’ansia e tenere
sotto controllo lo stress.

Concludiamo questa panoramica sulla gestione del tempo, riportando


una simpatica storia accaduta realmente.
Un docente universitario venne convocato per tenere una lezione in
aula con la richiesta di insegnare ai propri allievi come gestire al
meglio il loro tempo. Gli vennero dati soltanto 30 minuti a
disposizione. Il docente si rese subito conto di non avere sufficiente
tempo per proporre un discorso completo sulla gestione del tempo.
Portò con sé, quindi, una bacinella e, di fronte agli allievi, la riempì di
pietre piuttosto grandi fino a colmarla. Dopodichè chiese agli
studenti se secondo loro era possibile aggiungere ancora qualcosa
nella bacinella. Gli studenti unanimi risposero di no.
Egli tirò fuori un sacchetto di pietre più piccole e le sparpagliò fra le
pietre grandi. Ripose la stessa domanda agli studenti e la risposta fu
di nuovo negativa.
Egli tirò fuori un sacco di ghiaia e procedette come prima. Poi chiese
nuovamente se secondo loro la bacinella fosse piena. Gli studenti
cominciarono a dubitare, benché il secchio iniziasse ad essere
realmente colmo.
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 47
Il docente tirò fuori della sabbia e la pose nelle fessure rimaste.
In ultimo prese dell’acqua e riempì gli ultimi spazi a disposizione. Solo
a quel punto dichiarò che la bacinella era completamente piena.
La morale della storia è che bisogna essere realmente bravi a
riempire la propria vita prima con le pietre grandi (i grandi impegni)
e, via via, con tutte le cose più piccole e meno importanti. Se il
docente avesse inserito prima la sabbia, non ci sarebbe stato spazio
per mettere null’altro. Nello stesso modo se riempiamo la nostra
giornata con tanti impegni irrilevanti (la sabbia) non si avrà più
tempo a disposizione per svolgere nessuna altra attività.

3.1.5 La sindrome di Achille


Un altro esercizio importante che il coach può proporre al suo
coachée è volto a riscontrare se il cliente è affetto dalla cosiddetta
Sindrome di Achille.
Achille era l'eroe greco che sembrava immortale e vinceva su tutto e
tutti, ma in realtà aveva una vulnerabilità segreta e fatale. Era figlio
di Teti, la più apprezzata delle Nereidi, ninfe del mare, predestinata a
sposare Giove. Una profezia volle che suo figlio diventasse il più
potente dei padri e così Giove preferì darla in sposa ad un mortale.
Scelse Peleo, re della Tessaglia, ma Teti si offese per essere stata
portata fra i mortali e cercò di scappare da Peleo in vari modi:
cambiando sembianze, diventando prima pesce, poi animale
terrestre, diventando un'onda e, in ultimo, trasformandosi in una
lingua di fuoco. Grazie all'intervento del centauro Chirone, però,
Peleo riuscì a spuntarla ed a sposare la sua promessa sposa.

48 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


La storia di Achille ha diverse versioni, quella più conosciuta
racconta che Teti fu una madre molto affettuosa e volle assicurare
ad Achille l'immortalità. Gli fece avere molti poteri sovrannaturali e
lo portò al fiume Stige, lo immerse nell'acqua che donava immortalità
sostenendolo per un tallone, unico punto che non venne immerso
nell’acqua. Il corpo di Achille divenne invulnerabile a qualsiasi ferita,
eccetto che in quella piccola parte. Fino a quando questa
informazione restò segreta, nulla ci fu da temere ed Achille rimase
invincibile. Ma chiunque, in realtà, avrebbe potuto ucciderlo,
semplicemente ferendolo in quella piccola porzione di corpo. La sua
invulnerabilità era dunque falsa, pretestuosa, non totalmente reale.
Clarkson usa la metafora del tallone d'Achille per rappresentare
tutte quelle persone che sentono che le loro conquiste sono
pretestuose e che stanno nascondendo, sotto l'apparente successo,
una segreta vulnerabilità. L'identificazione con l'archetipo di Achille
fa sentire le persone dei falsi eroi, incastrandoli nella trappola della
falsa invulnerabilità. Achille era molto attento a corazzare e
difendere quella parte debole, facendosi fare armature apposta, ma
ogni volta che affrontava la battaglia, sapeva di essere vulnerabile.
Questo stato d'animo fa della psicologia di Achille un sistema di
convinzioni e valori molto complesso, in cui il soggetto può sentirsi
sicuro ed efficace fino ad un certo livello, ma completamente
inadeguato nel profondo.
Il termine pseudocompetenza si riferisce alla differenza che c'è fra
la competenza percepita all'esterno e la stima e fiducia nelle proprie
competenze, che ha il soggetto stesso. Questo stato di cose causa un
distress disturbante e contraddizioni interne molto forti.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 49


Essere affetti dalla Sindrome di Achille significa vivere un disagio
interno molto forte, che può manifestarsi anche attraverso sintomi
ansiosi. Il coach affronta questa Sindrome, qualora la rilevasse come
problema fondamentale del proprio cliente, proponendo una scheda
di intervista volta a porre domande potenti in grado di
“smascherare” il senso di inadeguatezza profondo che coinvolge il
coachée. Nella fase di ottimizzazione si provvederà poi a lavorare
per modificare questa condizione iniziale.
In estrema sintesi potremmo dire che colui che soffre della
Sindrome di Achille è una persona scarsamente capace di esprimere
le proprie emozioni, soffocandole o manifestandole in modo
camuffato, e non corrispondenti con la reale sensazione soggettiva.
Le emozioni, qualora si tenda a soffocarle, possono generare
patologia in quanto creano un disequilibrio tra mente e corpo. Le
somatizzazioni spesso sono frutto di una limitazione autoimposta
nell’espressione emotiva. Nello schema sottostante possiamo farci
un’idea molto semplice rispetto ai disturbi psicosomatici correlati ad
una non adeguata manifestazione dei sentimenti.

50 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


3.1.6 Scala di suscettibilità ipnotica di Stanford
Ovviamente tutto il lavoro che presentiamo deve essere inserito
nell’ambito della filosofia ipnotica, poiché l’ipnosi rimarrà, per il
coach ad indirizzo ipnotico costruttivista, il maggiore strumento di
intervento a sua disposizione.
Vedremo nel prossimo capitolo alcuni esempi di tecniche ipnotiche
applicabili nel raggiungimento degli obiettivi ma ora ci soffermiamo
su una procedura utile all’identificazione della capacità soggettiva di
lasciarsi andare alla trance ipnotica.
La scala Stanford è una procedura, una sequenza di passaggi che si
articola in dodici “esercizi” in cui, con il soggetto, si cerca di
ricreare differenti fenomenologie ipnotiche. La procedura ha una
durata di circa un’ora e prevede, fra le altre fenomenologie, la
generazione della catalessi, della levitazione del braccio, delle
allucinazioni positive e di comandi post-ipnotici.
La scala Stanford è utilizzata anche nelle ricerche e negli studi
ipnotici, in quanto è attualmente l’unica scala standardizzata in grado
di monitorare la capacità ipnotica del soggetto. E’ acquistabile
presso i rivenditori autorizzati ed è coperta da copyright.

3.1.7 Test Sat-P


E’ uno strumento per misurare la soddisfazione personale rispetto
alla qualità della propria vita. Consiste in una serie di domande,
rispetto cinque aspetti fondamentali dell’ultimo mese di della
persona e va a sondare 5 aspetti fondamentali della vita:

1. FUNZIONALITA’ PSICOLOGICA
2. FUNZIONALITA’ FISICA
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3. LAVORO COME ATTIVITA’ PRINCIPALE
4. SONNO – ALIMENTAZIONE – TEMPO LIBERO
5. FUNZIONALITA’ SOCIALE

Il Coaching Mandala evidenzia come si mostra la persona mentre il


SAT – P come essa si sente, quindi possono essere facilmente
confrontati e integrati.

52 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


4. DA FASE A FASE

Prima di effettuare il passaggio dalla fase di analisi alla fase di


ottimizzazione della nostra ruota, dobbiamo soffermarci su un
passaggio fondamentale, ma spesso sottovalutato: la definizione degli
obiettivi. Questo capitolo è stato realizzato con la collaborazione
della dott.ssa Rossella Rondi.

4.1 COME DEFINIRE UN OBIETTIVO: GLI STRUMENTI

Perché definire un obiettivo nel percorso di coaching?

"Non c'è vento favorevole per chi naviga senza una meta" (Seneca)

La nostra vita è ispirata dai nostri sogni consci e inconsci.


Procediamo il più delle volte in automatico attraverso le nostre
diverse avventure. A volte ci chiediamo come mai ci siamo trovati
proprio lì in quella situazione, ad affrontare quelle difficoltà, a
risolvere quei problemi, a sentirci come ci stiamo sentendo... In
alcuni momenti della nostra vita sperimentiamo la gratificante
sensazione di raggiungere ciò che desideravamo; in altri la
sensazione di vagare, di perdere tempo, di non riuscire a completare
il disegno, di restare imbrigliati in difficoltà che ci limitano e ci
portano lontano da ciò che vogliamo realizzare e da chi desideriamo
essere.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 53


È così anche per i nostri clienti. È questo che può indurli a ricercare
una guida che li orienti nel momentaneo caos esistenziale in cui si
trovano.
In fondo si tratta spesso di saper rispondere, consapevolmente, alle
domande:
"Dove sto andando, dove voglio andare, chi voglio essere, come
desidero sentirmi, quale contributo voglio poter portare al mondo,
…?"
Ecco allora che il tema della meta, dell'obiettivo della propria
esistenza, da questione esistenziale e filosofica fondamentale, dovrà
potersi coniugare con il contingente quotidiano, perchè non resti solo
una speculazione astratta e intellettuale (magari considerata
privilegio di pochi), ma diventi lo stimolo, il motore di un’evoluzione
personale significativa, illuminata e nello stesso tempo concreta,
verificabile, agibile giorno dopo giorno.
Il coach, nella sua dimensione di guida critica e sensibile, permette di
trasformare il disagio, la vaga aspirazione verso un sogno, il senso di
smarrimento, il desiderio di cambiamento del proprio cliente, in un
efficace processo di trasformazione e di crescita, verso il
raggiungimento di un obiettivo esistenziale integrato e positivo.
L'essenza del coaching è l’aiutare a "traghettare" la persona da un
punto di partenza, il suo stato attuale, al suo stato desiderato. Dal
suo presente, caratterizzato da domande consce e inconsce, da
credenze e valori che ne caratterizzano una determinata mappa
mentale, a un futuro nel quale i suoi comportamenti saranno ancorati
a nuove credenze e a nuovi valori (nuovi presupposti) che lo
vedranno agire sulla base della sua nuova mappa del mondo. Per chi
volesse approfondire la definizione dei presupposti può fare

54 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


riferimento ad un ottimo lavoro di tesi realizzato presso l’AERF
(Rondi, 2004)

4.2 L'OBIETTIVO COME PROCESSO

Il ruolo del coach, nella fase iniziale del suo lavoro, consiste proprio
nell'accompagnare il suo cliente nel delicato processo
d’identificazione del suo obiettivo.
Nel patto di coaching, strumento fondamentale e vincolante per ogni
percorso di coaching, si evidenzia l’obiettivo del percorso che prende
forma e si sviluppa durante le prime sedute.
L’obiettivo è, da un lato, strumento di guida e di monitoraggio dei
progressi nella direzione stabilita, dall'altro è esso stesso parte della
realtà in trasformazione e come tale si modifica lungo il cammino,
mentre si realizza, si completa e si attualizza, innovando gli elementi
della realtà percepita dal cliente.
Spesso i presupposti di partenza sono diversi da quelli che si
potranno trovare lungo il cammino, che influenzeranno fatalmente
anche l’obiettivo del percorso.
Addirittura, quando avrà raggiunto gli obiettivi prefissati, il cliente
s’accorgerà della loro relatività, poiché la sua mappa mentale è
cambiata e lui si trova quindi già proiettato nel futuro, verso nuovi
obiettivi: il processo è continuo e inarrestabile.
L'obiettivo si definisce, infatti, attraverso un percorso che porta il
cliente da un’iniziale esplorazione della sua realtà percepita ad una
successiva focalizzazione e identificazione d’aspetti catalizzatori per
il suo cambiamento e sviluppo.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 55


Il cliente arriva da noi con un obiettivo di sviluppo o cambiamento,
formulato con diversi gradi di determinazione:

Esempi di formulazione vaga:


"Non so cosa voglio, non so perché vivo, chi voglio essere e ...";
"Vorrei trovare il senso della mia vita".

Esempio di formulazione più mirata:


"Voglio riuscire a restare calma durante gli esami”.

