TEORICA
VI
Meccanica
dei fluidi
Lev D. Landau Evgenij M. Lifsits
FISICA TEORICA
6
Meccanica dei fluidi
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Indice
Nelle prime due edizioni russe (Hi44, 1953), la meccanica dei fluidi costituiva
la prima parte del volume l'vfeccanica dei mezzi coni'in·ui, mentre ora costituisce un
volume separato.
Il contenuto e la presentazione restano gli stessi di quanto era stato detto nella
prefazione alla prima edizione che il lettore troverà nel seguito. Ci siamo proposti
di conservare il carattere di questa opera pur rivedendola e completandola.
Nonostante siano trascorsi trent'anni, il contenuto dell'opera, a meno di quàl-
che rara eccezione, non è divenuto obsoleto e non è stato sottoposto a modifiche
importanti. Sono invece stati aggiunti una quindicina di nuovi paragrafi.
La meccanica dei fluidi ha visto uno sviluppo estremamente rapido negli ulti-
mi decenni, il che ha portato ad un grande aumento della letteratura disponibile
sull'argomento. Gli sviluppi sono stati principalmente nelle applicazioni e nel-
la complessità sempre maggiore dei problemi accessibili al calcolo teorico (con o
senza computer). Tra questi, in particolare, i problemi dell'instabilità e del suo
sviluppo, compresi i regimi non lineari. Tutti questi argomenti sono, tuttavia, oltre
gli scopi di questo libro; in particolare i problemi di stabilità sono trattati, come
nella precedente edizione, solo dal punto di vista dei risultati ottenuti.
Neanche la teoria delle onde non lineari nei mezzi dispersivi, che pure è di-
ventata una branca rilevante della fisica matematica, è stata inclusa nell'opera.
L'argomento puramente idrodinamico di questa teoria riguarda le onde di grande
ampiezza sulla superficie di un liquido e le sue principali applicazioni sono nella
fisica dei plasmi, nell'ottica non lineare, in svariati problemi di elettrodinamica etc.;
per questo viene trattata in altri volumi di questo Corso di Fisico. Teorica.
Importanti sviluppi si sono avuti nella comprensione del meccanismo cli instau-
razione della turbolenza. Sebbene una teoria consistente della turbolenza non sia
ancora disponibile, ci sono ragioni per credere cli essere finalmente sulla buona stra-
da. Le idee basilari oggi note e i risultati ottenuti sono discussi in tre paragrafi
(§§30~32) scritti in collaborazione con M.I. Rabinovich, a cui esprimo tutta la mia
gratitudine per l'aiuto dato. Negli ultimi decenni la meccanica dei mezzi continui
si è arricchita di un nuovo campo: quello dei cristalli liquidi. Questi presentano
tratti che sono propri della meccanica dei liquidi e dei mezzi elastici. I fondamenti
della meccanica dei cristalli liquidi saranno tra gli argomenti della nuova edizione
del volume Teoria dell'elasticità.
Tra i libri che ho scritto con Landau questo ha un ruolo particolare. Per lui,
a quel tempo, la dinamica dei fluidi era la scoperta di un nuovo campo della fisica
teorica. Dal suo studio derivarono nuovi risultati di cui solo alcuni sono apparsi
su rivista e molti appaiono per la prima volta in questo libro. In questa nuova
edizione ho aggiunto ogni riferimento a me noto dei risultati dovuti a lui.
Nell'aggiornamento cli questo volume, così come cli tutti gli altri cli questo Corso,
sono stato aiutato e consigliato da molti amici e colleghi. In particolare vorrei
ricordare le discussioni con G.I. Barenblatt, L.P. Pitaevski, Y.G. Sinai e Y. B.
Zelclovich. Commenti utili sono venuti da A.A. Anclronov, S.I. Anisimov, V.A.
vii
E.M. Lifoits
Agosto 1984
ESTRATTO DELLA PREFAZIONE ALLA PRIMA
EDIZIONE RUSSA
Questo libro espone la meccanica dei fluidi come branca della fisica teorica
e questo ne determina in gran parte il carattere del contenuto e, per questo, è
essenzialmente diverso da altri testi sullo stesso argomento. Ci siamo sforzati ·di
riportare nel modo più completo possibile gli argomenti di interesse fisico dm1do
la presentazione più chiara possibile dei fenomeni e delle loro corrèlazioni. Dato il
carattere di questo libro, non abbiamo discusso né i metodi approssimati di calcolo
nella meccanica dei fluidi, né metodi empirici la cui giustificazione fisica non sia
sufficientemente approfondita. D'altra parte abbiamo incluso argomenti raramente
presenti nei corsi di meccanica dei fluidi quali la teoria della propagazione del
calore e della diffusione nei fluidi, l'acustica e la teoria della combustione. Abbiamo
anche esposto i fondamenti della dinamica dei fluidi relativistica e la dinamica dei
superfl nidi.
La lettura cli questo libro prevede la conoscenza dei principi della termodina-
mica. Dal punto di vista della matematica si devono conoscere a fondo l'analisi
vettoriale e l'algebra tensoriale. Quanto alla fisica matematica (teoria delle equazio-
ni differenziali alle derivate parziali lineari del secondo ordine), tutte le informazioni
necessarie e le soluzioni dei principali problemi sono date in parallelo all'esposizione
delle questioni fisiche corrispondenti.
Mosca, 1953
ALGUNE NOTAZIONI
Densità: p
Pressione: p
Temperatura: T
Entropia dell'unità di massa: s
Energia interna dell'unità dì massa: E
Entalpia: w =E+ p/ p
Rapporto dei calori specifici a pressione e volume costanti: 1 = cp/ Cv
FLUIDI IDEALI
§ 1. L 'eq·uazfone di continviità
La Dinamica dei Fl'Uidi riguarda lo studio del moto dei fluidi (liquidi e gas).
Poiché i fenomeni considerati nella dinamica dei fluidi sono macroscopici, un fluido
è considerato come un mezzo continuo. Ciò significa che ogni elemento cli volu-
me nel fluido, scelto arbitrariamente piccolo, è sempre sufficientemente grande da
contenere un numero molto alto di molecole. Di conseguenza, quando parliamo
di elementi infinitamente piccoli di volume, intenderemo sempre quelli che sono
"fisicamente" infinitamente piccoli, vale a dire molto piccoli rispetto al volume del
corpo considerato, ma grandi rispetto alle distanze fra le molecole. Le espressioni
particella di .fl'Uidoe p'Unto in 'Un .fl7J.idodevono essere interpretate in tal senso.
Se, ad esempio, parliamo dello spostamento cli una certa particella di fluido, non
intendiamo .lo spostamento di una. singola molecola, ma quello di un elemento cli
volume che contiene molte molecole, ciononostante considerato come un punto in
dina.mica dei fluidi.
Per descrivere matematicamente lo stato cli un fluido in movimento, si utiliz-
zano funzioni che danno la distribuzione della. velocità del fluido v = v(:i:, y, z, t)
e cli due qualsiasi grandezze termodinamiche pertinenti al fluido quali la pressione
p(:r, y, z, t) e la densità p(.r, y, z. i). Tutte le grandezze termodinamiche sono de-
terminate dai valori cli due qualsiasi cli esse, insieme all'equazione cli stato: da.te,
quindi, cinque quantità, va.le a dire le tre componenti della velocità v, la pressione p
e la densità p, Io stato del fluido in movimento risulta. completamente determinato.
Tutte queste quantità sono, in generale, funzione delle coordinate x, y, z e del
tempo t. Va sottolineato che v(.T, y, z, t) è la velocità. del fluido in un dato punto
(x, y, z) dello spazio all'istante /;, cioè si riferisce a punti determina.ti nello spazio
e non alle particelle specifiche del fluido che si muovono nello spazio nel corso cli
tempo. Le stesse osservazioni si applicano a p e p.
Deriviamo ora le equazioni fondamentali della dinamica dei fluidi. Cominciamo
con l'equazione che esprime la conservazione della materia. Consideriamo un certo
volume spaziale Va. La massa del fluido in questo volume è J pdV, dove p è la den-
sità del fluido e l'integrazione è estesa all'intero volume Va. La massa di fluido che
fluisce nell'unità. cli tempo attraverso un elemento df della superficie che delimita
questo volume è pv · clf; il modulo del vettore df è uguale all'area dell'elemento cli
superficie e la sua direzione è lungo la normale uscente. Per convenzione, prendia-
mo il segno positivo cli df lungo la normale uscente. Il prodotto pv · df è positivo
se il fluido si muove nel verso uscente da.I volume, negativo nel verso entrante. La
2 FLUIDI IDEALI Cap. I
.fpv · df,
-:tI peli!.
Uguagliando le due espressioni, abbiamo
p pv · df = / divpvdV
Pertanto
/ (it + divpv) dii = O.
Poiché questa equazione deve valere per qualsiasi volume, l'integrando deve annul-
la.rsi, cioè
8p d"
at
+ 1vpv, (1,2)
che è l'eq1wzione di contfr1,11,ità.Sviluppando l'espressione divpv, possiamo anche
scrivere la (1,2) come
8
P.+pclivv+v-gradp=O. (1,3)
8t
Il vettore
j = pv (1,4)
è chiamato densità di flusso di massa. La sua direzione è quella del moto del
fluido, mentre il suo modulo è uguale alla massa del fluido che attraversa nell'unità
di tempo una superficie unitaria normale alla direzione della velocità.
§ 2. L'equazione di E11,lero
Consideriamo un certo volume nel fluido. La forza totale agente su questo
volume è uguale all'integrale
-_tpdf
-p·pdf = - / gradpdV
§2 L'EQUAZIONE DI EULERO 3
dv
p dt = -gradp. (2,1)
La derivata dv/ dt che appare nella precedente equazione sta ad indicare non la
variazione della velocità del fluido in un punto fissato dello spazio, ma la variazione
della velocità di una data particella di fluido che si muove nello spazio. Questa
derivata deve essere espressa in termini di quantità che si riferiscono a punti fissati
nello spazio. A tal fine osserviamo che la variazione dv della velocità di una data
particella di fluido, nell'intervallo di tempo dt, è determinata da due contributi, la
variazione della velocità in un punto fissato dello spazio nel tempo dt e la differenza
tra le velocità (nello stesso istante) in due punti dello spazio distanti dr l'uno
dall'altro, dove dr è la distanza coperta dalla particella del fluido nell'intervallo di
tempo dt. Il primo contributo è dato da
dove la derivata 8v / 8t è presa con :r, y, z costanti, cioè in un dato punto dello
spazio. Il secondo contributo è dato da
av av av
d1:-a
•1:
+ cly-ay + dz-a z = (clr · grad)v .
Di conseguenza
av
dv= atclt + (clr · grad)v,
1
oppure, dividendo entrambi i membri per dt ),
clv av
- = - + (v·grad)v. (2,2)
clt at
Sostituendo quest'ultima nella (2,1), otteniamo
dv 1
-d
t
+ (v · grad)v = --gradp.
p
(2,3)
Questa è l'equazione del moto del fluido che stavamo cercando; fu ottenuta da
L. Eulero nel 1755. Essa è chiamata eqv.azione di E·ulero ed una delle equazioni
fondamentali della dinamica dei fluidi.
1
} La derivata d/ dt così definita è generalmente chiamata derivata temporale sostanziale, per
sottolineare il suo legame con il moto della sostanza.
4 FLUIDI IDEALI Cap. I
Dv gradp
-a
t
+ (v. grad)v = ---
p
+ g. (2,4)
Nel derivare le equazioni del moto non abbiamo in alcun modo tenuto conto dei
processi cli dissipazione dell'energia, che possono aver luogo in un fluido in mo':"i-
niento come conseguenza degli attriti interni (viscosità) al fluido e degli scambi cli
calore tra le sue diverse parti. L'intera discussione in questo e nei successivi para-
grafi del presente capitolo, quindi, ha validità solo se si considerano moti cli fluidi
cli cui possono esser trascurate la conduttività termica e la viscosità; tali fluidi si
chiamano ideali.
L'assenza cli scambi cli calore tra le diverse parti cli un fluido (e quindi anche
tra il fluido e i corpi con esso eventualmente in contatto) significa che il moto è
adiabatico in tutto il fluido. Si deve necessariamente assumere, pertanto, che il
moto cli un fluido ideale sia adiabatico.
In un moto adiabatico l'entropia cli ciascuna particella cli fluido rimane costante
durante il moto della particella nello spazio. Indicando con s l'entropia per unità
cli massa, possiamo esprimere la condizione per il moto adiabatico come
ds
-=O (2,5)
clt '
dove la derivata totale rispetto al tempo denota, come nella (2,1), la vanaz10ne
dell'entropia per mm data particella cli fluido in movimento. Questa condizione
può anche essere scritta
-fJs + v·grads = O. (2,6)
fJt
Questa è l'equazione generale che descrive il moto adiabatico cli un fluido ideale.
Utilizzando la (1,2), possiamo scriverla come una "equazione cli continuità" per
l'entropia:
a(ps) .
-a-+ cl1v(psv) = o. (2,7)
t
Il prodotto psv è la densità di .fl,v,sso di entrnpia,.
L'equazione adiabatica può essere resa in una forma più semplice. Se, come
generalmente accade, l'entropia è costante in tutto il volume del fluido ad un certo
istante cli tempo iniziale, essa conserverà lo stesso valore costante a tutti i tempi e
per ogni successivo moto del fluido. In questo caso possiamo scrivere l'equazione
adiabatica semplicemente come
s = costante, (2,8)
e nella trattazione che segue useremo generalmente questa forma. Un simile moto
è eletto isoentropico.
§2 L'EQUAZIONE DI EULERO 5
Useremo il fatto che il moto è isoentropico per rendere l'equazione (2,3) in una
forma leggermente diversa. Per farlo, impieghiamo la nota relazione termodinamica
dw = Tds + Vclp,
dove w rappresenta l'entalpia per unità di massa del fluido, V = 1/ p è il volume
specifico e T la temperatura. Poiché s = costante, otteniamo semplicemente
1
dw = Vdp = -dp,
p
e così (gradp)/p = gradw. L'equazione (2,3) può allora essere scritta nella forma
EJv
8t + (v · grad)v = -grad w. (2,9)
Vn = O. (2,12)
Nel caso generale di una superficie in movimento, Vn deve essere uguale alla corri-
spondente componente della velocità della superficie.
All'interfaccia tra due fluidi immiscibili, la condizione al contorno è che le com-
ponenti della pressione e della velocità normali alla superficie cli separazione siano
uguali per entrambi i fluidi e ciascuna cli queste componenti della velocità sia uguale
alla corrispondente componente della velocità del moto della superficie.
Come è stato già eletto all'inizio del§ 1, lo stato fisico di un fluido in movimento
è determinato da cinque quantità: le tre componenti della velocità v e, ad esempio,
la pressione p e la densità p. Di conseguenza un sistema completo cli equazioni
idrodinamiche deve contenerne un numero pari a cinque. Per un fluido ideale queste
sono le equazioni di Eulero, l'equazione cli continuità e l'equazione adiabatica.
6 FLUIDI IDEALI Cap. I
PROBLEMA
p (ax)
8a t = Po,
dove Po(a) è una distribuzione di densità iniziale data. Per definizione, la velocità cli una
particella cli fluido è v = (8x/8t)a e la derivata (8v/8t) 0 è la variazione della velocità della
particella durante il suo moto. L'equazione di Eulero diviene
e l'equazione adiabatica
§ 3. Idrostatica
Per un fluido a riposo in un campo gravitazionale uniforme, l'equazione di
Eulero (2 ,4) assume la forma
gradp = pg. (3,1)
Questa equazione descrive l'equilibrio meccanico del fluido. (In assenza cli for-
ze esterne, l'equazione di equilibrio diventa semplicemente grad p = O, ovvero
p = costante; la pressione è la stessa in ciascun punto del fluido.)
L'equazione (3,1) può essere immediatamente integrata se si può supporre che
la densità del fluido sia costante in tutto il suo volume, in altre parole se il fluido
non subisce alcuna significativa compressione sotto l'azione di una forza esterna.
Prendendo l'asse z verticale orientato verso l'alto, abbiamo
8p=8p=O 8p
8x 8y ' az = -pg.
Quindi
p = -pgz + costante.
Se il fluido a riposo possiede una superficie libera, ad altezza h, su cui viene appli-
cata una pressione esterna Po uguale in ciascun punto, tale superficie deve essere
2
l Nonostante tali variabili siano comunemente chiamate Lagrangiane, le equazio-
ni del moto in queste coordinate furono ottenute per la prima volta da Eulero,
contemporaneamente all'equazione (2,3).
§3 IDROSTATICA 7
Per grandi masse di fluido, e per un gas, la densità p non può essere in generale
assunta come costante; ciò vale soprattutto per i gas (l'atmosfera, ad esempio).
Supponiamo che il fluido non si trovi solo in uno stato di equilibrio rn.eccanico, ma
anche di equilibrio termico. La temperatura, allora, sarà la stessa in ogni punto
e l'equazione (3,1) può essere integrata nel seguente modo. Usian10 la consueta
relazione termodinamica
dcD= -sdT + V dp,
dove cDè il potenziale termodinamico (l'energia libera di Gibbs) per unità di massa.
A temperatura costante
1
dcI>= V dp = -dp.
p
Vediamo, quindi, che l'espressione (gradp) / p può essere scritta in questo caso come
grad cD,per cui l'equazione di equilibrio (3,1) assume la forma
grad cD= g.
Per un vettore costante g diretto lungo l'asse z nel verso negativo abbiamo
g =-grad(gz).
Di conseguenza
grad(cD + gz) = O,
gz è l'energia potenziale per unità di massa del fluido nel campo gravitaziona-
le. La condizione (3,3) è nota dalla fisica statistica come condizione di equilibrio
termodinamico per un sistema in un campo esterno.
Possiamo qui menzionare anche un'altra semplice conseguenza dell'equazione
(3,1). Se un fluido (come l'atmosfera, ad esempio) si trova in equilibrio meccanico
in un campo gravitazionale, in esso la pressione può essere funzione unicamente
della quota z (poiché se la pressione fosse diversa da punto a punto alla medesima
quota, ne risulterebbe un moto). Segue, dunque, dalla (3,1) che la densità
1 dp
p=--- (3,4)
g dz
è funzione anch'essa solo di z. Dato che la pressione e la densità determinano
univocamente la temperatura, anch'essa è funzione solo di z. Quindi, in condizioni
di equilibrio meccanico in un campo gravitazionale, le distribuzioni di pressione,
densità e temperatura dipendono esclusivamente dalla quota. Se, ad esempio, la
8 FLUIDI IDEALI Cap. I
temperatura fosse diversa in diversi punti del fluido alla stessa quota, l'equilibrio
meccanico sarebbe impossibile.
Deriviamo, infine, l'equazione di equilibrio per una grande massa di fluido, la
cui coesione sia dovuta all'attrazione gi·avitazionale (una stella). Sia cpil potenziale
gravitazionale Newtoniano del campo, dovuto al fluido. Esso soddisfa l'equazione
differenziale
(3,5)
dove G è la costante di gravitazione di Newton. L'accelerazione gravitazionale è
-grad cp e la forza su una massa p è -pgrad cp. La condizione di equilibrio ·è,
dunque,
gradp = -pgradcp.
Dividendo entrambi i membri per p, calcolandone la divergenza ed usando l'equa-
zione (3,5), otteniamo
1 d 7'2
--
dp)= -L!11Gp. (3,7)
r 2 dr ( p dr
ricondurlo alla sua posizione originaria. Ciò vuol dire che l'elemento considerato,
nella sua.nuova posizione, deve essere più pesante del fluido che esso ha "spostato".
Il volume specifico di quest'ultimo è V(p', s'), in cui s1 è l'entropia di equilibrio ad
altezza z + ç. Avremo, cli conseguenza, la condizione di stabilità
(av) > o.
8s P
ds
dz
dove cp è il calore specifico a pressione costante. Sia cp che T sono positivi, per
cui possiamo scrivere la (4, 1) come
(av)
aT p
cls
7
cl·-
> o. (4,2)
ds
->. 0 (4,3)
cl::;
cls
~) cl~+ (as) dz~ = cl~_ (av)dz~> 0_cp
dz ( 8T P cl~ 8p cl_, T d"'
T 8T cL P
(4,5)
10 FLUIDI IDEALI Cap. I
§ 5. L'equazione di Bernoulli
Le equazioni della dinamica dei fluidi si semplificano notevolmente nel caso di
un flusso stazionario. Per flusso staziona.rio intendiamo un moto in cui la velocità
sia costante nel tempo in ciascun punto occupato dal fluido. In altre parole, v è
una funzione delle sole coordinate, per cui éJv/éJt = O. L'equazione (2,10), allora,
si riduce alla
1
-grad v 2 - [v rot v] = -grad w. (5,1)
2
Introduciamo ora il concetto di linee di corrente definite come le curve la cui
tangente dà la direzione della velocità nel punto di tangenza a un istante dato; le
linee di corrente sono determinate dal seguente sistema di equazioni differenzi.ali:
dx dy dz
(5,2)
Nei flussi stazionari le linee di corrente non variano nel tempo e coincidono con le
traiettorie delle particelle di fluido. Nei flussi non stazionari tale coincidenza non
avviene e le tangenti alle linee di corrente danno le direzioni delle velocità delle
particelle di fluido nei vari punti dello spazio in un dato istante, mentre le tangenti
alle traiettorie danno le direzioni delle velocità delle particelle di fluido a tempi
diversi.
Moltiplichiamo entrambi i membri dell'equazione (5,1) per il versore della tan-
gente alla linea di corrente in ogni punto cli questa; indichiamo questo versore con
1. La proiezione del gradiente su ogni direzione è, come noto, la derivata rispetto
a quella direzione. Di conseguenza la proiezione cli grad w è 8w / éJl. Il vettore
[vrot v] è perpendicolare a v e quindi la sua proiezione sulla direzione 1 è nulla.
Otteniamo allora dall'equazione (5,1)
f) (v2 )
az 2 + w = o.
la direzione della forza gravitazionale quale asse z, con il verso positivo orientato
-v:ersol'alto. Il coseno dell'angolo tra le direzioni di g e di l è uguale alla derivata
-dz/dl, per cui la proiezione di g sul è
Si ha quindi l'equazione
rv-
1 9
+ 'W + gz = costante. (5,4)
§ 6. Ffosso di energia
Consideriamo un elemento di volume fisso nello spazio e troviamo in che modo
l'energia del fluido contenuto in tale elemento varia nel tempo. L'energia dell'unità
di volume del fluido è
1 0
2pv- + pE,
in cui il primo termine rappresenta l'energia cinetica e il secondo l'energia interna,
essendo E l'energia interna per unità di massa. La variazione d'energia è data dalla
derivata parziale rispetto al tempo
2
!!_ (!pv + pE) = 0.
òt 2
Per calcolare tale quantità, scriviamo
-a
8t
( -pv-
2
1 0)= --v-div
1 ·)
2
(pv) - V gradp - pV (v · grad) V.
8(1
- -pv- 9 + pE
)
(21 +
v-9 w ) div(pv) - pv · grad (1 9+ )
v- w ,
8t 2 2
o, in definitiva,
(6,1)
:t/ (~pv
2
+ pE) dV = -f (~v pv
2
+w). clf. (6,2)
(6,3)
può essere chiamata vettore densità di ,fl,·ussodi enei'!}ia. Il suo modulo è la quantità
di energia che passa nell'unità di tempo attraverso l'unità di superficie normale alla
direzione della velocità.
L'espressione (6,3) mostra che ogni unità di massa di fluido porta con se, durante
il moto, una quantità di energia. w + v 2 /2. Il fatto che qui compaia. l'entalpia w
e non l'energia interna E, ha un significato fisico semplice. Ponendo w = E+ p/ p,
possiamo scrivere il flusso di energia attraverso una superficie chiusa nella forma
-1· pv ( ~v
2
+E) · df - f pv · df.
il lavoro. compiuto dalle forze di pressione sul fluido contenuto all'interno della
s~1perficie.
§ 7. Flusso di imvu,lso
Forniremo ora. una serie di argomenti simili a quelli esposti nel para.grafo prece-
dente, per l'impulso del fluido. L'impulso per unità di volume è pv. Determiniamo
la sua variazione nel tempo,
8p
at
av; av; 1 8p
- = -v,.,-- - --,
at ax,,, pax;
otteniamo
a av; 8p 8(pv,.,)
-(pv;) = -pv1,,-- - - - 'L';--- =
at axk ax; 8x1;
= --
av - a
--(pv;vk),
8.T; 8x1;
e infine otteniamo
!!_(pv;) = - arri/,' (7,1)
at axk
in cui il tensore Ilu,, è definito come
p + pv2.
D'altra parte, nella direzione perpendicolare alla velocità, viene trasportata solo la
componente trasversa (rispetto a v) dell'impulso, la cui densità cli flusso è p.
calcolato lungo una certa linea chiusa, è chiamato circolazione della velocità lungo
quella. linea.
Consideriamo una linea chiusa tracciata idealmente nel fluido, ad un certo istan-
te cli tempo. Supponiamo che questa sia un "contorno fluido", vale a. dire composto
1
l La regola generale per trasformare un integrale su una superficie chiusa in uno su un volume
delimitato dalla medesima superficie, può essere formulata in questo modo: si sostituisce l'elemento
di superficie dfi con l'operatore dV8/8x;, che va applicato all'intera funzione integranda
a
dfi -+ dV Bx; .
§8 CONSERVAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE 15
da particelle di fluido disposte su di esso. Nel corso del tempo tali particelle si
muovono (,cl il contorno si muove con esse. Cerchiamo cli capire cosa accade alla
circolazione della velocità. Calcoliamo, in altre parole, la derivata temporale
r
.!!:._J,v·dl
dt ·
Qui abbiamo scritto la derivata totale rispetto al tempo, poiché il nostro interesse
riguarda la variazione della circolazione lungo un "contorno fluido" in movimento,
non lungo un contorno fisso nello spazio.
Per evitare confusioni, denoteremo per il momento la derivazione rispetto alle
coordinate con il simbolo o, riservando il simbolo d alla derivazione rispetto al
tempo. Notiamo, inoltre, che l'elemento cli lunghezza del contorno, dl, può essere
scritto in termini cli differenza or tra i vettori posizione r dei punti agli estremi
dell'elemento. Scriviamo dunque la circolazione della velocità come
.fv-or.
Nel derivare tale integrale rispetto al tempo, si deve tener presente che sia la velocità
che la forma del contorno cambiano. Nel portare la derivata temporale sotto il segno
di integrale, cli conseguenza, bisogna derivare non solo v ma anche or:
d 1. 1.dv 1. dor
dt j V. Or= j dt . Or+ j V. dt"
-d
clt
p v ·or= f
.
-dv · or.
dt
Rimane ora da sostituire all'accelerazione clv/ clt la sua espressione data dalla
(2,9):
dv
clt = -grad w.
Applicando la formula cli Stokes, abbiamo
#, -dv ·or=
clt
p rot (dv)
-
dt
. c5f= o,
in quanto rot grad w = O. Tornando, allora, alla notazione precedentemente usata,
troviamo che 1 )
1
) Questo risultato continua a valere in un campo gravitazionale uniforme, visto che in tal caso
rotg = O.
16 FLUIDI IDEALI Cap. I
oppure
.~· v · dl = costante. (8,1)
dove df è l'elemento di superficie del fluido che si estende all'interno del contorno
i5C. Il vettore rot v viene spesso chiamato vort'icità del flusso del fluido in ui1 dato
punto. La costanza del prodotto (8,2) può essere interpretata intuitivamente nel
senso che la vorticità si muove col fluido.
PROBLEMA
Mostrare che in un flusso non isoentropico, ciascuna particella in moto porta con sé un
valore costante del prodotto (1/p)grads · rotv (H. Er-tel, 1942).
Sol'Uzione. Se il flusso non è isoentropico, il secondo membro dell'equazione di Eulero
(2,3) non può essere sostituito con -grad w e, perciò, la (2,11) diviene
aw=
-a. rot[vw]
1
+ -,,[gradpgradp],
t p-
dove per brevità abbiamo posto w = rot v. Moltiplichiamo sca1annente questa ug1rnglianza
per grad s; poiché s = s(p, p), grad s è una funzione lineare di gradp e grad p, così che il
prodotto grad s · [grad p grad p] = O. Il secondo membro dell'equazione può essere allora
trasformato nel seguente modo:
aw
grad s · 8t = grad s · rot[vw] =
= -div[grads[vw]J =
= -div(v(w · grad s)) + div(w(v · grad s)) =
= -(w -grads)divv- v · grad(w · grads) + w · grad(v · grads).
Dalla (2,6), v · grads = -8s/8t e quindi
a ·grads) + v · grad(w
a/w · grads)
.
+ (w· grads)d1vv = O.
2
l Dal punto di vista matematico, è necessario che sussista una corrispondenza biunivoca tra
p e p (che per un flusso isoentropico è l'equazione s(p, p) = costant;e); allora -(1/ p)gradp può
essere scritto come il gradiente di una certa funzione, condizione necessaria nella derivazione del
teorema di Kelvin.
§9 FLUSSO POTENZIALE 17
I primi due-termini possono essere combinati come d(w, grad s )/dt, dove d/dt = 8/fJt + v,
grad; nel1'~1ltimo termine poniamo, dalla (1,3) pdivv = -clp/clt. Come risultato otteniamo
!!:_
dt
(w·grads)
p
= o,
§ 9. Fl'll.sso potenziale
Dalla legge cli conservazione della circolazione possiamo derivare un risultato
importante. Supponiamo, innanzitutto, che il flusso sia stazionario e consideriamo
una linea cli corrente cli cui sappiamo che rot v vale zero in un certo punto. Pren-
diamo un contorno chiuso arbitrario infinitamente piccolo, che circondi la linea cli
corrente in quel punto. Nel corso del tempo tale contorno si muove con il fluido,
pur continuando a circondare la stessa linea cli corrente. Poiché il prodotto (8,2)
deve rimanere costante, segue che rot v deve essere zero in ogni punto della linea.
Giungiamo, pertanto, alla conclusione che se in un punto qualunque cli una linea
cli corrente la vorticità è zero, lo stesso vale in ogni altro punto della medesima linea.
Se il flusso non è stazionario, vale lo stesso risultato, purché invece cli una linea
cli corrente si prenda in considerazione la traiettoria descritta nel tempo da una
particolare particella cli fluido l); ricordiamo che nei flussi non stazionari queste
traiettorie non coincidono, in generale, con le linee cli corrente.
A prima vista sembrerebbe possibile basare su questo risultato la seguente ar-
gomentazione. Consideriamo un flusso stazionario attorno ad un dato corpo. Sup-
poniamo il flusso incidente uniforme all'infinito; poiché la sua velocità v è costante,
rot v = O su tutte le linee cli corrente. Concludiamo, cli conseguenza, che rot v
vale zero per tutta l'estensione cli ogni linea cli corrente, in altre parole in tutto lo
spazio.
Un flusso per cui rot v = O in tutto lo spazio si dice fl-usso pot.en.~·iale oppure
flusso irrntaziona.le, per distinguerlo da un .flnsso rnta.ziona.le per cui il rotore della
velocità non è ovunque zero. Potremmo concludere, quindi, che un flusso staziona.-
rio e uniforme proveniente dall'infinito, attorno ad un corpo qualunque, deve essere
un flusso potenziale.
Analogamente, dalla legge cli conservazione della circolazione della velocità,
potremmo dedurre che, se a.clun certo istante, in tutto il volume del f-luiclo,il flusso
è potenziale, allora la circolazione della velocità lungo ogni contorno chiuso nel
f-luiclovale zero 2 ). Dal teorema cli Kelvin, potremmo concludere che ciò varrà ad
ogni successivo istante, troveremmo cioè che, se il flusso è potenziale ad un certo
istante, allora lo sarà a tutti gli istanti successivi (in particolare, potremmo dedurre
1
) Per evitare confusione, occorre menzionare il fatto che questo risultato perde di ogni signifi-
cato nol caso di flussi turbolenti. Va evidenziato, inoltre, che la vorticità può essere non nulla su
una linea. di corrente, dopo che questa abbia incont;ra.to un'onda d'urto. Vedremo nel para.grafo
§ 1°1che ciò avviene in quanto il flusso cessa. di essere isoentropico
~) Qui st;iamo assumendo, per semplicità, che il fluido occupi una regione cli spazio semplicemen-
te connessa. Un risultato del tutto analogo si potrebbe ottenere per una regione molteplicemente
connessa, anche se in tal caso bisognerebbe porre delle rest;rizioni sulla. scelta dei contorni.
18 FLUIDI IDEALI Cap. t
che ciascun flusso per cui il fluido sia inizialmente a riposò deve essere un flusso
potenziale). Ciò è in accordo con il fatto che se rot v = O,l'equazione (2,11) risultà
identicamente soddisfatta.
Tutte queste conclusioni, in realtà, hanno una validità molto limitata. La mo-
tivazione sta nel fatto che la dimostrazione data sopra che rot v = O lungo tutta
una linea di corrente è, in senso stretto, non valida per una linea che giace sulla
superficie del solido avvolto dal flusso, poiché la presenza della superficie rende
impossibile concepire un contorno chiuso nel fluido che circondi questa linea. Le
equazioni del moto di un fluido ideale, dunque, ammettono soluzioni per cui av-
viene una separazione sulla superficie del corpo: le linee di corrente, che hanno
seguito la forma della superficie per una certa distanza, si staccano da essa in un
certo punto e continuano all'interno del fluido.
Lo schema di flusso risultante è caratterizzato
dalla presenza di una "superficie di disconti-
nuità tangenziale" che parte dal corpo; su que-
sta superficie la velocità del fluido, che è ovun-
que tangente alla superficie, ha una disconti-
nuità. In altre parole, alla superficie di sepa-
razione uno strato cli fluido "scivola" sull'altro
adiacente. La figura 1 mostra una superficie cli
discontinuità che separa il fluido in movimento,
da una regione cli stazionarietà dietro al corpo.
Da un punto di vista matematico, la disconti-
Fig. 1 nuità che subisce la componente tangenziale del-
la velocità, corrisponde ad una superficie su cui
il rotore della velocità è non nullo.
Se si tiene conto dei flussi discontinui, la soluzione delle equazioni del moto per
un fluido ideale non è unica: a parte il flusso continuo, esse ammettono anche un
numero infinito cli soluzioni che possiedono superfici cli discontinuità tangenziale
aventi origine da qualunque linea cli corrente giacente sulla superficie del corpo im-
merso nel fluido. Va notato, comunque, che nessuna cli queste soluzioni discontinue
è fisicamente significativa, poiché le discontinuità tangenziali sono assolutamente
instabili e ne risulta un flusso turbolento (si veda il capitolo III).
In ogni caso, il problema fisico reale del flusso attorno ad un dato corpo ha
una soluzione unica. Il motivo è che un fluido ideale non esiste nella realtà e
ogni fluido reale possiede una certa viscosità, seppur minima. Questa può non
avere alcun effetto pratico sul moto del fluido ma, per quanto piccola, essa risulta
determinante per uno strato sottile di fluido adiacente al corpo. Le proprietà del
flusso in questo stmto limite definiscono la validità cli una soluzione, tra le infinite
possibili delle equazioni del moto per un fluido ideale. Nel caso generale cli fluidi
attorno a corpi cli forma arbitraria, si trova che le soluzioni valide sono quelle con
separazione, che a loro volta portano all'apparizione della turbolenza.
Malgrado quanto sopra eletto, lo studio delle soluzioni delle equazioni del moto
per un flusso potenziale stazionario continuo attorno a corpi arbitrari è, in alcuni
casi, molto importante. Nel caso generale cli corpi di forma arbitraria, lo schema
§9 FLUSSO POTENZIALE 19
del flusso reale non mostra quasi alcuna relazione con quello del flusso potenziale
ma, per cqrpi dotati di forme particolari ("aerodinamici", cfr. § 46), il flusso reale
pJiò differire di molto poco dal flusso potenziale; più precisamente, esso coinciderà
con quest'ultimo a meno di un sottile strato di fluido sulla superficie del corpo e di
una "scia" relativamente limitata dietro il corpo.
Un altro caso importante di flusso potenziale si ha per piccole oscillazioni di un
corpo immerso in un fluido. È facile mostrare che, se l'ampiezza a delle oscillazioni
è piccola rispetto alla dimensione lineare l del corpo (a « l), il flusso attorno al
corpo è un flusso-potenziale. Per questo, stimiamo l'ordine di grandezza dei vari
termini nell'equazione di Eulero
8v
8t + (v · grad)v = -gradw.
La velocità v cambia drasticamente (di una quantità del medesimo ordine cli
grandezza della velocità del corpo oscillante, u) su una distanza dell'ordine della
dimensione l del corpo. Pertanto le derivate cli v rispetto alle coordinate sono
dell'ordine cli u/l. L'ordine cli grandezza cli v stesso (a distanze piuttosto picco-
le dal corpo) è determinato dalla grandezza cli u. Di conseguenza abbiamo che
(v · grad)v ~ u 2 /Z. La derivata 8v/8t è dell'ordine cli wu, dove w è la frequenza
delle oscillazioni. Poiché w ~ u/ a, abbiamo 8v / 8t = u 2 / a. Dato che a « l che
il termine (v · grad)v è piccolo rispetto a 8v/8t e può essere trascurato, per cui
l'equazione del moto del fluido diviene 8v / 8t = -grad w. Prendendo il rotore cli
entrambi i membri, otteniamo
a
-rotv =O
8t '
da cui rot v = costante. Nel moto oscillatorio, comunque, la media temporale della
velocità è zero e quindi rot v = costante implica rot v = O. In definitiva, allora,
il moto cli un fluido che esegue piccole oscillazioni è, in prima approssimazione, un
flusso potenziale.
Troviamo ora alcune proprietà generali del flusso potenziale. Ricordiamo innan-
zitutto che la derivazione della legge cli conservazione della circolazione, con tutto
ciò che ne consegue, è stata basata sull'assunzione che il flusso fosse isoentropico.
