Sei sulla pagina 1di 14

Didattica inclusiva nella scuola primaria LIBRO AZZURRO

Capitolo 1

È da 40 anni che il sistema italiano scolastico promuove l’integrazione scolastica e garantisce agli allievi con
disabilità il diritto all’educazione e all’istruzione. Nel 1948 sono state promulgate le leggi a favore
dell'uguaglianza e del diritto all'educazione (articolo 3 e 38). Nel 1994 l’UNESCO ha definito l'educazione
inclusiva come un processo di accoglienza, da parte delle scuole, di tutti i bambini, Indipendentemente
dalle loro condizioni fisiche, intellettuali, sociali, emotive, linguistiche o altre. Oggi la scuola italiana vive una
situazione di inclusione, prima di essa si sono susseguite altre due fasi: inserimento e integrazione ( per poi
giungere all'inclusione). La maggiore sfida per la scuola e quella di valorizzare e promuovere le differenze
individuali e rispondere ai bisogni educativi speciali.

• Prima metà degli anni ’70: inserimento, è la fase nella quale a partire dalle azioni promosse dagli stessi
insegnanti, si è superata l’esperienza delle scuole speciali e delle classi differenziali. La voce autorevole di
questa svolta epocale è il neuropsichiatra infantile Giovanni Bollea; Le parole chiave sono accoglienza e
socializzazione, all’insegna di una progressiva partecipazione dell’allievo con disabilità. Di particolare rilievo
è la relazione conclusiva della commissione Falcucci, che prelude la legge 517/77, che concepisce il
superamento di qualsiasi forma di emarginazione dei portatori di handicap.

• Seconda metà degli anni ’70: integrazione, e la fase che porta la presenza degli allievi disabili nella scuola
comune. Viene data attuazione alla legge 517/77, vengono chiuse le strutture speciali e viene trasformato il
modo di pensare la scuola e di fare didattica, le parole chiave di questa fase sono partecipazione
apprendimento. La trasformazione è stata lenta e complessa e vi sono stati alcuni eventi scientifici e
culturali che hanno avviato il processo trasformativo ( dichiarazione di salamanca, nascita della
consapevolezza del proprio essere disabile, nuovi paradigmi interpretativi della vita sociale della Giustizia
dell’equità e della disabilità, emanazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilità). Sono stati tre fattori a far passare dall’ integrazione all’inclusione:

- La problematizzazione del concetto disabilità, non più come presenza di deficit o menomazione ma
concepita come l’esito di un certo funzionamento della società
- L’apertura all’analisi critica del concetto di integrazione, senza mettere in discussione la struttura
tradizionale disporre di supporti e sostegni stanzialmente assistenziali stici per i disabili
- Un’attenzione al lessico con cui si riferisce alla durabilità (come la si definisce)

• Dal 2000 ad oggi: inclusione, va intesa come un diritto, una modalità esistenziale, un imperativo etico,
Sulla base del quale si viene a prospettare un cambiamento nell’attuale sistema educativo italiano.
L’educazione inclusiva non ha solo a che vedere con gli alunni “inclusi” Ma mira a rendere inclusivi i contesti
scolastici. L'inclusione deve rappresentare un cambiamento sistemico, finalizzato a rimuovere tutte le
barriere che escludono o discriminano ciò che viene considerato diverso. Le parole chiave sono: barriere
alla partecipazione alla apprendimento, comunità, emancipazione, cittadinanza.

L’orientamento inclusivo ha origine nel 1978,data del Rapporto Warnock che introdusse la nozione BES (
bisogni educativi speciali); è un documento rivoluzionario poiché sollecita un approccio inclusivo in termini
di riprogettazione dei curricula, delle organizzazioni e di attenzione ai bisogni emotivi degli allievi e
necessita di specifica formazione per gli insegnanti. Il concetto di bisogno educativo speciale si è
trasformato nel tempo con la volontà di porre un’attenzione specifica non tanto è solo alle disabilità, Ma la
complessità dei bisogni individuali. I bambini Bes necessitano di risposte adeguate ai bisogni fisici, biologici,
psicologici, sociali da parte della scuola. Insegnanti sono chiamati affrontare un nuovo, complesso e
impegnativo fattori cambiamento chiamato inclusione; l'educazione inclusiva propone un approccio al
insegnare diverso che offre ricche e specifiche opportunità di apprendimento per tutti, a partire dalle
differenze individuali come un dato di fatto e non casi eccezionali da risolvere. Si tratta quindi non di porre
l’attenzione sul bambino con le sue difficoltà, diversità, disabilità, ma modificare i contesti affinché questi
diventino inclusivi accessibili per tutti

La conferenza mondiale di Salamanca ha originato un effetto domino, da cui i concetti di educazione


inclusiva e di bisogno educativo speciale hanno cominciato a espandersi capillarmente in tutto il mondo.

Sono molti documenti che si occupano del ruolo cruciale che può avere un’educazione di tutti: carta di
lussemburgo, la convenzione ONU sui diritti delle persone disabili, le linee guida politiche sull’educazione
inclusiva. Anche gli insegnanti sono chiamati ad affrontare un complesso e impegnativo fatto il
cambiamento chiamato inclusione, in quanto l’educazione inclusiva propone docenti un approccio al
insegnare diverso che offre ricca e specifiche opportunità di apprendimento per tutti: promuovere
l’inclusione Non significa porre l’attenzione sul bambino con le difficoltà ma modificare i contesti affinché
questi diventino inclusivi e accessibili per tutti.