La differenza non è tanto nel grado di concretezza, quanto nel fatto


che gli obiettivi citati si riferiscono a livelli logici diversi. Gli esempi
più “vaghi” concernono i livelli d’identità e dei valori, mentre l’altro si
situa al livello dei comportamenti e delle capacità.
Possiamo, infatti, riscontrare obiettivi collegati a diversi ambiti di
vita del nostro cliente (professionale, sportivo, sociale, famigliare,
relazionale, esistenziale ecc.) e situati ai diversi gradini della scala
dei livelli logici (Dilts, 1983), vale a dire obiettivi a livello di
comportamento, di capacità, di credenze e valori, d’identità. Obiettivi
che in un primo momento possono sembrare correlati con un
determinato livello logico possono, in un secondo tempo, rivelare
implicazioni ad altri livelli.

Non vi è solo un processo di costruzione dell’obiettivo, ma anche di


vero e proprio apprendimento. Il cliente che desidera intraprendere
un percorso di cambiamento attraversa alcune fasi fondamentali:
- da un'incompetenza inconsapevole (non sa fare qualcosa e non
sa di non saperla fare);

56 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


- ad un'incompetenza consapevole (non sa fare qualcosa e sa di
non saperla fare);
- verso una competenza consapevole (sa fare qualcosa e se ne
rende conto);
- alla competenza inconsapevole (sa fare qualcosa e non se ne
rende più conto).

I primi passi verso una buona formulazione dell'obiettivo di coaching


possono consistere proprio nel fornire al cliente una serie
d’occasioni e di possibilità, per compiere esperienze che l’aiutino a
collegarsi e a connettersi sia con i suoi sogni, fantasie, desideri
profondi, sia con le sue risorse (capacità) a disposizione. In questo
senso una fase di counselling, per la riscoperta, l'attivazione, il
disvelamento e la verifica delle risorse, è a volte necessaria prima di
poter intraprendere il viaggio verso l'obiettivo, in un vero e proprio
percorso di coaching.

4.3 STRUMENTI DI “AVVICINAMENTO” ALL’OBIETTIVO

Possiamo parlare di una fase d’avvicinamento complessivo


all’obiettivo del cliente, che è una sorta d’esplorazione inconscia dei
suoi disagi, bisogni e aspettative. Anche qui, l’ipnosi si rivela essere
uno strumento potente.
In questa fase è fondamentale aiutare il cliente a visualizzare,
sperimentare, sentire e ascoltare nuove possibilità esistenziali,
permettendogli l'accesso a nuove libertà nell'immaginare, percepire,
sentire, raccontarsi il suo futuro, i suoi obiettivi. Tutto questo sarà
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 57
fatto parlando il suo linguaggio e focalizzando consapevolmente la
nostra attenzione sui suoi canali privilegiati e la sua mappa dei
presupposti. (Dilts, 1983)
Ci siamo riferiti all’obiettivo di coaching descrivendolo come un
processo; in esso, il coach riuscirà a giocare pienamente il suo ruolo
nella misura in cui riuscirà a mantenere un livello di consapevolezza
costante, che gli permetterà di monitorare l'intero processo con uno
sguardo ampio e completo sulla realtà del suo cliente. A questo
scopo è utile che il coach abbia sempre presenti i criteri per la
buona formulazione di un obiettivo, secondo i principi sottolineati
dalla PNL. Il coach partirà poi da questi criteri per sondare,
stimolare, provocare o supportare le affermazioni del suo cliente.
Questi criteri, davanti alle prime incerte o vaghe formulazioni del
cliente, potranno essi stessi suggerire lo strumento o la strategia
più adeguati per condurlo alla consapevolezza dei suoi obiettivi
esistenziali. Saranno, infatti, proprio certi vuoti ed ombre,
determinate omissioni ed alcune violazioni del metamodello (Lankton,
1980), a fornirci gli spunti dai quali partire per approfondire e per
guidare il nostro cliente nel suo viaggio verso la consapevolezza.
Qui di seguito, ecco alcune brevi riflessioni su strumenti di
"avvicinamento all’obiettivo”, che saranno presentati in modo
dettagliato nel seguente paragrafo.
La scheda di coaching permette una prima riflessione a tutto campo
sui desideri, i sogni, gli ideali di vita, sullo stato presente, le difficoltà
percepite, i valori importanti, sulla percezione e descrizione di se
stessi.
Il coaching mandala propone, invece, in modo più analogico e
immediato una riflessione sul grado di soddisfazione di vita nelle

58 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


diverse aree e la possibilità di visualizzare la distanza tra lo stato
attuale e quello desiderato.
Il flow chart gioca a livello del linguaggio e può essere uno strumento
efficace, per le persone con un'intelligenza verbale.
La progressione verso il futuro, entrando nella logica del “come se,
così è”, permette di testare in modo complessivo l'ecologia
dell'obiettivo che il nostro cliente intende perseguire, permettendogli
di formularlo già in termini positivi e sensorialmente verificabili.
Nella misura in cui si riesce ad accompagnare il cliente in uno stato
di trance leggera, effettivamente ad associarsi al suo futuro
desiderato, potremo trarre il massimo da questa esperienza, che si
dimostra veramente efficace proprio per la verifica di un obiettivo
che sia globalmente ecologico, verificabile, formulato in termini
positivi e contestualizzato.
Anche attraverso un’induzione specifica, come “l’induzione per il
raggiungimento di obiettivi” è possibile accedere a livelli più profondi
della persona, garantendo nello stesso tempo risposte ecologiche,
rispettose dell'insieme della sua personalità.

Durante il processo di formulazione di un obiettivo capita spesso che


esso sia definito solo da una singola parte della persona, ma ben
presto si possono affacciare anche altre parti della persona, che
mettono in forse l’obiettivo, con frasi rivelatrici come ad esempio:
"Dovrei però avere una buona ragione per raggiungere questo
obiettivo …"
A questo punto il dialogo tra le parti è una tappa utile per coinvolgere
l'interezza della persona, nella verifica ecologica del suo obiettivo e
per permetterci di completarne la formulazione.
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 59
In definitiva, molti strumenti citati nel presente manuale, che
permettono di fare un primo punto sulla situazione e che stimolano la
presa di coscienza dello stato attuale del nostro cliente, possono
facilitare i primi passi nel processo di definizione dei suoi obiettivi.

I criteri per la buona formulazione di un obiettivo, ricavati dalla


pratica della PNL (Cudicio, 1986), rappresentano uno strumento
molto valido per il coach. Ecco in sintesi i principali:
- l'obiettivo dovrà essere formulato in termini positivi,
- esso deve essere sotto la completa responsabilità e competenza
della persona (iniziato e mantenuto dalla persona che lo
desidera),
- esso deve essere “ecologico” (in armonia con tutti i valori e le
credenze personali, ed in armonia con l’ambiente di riferimento;
deve inoltre garantire anche gli effetti positivi del
comportamento attuale),
- esso deve essere sensorialmente verificabile (verificabile
nell'esperienza sensoriale, osservabile e misurabile, definito in
termini temporali).

Questi possono essere utili punti di riferimento fin dall'inizio del


processo di definizione dell’obiettivo, la cui prima formulazione
spontanea potrà essere seguita da 1 - 2 sedute durante le quali la
persona può incontrare se stessa e i sui sogni, arrivando poi
naturalmente al momento in cui lavorerà in modo più diretto e
concreto sulla definizione dei suoi obiettivi.
In questa fase le domande saranno la chiave di volta di tutto il
processo.

60 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


4.4 STRUMENTI DI FOCALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI

La domanda è uno strumento fondamentale del coach, che gli


permette di andare oltre l’ovvio, verso il disvelamento della mappa
del cliente e dei suoi presupposti chiave. Nella fase di definizione
dell'obiettivo porre domande è un modo per dimostrare curiosità e
interesse per l'avventura esistenziale che il cliente si presta a
realizzare:
- "Cosa la spinge a cercare questo risultato?"
- "In che modo sarebbe migliore la sua vita, se lo realizzasse?"
Sono domande che rivelano anche i presupposti su cui la persona
basa la sua interpretazione attuale della realtà e la sua possibilità di
realizzare i propri sogni.
Le nostre domande introducono la dimensione flessibile della
possibilità, come variante all'obbligo nel quale spesso il cliente resta
bloccato. Infatti, si passa dal "Devo fare qualcosa" al "Posso fare
qualcosa", dal marasma di mille cose da realizzare insieme, alla
leggerezza di una scelta basata sulle priorità e sulle preferenze:
- "Mi chiedo se tu abbia una preferenza di fronte a queste cose
che desideri realizzare ...?”
Possiamo partire dai primi abbozzi d’obiettivo del cliente, usando le
domande, che illuminano le zone d'ombra della sua prima
formulazione.
Queste domande possono elegantemente partire proprio dalle
violazioni del metamodello linguistico della persona che abbiamo di
fronte. A questo riguardo rimandiamo alla vasta letteratura
specializzata sull'argomento.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 61


Vediamo, a questo proposito, alcune possibili domande relative ai
vari criteri della buona formulazione dell'obiettivo.

Primo criterio: "Obiettivo formulato in termini positivi"


Si dovrà portare il nostro cliente a trasformare le sue formulazioni
negative, che contengono di solito piuttosto ciò che non desidera, ciò
da cui intende andare via, invece della descrizione dello stato
desiderato, della meta verso la quale andare.
Ad esempio, L diceva:
- “Non voglio più essere succube dei miei genitori”

In questo caso le domande possono portarlo sia a chiarire la sua


generica affermazione, sia ad esplorare il suo futuro desiderato per
descrivere ciò che vi vorrebbe trovare:
- Coach: “Che cosa significa per lei essere succube?”
- L: “Sentirmi schiacciato nelle mie iniziative”.
- Coach: “Come le piacerebbe sentirsi in quei momenti?”
- L: “Vorrei sentirmi libero, avere più spazio ...”

Secondo criterio: "Obiettivo sotto la completa responsabilità e


competenza della persona"
Si tratta di verificare con il cliente quanto, e se, il suo obiettivo si
riferisce realmente a qualcosa nella sua sfera di competenza,
qualcosa che lui può intraprendere e di cui è interamente
responsabile, oppure se in modo più o meno evidente si sta riferendo
a cose che altri dovrebbero fare o cambiare (magari al posto suo!).
L affermava:

62 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


- “Voglio che si rendano conto che io valgo, che sono in grado di
assumermi certe responsabilità ... Dovrebbero imparare a
rispettarmi!”

È evidente che qui stiamo ipotizzando che i genitori intraprendano un


cammino evolutivo, ma questo non cade né sotto la responsabilità, né
sotto il controllo di L.
In quanto coach possiamo solo aiutare il nostro cliente ad assumersi
responsabilità per cambiamenti che lo riguardano personalmente, di
cui può essere interamente artefice e protagonista.

Terzo criterio: "Obiettivo ecologico"


In questo ambito e con questo termine, intendiamo la verifica che
l'obiettivo in questione sia effettivamente in linea con i valori e le
credenze della persona, rispettoso della sua identità, in armonia con
il suo ambiente di riferimento, in piena considerazione di tutte le sue
parti.
L'obiettivo deve, inoltre, garantire il mantenimento di quegli aspetti
positivi dell’attuale situazione o degli attuali comportamenti. A questo
proposito i vantaggi secondari dei comportamenti che si vogliono
cambiare saranno elementi da considerare assolutamente nella
formulazione dello stato desiderato da raggiungere. In caso
contrario, gli interessi per il mantenimento dello status quo saranno
evidenti, come sarà sicuro il fallimento d’ogni sforzo verso il nuovo
obiettivo definito.
Vi è il pericolo che si sottovalutino i vantaggi secondari di un
comportamento che il cliente in un primo tempo asserisce di voler
cambiare. Il classico esempio è quello del fumatore che decide di
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 63
smettere di fumare: i vantaggi secondari garantiti dalla sigaretta, le
credenze alla base di questa necessità di comportamento, saranno di
centrale interesse proprio per valutare la realizzabilità dell'obiettivo
scelto.
Riprendendo e continuando con l’esempio di L, che desidera sentirsi
libero e avere più spazio per le sue iniziative, potremo metterlo nella
condizione di confrontarsi con questo suo nuovo modo d’essere e di
fare, chiedendo a lui e noi stessi, ad esempio:
- “Qual è il “prezzo” da pagare per un simile cambiamento?”
- “Quali potranno essere le reazioni dei suoi genitori?”
- “Quali nuovi sentimenti si potrebbero affacciare in lui e in loro?”
- ”Quali conseguenze piacevoli e spiacevoli si potrebbero
realizzare?”
- “Che cosa dev’essere vero per il nostro cliente, affinché il suo
nuovo comportamento abbia un senso?”
- “In cosa dovrebbe poter credere per modificare le cose in
direzione del suo obiettivo di libertà?”
È evidente che questo è un punto particolarmente delicato e cruciale
nella focalizzazione e definizione dell’obiettivo del processo di
coaching. La sensibilità e la consapevolezza del coach gli
suggeriranno le strategie più adeguate per approfondire la verifica
della completa ecologia dell’obiettivo per il suo cliente.
Il dialogo tra le parti, la progressione nel futuro, ma anche il
recupero d’esperienze passate, di successi realizzati (ad esempio
attraverso l’autoanalisi P.A.R. / modeling di se stesso), che rinforza
nel cliente la consapevolezza delle sue risorse e del suo valore,
possono essere piste da percorrere.