Se così non è, la legge non è valida e quindi, anche se il flusso è potenziale ad un
certo istante, in generale la vorticità sarà non nulla agli istanti successivi. Si può
concludere allora che solo un flusso isoentropico può essere un flusso potenziale.
Per un flusso potenziale la circolazione della velocità lungo una qualsiasi linea
chiusa è nulla:
.f v · dl =/ rot v · df = O. (9,1)
Da ciò segue, in particolare, che non possono esistere in un flusso potenziale linee
cli corrente chiuse 3 ). Poiché la direzione cli una linea cli corrente coincide in ogni
3
) Questo risultato, come la (9,1), può non essere valido per moti in regioni di spazio moltepli-
cemente connesse. Per un flusso potenziale in una tale regione, infatti, la circolazione della velocità
può risultare non nulla se il contorno chiuso, lungo cui viene calcolata, non può essere ridotto per
deformazione continua ad un punto senza intersecare i confini che delimitano la regione stessa.
20 FLUIDI IDEALI Cap. I
punto con la direzione della velocità, la circolazione lungo tale linea non può mai
essere nulla.
In un flusso rotazionale la circolazione della velocità, in generale, non è nulla.
In questo caso possono esistere liiiee di corrente chiuse, ma bisogna evidenziare
il fatto che la presenza di linee di corrente chiuse non è una; proprietà necessaria
affinché un flusso sia rotazionale.
Come ogni campo vettoriale avente circolazione nulla, la velocità in un flusso
potenziale può essere espressa come il gradiente di una certa grandezza scalare.
Quest'ultima prende il nome di potenziale di velocità e la denoteremo con il sin1bolo
cp:
v = gradcp. (9,2)
Scrivendo l'equazione di Eulero nella forma (2,10)
-fJv + -gradv-
1 9
- [vrotv] = -gradw
f)t 2
e sostituendovi v = grad cp, abbiamo
fJcp 1 9
grad ( f)t + v-
)
2 +w = O,
da cui
fJcp 1 9 •
8t + 2v- + w = .f (t), (9,3)
dove f (t;) è una funzione arbitraria del tempo. Questa equazione è un integrale
primo delle equazioni del flusso potenziale. La funzione f (L) nella (9,3) può essere
posta uguale a zero senza perdere generalità, perché il potenziale non è univoca-
mente definito: essendo la velocità la derivata spaziale di cp, possiamo aggiungere
a cp una qnalsiasi funzione del tempo.
Per un flusso stazionario abbiamo (prendendo il potenziale cp indipendente dal
tempo) fJcp/fJt = O, f(t) = costante, per cui la (9,3) si riduce all'equazione cli
Bernoulli:
1 o
-v- + w = costante. (9,4)
2
È importante notare la profonda differenza tra l'equazione di Bernoulli per il flusso
potenziale e per gli altri flussi. Nel caso generale, la costante al secondo membro
della (9A) è una quantità che resta invariata lungo una qualsiasi linea cli corrente,
ma in genere can1bia da linea a linea. Nel caso del flusso potenziale, invece, essa è
la stessa in tutto il volume del fluido. Questo accresce ulteriormente l'importanza
dell'equazione cli Bernoulli nello studio del flusso potenziale.
§ 1 O. Fluidi incomprimibili
Nella maggioranza dei casi cli flusso cli fluidi, si può supporre che la loro densità
non vari, vale a dire che resti costante in tutto il volume del fluido e per l'intero suo
moto. In altre parole, in questi casi non si osserva alcuna apprezzabile compressione
o espansione del fluido. Si parla, allora, cli flusso di un .flv,ido incompTimibile.
§ 10 FLUIDI INCOMPRIMIBILI 21
Per un fluido incomprimibile le equazioni generali della dinamica dei fluidi ven-
gono note.volmente semplificate. L'equazione cli Eulero, infatti, resta invariata se
poniamo p = costante, e p può essere portata all'interno dell'operatore gradiente
nell'equazione (2,4):
8v p
- + (v · grad)v = -grad - + g. (10,1)
at P
D'altra parte l'equazione cli continuità, per p = costante, assume la semplice forma
clivv=O. (10,2)
Poiché la densità non è più una funzione incognita come nel caso generale, pos-
siamo scegliere cli comporre il sistema fondamentale cli equazioni della dinamica dei
fluidi, nel caso cli fluidi incomprimibili, con equazioni dipendenti dalla sola velo-
cità.. Queste posso essere, ad esempio, l'equazione cli continuità. (10,2) e l'equazione
(2,11):
[)
"(rotv) = rot[vrotv]. (10,3)
ut
Anche l'equazione cli Bernoulli può essere scritta in forma più semplice per un
fluido incomprimibile. L'equazione ( 10, 1) differisce cla11'equazione cli Eulero nella
sua forma generale ( 2, 9) per il fatto che in essa compare il termine grad (p/ p) in-
vece cli grad w. Possiamo perciò riscrivere l'equazione cli Bernoulli, semplicemente
sostituendo l'entalpia nella (5,4) con p/p:
1 ?
-v~ + JJ
- + g::; = costante. (10,"1)
2 p
1
pv ( -v 2
+ JJ)
- . (10,5)
2 p
6.<p = o, (10,6)
cioè l'equazione cli Laplace l) per il potenziale <p. A questa equazione vanno ag-
giunte delle condizioni al contorno sulle superfici dove il fluido incontra corpi solidi.
1
) Il potenziale di velocità. fu introdotto per la prima volta da Eulero, il quale ottenne per esso
un'equazione della forma (10,6); questa divenne successivamente nota come equazione di Laplace.
22 FLUIDI IDEALI Cap. I
Sulle superfici fisse di solidi, la componente Vn della velocità del fluido normale al-
la superficie deve essere zero, mentre per superfici in movimento essa deve esser.e
uguale alla componente normale della velocità della superficie stessa (che è una
funzione data del tempo). La velocità Vn, in ogni caso, è pari alla derivata del
potenziale <plungo la normale: vn = o<p/ on. Pertanto, le condizioni al contorno
generali sono che, ai bordi, O<p / on deve essere una data funzione delle coordinate
e del tempo.
Per un flusso potenziale, la velocità è legata alla pressione dall'equazione (9,3).
In questa, per un fluido incomprimibile, possiamo rimpiazzare w con p/ p:
o<p+
8t
!v2
2
+ '!!.
p
= f"(t).
.
(10,7)
Notiamo la seguente importante proprietà del flusso potenziale cli un fluido incom-
primibile. Supponiamo che un corpo solido si muova attraverso il fluido. Se ne
risulta un flusso potenziale, esso dipenderà in ogni istante solo dalla velocità del
moto del corpo in quello stesso istante e non, ad esempio, dalla sua accelerazione.
Infatti nell'equazione (10,6) non appare esplicitamente una dipendenza temporale,
che invece entra in gioco nella soluzione attraverso le condizioni al contorno che
contengono solo la velocità del corpo in movimento.
Dall'equazione cli Bernoulli, v 2 /2 + p/ p =
costante, vediamo che nel flusso stazionario di
un fluido incomprimibile (in assenza cli cainpo
gravitazionale), la pressione massima si ottiene
nei punti in cui la velocità è nulla. Di solito
tali punti si trovano sulla superficie dei corpi
immersi nel fluido (nel punto O in figura 2),
e sono chiamati ]J'ltni'icritici o di ar"T"esto.Se
u è la velocità della corrente incidente (cioè.la
velocità del fluido all'infinito) e p 0 la pressione
all'infinito, allora la pressione al punto di critico
è
Fig. 2 1 9
Pmax =Po+ -pH-. (10,8)
2
So la distribuzione cli velocità in un fluido in moto dipende solo da due coordi-
nate (x ed y, ad esempio) e la velocità è ovunque parallela al piano .1:y, il flusso si
dice bidimensionale o planare. Per risolvere problemi cli flussi bidimensionali per
un fluido incomprimibile è, talvolta, conveniente, esprimere la velocità in termini
di ciò che viene chiamata funzione di corrente. Dall'equazione cli continuità
.
d lVV=
_ OVx
--
+ --OVy =
O
ox ov
vediamo che le componenti della velocità possono esser scritte come derivate
OVJ (10,9)
Vy =- OX.
§ 10 FLUIDI INCOMPRIMIBILI 23
di una ce1:ta funzione 1/J(x, y), chiamata appunto funzione di corrente. L'equazione
di contim{ità viene allora automaticamente soddisfatta. Sostituendo l'equazione
(lÒ,9) nella (10,3), invece, otteniamo l'equazione che deve soddisfare la funzione cli
corrente:
(10,10)
oppure vyd.T vxdY = O ed esprime il fatto che la direzione della tangente ad una li-
nea cli corrente coincide in tutti i punti con la direzione della velocità. Sostituendovi
la (10,9), abbiamo
EJ·ij; EJ·ij;
~d:r; + ~cly = cl-ij;= o,
ux uy
da cui ·ij;= costante. Le linee cli corrente, quindi, sono la famiglia di curve ottenute
uguagliando la funzione cli corrente ·ij;(x,y) ad una costante arbitraria.
Se tracciamo una qualsiasi curva tra due punti A e B nel piano :ry, il flusso
cli massa Q attraverso tale curva è dato dalla differenza tra i valori della funzione
cli corrente nei due punti, indipendentemente dalla forma della curva. Se Vrz è la
componente della velocità normale alla curva in ogni punto, abbiamo
Q
JB JB
= p ./;i v 11cll = p ,'f,l (-vydx + v,,cly) = p.
;·B
A ch/1,
o, equivalentemente,
Q = p(i/'B - ij1.4). (HJ,11)
Per corpi di diversi profili immersi in un fluido incomprimibile, esistono potenti
metodi cli soluzione per i problemi di flusso potenziale bidimensionale, metodi che
coinvolgono l'applicazione della teoria delle funzioni cli variabile complessa 2 ). Alla
base di questi metodi sono le seguenti argomentazioni. Il potenziale e la funzione
cli corrente sono legate alle componenti della velocità dalle relazioni 3 )
EJcp EJ-ij,, EJcp EJ'lj;
EJx = -EJy,
Vx= - V-----
. y - EJy- EJx.
Dal punto cli vista matematico, queste relazioni tra le derivate delle funzioni cp e
·ij;sono del tutto analoghe alle ben note condizioni di Cauchy-Riemann, affinché
l'espressione complessa
'W = cp+ i'lj; (10,12)
2
) Una descrizione più dettagliata di tali metodi e delle loro numerose applicazioni si può
trovare uei numerosi testi che trattano la dinamica dei fluidi da una prospett;iva più prettamente
matematica. Qui verranno descritti solo i concetti fondamentali.
3
) L'esistenza della funzione di corrente dipende solo dalla bidimensionalità del flusso, non
necessariamente dal suo essere un flusso potenziale.
FLUIDI IDEALI Cap. I
sia una funzione analitica della variabile complessa z = x + iy. Ciò significa che la
funzione w(z) possiede una derivata ben definita in ogni punto ·
dw EJ<.p .EJ'l/1 .
--=-
d"'
= -0 . + 0 . =
X X
i- Vx - 'lVy. (10,13)
dw ·e
- =ve- 1
•• (10,14)
dz
Su una superficie solida attorno cui fluisce il fluido, la velocità deve essere
diretta lungo la tangente ad essa. Ciò vuol dire che il profilo cli contorno della
superficie deve essere una linea cli corrente, ovvero lungo esso ·~J = costante; la
costante può essere presa uguale a zero per cui il problema del flusso che avvolge
un dato contorno si riduce alla determinazione cli una funzione analitica w( z) che
assuma valori reali sul contorno. Il problema diventa più complicato quando il
fluido ha una superficie libera (si veda il problema 9 alla. fine del para.grafo).
L'integra.le cli una. funzione analitica. calcolato lungo un qualsiasi contorno chiuso
C va.le 27f'imoltiplicato per la. somma. dei residui della. funzione nei suoi poli semplici
contenuti all'interno cli C; pertanto
iw 1
=
.r clz 27f'i~A1,;,
k
.1 = .1
1
w clz (v,,,- ivy) (cl:i;+ icly) =
La parte reale cli questa. espressione non è altro che la. circolazione della. velocità r
lungo il contorno C. La. parte immaginaria., moltiplicata per p, è invece il flusso cli
massa attraverso C; se non vi è alcuna sorgente cli fluido all'interno del contorno,
questo flusso è zero e, quindi, abbiamo semplicemente
pv2
!:,.p~-9.
e-
PROBLE:i\II
p 1 o o
- = -O·(x· + y-)o - g:: + costante.
p 2
Sulla superficie libera p = costante, per cui la superficie è un paraboloide:
26 FLUIDI IDEALI Cap. I
1 • • du
p = p0 + -p1c(4cos·
2
e- 3) + pRn · -d .
t
M = p f (xv 11 - yvx)dV
8<p 2Da.2
V~ = -;:;-
u:z:
+ 0, y , y,
= ----,,--------
a.· + 6.
I
Vy = - a,2 + b2 X,
Le traiettorie cli moto relativo si trovano integrando le equazioni i = v~, y = v;1 e cor-
rispondono alle ellissi x 2 /a.2 + y 2 /b 2 = costante, che sono simili all'ellisse che delimita il
fluido.
5. Determinare il flusso in prossimità ciel punto critico (fig. 2).
Sol'll.zione. Si può considerare una piccola porzione cli superficie ciel corpo, in prossimità
ciel punto critico, come piana. Prendiamo questa come piano :z:y. Sviluppando <pper 1:,y, z
piccoli, abbiamo, fino ai termini ciel secondo ordine,
un termine costante in <p è del tutto irrilevante. I coefficienti costanti sono determinati. in
modo tale che <psoddisfi l'equazione 6.ip = O con le condizioni al contorno Ve = 8ip/8z = O
per z = O e qualunque ~:, y e 8ip/8x = 8ip/8y = O per x = y = z = O (il punto critico).
Ciò fa sì che o = b = c = O; C = -A: - B, E = F = O. Il termine Dxy può essere sempre
rimosso mediante una opportuna rotazione degli assi x ed y. Abbiamo perciò
ip = Ax 2 + By 2 - (A+ B)z 2
. (1)
ip = Ar" cosne, n=
per cui
1
v.,. = nAr.,,_ 1 cosne, vo = -nAr 11
- sin ne.
Per n < 1 (flusso attorno ad un angolo convesso, fig. 3), v.,. diverge nell'origine come
1/r 1 -". Per n > 1 (flusso all'interno cli un angolo concavo, fig. 4), v si annulla per r = D.
La funzione cli corrente, che dà la forma delle linee cli corrente, è
Fig. ,1
Fig. 3
7. All'interno di un fluido incomprimibile che riempie tutto lo spazio, viene a formarsi
improvvisamente una cavità sferica di raggio a. Determinare quanto tempo impiega il
fluido a riempire la cavità (Besant, 1859; Rayleigh, 1917).
Sol'Uz'ione. A seguito della formazione della cavità si ha un flusso a simmetria sferica,
con velocità diretta in ogni punto lungo verso il centro della cavità. Per la velocità radiale
si ha
v,. =V< 0
e l'equazione cli Eulero in coordinate sferiche si scrive:
Dv Du 1 Dp
-+v-=---. (1)
ot Dr p Dr
Dall'equazione cli continuità
(2)
dove F( t) è una funzione arbitraria del tempo; questa equazione esprime il fatto che,
essendo il fluido incomprimibile, il volume che fluisce attraverso una qualsiasi superficie
sferica è indipendente dal raggio della superficie.
Sostituendo v dalla (2) nella (1), abbiamo
F' (t) Dv 1 Dp
--+v-=---
r2 Dr p Dr·
Integrando quest'ultima equazione su r variabile tra il raggio istantaneo della cavità,
R = R(t) ::é:a,
e l'infinito otteniamo
_ F'(t) + !v 2 = JJo (3)
R (t) 2 p
in cui V = dR( t) / dt è la variazione del raggio della cavità nel tempo e JJo il valore della
pressione all'infinito; la velocità. del fluido all'infinito è zero, così come la pressione sulla
superficie della cavità. Dall'equazione (2) per i punti sulla superficie della cavità, troviamo
F(t) = R 2 (t)V(t)
30 FLUIDI IDEALI Cap. I
3112 1 dV 2 Po
----R-=-. (4)
2 2 dR p
dR
11=-=- 2po (~ - l).
dt 3p R3
Di conseguenza siamo in grado cli trovare il tempo totale riecessario affinché la cavità venga
riempita dal fluido
{3p [° dR
T = 2Pa V
lo J(a/R)3 -1
L'integrale si riduce ad una funzione /3di Eulero e abbiamo infine,
7=::
3a2p11r(5/6) = 0.915a [i_
2po q1/3J VPo
8. Una sfera immersa in un fluido incomprimibile si espande secondo una data legge
R = R(t). Determinare la pressione del fluido sulla superficie della sfera.
Soluzione. Sia P(t) la pressione richiesta. Calcoli del tutto analoghi a quelli ciel
problema 7, ad eccezione ciel fatto che la pressione in r = R ora è P(t) e non zero, invece
che alla (3) danno l'equazione
F'(t) 1 2 Po P(t)
---+-V=----
R(t) 2 p p
lf+e ©
o
4-~' A'
----_!I_- ____ln7
c,9_'..__
•)
(e) ~ ,B A
I
@ I' @
! 1f
I'
e !B A
'
o
(f) A' B'
t C'ICB' A
-1
1-Q/p '
Fig. 5
variabile complessa w (fig. 5b), alla regione del flusso corrisponde una striscia infinita di
larghezza Q/ p (le notazioni per i punti nelle figure 5b,c,d corrispondono a quelle di figura
5a).
Introduciamo ora una nuova variabile complessa, il logaritmo della velocità complessa:
(,. = - ln [ -. 1._ 0
dw] = ln -V1 -1-1.. (. -7f -1-IJ)
- (1)
'/11E''"/- d:; 'l' 2
( = -i arcsin u. (3)
Le formule (2) e (3) danno la soluzione del problema, poiché forniscono la dipendenza di
clw/ clz da w in forma parametrica.
Determiniamo ora la forma del getto. Su BC abbiamo w = <p, ( = iU1r + B), mentre
u varia da 1 a O. Dalla (2) e dalla (3) otteniamo -
Q In (-cosB),
<p= -- (4)
p1r
e dalla (1)
cioè
clz =cl.T+ .cly
1.
1 iBcl<p= -e
= -e
V1
a1
7f
iO
tan 8cl8,
per cui integrando con le condizioni y = O, .T = a/2 per B = -1r, troviamo la for-
ma del getto espressa para.metricamente. In particolare, la compressione del getto vale
ai/a= 1r/(2 + 1r) = 0.61.
dove a ecl A sono indipendenti dalle coordinate; i termini omessi contengono de-
rivate cli ordine superiore cli 1/r. Si vede facilmente che la costante a deve essere
zero. Per un potenziale <p= -a.jr si ha, infatti, una velocità
a r
v = -grad- = a-. 3
r r
§ 11 FORZA DI RESISTENZA NEL FLUSSO POTENZIALE 33
1 3(A · 11)11- a
v = (A· grad)grad -,,. = .
r·3 , (11,2)
dove 11 è il versore della direzione dir. Vediamo che a grandi distanze la velocità
diminuisce come l/r 3 . Il vettore A dipende dalla forma e dalla velocità del corpo
e può esser determinato solo risolvendo completamente l'equazione 6r.p = O a tutte
le distanze, prendendo in considerazione le opportune condizioni al contorno sulla
superficie del corpo in movimento.
Il vettore A, che appare nella (11,2), è legato in maniera specifica all'energia e
all'impulso totali del fluido in moto attorno al corpo. L'energia cinetica totale del
fluido (l'energia interna di un fluido incomprimibile è costante) è
1 ;· pv 2 dV,
E=
2.
dove l'integrazione è presa su tutto lo spazio al di fuori del corpo. Prendiamo una
regione di spazio V delimitata da una sfera cli raggio R grande, il cui centro sia
nclrorigine ciel sistema di coordinate, ed integriamo inizialmente solo su V, facendo
successivamente tendere R ad infinito. Abbiamo identicamente
2 2
/ v cW = / u. clV + / (v + u) · (v - u)dV,
2
/ v clV = 1}(V - Va)+/ div[(r.p + u · r)(v - u)]clV.
f
.
v 2 clV=u. 2
(V-V 0 )+1
~+&
(r.p+u·r)(v-u)·df.
34 FLUIDI IDEALI Cap. I
j v dV = u
2 2 3
(~7TR - v0 ) + j [3(A ·n) (u · n) - (u · n) 2 R3 ] do.
(11,4)
dove m;k è un certo tensore simmetrico costante, le cui componenti possono essere
calcolate da quelle cli A; esso prende il nome cli tensore di massa indotta.
Conoscendo l'energia E, possiamo ottenere un'espressione per l'impulso totale
P del fluido. A questo proposito, notiamo che variazioni infinitesimali in E e P
sono legate da dE = u · dP 2 l; da ciò segue che, se E è espresso nella forma (11,4),
l l Integrare su o equivale a mediare la funzione integranda su tutte le direzioni del vettore n
e a moltiplicare per 4r.. Per mediare espressioni del tipo (A· n)(B · n) = A;n;B1,-n1,,,dove A, B
sono vettori costanti, notiamo che
2
) Supponiamo che il corpo sia accelerato da una qualche forza esterna F. L'impulso del
fluido aumenterà di conseguenza; indichiamo con dP l'incremento dell'impulso nel t;empo dt. Tale
incremento è legato alla forza da dP = Fdt e moltiplicando scalarmente per la velocità li si ottiene
li · dP = F · lidt, ovvero il lavoro compiuto dalla forza F agente per la distanza lidt, lavoro che
deve essere uguale all'aumento dE di energia del fluido.
Bisogna notare che non è possibile calcolare l'impulso direttamente come l'integrale f pvdV su
tutto il volume del fluido. La ragione sta nel fatto che questo integrale, con la velocità distribuita
secondo la (11,2), diverge, nel senso che il risultato dell'integrazione, sebbene finito, dipende da
come si calcola l'integrale: integrando, infatti, su una regione grande, le cui dimensioni si facciano
tendere all'infinito, otterremmo un valore dipendente dalla forma della regione (sfera, cilindro,
ecc.). Il metodo di calcolo dell'impulso qui usato, partendo dalla relazione li· dP = dE, conduce
ad un risultato finale ben definito, dato dalla formula (11,6), che certamente soddisfa la relazione
fisica tra la variazione dell'impulso e le forze agenti sul corpo.
§ 11 FORZA DI RESISTENZA NEL FLUSSO POTENZIALE 35
(11,5)
Va notato che l'impulso totale del fluido è una quantità finita ben definita.
L'impulso trasferito al fluido nell'unità di tempo dal corpo è dP /dt. Quest'ul-
tima quantità, cambiata di segno, esprime evidentemente la reazione F del fluido,
ovvero la forza agente sul corpo:
dP
F=-- dt. (11,7)
(11,8)
(11,9)
Poniamo la costante cli integrazione uguale a zero, poiché la velocità u del corpo,
nel suo moto generato dal fluido, deve annullarsi quando si annulla v. La relazione
:J) Potremmo considerare, ad esempio, il moto cli un corpo in un fluido attraverso cui si propaghi
un'oncia sonora, la cui lunghezza d'oncia sia grande rispetto alle dimensioni ciel corpo.
§ 11 FORZA DI RESISTENZA NEL FLUSSO POTENZIALE 37
ottenuta permette di determinare la velocità del corpo a partire da quella del fluido.
S,e la densità del corpo è uguale a quella del fluido (lì{ = pVo), abbiamo u = v,
come ci si aspetta.
PROBLEMI
1. Ottenere l'equazione del moto per una sfera che esegue un moto oscillatorio in un
fluido ideale e per .una sfera messa in moto da un fluido oscillante.
Sol·u,zione. Confrontando la (11,1) con l'espressione per <pnel caso cli un flusso attorno
ad una sfera, ottenuta nel § 10, problema 2, vediamo che
1 3
A=
2R u,
dove R è il raggio della sfera. L'impulso totale trasmesso al fluido dalla sfera è, secondo la
(11,6),
iu cui p 0 è la clensitii della sfern.. Il coefficiente cli rlu/ rlt pnò essere ccmsidern t.o ima cert;i
nw.ssa ejficnce della sfera: questa consiste della massa reale della sfera e della sua massa
indotta, che in questo caso è pari alla metà. della massa cli fluido spostata dalla sfera.
Se la sfera è posta in moto dal fluido, dalla (11,9) si ha per la sua velocità
3p
u=---v.
P + 2po
Se la densità della sfera è maggiore cli quella del fluido (po > p ), u < v, ovvero la sfera è
"in ritardo" rispetto al fluido; se invece p 0 < p, la sfera "precede" il fluido.
2. Esprimere il momento delle forze agenti su un corpo in moto in un fluido, in termini
del vettore A.
Soluzione. Sappiamo dalla meccanica, che il momento M delle forze agenti su un corpo
è determinato dalla sua funzione Lagrangiana (in questo caso a partire dall'energia E) per
mezzo della relazione SE= M · Ml, dove se
è il vettore di una rotazione infinitesimale del
corpo e SE è la variazione risultante di E. Piuttosto che ruotare il corpo cli un angolo
M) (e, corrispondentemente, cambiare le componenti m 1,,,), possiamo ruotare il fluido di
un angolo -Se relativamente al corpo (e, corrispondentemente, cambia.re la velocità u).
Abbiamo Su= -[Seu], per cui
M = -[uPJ = 4irp[Au].
-,\1 (°')2 a, 1
-T <<--,
T T
oppure
(12,1)
vale a dire che l'ampiezza delle oscillazioni nell'onda deve essere piccola rispetto
alla lunghezza d'onda. Abbiamo visto nel§ 9 che, se si può trascurare nell'equazione
del moto il termine (v · grad)v, allora il flusso del fluido è potenziale. Assumendo
che il fluido sia incomprimibile, possiamo utilizzare le equazioni (10,6) e (10,7).
Il termine v 2 /2 nell'ultima equazione può esser trascurato, in quanto contiene il
quadrato della velocità; ponendo f(t) = O e includendo un termine pgz per tenere
conto del campo gravitazionale, otteniamo
ot.p
P = -pgz - pdt. (12,2)
sulla superficie del fluido una pressione costante p 0 . Sulla superficie, in base alla
(12,2), abbiamo
" oip
Po = - pg~ - P 8t ·
Ridefinendo il potenziale 'Psi può eliminare la costante Po, ad esempio aggiungendo
ad esso la quantità p 0 t/ p indipendente dalle coordinate. Otteniamo, quindi, la
condizione sulla superficie
g( + ~~lz=(
= O. (12,3)
Dato che le oscillazioni sono piccole, possiamo prendere il valore delle derivate
in z = O piuttosto che in z = (. Otteniamo, allora, il seguente sistema cli equazioni
per determinare il moto in un campo gravitazionale:
6.ip = o, (12,4)
oip _ ! 8
a.,cp) _- o.
2
( Z I- g t- (12,5)
a z=O
Qui considereremo onde sulla superficie cli un fluido la cui area è illimitata e
supporremo anche che la lunghezza d'onda sia piccola rispetto alla profondità del
fluido; possiamo, cli conseguenza, considerare la profondità infinita. Ometteremo,
perciò, le condizioni al contorno sui bordi laterali e sul fondo del fluido.
Consideriamo un'onda cli gravità che si propaga lungo l'asse x e che è uniforme
lungo la direzione y; tutte le quantità cli una simile onda sono indipendenti da y.
Cerchiamo una soluzione che sia una funzione periodica semplice del tempo e della
coordinata x, poniamo cioè
d2 f - ,,.2f" = o.
d 4-2 " '
40 FLUIDI IDEALI Cap. I
Dopo aver preso in esame onde cli gravità la cui lunghezza è piccola rispetto
alla profondità del fluido, consideriamo ora il caso limite opposto cli onde la cui
lunghezza sia grande rispetto alla profondità, chiamate onde fonghe.
§ 12 ONDE DI GRAVITÀ
-
av = 8(
-g--=-. (12,11)
at a,1:
La seconda equazione, necessaria per la determinazione delle due incognite 11
e (, può essere derivata analogamente alla equazione cli continuità: per il caso in
questione, infatti, essa è essenzialmente l'equazione di continuità. Consideriamo
un volume di fluido delimitato da due piani di sezione trasversa del canale, acl
una distanza eh: l'una dall'altra. Nell'unità cli tempo un volume cli fluido (Sv),1,
scorre attraverso un piano e un volume (Sv)x+dx attraverso l'altro. La variazione
cli volume cli fluido tra i due piani, quindi, è data da
o(Sv)
(Sv)x+dx - (Sv),, = -,::,-dx.
ux
Essendo il fluido incomprimibile, comunque, questa variazione deve semplicemente
esser dovuta alla variazione nel livello cli fluido. La variazione per unità cli tempo
nel volume cli fluido tra i due piani considerati è
o
(12,12)
32ç - [I___§_
8t 2 b ax
(s/()-o
ax - .
(12,14)
(12,15)
Questa equazione è chiamata eqv.az'ione d'onda; come vedremo nel § 64, essa cor-
risponde alla propagazione di onde con velocità U, indipendente dalla frequenza,
pari alla radice quadrata del coefficiente del termine 8 2 ( / ax 2 . Pertanto la velocità
di propagazione delle onde di gravità lunghe nel canale è
U= fii. (12,16)
ah + a(hvx) + a(hvy) = o.
at ax ay
Scriviamo la profondità h come ho+ (, dove ho è la profondità di equilibrio. Allora
(12,19)
§ 12 ONDE DI GRAVITÀ
PROBLEMI
Il risultato è
'P = Acos(kx -wt) coshk(z + h).
Dalla condizione al contorno (12,15) troviamo che la relazione tra k e w è
w2 = gk tanh /,:h.
---- g
k tanh /,:h
[ tanh kh + cosh-
" kh ] .
h:h
cioè
" 1 ( ,8<p
ç = g(p - p'J pm - P8ip)
m ·
1
(2)
44 FLUIDI IDEALI Cap. I
La componente della velocità v=, inoltre, deve essere la stessa per i due fluidi, alla superficie·
cli separazione. Ciò determina la condizione
8cp 8cp'
per :; = O. (3)
az az
Ora Ve= 8cp/8z = aç;at e, sostituendovi la (2), otteniamo
, acp , a 2 cp' a 2 cp
g(p p) az = p 8t 2 - p at2 . (4)
Sostituendo la (1) nella (3) e nella (4), si ottengono due equazioni lineari omogenee per A
e B; dalla condizione cli compatibilità cli queste equazioni si ricava ·
9 kg(p- p')
w~ = ---------
p coth kh + p' coth kh'
Per kh » 1 e kh' » 1 (entrambi i fluidi sono molto profondi), si ha
9 p- p'
w- =kg--,
p+p'
mentre per kh « 1, /;;h' « 1 (onde lunghe),
9 9 g(p - p')hh'
w-=k------
ph' + p'h
Infine, per kh ;::: 1 e kh' « 1,
3. Determinare la relazione tra la frequenza e la lunghezza d'oncia per onde cli gravità
che si propagano simultaneamente sulla superficie cli separazione e sulla superficie superiore
di due strati cli fluido; il fluido inferiore lrn densità p e profondità infinita e il superiore ha
densità p', profonclith h' e la sua superficie superiore è libera.
Soluzione. Prendiamo il piano :1·ycome piano cli separazione dei dne fluidi alrcquilibrio.
Cerchiamo una soluzione per i due fluidi rispettivamente della forma
Alla superficie cli separazione dei due fluidi, ovvero per z = O, si hanno le condizioni (si
veda il problema 2)
8cp'
az, (2)
mentre sulla superficie libera ciel fluido superiore, cioè per z = h', la condizione
acp' 1 a2 cp'
-a:; +--a" =O. (3)
g t-
Per h' --+ oo tali radici corrispondono a onde che si propagano indipendentemente sulla
superficie cli separazione e sulla superficie libera del fluido superiore.
4. Determittare le frequenze caratteristiche cli oscillazione (si veda il § 69) cli un fluido
cli profondità h, contenuto in un serbatoio rettangolare cli larghezza a e lunghezza b.
SoluZ'ione. Prendiamo gli assi x e y lungo i due lati del serbatoio. Cerchiamo una
soluzione nella forma cli un'onda stazionaria:
w2 = gh:tanh h:h.
Troviamo quindi
m7r n1r
p=-,
a q=b,
dove 111. n sono interi. I possibili valori rii k2 diventano, quindi
') o)
k2
,
_
- 7r
2
(nra2 + -wb2 .
dove s 0 , come i valori all'equilibrio delle altre quantità, è una funzione data della
coordinata verticale z.
Nell'equazione cli Eulero possiamo ancora trascurare il termine (v·grad)v (visto
che le oscillazioni sono piccole); considerando anche il fatto che la distribuzione cli
pressione all'equilibrio è data da gradp 0 = p 0 g, abbiamo allo stesso ,grado cli
approssimazione,
~ w~P
-=---+g=----+
w~i w~~,
o p.
fJt p Po Po
Dato che, in base a quanto detto, la variazione nella densità del fluido è dovu-
ta esclusivamente alla variazione di entropia e non alla variazione di pressione,
possiamo porre
p' = (fJpo) s',
. fJso P
8v= (Bpo)
fJt
, grad
g
Po fJso P s -
P
1
Po·
(13.2)
Possiamo portare p 0 sotto l'operatore gradiente poiché, come detto prima, trascu-
riamo la variazione della densità d'equilibrio su distanze dell'ordine cli una hm-
ghezza d'onda. Si può, allo stesso modo, considerare costante il termine cli densità
nell'equazione cli continuità, che diviene
clivv=O. (13,3)
Cercheremo una soluzione per le equazioni (13,1 )-(13,3) nella forma cli un'onda
piana:
v = costante x ei(k·r-wt)
l) I gradienti di densità e pressione sono legati dalla relazione
2
grad p = ( ~;) grad p =c grad p,
8
dove e è la velocità del snono nel fluido. Dall'equazione idrostatica gradp = pg, dunque, si ha
gradp = (p/c 2 )g. Se ne deduce che la densità nel campo gravitazionale varia considerevolmente
sn distanze l ~ c2 / g. Per l'aria e l'acqua, l ~ 10 km e 200 km, rispettivamente.
§ 13 ONDE INTERNE IN UN FLUIDO INCOMPRIMIBILE 47
v·k=O, (13,4)
-Pg (éJp) ds
2
wo = éJs P d;:;. (13,6)
ds (éJs) dp (EJs)
dz = éJp T dz = - pg éJp T ·
EJs) 1 (EJp)
( é)p T = p2 EJT r'
dove Cp è il calore specifico per unità cli massa, troviamo
(13,7)
La dipendenza della frequenza dalla direzione del vettore d'onda comporta che
la velocità di propagazione dell'onda U = 8w/8k. non è.parallela a k. Rappresen-
tando w(k) nella forma
U= WQ COS8.
k
La sua componente verticale è
U ·v = -kWQ cos 8 sm
. 8.
1 o
P = p- -p[OrJ-. (1'1,1)
2
8v 1
-a
t
+ (v · grad)v + 2[nv] = --gradP.
p
(14,2)
!}_' - ') av
8trotv - ~naz.
V = Aei(k-r-wt), (14,5)
k·A=O. (14,6)
L
w = 2n___::= 2ncose, (14,8)
/,;
e
dove è l'angolo compreso tra k e n.
In base alla (14,4), la (1'1,7) assume la forma
[nv] =iv,
L'onda, quindi, risulta avere polarizzazione circolare: in ogni punto dello spazio il
vettore v ruota nel corso del tempo, rimanendo sempre costante in modulo l).
La velocità di propagazione dell'onda è
àw 2n
U = - = -[v - 11(11· v)], (14,9)
àk k
in cui v è un versore lungo O; così come per le onde di gravità interne, U è normale
al vettore d'onda. Il suo modulo e la sua componente lungo O sono
2n 2n 9
U= -sinB, u. V= -sin-e= UsinB.
k k
Queste onde sono chiamate 'inerz'ial'i. Poiché le forze di Coriolis non compiono
lavoro sul fluido in movimento, l'energia nelle onde è interamente cinetica.
Una forma particolare di onde inerziali, quelle a simmetria assiale (non piane),
si possono propagare lungo l'asse di rotazione del fluido; si veda il problenm 1.
Un ultimo commento va fatto, riguardo ai flussi stazionari in un fluido in
rotazione.
Sia l la lunghezza caratteristica di un tale flusso e v, la velocità caratteristica.
L'ordine cli grandezza del termine (v · grad)v nella (H,2), è 11,2 /l, e quello cli 2[0v]
è f21i. Il primo termine può essere trascurato rispetto al secondo se u/Zn« 1, e
l'equazione del moto stazionario si riduce allora a
1
2[0v] = --grad P (H,10)
p
oppure
làP làP àP =O
2nv,1 = -p -[)X , 2nvx = ---
. ' p ày) àz '
dove x e y sono coordinate cartesiane nel piano perpendicolare all'asse cli rotazione.
Vediamo che P, e quindi Vx e vy, sono indipendenti dalla coordinata longitudinale
z. Eliminando, allora, P dalle prime due equazioni, otteniamo
1
) Ricordiamo che questo moto è relativo alle coordinate rotanti. Per coordinate fisse, esso va
combinato con la rotazione complessiva del fluido.
§ 14 ONDE IN UN FLUIDO IN ROTAZIONE 51
PROBLEMI
1. Determinare il flusso in un'onda a. simmetria assiale che si propaga. lungo l'asse cli
un fluido incomprimibile in rotazione come un tutt'uno ( W. Thomson, 1880).
Soi'uzione. Scegliamo un sistema cli coordinate cilindriche r, <p,z, con l'asse z parallelo
a n. In un'onda a simmetria assiale, tutte le quantità sono indipendenti dalla variabile
angolare <p. La dipendenza dal tempo e dalla coordinata z è contenuta in un fattore
ei(k=-wt). Dalle componenti nella (14,3), otteniamo
. 18p'
-iwv,,. - 20v\D = ---a
p r
, (1)
. ih; I
-iwv\D + 2!1v,,.= O, -7,WV= = --p.
p
(2)
1 [)
--(rv,,.)
r Or
+ ikv= = O. (3)
Esprimendo vi' e p' in termini div,. mediante la (2) e la (3) e sostituendo nella (1), si trova
l'equazione
dF
-+--+
dr2
1 [40
dF
'I' dr
--
2
w2
h:2
k-') - 0
1] F = O
r-
(4)
v,. = F('r)ei(wt-k=).