Educazione inclusiva = concetto poliedrico : sono diversi i piani di azione sul contesto e diversi sono gli
attori protagonisti di azione di cambiamento. L’inclusione È un processo dinamico che comprende più livelli
di diverso grado di responsabilità

Livelli:

1) Le politiche istituzionali: aggregati politici, sociali e istituzioni internazionali; sono capaci di creare e
influenzare le politiche educative internazionali e nazionali attraverso leggi, regolamenti e linee
guida
2) Le politiche e pratiche scolastiche: la scuola, gli enti territoriali, i servizi e le famiglie; la scuola in
questo contesto a duplice ruolo -> attuativo: si concretizzano le pratiche inclusive locali,
internazionali e nazionali; propositivo: Si attuano, Si alimentano, si diffondono E si valorizzano le
politiche e le pratiche inclusive a livello di istituto in rete
3) Le pratiche didattiche (la classe) : coinvolge allievi insegnanti nella realizzazione dell’inclusione,
anche il ruolo delle famiglie è decisivo è strategico, ma il ruolo dell’insegnante è di protagonista

Le scuole che hanno come obiettivo l’inclusività investono su risorse umane, finanziarie, sull’accessibilità
degli spazi e degli strumenti, a questo proposito si è sviluppato Universal design for learning (noto come
UDL) che ha come obiettivo di rendere gli ambienti e gli strumenti arrivando poi al concetto di accessibilità
degli apprendimenti e dei curricula formativi. La progettazione dell’organizzazione dei curricola flessibili
viene strutturata in modo tale da valorizzare e tenere conto delle diversità individuali. Anche parlando di
allievi ci si può riferire a livelli (chi si annoia, chi è molto preparato, chi è avanti, ci rimane indietro) Questo
significa che la didattica è un insegnamento multilivello e che alcuni adattamenti modifiche dovranno
essere fatte per tener conto delle differenze dei bisogni individuali.

Capitolo 2

Definizione: inclusione è un processo di trasformazione del sistema formativo, scolastico e non, finalizzata
a rimuovere tutte le barriere gli ostacoli che determinano forme di esclusione. È un'impresa colletiva
condivisa. Erri de luca afferma due non è il doppio di uno ma il suo contrario, ciò vuol dire non privare
l'unicità dell'uno non privandola della possibilità di accrescere.

L’inclusione non è un prodotto ma un processo che coinvolge tutti e che mira a trasformare i sistemi
educativi per far si che si sviluppi al massimo il potenziale di tutti, per far si che ciò si avveri bisogna
praticarla.

Realtà scolastica: Piano annuale per l'inclusività (Miur)

Chiede ad ogni scuola:


- Quanti alunni bes ci sono nell'istituto
- Cosa viene fatto per risolvere i problemi di questi studenti

Emergono implicazioni da queste richieste:

- Il Bisogno Educativi speciale è rivolto ancora al singolo soggetto


- Tale bisogno/difficoltà viene ricondotta ad un deficit/disturbo/svantaggio
- Lo studente dunque è considerato un “caso", dunque con dei limiti
- Aumentano i rischi con la lettura di “caso”: ciò determina un’elaborazione del PEI (PIANO
EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO), PDP (piano didattico personalizzato) e delega ad una figura
esterna
- Tale attenzione posta sul soggetto comporta il rischio di bessizazione della scuola

Sarebbe più proficuo allargare il focus e passare ad una visione articolata e complessa. Una comunità
scolastica che si interroga sulla sua inclusività dovrebbe chiedersi:

- Cosa fare come scuola per essere inclusiva


- Cosa genera il non essere inclusivo
- Quali conseguenza comporta il non essere inclusivo (esiti scolastici)
- Cosa si intende fare come scuola (progettualità,figure coinvolte…)

I capisaldi orientativi della scuola inclusiva:

1) Conoscenza dell'allievo (riferimento a Rousseau)


2) Conoscenza dei metodi ( // a Pestalozzi)
3) Conoscenza della materia
4) Conoscenza della società (// a Dewey)

Tutte e quattro sono strettamente correlate

Potremmo dire dunque che:

- La conoscenza dell'allievo richiede attenzione all'individuo e alle differenze individuali e


all'eterogeneità della classe
- La conoscenza della società si apre alla conoscenza dei differenti contesti della vita/rete sociale che
li interconnettono
- La conoscenza dei metodi presuppone una riflessione su come metodi e saperi si relazionino in
riferimento alla struttura di vari saperi

L'insegnante deve quindi essere formato imprescindibilmente dal punto di vista emotivo, culturale,
inclusivo, pedagogico,didattico e sulla scienza dell'educazione, comunicativo (sia con alunni, famiglie,
enti, colleghi), clinico, metodologico e docimologico (osservazione, progettazione,valutazione…), e su
questioni che necessitano particolari attenzioni.

Per tale ragione ai ritiene che oltre al possesso di conoscenze e delle competenze (sapere e saper fare) è
necessario anche saper incarnare (quindi essere) l’inclusività (insita nell'educazione).

La scuola dunque necessita di un docente ARCHITETTO e non manovale:

- Architetto: sono ideatori, costruttori di realtà e di ambienti abitabili e praticabili a tutti. Hanno
un'attitudine epidemiologica aperta, flessibile che permette un agire riflessivo sulle situazioni che
rende tutti partecipi in modo attivo, coerente con le finalità di crescita, co-evoluzione, benessere…
- Manovale: hanno attitudini epidemiologiche chiuse e un agire “dettato” ossia attuando norme,
dispositivi e protocolli
Per far si che però la scuola funzioni non basta solo la presenza di insegnanti architetti, serve:

1) il coinvolgimento diretto degli allievi poiché è intorno ad essi che si svolgono i processi educativi
2) l'azione di un dirigente scolastico che promuova le trasformazioni necessarie, che si faccia motore
dell'attitudine epistemologica aperta dei docenti e di tutto il personale scolastico
3) L' approccio dei genitori che dovrebbero essere percepiti come intermediari e figure esperte
depositarie della storia dei figli
4) Una reale interconessione tra scuola e territorio (servizi,politiche, realtà che lo caratterizzano).

L'alleanza è strategia per l'inclusione.

L’index è stato pubblicato nel 2000, in Italia la prima edizione del 2008. È un punto di riferimento
internazionale per ciò che riguarda lo sviluppo della progettazione inclusiva nelle scuole. È un vero e
proprio Modus agendi per mettersi in cammino per realizzare lo scopo. È dunque un approccio
teorico/pratico orientato a sostenere lo sviluppo inclusivo, in quanto porta l’attenzione ai valori alle
condizioni dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Esso sostiene l’autoanalisi e l’automiglioramento delle scuole e adesso partecipano tutti i protagonisti che
partecipano al progetto inclusivo: la partecipazione non è pertanto solo un fine ma anche il mezzo stesso
dell’attività; lo scopo è di rappresentare il vero senso dell’educazione la quale, parafrasando montessori, o
è inclusiva o non è educazione.