64 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


È inutile ribadire la continua centralità dell’ipnosi come mezzo
efficace per coinvolgere l’inconscio del cliente, le sue risorse
profonde e l’interezza del suo io, per attivare tutte le sue capacità di
creatività percettiva, fondamentale nell’immaginare un obiettivo
ambizioso e nel contempo realizzabile.
L era giunto alla consapevolezza che amare i propri genitori
significasse assecondarli, non deludere le loro aspettative e, quindi,
fare ciò che chiedevano era il miglior modo per confermare il suo
amore per loro e mantenere l’armonia in famiglia. Ora sta capendo
che l’armonia non è né passività, né violenza contro se stesso e può
raggiungere livelli più profondi, se comprende e ascolta tutte le parti
in gioco, permettendo loro, con umiltà e coraggio, di meglio
conoscersi, ascoltarsi e dialogare. L si è reso conto della necessità
di parlare a cuore aperto con i suoi genitori, di imparare ad
esprimere senza rabbia le sue ragioni, di dare feedback puntuali e
precisi nei momenti in cui si sente schiacciato.
Questo esempio dimostra bene come il processo di definizione
dell’obiettivo sia, di per sé, un potente motore di cambiamento.

Quarto criterio: "Obiettivo sensorialmente verificabile"


Questo criterio crea le condizioni per il monitoraggio dell'intero
processo d’avvicinamento al pieno conseguimento dell'obiettivo
scelto. È infatti da questo criterio che prendono forma gli indicatori,
di solito i comportamenti osservabili dall'esterno, gli stati d'animo, le
sensazioni ed emozioni percepite dal soggetto stesso, i risultati
concreti ottenuti con i nuovi comportamenti, elementi tutti
verificabili e osservabili dal soggetto o dall'ambiente circostante.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 65


A questo punto, L ha focalizzato il suo obiettivo descrivendolo in
questi termini:
- “Voglio riuscire a sentirmi libero d’esprimere il mio punto di
vista, sapendo che questo è un modo per considerarli ed amarli
e, nello stesso tempo, per rispettare tutte le mie parti e le loro
esigenze.”

Potremo completare la formulazione in modo che sia sensorialmente


verificabile, ponendoci alcune domande:
- “Come ci si potrà accorgere d’avere raggiunto l’obiettivo?”
- ”Come si sentirà L, quali nuovi comportamenti sarà in grado
d’agire?”
- ”Che cosa osserveranno i suoi genitori?”
- ”In quale precisa situazione o contesto si noterà il
cambiamento?”
- ”Entro quando sarà possibile realizzarlo?”

Rispondendo a queste e ad altre domande simili, L è giunto a definire


che il suo obiettivo sarà conseguito quando:
- ”Sarò in grado d’incontrare i miei genitori a testa alta e
argomentare le mie ragioni”
- “Mi sentirò pronto, carico d’energia positiva (plesso solare caldo
e rilassato)”
- “Riuscirò a dire ciò che penso, nonostante i segnali inibitori (non
verbali)”
- “Una voce interna mi dirà che il conflitto e il dire di no sono
occasioni di crescita, d’apprendimento per me e per gli altri”

66 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


- “Mi vedrò in quella situazione (d’incontro, colloquio o conflitto)
mentre capisco i miei bisogni e li considero”

4.5 GLI STRUMENTI PER DEFINIRE GLI OBIETTIVI

Definire in modo corretto un buon obiettivo, come abbiamo visto,


richiede da parte del coachée un profondo lavoro su se stesso. La
definizione degli obiettivi può essere fatta attraverso il colloquio, ma
può essere integrata con alcune schede che ne facilitano la
sistematizzazione e la chiarificazione. Vediamo quali strumenti
possono allora venirci in aiuto in questa fase.

4.5.1 Passare l’abisso


“Passare l’abisso” significa spostarsi da uno stato mentale in cui si
“sa” che qualcosa va modificato, a uno stato mentale in cui si
privilegia l’azione volta al cambiamento.
Passare l’abisso vuol dire passare da una condizione di riflessione ad
una di azione, da uno stato attuale a uno desiderato.
Passare l’abisso significa riconoscere le proprie competenze e
metterle in atto.
Il coach deve sapere quando è il momento giusto per spingere il
proprio coachée a fare il salto che gli permetterà di superare
l’abisso. Se il coach non sa sincronizzarsi con i ritmi del coachée
rischierà di procedere troppo velocemente, spingendo il coachée a
fare questo salto prima che sia realmente pronto e abbia acquisito
tutte le competenze necessarie da mettere in atto. Al contrario,
potrebbe essere troppo prudente e tardare nel mettere in atto
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 67
questo processo di “decollo”. In entrambi i casi, il coach è in errore e
non sarà efficace per il suo cliente.

Il primo esercizio che possiamo proporre al nostro cliente per


raggiungere il momento giusto, in cui il coachée sarà pronto a fare il
salto dell’abisso, è il seguente.

“Individua almeno 5 realizzazioni che vorresti raggiungere entro le


prossime quattro settimane”.

1. ________________________________________
2. ________________________________________
3. ________________________________________
4. ________________________________________
5. ________________________________________

Le persone fortemente stressate o in fase di depressione fanno


molta fatica ad identificare queste cinque realizzazioni, poiché è
come se la loro capacità progettuale – realizzativa fosse
momentaneamente bloccata.
Attraverso queste domande si pone il cliente nella situazione di
immaginarsi in una condizione futura e a mettere in atto la sua
capacità di progettare nuovi obiettivi di crescita personale o
professionale.

4.5.2 Il piano di azione


Il piano di azione serve per definire, in modo formale e soprattutto
scritto, l’obiettivo principale del percorso di coaching.

68 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Accanto alla definizione dell’obiettivo vanno segnalati gli indicatori di
riuscita, le azioni concrete che il coachée dovrà svolgere ed il
termine ultimo entro il quale si dovrà verificare la riuscita del
percorso di ottimizzazione.

4.5.3 SWOT Analisi


La SWOT analisi consente un costante monitoraggio, per valutare
efficacemente dove ci si trova rispetto ad un’azione che si deve fare
o più semplicemente rispetto ai propri obiettivi. Questo semplice
strumento ci aiuta a identificare i limiti delle nostre azioni e a
tentare di trasformarli in possibilità.
Consiste nel segnare in un foglio diviso in quattro quadranti:

a) PUNTI DI FORZA
b) OPPORTUNITA’
c) PUNTI DI DEBOLEZZA
d) MINACCE/RISCHI

Rispetto al piano di azione e all’obiettivo definito in precedenza.


Un’accurata SWOT analisi consente di essere preparati ad ogni
evenienza e di saper cogliere le opportunità che si offrono al nostro
progetto.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 69


5. LA FASE DI OTTIMIZZAZIONE

Terminata la fase di analisi e quella di definizione degli obiettivi si può


procedere con la fase di ottimizzazione vera e propria.
Lavorare nella fase di ottimizzazione significa mettere in atto degli
interventi strutturati che consentano al coachée di avvicinarsi
sempre di più all’obiettivo di realizzazione che ha precedentemente
identificato.
Le tecniche che possono essere messe in atto dal coach insieme al
proprio coachée sono svariate e ciascuno, una volta acquisita
l’esperienza necessaria, sceglierà quelle che predilige.
Nella nostra visione l’ipnosi, intesa come stato di coscienza
alternativo, è un elemento trasversale alle diverse fasi del percorso
di coaching. Tuttavia, in questa sezione, andremo ad approfondire
alcune tecniche di induzione che possono essere applicate nel
contesto del raggiungimento degli obiettivi.
Prima di procedere verso questo obiettivo, facciamo un breve
ripasso sull’ipnosi e sulle basi della filosofia ipnotica costruttivista.

5.1 TECNICHE IPNOTICHE

Il lavoro con l’ipnosi deve essere calibrato e misurato rispetto al


coachée e rispetto agli obiettivi che ci si è posti insieme.
In questa sezione riportiamo alcune tracce di induzioni ipnotiche che
potranno essere di aiuto nello svolgimento del lavoro di coaching.

70 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Gli obiettivi di un percorso di coaching possono essere svariati e
cambiano da persona a persona; è pertanto impensabile cercare
alcune induzioni che vadano bene per tutti.

Riportiamo qui di seguito una classica induzione di tipo ericksoniano,


tradotta e modificata dal lavoro di alcuni allievi di Milton Erickson.
Questa induzione serve all’inizio del percorso di ottimizzazione per
iniziare a definire, in uno stato di coscienza alternativo, il percorso
che si andrà a fare, in riferimento agli obiettivi.

UN APPROCCIO DIRETTO A STABILIRE DEGLI OBIETTIVI

Applicazione: Questo approccio può essere usato con pazienti per determinare
gli obiettivi preferiti nella vita quotidiana o gli obiettivi di una terapia e inserire
la suggestione ipnotica in modo che essi inconsapevolmente possano superare il
gradino necessario per realizzare questi obiettivi.

Non sai ancora


esattamente cosa fare
per permettere a te stesso
di sentirti al meglio.
E questo è ciò che io voglio che tu faccia.
voglio che tu ponga molta attenzione
a come ti piacerebbe sentirti,
una sensazione di libertà
e di soddisfazione,
queste saranno le sensazioni che proverai
quando realizzerai i tuoi obiettivi,
e so che tu hai già fatto tanto
per sistemare le cose

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 71


nella maniera giusta per te.
Va tutto bene, tutte le sensazioni positive,
quando oltrepasserai la porta
sapendo di avercela fatta,
finalmente troveranno un loro posto
e così come il tuo inconscio
crea quelle sensazioni, quelle idee, quelle immagini,
e te le fa percepire,
e ti fa fare ed essere ciò che tu sei
ricordandoti chi veramente sei e che cosa puoi fare quando ti senti al meglio,
e ti ricorda
le cose che hai fatto lungo la strada,
le cose che hai iniziato a fare oggi,
e quelle che hai fatto i giorni scorsi,
che ti conduce da una esperienza all’altra
quasi automaticamente e senza sforzo.
E ti ricorda
le cose ti sono successe
e le cose che hai scelto di fare,
e che ti hanno permesso di provare quelle sensazioni
e che ti permettono di raggiungere i tuoi obiettivi,
e la tua mente inconscia vuole ora avere l’opportunità
di iniziare a progettare come fare questo per te,
rivedere i passi necessari
per poi
prendere pieno vantaggio
in ogni situazione, in ogni opportunità, trasformare i limiti nelle tue possibilità,
condurti senza sforzo
verso quegli obiettivi,
un regalo, la sorpresa
di realizzare ciò di cui necessiti
senza bisogno di sapere

72 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


esattamente dove stai andando
sapendo soltanto come ti sentirai bene
quando sarai arrivato (pausa di 30’’)

5.1.1 L’ipnosi costruttivista


L’ipnotismo è un insieme di tecniche molto efficaci, che richiedono
una grande responsabilità da parte di chi le applica. E’ importante
capire la filosofia o la base teorica che guida l’ipnotista nella sua
pratica terapeutica.
Non ci soffermeremo su questo punto, ma è importante sapere che
l’approccio teorico da noi adottato fa riferimento all’approccio
costruttivista.
L’ipnosi costruttivista nasce dall’esperienza maturata all’interno
dell’AERF da Marco Chisotti e da Giuseppe Vercelli.
L’ipnosi costruttivista fonde in sé la pratica dell’ipnosi con i principi
teorici e le linee guida del costruttivismo. Il costruttivismo è una
teoria psicologica che negli ultimi anni, dopo le recenti scoperte
neurocognitive, da la miglior spiegazione del funzionamento del
cervello umano.
Il costruttivismo risponde ad una domanda fondamentale: “la realtà è
una scoperta o un’invenzione?”. La risposta che viene data è che la
realtà sia una nostra costruzione mentale. Secondo il Costruttivismo
il cervello non rappresenta per noi la realtà, ma struttura per noi
una realtà stabile. Con l’ipnosi noi possiamo creare realtà
alternative, che possono eventualmente sostituirsi a quelle
precedentemente create e che non funzionano più in modo adeguato.
Per approfondire i presupposti del costruttivismo rimandiamo al
manuale di counselling realizzato dall’AERF.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 73


Per ricordare la procedura ipnotica costruttivista adoperiamo
l’acronimo SE MOLTA FEDE:

SINCRONIZZAZIONE

EMISFERO EMOTIVO

MONOIDEA

LIMITAZIONE CAMPO DI COSCIENZA

TRANCE

ATTIVAZIONE POTENZIALE MENTALE

FENOMENOLOGIA

DETRANCE

Per comprendere meglio il modello dell’ipnosi costruttivista, sia in


ambito teorico sia pratico, occorrerà mettersi nella condizione del
“Come se”, quando qualche cosa non è chiara o non la si condivide.
All’inizio è bene fare finta che sia così come è detto, entrare in una
dimensione di gioco e provare a vedere “cosa succede”.
In seguito si potrà analizzare il modello criticamente ed
interiorizzarlo così com’è o integrarlo con il proprio.
Il modello è qualcosa che colma le lacune della pratica. Ogni ipnotista
può trovarsi in situazioni in cui la pratica non è sufficiente e ripara
queste “falle” inevitabili con il modello di riferimento.