F = cosl:m1l·e Y:.!1
( ~) /,"l'V ~ - 1 (5)
dove :i::1 , :i:2 , ... sono gli zeri successivi cli .J1 (:r). Su queste superfici cilindriche v,. = O e,
quindi, il fluido non le interseca mai.
Per tali onde, in un fluido infinito, w è indipendente da k. I possibili valori cli frequen-
za sono, comunque, vincolati dalla condizione w < 20 altrimenti l'equazione (4) 11011 ha
soluzioni che soddisfino le necessarie condizioni cli finitezza.
Se il fluido in rotazione è limitato da una parete cilindrica cli raggio R, dobbiamo usare
la condizione v,. = O sulla parete. Ciò determina che, per un'onda con un dato numero n
(il numero cli regioni coassiali in essa contenute), sussista la seguente relazione tra w e k
52 FLUIDI IDEALI Cap. I
- !p 8p'
at + ~f2vx
8vy 'J __
ay '
18p'
p az. (1)
!t,.p' = 2n(avy
_avx).
p ax 8y
Derivando rispetto a t, ancora usando le equazioni (1), si ha
1
--up
aA I _ n2 8Vo
- 4 " --,
p8t az
e da un'ulteriore derivazione rispetto a t arriviamo all'equazione finale
(2)
(3)
Per onde aventi la forma (14,5), quest'ultima equazione si riduce ovviamente alla relazione
cli dispersione (14,8), con w < 2r2 e un coefficiente negativo del termine 8 2p'/82 2 nella (3).
Perturbazioni generate da una sorgente puntiforme si propagano lungo le generatrici cli un
cono, il cui asse giace lungo ne il cui angolo verticale è 2(}, dove sin(}= w/2r2.
Quando w > 2r2, il coefficiente di 8 2 1//8:: 2 nella (3) è positivo, e quest'equazione
diviene l'equazione cli Laplace con un ovvio cambio cli scala lnngo l'asse ::. In tal caso,
una sorgente cli perturbazioni puntiforme iuflnenza l'intero wilurne cli fluido, in mi:,urn
decrescente con la distanza dalla sorgente, secondo una legge a potenza.
Capitolo II
FLUIDI VISCOSI
fJ ( ) 8Il;1,:
fJt pv,; =- 8:1:1,:'
(15,1)
Il tensore
(15,2)
viene chiamato tensore degli sforzi, mentre a-';ktensore degli sforzi viscosi. ua,
descrive la parte del flusso cli impulso che non è dovuta al trasferimento diretto di
impulso con la massa di fluido in movimento l).
La forma generale del tensore a-';1,:
può essere determinata come segue. I processi
di attrito interni in un fluido avvengono solo quando diverse particelle di fluido si
1
l Vedremo più avanti che u;,,,contiene un termine proporzionale a lì;1., cioè della stessa forma
del termine plìn,,. Quando il tensore flusso dell'impulso viene posto in questa forma, quindi, bisogna
specificare cosa si intende per pressione p; si veda la fine del § ,19.
53
54 FLUIDI VISCOSI Cap. II
muovono con diverse velocità, per cui si instaura un motò relativo tra le varie parti
di fluido. Pertanto O';" deve dipendere solo dalle derivate spaziali della velocità.
Se i gradienti di velocità non sono grandi, possiamo supporre che il trasferimento
cli impulso, dovuto alla viscosità, dipenda solo dalle derivate prime della velocità.
Con lo stesso grado cli approssimazione, 0'/1,; può essere considerato una funzione
lineare delle derivate 8v;/ Bx,,,. Non ci possono essere in 0';1,;
termini indipendenti
da 8v;/8xk, poiché 0'/1,; deve annullarsi per v = costante. Notiamo, inoltre, che
O';kdeve annullarsi anche quando tutto il fluido si trova in rotazione uniforme,
poiché è chiaro che in un moto del genere non sussiste alcun attrito inter110. Per
una rotazione uniforme con velocità angolare n, la.velocità v è uguale al prodotto
vettoriale [f!r]. Le somme
8v· av,.
--'
axk
+--'·
8x;
sono combinazioni lineari delle derivate 8v;/8x1,;, e si annullano quando v = [f!r].
0'/1,;,quindi, deve contenere proprio tali combinazioni simmetriche delle derivate
8v;/8xk.
Il più generale tensore cli rango due che soddisfa queste condizioni è
Le equazioni del moto di un fluido viscoso possono ora essere ottenute sempli-
cemente aggiungendo l'espressione 80''.,j 8xk al secondo membro dell'equazione di
Eulero
8v; 8v; )
p ( -+vk- = --.8p
at axk 8x;
Abbiamo quindi
Questa è la forma più generale delle equazioni del moto di un fluido viscoso. Le
quantità 7) e ( sono in principio funzioni della pressione e della temperatura. In
generale, JJ e T, quindi anche 17e (, non sono costanti ovunque nel fluido, per cui
'17e ( non possono essere portate fuori dall'operatore gradiente.
§ 15 LE EQUAZIONI DEL MOTO DI UN FLUIDO VISCOSO 55
Nella ~1mggior parte dei casi, comunque, i coefficienti cli viscosità non variano
apprezzabi,lmente nel fluido e possono essere considerati costanti. Abbiamo, quindi,
le equazioni (15,5) scritte in forma vettoriale come
-~ + (v · grad)v =
1
--grad p
I)
+ -L:,.v. (15,7)
at P P
Il tensore degli sforzi in un fluido incomprimibile assume la semplice forma
8 0
u;1c = -p8ik + 17( 8 Xk'~; + 8v."'.)
.ti
. (15,8)
Dl:i..'ljJ
_ D·I/J + 81(;Dl:i..·ijJ_ vl:i..l:i..'ljJ
Dl:i..1(; = O. (15, 12)
Dt Dx By By Dx
Dobbiamo scrivere, inoltre, le condizioni al contorno per le equazioni del moto
cli un fluido viscoso. Tra un fluido viscoso e la superficie cli un corpo solido sus-
sistono sempre delle forze attrattive molecolari; queste comportano che lo strato
cli fluido adiacente alla superficie venga portato completamente a riposo e aderisca
perfettamente alla superficie. In accordo con ciò, le condizioni al contorno, per le
equazioni del moto cli un fluido viscoso, richiedono che la velocità del fluido debba
annullarsi sulle superfici fisse del solido:
V= 0. (15,13)
Va sottolineato che questo implica che sia la componente normale che quella tan-
genziale della velocità devono annullarsi, mentre per un fiuiclo ideale le condizioni
al contorno sono in tal senso restrittive solo per v 11 a).
Nel caso generale cli una superficie in movimento, la velocità v deve essere
uguale alla velocità cli spostamento della superficie.
È facile scrivere un'espressione per la forza agente su una superficie solida che
delimiti il fluido. La forza agente su un elemento cli superficie è pari al flusso
dell'impulso attraverso tale elemento. Il fiusso dell'impulso attraverso l'elemento
cli superficie df è
II;kd,h- = (pv;vk - o-u,,)d,{J...
Scrivendo df,,, nella forma c(fi.,= nkd,f, dove n è il versore lungo la normale alla
superficie, ricordando che v = O sulla superficie solida 4 ), troviamo che la forza P
3
) Si noti che, in generale, le equazioni di Eulero non possono essere soddisfatte con l'ulteriore
(rispetto al caso di un fluido ideale) condizione al contorno che la component;e tangenziale della
velocità sia zero. Matematicament;e ciò accade perché l'equazione differenziale è del primo ordine
nelle derivate spaziali, mentre l'equazione di Navier-Stokes è del secondo ordine.
-l) Nel determinare la forza agente snlla superficie, ciascun elemento di superficie deve essere
considerato in un sistema di riferiment;o in cui sia a riposo. La forza è uguale al flusso dell'impulso
solo quando la superficie è fissa.
§ 15 LE EQUAZIONI DEL MOTO DI UN FLUIDO VISCOSO 57
dove gli indici 1 e 2 si riferiscono ai due fluidi. I versori normali 11.1 ed 11.2 hanno
versi opposti, vale a dire 11.1 = -11.2 =
n, per cui possiamo scrivere
(15,15)
Su di una superficie libera di un fluido, deve valere la condizione
O"rprp-
_
-p
. . . ( 1 OVrp
+ 217 --::;-
.,. u<p
+ -v,.)
.,.
' O"rpc -
_ ..I/ (Dv'P ..L
,:-i
uz
,
! Dv
,:-i
'/' u<p
0
)
, (15,17)
0" cc= -p
OV-
+ 217é);:;-, U-,.-1/
_, (8v
-+- Dv,.)
. 0
- D·r Dz
Le tre componenti dell'equazione cli Navier-Stokes sono
Dv,. V~ 1 op
- -1-(v · grad)v,. - - = ----1-
Dt T p O'/"
, 2 OVrp Vr)
+ I/ ( 6.u,. --,,-::;- - "
r- u<p .,.-
'
2 ov,.
+u ( 6.v 'P -!----- Vrp)
.
.,.2 EJ<p .,.2 ·
-p1 OJJ
OV-
EJt- + (v · grad)v 0 = é)z + l/6.v 0 ,
58 FLUIDI VISCOSI Cap. II
in cui
ar v EJf EJf
(v · grad)f + _2___:..... + Vz__:.....,
= v,.__:.....
ar r EJ<p az
f:::..f=--
. 1 a (r-EJf) +--+-.
1 EJ f a .r
2 2
L'equazione di continuità è
av,.
CTrr = -p + 277-,
ar
(T
1 av'P v,.
'P'P-- -p+?17~ ( ---+-+---
1' sin e EJ<p 'I'
Vecot
1'
8) )
=
CToe -p + 217 (!r EJve
ae
+ v,.) '
r
(15,20)
1 EJv,. ave ve)
CTre = I) ( ;;: 3B + [h - -; ,
CTe= 77
'P
(-1-
ave + ! EJv'P_ V'Pcot
r sin e a'P r ae r
8)'
EJv'P 1 av,. v'P)
(T .='/]
'P' ( -+-----
EJr 1' sin e EJ<p 'I' )
2
EJu,. v~ + v
+ (v·grad)v,. - ___ 'P =
T
= _! EJp+ u [t::..v._ I
2 a(vesinB) _ ~ EJv'P 2.v"]
.'
p ar r2 sin 2 8 ae ,·2 sin 8 EJ<p ,.2
=------+u
1 ap [u.v
A 2
+-----+ av.,. 2 COS e avo
--~=--
V'P ]
pr sin e a'P 'P r 2 sin e a'P .,.2 sin 2 e EJ<p 7'2 sin 2 e )
dove
. EJf ve EJf v'P af
(v·grad)f = v.-+--+---
7
, ar 'I' EJe '/'sin e a'P)
2
"t·
u.
'
= -1a(
2
-
r EJr
2
T - EJf)
EJr
+ --- 1 -EJ(·eaf)
·r2 sin 8 EJe ae
Slll - + 1 a f
--.
r2 sin 2 8 EJ<p2
§ 16 DISSIPAZIONE DI ENERGIA IN UN FLUIDO INCOMPRIMIBILE 59
L'equazione di continuità è
. -- -p
E cm 1
2 .
I V 2d'7
1.
-a -pv2 = ( )
-pv · v · grad v - v · gra
d
p + v,--EJa';k
=
EJt 2 8x1c
2
= -p(v · grad) ( u + !!_)+ div(va') - a'.kEJv,.
2 p 8:r1,:
Qui va' denota il vettore le cui componenti sono v;a;k. Poiché cliv v = O per
un fluido incomprimibile, possiamo scrivere il primo termine del secondo membro
come una divergenza:
a pv2
-- .
= -cliv [pv ( -v2 +-p)-va ']-a-;,,,-a..
I fJV;
(16,1)
EJt 2 2 p ;/,I,:
L'espressione in pa.rentesi quadra non è altro che la densità cli flusso cli energia
nel fluido: il primo termine è il flusso cli energia dovuto allo spostamento reale
di massa cli fluido, ed è uguale a quello che si ha in un fluido ideale (si veda la
(10,5)). Il secondo termine, va', è il flusso di energia dovuto ai processi cli attrito
interno. La presenza della viscosità, pertanto, determina un flusso cli impulso
a';,,;un trasferimento di impulso, comunque, coinvolge sempre un trasferimento cli
energia; il flusso di energia è, chiaramente, uguale al prodotto scalare tra il flusso
d'impulso e la velocità.
Se integriamo la (16,1) su un volume V, otteniamo
8/1 2
- -pv dV = -
EJt. 2 .
f[ (12+ -P)-
pv -v
2 p
va ']· df - 1,EJv;
.
0";1,:-. dV.
EJx1,:
(16,2)
60 FLUIDI VISCOSI Cap. II
Il primo termine a destra fornisce la variazione dell'energia cinetica del fluid? nèl
volume V dovuto alla presenza di un flusso cli energia attraverso la superficie che
delimita questo volume. L'integrale nel secondo termine è, conseguentemente, il
decremento per unità di tempo dell'energia cinetica, dovuto alla dissipazione.
Se l'integrazione viene estesa all'intero volume del fluido, l'integrale cli superficie
si annulla (visto che la velocità si annulla all'infinito 1l), per cui troviamo che
l'energia dissipata per unità cli tempo in tutto il fluido è
.
Ecin =- 1·a;k-ov;. dV = -- 1 I ai!,,
I I ( OV;
- . + -OVk)
.. clV,
, 0X,: 2, . 0 Xk 0X-1.
dato che il tensore a;k è simmetrico. Nei fluidi incomprimibili, il tensore afk è dato
dalla (15,8), per cui in definitiva otteniamo, per la dissipazione di energia in un
fluido incomprimibile,
·
Ecin = - 1
-17
2 .
I( OV; + -·
--·
OXk
OVk) clV.
O.T;
2
(16,3)
PROBLEMA
velocità clel fluido è ovunque diretta lungo x. Dalla (15,7) abbiamo, per un flusso
st,azionario,
dp
-=O
dy )
(17,1)
La distribuzione di velocità del fluido, quindi, è lineare. La velocità media del fluido
è
V = -,1
1
j'"
0
V dy = 1
-11,.
2
(17,2)
Dalla (15,4) troviamo che la componente normale della forza su ciascun piano è p,
come ci si aspetta, mentre la forza di attrito tangenziale sul piano y = O è
dv 1711,
O"x·y
'
= 17-dy = -;h (17,3)
EPv 1 8p 8p
8y2 'I/ 8:c' 8y = o.
La seconda equazione mostra che la pressione è indipendente cla y, vale a dire è
costante lungo la direzione della profondità del fluido tra i due piani. Il secondo
membro della prima equazione è, quindi, una funzione della sola :r, mentre il primo
membro è una funzione della sola y; ciò può essere vero solo se entrambi i membri
sono uguali ad una costante. Di conseguenza
dp
- = costante
dx '
cioè la pressione è una funzione lineare della coordinata :i; lungo la direzione del
flusso. Per la velocità otteniamo
1 dp 9
V = -y~ + ay + b.
2'17dx
La velocità, dunque, ha una variazione di tipo parabolico sullo spessore del fl_ùidò,
raggiungendo il suo massimo valore a metà tra i due piani. La media (sullo spessore)
della velocità del fluido è
_ h 2 dp
v=----. (17,5)
1277dx
La forza di attrito agente su uno dei piani fissi è
= 17-avi
hdp
Cfxy (17,6)
By y=D 2 dx·
Da qui deduciamo, ancora, che dp/dx = costante; il gradiente di pressione può al-
lora essere scritto come -f:;.p/l, dove f:;.p è la differenza di pressione tra le estremità
del tubo e l è la sua lunghezza.
La distribuzione cli velocità per un flusso in un tubo è quindi determinata da
un'equazione bidimensionale della forma 6v = costante. Questa equazione deve
essere risolta con la condizione al contorno v = O sul bordo della sezione del tubo.
Risolveremo l'equazione per un tubo di sezione circolare. Prendendo l'origine al
centro della sezione trasversa circolare e usando coordinate polari, abbiamo per
simmetria, v = v(r). Usando l'espressione per il laplaciano in coordinate polari,
otteniamo
l::,.p
'l)l .
Integrando abbiamo
l::,.p 9
V= -r- + alnr + b. (17,8)
417l
La costante a deve essere posta uguale a zero, poiché la velocità deve rimanere
finita al centro del tubo. La costante b è determinata richiedendo che v = O per
r = R, dove R è il raggio del tubo. 'Iì·oviamo allora
La massa di fluido risulta, dunque, proporzionale alla quarta potenza del raggio
del tubo l).
PROBLEMI
3. Come nel problema 1, ma per un tubo la cui sezione sia un triangolo equilatero cli
lato a.
Solv.zione. La soluzione dell'equazione (17,7) che si annulla. sul triangolo cli contorno è
!::,p 2
71 = -l ~h1h2h3,
· v3ai7
dove h1, h2, h3 sono le lunghezze delle perpendicolari da un dato punto nel triangolo ai suoi
tre la.ti. In effetti, ciascuna delle espressioni l:,h 1 , l:,h2, !::,h3 (in cui !::, = 8 2 / 8y 2 + 8 2 / 8z 2 )
è zero; questo si vede immediatamente dal fatto che ognuna delle perpendicolari h 1 , h2, h3
può essere presa come asse y o z, e il risultato dell'applicazione del Laplaciano ad una
coordinata è nullo. Abbiamo quindi
, ( a~
.6.(n1h2h3) = - h1 + h2 + h3) = -
2 ,
e vediamo che l'equazione (17,7) è soddisfatta. La portata è
Q = ~a4.6.p.
3201/l
4. Un cilindro cli raggio R 1 si muove parallelamente al proprio asse con velocità 'tt,
all'interno di un cilindro coassiale cli raggio R2. Determinare il moto cli un fluido contenuto
nello spazio tra i due cilindri.
Soluzione. Prendiamo coordinate cilindriche con l'asse z lungo l'asse dei cilindri.
La velocità è diretta ovunque lungo z e dipende solo da r (così come la pressione):
v 0 = v(r).
Otteniamo per v l'equazione
La forza di attrito per unità cli lunghezza su ciascuno dei cilindri è 2n:7111,/
ln (R 2 / R 1 ).
5. Uno strato di fluido cli spessore h. è delimitato in alto da una superficie libera e in
basso da un piano fisso, inclinato cli un angolo a rispetto al piano orizzontale. Determinare
il flusso dovuto alla gravità.
Soluz'ione. Prendiamo il piano fisso come piano ~:y, con l'asse x nella direzione del flusso
(fig.6). Cerchiamo una soluzione dipendente solo da z. Le equazioni di Navier-Stokes con
Vx = v(z) in un campo gravitazionale sono
dv dv
17dz 2 + pg sin o: = O, clz + pgcosa = O.
pgh 3 sin a
l
·h
Q= p V dz = ~---
• 0 3u
dp 817Q
cl:r 1rpR 1 .
Su grandi distanze, comunque, p cambia e la pressione non è più una funzione lineare
di ;i;. In base all'equazione di Clapeyron, la densità del gas è p = mp/T, in cui m è la
massa cli una molecola, per cui
dp 817QT 1
cfa: 7r'mR'1 p
(la portata Q ciel gas attraverso il tubo è ovviamente la stessa, che il gas sia o meno
incomprimibile). Troviamo quindi
lfr17QT l
P~ - Pi 1r·m.R4.,
dove JJ2 e p 1 sono le pressioni alle due estremità ciel tubo cli lunghezza I.
L'ultima equazione ha soluzioni della forma r 11 ; sostituendo si han= ±1, per cui
b
v = ar + -.
r
1
) Spesso, in letteratura, il flusso tra cilindri in rotazione è chiamato flusso di Couette
(M. Couette, 1890). Nel limite R1 --+ R2, esso diventa il flusso (17,1) tra piani paralleli in moto
relativo, cui ci si riferisce in termini di flusso di Cov.ette bidimens'ionale.
66 FLUIDI VISCOSI Cap. II
a' I
rrp r=R1 -
_
T/
(av
ar_:::.)
I _ _ ') (r21- r22)R~
7" R2 - R2 - -T/
r=R, 2 1
Il momento cli questa forza si trova moltiplicandola per R1, mentre il momento to-
tale Jì11 agente sull'unità cli lunghezza del cilindro si trova moltiplicando il risultato
per 21rR1. Abbiamo allora
(18,4)
Il momento delle forze agenti sul cilindro esterno è Jì12 = - Jìf1. Quando S12= O e
la separazione tra i cilindri è piccola (o= R 2 - R 1 « R 2 ), la (18,4) diventa
,,7RSu
- = -- o ,
Jìi,) (18,5)
dove S ~ 21rR è l'area della superficie del cilindro per unità di lunghezza, mentre
u = r21R è la sua velocità periferica 2).
Per quanto riguarda le soluzioni delle equazioni del moto cli un fluido visco-
so ottenute nei §§ 17 e 18, possiamo fare la seguente considerazione. In tutti i
casi analizzati il termine (v · grad)v, contenuto nelle equazioni che determinano
la distribuzione della velocità, è identicamente nullo, per cui dobbiamo risolvere
equazioni lineari, cosa che semplifica notevolmente il problema. Per questa ragio-
ne tutte le soluzioni soddisfano le equazioni del moto di un fluido incomprimibile
ideale, ad esempio nella forma (10,2) e (10,3). È questo il motivo per cui nelle
2
) La soluzione del problema più complesso del moto di nn fluido viscoso in uno spazio ristretto
tra due cilindri, i cui assi sono paralleli ma 11011 coincidenti, può essere trovata in: N.E. Kocldn,
I.A. J(ibel e N. V. Roze, Theoretical Hydromechanics, Wiley, 1964, Parte II, p. 534; A. Sommerfeld,
IVIechanics of Deformable Bodies, Academic Press, 1964, § 36.
§ 19 LEGGE DI SIMILARITÀ 67
formule (17,1) e (18,3) non appare mai il coefficiente cli viscosità. Tale coefficiente
appare sÒlo nelle formule, come la (17,9), che mettono in relazione la velocità e il
gi·acliente cli pressione nel fluido, dato che la presenza cli un gradiente cli pressione
è dovuta proprio alla viscosità; un fluido ideale potrebbe scorrere in un tubo anche
in assenza cli un gradiente cli pressione.
Si vede da questa espressione, che in due flussi diversi, ma dello stesso tipo (per
esempio il flusso cli fluidi cli diverse viscosità attorno a sfere cli diversi raggi), le
velocità v / u sono le stesse funzioni del rapporto r / l, se il numero cli Reynolcls è lo
stesso per i due flussi. I flussi che si possono ottenère l'uno dall'altro, per semplice
cambiamento dell'unità cli misura delle coordinate e delle velocità, si dicono simili.
Pertanto flussi dello stesso tipo, con lo stesso numero cli Reynolcls, sono simili.
Questa è chiamata legge di similarità ( O. Reynolds, 1883).
Una relazione simile alla (19,2) si può scrivere per la distribuzione della pres-
sione nel fluido. Per farlo, dobbiamo costruire dai parametri 1/ 1 l e 11, una quantità
qualunque con le dimensioni della pressione divisa per la densità; una tale quantità
potrebbe essere u 2 , ad esempio. Possiamo dire, allora, che p/ pu 2 è una funzione
della variabile adimensionale r/l e del parametro adimensionale R. Quindi
p = p1i2_f(y,R). (19,3)
S= UT (19,6)
l ,
1 '/)
(v · grad)v = -gradp + -t.v.
p p
cliv V= 0 (20,2)
L':.rotv = O, (20,3)
a riposo, poiché quando la sfera si muove la velocità del fluido in ogni punto _dello
spazio varia col tempo.
Dato che div(v - u) = div v = O, v - u si può esprimere come il rotore di un
certo vettore A:
v-u = rotA,
con la condizione che rot A si annulli all'infinito. Il vettore A deve essere assiale,
affinché il suo rotore sia polare, come la velocità. Nel flusso attorno a una sfera,
che è un corpo completamente simmetrico, non esiste alcuna direzione preferenziale
oltre a quella di u. Il parametro u deve apparire linearmente in A, .dato che
l'equazione del moto e le sue condizioni al contorno sono lineari. La forma generale
di una funzione vettoriale A(r) che soddisfi questi requisiti è A= f'(r)[nu], dove
n è un versore parallelo al vettore posizione r (prendendo l'origine nel centro della
sfera), e f'(r) è una funzione scalare dir. Il prodotto f'(r)n si può rappresentare
come gradiente di un'altra funzione f(r). Cercheremo quindi la velocità nella forma
Ne segue che
(20,5)
La prima integrazione dà
ll 2 f = costante.
Si vede facilmente che la costante deve essere zero, poiché la differenza di velocità
v - u deve annullarsi all'infinito, così come le sue derivate. L'espressione l:\.2 .f
contiene derivate quarte di f, mentre la velocità è data in termini di derivate
seconde di f. Per cui abbiamo
Quindi
A f 2a,
'-'. = -r + c.
La costante e deve essere zero perché la velocità v - u si annulli all'infinito. Da
6.f = 2a/r otteniamo
b
f = ar + r (20,6)
§ 20 FLUSSI CON NUMERI DI REYNOLDS PICCOLI 71
u + n(u · n) 3n(u · n) - u
(20,7)
v=u-a +b ·
r r3
Visto che questa equazione deve valere per qualunque n, i coefficienti cli u e n(u·n)
devono annullarsi. Di conseguenza a= 3R/4 e b = R 3 /4. Abbiamo, in definitiva,
3 R3
.t
·=-Rr+- (20,8)
4 47''
v=--
3R u + n(u · n)
-
R 3 u - 3n(u · n)
. +u, (20,9)
4 r 4 r3
oppure, in coordinate sferiche con l'asse polare lungo u,
3
Vr = cos e
11, [1- 3')R
-r
+ R 3] '
2r
(20,10)
sin e [1
- 4rR - 4rR~ ] .
3
Vo = -u 3
Queste equazioni forniscono la distribuzione cli velocità intorno alla sfera in moto.
Per determinare la pressione. sostituiamo la (20,4) nella (20,1):
gradp = 17!:::.v
= 77/:::.rotrot(fu) =
= 77!:::.(gradcliv(fu) - u!:::.f).
2f
Ma, dato che !:::. = O, si ha
Pertanto
p = 17u· grad !:::..f+ Po, (20,11)
dove p 0 è la pressione del fluido all'infinito. La sostituzione dell'espressione per f
permette cli ottenere il risultato finale
3 U·ll
P = Po - -17--R. (20,12)
2 r2
Usando le formule sopra riportate, possiamo calcolare la forza F esercitata sulla
sfera dal fluido in moto oppure, che è lo stesso, la resistenza sulla sfera quando
questa si muove attraverso il fluido. Per farlo, introduciamo coordinate sferiche con
72 FLUIDI VISCOSI Cap. II
l'asse polare parallelo ad u; per simnietria, tutte le quantità sono funzioni solt.antò
di r e dell'angolo polare B. La forza F è, evidentemente, parallela alla velocità u.
Il modulo di tale forza può essere determinato a partire dalla (15,14). Da questa,
prendendo le componenti della forza agente su un elemento di superficie della sfera,
normale e tangenziale alla superficie stessa e proiettandole sulla direzione di u,
troviamo
F= f (-pcos B + O";-rcos B - O"~esinB)df, (20,13)
I OVr
O",.,.= 217-é) '
I
O"e='17
( 1 OV,. OVg
--+--- Ve)
r ,. r é)() or r
I 3'1) .
O"~,.= o, O"re= --RU, sm 8,
2
mentre la pressione (20,12) è
3'1)11,
p = Po - - cos 8.
2R
L'integrale (20,13) si riduce allora a
_ 3rru,1 zt·
F - 2R .'f e,.
In questo modo ricaviamo finalmente la form1da di Stokes per la forza cli resistenza
su una sfera che si muove lentamente in un fluido 1 l
F = 6m7RU,. (20,14)
La forza di resistenza è proporzionale alla velocità e alla dimensione lineare
del corpo. Si sarebbe potuto arrivare a tale conclusione anche partendo da un
1
l In vista di successive applicazioni, sottolineiamo che, se si effettuano i calcoli a partire dalla
(20,7) con le costanti a e b indeterminate, si trova
F = 81rr7a11,. (20.14a)
La resistenza. può essere calcolata anche per un ellissoide di forma arbitraria in lento movimento.
Le formule rilevanti per questo caso, possono essere t;rovate in H. Lamb, Hydrodynamics, Dover,
1932, § 339. Qui diamo soltanto le espressioni per un disco circolare piano, di raggio R, che si
muove perpendicolarmente al suo piano:
La soluzione presentata sopra del problema del flusso attorno ad una sfera, non
è valida a grandi distanze, anche se il numero cli Reynolcls è piccolo. Per convincerci
cli questo, stimiamo il termine (v·grad)v, trascurato nella (20,1). A grandi distanze
dal corpo, v ~ u; le derivate della velocità sono dell'ordine cli ·uR/r 2 , come si vede
dalla (20,9). Quindi (v · grad)v ~ ·u. 2 R/r 2 . I termini contenuti nella (20,1) sono
3
dell'ordine cli T/Ru/ pr , come si può vedere dalla espressione (20,9) per la velocità
o dalla (20,12) per la pressione. La condizione ·u.·17R/ pr 3 » v.2 R/r 2 è soddisfatta
solo per distanze tali che
r « v/u. (20,16)
A distanze maggiori, i termini fin qui trascurati divengono non più trascun1bili e
la distribuzione cli velocità così trovata risulta non corretta.
Per trovare la distribuzione di velocità a grandi distanze dal corpo, bisogna
tener conto del termine (v · grad)v finora omesso. Dato che a queste distanze v
differisce poco da u, possiamo sostituire in modo approssimato v · grad con u ·grad.
Troviamo allora per la velocità a grandi distanze, la seguente equazione lineare
1
(u · grad)v = --grad JJ+ vf::.v (20,17)
p
( C. JiV. Oseen, 1910). Non riporteremo qui la procedura per risolvere questa equa-
zione nel caso cli un flusso attorno ad una sfera 2 ), ma menzioniamo solo il fatto
che la distribuzione cli velocità così ottenuta può essere utilizzata per ricavare una
formula più accurata per la forza cli resistenza a cui è sottoposta la sfera, che in-
clude il termine successivo nello sviluppo cli questa forza in potenze del numero cli
Reynolcls R = uR/v:
F = 3Rv.)
61r'l)'ll,R 1 +
( g-;- . (20,18)
3
) L'impossibilità di applicare la (20,1) al calcolo della resistenza nel problema del cilindro,
risnlta evidente da argomenti dimensionali. Come già. accennato, il risultato dovrebbe essere
espresso in termini di 17,·u ed R ma, in questo caso, si ha a che fare con una forza per unità di lnn-
ghezza del cilindro; l'unica quantità avente le dimensioni richieste sarebbe 17u, che è indipendente
dall'estensione spaziale del corpo e, pertanto, non si annulla. per R-+ O. Questa è una conclusione
priva. di senso fisico.
4
) Questi possono essere trovati in M. Van Dyke, Perturbation Methods in Fluid Mechanics,
New York, 1964. I calcoli non sono fatti in termini della velocità v(r) ma nella terminologia più
compatta, anche se meno intuitiva., della. funzione di corrente. Per un flusso che abbia simmetria.
assiale, per esempio quello attorno ad una. sfera, la funzione di corrente ,j,(r, 8) in coordinate polari
sferiche è definita. da
§ 20 FLUSSI CON NUMERI DI REYNOLDS PICCOLI 75
Distinguiamo due regioni di spazio intorno alla sfera: la regione vicina con
r « 1/R, e la regione lontana con r » 1. Le due regioni coprono tutto lo spazio,
sovrapponendosi nella zona intermedia
EJ,jJ 1 EJ4;
u, = 7' 2 sin 8 EJ(}' Ve =- T sin 8 O'/"' V,p = Q.
Nella regione intermedia solo i termini senza il fattore 1/r restano in questa espres-
sione e coincidono con i secondi termini della (20,25).
Dalla distribuzione della velocità (20,27) si possono calcolare le correzioni alla
formula di Stokes per la resistenza. I secondi termini nella (20,27), a causa della
loro dipendenza angolare, non danno contributo alla resistenza; il primo termi-
ne dà la correzione 3R/8 presente nella (20,18). Da queste considerazioni segue
che la distribuzione di velocità esatta in prossimità della sfera dà, in questa ap-
prossimazione, lo stesso risultato per la resistenza della soluzione dell'equazione cli
Oseen.
§ 20 FLUSSI CON NUMERI DI REYNOLDS PICCOLI 77
3 9 ,, 1
1 + - R - - R- ln -
8 40 R'
in cui il logaritmo è considerato essere grande 6 ).
PROBLEMI
1. Determinare il moto di un fluido che occupa lo spazio tra due sfere concentriche di
raggi R1 e R2 (R 2 > R 1), in rotazione uniforme intorno a diametri differenti con velocità
angolari !11, !12; i numeri di Reynolds !11RU1Je !12R§/u sono piccoli rispetto all'unità.
Solu.z'ione.Data la linearità delle equazioni, il moto tra due sfere rotanti può essere
trattato come la sovrapposizione dei due moti che si hanno quando una sfera è a riposo
e l'altra ruota. Inizialmente fissiamo !12 = O, cioè ruota solo la sfera interna. Si può
ragionevolmente supporre che la velocità del flusso in ogni punto sia lungo la tangente alla
circonferenza. il cui centro è sull'asse di rotazione e che si trova nel piano perpendicolare
a questo asse. Data la simmetria assiale del problema., il gradiente di pressione in questa
direzione è zero. L'equazione del moto (20,1) diventa quindi
6v=O.
Il vettore velocità angolare !11 è un vettore assiale. Argomenti simili a quelli usati prece-
dentemente mostrano che la velocità può essere scritta come
L'equazione del moto diventa quindi [grad !1 1] = O. Dato che il vettore grad6f è
parallelo al vettore posizio11e e il prodotto vettore [r !1 1] non può essere zero per un dato
!1 1 ed un r arbitrario, si deve avere grad 6/ = O e quindi
6f = costante.
Integrando si ha
. ') b
.f =m·-+- r' v = (,~ 3 - 2a) [!11 r]
La. pressione ciel fluido è costante (p = p 0 ). Allo stesso modo abbia.mo, per il caso in cui
ruota. la. sfera. esterna. e quella. interna è ferma (!11 = O),
Se la sfera esterna è assente (R2 = oo, Sl2 = O), cioè abbiamo semplicemente una sfera
cli raggio R che ruota in un fluido infinito, si ha
V=
(R3)
~ [f2r].
Calcoliamo il momento delle forze cli attrito che agiscono sulla sfera in questo caso. Pren-
dendo coordinate sferiche con l'asse polare lungo n, abbiamo
R 3 Sl
v,. = vo = o, v\D= v = -'
r-0
- sin O.
, (av v)I
cr,.\D= 17 Br - :;:
r=R
.
. = -377Sl srn e.
da cui si ottiene
Se è la sfera interna che manca, v = [f22r] cioè il fluido ruota rigidamente con la sfera
che lo circonda.
2. Determinare la velocità di una goccia cli fluido sferica (cli viscosità 171 ) in moto sotto
la forza cli gravità in un fluido cli viscosità 'I) ( W. Rybczynski, 1911).
Soluzione. Usiamo un sistema di coorclinaJ,e in cui la goccia, è a riposo. Per il fluido
all'esterno della goccia cerchiamo una soluzione dell'equazione (20,5) nella forma (20,6) in
modo che la velocità abbia la forma (20,7). Per il fluido all'interno della goccia dobbiamo
trovare una soluzione che non abbia singolarità 2. r = O (e la derivata seconda cli f, che
determina la velocità, resti finita). Questa soluzione è
1 9 1 ,1
f =-Ar~+-Br
4 8 '
la velocità corrispondente è
v = -Au + Br 2 [n(u·n)-2u].
§ 20 FLUSSI CON NUMERI DI REYNOLDS PICCOLI 79
Sulla supe1:ficie della sfera 7 ) devono essere soddisfatte le seguenti condizioni. Le compo-
nenti norm~li della velocità all'esterno (v(e)) e all'interno (v(i)) della goccia devono essere
nulle:
v~i) = v).e) = O.
Non è necessario considerare la condizione che le componenti rr del tensore degli sforzi
siano uguali per determinare la velocità cercata, dato che questa si può determinare più
facilmente come mostrato di seguito. Da queste condizioni otteniamo quattro equazioni
per le costanti a, b, A e B le cui soluzioni sono
I
b = R3 T/ A= -BR2 = i7 .
L1('17+ •17')' 2('17+ '1]1)
Dalla (20.14a) abbiamo per la resistenza
277+ 37)'
F = 27r·u.-17R----.
'17+ '17'
Quando 77'-+ oo (che corrisponde ad una sfera solida) questa formula si riduce alla formula
di Stokes. Nel limite 171 -+ O (che corrisponde ad una bolla di gas), abbiamo F = 4wur1R,
cioè la resistenza è due terzi di quella su una sfera solida.
Uguagliando Falla forza di gravità sulla goccia, 47rR 3 (p - p')g/3, troviamo
3. Due dischi piani circolari paralleli, (di raggio R) sono l'uno sulraltro a piccola
distanza; lo spazio tra loro è riempito di fluido. I dischi si avvicinano a velocità costante
11.,spostando il fluido. Determinare la resistenza al loro moto ( O. Reynolds ).