Per concludere l'inclusione:

1) Non è solo il derivato di una certa normativa


2) Non è soltanto il derivato di riflessioni teoriche
3) Non è un concetto che trova denotazione in una parola in un termine che lo esemplifica e lo
chiarisce
4) Non è una moda del momento, una tendenza che troppo spesso invade la scuola e chi la abita
5) Ha bisogno che coloro i quali ne sono destinatari non solo la applichino, la teorizzino e la sappiano
spiegare, Ma la pratichino come sistema orientativo fondante; ciò può avvenire solo se gli attori si
comportano come collettività e comunità

Le emozioni sono sempre state considerate come qualcosa da contrapporre alla parte razionale e logica
dell’uomo, ciò però non è possibile. Esistono due tipologie di emozioni:

- Le emozioni primarie, chiamate anche emozioni di base, Sono reazioni innate di cui facciamo
esperienza sin dalla fase iniziale della vita e sono attivati da stimoli semplici. Ciascuna di essa
aspecifica espressioni mimiche del volto e dunque hanno un carattere universale.
- Le emozioni secondarie, emozioni complesse, sono il frutto del coinvolgimento del pensiero,
dell’elaborazione e valutazione cognitiva, di situazioni più articolate che implicano generalmente
una dimensione sociale; comincia dalla tarda infanzia e non hanno tratti mimici ben riconducibili.

Capitolo 3

Le emozioni si collegano a pensieri e comportamenti formando una triade; esiste un “calendario delle
emozioni” che rende diversa l'espressione emotiva di un bambino da quella di un adulto. Il repertorio
emotivo di un neonato può considerarsi primitivo in confronto a quello di un bambino di 56 anni, in
quest’ultima fase comincia l’auto consapevolezza delle proprie emozioni. Soprattutto nel passaggio dalla
scuola dell’infanzia alla scuola primaria via la maturazione delle emozioni sociali, che implicano una
consapevolezza differente, rivolta verso gli stati emotivi altrui (gelosia…).

Le emozioni hanno sede biologica in una parte del cervello chiamato sistema limbico, composto da una
serie di strutture cerebrali responsabili delle risposte comportamentali. Un ruolo chiave è rivestito da una
piccola ghianda che si chiama amigdala, manda in allarme l'intero canismo, provocando una serie di
modificazioni fisiologiche è tutto ciò avviene in pochissimi secondi. Quando l’emozione si protrae a lungo si
parla di stati d’animo. Nessun adulto è in grado di impedire a un bambino di esprimere una sua emozione in
quanto è un evento fuori dalla volontà individuale, dire ad un allievo di non essere triste o arrabbiato è uno
spreco di tempo in quanto non si otterranno risultati possiamo invece agire Sulla correttezza del modo di
esprimerle “ educando le emozioni”.

Il cervello emotivo ha due vie di funzionamento: una che produce reazioni immediate e un’altra che invece
genera reazioni emotive più lente, consapevoli e controllate immediate dalla corteccia celebrale. Attraverso
questa seconda via le reazioni emotive sono valutate dal pensiero che offre una varietà più complessa è
organizzata. Dunque la mente non decide che emozioni dovremmo provare ma può controllare il corso di
queste reazioni.

L’apprendimento il modo in cui impariamo sono influenzata dalle emozioni ( tutti abbiamo fatto fatica a
prestare attenzione per qualche preoccupazione agitazione, al contrario siamo in grado di elaborare e
valutare meglio le situazioni quando siamo calmi e tranquilli); Questo vuol dire che il funzionamento della
neocorteccia è temporaneamente compromesso quando le alterazioni emotive sono intense o non
modulare: le emozioni piacevoli aiutano a prestare attenzione e a ricordare, quelle spiacevoli invece
peggiorano l’attenzione e la memorizzazione.

Anche le relazioni sociali sono ritenute significative per il successo scolastico e extrascolastico. Le relazioni
non sono solo importanti per lo sviluppo sociale ma costituiscono vere e proprie condizioni di base per
l’apprendimento. Studi sul cervello dimostrano che quando si sta bene in un gruppo e ci si sente valorizzati
e considerati, si entra in uno stato di attenzione rilassata e dunque migliorando la qualità delle relazioni di
classe anche le prestazioni scolastiche degli allievi migliorano;

Sono fondamentali anche le competenze emotive degli insegnanti, il decreto 30 settembre 2011 ha
richiesto, tra i requisiti di accesso, capacità di empatia e intelligenza emotiva, non solo dunque competenze
disciplinari specifiche, ma anche trasversali, che devono appartenere oltre che agli insegnanti di sostegno
anche a tutti i docenti. In classe ogni giorno si incontrano situazioni emotivamente complesse e la difficoltà
Maggiore riguarda la gestione delle emozioni.

L’intelligenza emotiva è la capacità presa di percepire, comprendere, esprimere e gestire le emozioni,


l’uso dell’intelligenza nel mondo delle emozioni è possibile solo se le consideriamo educabili. Goleman
Definisci intelligenza emotiva come la capacità di riconoscere le nostre e altrui emozioni, di motivare noi
stessi e di gestirle positivamente, tanto interiormente quanto nelle relazioni con gli altri.

Si compone di 5 domini:

1) Autoconsapevolezza: la capacità di guardarsi dentro, di essere consapevole delle proprie emozioni,


dei pensieri e dei comportamenti a esse collegati.
2) Autogestione: la capacità di gestire le emozioni in modo che queste si manifestano in modo
adeguato ( si fonda sulla autoconsapevolezza e si basa sulla capacità di controllare gli stati interiori)
3) Automotivazione: la capacità di gestire azioni, emozioni al fine di raggiungere un obiettivo. Implica
la capacità di controllare gli impulsi al fine di ottenere il traguardo desiderato
4) Empatia: capacità di guardare dentro gli altri, di cogliere dai sottili segnali sociali, bisogni desideri e
stati emotivi altrui
5) Gestione delle relazioni: capacità di instaurare relazioni interpersonali, risolvere positivamente
conflitti e negoziare soluzioni

Secondo questo modello, tutti e cinque i domini di cui si compone l’intelligenza emotiva, possono essere
insegnati ai bambini, In modo tale da renderli costruttore di una società civile emotivamente più evoluta.
Intelligenza emotiva è un’abilità intellettuale plastica che può essere sviluppata attraverso l’apprendimento
e le esperienze di vita, gli insegnanti in classe svolgono un ruolo decisivo rispetto a questo è a loro essere
modelli emotivamente intelligenti per i loro allievi.

Gli aspetti che incidono profondamente nello svolgimento della professione dell’insegnante sono abilità
personali, sociali, prosociali (empatia) ed emozionali. È per tale motivo che è necessario promuovere una
formazione iniziale e in servizio adeguata per tutti gli insegnanti.