74 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Un discorso diverso riguarda le tecniche: se una tecnica funziona con
una persona la si usa, tenendo sempre presente, però, il modello da
cui origina.
L’approccio costruttivista si sviluppa secondo tre direttrici, prese a
prestito da un antico detto:

ASCOLTA E DIMENTICA
GUARDA E RICORDA
FAI E CAPISCI

Dal punto di vista costruttivista esistono tante realtà quante sono le


menti in opera e quindi non può essere una scoperta. Il
costruttivismo da molta libertà di azione ma allo stesso tempo
responsabilizza le persone che diventano artefici, o meglio,
“costruttori” della propria realtà. Possiamo sintetizzare al meglio
questo pensiero con la frase: “noi siamo i migliori profeti di noi
stessi”.
Lo scopo dell’ipnosi, nella filosofia costruttivista, è esattamente
questo: far vivere un’esperienza di realtà diversa, in modo che la
persona possa creasi nuove possibilità di azione.
La creatività è, pertanto, un fattore importante ed indispensabile che
il buon ipnotista deve saper sollecitare e tirare fuori dall’altra
persona.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 75


5.1.2 La nostra visione dell’ipnosi
L’ipnosi è, come abbiamo già accennato, uno stato di coscienza
alternativo, che permette al soggetto di attivare il proprio potenziale
mentale, sfruttando risorse spesso sotto-utilizzate.
Il termine Ipnosi è stato introdotto da Braid nella metà dell' 800
derivato da "hypnos" (il dio greco del sonno). Tuttavia, anche se la
persona ipnotizzata sembra stia dormendo profondamente, sappiamo
che l'ipnosi è uno stato di coscienza molto differente dal sonno.
Diversamente da quanto accadrebbe se questa persona fosse
addormentata o sveglia, l'ipnotista può provocare nella persona
ipnotizzata, con una semplice suggestione, situazioni emotive come
gioia, indifferenza, felicità, tristezza, disgusto, speranza, nostalgia,
rabbia, desiderio, affetto, riconoscenza, ecc.
Può anche modificare, se lo ritiene opportuno, la temperatura
corporea, la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la diuresi, la
motilità gastrointestinale, la secrezione lattea, il flusso mestruale.
L’ipnosi, secondo il nostro punto di vista, è uno strumento di
comunicazione privilegiato che permette un accesso diretto con la
parte emotiva della nostra mente. Parlando di parte emotiva
facciamo riferimento all’emisfero destro del nostro cervello, anche
se il costrutto di lateralizzazione emisferica è stato già messo in
discussione. Consci delle limitazioni di questa suddivisione, per
semplicità diciamo che l’attivazione della parte emotiva della nostra
mente permette di avere accesso a risorse creative, fantasiose,
simboliche, che da sempre sono associate con il nostro emisfero
destro.

76 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Ciò che possiamo dire con certezza è che in uno stato di trance si
verificano alcune modificazioni dell’attività cerebrale monitorabili
attraverso semplici apparecchiature di biofeedback.
Uno studio effettuato con soggetti in stato di trance, presso il Centro
di Psicologia dello Sport dell’ISEF di Torno (Vercelli, Marcaccioli,
Giroldini, 2003) ha evidenziato i seguenti risultati.
Il primo aspetto importante, messo in evidenza dalla ricerca, e' stata
la sostanziale stabilita' dei dati EEG dei soggetti normali, che non
hanno sperimentato lo stato di ipnosi. Da questo fatto, emerge la
reale e significativa differenza che si osserva nel confronto coi
soggetti che vengano successivamente indotti in trance ipnotica.
Le differenze riscontrate sono principalmente a carico della banda
delle onde theta e alfa, della coerenza degli emisferi cerebrali (che
diminuisce) e dello spostamento della dominanza emisferica verso il
lobo destro (o emisfero emozionale).
Queste modificazioni sono presenti anche nella fase di retest con
risveglio del comando post-ipnotico e dimostrano, a nostro parere,
l'efficacia del comando stesso ricevuto.
Lo spostamento di prevalenza della dominanza dall’emisfero sinistro
al destro durante l’ipnosi e’ in accordo con la osservata riduzione
della coerenza fra i due emisferi; cio’ evidenzia un
sostenuto processo di attenzione selettiva , che è una delle
caratteristiche psicofisiologiche dello stato di coscienza modificato
quale l’ipnosi.
La coerenza e’ massima quando il cervello non e’ impegnato in
alcun compito, al contrario un compito qualsiasi (immaginare,
rievocare ricordi o emozioni, fare calcoli mentali), fa abbassare la
coerenza in quanto tende ad utilizzare sistemi ed aree cerebrali
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 77
specifici per lo svolgimento delle diverse attività e per il
mantenimento di determinati stati di coscienza.
Un approfondimento rispetto allo stato di trance ipnotica e della
fenomenologia evidenziabile è descritto nel Manuale di Counselling in
Ipnosi Costruttivista (Bounous et al, 2006).

5.2 TECNICHE IPNOTICHE PER LA PROGRESSIONE NEL FUTURO

I clienti che hanno una fantasia creativa possono immaginare


facilmente di andare avanti o indietro nel tempo. E’ ormai nota
l’efficacia delle tecniche ipnotiche regressive, finalizzate a far
rivivere al soggetto eventi della sua vita passata o delle ipotetiche
vite precedenti con l’intento di favorire una ristrutturazione emotiva
e cognitiva dell’evento che genera disagio e sofferenza nel momento
presente.
Da anni l’AERF propone tecniche e percorsi di ipnosi progressiva che
favoriscano la sperimentazione di una proiezione nel proprio futuro
con la possibilità di vivere emozioni e scoprire risorse ancora
parzialmente sconosciute.
La funzione primaria delle tecniche regressive e progressive è quella
di far vivere al soggetto un’esperienza emotiva significativa tale per
cui si generi un disvelamento di risorse mentali, sovente
sottostimate.
Durante un percorso di coaching le tecniche di ipnosi progressiva
permettono al soggetto di vivere, in modo intenso ed emotivo, un
momento della sua vita futura, quando, magari, avrà già raggiunto
l’obiettivo prefissato. Attraverso questo lavoro il soggetto potrà

78 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


iniziare a percepire uno stato mentale differente da quello presente,
che corrisponde allo stato desiderato. Tanto più il coachée riuscirà a
vivere in modo emotivo lo stato desiderato, tanto più forte sarà la
sua spinta energetica e motivazionale verso l’obiettivo. Nello stesso
modo potranno disvelarsi particolari o dettagli non presi in
considerazione precedentemente e, quindi, il coachée potrà decidere
di rifinire il suo percorso inserendo i nuovi dati emersi.
Recentemente Weiss (2005) ha proposto l’ipnosi progressiva come
completamento della metodologia che lo ha reso famoso: l’ipnosi
regressiva.
Le tecniche di ipnosi regressiva sono state descritte nel manuale di
counselling, perché le riteniamo più idonee a mettere in evidenza
risorse sottoutilizzate piuttosto che stimolare nuove capacità per
mettere in atto un obiettivo.
Esistono numerose tecniche per lavorare sulla progressione nel
futuro. Vercelli e Bounous (2004) hanno dedicato un capitolo del
testo citato in bibliografia descrivendo cinque tecniche di ipnosi
regressiva e progressiva.
Ne riportiamo una che può esservi di aiuto qualora desideraste
lavorare con la dimensione temporale del vostro coachée, potendo
scegliere di accompagnarlo avanti nel suo futuro o indietro nel suo
passato.

L’ELISIR DI ETERNA GIOVINEZZA

Ora puoi immaginare di trovarti in un luogo sicuro


un posto di pace

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 79


una casa capace di accoglierti e accompagnarti in questa esperienza che stai
per vivere
Puoi immaginare di fronte a te
sopra un tavolo
di trovare due bottiglie con dentro due liquidi colorati
puoi notare che una bottiglia contiene un elisir blu
di un blu intenso, come il cielo di notte
mentre l’altra bottiglia contiene un elisir rosa,
leggero, dolce…
puoi fermarti ad osservare le bottiglie ed il loro contenuto…
puoi scorgere le etichette poste sopra il vetro e la scritta…
PASSATO sull’elisir blu
FUTURO sull’elisir rosa
Puoi lasciarti incuriosire da ciò che potrebbe succedere semplicemente
assaggiando una goccia di quegli elisir
ed intanto ti avvicini all’elisir rosa
se lo desideri puoi assaggiarlo
e sentirne il gusto dolce sulle labbra e nella bocca
a mano a mano che questo gusto si diffonde dentro di te
Puoi sentire l’effetto dell’elisir di giovinezza che ti porta avanti nel tempo
fino alla giornata di domani…
Puoi immaginare la tua giornata di domani…..
puoi cogliere tutti i dettagli, tutti i momenti piacevoli che potrai vivere …

(dare il tempo alla persona di visualizzare e se lo desidera farla raccontare)

Ora se lo desideri puoi bere un altro sorso dell’elisir rosa


e immaginare di trovarti in un momento felice che avverrà fra un anno …
puoi vivere quel momento felice …
puoi riconoscere il luogo, la situazione, le persone
i suoni e le immagini che caratterizzano quel momento che avverrà fra un anno

80 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


(dare il tempo alla persona di visualizzare e se lo desidera farla raccontare)

Ora se lo desideri puoi bere un altro sorso dell’elisir rosa


e muoverti liberamente nel tuo tempo futuro ….

(continuare gradatamente procedendo lungo la linea del tempo. Quando si decide


di far tornare il soggetto procedere come segue)

Ora ti trovi alla fine del tuo viaggio


per il momento
Puoi raccogliere tutte le sensazioni positive che questa esperienza ti ha dato
e portarle con te
sapendo di poter tornare indietro ogni volta che berrai il tuo elisir di eterna
giovinezza.
Adesso, con molta calma, puoi iniziare a bere dall’altra bottiglia
quella con l’elisir blu e lentamente
percepire di ritornare al tuo presente
ripercorrendo le tappe del tuo viaggio
cogliendo solo ciò che di particolare e utile ogni tappa del tuo viaggio ti ha
lasciato
Puoi bere ancora il tuo elisir blu
e sentirti proiettare verso il tuo presente
ripercorrendo in senso inverso il viaggio che hai appena fatto
tornare al tuo presente piacevolmente rilassato
ed in perfetta armonia con te stesso, l’ambiente e le persone
ritornare piacevolmente rilassato
sapendo che qualcosa di particolare è successo
ritornare al tuo presente
con molta calma e con i tuoi tempi
riaprendo gli occhi.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 81


5.3 TECNICHE COGNITIVE

Abbandonando ora, per un attimo, le induzioni ipnotiche, possiamo


rivolgere la nostra attenzione ad alcune altre tecniche applicabili
nella fase di ottimizzazione, tratte sia dalla psicologia cognitiva-
comportamentale che dalla PNL.

5.3.1 ABC Cognitivo


Nuovamente, potremmo citare svariate tecniche, ma limitandoci ad
una, prendiamo in considerazione l’ABC cognitivo di Ellis. In realtà,
per essere corretti dovremmo parlare di ABEC cognitivo,
identificando tutte le fasi dell’esercizio.
Ogni risposta individuale è mediata dal nostro pensiero. In ciò che la
gente fa c’è un’importante componente pre-verbale di istruzioni, che
saranno fondamentali per quello che si andrà a fare.
Un avvenimento A produce delle supposizioni B, che innescano
emozioni C. Molto spesso si è portati a vedere C come conseguenza
di A, mentre sono conseguenza di B. Talvolta tali convinzioni sono
irrazionali.
Questa procedura di intervento permette di aiutare il coachée ad
identificare gli stimoli che danno origine alle certezze irrazionali e
possono esprimersi in pensieri quali: “non posso perdere questa
partita” o “il mio valore dipende dalla mia riuscita professionale”.
Bisogna, quindi, modificare il sistema di sicurezze irrazionali,
sostituirle con idee razionali e iniziare ad applicare, prima in

82 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


condizioni di “allenamento” e poi sul “campo di prova”, le nuove
strategie apprese.
Perché sia utile, l’idea razionale deve avere una risonanza e un
significato personale per il soggetto, rinforzando la sua sensazione di
controllo sull’ambiente circostante.
Per applicare questa tecnica, favorendo l’auto-osservazione, si può
utilizzare uno schema come quello sottostante dove viene distinto
cosa la persona pensa, prova e fa in determinate situazioni.