Sol'Uzione. Prendiamo coordinate polari cilindriche, con l'origine al centro del disco
inferiore che si suppone fermo. Il flusso ha simmetria assiale e, dato che lo strato è sottile,
predominantemente radiale: 110 « v,. ed anche 8vr/8r « 8v,)8:::. Le equazioni del moto
diventano
8 2 vr Bp Bp
T)-=-
8z2 Br' a-=
"-
o, (1)
7
l Possiamo trascurare il cambiamento cli forma della goccia nel suo moto, dato che
esso è piccolo di ordine superiore. Va comunque tenuto in conto che, affinché la goccia
in moto resti sferica, le forze dovute alla tensione superficiale a1 bordo devono superare
le forze dovute alle disuniformità di pressione che tenderebbero a rendere la goccia non
sferica. Questo significa che si deve avere 17u/R « a/ R dove a è il coefficiente di tensione
superficiale o, sostituendo u ~ R 2gp/17,
R « l!i·
80 FLUIDI VISCOSI Cap. II
18(rv,.) avz
--+-=O (2)
7' ar az 1
v. = --1 d
r dr
1h O
rv,.dz = ---- h3 d ( r-dp) ,
121)r dr dr
eia cui
3·1ru.(R2
p=po+-
h3
La resistenza totale sul disco in moto è
4
F = 31r7Jv.R
2h 3
Prendiamo ora, come volume cli fluido considerato, quello tra due piani infiniti
.r = costante, lontani dal corpo, mio davanti ad esso e l'altro dietro. L'integrale
sulla superficie "laterale" infinitamente distante si annulla (dato che p' = v = O
all'infinito) e quindi è sufficiente integrare solo sui due piani trasversali. Il flusso
cli impulso così ottenuto è chiaramente dato dalla differenza tra il flusso totale di
impulso entrante attraverso il piano anteriore (a monte) e quello uscente attraver-
so il piano posteriore (a valle). Questa differenza, comunque, non è altro che la
quantità cli impulso trasmessa al corpo dal fluido per unità di tempo, cioè la forza
F esercitata sul corpo immerso nel fluido. Le componenti della forza F sono
dove l'integrazione è presa sui piani infiÌ1iti x = x1 (lontano dietro il corpo) e x = ·x2
(lontano davanti ad esso). Consideriamo prima l'espressione per Fr. ·
Al di fuori della scia abbiamo flusso potenziale e quindi vale l'equazione di
Bernoulli
1 ,, 1 ')
p + -p
2
(U + vt =costante= Po+ -pU-
2
o, trascurando il termine !pv 2 rispetto a pU · v,
1
p = -pUvx,
dove l'integrazione è presa sull'area della sezione trasversa della scia, lontano dietro
al corpo. La velocità Vx nella scia è naturalmente negativa: il fluido si muove più
lentamente cli quanto farebbe in assenza del corpo. Si deve notare che l'integra-
le nella (21,1) rappresenta la riduzione della portata di fluido attraverso la scia
rispetto a quanto si avrebbe in assenza del corpo.
Consideriamo ora la forza. (le cui componenti sono Fy, Fz) che tende a muovere
il corpo trasversalmente. Questa forza è chiamata. portanza. Al cli fuori della. scia,
dove si ha flusso potenzia.le, possiamo scrivere vy = EJ<p/ Ely,v 0 = Eli.p/El::::l'integrn.le
sul piano :r = :r2, che non interseca mai la scia, è nullo:
"
.
h7vydydz = u·
"
EJ<p
a,;dydz
y
= O,
trEJ<p
././ Elz clyd:::= O,
(21,2)
L'integrazione, in queste formule, è presa solo sull'area. della sezione trasversa. della
scia. Se il corpo ha un asse cli simmetria (non necessariamente una simmetria
assiale completa) e il flusso è parallelo a questo asse, anche il flusso avrà un asse di
simmetria. In questo caso, ovvia.mente, la portanza è evidentemente nulla.
Torniamo al flusso nella scia.. Una stima. della grandezza dei vari terrn.ini nell'e-
quazione di Na.vier-Stokes mostra. che il termine v6.v può essere in genere trascu-
rato a distanze 7· dal corpo per cui rU / v » 1 ( cfr. la derivazione della condizione
opposta (20,16)); a queste distanze il flusso al cli fuori della scia può essere con-
siderato un flusso potenziale. Non è possibile invece trascurare questo termine
§ 21 SCIA LAMINARE 83
all'interno ,della scia, nemmeno a queste distanze, dato che le derivate trasverse
D2,v/ Dy2 , ÉPv/ Dz2 sono grandi rispetto a D2 v / Dx2 .
Supponiamo che Y sia l'ordine di grandezza dell'ampiezza della scia, cioè la
distanza dall'asse x a cui la velocità v diminuisce in modo significativo. L'ordine
cli grandezza dei termini nell'equazione di Navier-Stokes è allora:
Dv Uv D2 v vv
(v · grad)v ~ U- ~ -, v6v~v-- ~ -.
Dx x Dy2 y2
(vx
Y=
vu· (21,3)
Questa quantità è in effetti piccola rispetto a x, data l'ipotesi fatta che U;i; » 1.
Vediamo che la larghezza della scia laminare cresce come la radice quadrata della
distanza dal corpo.
Per determinare l'andamento della velocità nella scia, torniamo alla formula
(21,1). La regione cli integrazione ha un'area dell'ordine di Y 2 . L'integrale può
quindi essere stimato come F'.o:~ pUvY 2 , e usando la relazione (21,3) si ha
(21,6)
La quantità v2, che deriva dal terniine -grad (p/p) nell'equazione iniziale (21,6),
può essere cercata come il gradiente di uno scalare 3 ). Dato che, lontar~o dal
corpo, le derivate rispetto ad x sono piccole comparate a quelle rispetto a y e
z, possiamo trascurare, nell'approssimazione considerata, il termine f)cD/8x, cioè
prendere v,, = vi,,. Abbiamo quindi, per v,:, l'equazione
(21,8)
V;c = F.1:
----exp { U (y2+ z2)}. (21,9)
47rpl/X 4vx
F.i:
vT = ----exp { ---Ur(}2} . (21,10)
·· 47rpvr '±V
Il termine in ocD/8:r (con cDdato dalla (21,12) nel seguito), che abbiamo omesso,
aggiungerebbe il! v,1, un piccolo termine addizionale ~ ().
La forma di u 1y e VJz deve essere la stessa cli quella nella (21,9) con coefficienti
differenti. Prendiamo la direzione della portanza come asse y (in modo che F 0 = O).
Dalla (21,2) abbiarno che, essendo cD= O all'infinito,
.u·V1 clyclz =
0 Q.
s) Il potenziale di velocità sarà indicato nel resto del paragrafo con cI1per distinguerlo dall'angolo
azimutale 'P in coordinate polari.
§ 21 SCIA LAMINARE 85
~ 8vy 8v= ( 8
2 2
. 8 ) 8v1y
div v = --;:,-+ --;:,-= C19 + C19 cD+ ---;:;-= O.
uy uz uy- uZ" uy
Quindi
8<D _ !!_8v1y
8x U 8y ·
<D= ------
Fu y { exp [ U (y2 + z2)]- 1}
; (21,12)
21rpUy2 + z2 4vx
f = bcot~. (21,15)
CD= ___!S_
cos i.p
21rpU re '
e il secondo termine nella (21,H) è (2b/rB) cos 1.p. Il confronto cli queste espressioni
mostra che deve essere b = F,1/ 41rpU.
Per determinare il coefficiente a nella (21,14) notiamo che il flusso totale cli
massa attraverso una sfera 8 cli grande raggio r è nullo come attraverso ogni su-
perficie chiusa. La quantità cli flusso entrante attraverso la parte S'o cli questa sfera
che interseca la scia è
. F
- V,i;dycl:;= [.1;.
.h7 p.
D'altra parte la stessa quantità cli flusso dovrà uscire attraverso il resto della
superficie della sfera e quindi dobbiamo avere
' F.T
!
. S-So
V· clf =- .
pU
Poiché 8 0 è piccola rispetto a 8 può definire
= F.T.
.eh
s
v · clf = e/{
. gracl cD· clf
.s
-41ra = -·
pU
(21,16)
dove a= -F."'/41rpU.
L'espressione completa per il potenziale cli velocità è quindi
cD= A
'±1f P
lu 7. (-F.T + Fy cos i.p cot ~)
2
(21, 17)
che dà il flusso ovunque al cli fuori della scia, lontano dal corpo. Il potenziale
decresce al crescere della distanza come 1/r; la velocità diminuisce di conseguenza
§ 22 VISCOSITÀ. DELLE SOSPENSIONI 87
2
come 1/r ·.-· In assenza cli portanza, il fluido al cli fuori della scia ha simmetria
assiale.
(22,1)
in cni o:;1c è un tensore simmetrico costante. La pressione del fluido è quindi co-
stante: po = costante e nel seguito considereremo questa costante nulla cioè misu-
reremo solo le deviazioni da questo valore costante. Se il fluido è incomprimibile
( div v(o) = O),la somma degli elementi diagonali del tensore a;h:, la traccia, deve
essere nulla:
a;;= O. (22,2)
Supponiamo ora cli avere una piccola sfera cli raggio R posta nell'origine delle
coordinate. Sia inoltre v = v(D)_/-v(ll la velocità del fluido modificata dalla presenza
della sfera; v(l) deve annullarsi all'infinito ma in vicinanza della sfera non è piccola
rispetto avo. Data la simmetria ciel flusso è chiaro che la sfera rimane a riposo e
le condizioni al contorno sono quindi v = O per r = R.
La soluzione cercata per le equazioni del moto (20,1 )-(20,3) possono essere rica-
vate direttamente dalla soluzione (20,4), con la funzione f data da (20,6), se notia-
mo che le derivate spaziali cli queste soluzioni sono esse stesse soluzioni. In questo
caso cerchiamo una soluzione parametricamente dipendente dalle componenti del
tensore o:;1,: (e non dal vettore u come nel§ 20). La soluzione è
p=·17oan,-a a
a2 6f '
Xi ;J;k
v?) = ~2 (R45
T
- r- R:) ak1n;n1cn1
R5
7a;1,;n1,,, (22,3)
88 FLUIDI VISCOSI Cap. II
.(22,4)
L'integrazione può essere presa sul volume V cli una sfera cli raggio grande che
verrà poi fatto tendere all'infinito.
Abbiamo l'identità
-CJa.,= (av;
. + -av")
110
8
-
8 x,
-
. . - prS;1,+
J,/,;
L 'integrando è diverso da zero solo all'interno delle sfere solide; dato che la concen-
trazione della sospensione è supposta piccola, l'integrale può essere calcolato per
una sfera isolata ignorando la presenza della altre ed, in seguito, moltiplicato per
la concentrazione n della sospensione (il numero cli sfere per unità cli volume). Il
calcolo esplicito cli questo integrale prevederebbe lo studio degli sforzi all'interno
della sfera. T\1ttavia si può evitare questa difficoltà trasformando l'integrale cli
volume in un integrale superficiale su una sfera all'infinito che si trovi interamente
nel fluido. Per fare questo notiamo che l'equazione del moto 8CJu/8J:1 = O porta
all'identità
a
,.,: = -8x1 (CJ·1x1.)
CJ·1 ,... ' '·
_
CJik= 170
( 8v;
-a. +-a..
X/,:
av")
+nX-i 1. {CJ;1x1.,df1
dove la barra indica la media sulle direzioni del versore n. Calcolando la media 1 ),
si ~m infine:
o'ik = 770 --
avi av,.) 4
+ --' + 51700:ik · -1r 3
( ax,,, ax; 3
R n. (22,6)
Il primo termine nella (22,6), sostituendo per y(D) l'equazione (22,1), dà 27700,k;
il termine del prim'ordine è identicamente nullo dopo aver mediato rispetto alla
direzione cli n, come deve essere, dato che l'effetto è dovuto interamente all'integrale
nella (22,5). Quindi la correzione relativa alla viscosità effettiva 17della sospensione
è determinata dal i·apporto tra il secondo ed il primo termine della (22,6). TI·oviamo
quindi
(22,7)
dove 'P è il rapporto (piccolo) tra il volume totale delle sfere e il volume totale della
sospensione.
I calcoli ed i risultati diventano molto complessi già per una sospensione cli par-
ticelle sferoidali 2 ). Come esempio diamo i valori numerici del fattore cli correzione
A nella formula
77= 170 (1 + G.1.f!)
,
per diversi valori cli a./b, dove a. e b = c sono i semiassi degli sferoidi:
Se i termini non lineari nelle equazioni del moto cli un fluido viscoso non sono
identicamente nulli, la loro soluzione pone grandi difficoltà e solo in un piccolo
t) I valori medi dei prodotti di componenti del vettore unitario sono tensori simmetrici che
possono essere formati solo a partire dal tensore unità i5u.·
.. Si trova facilmente
") Nel flusso cli una sospensione cli particelle non sferoidali, la presenza cli gradienti cli ve-
locità ha un effetto di orientamento su di esse. L'azione simultanea delle forze iclroclinamiche,
che tendono ad orientare, e di moto Browniano rotatorio, che tende a disorienta.re, dà luogo a.cl
una distribuzione anisotropa. delle particelle per quanto riguarda la loro orientazione nello spazio.
Questo effetto, tuttavia, non va tenuto in conto nel calcolo delle correzioni alla viscosità. 17;l'aniso-
tropia della distribuzione dell'orientazione dipende essa stessa eia.I gradiente di velocità. (in prima
approssimazione in modo lineare) e la sua inclusione darebbe al tensore degli sforzi termini non
lineari nei gradienti.
90 FLUIDI VISCOSI Cap. II
numero di casi si hanno soluzioni esatte. Queste smio di grande interesse. i11èto-
dologico, se non sempre di interesse fisico (perché in pratica si ha turbolenza non
appena il numero di Reynolds è abbastanza grande).
Nel seguito diamo esempi di soluzioni esatte dell'equazione del moto di un fluido
viscoso.
I.O
--
0.9 \
0.8 \
\ /
V-
0.7
_1Yv
0.6 \
0.5
0. ./
\
\. /
V
,/
1-
0.3 /'- - --
~
li'
0.2 /
-.f.....::-----
O.I
V/
o
/
0.5
7
I.O J.j
r---.....
2.0
~
2.5
---
3.0 3.5 4.0
G
Z,
./.5
Fig. 7
(23,1)
§ 23 SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DEL MOTO 91
Vz ( 00) = -0.886~.
La forza di attrito che agisce sull'unità di area del disco perpendicolarmente al
= 178v'P/Dzlz=O''Iì·ascurando gli effetti di bordo possiamo scrivere il
raggio è !7:::<p
momento delle forze cli attrito che agiscono sul disco cli raggio R, grande ma finito,
come
M =2 {R 2rrr2 !7z<pdr
= rrR4 prvfi:iG' (O).
.Io
Il fattore 2 davanti all'integrale appare perché il disco ha due lati esposti al f-luido.
Un calcolo numerico della funzione G porta alla formula
(23,Ll)
1 op 2v EJv
---+--=O (23,6)
pr EJ'-P r 2 EJ'-P '
EJ
-(rv)=O.
OT
Dall'ultima equazione si vede che rv è solo funzione di '-P·Introducendo 1a funzione
(23,7)
si ha dalla (23,6)
1 éip 12v 2 dv,
p éi(()
da cui
p 12v 2
-p = -'U, (ip) + f (r),
,,.2
cl2u
-dip2
+ 411· + fru.ao = -r6v1 2 3 ·f., ( r ) '
da cui vediamo che, poiché il primo membro dipende solo da '-Pe il secondo solo da
r, ciascuno deve essere una costante che indichiamo con 2C 1 . Quindi
"e·1 -;-l,
./..,('/'l = 12/.I- i
'/"
da cui
e, per la pressione,
p 6v 2
- = (2v. - C1) + costante. (23,8)
p
Per v, (ip) abbiamo l'equazione
u" + 4u + 6u 2 = 2C1,
che, moltiplicando per u' ed integrando una volta dà
Da cui abbiamo
cl'U
2'-P= ±
I
. v-'U
0
- ·u. + c1'U
2
+ c2
+C3
•
(23,9)
§ 23 SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DEL MOTO 93
che dà la. dipendenza della velocità da <p che cercavamo; la funzione u (<p) può
es9ere espressa in termini cli funzioni ellittiche. Le tre costanti C1, C2 e C3 sono
determinate dalle condizioni al contorno sulle pareti
(23,10)
e dalla condizione che la stessa massa cli fluido Q passi per unità cli tempo attraverso
qualunque sezione trasversa r = costante :
·et/2 ;·et/2
Q=p vrdip=6vp 11.clip. (23,11)
,/ -a/2 -et/2
Q può essere sia positiva che negativa. Se Q > O, la linea cli intersezione dei piani è
una sorgente, cioè il fluido emerge dal vertice dell'angolo: questo è chiamato ft.71,sso
'Ìn ·u.n canale divergente. Se Q < O, la linea cli intersezione è un pozzo e si ha un
fiv.sso in ·u.n canale conve1yente. Il rapporto IQl/vpè adimensionale e, in questo
problema, ha il ruolo del numero cli Reynolcls.
Discutiamo prima il flusso convergente ( Q < O). Per studiare le soluzioni (23,9)-
(23,11) facciamo delle ipotesi che saranno giustificate nel seguito: supponiamo che
il flusso sia simmetrico rispetto al piano ip = O (cioè 11,(ip) = u (-ip)), che la
funzione v. (<p) sia sempre negativa (cioè che la velocità sia sempre in diretta verso
il vertice) e monotonamente decrescente da 11,= O a <p= ±ct/2 fino a 11,= -v. 0 < O
a <p= O così che v,o sia il massimo valore cli lv,I.Per v. = -v,o si deve quindi avere
clv./clip= O, da cui segue che ·u = -11,0è uno zero dell'espressione cubica sotto radice
nell'integranclo della (23,9). Si può quindi scrivere
') 1 - 'P) -
-a
~ (2 -
1°11 J(11.+11,o){-u 2
clv.
-(1-11,o)v.+q}
1
94 FLUIDI VISCOSI Cap. II
Fig. 9 Fig. 10
0 /'"" cl11, }
= Jo V(n - uo) {'l12 + ( 1 + uo) 11 + I]}'
(23,14)
1
-R-
1·uo 'U,cl11,
6 - .o {u 2 + (1 + uo) u + q}.
v(u - 11,o)
O:ma:x
ra
= .Io -v,11=,=,c(
clu
J=(c=·u=+=·u=o=+=1c;=J
u=o=-=1=,l
È facile vedere che per fisso q invece a: è una funzione monotonamente decrescente
di ·u,o.Ne segue quindi che uo è una funzione monotonamente decrescente cli q a
l) Ci si potrebbe chiedere come l'integrale possa non essere piccolo anche per ·u Se -ua. In
realtà, per uo molto grande, una delle radici di -u? - (1 - u,o) u. + q è prossima. a -ua, così che il
radicando ha. due zeri quasi coincidenti e quindi l'intero integrale è "quasi divergente" a,,.= -11,a.
§ 23 SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DEL MOTO 95
(23,15)
Quindi un flusso simmetrico, divergente ovunque (fig. lla) è possibile, per un dato
angolo di apertura, solo per numeri cli Reynolcls non superiori ad un definito valore.
Per a -+ 7r ( k -+ O), Rmax -+ O; per a -+ O( k -+ 1/ v12), Rmax tende a infinito come
18.8/ C\:.
Fig. 11
Per R > Rmax l'assunzione cli flusso simmetrico, ovunque divergente, è ingiusti-
ficata dato che le condizioni (23,14) non possono essere soddisfatte. Nell'intervallo
angolare - ~ o: ::; <p ::; ~ o: la funzione 11, ( <p) ora avrà dei massimi o dei minimi.
I valori di ;;, (<p) corrisp~nclenti a questi estremi devono essere zeri del polinomio
sotto segno di radice. È quindi chiaro che il trinomio 11.2 + (l + 11.0 ) 11, + q ( con
iio > O, q > O) deve avere due radici reali negative in questo intervallo così che
l'espressione sotto radice può essere scritta
e così via. In tutte queste soluzioni quindi, ci sono regioni di flusso verso l'e?terilo
e verso l'interno (sebbene la portata totale Q sia naturalmente positiva). Quando
R -+ oo il numero di minimi e massimi alternati aumentano senza limite, così che
non esiste soluzione limite ben determinata. Possiamo sottolineare che nel flusso
divergente, quando R -+ oo, la soluzione non tende alla soluzione dell'equazione
di Eulero come invece accade per il flusso convergente. Infine va menzionato che,
quando R cresce, il flusso divergente stazionario del tipo descritto diventa instabile
appena R supera Rmax ed in pratica si ha un flusso non stazionario o t'Urbolento
(Capitolo III).
Getto sommerso
F (B) f (e)
v,.=--, ve=--, (23,16)
T T
1 Ò (r2 vr) 1 a .
?
r- é)
r + -.-e
r sm u"B (ve Sll1 B) = o.
Troviamo quindi che
clf
F (e) = - dB - f . cot e. (23,17)
tra le componenti del tensore densità di flusso di impulso nel getto. Essendo nulle
le componenti Ilipip,Ileo, segue che anche II,.e è nullo Solo la componente II,.,. è
dunque differente da zero e varia come 1/r 2 . È facile vedere che le equazioni del
moto òITilj òx1,:= O sono automaticamente verificate.
§ 23 SOLUZIONI ESATTE DELLE EQUAZIONI DEL MOTO 97
Scriviamo anche
e, dalla (23,17), si ha
F=2v{ A l -1}.
2
(A- cosBt
? (23,19)
1 f
-Ileo= I!_+
p P
9
r-
(f + 2vcotB) = O,
che dà
4pv 2 AcosB - 1
(23,20)
p-po =
r- " - cos 8)2'
--?-(4
dove Po è la pressione all'infinito. La costante A può essere espressa in termini del-
l'impulso del getto cioè col flusso di impulso totale in esso che è uguale all'integrale
sn una superficie sferica
P =
.ITrrcos 61czf"= 21r ;·2;r 2
r 11rrcos 61sin 61dB.
.~ .o
Il valore cli 11rr
P=l61rv-pA
? {
1+ (A24 _ 1)- A A+l}
2 lnA-l.
(23,21)
3
Le formule (23,16)-(23,21) risolvono il problema posto. Quando A varia tra 1 e oo
l'impulso del getto prende tutti i valori tra oo e O.
Le linee cli corrente sono cleterrn.inate dall'equazione
dr r
- = -de,
'Ur Ve
la cui integrazione dà
r sin 2 8
= costante.
- cos
98 FLUIDI VISCOSI Cap. II
La figura 12 mostra le linee di corrente i1el getto. Il flusso è costituito dal getto che
proviene dall'origine e "risucchia" il fluido circostante, Se prendiamo arbitraria-
mente come bordo del getto la superficie su cui le linee di corrente hanno distanza
minima (r sin B) dall'asse, si ha che essa è un cono di angolo di apertura 2Bo, con
cosBo = l/A.
Fig. 12
P sinB p cose
ve=----- Vr=----. (23,22)
8m_1p r ' ,11rvp r
2
Nel limite opposto di un getto forte (grande P quindi A-+ 1) ) abbiamo
g2 o
_ 641nrp
A= 1 + _Q_. 82
o-~
2·
2v () 2v
ve = - - cot - , v,. = - - . (23,23)
r 2 r
41_1()
Ve=------
(85+ ()2) '/',
La soluzione qui ottenuta è esatta se si considera il getto emesso da una sorgente
puntiforme. Se si considerano le dimensioni finite dell'apertura del tubo questa
soluzione rappresenta il primo ordine di uno sviluppo in potenze del rapporto tra
queste dimensioni e la distanza r dall'apertura del tubo. Si deve a questo il fatto
2
) In realtà il flusso in un getto sufficientemente forte è turbolento(§ 36). Il numero di Heynolds
per il getto in esame è rappresentato dal parametro adimensionale J
P / pv 2 •
§ 24 MOTO OSCILLATORIO IN UN FLUIDO VISCOSO 99
che, se si ·calcola da questa soluzione, il flusso totale di massa attraverso una super-
ficie chiusa contenente l'origine, esso risulta nullo. Questo flusso non è più nullo se
si' tengon~ in conto i termini seguenti nel suddetto sviluppo 3 ).
dove la costante u 0 = Ae-i" è in genere complessa ma può essere sempre resa reale
con una scelta appropriata dell'origine del tempo.
Finché il calcolo comporta solo operazioni lineari sulla velocità ·u. possiamo
ignorare la presenza del segno Re e procedere come se u fosse complessa prendendo
la parte reale del risultato finale. Scriveremo quindi
V,r =V 0 = 0, Vy = 11.
per :1::= O.
Per ragioni di simmetria è evidente che tutte le quantità dipenderanno solo
dalla coordinata .T e dal tempo t. L'equazione di continuità div v = O dà
Bvx
-a
X
=O,
EJv EJ2v
EJt= V EJ2x2, (24,3)
cioè una equazione del tipo di quella del calore unidimensionale. Cercheremo una
soluzione di questa equazione che sia periodica in x e t della forma
v = 'll,oei(k.1J-wl),
la scelta del segno cli vi nella (24,4) è fatta in modo da avere una velocità che
decresca all'interno del fluido.
Onde trasverse possono dunque prodursi in un fluido viscoso, con velocità Vy =
v perpendicolare alla direzione di propagazione. Esse sono comunque rapidamente
smorzate allontanandosi dalla superficie solida che genera le onde. L'ampiezza
decresce in modo esponenziale con o,la profondità cli penetraz'ione l), che a sua volta
decresce al crescere della frequenza dell'onda e cresce con la viscosità cinematica
del fluido.
Calcoliamo la forza cli attrito sulla superficie solida che è evidentemente diretta
lungo l'asse y. La forza per unità cli area é
ax 11 = --Jwripv,o cos ( wt + ~)
La velocità della superficie oscillante è 'ti, = uo cos wt. La velocità e la forza cli
attrito sono dunque sfasate 2 ).
l) Su una distanza 8 l'ampiezza diminuisce di un fattore e; su una lunghezza d'onda decresce
di un fattore e 2 " Se 5,10.
2
) Per oscillazioni di un semipiano (parallele al suo bordo) appare una ulteriore forza di attrito
dovuta agli effetti di bordo. Il problema del moto di nn fluido viscoso dovuto alle oscillazioni di un
semipiano, così come il problema più generale delle oscillazioni di un cuneo di qualunque angolo,
può essere risolto da una classe di soluzioni dell'equazione 6.f + h:2 .f = O, usata nella t;eoria della
diffrazione da un cuneo. Ci limitiamo solo ad un risultato: l'aumento della forza di attrito su un
semipiano, dovuta agli effetti di bordo, può essere descritto come risultato della crescita dell'area
del semipiano quando il bordo si sposta di una distanza ìi/2 con 8 dato dalla (24,4) (L.D. Landa.v.,
1947).
§ 24 MOTO OSCILLATORIO IN UN FLUIDO VISCOSO 101
Essa è proporzioriale alla radice quadrata della frequenza delle oscillazioni e della
viscosità del fluido.
Una soluzione esplicita può essere ottenuta anche per il problema cli un fluido
messo in moto da una superficie piana che si muove, nel suo piano, secondo una
legge arbitraria 11, = 11, (t). Non riporteremo qui i calcoli corrispondenti dato che
la soluzione dell'equazione (24,3) è formalmente identica a quella del problema
analogo nella teoria della conduzione termica che discuteremo nel § 52 (la soluzione
è la formula (52, 15)). In particolare, la forza cli attrito sull'unità cli superficie del
piano è data da
_-f!plt
CJxy-
7f • -oo
du, (T) ___!}:!__
~,
clT y 1 - T
(24,8)
c:fr. (52,14).
Consideriamo ora il caso generale cli un corpo oscillante cli forma arbitraria.
Nel caso considerato sopra, delle oscillazioni cli una superficie piana, il termine
(v · grad) v nell'equazione del moto del fluido era identicamente nullo. Per una
superficie cli forma arbitraria questo, ovviamente, non accade. Assumeremo tutta-
via che questo termine sia piccolo rispetto agli altri in modo da poterlo trascurare.
Le condizioni necessarie per la validità cli questa assunzione saranno esaminate nel
Heguito.
Iniziamo, come prima, dall'equazione lineare (24,2). Applichiamo ai due mem-
bri il rotore; il termine rot gradp è identicamente nullo e si ha
é)
- rot v = I/ L:,rot v, (24,9)
0t
cioè rot v soddisfa un'equazione del tipo dell'equazione del calore. Abbiamo visto
sopra che una tale equazione porta ad una decrescita esponenziale della quantità
che descrive. Possiamo quindi affermare che la vorticità decresce verso l'interno del
fluido. In altre parole, il moto del fluido provocato dalle oscillazioni del corpo è
rotazionale in un certo strato intorno ad esso mentre, a distanze maggiori, diventa
flusso potenziale. La profondità cli penetrazione del flusso rotazionale è cli ordine
o.
Due importanti casi limite sono da considerare: la quantità c5può essere grande
o piccola rispetto alle dimensioni del corpo oscillante nel fluido. Sia l l'ordine di
grandezza cli queste dimensioni. Consideriamo, per cominciare, il caso c5» l; questo
implica Z2 w « I/. Oltre a questa condizione supporremo anche che il numero di
Reynolcls sia piccolo. Se a. è l'ampiezza delle oscillazioni del corpo, la sua velocità
102 FLUIDI VISCOSI Cap. II
è di ordine aw. Il numero cli Reynolds per il fluido in questione è allora wal/v.
Supponiamo che ·
wal
- « 1. 1/
(24,10)
Questo è il caso delle frequenze cli oscillazione basse che corrisponde ad una velocità
che varia lentamente nel tempo e quindi nell'equazione generale del moto
fJv 1
- + (v · grad) v = --gradp + v6.v,
8t p
possiamo trascurare la derivata fJv / fJt. Quanto al termine (v · grad) v, esso può
essere trascurato perché il numero di Reynolds è piccolo.
L'assenza del termine fJv / fJt nell'equazione del moto significa che il moto è
stazionario. Quindi per r5» l il moto può essere considerato stazionario in ogni
istante. Il moto del flusso è dunque, in ogni istante, quello che sarebbe se il corpo
si muovesse uniformemente con la sua velocità istantanea. Se, ad esempio, si tratta
cli oscillazioni cli una sfera immersa in un fluido, di frequenza tale da verificare le
disuguaglianze (24,10) (Z è ora il raggio della sfera), si potrà dire che la resistenza
sulla sfera è data dalla formula cli Stokes (20,14) per il moto uniforme cli una sfera
a piccoli numeri cli Reynolds.
Consideriamo ora il caso limite opposto cioè l » 5. Affinché si possa ancora
considerare trascurabile il termine (v · grad) v, è necessario che l'ampiezza delle
oscillazioni del corpo sia piccola rispetto alle sue dimensioni, cioè
(2,1,11)
si noti che, in questo caso, non è necessario che il numero cli Reynolcls sia. piccolo.
Stimiamo il valore del termine (v · grad) v. L'operatore (v · grad), rappresenta la
derivazione nella. direzione della. velocità. In vicinanza. della superficie del corpo
la velocità è essenzialmente diretta lungo la tangente. In questa direzione la velo-
cità varia. apprezzabilmente solo su distanze dell'ordine della dimensione del corpo
stesso. Quindi
v2 a2w2
(v · grad)v ~ T ~ - -,
1
dato che l'ordine cli grandezza della velocità è aw. La derivata fJv / fJt è cli ordine
vw ~ aw2 e comparando queste relazioni si vede che, se a<< l, si ha che
fJv
(v · grad) v « fJt.
Quanto ai termini fJv / fJt e v 6. v si può facilmente vedere che sono dello stesso
ordine cli grandezza.
Possiamo ora discutere le caratteristiche del moto di un fluido intorno ad un
corpo oscillante quando le relazioni (24,11) sono verificate. In uno strato sottile cli
fluido in prossimità della. superficie del corpo il flusso è rotazionale, ma nel resto
MOTO OSCILLATORIO IN UN FLUIDO VISCOSO 103
del fh1idq· abbiamo flusso potenziale 3 ). Quindi, dappertutto eccetto nello strato
a.diacente. al corpo, il flusso è dato dall'equazione
(24,13)
Infine, l'energia totale dissipata per unità cli tempo è data dall'integrale
-2v(piiwJ:121'
2 .r clj
-;- 1 (24,14)
Ecin = Vo
3
) Per oscillazioni di una superficie piana, non solo rot v ma anche v si annulla esponenzialmente
con una distanza caratteristica i5. La ragione è che il piano oscillante non sposta il fluido che
quindi, lontano dal piano, resta immobile. Per oscillazioni di corpi di forme differenti il fluido
viene spostato e messo in movimento con una velocità che decresce apprezzabilmente solo su
distanze dell'ordine della dimensione del corpo.
1
· ) La distribuzione di velocità (24,13) è scritta in un sistema di riferimento in cui il solido è a
riposo (vy = O quando x = O). Quindi v 0 deve essere considerata come la soluzione del problema
del flusso potenziale intorno un corpo a riposo.
104 FLUIDI VISCOSI Cap. II
(24,15)
(24,16)
Vediamo quindi che la dissipazione cli energia viene solo dalla parte reale cli /3; la
parte corrispondente della resistenza (24,15), proporzionale alla velocità, può essere
definita dissipat'iva. L'altra parte della resistenza, proporzionale all'accelerazione e
determinata dalla parte immaginaria cli (3, non comporta dissipazione cli energia e
può essere definita inerziale.
Considerazioni simili valgono per il momento delle forze su un corpo che oscilla
in modo rotatorio in un fluido viscoso.
PROBLEMI
1. Determinare la forza di attrito su ciascuno dei due piani solidi paralleli tra cui si
trova uno strato di fluido viscoso, quando uno dei piani oscilla nel suo piano.
Sol'U,zione. Cerchiamo una soluzione dell'equazione (24,3) della forma 5 )
sink(h-x)
v=·u .
sinkh
5
) In tutti i problemi cli questo paragrafo k e i5 sono definiti come nella (24,4).
MOTO OSCILLATORIO IN UN FLUIDO VISCOSO 105
P1y = 'I)
avi
ax e:=O = -k'l/,T/ cot h:h,
avi kv:17
P2u = 'I/ ax
' x=h sinkh'
3. Un elisco pia.no cli grande raggio R esegue oscillazioni rotatorie, intorno al suo asse, cli
piccola ampiezza e angolo cli rotazione () = ()0 cos wt con ()0 « 1. Determinare il momento
della forza cli attrito che agisce sul elisco.
Sol-u.z-ione.Per oscillazioni cli piccola ampiezza il termine (v · grad) v nell'equazione
del moto è sempre piccolo rispetto a av/8/;,qualunque sia la frequenza. Se R » S, il
elisco può essere considerato infinito nella determinazione della distribuzione cli velocità.
Prendiamo coordinate polari cilindriche con asse z lungo l'asse cli rotazione e cerchiamo
una soluzione per cui v,. = v 0 = O, v,,, u = rD - i). Per la velocità angulare n (::.I) del
fluido otteniamo l'equazione
ari a2 n
at
-=ZJ--
az2 .
La soluzione cli questa equazione che si riduce a -w{} 0 sin wt per z = O e a zero per :::= oo
è
D = -we 0 e-=l 15sin ( wt - J).
Il momento della forza cli attrito sui due lati del elisco è
M = 2
l ·R
T27r7'7) acI
av 1
dr= weo7r..Jwi5rìR' .
cos wt - 471 (
1 ) .
• O - c=O
4. Determinare il flusso tra due piani paralleli in presenza cli un gradiente cli pressione
che varia armonicamente col tempo.
Sol'U.zione. Prendiamo il piano xy a metà strada tra i due piani, con l'asse x parallelo
al gradiente cli pressione che scriviamo nella forma
---1 ap = ae -iwt .
pax
106 FLUIDI VISCOSI Cap. II
8v -iwt a2v
-a
t =ae +v-8 y-o·
2
-tan- kh) .
kh 2
'Ìa .
V~ -e-1,wt,
w
in accordo col fatto che in questo caso la velocità deve essere quasi costante sulla sezione
trasversa e varia solo in un sottile strato superficiale.
5. Determinare la resistenza su una sfera cli raggio R che oscilla in modo traslatoriò in
un fluido.
Sofozione. Scriviamo la velocità della sfera nella forma u = ·u0 e-iwt. Come abbiamo
fatto nel paragrafo § 20, cercheremo la velocità del fluido nella forma
v = e-iwtrot rot fu 0 ,
con f funzione solo cli ·r (l'origine delle coordinate è presa nel punto do-ve si trova il centro
della sfera nell'istante considerato). Sostituendo nella (24,9) ed effettuando trasformazioni
analoghe a quelle fatte nel § 20 si ottiene
t:?f + iw 6f = O
1/
(invece dell'equazione 6 2
f = O del§ 20). Abbiamo quindi
'ikr
6f = costante x _e_;
r
df
dl.
eih
= a-"-
r-
(
r - -:-k
1)+ ----,,;
i ·
b
r-
(1)
non abbiamo bisogno della funzione f stessa dato che solo le sue derivate f' e f" appaiono
nella velocità. Le costanti o. e b si determinano dalla condizione che v = u per r = R, e si
trova
(2)
§ 24 MOTO OSCILLATORIO IN UN FLUIDO VISCOSO 107
F = 6Jr77R ( 1 +
R)
5 'U,+ 31rR-
0
V{2rip 2R)d'U,
-z;-( 1 + W dt · (3)
Per w = O questa si riduce alla formula cli Stokes. Per alte frequenze, invece, si ha
21T 3d'U, ~
- + 31rR-y 2'1/PW'U,.
?
F = -pR
3 dt
Il primo termine in questa espressione corrisponde alla forza cli inerzia per il flusso poten-
ziale intorno alla sfera (cfr. problema 1, § 11), mentre il secondo dà, l'espressione limite
della forza dissipativa. Questo termine poteva essere trovato anche calcolando l'energia
dissipata secondo la (24,14); si veda il problema 6.
6. 'Iì·ovare l'espressione, nel limite cli alte frequenze (8 « R), per la forza di resistenza
dissipativa su un cilindro infinito cli raggio R oscillante ad angoli retti rispetto al suo asse.