Il social emotional learning è un nuovo campo di ricerca e sperimentazione, la prima definizione di


educazione socio-emotiva fa riferimento ad un processo di acquisizione di competenze di base per
riconoscere e gestire le emozioni, nasce come cornice teorica il cui obiettivo è di promuovere lo sviluppo
sociale, emotivo, cognitivo e i risultati scolastici di tutti gli allievi. Gli obiettivi Generali sono orientati a
favorire lo sviluppo di conoscenze, abilità e competenze in cinque differenti aree di natura intrapersonale e
interpersonale del bambino: 1) consapevolezza di sé, 2) autogestione, 3) consapevolezza sociale, 4)
capacità relazionali e 5) il processo decisionale responsabile.

Numerosi studi mostrano che esiste un rapporto tra variabili socio emotive e rendimento scolastico: gli
studenti più autoconsapevoli sono capaci di persistere maggiormente al nel compito e affrontare le
difficoltà, gli studenti capaci di autogestirsi stanno automotivarsi e gestire meglio lo stress e ottengono
quindi risultati migliori, gli studenti che fanno uso di abilità di problem solving affrontano con Maggiore
facilità le difficoltà scolastiche.

Le dimensioni sociali ed emotive sono dunque fondamentali per l’apprendimento e il bisogno di un


educazione socio emotiva è reale.

1) Goleman ritiene che la consapevolezza di sé sia la chiave di volta dell'intelligenza emotiva in quanto un
bambino consapevole riesce a impedire che le emozioni degenerino in forme negative o non adeguate.
Dunque promuovere una buona consapevolezza di sé aiuta a gestire il contesto di classe e permette a
ciascuno di conoscere i propri punti di forza e debolezza.

Le possibili domande per potenziare la consapevolezza di se sono:

- Che cosa sto provando in questo momento?


- Che nome a questa emozione?
- Come sta reagendo il mio corpo?
- A cosa sto pensando?
- Come mi sto comportando?
- …

Proporre queste domande aiuta il bambino a porsi spesso domande simili su loro stessi

2) L’autogestione è sicuramente una competenza complessa perché si riferisce alla capacità di regolare le
nostre emozioni, i nostri pensieri e i nostri comportamenti nelle diverse situazioni in cui ci troviamo;
quest’area della Dimensione intrapersonale, Si rivolge al modo con cui esprimiamo le nostre emozioni e
controlliamo i nostri impulsi, insegnare l’autogestione è complesso ma necessario soprattutto per ottenere
risultati a lungo termine che resteranno patrimonio individuale e sociale del bambino. Il sapersi controllare
aiuta gli allievi ad automotivarsi per raggiungere un obiettivo che ritengono importante. È una competenza
centrale del vivere quotidiano in classe (sedersi, camminare, reagire ad un compito). Il problem solving
personale è un principio chiave nella Acquisizione di tecniche di autogestione poi che prevede l’attivazione
del pensiero divergente ( ossia formulare scelte Creative di risposta a un evento) e un pensiero
conseguenziale ( che gli aiuta a comprendere le conseguenze delle loro scelte).
3) la consapevolezza degli altri fa parte dell’area interpersonale dell’ educazione socio emotiva, è una
competenza è indispensabile per stare bene in classe e per stabilire delle relazioni interpersonali positive,
Ciò significa riuscire a capire pensieri, emozioni e comportamenti degli altri. Essere consapevoli degli altri
implica il comprendere nelle norme sociali che regolano i comportamenti in vari contesti ( culture, usi, idee,
abitudini) ; insegnare ai bambini questa abilità significa aiutarli a mettersi nei panni degli altri il promuovere
una solidarietà emozionale.

4) Stabilire e mantenere relazioni positive all’interno di un gruppo è indispensabile ed essenziale per


edificare un buon clima in classe Che favorisca l’accettazione, comprensione la valutazione delle differenze
personali. Per farlo è necessario aiutare gli allievi a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda di pensieri e delle
emozioni e dei desideri, dei bisogni e dei punti di vista altrui, come? Comunicando chiaramente pensieri ed
emozioni, ascoltando in modo attivo, collaborando attivamente, risolvendo pacificamente i conflitti, dando
e ricevendo aiuto.

5) prendere decisioni responsabili ( decision making) significa tenere in considerazione le regole sociali, gli
aspetti etici, i diritti e doveri e, in senso più generale, le norme che regolano il vivere comune. Insegnare
questa abilità significa far capire come allineare gli interessi personali a quelli collettivi e, inoltre, aiutare gli
allievi a saper fare scelte responsabili significa fornire loro gli strumenti per resistere, A volte anche
coraggiosamente, alle influenze negative esterne. Questa abilità deriva dall’interazione di tutte le altre
quattro competenze chiave dell’ educazione socio emotiva. Questa abilità si configura essenzialmente
come una previsione, una proiezione del futuro, per studiare gli effetti che quella decisione può produrre
su di sé e sugli altri.

Svolgere Tale attività educative significa far diventare le dimensioni emotive e sociali parte integrante del
curricolo scolastico, vi sono 6 motivi per cui è necessario promuovere l’educazione socio emotiva:

1) Le emozioni influenzano il modo di apprendere


2) Le relazioni sociali sono alla base dell'apprendimento
3) Le competenze socio emotive possono essere educate
4) Le competenze socio emotive su una prevenzione per i comportamenti a rischio
5) // // sono richieste anche sul posto di lavoro
6) L’educazione socio emotiva Ha un impatto positivo su allievi e insegnanti

Capitolo 4

L'Evidence Based education è un approccio che sostiene la pratica di ricerca in contesti educativi; non c'è
stata, nel programma inclusivo italiano, un'attenta valutazione che ne ha validato l'impianto organizzativo e
metodologico. È dunque necessario discutere sull'educazione speciale e proporre procedure metodologiche
e interventi didattici avvalorati da una ricerca. L'utilità della Evidence- Based Education sta nell'aver fornito
esiti positivi, sia intervenendo sui singoli allievi con bes sia incidendo sui contesti. È stato necessario
introdurre questo approccio per massimizzare le possibilità di promuovere pratiche realmente inclusive.