A B E C
(descrizione (cosa penso) (cosa provo) (come mi
situazione: dove comporto)
sono, cosa
faccio...)

5.3.2 La tecnica dello SCORE


La PNL, Programmazione Neuro Linguistica, e in particolare Robert
Dilts, ci propongono una efficace tecnica per effettuare un corretta
definizione degli obiettivi prendendo in considerazione sia i limiti che
le possibilità del percorso. La tecnica che esamineremo e che
potrete utilizzare nel vostro lavoro con i clienti prende il nome di
SCORE:
1. Sintomo

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 83


2. Causa
3. Obiettivo
4. Risorse
5. Effetto desiderato

Esaminiamo la tecnica con l’esempio pratico di un atleta che in


seguito ad un infortunio, vuole riprendere gli allenamenti per essere
in piena forma e poter disputare una gara importante della sua
carriera, che si terrà nel breve termine.
L’obiettivo sarà dunque: “Essere nuovamente in forma per poter
disputare quella gara”.

Si forniscono al soggetto alcuni cartoncini che riportano le cinque


lettere dello SCORE e si aggiunge un sesto cartoncino su cui scrivere
POSIZIONE META (o OSSERVATORE).
Si collocano i cartoncini sul pavimento e si chiede al soggetto di
scrivere l’obiettivo identificato, sul cartoncino “O”.
Si chiede al soggetto di posizionarsi fisicamente sul cartonicino
“POSIZIONE META” e gli si chiede di osservare dall’esterno il suo
obiettivo. Dalla stessa posizione il soggetto può osservare i sintomi
“S” che attualmente gli impediscono di raggiungere il suo obiettivo.
Una volta osservati i sintomi in posizione dissociata, gli si chiede di
spostarsi fisicamente sul cartoncino “S” e vivere in modo associato
l’intensità dei suoi sintomi fino a identificarli chiaramente. Il soggetto
preso ad esempio potrà così dichiarare che ciò che gli impedisce di
raggiungere il risultato è la paura di non essere all’altezza e di non
riuscire a farcela.

84 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Riportato in posizione meta, si chiede al soggetto di osservare il
foglio “C” e provare ad identificare le cause che generano in lui il
sintomo precedentemente descritto. Fatto questo si chiede al
soggetto di spostarsi fisicamente su “C” e percepire le sensazioni
che prova, fino ad identificare in modo specifico la causa. A questo
punto il soggetto in questione potrà dirci che la causa della sua
paura è una mancanza di sicurezza in se stesso o una scarsa
autostima. E’ come se l’atleta si percepisse completamente
inadeguato al mondo che sta vivendo.
A questo punto possiamo sostenere che questo atleta per poter
essere in forma ottimale ai fini della gara, dovrà associare al
percorso riabilitativo anche la convinzione di potercela fare,
aumentando così il suo livello di autostima. Il primo obiettivo viene
così sostituito da un sotto-obiettivo, che sarà potenziare l’autostima.
Si chiede così all’atleta di collocarsi nuovamente in posizione meta e
di identificare in modo preciso l’effetto desiderato, che pensa di
sperimentare nel momento in cui la stima in se stesso sarà
potenziata. Dopodichè il soggetto si sposterà fisicamente sul
cartoncino “E” sperimentando la sensazione di aver raggiunto il suo
obiettivo, dando un nome a quell’effetto, ad es. gratificazione e
benessere psicofisico.
A questo punto il soggetto è consapevole delle sensazioni positive
che andrà a vivere, una volta raggiunto l’obiettivo.
L’ultimo passaggio che il soggetto deve fare è collocarsi in posizione
meta e definire quali risorse “R” mettere in atto al fine di superare i
sintomi e le cause, per raggiungere l’obiettivo e l’effetto desiderato.
Spostandosi fisicamente sul cartoncino “R” l’atleta potrà identificare
chiaramente le risorse fondamentali che dovrà utilizzare se vuole
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 85
raggiungere gli obiettivi prefissati. E’ necessario accertarci che il
soggetto possieda le risorse necessarie per completare il suo
percorso.
Nel nostro esempio il soggetto potrà dirsi che per aumentare la sua
autostima dovrà modificare il suo self talk, sostituendo frasi come:
“non valgo nulla o non ce la farò mai” con frasi più positive del tipo
“mi do la possibilità di farcela e sto a vedere cosa succede”.
Alla fine di questo esercizio il soggetto avrà sicuramente una
maggiore consapevolezza su quale dovrà essere il miglior
atteggiamento mentale da tenere, al fine di favorire un eccellente
processo di ri-atletizzazione.

Come abbiamo detto in precedenza, le tecniche di ottimizzazione


utilizzabili durante un percorso di coaching sono svariate e
rimandiamo l’approfondimento a testi specifici. Il messaggio che
vogliamo tuttavia trasmettervi è che la tecnica diventa
assolutamente inutile se prima non si è lavorato sull’instaurare una
relazione particolare con il cliente.

5.4 ESEMPIO DI MODALITÀ DI LAVORO IN UN PERCORSO DI COACHING

Lo scopo di tale presentazione è semplicemente quello di offrirvi un


sintetico indice tematico, che non vuol essere esaustivo rispetto agli
strumenti e alle modalità utilizzabili durante un percorso di coaching,
ma indicativo e orientativo rispetto alle innumerevoli possibilità.
Ogni percorso di ottimizzazione andrà pertanto sviluppato con il
coachée rispetto a quanto emerso durante la fase di analisi.

86 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Consapevoli che non esiste un percorso standard, vi proponiamo un
esempio articolato su dieci sedute.

1. Conoscenza e gestione del colloquio (prima seduta)


2. Ipnosi indiretta e strumenti di analisi (seconda seduta):
- l’album dell’infanzia
- uso di metafore corporee del cliente
3. Definizione di obiettivi, con utilizzo di metafore e strumenti:
- piano di azione
4. Il colloquio per riformulare gli obiettivi + esercizi ipnotici:
- La bolla di appartenenza
- Il dialogo con l’inconscio
5. Il dialogo fra le parti
6. Il gioco di ruolo
7. Tecniche di ipnosi indiretta:
- la confusione
8. Tecniche ipnotiche per la progressione nel futuro desiderato
9. Tecniche ipnotiche per la regressione nel passato temuto
10. Colloqui di verifica e definizione di sedute di follow up

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 87


6. LA FASE DI VERIFICA E MANTENIMENTO

6.1 VERIFICA

Il coach che lavora in modo efficace sa che un percorso di coaching


dovrà attraversare un momento di verifica inevitabile. La fase di
verifica servirà a monitorare l’effettivo raggiungimento degli
obiettivi stabiliti all’inizio del percorso nel tempo precedentemente
concordato.
Verificare se si è raggiunto o meno un obiettivo è molto semplice,
perché il risultato sarà evidente al coachée se l’obiettivo scelto avrà
rispettato i criteri esposti nel paragrafo 3.1. E’ fondamentale infatti
che il coachée possa autonomamente trovare dei criteri di
monitoraggio del proprio percorso; gli indicatori di riuscita segnalati
nel progetto di azione servono a questo scopo.
Sarà fondamentale, quindi, riprendere in mano il progetto di azione
e, insieme al coachée, andare a vedere se sono state messe in atto le
azioni concrete indicate e nei tempi prestabiliti. Se tutto è stato
effettuato in modo corretto, gli indicatori di riuscita saranno stati
raggiunti.
Il monitoraggio del percorso di coaching, in realtà, è un elemento
trasversale al percorso stesso e può essere effettuato anche
semplicemente tramite contatti telefonici o via mail.

88 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


E’ indispensabile, tuttavia, prendersi il tempo per un incontro
individuale, dove poter “fare il punto della situazione” nel modo
precedentemente indicato.

6.2 MANTENIMENTO

I meccanismi di mantenimento del risultato sono essenziali per il


soggetto ai fini di favorire la prestazione di eccellenza, tuttavia
attualmente vi sono poche ricerche effettuate in merito. Possiamo
sintetizzare, però, che la persona che sa mantenere il risultato è
colei che ha sviluppato la capacità di cogliere i segnali deboli. Per
spiegare questa affermazione ci affidiamo nuovamente ad una
definizione presa a prestito dalla psicologia del lavoro, proveniente
dall’ottica giapponese della qualità totale.
Chi sa mantenere un risultato raggiunto è, secondo questa visione
del mondo, dotato del meccanismo mentale del Warusa-Kagen.

Warusa-Kagen: questa espressione giapponese fa riferimento a


cose che non rappresentano ancora dei problemi, ma che non sono
però del tutto in ordine. Se trascurate, potrebbero diventare dei
problemi seri. In altre parole sono dei segnali deboli. Il coachée deve
avere sviluppato la capacità di cogliere questi segnali deboli durante
il processo di coaching, diventando quindi il primo artefice del
mantenimento e del miglioramento dei risultati raggiunti.
In pratica, il soggetto deve essere in grado di monitorare
costantemente il suo livello di prestazione ed effettuare tutti quei
piccoli cambiamenti che gli permettano di ristabilire il suo equilibrio
originario.
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 89
Per semplificare utilizziamo l’esempio del pilota di un aereo. Egli per
mantenere costante la sua rotta deve continuamente effettuare
piccoli aggiustamenti in seguito alle perturbazioni causate da
variabili esterne. Se il pilota non fosse in grado di accorgersi di
queste piccole deviazioni di rotta (segnali deboli), esse andrebbero a
sommarsi fino a causare una vera e propria perdita di direzione
(problema), difficilmente recuperabile.
La persona che vuole monitorare il suo stato globale di attivazione
può porsi semplici domande di autovalutazione, per rendersi conto
se qualcosa si sta modificando ed eventualmente “correggere la
rotta”.
La motivazione che spinge un soggetto a monitorarsi costantemente
rispetto ai risultati raggiunti, mettendo in atto l’atteggiamento
mentale del warusa-kagen, pare risieda nel bisogno di
cambiamento.
Questo dato è l’unico risultato significativo emerso da una ricerca
scientifica condotta all’interno del Centro di Psicologia dello Sport
della Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie di Torino,
negli anni 2002-2004. Questa prima ricerca sul mantenimento del
cambiamento ha dato origine ad una serie di altri studi che si stanno
sviluppando, ma che non hanno ancora forniti dati scientificamente
significativi.
L’assenza di letteratura scientifica in merito al problema del
mantenimento e le difficoltà incontrate durante lo sviluppo di questa
ricerca, ci fanno comprendere come sia estremamente difficile
affrontare questa ultima fase del processo di coaching. Talmente
difficile, che la maggior parte dei professionisti la sottovalutano o la
saltano a priori.

90 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Non curare l’autonomizzazione del coachée e la sua capacità di
mantenimento è uno dei più grandi errori che il coach può
commettere, rischiando di vanificare tutto il percorso svolto
precedentemente.
6.3 CONCLUSIONI

Il modo migliore per concludere questo viaggio nel mondo del


coaching è farlo affidandosi all’esperienza di un coach professionista
che da anni lavora in questo settore a livelli di eccellenza.
Il dott. Alessandro De Vita Zublena, psicologo e coach che vive e
lavora a Losanna, in Svizzera, ci ha svelato alcuni segreti della sua
professione in un’intervista che riportiamo in questo capitolo. Il dott.
Zublena ha una formazione specialistica in PNL ma, come vedrete, il
suo modo di intendere e sviluppare la professione di coaching rientra
a pieno nella visione costruttivista proposta in questo manuale. La
sua attività professionale consiste per l’80% in rapporti di coaching
con direttori generali e manager di aziende multinazionali.

Che differenza c’è tra un coach, un consulente e un manager?


Sono fondamentalmente tre ruoli diversi. Il manager è colui che
traccia il lavoro dei suoi collaboratori, colui che detta la visione
comune, che definisce gli obiettivi e controlla che le tappe siano
effettuate nel modo corretto. Il manager è collocato all’interno
dell’azienda.
Il consulente viene richiesto all’interno di un’azienda per risolvere un
problema specifico: ad esempio, esistono consulenti in marketing, in
finanza, ecc. Il consulente offre la sua conoscenza e propone una
soluzione pratica per risolvere un problema.
BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 91
Il coach, invece, accompagna la persona e la aiuta a trovare le
risorse interiori necessarie per raggiungere l’obiettivo desiderato.