Sol-u,zione. La distribuzione cli velocità, intorno ad un cilindro a riposo in un flusso
trasverso è
R2
v =---,,-[2n (u · n) - u] - u;
r-
si veda il problema 3, § 10. Da questo troviamo, per la velocità tangenziale sulla superficie
del cilindro,
'Vo = -'J:u sin rp,
dove 'I' e rp sono coordinate polari nel piano trasverso con rp misurato rispetto alla direzione
cli lL Dalla (24,14) troviamo l'energia dissipata per nnitit cli lunghezza ciel cilindro:
2
È,.;,, = ITu. R J2,17pw.
Essendo le equazioni lineari, la resistenza totale può essere scritta come l'integrale delle
forze cli resistenza per le velocità che sono singole componenti cli Fourier v.we-iw\ queste
forze sono date dalla (3) del problema 5 e sono
- 1
- -Re
7r
{
(l+1,): 1·=
•
i= 0
ù(r)eiw(T-t)
/w
W
dwdr
}-
-
1·tloo(r) /w
-00 •
1 { Ù e-iw(t,-T)
= -Re (1 + i) clwdr+
7f -oo. o w
. ;,·ooi·ooù(r)eiw(T-l) }
+(l+i) /w clwdr =
. t . o w
=
flR{/ e ·t
---ù(r) d.r+·t ·[
00
---ù(r) cl}
r =
. -oo -.jt - r t vi'=t
= {f_;·t Ù ( r) dr.
V;. -00 vt- r
Abbiamo quindi per la resistenza
1
F = ,) _11 pR.:i { -1 -rh,..+ --
3un + -3~; - ;· · rlu ---dr } (4)
- 3 di R3 R 1r . -x, dr Jt - r ·
F = 21rpR3 a { -1
3
+ -3vt
R-
+ -R6 ~:;t-1r } ·
9
9. Come nel problema 8, ma per una sfera portata istantaneamente in moto uniforme.
Sol'U.Zione. Abbiamo ·u = O per t < O e 11, = V.o per t > O. La derivata clv./clt è sempre
nulla, eccetto all'istante t = O in cui diventa infinita. ma il suo integrale è finito ed uguale
a u 0 . Abbiamo come risultato che, per ogni t > O,
F = R }
6-rrpvRu.0 { 1 + r=-:;. + 2
-1rpR 3
·uoò-( l·) ,
y1rv/: 3
§ 24 MOTO OSCILLATORJO TN UN FLUIDO VISCOSO 109
dove o(t) è la funzione delta.. Per t --+ oo questa. espressione tende asintoticamente al
valore datò dalla. formula. di Stokes. L'impulso della. forza cli resistenza sulla. sfera a. t = O
è ottenuto ·integrando l'ultimo termine ed è 211pR3 11.0 /3.
10. Determinare il momento delle forze su una. sfera che esegue oscillazioni rotatorie
intorno ad un dia.metro in un fluido viscoso.
SoluZ'ione. Per gli stessi argomenti del problema. 1 nel § 20, il termine cli gradiente cli
pressione può essere omesso nell'equazione del moto così che
8v/8t = v6v.
V= rot ff/,oe-iwt,
dove n = n 0 e-iwt è la. velocità angola.re cli rotazione della. sfera. Otteniamo per f, invece
dell'equazione 6.f' = costante,
Omettendo un termine costante irrilevante nella soluzione cli questa. equazione, troviamo
f = o.e·il,:r)r,scegliendo la soluzione che si annulla. all'infinito. La costante o. è determinata
dalla. condizione al contorno che v = [nr] sulla superficie della. sfera.. Il risultato è
3
f = R eik(r-R)
· r (1 ikR) '
dove R è il raggio della sfera. Un calcolo simile a quello del problema 1 del § 20 dà
l'espressione seguente per il momento delle forze esercitate sulla sfera. dal fluido:
2 3
lìI = -~m R3fl3 + 6R/5 + 6 (R/5) + 2 (R/Jf - 2i/R/5)2 (1 + R/5).
7
3 1+2R/5+2(R/i5t
Per w--+ O (cioè o--+ oo) abbiamo iì1 = -8m7R 3 D che corrisponde ad una. rotazione
uniforme della sfera (si veda il problema. 1 cli§ 20). Nel limite opposto R/o » 1 troviamo
4\/'2 4
M = - -11R yrjpw (i - 1) n.
3
Questa espressione può anche essere ottenuta direttamente: per « R ogni elemento della o
superficie della sfera può essere considerato pia.no e la forza cli attrito che agisce su cli esso
si trova sostituendo u = Dr sin e nella (24,6).
11. Determinare il momento delle forza su una sfera cava riempita di fluido viscoso ed
oscillante in modo rotatorio intorno a.cl un diametro.
Sol·uzione. Cerchia.mo la velocità nella stessa forma del problema 10. Per f prendiamo
la soluzione (o./r) sin kr, che è finita ovunque nella sfera, incluso nel centro. Determinando
o. dalle condizioni al contorno, abbiamo
3
R) kr cos kr - sin kr
v= [Or] (-
r kR cos kR - sin kR
llO FLUIDI VISCOSI Cap. II
(25,1)
·
Emecc = - 1 ·17
9~ ,
I( -fJv;
.
8 Xk
+ -fJvk)
8X
.
1•
2
dV.
Nel calcolo cli questo integrale per un'onda cli gravità va notato che, poiché il volume
della regione superficiale cli flusso rotazionale è piccolo ed il gradiente cli velocità
in quel volume non è grande, si può ignorare questa regione a differenza cli quanto
accadeva per oscillazioni di una superficie solida. In altre parole, l'integrazione può
§ 25 SMORZAMENTO DELLE ONDE DI GRAVITÀ 111
essere pre~a su tutto il volume del fluido che, come abbiamo visto, si muove come
se fosse mi.fluido ideale.
· Il flusso in un'onda di gravità per un fluido ideale è già stato determinato nel
§ 12. Dato che abbiamo flusso potenziale,
fAp
8.Xh,8X;
così che
j ' ( x,,,
2
8? )
Emecc = - 2T) x,a '-a'P·. dì!.
L'energia Emecc può essere calcolata, per un'onda di gravità, usando il teorema
della meccanica per cui, in ogni sistema che esegua piccole oscillazioni (cioè di
piccola ampiezza), le energie cinetica e potenziale medie sono uguali. Si può quindi
scrivere Emecc semplicemente come due volte l'energia cinetica:
2
_Emecc = p, /'---,,
v-c/V = p ;· ( 8x;
8<p ) clV,
da cui
-Emccc= ') ,.2j---;,
~p,, , JF
<p-r,i. (25,3)
Én1ecc
ì = --=---- (25,Ll)
2Emecc
Nel corso del tempo, l'energia dell'onda decresce secondo la legge Emecc = costante X
e- 2 ,t; poiché l'energia è proporzionale al quadrato dell'ampiezza, questa decresce
come e-,t_
Usando le (25,2) e (25,3), troviamo
2
1 = 2vk . (25,5)
Sostituendo in essa la (12.7), otteniamo il coefficiente cli smorzamento per onde cli
gravità nella forma
2vw 4
I= --9-- (25,6)
g-
112 FLUIDI VISCOSI Cap. II
PROBLEMI
dove S è l'area della sezione trasversa del fluido nel canale. Il coefficiente di smorzamento
è
l
,=~Fw-
2v2s
Per un canale di sezione rettangolare quindi
2h + a r:-::-.
"(= ---yvw
2y12ah '
dove a è la larghezza e h la profondità del fluido.
2. Determinare il flusso in un'onda di gravità in un fluido molto viscoso (v ;2'.:LcJ,\2 ).
Soluzione. Il calcolo del coefficiente di smorzamento mostrato sopra è valido solo quan-
do il coefficiente è piccolo (1 « w) così che il moto possa essere considerato, iu prima ap-
prossimazione, quello cli un fluido ideale. Per viscosità arbitrarie cerchiamo una soluzione
delle equazioni del moto
2
EJv,i:
--=//
( --+--
EJ vx EJ2vx)- p8:r·
l 8p
EJt EJ,i:2 [)z2
2 2 1 op
EJv, ( --+--
EJv, EJv,)
[)z 2 - p8z - g,
--=//
EJt EJx2
OVx EJv,
ux + --;:;--
-;=;-
uz = o'
che dipenda da x e da t come e-iwt+ikx e decresca all'interno del fluido (z > O). Troviamo
i-Bem=
k ) ,
'171,
Questa equazione dà lv come funzione del numero d'onda /;;; w è complessa con la parte
reale che dà la frequenza delle oscillazioni e la parte immaginaria. il coefficiente cli smorza-
mento. Le soluzioni dell'equazione (1) che hanno significato fisico sono quelle la cui parte
immagina.ria è negativa (corrispondente ad uno smorza.mento dell'onda); solo due radici
della (1) soddisfano questa richiesta.. Se v/;;2 « ,/gk (la condizione (25,1)), il coefficiente
di smorzamento è piccolo e la (1) dà approssimativamente w = ±vgk - ·i2v/;;2 , risultato
che conosceva.mo già. Nel caso limite opposto vk 2 » vgk, l'equazione (1) ha due radici
puramente immagina.rie, che corrispondono ad un flusso a.periodico smorzato. Una radice
è
w = -'Ì_JJ__,
2uk
mentre l'altra è molto più grande (cli ordine v/;;2 ), e quindi di nessun interesse dato che il
moto corrispondente è fortemente smorzato.
Capitolo III
TURBOLENZA
8v gradp
- + (v · grad)v = --- + vD.v, divv = O (26,1)
é)t p
la velocità e la pressione
gradpa
(va· grad) va= - + vD.va, divvo = O. (26,3)
p
8v1
8t +(va· grad) v1 + (v 1 · grad) va=
gradp1 I\
--- + VL,sV1, clivv1 = O. (26,4)
p
11d
§ 26 STABILITÀ DEL FLUSSO STAZIONARIO 115
(26,6)
Tuttavia, questa espressione per A(t) è valida solo durante un piccolo intervallo
dopo la rottura del regime stazionario; il fattore e-nt cresce rapidamente con il
tempo ma il metodo per determinare v 1 dato sopra, che porta alle equazioni (26,5)
2
) L'insieme di tutte le frequenze delle perturbazioni possibili (o spettro) per un dato tipo di
flusso include sia valori isolati separati (lo speU:ro discreto) che valori che coprono vari intervalli di
frequenze (lo spettro contin·uo). Sembra che per flussi intorno a corpi finiti le frequenze con ìt > O
possano apparire solo nello spettro discreto. La ragione è che le perturbazioni corrispondenti alle
frequenze nello spettro cont;inuo sono in genere non nulle all'infinito dove il flusso imperturbato è
certamente un flusso piano-parallelo omogeneo e stabile.
3
) Al solito intendiamo la parte reale della (26,6).
116 TURBOLENZA Cap. III
e (26,6) si applica solo quando lv1 1è piccolo. In realtà il modulo dell'ampi~zzà IAI
del flusso non stazionario non cresce senza limite, ma tende ad un valore finito. Per
R vicino a Rcr (ma comunque R > Rcr), questo valore finito è piccolo e può essere
determinato come segue.
Calcoliamo la derivata temporale dell'ampiezza quadrata IAl2 . Perpiccoli valori
di t, quando la (26,6) è ancora valida, abbiamo
Questa espressione non è che il primo termine cli uno sviluppo in potenze cli A
e A*. Quando il modulo IAIcresce (rimanendo comunque piccolo), si deve tenere
conto dei termini successivi dello sviluppo. !primi termini successivi sono quelli del
terzo ordine in A. Non siamo comunque interessati al valore esatto della derivata
d IAl2 /clt ma alla sua media temporale presa su tempi grandi rispetto al periodo
21r/w1 del fattore e-iwt 1·; ricordiamo che, essendo w1 » 1 1, questo periodo è piccolo
rispetto al tempo 1/11 necessario perché il modulo dell'ampiezza IAI cambi ap-
prezzabilmente. I termini del terzo ordine contengono necessariamente un fattore
periodico e quindi si annullano quando se ne prende la media '1). Tra i termini del
quarto ordine ce n'è uno, proporzionale a A2 A*2 = IAI\ che non si annulla nella
media. Limitandosi al quarto ordine si ha quindi
2
cllAl = 2,1 IA 19
-- -- n IA 14, (26,7)
clt
2,1
[A[rnax= -. (26,8)
C\'
La quantità ,1
è funzione del numero cli Reynolds. In prossimità cli Rcr essa può
essere sviluppata in serie cli potenze cli R - Rcr· Ma 1 1 (Rcr ) = O per definizione ,
stessa del numero cli Reynolcls critico. Quindi, al primo ordine, abbiamo
IAlmax
CX: /R - Rcr· (26,10)
Discutiamo ora brevemente il caso in cui a:< O nella (26,7). I due termini nello
sviluppo sono insufficienti per determinare l'ampiezza limite della perturbazione e
dobbiamo includere un termine negativo cli ordine superiore, -fll.!11 6
con /J > O,
che dà
= 1°1
IAlmax 2/J ±
(26,11)
con 11 come nella (26,9). La dipendenza è mostrata nella figura 13b; la figura 13a
corrisponde ad a> O, (26,10). Quando R > Rcr non può esserci flusso stazionario;
quando R = Rcr, la perturbazione raggiunge in modo discontinuo una ampiezza
non nulla, sebbene assunta ancora abbastanza piccola da mantenere valido lo svi-
luppo in potenze cli IAJ 2 5 ). Nell'intervallo R~r < R < Rcr, il flusso imperturbato
è metastabile, stabile per perturbazioni infinitesime ma instabile per quelle cli am-
piezza finita (la parte della curva continua; la curva tratteggiata mostra il ramo
instabile).
IA
R
(a) (b)
Fig. 13
Torniamo ora al flusso non stazionario che si ha quando R > Rcr come risultato
dell'instabilità rispetto a piccole perturbazioni. Per R prossimo a Rcr questo flusso
può essere rappresentato dalla sovrapposizione cli un flusso stazionario vo(r) e cli
un flusso periodico v (r, t), cli ampiezza piccola ma finita che cresce con R secondo
la (26,10). La distribuzione di velocità in questo flusso è della forma
con f una funzione complessa delle coordinate .e (31 una fase iniziale. Per valori
grandi cli R - Rcr, la separazione della velocità nelle due parti va e v1· non ha
più senso. Abbiamo allora solo un flusso periodico di frequenza w 1 . Se, invece del
tempo, usiamo come variabile indipendente la fase ip 1 =
w 1 t + /31, sarà possibile
considerare la funzione v (r, ip 1 ) una funzione periodica cli ip1 di periodo 27T. Questa
funzione però non sarà più una semplice funzione trigonometrica dato che il suo
sviluppo in serie di Fourier
(la somma è su tutti gli interi p positivi e negativi) include non solo i termini di
frequenza fondamentale w1, ma anche termini con f1:equenze multiple intere cli w1.
L'equazione (26,7) determina il modulo del fattore temporale A (t), ma non la
fase ip1 che rimane essenzialmente indeterminata e dipende dalle particolari con-
dizioni iniziali che si hanno all'inizio del flusso. A seconda cli qu~ste condizioni
la fase iniziale (31 può assumere qualunque valore. Il flusso periodico che stiamo
considerando non è quindi univocamente determinato dalle condizioni stazionarie
esterne date in cui il flusso ha luogo. Una quantità, la fase iniziale della velocità,
resta arbitraria. Possiamo dire che il flusso ha un grado cli libertà, mentre il flusso
stazionario, che è interamente determinato dalle condizioni esterne, non ha gradi
cli libertà.
PROBLEMA
0 1
; + (v 0 · grad) v1 + (v 1 · grad) vo + (vi · grad) V1 = (l)
1
= -gradp1 + R6v1;
assumiamo che tutte le quantità vengano poste in forma adimensionale come descritto
nel § 19. Prendendo il prodotto scalare cli questa equazione con v 1 e usando l'equazione
cliv vo = O, cliv v 1 = O, otteniamo
L'ultimo termine del secondo membro dà zero sotto integrazione su tutta la regione del
flusso, dato che va = v1 = O sulle superfici del bordo della regione oppure all'infinito.
Questo dà la relazione cercata
. D
E1=T-- (2)
R'
§ 27 STABILJTÀ DEL FLUSSO ROTATORJO 119
. Bvo: (OV1;)2
T = -
I
.
V1;V11.,~.
u;i.,..
dì!, D = ;·
. a:r"
dì!.
RE =min(f), (4)
in cui il minimo del funzionale è preso rispetto alle funzioni v 1 (r) che soddisfano le con-
dizioni al contorno e l'equazione cliv v 1 = O. L'esistenza di un minimo finito deriva mate-
maticamente dal fatto che T e D sono ambedue funzionali omogenei del secondo ordine.
Questo prova l'esistenza cli un limite inferiore cli R per la metastabilità, al di sotto del quale
il flusso impertmbato è stabile rispetto a qualunque perturbazione. In ogni caso la "stima
energetica" data dalla (4) porta, nella maggior parte dei casi, a valori troppo piccoli.
a tornare alla sua posizione iniziale questa forza deve essere inferiore al suo valore
cli equilibrio p.2 /mr 3 che è bilanciato dal gradiente cli pressione a distanza r. La
condizione di stabilità necessaria è p.2 p.5> O; sviluppandoµ (r) in potenze della
differenza positiva r - r 0 , si può scrivere questa condizione nella forma
81i
µ7,
uT
> o. (27,1)
Secondo la formula (18,3), la velocità angolare tp della particella cli fluido in moto
è
120 TURBOLENZA Cap. III
(27,3)
(27,4)
con la. direzione ciel vettore f (r) arbitraria. Il numero d'onda h:, che può prendere
valori in un intervallo continuo di valori, determina la periodicità della perturba~
zione lungo l'asse z. Il numero n prende solo valori interi O, 1, 2 ... , come implica
la condizione che la. funzione sia a singolo valore rispetto alla variabile 'Pi il valore
n = O corrisponde a perturbazioni con simmetria assiale. I valori ammissibili della
frequenza w si trova.no risolvendo le equazioni con le condizioni al contorno richieste
(v1 = O per r = R1 e r = R2). Il problema così formulato dà in genere, per valori
dati di n e k, una serie discreta. cli frequenze proprie w = wV) ( k), dove j numera i
rami della funzione Wn (k); queste frequenze in genere sono complesse.
Il ruolo del numero di Reynolds può essere preso da f.hRi/v oppure da. r22R~/v
a valori dati dei rapporti R1/ R 2 e r2i/r22 che determina.no il tipo cli flusso. Se-
guiamo la variazione cli una delle frequenze proprie w = w,\i) (k) quando il numero
di Reynolcls cresce gradualmente. Il punto dove appare l'instabilità (rispetto ad
un tipo cli perturbazione dato) è determinato dal valore cli R per cui la funzione
1 (k) = Imw si annulla per la prima volta per un certo valore cli k. Per R < Rcr,
la funzione 1 (k) è sempre negativa ma per R > Rcr, abbiamo 1 (k) > O in un
§ 27 STABILITÀ DEL FLUSSO ROTATORIO 121
certo intervallo di va.lori di k. Indichiamo con kcr il valore di k per cui 1 (1,:)= O
qtìa.ndo R = Rcr· La corrispondente funzione (27,'1) dà la natura del flusso (sovrap-
posto al flusso origina.le) che appare nel fluido all'istante in cui il flusso origina.rio
diventa. instabile; questo è periodico lungo l'asse dei cilindri, con periodo 27i/ kcr·
Il limite rea.le di stabilità, naturalmente, è de-
terminato dalla forma della perturbazione, cioè
dalla funzione w~i), per cui Rcr è minimo; so-
no queste perturbazioni "più pericolose" che ci
interessa.no princii)a.lmente. Di regola (vedi ol-
tre) esse sono a simmetria. assiale. A ca.usa della
grande complessità di calcolo, uno studio abba-
stanza. dettagliato di esse è stato fatto solo nel
ca.so in cui lo spazio tra i cilindri sia piccolo:
h = R2 - R1 « R = (R1 + R2) /2. I risulta.ti
sono i seguenti 1).
Si trova che un funzione pura.mente immagi-
na.ria. w ( k) corrisponde alla soluzione che da il
valore minimo di Rcr . Quindi, quando k = kcr,
si ha non solo Im (w) = O ma anche w = O.
Questo significa. che la prima instabilità del flus-
so rotatorio stazionario comporta l'apparizione
cli un altro flusso anch'esso stazionario 2 ). Esso
consiste di vortici di Taylor· toroidali disposti in
modo regolare lungo le generatrici dei cilindri.
Nel caso in cui i due cilindri ruota.no nella. stessa
direzione, la figura. 14 mostra schematicamente
la proiezione delle linee cli corrente cli questi vor-
tici sulla sezione trasversa meridiana clei cilin-
dri; la velocità v1 ha., in realtà, anche una com-
ponente azimutale. La lunghezza. 27i/ kcr cli cia-
scun periodo contiene due vortici con direzioni
cli rotazione opposte.
Per R leggermente maggiore cli Rcr non c'è
un solo valore di k ma un intero intervallo di
valori per cui Imw > O. In ogni caso il flusso ri-
sultante non è una sovrapposizione cli flussi con
va.rie periodicità. In realtà per ogni R appare Fig. H
un flusso con periodicità definita che sta.biliz-
1
) Un tratt;amento dettagliato è dato in N.E. Kochin, I.A. Kibel e N. V. Roze, Theoretical
Hydromechanics, Wiley, 1964, Parte II; S. Clrnndrnsekha.r, Hydrodynamic and Hydrornagnetic
Stability, Dover, 1961; P. G. Drn.zù1. e W.H. Refrl, Hydrodynamic Stability, Cambridge University
Press, 200'1.
2
) In questi casi si parla di .scambio d·i sta.b-il'it.à.I risultati sperimentali e nw11erici per vari casi
suggeriscono che questa proprietà sia generale per il flusso considerato e non dipende dal fatto che
h sia piccolo.
122 TURBOLENZA Cap. III
(27,5)
dw """~Rew (28,2)
clh: clk
è reale e rappresenta quindi effettivamente la vera velocità di propagazione del
pacchetto.
Questo trascinamento a valle della perturbazione, da parte della corrente, è
molto importante e conferisce al fenomeno cli perdita della stabilità un carattere
completamente differente da quello descritto nel § 27.
Poiché la positività di Imw ora implica solo un'amplificazione della perturba-
zione quando essa si muove lungo la corrente, ci sono due possibilità. In un caso,
nonostante il moto del pacchetto cl'oncle, la perturbazione cresce senza limiti nel
corso del tempo in ogni punto fisso nello spazio; questo tipo cli instabilità rispetto
a qualunque perturbazione infinitesima sarà chiamata instabilità assoluta. Nell'al-
tro caso, il pacchetto è portato via così rapidamente che in ogni punto fisso nello
spazio la perturbazione tende a zero quando t -+ oo; questo tipo cli instabilità sarà
chiamato instabilità cli convezione l). Per il flusso di Poiseuille, sembra che appaia
solo il secondo tipo (si veda la nota 6 cli questo paragrafo).
l) Il metodo generale per stabilire il tipo di instabilit;à è descritto in X, § 62
124 TURBOLENZA Cap. III
La differenza fra due casi è relativa, nel senso che -dipende dalla sc.elta del
sistema cli riferimento rispetto al quale l'instabilità è considerata; un'instabilità
cli convezione in un sistema diventa assoluta in un altro sistema che si muove col
pacchetto ed una. instabilità assoluta diventa cli convezione in un riferimento che
si allontana dal pacchetto con sufficiente velocità. Nel presente caso comunque, il
significato fisico della differenza. è data. dal!' esistenza di un riferimento privilegiato
in cui l'instabilità dovrebbe essere considerata, cioè quello in cui le pareti del tubo
sono a riposo. Inoltre, dato che tubi reali hanno una lunghezza grande ma finita,
una perturbazione che appaia in qualunque posizione potrebbe, in principio, essere
portata fuori dal tubo prima che possa realmente rompere il regime laminare.
Poiché le perturbazioni crescono con la coordinata. x (lungo la corrente) e non
col tempo in un dato punto, è ragionevole studiare questo tipo di instabilità come
segue. Supponiamo che in un punto dato dello spazio si sovrapponga alla corrente
una perturbazione di frequenza w che agisce in modo continuo e vediamo quello che
avviene quando essa è trascinata dalla corrente. Invertendo la funzione w (k), tro-
viamo il numero d'onda h; che corrisponde alla frequenza (reale) data. Se Im k < O,
il fattore eilcx cresce con x, cioè la perturbazione è amplificata in direzione della
corrente. La curva nel piano wR data dall'equazione Im k(w, R) = O, chiamata C'U,T-
va di sta.bil'ità nnitrn o c·u.rna'IW'Ulrn, definisce la regione cli stabilità e separa, per
ogni R, le frequenze delle perturbazioni che sono amplificate o smorzate nella dire-
zione della corrente. I calcoli sono estremamente complicati. Uno studio analitico
completo è stato fatto solo per il flusso piano cli Poiseuille (tra due piani paralleli
(C.C.Din, 1945)). Nel seguito daremo solo i risultati 2 l.
Il flusso (imperturbato) tra i piani è uniforme non solo nella direzione del flusso
(lungo l'asse :r:), ma in tutto il piano :i:z (essendo l'asse y perpendicolare ai piani).
Possiamo quindi cercare soluzioni dell'equazione (26,4) nella forma
con il vettore d'onda k diretto in qualunque direzione del piano :i:z. Siamo interes-
sati, comunque, solo alle perturbazioni crescenti, che appaiono per prime quando
R cresce, dato che queste determinano il limite cli stabilità. Si può mostrare che,
per un dato valore del numero d'onda, la prima perturbazione non smorzata ha
il vettore d'onda k nella direzione x, con .f = O. È quindi sufficiente considerare
solo perturbazioni nel piano xy, indipendenti da z e bidimensionali (come il flusso
imperturbato) 3 1.
") Si veda C. C. Lin, The Theory of I-Iydrodynamic Sta.bility, Cambridge University Press,
1967. Una descrizione di questi e di successivi studi, si trova nel libro di P. G. Drazin e W.J-I.Reid,
I-Iydrodynamic Stability, Cambridge University Press, 2004.
3
) La prova di questa affermazione (H.B. Squire, 1933) è che le equazioni (26,4) con una per-
turbazione della. forma (28,3) possono essere messe in una forma in cui differiscono dalle equazioni
per perturbazioni bidimensionali solo nella. sostituzione cli R con Rcos <p, essendo <p l'angolo tra k
e va nel piano .Tz. Il numero critico R.ccper perturbazioni tridimensionali, di un k dato, è quindi
Rn = R.c.sec <p > Re,, dove Ree è calcolato per perturbazioni bidimensionali.
§ 28 STABILITÀ DEL FLUSSO IN UN TUBO 125
La cur:va neutra per il flusso tra piani paralleli è mostrata in figura 17. L'area
tri:Ltteggiata corrisponde alla regione cli instabilità '1). Il più piccolo valore cli R per
cui le perturbazioni non smorzate sono possibili è Rcr = 5772 secondo i calcoli più
accurati (S.A. Orzag, 1971); il numero cli Reynolcls qui è definito come
(28,4)
dove Urna.ve è la velocità cli flusso massima e h/2 è la metà della distanza tra i piani,
cioè la distanza su cui la velocità cresce da zero al suo massimo valore 5 l. Il valore
R = Rcr corrisponde a un numero d'onda della perturbazione kcr = 2.04/ h. Quando
R-+ oo, i due rami della curva neutra si avvicinano asintoticamente all'asse R con
wh ~ R-3/11 e ~ ~R-:l/7
Umax Umax
-!) La curva neutra nel piano kr ha una forma simile. Dato che, sulla curva neutra, sia w che k
sono reali, le curve nei dne piani rappresentano la stessa dipendenza in termini cli variabili diverse.
u) Un'altra definizione di R per il flusso bidimensionale cli Poisenille, usata in let;terat;nra, è:
R = Uh/11,dove V è la velocità del fluido mediata sulla sezione trasversa. Poiché V= 2Umux/3,
abbiamo Uh/v = 4R/3 con R definito secondo la (28,4).
G) La dimostrazione che l'instabilità del flusso bidimensionale cli Poiseuille è convettiva è stata
data da S. V. Iordanski, A. G. Kul'ikovski, Soviet Physics JETP 22, 915 (1966). La dimostrazione,
comunque, si riferisce solo all'intervallo cli valori molto grandi cli R, quando i due rami della curva
neutra sono vicini all'asse delle ascisse; cioè kh <<1 su ciascun ramo. Il problema resta insoluto
per valori cli R per cui kh ~ 1 sulla curva neutra.
7
) Questa proprietà fu scoperta eia W. Heisenbery (1924).
126 TURBOLENZA. Cap. III
che il flusso abbia stabilità (sia assoluta che di convezione) rispetto a pertÌirba-
zioni infinitesime ad ogni numero di Reynolds. Quando il flllSso imperturbato ha ,
simmetria assiale, le perturbazioni possono essere cercate della forma
(28,5)
come nella (27,4). Si può dare per provato che perturbazioni con simmetria assia-
le (n = O) sono sempre smorzate. Non è stata trovata alcuna perturbazione non
smorzata neanche tra quelle senza simmetria assiale che sono state. studiate (per
particolari valori di n e per particolari intervalli del numero di Reynòlds). La sta-
bilità del flusso in un tubo è suggerita anche dal fatto che, evitando accuratamente
perturbazioni all'ingresso del tubo, il flusso laminare può essere conservato fino a
valori molto grandi di R, in pratica fino a R ~ 105 , dove
cl -cl
R =Urna.,-= U-, (28,6)
2V V
cl è il diametro del tubo e Urna., è la velocità del fluido sull'asse del tubo.
Il flusso tra due piani e quello in un tubo circolare possono essere considerati
casi limite di flusso in un tubo anulare tra due superfici cilindriche coassiali con
raggi R1 e R2 (R1 > R2). Quando R1 = O abbiamo un tubo circolare, e il limite
R1 -+ R2 corrisponde al flusso tra due piani. Si può considerare che esista un valore
critico Rcr per tutti valori non nulli di Rii R2 < 1; quando Rii R2 -+ O,Rcr-+ oo.
Per ciascuno cli questi flussi di Poiseuille esiste anche un numero critico R~r
che determina il limite di stabilità rispetto a perturbazioni di ampiezza finita.
Quando R < R~r il flusso non staziona.rio non smorzato nel tubo è impossibile. Se
il flusso turbolento appare in qualunque parte del tubo, per R < R~r la regione
turbolenta sarà trascinata dalla corrente e diminuirà in dimensione fino a sparire
completamente; se invece R > R~r, la regione turbolenta si ingrandirà nel corso
del tempo e occuperà una parte sempre più grande del flusso. Se, all'ingresso
del tubo, appaiono perturbazioni del flusso in modo continuo, per R < R~r esse
saranno smorzate a una certa distanza a valle nel tubo, non importa quanto forti
esse siano inizialmente. Se invece è R > R~n il flusso diventa turbolento in tutto il
tubo, e questo si può avere per perturbazioni tanto più piccole quanto più grande
è R. Per valori cli R nell'intervallo tra R~r e Rcr, il flusso laminare è metastabile.
Per un tubo cli sezione circolare la turbolenza non smorzata è stata osservata a
partire da R ~ 1800, e per flusso tra piani paralleli da R ~ 1000. Dato che la
rottura del flusso è laminare in un tubo è brusca, essa è accompagnata da un
cambiamento discontinuo nella forza cli resistenza. Per un flusso in un tubo con
R > R~r si hanno essenzialmente due diverse dipendenze della resistenza da R, una
per il flusso laminare e l'altra per quello turbolento (si veda § 43). La resistenza
ha una discontinuità, qualunque sia il valore di R a cui il passaggio da un tipo di
flusso all'altro avviene.
Un'ultima considerazione può essere fatta in chiusura di questo paragrafo. Il
limite cli stabilità (curva neutra) ottenuta per il flusso in un tubo infinitamente lun-
go ha anche un altro significato. Consideriamo il flusso in un tubo la cui lunghezza
§ 29 INSTABILITÀ DELLE DISCONTINUITÀ TANGENZIALI 127
sia molto ,grande (rispetto al suo diametro) ma finito. Supponiamo che delle concli-
zi9ni al co11tonio siano imposte a ciascuna estremità, specificando cioè il profilo cli
velocità (possiamo immaginare, per esempio, le estremità del tubo chiuse con un
sigillo poroso che crei un profilo uniforme); dovunque, eccetto le estremità del tubo,
il profilo cli velocità imperturbato si può considerare abbia. forma. cli Poiseuille indi-
pendente da x. Per un sistema finito così definito, possiamo porre il problema. della
stabilità rispetto a perturbazioni infinitesime; la procedura generale per stabilire le
condizioni cli questa stabilità globale è descritta in X, § 65. Si può dimostrare che
la curva neutra per un tubo infinito è anche il limite cli stabilità. globale in un tubo
finito, qualunque sia.no le specifiche condizioni al contorno ai suoi estremi s).
Prendendo la divergenza dei due membri dell'equazione, in virtù cli cliv v' = O, il
primo membro si annulla e si ha. che p' deve soddisfare l'equazione cli Laplace
6.p' = o. (29,2)
Sia ( = ((x, t) lo spostamento lungo l'asse z dei punti sulla. superficie di discon-
ot
tinuità., a seguito della perturbazione. La derivata 8( / è la velocità. cli variazione
S) Si veda A.G. K'll}ikovski, Journal of Applied l'VIathematics and l'VIechanics 32, 100 (1968).
128 TURBOLENZA Cap. III
8( / 8(
- =V- -V- (29,3)
8t - 8.1.:'
dove per v~ va preso il suo valore sulla superficie stessa.
Cerchiamo p' della forma
d2.f - 1,;2f =o
d "'-2 . '
da cui f = costante x e±kc. Supponiamo che lo spazio che si trova nel lato consi-
derato della superficie (lato 1) corrisponda a valori di z positivi. Si dovrà prendere
allora f = costante x e-k=, così che
(29,4)
1
Sostituendo nella componente z della (29, 1), troviamo l
kp~
V~=--~~- (29,5)
ip1 (kv w) ·
Anche lo spostamento ( può essere cercato della forma proporzionale allo stesso
fattore esponenziale ei(k:r-wt), ottenendo dalla (29.:3)
V~ = i( ( kv - W) .
, - rpi(kv - w)2
JJ1 - -.., k (29,G)
La pressione v;
dall'altro lato della superficie è data da una formula simile in cui
si dovrà avere v = O e cambiare il segno (dato che in questa regione z < O e tutte
le quantità devono essere proporzionali a é= e 11011 a e-"'=). Quindi
(29,7)
p1±i~
w = kv . (29,8)
P1 + P2
Vediamo che w è una quantità complessa e che si trovano sempre valori di w
con parte immaginaria positiva. Quindi le discontinuità tangenziali sono instabili,
anche per perturbazioni infinitesime 2 ). In questa forma, il risultato vale per vi-
scosità molto piccole. In questo caso, non ha più senso distinguere tra instabilità
di convezione e assoluta, perché quando k cresce la parte immaginaria di w cresce
indefinitamente, così che il fattore di amplificazione della perturbazione durante il
suo trascinamento può essere arbitrariamente grande.
Se si tiene conto della viscosità finita, la discontinuità tangenziale non è più così
netta; la velocità varia da un valore all'altro in uno strato di spessore finito. La
questione della stabilità cli un tale flusso è, dal punto di vista matematico, del tutto
analoga a quella della stabilità del flusso in uno strato limite laminare con un punto
di flesso nel profilo delle velocità (§ 41). I dati sperimentali e numerici indicano
che l'instabilità appare molto presto e, probabilmente, è sempre presente 3 ).
1
§ 80. Fl'U,SSO q'lwsi peTiodico e sincron'izzaz'ione di frequenza l
Nella discussione che segue(§§ 30-32) sarà conveuiente usare particolari rappre-
sentazioni geometriche. Per questo introduciamo il concetto matematico cli spaz'io
degli stat'i per il fluido: in questo spazio ciascun punto corrisponde a una particolare
distribuzione cli velocità (o campo) di velocità nel flniclo. Stati ad istanti adiacenti
corrispondono quindi a punti adiacenti 2 J.
Un flusso stazionario è rappresentato da un punto, e un flusso periodico eia una
curva chiusa nello spazio degli stati; questi sono chiamati rispettivamente punto
lùn'i/;e o vunto crit'ico, e ciclo hrn'ite. Se i flussi sono stabili, allora curve adiacenti
che rappresentano la formazione ciel flusso tendono a un punto o un ciclo limite
quando t -+ oo.
" 1 Se la direzione del vettore d'onda k (nel piano xy) non è la stessa cli v ma è ad un angolo
<p rispetto ad essa, v nella (29,8) è rimpiazzata da v cos 'P, come è chiaro dal fatto che la velocità
imperturbata appare nell'equazione cli Eulero linearizzata solo nella combinazione v · grad. Una
tale perturbazione è anch'essa evidentemente instabile.
:l) Calcoli numerici della stabilità sono stati fatti per flussi piani-paralleli le cui velocità variano
t:rn ±va secondo una legge del tipo v = v 0 tanh (z/h); il numero di Reynolcls è quindi R = v 0 h///.
La curva neutra nel piano /,;R inizia dall'origine delle coordinate, così che per ogni valore cli R
esiste un intervallo cli valori cli k ( che cresce con R) per cui il fluido è stabile.
1
l I §§ 30-32 sono stati scritti in collaborazione con M.I. Rah'inov'ilch.
"l Nella letterat;ura matematica, questo spazio funzionale infinito-dimensionale (o gli spazi
con numero finito di dimensioni che possono rimpiazzarlo in alcnni casi, si veda oltre) è spesso
chiamato spa.z'io delle .fa.s'i. Noi non useremo questo termine, per evitare possibili confusioni con il
sno significato usuale più specifico in fisica.
130 TURBOLENZA Cap. III
Un ciclo (o un punto) limite ha, nello spazio degli stati, un certo dominiò di
attrnz,ione e le traiettorie che iniziano in quella regione alla fine raggiungeranno il
ciclo limite. Per questo, il ciclo limite è chiamato un attrattore. Va sottolineato
che per un flusso in un dato volume e date condizioni al contorno (e un dato valore
di R) si può avere più di un attrattore, ciascuno con il suo dominio d'attrazione.