Secondo questo approccio, le decisioni prese sono frutto di conoscenze scientifiche e ricerche empiriche in
base alla maggiore efficacia delle varie opzioni didattiche; fino ad ora l'educazione è stata basata su
ideologie/marketing/fissazioni piuttosto che su evidenze (citando Slavin), è necessario dunque avvalersi di
un approccio rigoroso che fornisca sistemi di conoscenze affidabili e trasferibili. La riuscita di un metodo è
ovviamente legata, oltre che a dati scientifici, ai contesti: un metodo può riuscire meglio in una classe e non
riuscire in un'altra.

La ricerca effettuata deve essere applicata alle circostanze educative reali, in tal modo si consente una
concreta verifica in situazione di programmi, livelli di efficacia e conoscenze che si hanno rispetto ad un
determinato problema: ciò porta ad avere una consapevolezza maggiore per la scelta di un insegnamento
piu efficace.

Strategie didattiche efficaci: in ambito internazionali sono stati compiute rassegne di studi che hanno
preso in considerazione la rilevanza di specifiche procedure didattiche, queste rassegne si sono sviluppati in
ambito riabilitativo o in istituzioni speciali ma sono poco generalizzabili nel nostro contesto scolastico. Uno
studio proposto da Mitchell, molto utile ai nostri fini, afferma che durante il tempo che gli allievi passano a
scuola, e se interagiscono con una vasta gamma di materiali di apprendimento, così come sono esposti a
numerosi strategie di insegnamento. Dunque egli sostiene che tutte le esperienze di apprendimento
debbano essere efficaci, così come importante che gli insegnanti creino degli ambienti sicuri stimolanti che
garantiscono a tutti i bambini un miglioramento.

Vi sono tre macro aree in questo tipo di approccio:

1) Costruttivista, la cui strategia è basata sull'educazione inclusiva, apprendimento Cooperativo e in


gruppo, clima della classe
2) Cognitivo e metacognitivo, basata su strategie cognitive e metacognitive ( autoistruzioni,
automonitoraggio, strategie di memoria)
3) Comportamentale, basata su Istruzione diretta e valutazione funzionale

I processi di insegnamento-apprendimento sono condizionati da numerose variabili, di natura individuale e


contestuale. Molti degli elementi implicati sono Fortunatamente modificabili, grazie all’uso di queste
strategie didattiche efficaci e alla predisposizione di contesti di apprendimento adeguati. Le strategie
didattiche vengono generalmente divisi in due categorie:

- Strategie rivolta intervenire sul contesto: es. cooperative learning, Peer tutoring, co-teaching,
coinvolgimento della famiglia, coinvolgimento della comunità scolastica, intervento sull’ambiente
fisico, intervento sul clima della classe, formazione delle abilità sociali
- Strategie rivolte a intervenire sul singolo soggetto: es. strategie cognitive e metacognitive,
apprendimento autoregolato, strategie di memoria, insegnamento reciproco, intervento
comportamentale, istruzione diretta, valutazione formativa e feedback, tecnologie assistive

Nell’ottica di una didattica inclusiva bisogna eliminare o ridurre gli ostacoli all’apprendimento che
potrebbero essere presenti e fornire esperienze contestualizzate e monitorate.

Data l’esistenza di varie strategie bisogna scegliere quale tra queste sia la migliore e la più adatta al
contesto; è chiaro che:

1) gli approcci cognitivi e comportamentali risultano molto efficace nell’acquisizione nel


potenziamento di alcune abilità,
2) l’ambiente fisico debba avere caratteristiche specifiche, il coinvolgimento dell’intera comunità
scolastica è fondamentale,
3) un clima di classe positivo influisce notevolmente sull’apprendimento,
4) il coinvolgimento degli adulti è necessario e gioca un ruolo importante,
5) le metodologie cooperative rispondono in modo efficace ai bisogni educativi speciali

Le strategie inclusive devono agire secondo approcci top-down e bottom-up ( dall’alto al basso e dal basso
all’alto), non è automatico la connessione fra norme inclusive e scuola inclusiva, per far sì che una scuola sia
inclusive si deve lavorare in modo capillare e cooperativo poiché chiedere una scuola di diventare inclusiva
significa modificare, rinnovare e fortificare la capacità di raggiungere tutti gli studenti; Ciao richiede
cambiamenti che investono su numerosi aspetti e investimenti in termini di risorse umane e finanziarie.
Tale cambiamento va costantemente monitorato e valutato.
La scala di valutazione dei processi inclusivi è centrata su due dimensioni dell' inclusione: la prima fa
riferimento agli aspetti organizzativi della scuola e la seconda a quelli più prettamente metodologici e
didattici. Si tratta di un utile strumento che consente alle scuole di monitorare e auto valutare il loro livello
di inclusività.

Capitolo 5:

Prima di lavorare con i bambini sull'educazione emotiva è necessario essere formati adeguatamente, Per
far sì che si possa essere modelli educativi di comportamenti desiderabili adeguati. Vi sono dei principi che
orientano educazione socio emotiva e la sua applicazione al contesto scolastico: la formazione iniziale e
continua degli insegnanti, l’insegnamento graduale centrato sulle cinque competenze chiave,
l’apprendimento centrato sullo studente, l’approccio universale all’apprendimento rivolto a tutti gli
studenti, attività di supporto, interventi educativi coordinati e integrati agli obiettivi curricolari, inizio
precoce mantenimento nel tempo, generalizzazione degli apprendimenti, costruzione di un ambiente di
apprendimento positivo, coinvolgimento delle famiglie dell’intera comunità scolastica; questi dieci principi
mostrano come l’educazione socio emotiva coinvolga più attori. Educazione socio emotiva può essere
svolta in due modalità differenti: attraverso specifiche elezioni sistematiche o integrando i concetti chiave
nelle altre discipline scolastiche, l’approccio didattico proposto si può definire però misto, utilizza Infatti
entrambe le modalità insieme.

Vi è una differenza sostanziale nel modo di intervenire a seconda di che tipo di difficoltà a un alunno: se ha
difficoltà a leggere, generalmente si applicano nuove metodologie e strategie, se invece le difficoltà sono di
tipo relazionale emotivo si tende a non intervenire. È necessario cambiare questo tipo di comportamento
poiché competenze emotive Sono alla base della vita sociale e quindi di quella scolastica e tali competenze
sono importanti tanto quanto quelle nozionistiche e didattiche.