Quali sono le caratteristiche principali che Lei ricerca in un


coachée?
La caratteristica principale che va ricercata in un coachée al fine di
poter effettuare un percorso di coaching efficace è la voglia di
mettersi in gioco completamente. Il coachée deve voler raggiungere
un obiettivo, deve essere stanco della situazione attuale e voler
andare avanti, trovando soluzioni e comportamenti nuovi per
affrontare il problema.

Effettuata la prima fase di analisi come procede nel percorso di


ottimizzazione?
E’ importante, dopo aver fatto una foto di quello che il coachée prova
nel momento attuale e dopo aver definito dove vuole andare,
delineare degli indici di successo rispetto all’obiettivo ricercato. Gli
indici di successo sono le tappe necessarie al raggiungimento
dell’obiettivo e sono ciò che consentono al coachée di monitorare il
suo percorso. Gli indicatori di successo devono rispettare i criteri di
specificità, devono essere proposti in positivo e devono permettere
al cliente di sapere sempre dove si trova rispetto all’obiettivo e al
proprio percorso.

E poi come procede? Utilizza delle tecniche per permettere al


cliente di “fare il salto” verso l’obiettivo o lo stato desiderato?

92 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


La scelta della tecnica dipende dalla persona, ovviamente, e dal
problema che essa ci porta. Ad ogni problema c’è una tecnica
appropriata: esistono tecniche specifiche per le paure, per le
convinzioni limitanti, per recuperare le risorse inconsce e per
disvelare l’intenzione positiva.
La tecnica migliore è, tuttavia, quella del feedback che il cliente si
può dare durante il suo percorso di ottimizzazione.

Esiste una procedura migliore di un’altra per diventare un


coach?
E’ importante dire che il coach lavora sull’essere, non sull’avere e
non sul fare. Nel momento in cui il coach è il più congruente possibile
con sé stesso, il rapporto con il coachée acquista un valore aggiunto
inestimabile che rende efficace tutto il lavoro. Quindi la procedura
migliore per formarsi in questa professione è prevedere, oltre
all’acquisizione di conoscenze specifiche, un percorso di
supervisione personale.

Il coach deve mantenere uno stato mentale particolare nella


propria professione?
Il coach deve avere, innanzitutto, uno stato mentale neutro per
evitare di influenzare con i suoi filtri il coachée. Il coach accompagna
in terza posizione e non da consigli ma aiuta il coachée a darsi i
consigli giusti.

E possibile che un coach sia realmente efficace senza aver fatto


un lavoro su sé stesso?

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 93


Il lavoro personale è necessario in tutte quelle professioni che
lavorano sul cambiamento e sulla relazione con gli altri, come il
coaching o il counselling, ad esempio. Il lavoro su sé stessi è
necessario per comprendere quei comportamenti che possono
influenzare il cliente e non dargli l’opportunità di raggiungere gli
obiettivi desiderati.
Quali sono le caratteristiche psicologiche che deve avere un
coach “d’eccellenza”?
Il coach d’eccellenza si da innanzitutto la possibilità di scoprire nuovi
mondi e nuovi modi di fare. La curiosità e il porsi domande specifiche
a livello epistemologico sono fondamentali per elevare la propria
professionalità. Il coach d’eccellenza deve perseguire tutto ciò crea
la possibilità di arrivare ad una visione differente della stessa
situazione. Il coach d’eccellenza deve avere la voglia e il coraggio di
domandarsi: “cosa succederebbe se?”. E provare in questo modo a
scoprire una risposta nuova.

In un suo lavoro ha citato questa frase: “Il solo modo di far


diventare grandi le persone è vederle grandi”. Ce la può
spiegare?
Questa frase significa vedere le persone oltre il loro problema e
immaginarle come detentrici della soluzione e delle risorse
necessarie per raggiungere un obiettivo. Questo atteggiamento del
coach è fondamentale per instaurare una buona relazione con il
coachée.

Quali sono le richieste che Le vengono maggiormente rivolte dai


clienti?

94 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Le richieste più frequenti sono quelle che toccano il time
management. Sono frequenti le convinzioni errate circa la gestione
del tempo. Molte persone hanno delle credenze limitanti circa la loro
capacità di gestire efficacemente il lavoro, la famiglia, i collaboratori.
Queste convinzioni si basano sulla credenza di non avere le risorse
necessarie per gestire meglio il proprio tempo. Il coach sa che,
molte volte, dietro l’affermazione “Non ho tempo!” c’è l’abitudine nel
dirlo. Guidando le persone nel cambiare prospettiva, con meraviglia
ci si accorge (e loro stesse si accorgono) che hanno più tempo e
risorse di quelle che credevano di avere.

Un consiglio per i futuri coach?


Ci sono tre consigli fondamentali che mi sento di dare a tutti coloro
che vogliono intraprendere questo percorso professionale. Il primo è
sapere cosa si vuole fare e avere chiare gli obiettivi che si vogliono
raggiungere. Il secondo è avere almeno una strategia, un metodo,
che ci permetta di sapere come fare per raggiungere quegli obiettivi.
Il terzo è … Osare! Osare andare là dove le nostre convinzioni spesso
ci impediscono di andare. Lanciarsi in un mondo nuovo e in
un’avventura affascinante con la convinzione di avere dentro di noi
tutto il necessario per farcela.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 95


APPENDICE

9 Scheda di coaching

9 Scheda di autovalutazione

9 Coaching Mandala

9 Matrice dell’energia

9 Sindrome di Achille

9 Questionario di Autodescrizione dello Stile di Leadership

9 SWOT Analisi

9 Progetto di Azione

96 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 97
SCHEDA DI COACHING

DATA:
NOME:
OCCUPAZIONE:
INDIRIZZO ABITAZIONE
indirizzo preferito
INDIRIZZO UFFICIO
indirizzo preferito
GIORNO PER CHIAMARE:
RECAPITO SERALE:
FAX:
CELL:
E-MAIL:
DESIDERI QUALCHE TIPO DI RISERVATEZZA SUL NOSTRO PROGRAMMA
DI COACHING?
MODALITA DI COMUNICAZIONE PREFERITA:
DATA DI NASCITA:

98 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


PREFERENZE NELL’IMPOSTAZIONE DEGLI APPUNTAMENTI:
GIORNO
ORA
NOMI DI PERSONE IMPORTANTI NELLA TUA VITA (coniuge, partner, figli, amici, ect):

PER CONTATTI URGENTI:


ALTRE INFORMAZIONI CHE VUOI FORNIRMI:

COME SEI VENUTO A CONOSCENZA DEL SERVIZIO DI COACHING?

COSA TI HA SPINTO A PRENDERE LA DECISIONE DI LAVORARE CON UN


COACH?

HAI MAI LAVORATO CON UN COACH? PUOI DESCRIVERMI


L’ESPERIENZA?

HAI OBIETTIVI SPECIFICI DA AFFRONTARE NELLA RELAZIONE DI

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 99


COACHING? SE NO, QUALI OBIETTIVI PUOI CREARTI ORA?

QUALI SONO I TUOI IMPEGNI ATTUALMENTE PIU’ IMPORTANTI?

QUALE POTREBBE ESSERE IL TUO IDEALE STILE DI VITA?

QUALI SONO I TUOI SOGNI?

QUALI SOGNI VORRESTI REALIZZARE?

QUAL’E’ LA PARTE DELLA TUA VITA PIU’ SODDISFACENTE, AL


MOMENTO?
QUAL’E’ LA PARTE DELLA TUA VITA CHE TI SODDISFA DI MENO, AL

100 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


MOMENTO?

QUALI SONO I TUOI VALORI?

COSA TI IMPEDISCE DI AVERE LA VITA CHE DESIDERI?

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 101


SCHEDA AUTO-VALUTAZIONE

Esprimere la valutazione mediante un punteggio da 1 (minimo) a 10 (massimo).

Area Management Valutazione

Leadership
Capacità decisionale
Orientamento al Risultato
Sviluppo collaboratori
Visione del Business
Identificazione

Area di Struttura Intellettiva

Capacità di Analisi
Capacità di sintesi
Creatività/Innovatività
Resistenza Sforzo Mentale

Area di Personalità

Sicurezza/Fiducia in Sé
Iniziativa
Autonomia
Senso di responsabilità
Livello di Aspirazioni
Capacità di comunicazione

102 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


DEFINIZIONE COMPETENZE E CARATTERISTICHE: Glossario

AREA MANAGEMENT

LEADERSHIP
Capacità di assumere in modo positivo il ruolo di guida o di
aggregatore, all'interno di un gruppo.

CAPACITA' DECISIONALE
Capacità di affrontare situazioni incerte, prendendo
tempestivamente delle decisioni anche in assenza parziale di
direttive o di informazioni precise, assumendosene i rischi,
scegliendo tra alternative diverse ed arrivando a conclusioni logiche.

ORIENTAMENTO AL RISULTATO
Capacità di fissare e raggiungere gli obiettivi, individuando i criteri
migliori ed orientando l'attività individuale o di gruppo a parametri di
eccellenza.

SVILUPPO COLLABORATORI
Capacità di far crescere le competenze delle risorse, assegnando,
monitorando e valutando risultati e realizzando un’attività di
coaching, anche in funzione di uno sviluppo delle potenzialità umane.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 103


VISIONE DEL BUSINESS
E' la capacità di sviluppare l'immagine aziendale, di percepire e di
attuare le interazioni ed integrazioni dei propri obiettivi con quelli
aziendali e della propria funzione con il contesto aziendale.

IDENTIFICAZIONE
E' la capacità di muoversi nell'ambito di obiettivi comuni e di gruppo,
di condivisione delle strategie aziendali e di trasmissione delle
stesse, di ricerca e di attuazione di modalità e comportamenti
omogenei.

AREA STRUTTURA INTELLETTIVA

CAPACITA' DI ANALISI
Capacità di valutare i fatti significativi, di individuare e comparare gli
aspetti, le caratteristiche e le diversità e di ipotizzare scelte e
soluzioni anche alternative.

CAPACITA' DI SINTESI
Capacità di avere una visione completa e schematica del problema, di
evidenziare gli aspetti centrali, critici ed indispensabili, di cogliere le
connessioni con altri problemi e situazioni e di definirne le priorità, le
consequenzialità ed il risultato atteso.

104 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


CREATIVITA’/ INNOVATIVITA’
Saper sviluppare e implementare soluzioni non scontate e nuove,
dimostrando apertura a conoscere e analizzare la realtà da più e
diversi punti di vista.

RESISTENZA ALLO SFORZO MENTALE


Capacità di ricordare i contenuti, di concentrazione prolungata, di
canalizzazione delle energie e di mantenere una visione chiara di ciò
che deve essere fatto, anche in presenza di situazioni nuove,
ostacolanti o dispersive.

AREA DI PERSONALITA'

SICUREZZA/FIDUCIA IN SE'
Fiducia nelle proprie capacità, dominio dell'incertezza nelle situazioni
nuove e capacità di utilizzare l’esperienza consolidata per affrontare
la realtà e le persone e per sopperire ad eventuali carenze nella
struttura intellettiva.

INIZIATIVA
Capacità di ricercare e perseguire obiettivi concreti e duraturi,
percorrendo anche vie non consuete e superando difficoltà.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 105


AUTONOMIA
Capacità di organizzare autonomamente le proprie energie, di
stabilire le priorità e di programmare al fine di raggiungere i propri
obiettivi o superare gli ostacoli.

SENSO DI RESPONSABILITA'
Capacità di rispondere delle proprie scelte ed azioni, di motivarle, di
assicurare la coerenza e di garantire i risultati attesi o richiesti.

LIVELLO DI ASPIRAZIONI
Capacità di porsi nuovi traguardi, anche ambiziosi ma coerenti con le
proprie capacità e caratteristiche, di dare un valore aggiunto alle
azioni ed ai risultati, di arricchire le proprie conoscenze ed
esperienze, di cimentarsi in nuove tematiche e responsabilità e di
orientare a tale fine le proprie azioni anche in ambito aziendale.

CAPACITA' DI COMUNICAZIONE
Capacità di esprimere con chiarezza idee e pareri, indicazioni e
decisioni, di trasmettere con convincimento il proprio pensiero, di
ascoltare, percepire e richiedere i messaggi di ritorno.

106 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


COACHING MANDALA

CARRIERA
AFFARI
AMBIENTE
FISICO

FAMIGLIA
SVILUPPO
AMICI
PERSONALE
SPIRITUALE

valori

DIVERTIMENTO FINANZE

SALUTE INTIMITA’

Il grafico rappresenta i tuoi valori essenziali – ogni area è correlata


a una vita ideale. Dai un punteggio (1-10) e evidenzia o colora lo
spazio corrispondente. Coaching Mandala è un modo di valutare il
livello di soddisfazione di vita in ogni area. Puoi valutare
numericamente il miglioramento desiderato o puoi usarlo per avere
una discussione sulla distanza tra quello che sei ora e quello che
vorresti essere.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 107


LA MATRICE DELL’ENERGIA

COSA TI TOGLIE ENERGIA?