Questo vuol dire che quando R > Rcr ci può essere più di un regime di flusso
stabile, e i differenti regimi appaiono secondo il modo in cui il valore di R viene
raggiunto. Sottolineiamo che questi vari regimi stabili sono soluzioni di un sistema
di equazioni del moto non lineari 3 ).
Consideriamo ora i fenomeni che appaiono quando il numero di Reyùolds cresce
oltre il valore critico al quale il flusso periodico, discusso nel § 26, è instaurato.
Al crescere di R si raggiunge un punto in cui questo fluido diventa a sua volta
instabile. L'instabilità dovrebbe in principio essere esaminata in modo simile alla
procedura del § 26 per determinare l'instabilità del flusso stazionario originale.
Il flusso imperturbato è ora il flusso periodico v 0 (r, t) di frequenza w1 e nelle
equazioni del moto sostituiamo v = v 0 + v2, dove v 2 è una piccola ccirrezione. Per
v 2 otteniamo ancora un'equazione lineare, ma i coefficienti sono ora funzioni non
solo delle coordinate ma anche del tempo da cui hanno una dipendenza periodica
con periodo T1 = 2rr/w1. La soluzione cli quest'equazione va cercata nella forma
(30,1)
dove II è una funzione periodica del tempo, con lo stesso periodo T1. L'instabilità
appare ancora quando c'è una frequenza w = w2 + i,2 la cui parte immaginaria
1 2 > O; la parte reale w2 dà la nuova frequenza che appare. Durante il periodo
T1 la perturbazione (30,1) cambia cli un fattore 11 =
e-iwT,. Questo fattore vie-
ne chiamato 'moltiplicatore del flusso periodico perché permette cli caratterizzare
semplicemente l'amplificazione o lo smorzamento delle perturbazioni in quel flusso.
Un flusso periodico in un mezzo continuo (un fluido) corrisponde ad un'i11finità cli
moltiplicatori e un'infinità cli possibili perturbazioni indipendenti. Il flusso cessa cli
essere stabile quando R raggiunge Rcr,2 che è il valore per cui uno o più moltipli- ·
catori ha modulo unitario, cioè µ interseca il cerchio unitario nel piano complesso.
Poiché le equazioni sono reali, i moltiplicatori devono intersecare questo cerchio in
coppie complesse coniugate, o singolarmente con valori reali + 1 o -1. La perdita cli
stabilità del flusso periodico è accompagnata da un cambiamento qualitativo par-
ticolare nella struttura delle traiettorie nello spazio degli stati vicino al ciclo limite
ora instabile; questo cambiamento è chiamato biforcazione locale. La natura della
biforcazione è largamente determinata dai punti in cui i moltiplicatori intersecano
il cerchio unitario 4 ).
Consideriamo ora la biforcazione che si ha quando il cerchio unitario è inter-
secato da una coppia di moltiplicatori complessi coniugati che abbiano la forma
3
) Questo accade, ad esempio, quando il flusso di Couette cessa di essere stabile; il nuovo flusso
che si stabilisce dipende infatti dalla storia del processo per cui i cilindri si trovano a ruotare con
quelle particolari velocità angolari.
4
) Un moltiplicatore non può essere zero dato che la pert;urbazione non può sparire in un tempo
finito (un periodo T1).
§ 30 FLUSSO QUASI PERIODICO E SINCRONIZZAZIONE DI FREQUENZA 131
che è una generalizzazione della (26,13), in cui la somma è estesa a tutti gli interi
Pl, p2, ... , p N. Il flusso che questa formula descrive, dipende da N fasi arbitrarie
5
) Usiamo la terminologia matematica in cui toro indica una superficie senza il volume incluso.
Quindi un toro bidimensionale è la superficie bidimensionale cli un anello tridimensionale.
G) È stato proposto eia LD. Landa,'11,
(1944) e indipendentemente da E. Hopf (1948).
132 TURBOLENZA èap. III
(30,3)
la2I è la distanza più breve dalla generatrice del toro (il ciclo limite ora instabile
per la frequenza w1), cioè l'ampiezza relativa del flusso periodico secondario e 'P2 è
la sua fa.se. Consideriamo il comportamento di a2 (t) a istanti discreti multipli del
periodo T1 = 211/ w1. Durante un periodo, la perturbazione di frequenza w2 cambia
di un fattore µ., dove
µ = lµI exp (-211iw2/w1)
è il suo moltiplicatore; dopo un numero intero T di questi periodi, a 2 è moltiplicato
per µ.T. Assumiamo che R.- Rcr sia piccolo; il fattore di crescita della perturbazione
è allora anch'esso piccolo e lµl -1 è positivo ma piccolo, così che a2 cambia di poco
in un periodo T 1; la fase 'P2 va.ria in modo proporziona.le a T. Possiamo quindi
trattare la variabile discreta T come fosse continua e rappresenti la variazione di
a 2 (T) per mezzo di un'equazione differenziale in T.
Il concetto di moltiplicatore si riferisce a intervalli di tempo molto piccoli dopo
l'apparizione dell'instabilità, quando si può ancora descrivere la perturbazione con
equazioni lineari. In questo intervallo, a2 ( T) varia. come µ.T e
(30,5)
dove (32, come ~i, è un parametro complesso che dipende da R, con Re/32 > O (cfr.
la. discussione analoga riguardo ali' equazione (26, 7)). La parte rea.le del!' equazione
dà immediatamente il valore staziona.rio del modulo:
(0)12-~
Ia2 - R.e/32 .
La. parte immaginaria dà un'equazione per la fa.se 'P2 (T); con il valore stazionario
del modulo dato sopra., essa è:
cll.f)2 W2 (O) 2
- - = 211- + la 2 I Im (32. (30,6)
1
l.T W1
134 TURBOLENZA Cap. III
Ora consideriamo i valori della fase solo a tempi multipli cli m 1T 1 , cioè per valori
cli r = m 17', dove T è un intero. Il primo termine del secondo membro della
(30,7) porta, in un tempo m 1 T 1 , ad una variazione della fase di 2mn 2 , cioè di un
multiplo intero cli 21r, che può essere omesso. Tutto il secondo membro è quindi una
quantità piccola, così che la variazione della funzione 'P2 (7') può essere descritta da
un'equazione differenziale nella variabile continua 7':
(30,8)
per un incremento cli un passo della variabile discreta 7', tp2/n1,1 cambia molto poco.
Nel caso generale, la (30,8) ha soluzioni stazionarie 'P2 = 'Pg quando il secondo
membro dell'equazione è nullo. Il fatto che 'P2 sia costante per tempi che sono
multipli cli ·m1T1 significa che c'è un ciclo limite sul toro: la traiettoria si chiude
dopo ·m1 giri. Poiché <D( 'P2) è periodica, queste soluzioni appaiono in coppie (una
sola coppia è il caso più semplice): una sulla parte ascendente ed un'altra sulla
parte discendente della funzione CD(tp2). Di queste due soluzioni, solo la seconda è
stabile; per quest'ultima la (30,8) ha, in prossimità cli 'P2 = 'Pg, la forma
dtp2 = -costante
-z- x (tp2 - 'Pzo) ,
C.T
con la costante positiva; c'è infatti una soluzione che tende a 'P2 = tp~; la seconda
soluzione è instabile con la costante negativa.
La formazione cli un ciclo limite stabile sul toro è equivalente ad una sincroniz-
zazione di freqv.enza., cioè la sparizione del regime quasi periodico e l'instaurazione
cli un nuovo regime periodico. Questo fenomeno, che in un sistema con molti gradi
di libertà può accadere in vari modi, previene che esista un flusso che sia una sovrap-
posizione cli flussi con un gran numero di frequenze incommensurabili. In questo
senso possiamo dire che la probabilità che si presenti lo scenario cli Landau-Hopf è
molto piccola; questo naturalmente non vuol dire che in particolari situazioni varie
frequenze incommensurabili non possano apparire prima che la sincronizzazione
avvenga.
§ 31 ATTRATTORI STRANI 135
una. sezione trasversa. del fascio le traiettorie, o piuttosto le loro tracce, ocçupàno
una. certa. a.rea.; vediamo come questa. varia. in forma. e dimensione lungo le traietto-
rie. Notiamo che l'elemento di volume vicino una. traiettoria. di sella. si espande in
una. direzione trasversa. e si contrae nell'altra; essendo il sistema. dissipativo, que-
st'ultimo effetto è più forte e il volume deve decrescere. Queste direzioni devono
variare lungo le traiettorie altrimenti si allontanerebbero troppo e si avrebbe un
cambiamento troppo grande nella velocità del fluido. Il risultato netto è che la
sezione trasversa diventa più piccola e il fascio si appiattisce e si incurva. Ciò si
applica non solo all'intera superficie ma. ad ogni suo elemento di area. La sezione
del fascio dunque si separa in zone contenute l'una nell'altra separate dà vuoti. Nel
corso del ternpo (cioè lungo la traiettoria) il numero delle zone cresce rapidamente
ed esse diventano più piccole. L'attrattore che si forma quando t -+ oo consiste
di una varietà non numerabile di strati che non sono in contatto tra loro, le cui
superfici contengono le traiettorie di sella (le cui direzioni attrattive sono orienta.te
verso l'esterno rispetto all'attrattore). Questi strati sono uniti in modo complicato
ai loro lati ed alle loro estremità; ciascuna. traiettoria. che appartiene· all'attrattore
vaga attraverso tutto lo strato e, nel corso di un tempo sufficientemente lungo, pas-
sa indefinitamente vicino ad ogni punto dell'attrattore (proprietà di ergodicità). Il
volume totale degli strati e l'area delle loro sezioni trasverse sono zero.
In termini matematici, queste varietà in una delle direzioni, sono insiemi di
Cantar. La struttura di Cantar è la proprietà più caratteristica dell'attrattore e
più in genera.le di uno spazio degli sta.ti a. n dimensioni (n > 3).
Il volume dell'attrattore stra.no nel suo spazio degli sta.ti è sempre zero. Può
tutta.via. essere non nullo in un altro spazio di numero cli dimensioni inferiore.
Questo spazio si trova. come segue. Dividiamo l'intero spazio a. n dimensioni in
piccoli cubi di spigolo e e volume én. Chiamiamo N(c) il minimo numero cli cubi
che ricopre completa.mente l'attrattore. Definiamo dimensione dell'attrattore D il
limite 5 )
. lnN (e)
D=hmc-+0 1n ( 1/ é ). (31,3).
5
) Questo è uoto in matematica come la capacità limite della varietà. La sua definizione è
simile a quella della dimensione di Hausdorff o frattale.
5
) I cubi n-dimensionali che ricoprono l'insieme possono essere "quasi vuoti", e per questa
ragione possiamo avere D < n. Per gli insiemi ordinari, la. definizione (31,3) dà risulta.ti ovvi. Per
esempio, per un insieme di N punti isola.ti, N (1c) = N e D = O; per un segmento di re(;(;a.di
lunghezza L, N (1c)= L/c e D = 1; per un'area. di superficie bidimensionale A, N (e) = S/c~ e
D = 2 e così via.
§ 31 ATTRATTORI STRANI 139
(31,4)
Nel moto lungo la traiettoria, l'elemento cli volume è compresso in certe direzioni ed
espanso in altre rendendo la sfera un ellissoide. Sia le direzioni che le lunghezze dei
semiassi variano; prendiamo queste ultime essere ls (t), dove s indica le direzioni.
Si chiamano ind'ici ca,mtteristici di Lyap'll,nov i valori dei limiti seguenti:
. 1 l 8 (t)
Ls = t ln -1, (O) ,
h~11 -
t~co
(31,5)
fon -
1
t-+oo T.
lt
O
cliv E,dt = L Ls.
n
(31,6)
s=l
Per un sistema dissipativo, questa somma è negativa, cioè i volumi in uno spazio
degli stati n-climensionale si contraggono. La dimensione dell'attrattore strano è
definita in modo che, nel "suo spazio, i volumi si conservino in media. Per fare
questo, ordiniamo gli indici cli Lyapunov nell'ordine L1 2: L2 2: ... 2: Ln e conside-
riamo tante direzioni stabili quante sono necessarie per compensare Ie dilatazioni
per mezzo cli compressioni. La dimensione clell'attratt01'e D L così definita è com-
presa tra rn e m + 1, dove m è il numero cli indici nella sequenza, la cui somma è
ancora positiva, ma diventa negativa se si ag·giunge Lm+l 9 ). La parte frazionaria
cli D L = m + d (d < 1) si trova da
m
L Ls + Lm+l d = O (31,7)
s=l
(F. Ledrnppier, 1981). Dato che nel calcolo cli d consideriamo solo le direzioni
meno stabili (omettendo i valori negativi cli Ls che sono i più grandi in modulo,
alla fine della sequenza), la stima D L della dimensione è in genere per eccesso.
Questa stima dà, in principio, il modo cli determinare la dimensione dell'attrattore
da misure sperimentali della dipendenza dal tempo delle fluttuazioni della velocità
nel flusso turbolento.
(32,1)
(a)
Ciclo slubilc
Ciclo instabile
Fig. 20
convenziona.le cli due cli queste biforcazioni successive; le .curve continue nel dia-
gramma. a e b mostra.no i cicli limite sta.bili 270 e ,1T0 , le curve tratteggia.tè i cicli
limite divenuti instabili.
Se prendiamo il punto fisso della. mappa. di Poincaré come x = O, la. mappa. che
descrive la. biforcazione con raddoppio del periodo, nelle sue vicinanze, può essere
espressa. con lo sviluppo
Questa. mappa ha sempre il punto fisso ;r;,,,= O. Quando R < R1 1 questo punto è
unico ed è stabile con il moltiplicatore ld.1:J+2/clx.i I < l; per un flusso con periodo 1
(in unità cli To), l'intervallo cli tempo 2 è ugualmente un periodo. Quando R = R1,
il moltiplicatore è + 1 e quando R > R 1 il punto x* = O diventa instabile. A questo
sta.dio si forma una coppia. di punti fissi stabili,
.(1),(2) _
X* -
±JR
-+ 1
R1
j3 ' (32,4)
(32,5)
critico cli .\ che determina la posizione della prima biforcazione con raddoppio del
periodo e l'apparizione di un 2~ciclo. Seguiamo ora l'apparizione cli biforcazioni
successive usando una tecnica approssimata per determinare alcune caratteristi-
che qualitative del processo, sebbene questa non dia valori esatti delle costanti
caratteristiche; affermazioni esatte saranno fatte nel seguito.
La ripetizione della trasformazione (32,5) dà
•"J+2= 1 -A ,
ry• + ~A.j-/\.j.
?'2x2 ,3x,1 (32,6)
61 La successione di biforcazioni con raddoppio del periodo (numerate nel seguito 1, 2, ... ) non
inizia necessariamente con la prima biforcazione del flusso periodico. In principio, potrebbe iniziare
dopo varie prime biforcazioni che portano all'apparizione di frequenze incommensurabili, quando
queste si sono sincronizzate con il meccanismo discusso nel § 30.
7
) L'ammissibilità di mappe non biunivoche dipende dal carattere approssimato del tratta-
ment;o unidimensionale. Se tut;te le traiettorie fossero esattamente su una sola superficie I; (la
mappa di Poincaré sarebbe allora stretta.mente unidimensionale), questa non biunivocità sarebbe
impossibile, dato che implicherebbe che due traiettorie con differenti x 1 si intersechino a J;H 1 .
Un'altra conseguenza cli questa approssimazione, è la possibilità. di annullarsi del moltiplicatore
se il punto fisso della mappa è un estremo della mappa stessa; un tale punto può essere descritto
come "superstabile", ed è avvicinato più rapidamente di quanto prevede la relazione data sopra.
144 TURBOLENZA Cap. III
alla forma
9
Xj+2 = 1 - À1X],
che differisce dalla (32,5) solo per À rimpiazzato da
(32,8)
I punti fissi della mappa (32,8) corrispondono a 2m-cicli 9 ). Poiché tutte queste
mappe sono della stessa forma della (32,5), possiamo dedurre immediatamente
che i 2m-cicli (m = 1, 2, 3, ... ) divengono instabili quando Àm = A 1 = 3/4. I
corrispondenti valori critici Am del parametro iniziale À si trovano risolvendo le
equazioni accoppiate
Am-1 = <.p(Am) ;
Aoo-Am
Aco - Am+l = , (32,9)
0
dove o= <.p(A 00 ) = 4 + /3 = 5.73. Quindi Ac,
1
0 -Am rx om,
cioè A 111 tende al limite
in progressione geometrica. La stessa relazione si applica agli intervalli tra numeri
critici successivi: l'equazione (32,9) può essere scritta in forma equivalente
Am+l -Am
Am+2 - Am+l = 0
(32,10)
Per quanto riguarda la dinamica dei fluidi, è stato già menzionato che À va
considerato funzione del numero di Reynolds e di conseguenza questo ha valori
B) Questo non è possibile quando .\ = 1 (e il punto fisso della mappa (32,6) coincide con
l'estremo centrale). Il valore.\= 1 non è, in ogni caso, il valore critico seguente A2 che cerchiamo.
9
l Per evitare malintesi, va sottolineati che, dopo la trasformazione di scala, le mappe (32,8)
devono essere definite su intervalli estesi lxl :S lo:00:1 ... O:m-11, e non più su l:i:I< 1 come nella
(32,5) e (32,6). Comunque, visti i termini trascurati, le espressioni (32,8) possono dare in pratica
una descrizione solo nell'intervallo vicino gli estremi centrali delle funzioni mappa.
§ 32 TRANSIZIONE ALLA TURBOLENZA PER RADDOPPIO DEL PERIODO 145
Fig. 21
Se, per 'Tn -+ oo, questa sequenza tende ad una funzione limite f 00 (:r) g (x), =
quest'ultima deve essere una "funzione fissa" dell'operatore T definito nella (32,12),
deve cioè soddisfare la relazione funzionale
Date le proprietà assunte delle funzioni ammissibili .f (x), g ( x) deve essere rego-
lare ed avere un estremo quadratico a x = O; la forma specifica di f non ha altra
influenza sull'equazione (32,13) o sulle condizioni imposte sulle sue soluzioni. Dob-
biamo sottolineare che, dopo la trasformazione cli scala usata nella derivazione (con
IO'.m I > 1), la soluzione clell'equazione è determinata per tutti i valori della varia-
bile x, da -oo a +oo, e non solo nell'intervallo -1 ::=;:r ::=;1. La funzione g (.T) è
necessariamente pari dato che le funzioni .f (x) ammissibili sono quelle pari ed una
mappa pari resta certamente pari dopo qualunque numero cli iterazioni.
Una tale soluzione dell'equazione (32,13) in effetti esiste ed è unica, sebbene
non possa essere derivata analiticamente; è una funzione che ha un numero infi-
nito cli estremi ed illimitata in ampiezza, con la costante a: determinata insieme
a g(x). In pratica basta derivare la funzione nell'intervallo [-1,1], dopo cli che
può essere continuata al cli fuori cli esso, iterando l'operatore T. Si noti che ad
.'l:i'),xfl, ... (e
pertanto passano simultaneamente per -1 alla biforcazione seguente); qui non
daremo la dimostrazione di questa proprietà (che è evidentemente necessaria).
12
) C'è un'ovvia analogia tra questa procedura e quella usata precedent;emente nella derivazione
della (32,8).
§ 32 TRANSIZIONE ALLA TURBOLENZA PER RADDOPPIO DEL PERIODO 147
ogni grado. di iterazione di T nella (32,12) i valori di fm+i (:r) nell'intervallo [-1, l]
so1:io determinati da quelli di .fm ( x) in una parte di esso ridotta di un fattore
lo:ml ~ lo:I.Questo vuol dire che nel limite di molte iterazioni, la determinazione di
g (:r) nell'intervallo [-1, 1] (e quindi sull'intero asse x) è regolata da parti sempre
più piccole della funzione iniziale intorno al suo massimo, e qui risiede la causa
basilare dell'universalità 13).
La funzione g (x) determina la struttura dell'attrattore aperiodico formato da
una sequenza infinita di raddoppi del periodo. Questo accade al valore ben deter-
minato del parametro ,\ = A00 che appare nella funzione f (x; ,\). È quindi chiaro
che le funzioni formate da f (:i:;.\) iterando ripetutamente la trasformazione (32,12)
di fatto converga.no a g( x) solo per questo valore isolato di À. Da. questo segue che
la funzione fissa. dell'operatore T è instabile per piccoli cambiamenti dovuti a. pic-
cole deviazioni cli À dal valore A00 . Lo studio di questa instabilità ci permette cli
determinare la costante universale r5, indipendentemente dalla forma. specifica cli
f(x) U)_
Il fattore cli scala a determina la variazione (la decrescita) delle caratteristiche
geometriche (nello spazio degli stati) dell'attrattore ad ogni raddoppio del periodo;
queste caratteristiche sono le distanze tra gli elementi dei cicli limite, sull'asse :r.
Questa. affermazione però va resa più specifica e precisa dato che ogni raddoppio è
accompagnato da un aumento del numero cli elementi del ciclo. È chiaro a priori che
la scala non può varia.re nello stesso modo per le distanze tra ogni coppia cli punti 15 l.
Infatti, se due punti adiacenti sono trasforma.ti da una sezione quasi lineare della
mappa, la distanza. tra loro si riduce cli un fattore lo:I;ma. se la trasformazione lm
luogo da. una. sezione della. mappa. vicina. al suo estremo, la distanza. è ridotta cli un
fattore ct2 .
Alla. biforcazione (per ,\ = Am) ogni elemento (punto) del 2m-ciclo si divide
in due punti adiacenti, la distanza. che li separa. cresce gradualmente ma i punt.i
rimangono vicini in tutto l'intervallo cli variabilità di ,\ fiuo alla biforcazione se-
g;uente. Se seguiamo le trasformazioni degli elementi cli un ciclo tra loro nel corso
del tempo, cioè in mappe successive :r:i+l = f (:Tji ,\), troviamo che ogni componen-
te della. coppia si scambia. con l'altro dopo 2 111 unità di tempo. Questo significa. che
la distanza. tra i punti della coppia è una misura. dell'ampiezza dell'oscillazione del
periodo doppio appena formato e in questo senso ha un particolare interesse fisico.
Disponiamo tutti gli elementi del 2m+ 1 -ciclo nell'ordine in cui sono attraversati
nel corso del tempo e indichiamoli con Xm+i ( t), dove il tempo t, misurato in unità
l:l) L'affermazione che esista un'unica soluzione dell'equazione (32,13) è fondata su simulazioni
al computer. La soluzione viene cercata, nell'intervallo [-1, l], come un polinomio di grado elevato
2
in x ; l'accuratezza della simulazione deve aumentare con l'ampiezza dell'intervallo di valori di x
(all'esterno di quello menzionato) a cui vogliamo estendere la funzione attraverso l'iterazione di T.
Nell'intervallo [-1, 1], g (x) ha un estremo nelle cui vicinanze g ( x) = 1 - l.528x 2 , se viene scelto
come un massimo, scelta arbitraria. data. l'invarianza della (32,13) sotto un cambio di segno di g.
i.t) Si veda l'articolo originale di M. J. Fe'igenba.11.m.,
Journal of Statistica! Physics 19, 25 (1978);
21, 669 (1979).
15
) Queste sono le distanze nell'intervallo non allargato [-1, l] preso arbitrariamente, fin dal-
l'inizio, come l'intervallo di x comprendente tutti gli elementi del ciclo. Poiché a è negativo, le
biforcazioni sono accompagnate dall'inversione delle posizioni degli elementi rispetto a .cz;= O.
148 TURBOLENZA Cap. III
del periodo base To, prende valori interi: t/To = 1, 2, ... , 2m+ 1 . Questi (;)lenìenti
sono formati da quelli del 2m-ciclo per divisione in coppie. Gli intervalli tra i punti
di ciascuna coppia sono
dove Trn = 2mTo = Tm+i/2 è il periodo del 2m-ciclo, o metà di quello del 2m+1_
ciclo. Introduciamo la funzione O"m (t), il fattore di scala che determina il cambia-
mento degli intervalli (32,14) da un ciclo al successivo 16 l:
Evidentemente
l;m+l (t + T,n) = -l;m+l (t) 1 (32,16)
e dunque
O'm+l (t + T,n) = -O'm (t). (32,17)
La funzione O"m (t) ha proprietà complicate, ma si può dimostrare che la sua
forma limite per grandi m è molto ben approssimata dalla semplice espressione
o:m (t) = { ~1
per O < t
1 1·Tm+I
-- 'l)m+l (t) eir.ll/Tmdt=
Tm+1. o
1 1Tm . "
= ')'T' {'l)m+l (t) - '/)m+l (t + Tm)} ernlt/Tmdi
......L,,n O
sono nulle, dato che 'l)m+l (t + T,11 ) = 7)m+l (t). D'altra parte, in prima approssi-
mazione, le quantità 7)m (t) non variano nella biforcazione: 7/m+l (t;) ~ '/)m (t); que-
sto significa che l'intensità delle oscillazioni con frequenza kwm rimane invariata
anch'essa.
Lo spettro cli l;m+l (t), invece contiene solo le subarmoniche lwm/2, le nuove
frequenza che appaiono al raddoppio (m + 1)-esimo. L'intensità totale cli queste
componenti spettrali è data dall'integrale
Im+l = --
1 lT,,,+1
1;;,+1(t) cli. (32,19)
Tm+1. o
Esprimendo l;m+l ( t) in termini cli 1;111 ( t), possiamo scrivere
1 1·Tm
Im+1 = --.2
2Tm .
c,;,,
(t)1;.; (t)dt.
1
0
Con le (32,16)-(32,18) si ha
1 1 1 ) 1 lT,,, ç;,,(t) dt
Irn-1-1 =
2 ( -+-:-
0'.2 o:-1 T11,. o
2 -+-
=- 1 ( 1 1) I
0'.2 oA m
e infine
~= 10.8. (32,20)
Im-1-1
Quindi l'intensità delle nuove componenti che appaiono dopo una biforcazione con
raddoppio di periodo è maggiore cli quella della successiva biforcazione per un
fattore fisso indipendente dal numero della biforcazione (M. J. Fe'igenbaum, 1979) 18l.
Consideriamo ora l'evoluzione delle proprietà del flusso quando /\ supera il va-
lore A 00 (il numero cli Reynolcls R > R 00 ), cioè nella zona turbolenta. Poiché al
18
) Questo si applica non solo all'intensità totale delle subarmoniche ma anche a ciascuna di
esse. Per ogni subarmonica che appare dopo la biforcazione m-esima se ne formano due (una a
destra ed una a sinistra) dopo la biforcazione (m. + 1)-esima. Il rapporto delle intensità dei picchi
individuali che appaiono dopo due successive biforcazioni è quindi il doppio della (32,20). Un
valore più esatto di questa. quantità è 10.48. Questo è stato trovato analizzando lo stato proprio
a.I punto,\= A= usando la. funzione universale g (x); a. questo punto, tutte le frequenze sono già
presenti e il problema corrispondente a. quello posto nella. penultima nota non si pone. Si veda
M. Nacuenberg, J. R·udnick, Physical Review B 24, 493 (1981).
150 TURBOLENZA Cap. III
Fig. 22
Si ha quindi una sorta cli cascata. inversa cli semplificazioni successive clell'attra.t-
19
Si veda P. Gra.ssberger, Journal of Statist;ical Physics 26, 173 (1981).
)
eo) La. dimensione dell'attrattore in questa. direzione è molto più piccola. dell'unità ma. non è una.
proprietà universale e dipende dalla. particolare mappa..
§ 32 TRANSIZIONE ALLA TURBOLENZA PER RADDOPPIO DEL PERIODO 151
vlf+4.,\ - 1
.T*
2..\
La biforcazione avviene al valore ,\ = A1, quando questo punto viene raggiunto
dai bordi dell'attrattore che si espande. La figura 22b mostra che, dopo un giro, il
bordo esterno dell'attrattore (del nastro) diventa il bordo interno e, dopo un altro
giro, diventa il bordo dello spazio tra le spire. Ne segue che À = A1 è dato dalla
condizione ,r.i+2 = :r.,., dove
2
:Tj+2 = 1 ,\ (1 - ,\)
è il risultato della doppia iterazione della mappa sul punto :r:i = 1, che è il limite
dell'attrattore (il valore A1= 1.543). Le biforcazioni inverse precedenti A2,A3,...
possono essere determinate in modo approssimato per mezzo della relazione cli
ricorrenza tra A11,-i-1 e Am. Questa relazione approssimata si deriva con lo stesso
metodo che è stato usato precedentemente per trattare la sequenza di biforcazioni
con raddoppio diretto. ed ha la forma A111 = <.p(A11,-1-1)
con la stessa funzione <.pdella
(32,7). La corrispondente costruzione grafica è mostrata nella parte superiore della
figura 21. Poiché <.p(A) è la stessa per sequenze cli biforcazione dirette e inverse, è
la stessa anche l'espressione che governa la convergenza delle sequenze di numeri
Am e Am (dal basso e dall'alto rispettivamente) al loro limite comune A00 = A00 :
- \. _ J\. 171 - Aoo
Am-1-1
- 1 oo - (32,21)
0
L'evoluzione delle proprietà dell'attrattore strano per ,\ > A00 si accompagna
ai corrispondenti cambiamenti dello spettro di frequenza. La caoticità del flusso è
rappresentata, nello spettro, dalla presenza di una componente di "rumore" la cui
intensità cresce con la larghezza dell'attrattore. Su questo fondo appaiono picchi
discreti corrispondenti alle frequenze fondamentali dei cicli instabili e le loro anno-
niche e subarmoniche; a seguito di biforcazioni inverse successive, le subarmoniche
corrispondenti scompaiono nell'ordine opposto a quello della loro apparizione nella
sequenza di biforcazioni dirette. L'instabilità dei cicli che creano queste frequenze
è mostrata dall'allargamento dei picchi nello spettro.
152 TURBOLENZA Cap. III
·X*(l),(2) = ,JR cr - R ,
1
1
cli cui x~ ) corrisponde a:clun flusso pe-
riodico stabile e
2
d
l ad uno instabile.
Quando R = Rcr, il moltiplicatore è +1
in ambedue i punti, i due flussi periodi-
ci si mischiano; quando R > Rcr i flussi
spariscono dato che i punti fissi passano
nel dominio complesso.
Quando R - Rcr è piccolo, la curva
(32,22) e la retta Xj+l = X:i sono vici-
Fig. 23 ne tra loro (in prossimità di x.i = O).
In questa gamma cli valori cli :r r1uindi,
ogni iterazione della mappa (32,22) muove la traccia della traiettoria solo di po-
co e ci vogliono molti passi per coprire l'intero intervallo. In altre parole, su un
intervallo di tempo relativamente lungo, la traiettoria è regolare e quasi periodica
nello spazio degli stati. Questa traiettoria corrisponde ad un flusso regolare lami-
nare nello spazio fisico. Questo apre un altro scenario possibile per l'inizio della
turbolenza (P. Ma:nneville e Y. Poniea11, 1980).
Si può immaginare che questa regione specifica della mappa sia contigua a
regioni che rendono le traiettorie caotiche corrispondenti, nello spazio degli stati,
a un insieme di traiettorie locah11ente instabili. Questo insieme tuttavia, non è un
attrattore e nel corso del tempo il punto che rappresenta il sistema se ne allontanerà.
Quando R < Rcr, le traiettorie raggiungono un ciclo limite stabile e si stabilisce un
flusso laminare periodico nello spazio fisico. Quando R < Rcr, non c'è alcun ciclo
stabile e si crea un moto in cui i periodi turbolenti si alternano con quelli laminari,
per questo scenario viene chiamato transizione alla turbolenza per a.lterna.nza.di
regimi.
Non si possono trarre conclusioni generali riguardo alla durata dei periodi tur-
bolenti, ma la dipendenza del periodo laminare da R - Rcr si trova facilmente.
21
) Il coefficiente cli R - Ree e il coefficiente positivo cli x.7 possono essere resi uguali all'unità
con una scelta appropriata cli Re ~,1 e questo è assunto nella (32,22).
§ 33 TURBOLENZA SVILUPPATA 153
Per farlo scriviamo le equazioni alle differenze (32,22) come equazioni differenziali.
Poiché ,1:j cambia cli poco in un passo della mappa, sostituiamo :r:j+l - .T:i con la
derivata dx/ dt rispetto alla variabile continua t:
dx 0
-d
.t
= (R - Rcr) + x-. (32,23)
§ 33. T11,rbolenzasvil·11,ppata
Il flusso turbolento a numeri di Reynolds sufiicientemente grandi, è caratteriz-
zato da variazioni estremamente irregolari, caotiche della velocità nel tempo, in
ogni punto del flusso ( tm·bolenza sviZ.U.ppata.).La velocità fluttua continuamente in-
torno ad un valore medio. Una variazione altrettanto irregolare si ha tra differenti
punti nel flusso, in un dato istante. Non è ancora stata sviluppata un teoria quan-
titativa completa della turbolenza. Tuttavia, molti risultati qualitativi importanti
sono noti e li descriveremo in questo paragrafo.
Introduciamo il concetto cli velocità media del flusso, ottenuta mediando su
intervalli cli tempo lunghi la velocità istantanea in ogni punto dello spazio. Con
questa media le variazione irregolari della velocità sono rimosse e la velocità media
varia in modo regolare da punto a punto nel flusso. Nel seguito indicheremo la
velocità media con li. La differenza v 1 = v - li tra la velocità effettiva e quella
media, varia irregolarmente nel modo caratteristico della turbolenza; la chiameremo
parte fiv,tf-11,antedella velocità.
Consideriamo in maggior dettaglio la natura di questo moto irregolare sovrap-
posto al flusso medio. Questo moto può essere a sua volta qualitativamente conside-
rato una sovrapposizione di vortici tv.rbolenti cli diverse dimensioni; per dimensione
cli un vortice intendiamo l'ordine di grandezza della distanza su cui la velocità varia
apprezzabilmente. Quando il numero cli Reynolcls cresce, i vortici grandi appaiono
prima; più piccolo è il vortice più tardi apparirà. Per numero di Reynolds molto
grandi, sono presenti vortici di ogni dimensione, dal più grande al più piccolo. Un
ruolo importante in ogni flusso turbolento è svolto dai vortici più grandi, la cui
dimensione (la scala fondamentale o esterna della turbolenza) è dell'ordine della
154 TURBOLENZA Ca12.III
dimensione della regione in cui il flusso ha luogo; nel seguito indicheremo con l
quest'ordine di grandezza per ogni dato flusso turbolento. I vortici grandi hanno
le ampiezze più grandi. La loro velocità è comparabile alla variazione 6'U della ve-
locità media sulla distanza l. Stiamo parlando dell'ordine di grandezza, non della
velocità media stessa ma della sua variazione, dato che è questa variazione 61i che
caratterizza la velocità del flusso turbolento. La velocità media può avere qualun-
que valore assoluto, a seconda del sistema di riferimento scelto 1 ). Le frequenze
corrispondenti a questi vortici su grandi scale, sono dell'ordine di 11,/l,il rapporto
tra la velocità media 11,(e non la sua variazione 6u) e la climensione_l. Infatti la
frequenza determina il periodo con cui la struttura del flusso si ripete, se osservata
in un sistema di riferimento fisso. Rispetto a questo riferimento, l'intera struttura
si muove con il fluido a velocità dell'ordine di 'U.
I vortici su piccola scala, corrispondenti a frequenze grandi, partecipano al flusso
turbolento con ampiezze molto più piccole. Possono essere considerati come una
struttura fine sovrapposta ai grandi vortici turbolenti principali. Solo una parte
relativamente piccola dell'energia cinetica totale è contenuta nei vortici piccoli.
Dalla rappresentazione del flusso turbolento data sopra, possiamo trarre una
conclusione riguardo al modo cli variazione della velocità fluttuante lungo il flus-
so, ad ogni dato istante. Su distanze dell'ordine di l, la variazione della velocità
fluttuante è data dalla variazione della velocità dei grandi vortici ed è dunque com-
parabile a 6v.. Su distanze piccole rispetto a I, essa é determinata da vortici piccoli,
ed è quindi piccola rispetto a 6v, (ma comunque grande rispetto alla variazione
della velocità media su queste piccole distanze). Lo stesso tipo di rappresentazione
si ottiene se osserviamo la variazione della velocità nel tempo in un dato punto
dello spazio. Su brevi intervalli temporali (rispetto a T ~ 1/u), la velocità non
varia apprezzabilmente, ma su intervalli lunghi varia di mrn quantità cli ordine 611,.
La lunghezza l appare come una dimen::;ione caratteristica nel numero cli Rey-
nolcls R, che determina le proprietà di un dato I-lusso. Oltre il numero di Reynolds,
possiamo introdurre il concetto qualitativo di numeri cli Reynolds per vortici tur-
bolenti cli varie scale. Se /\ è la scala della dimensione cli un dato vortice e V,\
l'ordine di grandezza della sua velocità, allora il numero di Reynolds corrispon-
dente è definito come RÀ ~ V,\À/v. Questo valore decresce con la dimensione del
vortice.
Per grandi numeri di Reynolds R, i numeri cli Reynolds R,\ dei vortici grandi
sono anch'essi grandi. Grandi numeri di Reynolds sono equivalenti a piccole visco-
sità e quindi possiamo concludere che per i vortici grandi, che sono le basi di ogni
flusso turbolento, la viscosità non è rilevante. Ne segue che non c'è apprezzabile
dissipazione di energia nei vortici grandi.
La viscosità del fluido diviene importante solo per i vortici più piccoli, il cui
numero di Reynolds è comparabile con l'unità. Indichiamo la dimensione di questi
vortici con >.0 , che determineremo più avanti nel paragrafo. È in questi piccoli
l) Sembra però che la dimensione dei vortici più grandi sia alquanto più piccola di le la loro
velocità alqnanto più piccola di 6u.