Nell'insegnamento le 5 competenze (capitolo 3) è necessario lavorare prima su quelle appartenenti alla


dimensione intrapersonale e successivamente passare a quelle riferita la dimensione interpersonale,
l’obiettivo finale di condurre gli allievi verso un’autonomia emotivo e sociale; Per l’educazione socio
emotiva è fondamentale mettere il raccordo le 5 competenze con le discipline scolastiche: è importante
abituarsi a pensare all’educazione socio-emotiva come uno degli elementi fondamentali del curricolo
scolastico, quindi invece di ritagliare poco tempo si potrebbe creare una correlazione fra materie e
competenze (esempio: italiano -> lettura di racconti -> prestare attenzione alle competenze socio emotive
mostrato dei personaggi).

Nell’approccio didattico misto è necessario in fase di programmazione cercare punti di ancoraggio in cui
inserire le competenze socio emotive all’interno del curricolo, promuovere una riflessione metacognitiva su
tali competenze E sfruttare ogni momento per parlare e mettere in pratica le competenze socio emotive.
L’obiettivo è far sì che queste competenze si possono estendere e igienizzare nella vita reale, ciò può
avvenire tramite ricorso a “ compiti di realtà”; l’idea di un contagio tra contesti è un altro degli elementi
chiave dell' approccio didattico all' educazione socio emotiva.

Utilizzare educazione socio emotiva in classe fa sì che gli allievi siano il fulcro su cui ruota il progetto
educativo favorisce in questo modo emozioni piacevoli sto guardando quelle spiacevoli, le capacità sociali
ed emotive dell’insegnante hanno un impatto notevole sugli Allievi in quanto l’insegnante riveste il ruolo di
un modello di adulto positivo. La famiglia in questo approccio è partner, non è controparte, quindi è
importante la collaborazione familiare. Per fare avvenire questo ponte bisogna attuare piccoli accorgimenti
( fornire sostegno genitori, comunicare, rendere partecipe le famiglie delle attività e delle decisioni della
classe).
Capitolo 6:

Apprendimento in un contesto inclusivo = didattica inclusiva incentrata sulle differenze, che non vanno solo
individuate ma valorizzate. Ciò può avvenire solo se si interrompe la concezione di didattica separata (da un
lato la maggior parte degli allievi e dall'altra i BES, casi individualizzati o personalizzati). Per far fronte a tale
cambiamento è utile una didattica cooperativa e metacognitiva, in quanto apprendere insieme è una via
privilegiata per apprendere prima e meglio ed è fondamentale per una didattica moderna. Quando si parla
di apprendimenti cooperativo ci si riferisce a dimensioni quali: mediazione sociale, uso intenzionale di
piccoli gruppi , lavoro cooperativo finalizzato al miglioramento del rendimento collettivo e personale.

A differenza di una didattica centrata sull'insegnante (che annoia l'alunno, lo passivizza e non segue il suo
ritmo) la didattica “a mediazione sociale" rende l'alunno responsabile del proprio apprendimento,
partecipativo, autocosciente e in grado di autovalutarsi, apprende ad aiutare gli altri. I gruppi che vengono
a crearsi nel lavoro cooperativo si rendono responsabili per l'apprendimento di tutti, imparano a interagire
con gli altri e a fare attenzione al compito su cui devono lavorare, inoltre la valutazione essendo sia
individuale che collettiva fa si che i miglioramenti del gruppo sono valorizzati.

Gli approcci di apprendimento cooperativo sviluppatisi nel corso degli anni sono:

1) Collaborative approach
2) Learning together
3) Group investigation
4) Complex instruction
5) Structural approach
6) Student team learning

Learninf together e lo structural approach sono quelli che maggiormente hanno funzionato in Italia; si
fondano rispettivamente su i seguenti principi:

- Interdipendenza positiva: nessuno può giungere al successo da solo


- Responsabilità individuale: il contributo di ciascuno è fondamentale per la riuscita
- Insegnamento diretto delle abilità sociali: alcuni studenti disabituati/non abituati a cooperare
hanno bisogno di acquisire capacità sociali
- Valutazione individuale e di gruppo: per attivare procedure di riflessione metacognitiva sia
individuale che collettiva
- Equa partecipazione: l'organizzazione non può essere lasciata al caso in quanto ogni individuo deve
partecipare attivamente e in egual modo
- Interazione simultanea: in ogni piccolo gruppo ogni individuo interagisce con gli altri nello stesso
tempo

Gli insegnanti svolgono la funzione di “regia", ossia deve agire sullo sfondo.

Il tutoring è un'opportunità per sviluppare la didattica inclusiva; in quanto si apprende mediante


l’eterogeneità degli allievi sia per quanto riguarda le conoscenze di tipo cognitivo che quelle di carattere
socio-emotivo. Esistono diverse forme di tutoring (fra diverse età, nella stessa classe, allievi con
funzionamenti diversi -> rapporto fra tutor e tutee incide sull'apprendimento, sull'autostima e sulla
motivazione). Il risultato è che tutti sono aiutati a migliorare e valorizzare le proprie competenze e tale
approccio assume la valenza di strategia normale di lavoro non indirizzata solo a favore degli allievi con
difficoltà.

Gli insegnanti svolgono la funzione di allestire l'ambiente e di guidare il lavoro.


La didattica metacognitiva fa riferimento alla capacità degli allievi di gestire i processi mentali che
mettono in atto, come? attraverso la conoscenza metacognitiva ( consapevolezza dei propri processi
cognitivi) e i processi metacognitivi di controllo (attività che lo studente esercita sui processi cognitivi).

I principali processi cognitivi sono, ad esempio, l'orientamento generale, la problematizzazione, previsione


ecc ecc; si tratta di aspetti fondamentali nella gestione del processo di apprendimento.

Anche il problem solving può essere insegnato, esso può far acquisire:

- L'insegnamento di processi cognitivi


- // di come affrontare la struttura dei problemi
- // delle fasi di problem solving
- L'uso costante di una didattica che dia enfasi alla soluzione di problemi

I punti chiave della didattica metacognitiva sono:

1) l’autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo,

2) l'autoregolazione cognitiva, è per questa ragione che bisogna far si che gli allievi apprendano a: fissare
un obiettivo, specificare le modalità del lavoro per conseguire il risultato atteso, darsi istruzioni, osservare
l'an7damento del processo, raccogliere i dati e prendere decisioni in merito al proseguimento del processo
attivando strategie correttive;

3) le strategie che conducono l'allievo al raggiungimento dell'obiettivo e ad un apprendimento


interiorizzato

4) le variabili psicologiche di mediazione (locus of control* , lo stile di attribuzione, l'autostima,


l'autoefficacia e la motivazione

Per concludere la didattica metacognitiva mira a offrire agli studenti l'opportunità di imparare a
interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall'ambiente e riflettere sulle situazioni.