LAVORO VITA PRIVATA

1. 1.
2. 2.
3. 3.
4. 4.
5. 5.

COSA TI DA’ ENERGIA?

LAVORO VITA PRIVATA

1. 1.
2. 2.
3. 3.
4. 4.
5. 5.

108 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


SINDROME DI ACHILLE

1. Percepisci una differenza tra le capacità che ti sono riconosciute


dall’esterno e la tua sensazione di adeguatezza interna?

2. Percepisci ansia generalizzata e immotivata prima di affrontare


un compito?

3. C’è un esaurimento fisico o stanchezza immotivata dopo aver


eseguito il compito?

4. Sperimenti sollievo anziché soddisfazione dopo lo svolgimento


del compito?

5. Percepisci incapacità di portare in altri ambiti le sensazioni


positive di un successo ottenuto?

6. Vivi una sensazione di paura conscia o inconscia di venire


scoperti o umiliati?

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 109


7. hai la necessità di comunicare ad altri ciò che provi ma
contemporaneamente hai paura di venire giudicato deboli con
conseguente sensazione di solitudine e sconforto?

APPROFONDIMENTO

1. Che cosa temi di più che i tuoi colleghi scoprano come una tua
incapacità?
2. Quali sono i passaggi evolutivi che ti hanno portato alla tua falsa
invulnerabilità?
3. Qual è stato l’episodio in cui ti sei vergognato di più?
4. Che concezione hai di “vergogna”?
5. Qual è stata la critica più difficile da accettare e da chi l’hai
ricevuta?

110 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Lo scopo del presente questionario è quello di fornirti elementi utili
per una maggiore consapevolezza rispetto al tuo stile di Leadership.
Il questionario è composto da 36 coppie di affermazioni che
descrivono il lavoro in rapporto ai tuoi collaboratori. Leggi entrambe
le possibilità (a o b) e decidi quale delle due si avvicina
maggiormente al tuo abituale comportamento o modo di pensare.

Non ci sono risposte giuste o sbagliate ma stili di comportamento più


o meno predominanti.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 111


1A Ritengo che, una volta individuati gli obiettivi, ogni individuo
debba avere una motivazione personale per raggiungerli
1B Affido ai miei collaboratori delle responsabilità, ma gliele nego
se le prestazioni non sono sufficienti

2A Invito i miei collaboratori a concentrarsi sulla propria


prestazione piuttosto che preoccuparsi di quella degli altri
2B Penso che uno stretto controllo non sia necessario se i
collaboratori hanno partecipato alle discussioni relative a come
organizzare un lavoro

3A Fisso livelli di prestazione molto elevati e non ho simpatia per i


collaboratori con prestazioni scarse
3B Quando una proposta di un collaboratore non è sufficientemente
valida gli suggerisco di riflettere di nuovo sul problema e di
individuare un’altra decisione

4A Credo che i diritti e le opinioni dei collaboratori siano più


importanti della realizzazione del lavoro in sé
4B Valorizzo il lavoro ben fatto e ritengo che non si debba punire
troppo spesso le prestazioni più scarse

5A Preferisco suggerire metodi d’azione alternativi piuttosto che

112 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


dire come mi sarei comportato di fronte ad un problema
5B Ritengo che i collaboratori debbano essere capaci di risolvere
da soli le proprie difficoltà

6A Quando i miei collaboratori suggeriscono alternative riesco a


scegliere rapidamente quale scegliere
6B Quando un collaboratore si trova in disaccordo con me spiego
con cura il motivo per cui voglio che il lavoro venga svolto in un
determinato modo

7A Credo che i rimproveri provochino più danni che benefici


7B Credo che un rapporto di fiducia con i propri collaboratori sia
indicativo della propria leadership

8A Valorizzo il lavoro ben fatto e ritengo che non si debbano punire


troppo spesso le prestazioni più modeste
8B Se un collaboratore non raggiunge il livello di prestazione
richiesto, gli spiego in modo calmo ma deciso le ragioni

9A Mi aspetto che i collaboratori portino avanti gli impegni presi


9B Ritengo che i collaboratori debbano essere in grado di risolvere
da soli le difficoltà del lavoro

10A Quando prendo una decisione cerco di convincere i

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 113


collaboratori coinvolti ad accettarla
10B Penso che le decisioni organizzative debbano riflettere le idee
dei collaboratori coinvolti

11A Penso che le persone sviluppino meglio le proprie capacità se


viene data loro la possibilità di partecipare
11B Ritengo che, una volta individuati gli obiettivi, ogni individuo
dovrebbe possedere sufficiente motivazione personale per
raggiungerli

12A Quando un collaboratore non rispetta gli impegni, gli spiego con
precisione quali errori ha commesso
12B Penso che una stretta supervisione non sia necessaria se i
collaboratori hanno partecipato alle discussioni relative
all’organizzazione del lavoro

13A Ritengo che una rigida disciplina sia importante per la


realizzazione del lavoro
13B Insisto perché i collaboratori riferiscano in modo dettagliato
sulle loro attività

14A Penso che un capo democratico ottenga di più di uno che non lo
è
14B Credo che i collaboratori debbano essere in grado di far fronte

114 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


ad eventuali ostacoli da soli senza scoraggiarsi

15A Credo che sia compito del capo motivare i propri collaboratori
attraverso commenti sulle loro prestazioni
15B Cerco di ottenere prestazioni elevate ed incoraggio i
collaboratori in questo senso

16A Incoraggio i collaboratori a consigliarsi l’uno con l’altro quando


hanno bisogno d’aiuto
16B Penso che le persone sviluppino meglio le proprie capacità se si
offre loro l’opportunità di partecipare alle decisioni

17A Quando una proposta di un collaboratore non è


sufficientemente valida gli suggerisco di riflettere di nuovo sul
problema e di individuare un’altra decisione
17B Do spesso indicazioni sotto forma di suggerimenti, facendo
però in modo che i miei desideri vengano percepiti chiaramente

18A Credo che la sicurezza del lavoro e la presenza di premi siano


elementi importanti per la soddisfazione dei collaboratori
18B Quando una proposta di un collaboratore non è
sufficientemente valida gli suggerisco di riflettere di nuovo sul
problema e di individuare un’altra decisione

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 115


19A Adotterei mezzi come il richiamo o il
trasferimento/licenziamento di un collaboratore se a lungo
andare si rivelasse difficile collaborare con lui
19B Cerco di scoraggiare le discussioni che possono generare
conflittualità tra i miei collaboratori

20A Penso che una stretta supervisione non sia necessaria se i


collaboratori hanno partecipato alle discussioni relative
all’organizzazione del lavoro
20B Mi aspetto dai collaboratori che siano in grado di portare avanti
le decisioni che ho preso

21A Mi interessa di più che i collaboratori seguano il mio esempio


che stabilire con loro un rapporto personale stretto
21B Credo che i diritti e le opinioni dei collaboratori siano più
importanti della realizzazione del lavoro in sé

22A Dedico maggiore attenzione al miglioramento della prestazione


dei collaboratori che al raggiungimento delle prestazioni
prefissate
22B Cerco di scoraggiare le discussioni che possono generare
conflitti tra i collaboratori

23A Credo che i collaboratori debbano essere in grado di far fronte

116 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


ad eventuali ostacoli da soli senza scoraggiarsi
23B Quando prendo una decisione cerco di convincere i miei
collaboratori ad accettarla

24A Quando un collaboratore si trova in disaccordo con me, spiego


con cura il motivo per cui voglio che il lavoro sia svolto in quel
determinato modo
24B Penso che i rimproveri provochino più danni che benefici

25A Cerco di ottenere elevate prestazioni ed incoraggio i


collaboratori in questo
25B Ritengo che la disciplina all’interno dell’azienda sia un fattore
importante per la realizzazione di un compito

26A Cerco di scoraggiare le discussioni che possono generare


conflittualità tra i collaboratori
26B Mi aspetto che i collaboratori si attengano fedelmente alle mie
indicazioni

27A Penso che un rapporto di fiducia reciproca con i collaboratori


sia indicativo di una valida leadership
27B Quando i collaboratori mi suggeriscono alternative riesco a
scegliere rapidamente quella che preferisco

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 117


28A Se un collaboratore non raggiunge il livello di prestazione
richiesto, gli spiego in modo calmo ma deciso i motivi
28B Mi interessa di più che i collaboratori seguano il mio esempio
piuttosto che stabilire un rapporto personale stretto con loro

29A Mi aspetto che i collaboratori si attengano fedelmente alle mie


indicazioni
29B Do spesso ordini sotto forma di suggerimenti facendo però in
modo che i miei desideri vengano recepiti chiaramente

30A Assegno responsabilità ai miei collaboratori ma gliele nego se


le prestazioni non sono sufficienti
30B Incoraggio i collaboratori a consigliarsi a vicenda quando
hanno bisogno di aiuto

31A Ritengo che i collaboratori debbano essere in grado di risolvere


da soli le proprie difficoltà
31B Quando richiamo un collaboratore gli spiego con precisione
quale errore ha commesso

32A Mi fido più del consenso che ho nel gruppo dei collaboratori che
del controllo/supervisione diretta su di esso
32B Preferisco suggerire azioni alternative piuttosto che dire come
mi sarei comportato io in quella situazione

118 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


33A Tento di ridurre eventuali resistenze alla mie decisioni
indicando ai collaboratori in che modo possono trarre beneficio
da esse
33B Dedico più attenzione al miglioramento delle prestazioni dei
collaboratori che al raggiungimento di prestazioni definite

34A Do spesso indicazioni sotto forma di suggerimenti facendo però


in modo che i miei desideri vengano recepiti chiaramente
34B Adotterei mezzi come il richiamo o il
trasferimento/licenziamento di un collaboratore se a lungo
andare si rivelasse difficile collaborare con lui

35A Insisto affinché i collaboratori riferiscano dettagliatamente


sulle loro attività
35B Cerco di ottenere prestazioni elevate ed incoraggio i
collaboratori a raggiungere questo obiettivo

36A Penso che le decisioni prese debbano riflettere i desideri dei


miei collaboratori
36B Credo che un capo democratico ottenga di più di uno che non lo
è

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 119


120 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI
Tabella per la raccolta dei punteggi assoluti

Coaching
Direttivo Autorevole Affiliativo Partecipativo Battistrada
1A 1B
2B 2A
3A 3B
4A 4B
5B 5A
6A 6B
7A 7B
8B 8A
9° 9B
10A 10B
11A 11B
12° 12B
13A 13B
14A 14B
15A 15B
16° 16B
17B 17A
18A 18B
19° 19B

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 121


20B 20A
21B 21A
22B 22A
23B 23A
24A 24B
25B 25A
26B 26A
27B 27A
28A 28B
29° 29B
30B 30A
31B 31A
32A 32B
33A 33B
34B 34A
35° 35B
36B 36A

TOT TOT TOT TOT TOT


Tot

122 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Punteggi in valore assoluto

Percentili 100 10_ 9_ 11_ 11_


11_ 8_ 10_ 9_
9_ 11_
10_ 7_ 8_

9_
90 8_ 7_
6_

10_
9_ 8_
80
7_ 6_

5_
70

8_
60 6_ 7_ 9_
4_ 5_

50

7_ 6_

40 4_
5_ 8_

3_
30
6_

5_

20 4_ 3_ 7_

5_ 2_
4_
10 3_
2_ 6_

4_
3_ 1_ 3_ 5_
2_ 2_ 1_ 3_
0
D A A P B C
I U F A A O
R T F R T A

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 123


LO STILE DIRETTIVO

Comportamenti del responsabile:

9 Dà direttive chiare
9 Ascolta poco
9 Non sollecita i contributi dei collaboratori
9 Si aspetta un’obbedienza immediata
9 Controlla “fiscalmente” ed esige resoconti dettagliati
9 Utilizza prevalentemente feedback negativi e personali
9 Motiva a chi non aderisce alle sue direttive le conseguenze
negative

Quando è efficace:

9 Compiti relativamente semplici


9 Situazioni d’emergenza e crisi (quando i collaboratori hanno
bisogno di indicazioni precise ed il capo possiede informazioni
che essi non hanno)
9 Il mancato rispetto delle direttive può produrre conseguenze
gravi (es. problemi di sicurezza)
9 Con collaboratori critici (quando le altre alternative non hanno
avuto esito positivo)

124 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Quando è inefficace:

9 Più il compito è complesso più questo stile è inefficace e


provoca “rivolte”
9 Nel lungo periodo perché i collaboratori non vengono
valorizzati
9 Con collaboratori molto motivati che sarebbero in grado di
gestire il proprio lavoro
9 Con collaboratori che devono prendere iniziative o svolgere un
ruolo innovativo

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 125


LO STILE AUTOREVOLE

Comportamenti del responsabile:

9 Definisce direttive precise per l’organizzazione e chiare, con


tatto, ma senza lasciare dubbi su chi prende le decisioni
9 Richiede il punto di vista dei collaboratori sul modo di
raggiungere gli obiettivi ed ascolta le idee degli altri
9 Vede la “vendita” delle sue direttive come parte del proprio
ruolo
9 Convince spiegando le ragioni delle sue direttive ed
evidenziando i benefici di lungo periodo
9 Stabilisce standard e criteri di misura per controllare le
prestazioni in relazione ad una visione strategica più generale
9 Utilizza in uguale misura sia il feedback positivo che quello
negativo

Quando è efficace:

9 Nei periodi di cambiamento (quando c’è bisogno di una nuova


visione di standard ed orientamenti chiari)
9 Se il capo è percepito come “esperto”
9 In organizzazioni complesse o di ampie dimensioni

126 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


9 Con collaboratori neo inseriti che hanno bisogno di essere
guidati ed orientati

Quando è inefficace:

9 Se il capo è percepito come poco credibile


9 Se il collaboratore ha molta esperienza e talento
9 In situazioni in cui è necessario promuovere una squadra
autogestita e processi decisionali partecipativi
9 Per sviluppare professionalmente i propri collaboratori

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 127


LO STILE AFFILIATIVO

Comportamenti del responsabile:

9 Particolarmente attento alla popolarità personale


9 Promuove relazioni amichevoli tra i collaboratori
9 Non dà molta enfasi a direttive, obiettivi e standard
9 E’ attento alle persone ed al loro benessere: dà la sicurezza
del posto di lavoro; è favorevole ai premi; favorisce rapporti di
lavoro flessibili
9 Evita i richiami e le discussioni sulle prestazioni
9 Ricompensa sia le prestazioni che le caratteristiche personali
9 Viene a volte accusato di favoritismi e di eccessiva tolleranza

Quando è efficace:

9 Se alternato ad altri stili


9 Se i compiti sono routinari e le prestazioni dei collaboratori
adeguate
9 Per fornire supporto personale e counselling
9 Per integrare persone o gruppi in conflitto

128 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Quando è inefficace:

9 Se le prestazioni del collaboratore è inadeguata e sono


necessari feedback correttivi per migliorare il comportamento
9 In situazioni complesse e critiche che necessitano di controllo
e direttive chiare
9 Con collaboratori molto orientati agli obiettivi ed al compito,
poco interessati ad intrattenere rapporti di amicizia con i
propri capi

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 129


LO STILE PARTECIPATIVO

Comportamenti del responsabile:

9 Ha fiducia nella capacità di autogestione dei collaboratori


9 Sollecita i collaboratori a partecipare alle decisioni che
influenzano direttamente il loro lavoro
9 Decide sulla base del consenso
9 Tiene molte riunioni ed organizza momenti di scambio
9 Ascolta i problemi dei collaboratori
9 Ricompensa le prestazioni adeguate e dà raramente feedback
negativi

Quando è efficace:

9 Con collaboratori competenti


9 Se è necessario coordinare i collaboratori
9 Se il capo non ha ben chiaro quale sia la miglior decisione da
prendere ed ha collaboratori competenti che possono aiutarlo
9 Se è necessario stimolare il lavoro di gruppo e portare il
gruppo ad impegnarsi nel raggiungimento degli obiettivi
Quando è inefficace:

130 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


9 In situazioni di crisi (non c’è tempo per fare le riunioni)
9 Con collaboratori che mancano di informazioni cruciali
9 Con collaboratori che hanno bisogno di una stretta
supervisione

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 131


LO STILE BATTISTRADA

Comportamenti del responsabile:

9 Guida attraverso il proprio esempio


9 E’ un “lupo solitario”: fornisce poco supporto e scarse
indicazioni
9 Ha standard molto elevati
9 Si aspetta che i collaboratori comprendano le ragioni dei
comportamenti richiesti e delle strategie da seguire
9 Non delega se non è più che sicuro che il compito verrà
eseguito secondo i suoi standard (ritiene, in genere, di poter
fare meglio dei propri collaboratori)
9 Toglie responsabilità ed è severo con i collaboratori se questi
non hanno prestazioni elevate
9 Se i collaboratori sono in difficoltà e richiedono il suo aiuto,
interviene in prima persona per salvare la situazione oppure
dà istruzioni dettagliatissime su come risolverla (non
favorisce lo sviluppo delle persone)
9 Cerca il coordinamento con gli altri solo se è strettamente
necessario per lo svolgimento del compito
9 Può accumulare molto stress perché tende ad accollarsi molto
del lavoro dei propri collaboratori

132 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Quando è efficace:

9 Con collaboratori molto motivati e competenti che hanno


bisogno di poco coordinamento e direzione
9 Per ottenere risultati in breve tempo
9 Per sviluppare collaboratori molto simili al capo
9 Con collaboratori che sono “contributori individuali”

Quando è inefficace:

9 Se il capo non può fare tutto da solo e deve delegare (es. nei
momenti di crescita dell’organizzazione)
9 Se i collaboratori hanno bisogno di essere diretti, sviluppati e
coordinati

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 133


LO STILE COACHING

Comportamenti del responsabile:

9 Aiuta i collaboratori ad identificare i propri punti di forza e


quelli di miglioramento
9 Incoraggia i collaboratori a stabilire obiettivi di sviluppo nel
lungo periodo
9 Aiuta i collaboratori a sviluppare strategie di pensiero che li
portano ad essere più sicuri di se stessi e più autonomi
9 Fornisce suggerimenti ed istruzioni usando spesso il feedback
9 Può anche rinunciare ad ottenere alte prestazioni
nell’immediato a favore di obiettivi di crescita professionale a
lungo termine dei propri collaboratori

Quando è efficace:

9 Se i collaboratori percepiscono la discrepanza tra il loro livello


di prestazione attuale e quello che vorrebbero raggiungere
9 Con collaboratori orientati all’iniziativa, all’innovazione ed allo
sviluppo personale

134 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Quando è inefficace:

9 Se il capo ha carenze di competenza


9 Se i collaboratori richiedono maggiori direttive e feedback
9 In periodi di crisi

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 135


S.W.O.T ANALISI

STRENGTHNESSES OPPORTUNITIES
(PUNTI DI FORZA) (OPPORTUNITA’)

WEAKNESSES TRAPS
(AREA DI MIGLIORAMENTO) (MINACCE)

136 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


PROGETTO D’AZIONE

Prova a stabilire cosa fare in concreto, per migliorare


personalmente

1. obiettivo
Obiettivo di sviluppo Azioni concrete Da realizzarsi entro:

1.

2.
Indicatori di riuscita
(come faccio a sapere se ho raggiunto
l’obiettivo)
3.

4.

Persona da coinvolgere e perché

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 137


2. obiettivo

Obiettivo di sviluppo Azioni concrete Da realizzarsi entro:

1.

2.

Indicatori di riuscita
(come faccio a sapere se ho raggiunto 3.
l’obiettivo)

4.

Persona da coinvolgere e perché

138 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


BIBLIOGRAFIA

ƒ Berne E., Ciao!…E poi?, Bompiani, Milano, 1979


ƒ Blanchard K, Johnson S, L’one minute manager. Più
produttività, più profitti, più benessere, Sperling e Kupfer
Editori, Milano 1983
ƒ Blanchard K, Oncken W, Burrow H, L’one minute manager
insegna a delegare, Sperling e Kupfer Editori, Milano 1990
ƒ Bounous G., Chisotti M., Sacchettino P, Vercelli G., Manuale di
Counselling in Ipnosi Costruttivista, Anima Edizioni, Milano,
2006
ƒ Bounous G., Tirone C., Quaderni di psicologia generale,
Centro Stampa SUISM, E.di.SU, Torino 2006
ƒ Cameron-Bandler Leslie, Gordon David, Lebeau Michael, The
Emprint Method – A Guide to Reproducing Competence,
FuturePace Inc., San Rafael California, 1985
ƒ Cudicio, Catherine, Comprendre la PNL, Les Editions
d’organisation, Paris, 1986
ƒ Dilts, Robert, Applications of Neuro-Linguistic Programming,
Meta Publications, Cupertino California, 1983
ƒ Goleman D., Intelligenza Emotiva, Rizzoli, Milano 1996
ƒ Goleman D., Intelligenza emotiva; che cos’è, perché può
renderci felici, Rizzoli, Milano1996
ƒ Granone F, Trattato di Ipnosi, VI edizione, Torino, Utet, 1989
ƒ Laborde, Genie Z., Influencing with Integrity – Management
Skills For Communication and Negotiation, Syntony
Publishing, Palo Alto California, 1983, 1987

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 139


ƒ Lankton, Steve, Practical Magic – A Translation of Basic
Neurolinguistic Programming into Clinical Psychotherapy,
Meta Publications, Cupertino California, 1980 (trad it.: Magia
pratica – Le basi della Programmazione Neurolinguistica nel
linguaggio della psicoterapia clinica, Astrolabio, Roma, 1989),
pp. 55 - 59
ƒ Rondi, Rossella, Il pollo nell’uovo - I presupposti e il
cambiamento nell’ipnosi costruttivista”, Torino, 2004,
ƒ Vercelli G., Vincere con la mente, Ponte alle Grazie, Milano
2006
ƒ Vercelli G.., Quaderni di Psicologia del lavoro, Torino, Centro
Stampa SUISM, E.di.Su, Torino, 2005
ƒ Vercelli G, Bounous G, Ghiande dello stesso ramo. Trentatrè
induzioni ipnotiche per l’attivazione delle risorse
dell’inconscio, Edizioni Cortina Libri, Torino 2004
ƒ Vercelli G., Bounous G., Manuale di Psicologia dello Sport,
Torino, Centro Stampa SUISM, E.di.Su, Torino 2005
ƒ Vercelli G, Marcaccioli U, Giroldini W, “Valutazione
dell’efficacia di un comando/segnale post-ipnotico mediante
monitoraggio EEG”, Rivista Italiana di Ipnosi e Psicoterapia
Ipnotica, anno 23, n.1, pag.24-29, 2003
ƒ Weiss B, Messaggi dai Maestri, Mondatori, Milano, 2000
ƒ Weiss B, Molte vite, un solo amore, Mondatori, Milano, 1996

140 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI


Siti internet di riferimento

ƒ www.aerf.it
ƒ www.psyco.com
ƒ www.ipnosicostruttivista.com
ƒ www.psycosport.com
ƒ www.ipnosport.com

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 141


RINGRAZIAMENTI

La stesura di questo manuale è stata possibile grazie alla


collaborazione dei nostri corsisti che, con ottimi lavori di tesi, ci
hanno permesso di ampliare la nostra visione rispetto ad alcune
aree specifiche di intervento nella pratica del coaching. E’ stata
inoltre possibile con il confronto diretto e il lavoro costante con
colleghi che sanno arricchire ogni giorno il nostro lavoro con i loro
insegnamenti.

Hanno collaborato direttamente alla realizzazione di questa


pubblicazione i seguenti professionisti:

Rossella Rondi: pedagogista, counsellor e coach ad indirizzo


ipnotico costruttivista, diplome di psychoterapeute analtiyque presso
Università Jean Monnet di Bruxelles, master in PNL. Pluriennale
esperienza nell’insegnamento, nel coaching aziendale e nello sviluppo
organizzativo. Dal 1996 lavora come libero professionista e dal 2000
prevalentemente a livello individuale o familiare.

Alessandro De Vita Zublena: Psicologo, Master in Counselling


psicologico, Maître praticien in Programmazione Neuro-Linguistica.
Coach professionista, Interviene in aziende locali e multinazionali con
il Business Coaching per Quadri, Manager e Dirigenti.

Un riconoscimento va ai nostri colleghi Ennio Martignago, Fabio


Rondò, Mauro Berruto, Pier Paolo Peretti, Marco Marchi, tutti gli
atleti del Centro di Psicologia dello Sport che, con i loro contributi, ci
142 BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI
hanno permesso di crescere professionalmente, oltre che
personalmente.

Un pensiero ai nostri maestri, conosciuti o meno che ci hanno


permesso di arrivare fino a qua.

Grazie ad Alessandra Giurranna ed Alessandro Simili che hanno


avuto la pazienza di leggere e correggere i nostri testi.

Ringraziamo inoltre tutte le persone che ci hanno accompagnato in


questi anni e che non sono state direttamente citate ma hanno
lasciato un segno importante nella storia della nostra scuola.

BOUNOUS – CHISOTTI – SACCHETTINO - VERCELLI 143

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