§ 33 TURBOLENZA SVILUPPATA 155
vortici, irrilevanti per quanto riguarda la struttura generale del flusso turbolento,
chE;avviene la dissipazione dell'energia.
Arriviamo quindi alla nozione seguente di dissipazione cli energia in un flusso
turbolento (L.R.Richardson, 1922). L'energia passa dai vortici grandi a quelli più
piccoli senza che praticamente avvenga alcuna dissipazione in questo processo. Si
può dire che c'è un flusso continuo di energia dai vortici grandi a quelli piccoli,
cioè dalle frequenze piccole alle grandi. Questo flusso cli energia è dissipato nei
vortici più piccoli dove l'energia cinetica è trasformata in calore. Perché uno stato
stazionario sia conservato, è necessario che siano presenti sorgenti esterne di energia
che forniscano costantemente energia ai vortici grandi.
Poiché la viscosità del fluido è importante solo per i vortici più piccoli, possiamo
dire che nessuna delle quantità concernenti i vortici cli dimensione À » Ào possono
dipendere da v (più esattamente, queste quantità non devono cambiare se I/ varia,
quando le altre condizioni del flusso non sono modificate). Questa circostanza
riduce il numero di quantità che determinano le proprietà del flusso turbolento e
argomenti di similarità sulle dimensioni delle quantità, diventano molto importanti
nello studio della turbolenza.
Applichiamo questi argomenti per determinare l'ordine di grandezza della dis-
sipazione cli energia in un flusso turbolento. Indichiamo con e la quantità media cli
energia dissipata per unità di tempo e per unità di massa del fluido 2 l. Abbiamo
visto che questa energia deriva dai vortici grandi da cui è gradualmente trasferi-
ta a quelli più piccoli fino ad essere poi dissipata in vortici cli dimensione ~ ,\ 0 .
Sebbene quindi la dissipazione sia essenzialmente dovuta alla viscosità, l'ordine di
grandezza cli e può essere detenninato solo da quelle quantità che caratterizzano i
vortici grandi. Esse sono la densità del flusso p, la dimensione l e la velocità 6u da
cui possiamo formare solo una quantità che abbia le dimensioni di e, cioè erg/g·sec
= cm 2 / sec 3 . Troviamo quindi
3
(b.H)
E:~--- (33,1)
l
e questa determina l'ordine di grandezza dell'energia dissipata nel flusso turbolento.
Sotto certi aspetti un fluido in moto turbolento può essere qualitativamente
descritto come se avesse una "viscosità turbolenta" l/turb che differisce dalla vera
viscosità cinematica u. Dato che Vturb caratterizza le proprietà del flusso turbolento,
il suo ordine cli grandezza deve essere determinato da p, 6u e l. La sola quantità
che può essere formata da queste, con le dimensioni della viscosità cinematica, è
16 u e quindi
Vturb ~ l6u. (33,2)
Vturb ~ R
) (33,3)
V
2
) In questo paragrafo E denota la quantità media di energia dissipata e non l'energia interna
del fluido.
156 TURBOLENZA Cap. III
E~ Vturb ( T)2
D (33,4)
(33,5)
Consideriamo ora le proprietà della turbolenza a scale cli dimensioni dei vortici
À piccole rispetto alla. scala. principale l. Indicheremo queste come proprietà local·i,
della turbolenza. Considereremo un fluido che sia. lontano da. superfici solide (più
precisa.mente, a distanze grandi da. queste rispetto a. À).
È naturale assumere che questa turbolenza su piccola. scala, lontana da. corpi
solidi, sia. omogenea. e isotropa. Quest'ultima proprietà significa che su regfoni le
cui dimensioni sono piccole rispetto a Z, le proprietà del flusso turbolento sono
indipendenti dalla direzione; in particolare, non dipendono dalla. direzione della
velocità media.. Va. sottolineato che qui e nel resto del paragrafo, quando parliamo
di proprietà cli un flusso turbolento in una piccola regione cli fluido, intendiamo il
moto relativo delle particelle cli fluido in quella regione e non il moto assoluto della.
regione nel suo insieme, che è dovuto al moto su scala. più grande.
Si trova che molti risultati importanti che rig1rnrclano le proprietà loca.li della.
turbolenza. possono essere ottenuti immediatamente da. argomenti cli similarità
(A.N. Kolmogorov, 1941; A . .111Obv,h:hov,1941). Per ottenerli, determineremo pri-
ma quali parametri possono essere coinvolti nelle proprietà del flusso turbolento su
regioni piccole rispetto a l ma grandi rispetto alla. distanza Ào a cui la. viscosità clèl
fluido inizia. ad essere importante; sono queste distanze intermedie che discuteremo
nel seguito. I parametri in questione sono la. densità del fluido p ed un'altra quan-
tità che caratterizza. ogni flusso turbolento, l'energia. E dissipata. per unità cli tempo
e unità cli massa. del fluido. Abbiamo visto che E è il flusso cli energia. che passa.
continuamente dai vortici più grandi a. quelli più piccoli. Per questo, sebbene la.
dissipazione cli energia. sia principalmente dovuta. alla. viscosità del fluido e avvenga.
nei vortici più piccoli, la. quantità E determina. le proprietà dei vortici più grandi.
3
) In realtà, andrebbe incluso un fattore numerico alquanto grande. Questo perché, come già
detto precedentemente, l e !'o.upossono differire considerevolmente dalla scala e dalla velocità rea.li
del flusso turbolento. Il rapporto Vtmb/v può essere scritto più accuratamente
Zlt,urb R
-li- rv Rcr'
formula che {;iene in considerazione il fatto che Vtmb e 11 devo in realtà essere di grandezza
compara.bile non a R ~ 1, ma a R ~ Re,,
§ 33 TURBOLENZA SVILUPPATA 157
È natural~, supporre che (per p e E dati) le proprietà locali della turbolenza sia-
noh1Clipenclenti dalla dimensione l e dalla velocità D.u del fluido nel suo insieme.
La viscosità del fluido v non può apparire in alcuna delle quantità a cui siamo
interessati (ricordiamo che ci stiamo occupando cli distanze,\» ,\o).
Determiniamo l'ordine cli grandezza V>, della variazione cli velocità turbolenta
su distanze dell'ordine cli ,\. Esso deve dipendere solo da E e, naturalmente, dalla
distanza/\ stessa '1). Da queste quantità possiamo formarne solo una una che abbia
1
le dimensioni cli una velocità, cioè (cÀ)3. Si deve quindi avere
(33,6)
E CX:1/turb,,\ (V,\)2vx
~ CX: ~,
V>,<X.Gll(~)l/3•}
(33,9)
<X (fr/3
VT .GV,
Vediamo ora. a. qua.li distanze la viscosità. del fluido inizia ed essere importante.
Queste distanze ,\o determina.no anche l'ordine di grandezza della dimensione dei
vortici più piccoli nel flusso turbolento (chiamata "scala interna" della. turbolenza
in contrasto con la "scala esterna.'' l). Per determina.re .Ào, formiamo il numero di
Reynolcls locale
R
/\ rv
,
V,\A\
--;;- rv
A,
u.u /\ ,4/3 (')4/3
u z.1;:3 rv
R/\
T
con il numero cli Reynolds R ~ l .6"U/u per il fluido nel suo complesso. L'ordine di
grandezza cli .Ào è determinato dal fatto che si deve a.vere R,\o ~ 1. Si ha quindi
l
,\o~ R3/4. (33,10)
Si pnò anche trovare questa espressione formando la. sola combinazione con le
dimensioni cli una lunghezza, a partire da E e v:
(33,11)
é2/3
E (k) cx k 5 / 3 . (33,13)
Insieme alle scale spaziali dei vortici turbolenti possiamo anche considerare
le loro caratteristiche temporali (frequenze). L'estremo inferiore dello spettro di
frequenza del moto turbolento è a. frequenze ~ ·u/lmentre l" estremo superiore è a
frequenze
Wo r-v - u v.R3/4
r-v - (33,14)
Ao l . '
che corrispondono alla scala interna della turbolenza. L'intervallo inerziale corri-
sponde a frequenze
v.
,«w«z uR3/4
.
La disuguaglianza w 5-'>u/1 significa che per quanto riguarda le proprietà locali
della turbolenza, il flusso imperturbato può essere considerato stazionario. La.
distribuzione cli energia nello spettro cli frequenza. nell'intervallo inerzia.le si trova.
dalla. (33,13) ponendo k ~ w/u:
(33,15)
E (w') ~ E (33,16)
Questa è nella. stessa relazione con la. (33,15) di come la (33,8) è con la (33,7).
160 TURBOLENZA Cap. III
dove v 2 e v 1 sono le velocità del fluido in due punti vicini del flusso e la barra
indica la media temporale. Il raggio vettore dal punto 1 al punto 2 sarà indi-
cato con r = r 2 - r 1 . Nella discussione della turbolenza loca.le, supporremo che
s) Questo risultato può essere applicato a particelle sospese in un fluido, che sono trascina.te
dal flusso.
1
) Le funzioni di correlazione sono sta.te usa.te per la prima volta nella dinamica. della turbolenza.
da L. V. Keller e A.A. F'ridma.n (192,1).
§ 34 FUNZIONI DI CORRELAZIONE DELLA VELOCITA 161
questa distanza sia molto più piccola della scala fondamentale l, sebbene non
necessariàmente molto più grande della scala interna della turbolenza /\o.
La velocità cli variazione su piccole distanze è dovuta ai vortici piccoli. Le
proprietà della turbolenza locale, comunque, non dipendono dal flusso mediato.
Possiamo quindi semplificare lo studio delle funzioni cli correlazione della turbo-
lenza locale considerando il caso ideale cli flusso turbolento in cui ci sia isotropia
e omogeneità non solo nelle scale piccole (come nella turbolenza locale), ma a
qualunque scala; la velocità mediata è allora zero. Questa turbolenza isotropa e
omogenea 2 J corrisponde al flusso che si ha in un fluido sottoposto ad un forte
scuotimento lasciato poi a riposo. Un tale flusso, naturalmente, cleca.clrà necessa-
riamente nel corso del tempo, e dunque le componenti del tensore cli correlazione
sono dipendenti dal tempo :3). Le relazioni che verrano derivate nel seguito tra le
varie funzioni cli correlazione si applicano alla turbolenza omogenea e isotropa a
tutte le scale ed alla turbolenza locale a distanze r « l.
A causa dell'isotropia della turbolenza locale il tensore B;1,;non può dipendere
da una particolare direzione nello spazio. Il solo vettore che può apparire nell'e-
spressione cli B;k è il raggio vettore r. La forma più generale cli un tale tensore
è
B;k = A (r) O;k+ B (r) n;nk, (34,2)
dove n e il versore nella direzione r. Per vedere il significato delle funzioni A
e B, prendiamo gli assi delle coordinate cli modo che uno cli essi coincida con la
direzione cli n, indicando la componente della velocità su questo asse con v,. e quella
ortogonale ad esso con Vt.· La componente Brr del tensore cli correlazione, è quindi
il valore medio del quadrato della velocità relativa cli due particelle cli fluido lungo
la linea che li unisce. Allo stesso modo, Bu è la media della velocità trasversa
quadrata cli mrn particella rispetto all'altra.. Poiché n,. = 1 e n 1 = O si ha dalla
(3,1,2)
B,.,.=A+B, Bu=A, B,.1=0.
L'espressione (34,2) può allora essere scritta come
Per via dell'omogeneità, i valori medi del prodotto v;v1,;nei punti 1 e 2 sono uguali,
e per via dell'isotropia, V1;V21,; resta inalterato nello scambio dei punti 1 e 2 (cioè
quando r = r2 - r1 cambia segno); quindi si ha
-- --
V]{VU, = V2;V21,; =
l-,,r5
v- U,;,
3
2
Il concet;to è dovuto a G.J. Taylor (1935).
)
:J) Strettamente parlando, la media nella definizione (3,1,1), dovrebbe essere non la media sul
tempo, ma la media su tutte le possibili posizioni dei punti l e 2 (per una data distanza tra loro)
ad un dato istante.
162 TURBOLENZA Cap. III
Da cui
(34,4)
Il tensore simmetrico ausiliaTio bik tende a zero quando r -+ oo; questo perché le
velocità del flusso turbolento a punti infinitamente distanti possono essere conside-
rate statisticamente indipendenti, così che il valor medio del loro prodotto si riduce
al prodotto dei valori medi di ciascun fattore separatamente; questi sono nulli per
ipotesi.
Deriviamo la (34,4) rispetto alle coordinate del punto 2:
8Bik = O.
8x2k
I 2
B,.,. + - (B,.,. - Bu) = O,
r
dove' indica la derivazione rispetto a r. Le funzioni di correlazione longitudinali e
trasversali sono quindi legate dalla relazione
A queste distanze, B,.,. e Btt possono anche essere espresse in termini dell'energia
media dissipata c. Scrivendo B,.,. = ar 2 , con a una costante e combinando le
formule (34,3) e (34,4) con la (34,7), troviamo
bik = ru
1- 2 9 1
lÌi!, - a'l"~Òik + ax;Xk.
2
Derivando questa espressione si ha
§ 34 FUNZIONI DI CORRELAZIONE DELLA VELOCITÀ 163
2 2
E=
1 ( --8v;
-V + -avk) = I/
{ ( --avi ) +----
8v; avk } = 15a.v.
2 axk 8x; axk axk ax;
1 E ~
Brr = --r- (34,8)
15 v
(A.N. Kolmogorov, 1941).
Definiamo ora il tensore di correlazione di rango tre
(34,9)
e il tensore ausiliario
(34,10)
Quest'ultimo è simmetrico nella prima coppia di indici; la seconda equazione (34,10)
deriva dal fatto che scambiare i punti 1 e 2 equivale a cambiare il segno di r, cioè
invertire le coordinate e quindi il segno del tensore. Quando r = O e i punti 1 e 2
coincidono, bik,l (O) = O: il valore medio cli nn numero dispari di componenti della
velocità fluttuante è nullo. Sviluppando le parentesi nella definizione (34,9) si ha
Bu.:1in termini cli b;1,f
B;1,.z= 2 (bik,l + b;1,1,;
+ bn,,;). (34,11)
Quando r --+oo, il tensore b.;1,;,ze quindi anche B;u tendono a zero.
In virtù dell'isotropia, bik,Z deve essere esprimibile in termini del tensore 6ii, e
delle componenti del versore Il. La forma più generale di un tale tensore simmetrico
nella prima coppia di indici è
(34,12)
4
l Per la turbolenza. isotropa., la. dissipazione media. E: è legata. alla. vorticità quadrata media
dalla semplice formula.
2
-(rotv )2 =- l(EJvi
-- -EJv1c)= E:
2 EJx1c EJx, v
164 TURBOLENZA Cap. III
3 e +~'>D+ F _- costante
') .
r-
Quando r = O, le funzioni C, D e F devono annullarsi; la costante dunt1ue è zero,
e 3C + 2D + F = O. Le due equazioni ottenute çlanno allora
= -2 (rC'
B.;1,;z + C)) (i5u,nz+ i5ank + /51,,/'n;)
+ 6 (rC' - C) n;11.1,;nz.
Prendendo di nuovo uno degli assi delle coordinate nella direzione di n, troviamo
per le componenti di B.;1,:1
Questo mostra che tra le componenti non nulle B,.u e Br,.,. esiste la relazione
1 cl
Brtt = -- (rBrn·) · (34,15)
6 clr
Più avanti avremo bisogno anche di u11a espressione per u;1,:,1 in termini delle
componenti cli Bu,z. Dalle (34,12)-(34,14) si ha
1
b;.k,l = - Br,.,.i5ii//l./+ ~l (rB;.,.r + 2Brrr) (6;(n1,:+ i51,:(n;)
+
12
1
- (rB;.,.r - Brrr) n;n1Jiz. (3L1,16)
12
Le relazioni (34,5) e (34,15) discendono dalla. sola equazione di continuità. In-
sieme all'equazione cli Navier-Stokes, possiamo derivare una relazione tra i tensori
cli correlazione B;k e Bikl ( T. van Krirnuin e L. Howarth,1938; 11. N. Kolmogorov,
1941).
Per questo calcoliamo la derivata 80;1,:/at (ricordiamo che un flusso turbolen-
to completamente omogeneo e isotropo necessariamente si smorza nel corso del
tempo). Esprimendo le derivate 8v1;/at e 8v2 1)at per rnezzo dell'equazione di
Navier-Stokes, troviamo
(34,17)
§ 34 FUNZIONI DI CORRELAZIONE DELLA VELOCITÀ 165
P1V2 = o. (34,18)
Infatti l'isotropia implica che questa funzione sia della forma f (r) 11. D'altra parte,
dall'equazione di continuità si ha che
Il solo vettore dellç1forma f (r) 11 con divergenza nulla è costante x 11/ r 2 , ma questo
non sarebbe finito a r = O e dunque la costante deve essere nulla.
Sostituendo ora nella (34,17) le derivate rispetto a Xli e x2i con quelle rispetto
a -,Di e Xi, abbiamo
a a
at b;k = axi (b;z,k+ bkz,;) + 2vl:,bik· (34,19)
Qui dobbiamo sostituire bu,, e b;.k,l dalla (34,4) e (34,16). La derivata temporale
dell'energia cinetica per unità cli massa, v 2 /2 non è altro che l'energia dissipata -E.
Quindi
8 v2 2
8t3 = -:t·
Un calcolo semplice ma molto lungo dà 5)
Se sostituiamo nella (34,21), per r « ,\o, l'espressione (34,8) per B,.,. si ottiene
zero, dato che, in questo caso, dobbiamo avere B,.,.,. cx r 3 , quindi i termini del
prim'ordine devono cancellarsi.
5
l Il risultato del calcolo corrisponde alla (34,20) con l'operatore 1 + (1/2) rfJ / or
applicato a
ciascun membro, ma dato che la sola soluzione di .f + (1/2) rBf/fJr = O, finita quando r = O, è
f = O, questo operatore può essere omesso.
166 TURBOLENZA Cap. III
L'equazione (34,20) collega due funzioni indipendenti Brr e Brrr e quili.cli Ì1on
permette cli determinarle. La presenza nella (34,20) cli funzioni cli correlazione cli
due ordini è dovuta alla non linearità delle equazioni cli Navier-Stokes. Per la stessa
ragione, la derivata temporale della funzione cli correlazione del terzo ordine porta
ad una equazione contenente anche una correlazione del quarto orclilie e così via.
Si ha, dunque, una sequenza infinita cli equazioni e, senza ulteriori assunzioni, non
è possibile giungere in questo modo ad un sistema cli equazioni chiuso.
Un'altra considerazione generale 6 ) va fatta. Si potrebbe credere che esista, in
principio, la possibilità cli dedurre una formula universale, applicabile_ a qualsiasi
flusso turbolento, che determini B,.r e Bu a tutte le distanze r piccole rispetto a Z.
In effetti una tale formula non può esistere, come si vede dall'argomento che segue.
Il valore istantaneo cli (v 2 i - vi;) (v 2 k - v 1k) potrebbe, in principio, essere espresso
da una funzione universale della dissipazione cli energia E all'istante considerato.
Tuttavia nella media cli queste espressioni, giocherà un ruolo importante la legge cli
variazione cli E su tempi clell'ordine dei periodi dei vortici grandi (con dimensione
~ l) e questa legge cambia nei differenti flussi. Per questo il risultato della media
non può essere universale 7 l.
Integrale di Loitsya:nsh:i
Possiamo riscrivere l'equazione (34,20) con b,.,. e brr,r al posto cli Brr e Brrr:
ab,.,._
--
1. EJ [ A Db.,
- ---,- 2v1 --
..,. + 1.4 b,.,.,.
]
. (34,23)
8t r~ Dr Dr '
Le funzioni b,.,.e bu sono legate da una formula simile alla (34,5) per B,.r e Btt.
Abbiamo quindi (sotto le stesse condizioni)
Poiché b,,i + 2bu = v 1 · v2, l'integrale (34,24) può essere messo nella forma
come r- 4 , e A non è quindi conservato. La sua derivata temporale è una certa fùn-
zione non nulla, negativa (dato che si trova empiricamente che brr,r· è negativo) del
tempo. Questa funzione è interamente governata da forze inerziali. È ragionevole
supporre che, quando la turbolenza decade, queste forze diventino meno importanti
e, alla fine, possano essere trascurate rispetto alle forze viscose. Quindi A decresce
(il momento angolare si "distribuisce" uniformemente su tutto lo spazio infinito) e
tende ad un limite costante che raggiunge nello stadio finale della turbolenza.
È quindi possibile determinare a questo stadio finale la legge di variazione nel
tempo della scala fondamentale l e la velocità caratteristica. v della .turbolenza..
Una stima dell'integrale (34,25) dà A ~ v 2 l 5 = costante. Un'altra iela.zione si
ottiene stimando la velocità di diminuzione dell'energia per dissipazione viscosa..
La dissipazione di energia. E è proporzionale al quadrato dei gradienti della velo-
cità; stimando questi come v/l, troviamo E~ v (v/l)2. Uguagliando alla derivata.
EJv2 / EJt~ v 2 /t, dove tè preso a partire dall'inizio dello sta.eliofinale della turbolenza.,
abbiamo l ~ (1/t)1/ 2 e quindi
5 4
v = costante x t- / (34,26)
, -I
Bil,,(r)-
.
B;1,,(k)e ik-r --.rZ:lk3 ,
(21r)'
. (k)
B 1,'1, = ;· B 1,l,,,. (r) e-ik-r d3 x·'
indichiamo la funzione cli correlazione spettrale con lo stesso simbolo B;k ma con
una diversa varia.bile indipendente, il vettore d'onda k. Poiché nella turbolenza
isotropa Bi,, (-r) = Bu,, (r), abbia.mo Bu,, (k) = B;k (-k) = Bf1,,(k), e le funzioni
spettrali sono quindi reali.
Quando r ---+oo, le funzioni B;k (r) tendono a.clun limite finito dato dal primo
termine nella (34,4). Di conseguenza, le loro componenti cli Fourier contengono
una funzione delta:
2 3 -;,;
B;k (k) =
3 (21r) r5(k) v- - 2b;k (k). (34,27)
L'equazione di continuità éJbik (r) /éJ,r; =Osi riduce quindi, nella rappresentazione
SJ?ettrale,.alla condizione che il tensore b;k (k) sia ortogonale al vettore d'onda:
(3L1,29)
(34,31)
Dato che bil,:,l (-r) = -b;h,l (r), le funzioni spettrali Ù;k,l (k) sono immaginarie; un
fattore 'i è stato incluso nella (3,1,31) per rendere p( 3 ) (k) reale.
L'equazione (34,19) nella rappresentazione spettrale è
é) . o
éJtb;1,-(k) = 1k1 [b;1,k (k) + Ù/,:l,i (k)] - 211!,;-bik (k).
(·)- j'
V I - Vke ik-r --d3k
3
(271")
,
Il secondo integrale è in effetti divergente, dato che v (r) non tende a zero all'infi-
nito. Questo, comunque, è irrilevante nella derivazione formale che segue, dato che
lo scopo è calcolare le medie quadrate che sono certamente finite.
9
l Gli argomenti seguenti ripropongono la dimostrazione data in V, § 122.
170 TURBOLENZA Cap. III
(34,34)
Questa relazione va considerata come una definizione della quantità qui simbolica-
mente indicata con (vivl)k. Sostituendo la (34,34) nella (34,33) ed eliminando la
funzione delta integrando su d 3 k', troviamo
bil (r ) =
I( ) ViVz k e
ik r d3k
· ( )3 ;
211
cioè le (wuz)k sono le componenti cli Fourier di bil (r), e quindi sono simmetriche
in i ed l e reali. In particolare, b;i (k) = (v 2 ) k e possiamo allora dire che questa
quantità è positiva, come è evidente dalla sua relazione (34,34) con la quantità
positiva Vh:Vk' = lvkl2 , il modulo quadro medio della componente di Fourier della
velocità fluttuante.
Il valore della funzione di correlazione b;i (r) per r = O determina la velocità
quadra media del fluido in ogni punto dello spazio. È espressa in termini della
funzione spettrale da
~
v~ = bli (r = O) = r .
.I
b,:,(k) --~k 3
(211)
o, sostituendo bi; (k) dalla (34,29),
!v2=
2
I
.
p(2) (k) d3\
(211)
=
=
.lo
r=p(2) (k) . 411k2(211)
dk 3. (34,35)
(34,37)
2,/ r
Jo
00
dalla relazione C 1 = O.76C; si veda il problema nel seguito. I valori empirici sono
C ~ 2, C1 = 1.5 10 l. Quindi
- i e3/2 _ o.3.
JB,.,.,.J -
CO=
3/
B rr
9
~5
io) La maggior parte degli esperimenti si riferisce alla turbolenza nell'atmosfera o nell'oceano.
I numeri di Reynolds in queste misure arrivano fino a 3 x 108 .
172 TURBOLENZA Cap. III
PROBLEMA
'Jl·ovare la relazione tra i coefficienti C 1 e C che appaiono nelle formule (34,39) e (34,40)
per la funzione di correlazione e la densità spettrale di energia nell'intervallo inerzial_e.
Sol'uzione. Le funzioni
11
Bi; (r) = 2Bu (r) + Brr (r) = Brr (r)
3
(dalla (34,6)) e
") oE(k)
B;; (k) = -2b;; (k) = -4F (- (k) = -811- k2
I= 471
-Im
h;
1·oo
,O
e3•e'·1'Tclr
7··'1 .
. =,
--'171
/,;ll
1·oo
/:J . O
e, ·e
co/.Je'·,cZC
e, . •',.
L'integrale restante si calcola ruotando il contorno cli integrazione nel pianÒ ç com-
plesso dalla metà destra dell'asse reale alla metà superiore dell'asse immaginario.
Il risultato è
471 1071
I = - 1;;11/3 9f (1/3).
Combinando queste espressioni abbiamo, in conclusione,
55
C1 = 27 r (l/ 3) C = 0.76G.
vorticità è,quindi non nulla solo in una parte del fluido (in generale illimitata). La
possibilità che una regione limitata del flusso rotazionale esista è dovuta al fatto
cl~e il flusso turbolento può essere considerato come il moto di un fluido ideale
descritto dalle equazioni di Eulero l). Abbiamo visto (§ 8) che, nel moto di un
fluido ideale, vale la legge di conservazione della circolazione. In particolare, se il
rotore della velocità è nullo in un qualunque punto di una linea di corrente, lo sarà
anche in ogni altro punto di quella linea. D'altra parte, se rot v # O in un punto
cli .una linea cli corrente, sarà non nullo in ogni altro punto di quella linea. Da
questo segue che -l'esistenza di regioni separate di moto rotazionale e irrotazionale
è compatibile con le equazioni del moto, solo se la regione del flusso rotazionale è
tale che le linee di corrente al suo interno non ne attraversino il bordo, penetrando
nella regione esterna. Tale distribuzione della vorticità è stabile e resta nulla oltre
la superficie di separazione delle due regioni.
Una delle proprietà della regione cli flusso turbolento rotazionale è che lo scam-
bio di fluido tra questa e lo spazio circostante non può che essere in una sola
direzione. Il fluido vi può entrare, provenendo dalla regione di flusso potenziale,
ma non ne può uscire.
Si deve sottolineare che gli argomenti qui portati non possono essere considerati
prove rigorose delle affermazioni fatte sopra. In ogni caso, la presenza di regioni
separate cli flusso turbolento rotazionale sembra confermata dall'esperimento.
Il flusso è turbolento sia nella regione rotazionale che in quella irrotazionale, ma
il carattere della turbolenza è totalmente diverso nelle due regioni. Per chiarire le
ragioni cli questa differenza, consideriamo la seguente proprietà generale del flusso
potenziale descritto dall'equazione di Laplace l",,cp= O. Supponiamo che il flusso sia
periodico nel piano xy così che 'P dipenda da :r e y attraverso il fattore ei(kt2:+keu).
Allora
[)2 'P [)2 'P ~ ') ')
~.·)
ua::-
+~
uy-
= - (k 1 + k:;) cp= -k-cp
-
e, dovendo essere nulla la somma delle derivate seconde, la derivata seconda di
'P rispetto a z deve essere uguale a 'P moltiplicato per un coefficiente positivo:
8 2 cp/8z 2 = k 2 cp. Quindi la dipendenza cli 'P da z è data da un fattore di smorzamen-
to della forma e-kz per z > O (essendo una crescita illimitata come é=ovviamente
impossibile). Se dunque il flusso potenziale è periodico in un piano, deve essere
smorzato nella. direzione ortogonale a. quel piano. Inoltre, quanto più grandi sono
k1 e k2 (cioè più piccolo il periodo del flusso nel piano ,ry), tanto più rapidamente
il flusso si smorza nella direzione dell'asse z. Tutti questi argomenti continuano ad
essere qualitativamente validi in casi in cui il flusso non sia strettamente periodico
ma continui ad avere certa qualità periodica.
Da questo si ottiene il risultato seguente. I vortici turbolenti devono smorzarsi
al di fuori della. regione di flusso rotazionale e questo deve avvenire tanto più rapi-
da.mente quanto più essi sono piccoli. Detto differentemente, i vortici di dimensioni
più piccole non penetrano profonda.mente nella regione di flusso potenziale. Di
fatto, solo i vortici più grandi sono importanti in questa regione e sono smorzàti
a distanze dell'ordine delle dimensioni (trasverse) della regione rotazionale cÌ1e, in
questo caso, assume il ruolo cli scala fondamentale della turbolenza. A distanze più
grandi cli questa dimensione la turbolenza è praticamente inesistente e il flusso può
essere considerato laminare.
Abbiamo visto che la dissipazione cli energia nel flusso turbolento avviene nei
vortici più piccoli; nei vortici più grandi non si ha dissipazione apprezzabile e questa
è la ragione per cui l'equazione cli Eulero si applica ad essi. Quanto detto sopra
ci porta all'importante risultato che la dissipazione cli energia è esse~1zialmente
localizzata nella regione cli flusso turbolento rotazionale e non ha praticamente
luogo al cli fuori cli questa regione.
Tenendo in mente tutte queste proprietà. del flusso turbolento rotazionale e
irrotazionale, chiameremo nel seguito, per brevità, la regione cli flusso turbolento
rotazionale semplicemente regione di ffosso forbolento o regione turbolenta. Nei
paragrafi seguenti esamineremo la forma cli questa regione per casi differenti.
La regione turbolenta deve essere limitata in qualche direzione da una parte
della superficie del corpo attorno a cui il flusso ha luogo. La linea che delimita
questa parte della superficie del corpo è chiamata l-inea di sepamzfone. Da questa
linea parte la superficie cli separazione tra il fluido turbolento e il resto del fluido. La
formazione della regione turbolenta nel flusso intorno al corpo è chiamata fenomeno
della separazione.
La forma della regione turbolenta è determinata dalle proprietà del flusso nel
volume principale del fluido (cioè non nelle immediate vicinanze della superficie
del corpo). Una teoria completa, ancora inesistente, della turbolenza dovrebbe
permettere, in linea cli principio, cli determinare la forma cli questa regione per
mezzo delle equazioni del moto cli un fluido perfetto, se è data la posizione della
linea cli separazione sulla superficie del corpo. La posizione reale clells linea cli
separazione è cletermi11ata dalle proprietà del flusso nelle immediate vicinanze della
superficie (in quello che viene eletto lo sfrato limite), dove la viscosità del fluido
gioca un ruolo importante (si veda § ,10).
Qum1clo ci riferiremo (nei paragrafi seguenti) al bordo libero della regione turbo-
lenta, intenderemo, naturalmente, la sua posizione mediata sul tempo. La posizione
istantanea del bordo è una superficie altamente irregolare; queste distorsioni irre-
golari e la loro variazione nel tempo sono dovute principalmente ai vortici grandi
e cli conseguenza si estendono a profondità comparabili con la scala fonclmnentale
della turbolenza. Il moto irregolare della superficie cli bordo ha come risultato che
un punto dato nel flusso, non troppo lontano dalla posizione media della superficie,
si trovi alternatamente su lati opposti cli essa. Quando si guarda la struttura del
flusso in questo punto, ci saranno periodi alternati in cui la turbolenza a piccola
scala è presente o assente 2 ).
bolenta con l'asse x. La regione turbolenta è quindi delimitata da due piani che si
interseca.no lungo lo spigolo dell'angolo. ·
I valori di a 1 e a2 dipendono solo dal valore dell'angolo diedro che il flusso deve
aggirare e non, per esempio, dalla. velocità del flusso incidente. Non siamo in grado
di calcolarli teoricamente; i risultati sperimentali nel caso di flusso attorno ad un
angolo retto danno a 1 = 5° e a 2 = 10° 2 ).
Le velocità del flusso lungo i due la.ti dell'angolo non sono uguali; il loro rapporto
è un numero definito e, anch'esso, dipende solo dall'angolo. Quando l'angolo non
è prossimo a. zero, una. delle due velocità, quella. del flusso principale. ùella stessa
direzione (AO) della regione turbolenta, è considerevolmente più grande dell'altra.
Nel caso di flusso attorno ad un angolo retto, a.d esempio, la velocità lungo il pia.no
AO è trenta volte più grande di quella lungo BO.
Possiamo anche notare che la differenza di pressione del fluido tra i due lati
della regione turbolenta è molto piccola.. Sempre per il flusso attorno ad un angolo
retto si trova. che
Pl - P2 = 0.003p Uf,
dove U1 è la. velocità del flusso principale (lungo AO), p 1 la pressione in quel flusso
e p2 la pressione nel flusso lungo BO.
Nel caso limite in cui l'angolo diedro è nullo abbiamo semplicemente il bordo
di un piano lungo le cui facce si muove il fluido. L'angolo a 1 + 0:2 della regione
turbolenta è nullo cioè la. regione turbolenta sparisce; le velocità dei flussi sulle
due facce sono uguali. Al crescere dell'angolo AOB, si raggiunge il punto in cui
il piano BO diviene il limite inferiore della. regione turbolenta; l'angolo .AOB è,
a questo punto, ottuso. Al crescere dell'angolo, la regione turbolenta continua ad
essere limitata, da un lato, dal piano BO. Abbiamo allora semplicemente una
separazione, con la linea di separazione lungo lo spigolo dell'angolo. L'angolo della
regione turbolenta rimane finito.
Come secondo esempio, cdnsideria-
mo il problema di un getto turbolento
\\ di fluido emesso dall'estremità di un tu-·
bo sottile in uno spazio infinito riempi-
to dello stesso fluido. Il problema del
flusso la.minare di un tale getto "som-
merso" è stato risolto nel § 23. A di-
stanze grandi rispetto alle dimensioni
dell'apertura del tubo (le sole che con-
Il sidereremo), il getto ha simmetria as-
siale, qualunque sia la forma effettiva
Fig. 25 dell'apertura.
Determiniamo la forma della regio-
ne turbolenta nel getto. Prendiamo l'asse del getto come asse x e indichiamo il
2
l Qui e altrove, ci riferiamo a risultati sperimentali sulle distribuzioni di velocità in una sezione
trasversa del getto turbolento, analizzati usando calcoli basati su una teoria semiempirica (si veda
la nota finale nel presente paragrafo).
§ 36 IL GETTO TURBOLENTO 177
( ),
·u.'"(r, x) = uo (x) .f R '/'(x) (36,3)
dove ·r è la distanza dall'asse del getto e v,o la velocità sull'asse. I profili cli velocità
in differenti sezioni trasverse del getto quindi, differiscono solo per quanto riguarda
le scale cli misura cli distanze e velocità; si dice che la struttura del getto è mdosi-
m.ilar-e. La funzione f (i;), vale 1 qnanclo ç = O e decresce rapidamente al crescere
clell'argmnento. Vale 1/2 per ç = 0.4, e raggiunge il valore cli~ 0.01 al limite della
regione turbolenta. La velocità trasversa ha circa lo stesso ordine cli grandezza
sulla sezione della regione turbolenta e al limite della regione vale circa -0.025'lio
(diretta verso l'interno del getto). È a causa cli questa velocità trasversa che il
fluido penetra nella regione turbolenta. Il flusso nl cli fuori della regione turbolenta
può essere calcolato teoricamente (cfr. problema 1).
La dipendenza della velocità del getto in funzione della distanza. ,r può essere
determinata. con il semplice argomento che segue. Il flusso tota.le cli impulso attra-
verso una superficie sferica, centrata. nel punto cli emissione del getto, deve rimanere
costante quando il raggio della superficie varia. La densità cli flusso cli impulso nel
getto è cli ordine pu 2 , dove u è dell'ordine cli una certa velocità media nel getto.
L'area della parte cli sezione trasversa del getto dove la velocità è apprezzabilmente
diversa da zero, è dell'ordine di R 2 . Quindi il flusso di impulso totale è P ~ pu 2 R 2 .
Sostituendo la (36,2), abbiamo
(36,4)
3
l La formula (36,2) da R = O per x = O; cioè la coordinata x è misurata dal punto dove il
getto partirebbe da una sorgente puntiforme. Questo punto non coincide necessariamente con la
posizione reale dell'apertura di uscita, ma può essere arretrata rispetto ad essa di una distanza
dello stesso ordine cli grandezza di quella considerata per stabilire la dipendenza (36,2). Poiché
siamo interessati alla forma asintotica a grandi x, questa differenza può essere trascurata.
1
· l Si noti ancora che stiamo considerando la turbolenza sviluppata nel getto, e dunque la
viscosità non deve comparire nelle formule in lquestione.
178 TURBOLENZA Cap. III
cioè la velocità diminuisce come nnverso della distanza dal punto di emiss~onè. La
massa Q di fluido che passa per unità di tempo attraverso una sezione trasversa
della regione turbolenta è di ordine p1LR2. Sostituendo (36,2) e (36,Ll), troviamo che
Q = costante xx; usiamo il segno di uguale perché se due quantità, che variano tra
limiti ampi, sono sempre dello stesso ordine di grandezza allora sono proporzionali.