*locus of control= dimensione della personalità in base alla quale l'allievo attribuisce una causa agli evento
che accadono a se stesso (locus interno) e a fattori esterni (locus esterno).

Capitolo 7:

Esistono delle procedure per facilitare il processo di insegnamento- apprendimento, le più note sono:

- La task analysis (analisi del compito):


Consiste in un insieme di operazioni razionali grazie alle quali una determinata attività viene
scandita è suddivisa nelle sue componenti di base, si compone di due operazioni tra loro collegate,
isolare e sequenziare le parti costituenti il compito e descrivere i prerequisiti necessari per eseguire
correttamente ogni unità del compito;

- Il prompting (incitazione- suggerimento):


È una tecnica di controllo dello stimolo mediante la quale si favorisce l’emissione di comportamenti
adeguati e attenuando quelli inadeguati; possono essere di vari tipi: verbali ( testi scritti ho parole
con scopo di condurre a un comportamento adeguato), gestuali, figurali (immagini, disegni che
illustrano il comportamento da prendere), fisici e modellanti

- Il fading (dissolvenza)
È una procedura mediante la quale è facilitata la discriminazione di uno stimolo, allievo raggiungere
l'obiettivo ( in termini di padronanza del compito) mediante una serie logica di attenuazioni
graduali dello stimolo;

- Lo shaping (modellaggio)
È una tecnica efficace per facilitare l’apprendimento di abilità che risultano particolarmente
complesse per l’allievo, si basa su programmi di rinforzo di tutte le risposte che si avvicinano al
comportamento-meta desiderato, gli ambiti di applicazioni sono innumerevoli e si può articolare in
sei fasi: scelta dell’obiettivo, scelta del comportamento iniziale, scelta dei rinforzatori, rinforzo del
comportamento iniziale, rinforzo delle approssimazioni successive, padronanza del comportamento
-obiettivo perseguito

- Il modeling (modellamento)
È una procedura mediante la quale un individuo apprende osservando un altro individuo che
avendo un certo grado di esperienza assolve la funzione di modello. Mediante il modeling Il
soggetto può a prendere una gamma molto ampia di comportamenti, migliorare i suoi
comportamenti, disinibirsi di fronte a situazioni, inibire alcuni comportamenti. La validità del
modello non è oggettiva e può sfuggire a regole sociali dominanti. Esiste il modeling: graduale,
guidato, simbolico (il modello è presentato tramite immagini fisse o in movimento), mentalizzato (si
immagina il modello da seguire) e tra pari

- Il chaining (concatenamento)
È una tecnica mediante la quale i comportamenti che risultano particolarmente complessi sono
suddivisi in segmenti e ognuno dei quali è sottoposto a un distinto processo di apprendimento.
Ogni azione e risultato di una serie di atti all’interno dei quali sono presenti uno stimolo, una
risposta è una conseguenza. Quando ci si avvale di questa tecnica bisogna suddividere attività
complessa in atti più elementari, esser certi che l’allievo possegga gli atti previsti, farà prendere
inizialmente ogni atto in modo separato, programmare una sequenza di singoli atti, questa
sequenza deve essere ripetuta fino a quando non è stata interiorizzato in modo autonomo
dall’allievo, rinforzare l’allievo nel momento in cui completa ognuno degli atti che costituiscono il
concatenamento.

Ci sono altri due tipi di Didattica: didattica aperta e didattica centrata sulle intelligenze multiple;

La didattica aperta è una didattica che vede un ruolo attivo e partecipativo dell’alunno che non è solo
fruitore di un'offerta formativa ma ne è l'ideatore, egli sceglie, si auto organizza virgola si autodetermina e
partecipa pienamente. I principi cardine sono la decentralizzazione dell’insegnante (non è più al centro
dell’azione didattica) e la differenziazione autodeterminata ( consiste nella possibilità per gli alunni di
scegliere un proprio progetto formativo differente da quello dei compagni e coerente con il proprio stile di
apprendimento). Vi sono diversi gradi di apertura: apertura organizzativa ( relativa alle scelte organizzative
ad esempio la scelta dei tempi, dei luoghi e degli eventuali partner), apertura metodologica ( relativa alle
modalità per risolvere un problema), apertura di contenuti ( relativa ai contenuti dei processi di
apprendimento e di insegnamento) , apertura nella socializzazione ( relativa al rapporto con gli altri, alla
partecipazione attiva e democratica, alla modalità di gestione delle relazioni fra pari e con gli insegnanti).

La didattica aperta non è un metodo o una tecnica ma un approccio che può inglobare Metodi e approcci
strategici all’insegnamento apprendimento come per esempio il lavoro a stazioni (si allestiscono posizioni
con attività differenziate) e il lavoro settimanale (piano settimanale che gestisce la divisione delle attività e
dei compiti). La funzione dell’insegnante è sempre quello di regia.

La didattica centrata sulle intelligenze multiple è una tattica basata sulla convinzione che si possono
sviluppare le proprie abilità attraverso una molteplicità di canali apprenditivi. Ogni individuo ha un
ventaglio di abilità che Gli permettono di elaborare una conoscenza in modi variegati ma ciascuno in modo
unico e originale. Per questo motivo non si può dare a tutti le stesse cose ma bisogna dare a ciascuno ciò di
cui ha Effettivamente bisogno, bisogna partire dal presupposto che esistano pluralità di modalità
apprenditive, di elaborazione e organizzazione della conoscenza. In questo modo diamo la possibilità al
allievo di dare senso e significato ciò che sta facendo. L’allievo può essere coinvolto nelle diverse
esperienze di apprendimento a partire da punti di accesso (entry points) diversificati che li portino poi a
verifiche delle acquisizioni altrettanto diversificate (Exit Points): es. Partire da un concetto base come il
triangolo, analizzarlo partendo dalle informazioni acquisite progettare il lavoro.

Fondamentali in questo contesto è il concetto di bridging ( gettare ponti), il docente Parti dai punti di forza
degli allievi e sviluppa mediante attività Mirate le aree dove hanno minore familiarità o presentano
difficoltà. Può essere attivato in una dimensione di gruppo oppure in una dimensione è maggiormente
individuale.

Capitolo 8:

Gli studiosi che si sono dedicati alla pedagogia e la didattica speciale, che oggi viene definita didattica
inclusiva, hanno in comune la vocazione tecnologica; essa consiste nell’essere disponibile al cambiamento
che le differenze introducono all’interno del gruppo classe.

Nella pratica didattica tradizionale la comunicazione è prevalentemente unidirezionale di tipo trasmissivo e


le tecnologie sono concepite come un supporto alla didattica, questo tipo di modello è definito “modello T
dell'e- Learning”, T sta per trasmissivo, gli alunni eseguono e la loro partecipazione di tipo recettivo; non si
assiste a una trasformazione reale del contesto di classe.

Nel modello scolastico dell’integrazione le tecnologie sono concepite come ausili didattici per dare forma
alla individualizzazione o alla personalizzazione, spesso questo tipo di supporti sono però utilizzati come
meri strumenti compensativi per il singolo allievo; per realizzare una didattica inclusiva è necessario non
solo utilizzare le tecnologie ad hoc, ma è necessario avvalersi delle tecnologie in modo trasversale a tutte le
pratiche, gli approcci e le strategie e non solo per singole categorie di allievi, ma per tutti. In questo modo il
concetto di accessibilità si modifica, si lavora infatti su una progettazione a priori ( Universal design,
Universal design for learning) che rende accessibile i contesti e che attua forme organizzative pratiche
didattiche soggette a procedure di autoanalisi e automiglioramento.

I vantaggi derivanti dall’ approccio tecnologico sono la valorizzazione delle risorse latenti, l’apprendimento
significativo ( esperienziale, partecipativo), e la gestione delle molteplici pratiche didattiche per le
differenze. La presenza delle tecnologie nella pratica didattica implica e favorisce l’interazione nel gruppo
classe fra tutti, il superamento e la rimozione degli ostacoli alla partecipazione dell’apprendimento per
tutti; l’approccio tecnologico va concepito come fattore intrinseco e non esterno la progettualità didattica.
Sono molteplici gli approcci tecnologici alla didattica, come ad esempio il 1) PROPIT e 2) La didattica con
gli EAS i quali a loro volta danno un senso alle proposte quali: la flipped classroom, il coding, la robotica
educativa.

1. Il PROPIT è finalizzato ad ampliare le opportunità di partecipazione di tutti gli alunni e di fornire i docenti
uno strumento per pensare diversi livelli di personalizzazione ed individualizzazione coerenti sia a livello di
Macro sia di microprogettazione; vi sono due punti cardine:
 Il primo riguarda la concettualizzazione della progettazione, vista come dispositivo per favorire il
collegamento tra riflessione, pianificazione e azione
 Le tecnologie vanno intese come pattern aperti, sistemi autore con cui mettere appunto l’artefatto
progettuale

Ne consegue che progettare non vuol dire solo predisporre l’elenco degli obiettivi, significa elaborare: gli
elementi di ogni attività di insegnamento apprendimento, la successione delle varie attività di
insegnamento apprendimento e della logica di connessione fra di esse, la successione delle sessioni di
lavoro e la logica che alla base di tale successione.

Tale progettazione non riguarda esclusivamente il presente degli allievi ma predispone le basi di come
questi vivranno in futuro e come evolverà il sistema nel suo complesso.( processo di anticipazione e
previsione); l’approccio tecnologico ha una sceneggiatura di tipo digitale, la differenza fra una
sceneggiatura di tipo lineare e una di tipo digitale è che quella digitale ha a che fare con le sequenze, ossia
la strutturazione e l’attività, e gli attori, docenti e studenti; Inoltre è reticolare e sistemica tale che è il
passaggio da una sequenza all’altro può essere orizzontale e non sequenziale.

In questo approccio vengono utilizzati aggregatori multimediali: artefatto progettuale digitale che
organizza in modo grafico, connette i processi, permette di visualizzare i materiali e la presenza anche di
fasi di lavoro => permette di rendere operativa e razionale la progettazione. In questo modo vengono
favoriti: la creazione, la gestione e l’allineamento dei diversi percorsi di progettazione a supporto
dell’inclusione, la co-progettazione e la condivisione tra docenti, la riflessione sull’ azione intrapresa al
livello individuale di team. Per gli studenti l’utilizzo di tali aggregatori fa sì la loro attenzione venga
focalizzata sul percorso e ciò favorisce il loro orientamento e allineamento con le traiettorie del docente.

2. EAS è un metodo innovativo, sostenibile, attuale ma non tecnocentrico: è innovativo per la sua
riconfigurazione delle i dati didattica, è sostenibile poiché applicabile in classe (non richiede investimenti
ecomomici), e attuale perché si rifà a fenomeni che attraversano le culture mediali del nostro tempo, Per
quanto riguarda la questione tecnocentrica questo episodio di apprendimento utilizza sicuramente il
mobile learning tuttavia non è questo l’orizzonte unico su cui opera, in questo approccio infatti la
tecnologia è integrata all’insegnamento, che però funziona lo stesso anche senza la presenza della
tecnologia.

La struttura di un EAS e articolata in tre fasi, la fase anticipatoria in cui vi è una fase stimolo e viene
utilizzato il problem solving come logica didattica; operatoria in cui si definiscono i termini per risolvere un
problema o di lavorare sulla situazione stimolo, qui come logica didattica viene utilizzata il learning by
doing; ristrutturativa in cui avviene l'attivazione di forme riflessive su quanto accaduto, la logica didattica
utilizzata ai reflective learning. Questi tre momenti sono indicativi del ritmo della didattica che si articola
intorno alla ricerca/scoperta, alla condivisione e alla pubblicazione (dimostrazione). Questo approccio
stimola una prima esplorazione autonoma del contenuto, lavora sul processo per arrivare al contenuto ( lo
studente valuta le possibilità), ci aiuta a mettere gli apprendimenti in situazione, gli studenti mettono in
pratica e lavorano insieme, favorisce l’autovalutazione e la capacità dell’alunno di discutere e commentare
il proprio lavoro e altrui -> lo studente Infatti è chiamato a mettere in pratica le conoscenze sviluppate
attraverso l’embedded task ( momenti dell’attività didattica che valgono come prove di valutazione): si
tratta di accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare con ciò che sa. Inoltre questo approccio
aiuta il docente e la classe a documentare Il lavoro compiuto e a esplicitare i passaggi effettuati.

(Per maggiori definizioni guarda glossario, parte verde, sul libro)

Potrebbero piacerti anche