Il fattore di proporzionalità si esprime convenientemente non in termini del flusso
di impulso P ma in termini della massa di fluido Q 0 che viene emessa dal tubo
nell'unità di tempo. A distanze dell'ordine delle dimensioni lineari a, dell'apertura
del tubo, si deve avere Q ~ Qo. Quindi la costante è Qo/a e
X
Q = /3Qo-,a, (36,5)
PROBLEMI
1. Determinare il flusso medio nel getto al cli fuori della regione tmbolenta.
Sofozione. Prendiamo coordinate polari sferiche r, B, ip con l'asse polare diretto lungo
l'asse del getto e l'origine delle coordinate presa nel punto da cui il getto è emesso. Data
la simmetria assiale del getto, la componente Uc,, della velocità media è nulla mentre 'li,@ e
5
l Il flusso totale attraverso qualunque piano infinito attraverso il getto è infinito, cioè un getto
emesso in uno spazio infinito porta con se una quantità infinita di fluido,
GJ Per un calcolo più dettagliato di casi diversi di flusso turbolento si ricorre abitualmente a
diverse teorie semiempiriche che sono fondate su ipotesi riguardo alla dipendenza del coefficiente
cli viscosità turbolenta dal gradiente della velocità media, Così, nella teoria di Prandtl, si assume
(per un flusso piano)
Zlt,urb = l "lau,,
By I,
Ur sono funzioni solo dir e e. Le stesse considerazioni fatte nel problema relativo al getto
laminare nei_§ 23, mostrano che ·ue e Ur devono avere la forma
.f (e) F(O)
ue=--, Ur=--.
r r
Al di fuori della regione turbolenta abbiamo flusso potenziale cioè rot u = O, da cui
8ur
ae - 8ra (rue) = o.
Essendo rv,e indipendente da r
8ur 18F
ae =;;: ae = o,
da cui F = costante = -b e quindi
b
(1)
r
Dall'equazione di continuità,
1a
,-a (r 2 ur) +-.
1
-eae ('uesme)
a . = o,
r· r r sm
otteniamo
bcos
.f = costant: e
sm
La costante di integrazione deve valere -b perché la velocità non diventi infinita quando
e = 1r (il fatto che f diventi infinita a e = O non ha importanza dato che la soluzione che
cerchiamo si riferisce solo allo spazio a di fuori della regione turbolenta mentre e = O si
trova all'interno di essa). Quindi
b 1 +cose b e
u,e = - - = - - cot - . (2)
T sin O T 2
La componente della velocità nella direzione del getto (u.,,) e il suo valore assoluto sono
b b cose b 1
·u,, =;;:= -;;-, v-
,-
----
r sine;2·
(3)
La costante b può essere legata alla costante B = (3Q0 /a.nella (36,5). Consiclerimno un
tronco del cono della regione turbolenta, limitato eia due sezioni trasverse infinitamente
vicine. La massa cli fluido che entra in questa regione della regione turbolenta, nell'unità
cli tempo, è
dQ = -21rrp sin crn,edr = 21rbp (1 +cosa) dr
e dalla (36,5) si ha dQ = Bdx = B cosa dr. Uguagliando le due espressioni si ha
b= B cosa (4)
21rp 1 +cosa
Al bordo della regione turbolenta la velocità u è diretta verso l'interno cli questa regione
formando un angolo (1r- a) /2 con la direzione positiva dell'asse x.
Confrontiamo la velocità media 'il,, all'interno della regione turbolenta, definita come
- Q B
11,x = --'J = 'J ,
1rpR· 1rpx tau· a
. .,/"
180 TURBOLENZA Cap. III
con la velocità. ('ux)pot al bordo della. regione. Prendendo la. prima equazione (3) ccm e·=a,
trovi a.mo
(ux)pot 1- cosa
Ux 2
Per a = 12° si ha, per questo rapporto, il valore O.Oll, cioè la velocità. al bordo della
regione turbolenta è piccola rispetto alla velocità. media all'interno della regione.
2. Determinare la legge cli variazione delle dimensioni e della velocità in un getto
turbolento sommerso proveniente da una fenditura sottile infinitamente lunga.
Soluzione. Per le stesse ragioni addotte per il getto assiale, si può concludere che la
regione turbolenta è delimitata da due piani che si intersecano lungo la fe1iditura, cioè la
semilarghezza del getto è
Y = xtana.
Il flusso cli impulso nel getto (per unità cli lunghezza della fenditura) è dell'ordine cli pu 2 Y.
La dipendenza cli u da x è quindi data da
costante
u~ ./x .
La portata. attraverso una sezione trasversa. della regione turbolenta è Q ~ pv.Y, da cui
Q = costante x ./x.
Il numero cli Reynolcls locale R = ·uY/v cresce con .i; secondo la stessa legge. I dati
sperimentali per l'angolo cli apertura cli un getto piano, danno un valore 2a <::è'25°, circa.
uguale a. quello cli un getto circolare.
UsiamÒ ,ora le formule (21,1) e (21,2) che determinano le forze che agiscono
sul corpo iÌ1 termini di integrali della velocità del fluido nella scia (ora intendiamo
pe1· velocità il suo valore medio). Il dominio di integrazione in questi integrali è
dell'ordine di a 2 . Una stima dell'integrale dà F ~ pU'U,a 2
, dove F è dell'ordine di
grandezza della resistenza o della portanza. Quindi
F
11, ~ --9· (37,2)
pUa-
da F
dx~ pU 2 a 2 '
a
~ ( Fx)
u9
1/3
(37,3)
p -
La lunghezza della scia cresce dunque come la radice cubica della distanza dal
corpo. Per la velocità, dalla (37,2) e dalla (37,3), abbia.mo
, ~ (FU)l/3
u.
px
2 , (37,4)
cioè la velocità media del fluido nella scia decresce come l'inverso di ,c2 13 .
Il flusso, in qualunque tratto della scia, è caratterizzato dal numero di Reynolds
R ~ au/1/. Sostituendo la (37,3) e la (37,4) si ha
F l ( p2 ) 1/3
R~--~- --2
, 1ipUo. 11 p U:r
Vediamo che questo numero non resta costante lungo la scia, al contrario di quanto
accadeva nel getto turbolento. A distanze sufficientemente grandi dal corpo R
diviene così piccolo che il flusso nella scia cessa cli essere turbolento. Oltre questo
punto si ha la regione di scia laminare le cui proprietà sono sta.te studia.te nel § 2L
Nel § 21 abbiamo trovato le formule che descrivono il flusso al di fuori della
scia, lontano dal corpo. Queste resta.no valide per il flusso al di fuori della scia
turbolenta.
Notiamo ora alcune proprietà genera.li della distribuzione di velocità attorno al
corpo. Nella scia turbolenta., così come al di fuori di essa, la velocità. (intendiamo
sempre la velocità u) decresce al crescere della distanza dal corpo. La velocità
longitudinale 'U,x,invece, decresce più rapidamente a.l di fuori della scia (come 1/x 2 ),
che all'interno. Possiamo quindi supporre che, lontano dal corpo, la velocità Ux
sia nulla al di fuori della scia. Possiamo dire che v,,c decresce a partire da un
valore massimo sull'asse della scia fino a zero sul suo bordo. Quanto alle velocità
trasversa.li 1ly e Uz, al bordo della scia, esse sono dello stesso ordine di grandezza.
che all'interno e decrescono rapidamente allontanandosi dalla scia a fissa distanza
dal corpo.
182 TURBOLENZA Cap. III
dove, data la natura della distribuzione della velocità uy, l'integrazione è estesa a
tutto il piano trasversale. Inoltre, dato che lo spessore della scia (nella direzione
y) è piccolo e che la velocità uy all'interno della scia non è grande rispetto al suo
valore all'esterno, possiamo con sufficiente accuratezza prendere l'integrazione su
y solo nella regione esterna alla scia cioè:
Nella stessa approssimazione, anche la pressione deve essere continua sulla scia.
Poiché la variazione della pressione è data, in prima approssimazione secondo la
forim1la di Bernoulli, da pU'U,x= pU EJi.p / 8x, ne segue che anche la derivata 81.f)
/ 8x
deve essere continua. La derivata 8i.p/8z (la velocità nella direzione dell'apertura
dell'ala) invece è in generale discontinua.
Essendo la derivata 81.f)
/ 8x continua, la discontinuità 'P2 - 'Pl dipende solo da
z e non dalla coordinata x lungo la scia. Abbiamo quindi la formula seguente per
la portanza:
Fy = -pU J ('P2 - l.f)1) dz. (38,2)
L'integrazione lungo z si estende solo alla larghezza della scia (al di fuori della scia
=
si ha, ovviamente, 'P2 - 'Pl O).
Questa formula può essere messa in una forma differente. A questo scopo
notiamo che, usando le proprietà ben note dell'integrale del gradiente di uno scalare,
si può scrivere l.f)2 - l.f)1 sotto forma cli integrale curvilineo:
e, per la portanza,
Fy = -pU J I'cL::. (38,4)
Per il segno della circolazione della velocità si sceglie sempre quello che si ottiene
per un cammino in senso antiorario. Il segno nella (38,3) dipende anche dalla dire-
zione del flusso che si è scelta. Supporremo sempre che il flusso sia nella direzione
positiva dell'asse x (da sinistra a destra).
La relazione tra la portanza e la circolazione della velocità, data dalla (38,4),
costituisce il twrema d'i Zhinkovsky (1906). Si veda il § 46 per l'applicazione di
questo teorema alle ali con profilo aerodinamico.
PROBLEMI
y = A r;;::,
vpffi (1)
184 TURBOLENZA Cap. III
con A una costante. La velocità media u nella scia decresce secondo la legge
Il numero di Reynolds R ~ Yu,/u ~ fx/pUu non dipende da x e quindi non c'è scia
laminare. Dai dati sperimentali, si trova che il coefficiente costante nella (1) vale A.= 0.9
(con Y la semilarghezza della scia; se Y è la distanza a cui la velocità Ux si è dimezzata
rispetto al valore massimo nel mezzo della scia, il valore è A= 0.4).
2. Determinare il flusso al cli fuori della scia formata da un flusso trasverso intorno ad
un corpo infinitamente lungo.
Soluzione. Al di fuori della scia si ha flusso potenziale; indicheremo il potenziale con
<Dper distinguerlo dall'angolo ({J del sistema cli coordinate cilindriche r, z, ({J che scegliamo,
con asse z lungo la lunghezza ciel corpo. Come per la. (21,16), concludiamo che si ha
'f1.li· clf
1.gradcD · df = f
= 'f p;'
dove l'integrazione viene fatta. sula. superficie cli un cilindro cli raggio grande e lunghezza
unita.ria., con l'asse nella. direzione x e .fx è la. resistenza per unità cli lunghezza ciel corpo. La
soluzione dell'equazione di Laplace bidimensionale 6<D = O, che verifica questa condizione,
è
<D= ___b__
ln 1·.
2,,pU
Per la portanza, dalla (38,2), si ha
La soluzione dell'equazione cli Laplace che decresce meno rapiclmnente al crescere della
distanza e ha una discontinuità sul piano 'P = O, è
e la costante si determina da ({)2 - ({)1 211. Il flusso è determinato dalla somma cli queste·
due soluzioni, cioè
1
cD= - - (I, lnr - f,1 ({)). (2)
2,,pU ·
Le componenti cilindriche della velocità li sono
La velocità li forma con il raggio vettore cilindrico r un angolo costante cli tangente fu/f x·
3. Determinare la legge cli curvatura. della scia dietro un corpo infinitamente lungo in
presenza. di portanza.
Soluzione. In presenza di portanza, la scia. (considerata come una superficie di discon-
tinuità) si curva nel piano xy. La funzione y y (x) che rappresenta la curva è cletenninata
dall'equazione
clx dy
1lx + U Uy
§ 38 IL TEOREMA DI ZHUKOVSKY 185
dy _ ___b_
dx 2n:pU2 x'
da cui
y cos t an t e - --- fy 9 1nx..
2n:pU-
Capitolo IV
LO STRATO LIMITE
2 2
éJvy 8vy 1 éJp ( éJ vy 8 vy)
Vx--+v,--=---+v
. éJx Y éJy p éJy
--+--
éJx2 éJy2 '
(39,2)
OVx OVy
-é) +-é) =0. (39,3)
X y
l) Il concetto e le equazioni fondamentali dello strato limite sono stati formulati dal L. Pmndtl
(1904).
§ 39 LO STRATO LIMITE LAMINARE 187
op
oy = o, (39,4)
cioè supporre che il gradiente di pressione trasversale sia nullo nello strato limite.
In altre parole la pressione nello strato limite è uguale alla pressione p (.1:)nella
corrente principale, ed è una funzione data di x per quanto riguarda la soluzione del
problema dello strato limite. Nell'equazione (39,1) possiamo scrivere ora, invece di
op/ ox, la derivata totale dp (x) /dx; questa derivata può essere espressa in termini
della velocità U (x) della corrente principale. Poiché abbiamo flusso potenziale al
di fuori dello strato limite, vale l'equazione di Bernoulli,
1 9
p + -pu- = costante,
2
da cui
! dp = -UdU_
pdx dx
Abbiamo quindi le equazioni del moto nello strato limite laminare nella forma
delle eq'IJ,azionidi Prandtl:
OVx OVx o 2 vx 1 dp dU
Vx OX + Vy oy - V oy2 = p dx (39,5)
dx'
OVx OVy
+By =0. (39,6)
Le condizioni al contorno per queste equazioni sono che la velocità sia nulla
sulla parete:
Vx = Vy = O per y = O. (39,7)
Lontano dalla parete, la velocità longitudinale deve tendere asintoticamente a quella
della corrente principale:
Vx = U (x) per y--+ oo. (39,8)
Non è necessario specificare condizioni separate per vy all'infinito.
188 LO STRATO LIMITE Cap. IV
Si può mostrare facilmente che le equazioni (39,5) e (39,6), anche se derivate per
un flusso lungo una parete piana, restano valide nel caso più generale di qualunque
flusso bidimensionale (flusso trasversale attorno a un cilindro di lunghezza infinita
e di sezione arbitraria). Qui x è la distanza misurata lungo il contorno della sezione
trasversa a partire da un suo punto qualunque e y è la distanza dalla superficie del
corpo lungo la normale ad esso.
Definiamo Uo la velocità caratteristica del problema (per esempio, la velocità
della flusso incidente all'infinito). Introduciamo invece delle coordinate x, y e delle
velocità Vx, Vy, le variabili adimensionali x', y',v~, v~ definite come:
ly' Uav~
x= lx' y = JR' 'Uy = -- (39,9)
JR
(ed anche U UaU'), dove R = Ual/v. Allora le equazioni (39,5) e (39,6) si
scrivono
1 av~ 1 av~ 8 2 v~ 1 dU' av~ av~
vx-aX·, +vy-ay I - ay-/9 =U-d X ,, -a, +-a'y =O. (39,10)
X
Queste equazioni (così come le loro condizioni al contorno) non contengono la visco-
sità. Quindi le loro soluzioni non dipendono dal numero di Reynolds. Otteniamo
dunque l'importante risultato che, quando il numero di Reynolds cambia, tutta la
struttura del flusso nello strato limite subisce semplicemente una trasformazione di
similarità, le distanze e le velocità longitudinali restano invariate mentre distanze
e velocità trasverse variano come l'inverso della radice di R.
Possiamo poi affermare che le velocità adimensionali v~ e v~ ottenute risolvendo
le (39,10) devono essere di ordine dell'unità, dato che sono indipendenti da R. Dalle
(39,9) possiamo concludere che
Uo
'Uy ~ JR' (39,11)
(39,12)
Applichiamo le equazioni dello strato limite al caso del flusso piano lungo una
lastra semiinfinita (H. Blasius, 1908). Supponiamo che il piano della lastra sia il
semipiano xz con x > O (così che il bordo di attacco della lastra è la retta x = O).
La velocità della corrente principale in questo caso è costante (U = costante). Le
equazioni (39,5) e (39,6) diventano
(39,13)
lastra semiinfinita non c'è una lunghezza caratteristica l. Il rapporto vx/U, quindi,
può dipendere solo da una combinazione di x' e y' che non contenga l, cioè
JL =y fu_
R V;;
Similmente, il prodotto v~R deve essere una funzione di y' / R.
Per tener conto della relazione tra Vx e vy espressa dell'equazione di continuità,
usiamo la funzione di corrente 'ljJdefinita dalla (10.9):
8'1/;
Vx = By, (39,14)
Quindi
(39,17)
Quindi allontanandosi dal bordo della lastra, r5cresce come la radice quadrata della
distanza dal bordo della lastra.
Sostituendo la (39,16) nella prima equazione (39,13), abbiamo un'equazione per
f (é,):
J.f"+ 2.f"'= o. (39,18)
Le condizioni al contorno (39, 7) e (39,8) diventano
J'CE,)
0.8
0.6
0.2
o 2 3 4 5
Fig. 27
La forza di attrito che agisce sull'area unitaria sulla superficie della lastra è
O"xy = 77-8vxl
8
= 77~3 -f "( O)
y y=D VX
o
{riprF
O"xy = 0.332v---;;-· (39,22)
Il fattore 2 tiene conto del fatto che la lastra ha due lati esposti al fluido 2 ). La forza
di attrito è proporzionale alla potenza 3/2 della velocità della corrente principale.
La formula (39,23) può essere applicata solo a lastre lunghe, per le quali R = Ul/v
è sufficientemente grande. Invece della forza, si usa abitualmente introdurre il
coefficiente di resistenza definito come il rapporto adimensionale
F
(39,24)
C = (pU 2 /2) 2(
2
) L'approssimazione di strato limite non è valida in vicinanza della linea di attacco della lastra,
dove t5~ x. Questo, comunque, non è importante nel calcolo della forza totale F, perché l'integrale
converge rapidamente al limite inferiore.
§ 39 LO STRATO LIMITE LAMINARE 191
Per la (39,23), questa quantità per il flusso laminare attorno ad una lastra è
inversamente proporzionale alla radice quadrata del numero di Reynolds:
e = 1.328
v1R. (39,25)
Uo* = Ly.J
(U - Vx) dy. (39,26)
o* = fi fo 00
(1 - !') dt;,= fi [t;,- J (t;,)L:-1-00
o* = /3 fvx = 1 n fvx
Vu · vu· (39,27)
v, = -1
y 2
fJ!-u
- [U,- J]
X !;-foo
1
= -/3
2
fJ!-u
- X
fJ!-u
= o.86 -.
X
(39,28)
(39,29)
Vediamo che lo spessore dello strato limite può essere considerato costante sulla
superficie del disco, in accordo con la soluzione esatta di questo problema ottenuta
nel § 23. Il momento delle forze di attrito sul disco, calcolato dalle equazioni per lo
strato limite dà, ovviamente, la (23,4), dato che questa formula è esatta e quindi
vale per il flusso laminare qualunque sia il valore di R.
192 LO STRATO LIMITE Cap. IV
(39,30)
PROBLEMI
1. Determinare lo spessore dello strato limite vicino al punto critico (cfr. § 10).
Soluzione. Vicino ad un punto critico la velocità del fluido (al di fuori dello strato limite)
è proporzionale alla distanza x da qnel punto e possiamo quindi scrivere U = costante xx.
La stima dei termini delle equazioni (39,5) e (39,6) dà o~ Jv /costante. Quindi, vicino al
punto critico, lo spessore resta finito.
2. Determinare il flusso nello strato limite in un canale convergente (cfr. § 23) tra due
piani non paralleli (K Pohlhausen, 1921).
Soluzione. Considerando lo strato limite formato lungo uno dei piani, misuriamo la
coordinata x lungo quel piano a partire dal punto O (cfr. fig. 8, § 23). Per un fluido ideale
si dovrebbe avere, per la velocità, l'espressione U = Q/ a.xp; questo esprime semplicemente
la conservazione della portata Q nel flusso, con a. l'angolo tra i piani. Abbiamo quindi, nel
secondo membro della (39,5), UdU/dx = -Q 2 /a.2 p 2 x 3 . Si vede facilmente che le (39,5) e
(39,6) diventano invarianti sotto la trasformazione x-+ a,x, y-+ ay, Vx-+ vx/a, Vy = vy/a,
con a una costante. Questo vuol dire che possiamo cercare Vx e vy della forma
Q Q (:_'}!_
Vx = -.f(ç),
a.px
Vy = -.fi
a.px
(ç)' s- X '
3
) Non discuteremo la teoria dello strato limite per un fluido comprimibile che è notevolmente
più complicata di quella per un fluido incomprimibile. La comprimibilità va tenuta in considera-
zione quando la velocità è comparabile a quella del suono, o più grande. A causa del considerevole
riscaldamento del gas e del corpo attorno a cui esso fluisce, che si ha in questo caso, abbiamo a
che fare con le equazioni del moto nello strato limite insieme all'equazione del trasferimento del
calore al suo interno. Può anche essere necessario considerare le dipendenze dalla temperatura
della viscosità e della conduttività termica del gas.
§ 40 FLUSSO IN VICINANZA DELLA LINEA DI SEPARAZIONE 193
3
_ ryUf' (O)_ J4U ryp _ 2
CTxy - X • - 3x - x2
della superficie del corpo (quindi nello strato limite) con il flusso principale. In
altre parole, il flusso nello strato limite si separa dalla superficie del corpo, le linee
di corrente di conseguenza lasciano lo strato superficiale ed entrano all'interno del
fluido. Questo fenomeno è per questa ragione chiamato separazione dello strato
limite o semplicemente separazione.
Le equazioni del moto nello strato limite portano, come abbiamo visto, al ri-
sultato che in esso la componente tangenziale della velocità (vx) è grande rispetto
alla componente normale alla superficie del corpo (vy). La relazione tra Vx e Vy è
strettamente legata alle ipotesi basilari riguardanti la natura del flusso nello strato
limite e deve necessariamente essere verificata, ovunque le equazioni di Prandtl
abbiano soluzioni dotate di senso fisico. Matematicamente, questa relazione è cer-
tamente verificata in tutti i punti che non si trovino nelle immediate vicinanze dei
punti singolari. Se però vy « Vx, il fluido si muove lungo la superficie del corpo
senza praticamente allontanarsene e non ci può essere separazione. Concludiamo
quindi che che la separazione può aver luogo solo su una linea i cui punti sono
singolari per la soluzione delle equazioni di Prandtl.
La natura di queste singolarità segue immediatamente dalle considerazioni che
diamo nel seguito. Una volta giunto alla linea di separazione, il flusso devia, passan-
do dallo strato limite all'interno del fluido. Detto differentemente, la componente
normale della velocità cessa di essere piccola rispetto alla componente tangenziale e
diviene quanto meno dello stesso ordine di grandezza. Abbiamo visto (cfr. (39,11))
che il rapporto vy/Vx è di ordine 1/vR, così che un aumento di Vy fino a Vy "'Vx
implica che essa sia moltiplicata per v'R.Per numeri di Reynolds sufficientemente
grandi (quali quelli che stiamo considerando) possiamo supporre che vy cresca di
un fattore infinito. Se usiamo le equazioni di Prandtl nella forma adimensiona-
le (cfr. (39,10)), la situazione appena descritta è formalmente equivalente ad un
valore infinito per la velocità adimensionale v~ sulla linea di separazione.
Per semplificare lo studio nel seguito, consideriamo il problema bidimensionale
del flusso trasverso attorno ad un corpo di lunghezza infinita. Al solito, x è la
coordinata lungo la superficie del corpo nella direzione del flusso, mentre y è la
distanza dalla superficie del corpo lungo la normale a quest'ultimo. Al posto di
una linea di separazione abbiamo ora un punto di separazione cioè l'intersezione
della linea di separazione con il piano xy; nelle coordinate adottate, questo è il
punto x = costante = xo, y = O. Sia x < xo la regione davanti al punto di
separazione.
Secondo i risultati ottenuti, per tutti i valori di y 2 )
È chiaro dalla (40,1) che per x = xa, la derivata 8vy/8y diviene anch'essa
infinita. Dall'equazione di continuità
(40,2)
(40,3)
o
Vx = va (y) + a (y) Jxa - x, (40,4)
a (y)
2Jxa - x
e integrando si ha
V = j3 (y) (40,5)
Y Jxa - x'
dove j3 (y) è un'altra funzione di y.
Usiamo ora l'equazione (39,5)
(40,6)
La derivata 8 2 vxf 8y 2 non diviene infinita per x = xa, carne si può vedere dalla
(40,2). Lo stesso vale per dp/dx, che è definito dal flusso al di fuori dello strato
limite. Comunque, ambedue i termini nel primo rnernbro della (40,6) diventano
infiniti. In prima approssimazione, si può dunque scrivere in prossimità del punto
di separazione
Bvx
Vx-
8X
+ Vy-Bvx
8X
= 0.
Con l'equazione di continuità (40,2), possiamo riscriverla carne
196 LO STRATO LIMITE Cap. IV
Poiché per x = xo, la velocità Vx in genere non si annulla, ne segue che il rapporto
vy/vx è indipendente day. Dalle (40,4) e (40,5), abbiamo, a meno di termini di
ordine superiore,
Vy f3(y)
Vx vo(y)Jxo-x·
Perché questa espressione non dipenda che da x, si deve avere /3(y) = Avo (y) /2,
dove A è una costante numerica. Quindi
Avo (y)
Vy= ~· (40,7)
2vxo - x
Infine, notando che le funzioni a e /3nelle (40,4) e (40,5) obbediscono alla relazione
a= 2/3', otteniamo a= Advo/dy, così che
dvo
Vx = va (y) + AdyJxo - x. (40,8)
v0 = O, dvol
dy y=O = 0.
(40,9)
"riflusso" di fluido verso questo punto. Va detto che da questi argomenti non si può
concludere che si abbia necessariamente un punto di separazione dove 8vx/8y = O;
l'intera struttura del flusso insieme al "riflusso" potrebbe essere interamente con-
tenuta nello strato limite, mentre la separazione è proprio caratterizzata dal fatto
che il flusso penetri nel volume principale del fluido.
Nel paragrafo precedente è stato mostrato che la struttura del flusso nello strato
limite resta simile quando il numero di Reynolds cambia e, in particolare, la scala
nella direzione x resta invariata. Ne segue che il valore x 0 della coordinata x
per cui la derivata (8vx/8y) ly=O si annulla, è lo stesso per tutti i valori di R.
Abbiamo quindi l'importante risultato che la posizione del punto di separazione
sulla superficie del corpo non dipende dal numero di Reynolds (finché, beninteso,
lo strato limite resta laminare, cfr. § 45).
Studiamo ora le proprietà della distribuzione della pressione p ( x) in vicinanza
del punto di separazione. Per y = O il primo membro della (40,6) si annulla con Vx
e vy e resta solo
1 dp
(40,10)
pdx
Questo prova che il segno di dp/dx coincide con quello di (8 2 vx/8y 2 ) ly=O·Quando
(8vx/8y) ly=O > O, nulla si può dire del segno della derivata seconda. Ma dato
che Vx è positiva e cresce con la distanza dalla superficie (di fronte al punto di
separazione), al punto .T = xo stesso, dove 8vx/8y = O, si deve avere sempre
(8 2 vx/8y 2 ) ly=O> O. Concludiamo quindi che
(40,11)
cioè il fluido in vicinanza del punto di separazione si muove dalle pressione inferiore
a quella superiore. Il gradiente di pressione è legato al gradiente di velocità U (x)
al di fuori dello strato limite dalla relazione
! dp = -UdU_
pdx dx
Dato che la direzione positiva dell'asse x coincide con la direzione della corrente
principale, U > O e quindi
dUI
-d <0, (40,12)
X -
X-XO
cioè in vicinanza del punto di separazione la velocità U decresce nella direzione del
flusso.
I risultati ottenuti sopra permettono di concludere che, quando un corpo è
immerso in un flusso, in qualche punto della sua superficie si deve avere un punto
di separazione. Infatti all'estremità anteriore e a quella posteriore del corpo c'è un
punto (il punto critico) in cui la velocità del fluido si annulla nel flusso potenziale
di un fluido ideale. Ne segue che, a partire da un certo valore di x, la velocità
U (x) inizia a decrescere fino ad annullarsi. È chiaro comunque, che il fluido è
198 LO STRATO LIMITE Cap. IV
frenato maggiormente quanto più vicino si trova alla superficie del corpo (cioè per
y più piccoli). Quindi, prima che la velocità U (x) si annulli al bordo esterno
dello strato limite, la velocità nelle immediate vicinanze della superficie deve essere
nulla. Matematicamente, questo significa che la derivata 8vx / oy deve certamente
annullarsi (e quindi si deve avere separazione) per un valore di x inferiore a quello
per cui U (x) = O.
Nel caso di un corpo di forma arbitraria, tutti i calcoli svolti possono essere
ripetuti nello stesso modo e portano al risultato che le derivate OVx/oy, ovz/oy
delle due componenti della velocità Vx e v2 tangenti alla superficie del corpo si
annullano sulla linea di separazione (l'asse delle y è sempre diretto lungo la normale
all'elemento della superficie del corpo considerato).
Si può dare un semplice argomento che dimostra la necessità della separazione
nel caso in cui, altrimenti, si avrebbe, nel fluido attorno al corpo, un rapido aumento
della pressione (e quindi una rapida decrescita della velocità U) nella direzione del
flusso. Supponiamo che su una piccola distanza !:lx = x2 - x 1 la pressione p subisca
una rapida crescita da Pl a P2 (p2 ~ P1). Sulla stessa distanza !:lx la velocità del
fluido U, al di fuori dello strato limite, scenda dal suo valore iniziale U1 al valore
molto più piccolo U2 definito dall'equazione di Bernoulli:
2 = V12 -
V2 (U21 - u.2)
2 ·
La velocità v 1 nello strato limite è minore di quella nel flusso principale e possiamo
scegliere un valore y tale che vr < U'f - u?. La velocità V2 è allora immaginaria
e questo dimostra che le equazioni di Prandtl non hanno soluzioni fisicamente
possibili. In realtà, nell'intervallo !:lx si produrrà una separazione che porterà ad
una riduzione del gradiente di velocità.
Il flusso attorno all'angolo formato da due superfici solide che si intersecano, dà
luogo ad un caso interessante di separazione. Nel caso del flusso potenziale laminare
esterno ad un angolo (fig. 3), la velocità del fluido al vertice diverrebbe infinita
(cfr. problema 6, § 10), crescente nella direzione del flusso che si dirige verso il
vertice e decrescente in quella del flusso che se ne allontana. In realtà, la decrescita
rapida della velocità (ed un corrispondente aumento di ,pressione) oltre il vertice
§ 41 STABILITÀ DEL FLUSSO NELLO STRATO LIMITE LAMINARE 199
PROBLEMA
dove 6 ~ fo[1fJ è lo spessore dello strato limite e Z la dimensione del corpo. Uguagliando
l'ordine di grandezza dei due termini nel secondo membro della (40,6), troviamo
16p v(y) U
--~v--~v-
p 6x y2 6y·
Dalla condizione
v 2 = I !::,.U2 1 =2- 6p
p
abbiamo U2 y 2 /6 2 ~ 6p/ p. Eliminando y si ottiene
6p~pU2 ( T)2/3
6
il fattore numerico è quello per uno strato limite su una superficie piana.
Poiché la dipendenza dello spessore dello strato limite dalla distanza è relativa-
mente lenta e la velocità trasversa nello strato è piccola, nello studio della stabilità
del fluido in wm piccola regione dello strato possiamo considerare un flusso piano
parallelo con un profilo di velocità che non varia lungo l'asse x I). Dal punto di
vista puramente matematico dunque, il problema è analogo a quello della stabilità
del flusso tra due piani paralleli (cfr. § 28): invece di un profilo simmetrico con
v = O su ambedue i lati, si ha un profilo asimmetrico in cui la velocità varia da zero
sulla superficie del corpo ad un valore dato U che è la velocità del flusso al di fuori
dello strato limite. Lo studio porta ai risultati che seguono ( W. Tollmien, 1929;
H. Schlichting, 1933; C. C. Lin, 1945).
O)
u --------------------
II
(a.) (a.)
O)
'Vy
v,
u ------------------·
(b)
Fig. 28 Fig. 29
La forma della curva neutra nel piano wR (cfr. § 28) dipende dalla forma del
profilo della velocità nello strato limite. Se il profilo della velocità non ha punti
di flesso (la velocità Vx cresce monotonamente e la curva Vx = Vx ( x) è convessa
ovunque, fig. 28a), il bordo della regione stabile ha forma del tutto analoga a
quello che si ha per il flusso in un tubo: si ha dunque un valore minimo R = Rcr
a partire dal quale iniziano ad apparire perturbazioni che vanno ad amplificarsi
1
) Così facendo naturalmente, trascuriamo l'effetto che la curvatura della superficie potrebbe
avere sulla stabilità dello strato limite. L'approssimazione fatta ha anche una certa inconsistenza
dovuta al fatto che gli unici flussi piani paralleli (con profilo della velocità che dipende solo da una
coordinata) che soddisfano l'equazione di Navier-Stokes sono quelli/ con profilo lineare (17,1) o
parabolico (17,4), mentre l'equazione di Eulero è soddisfatta da un flusso piano parallelo di profilo
qualunque. Quindi il flusso della corrente principale che si considera nella teoria della stabilità
dello strato limite non è, strettamente parlando, una soluzione delle equazioni del moto.
§ 41 STABILITÀ DEL FLUSSO NELLO STRATO LIMITE LAMINARE 201
e, per R --+ oo, ambedue i rami della curva tendono asintoticamente all'asse delle
ascisse (fig. 29a). Per il profilo di velocità che si ha nello strato limite su una lastra
piana, il calcolo del numero di Reynolds critico dà il valore Ro,cr ~ 420 2 ).
Un profilo di velocità come quello mostrato in figura 28a non può esistere se la
velocità del fluido al di fuori dello strato limite decresce lungo il flusso. In questo
caso il profilo della velocità deve avere un punto di flesso. Infatti, consideriamo
un piccolo elemento di superficie che possiamo considerare piano; sia di nuovo x
la coordinata nella direzione del flusso e y la distanza dalla parete. La relazione
(40,10) dà
1/ El2vxI - ! dp - -Uau
8y 2 y=D - p dx - 8x '
da cui si vede che, se U decresce nel senso del flusso (8U / 8x < O), si deve avere
§ 28. Per valori di R inferiori e profili di velocità che abbiano un punto di flesso, il
problema resta irrisolto.
Dal momento che il numero di Reynolds varia lungo lo strato limite, la turbo-
lenza non appare immediatamente nell'intero strato, ma solo nella parte di esso in
cui Ra supera un certo valore. Per una data velocità del flusso incidente, ciò signi-
fica che la turbolenza inizia ad una particolare distanza dalla linea di attacco, che
decresce al crescere della velocità. I risultati sperimentali mostrano che il punto di
inizio della turbolenza nello strato limite dipende notevolmente anche dall'intensità
della perturbazione nel flusso incidente. Quando questa decresce, l'instaurarsi della
turbolenza avviene a valori maggiori di Ra.
Le curve neutre nelle figure 29a e 29b hanno una differenza fondamentale; Il
fatto che per Ra-+ oo, la frequenza sul ramo superiore tenda ad un limite non nullo
significa che il flusso diviene instabile per qualunque valore della viscosità arbitra-
riamente piccolo, mentre per la curva di figura 29a le perturbazioni di qualunque
frequenza non nulla si smorzano quando v -+ O. Questa differenza è determinata
dalla presenza o dall'assenza di un punto di flesso nel profilo di velocità Vx = v (y)
e, matematicamente, la sua origine si trova studiando il problema della stabilità di
un fluido ideale (Rayleigh, 1880).
Sostituiamo nell'equazione (10,10) per il flusso bidimensionale di un fluido
ideale, una funzione di corrente della forma
dove '1/;oè là funzione di corrente per il flusso imperturbato, così che 'if;b= v (y); '1/;1
è una piccola perturbazione che cerchiamo della forma
(41,2)
Se il flusso è limitato (nella direzione y) da una parete solida, su di essa <p= O (dato
che Vy = O); se il flusso è illimitato in larghezza in uno o ambedue i lati, si deve
applicare una condizione simile all'infinito, dove il flusso è uniforme. Considereremo
k una quantità reale data; la frequenza w è allora determinata dagli autovalori del
problema al contorno per l'equazione (41,2).
Dividiamo la (41,2) per (v - w/k), moltiplichiamo per <p*e integriamo rispetto
a y tra i limiti del flusso y 1 e y2. L'integrazione per parti del prodotto <p*<p"dà
Y2 1Y2v"I'P12• dy
1 (l'P'i2+ k l'Pl dy +
2 2
) = o. (41,3)
Yl w/k Yl V -
3
l Qualunque funzione ,f;0 (y) soddisfa identicamente la (10,10); cfr. la prima nota di questo
paragrafo.
§ 41 STABILITÀ DEL FLUSSO NELLO STRATO LIMITE LAMINARE 203
v"lcpl2
1
Y2
Imw IV / k l 9~ dy=O. (41,4)
Yl - W
Perché si possa avere Im w =f.O, l'integrale deve essere nullo e questo implica certa-
mente che v" sia nullo in qualche parte nell'intervallo di integrazione. L'instabilità
può quindi apparire (quando v = O), solo per profili di velocità che abbiano un
punto di flesso 4 ).
Fisicamente, questa instabilità è dovuta ad
un'interazione di tipo risonante tra le oscilla- v (y)
zioni del mezzo ed il moto delle sue particelle
nel flusso principale; in questo senso è analoga
allo smorzamento di Landau (o all'amplificazio-
ne in caso di instabilità) delle oscillazioni in un
plasma senza collisioni (cfr. X, § 30) 5 l.
Secondo la (41,2), le oscillazioni proprie (se
presenti) del flusso sono associate alla parte di
esso in cui v" (y) =f.O 6 l. Esaminiamo il mecca- y, y
nismo dell'amplificazione delle oscillazioni, nel
caso in cui il profilo di velocità abbia una sor-
gente di oscillazione localizzata in uno strato del Fig. 30
flusso. Prendiamo un profilo v (y) la cui curva-
tura sia piccola ovunque eccetto in prossimità di un punto y = YD· Modificando
la curvatura in questo punto con una deformazione brusca del profilo, abbiamo un
termine Ab"(y - y 0 ) in v" (y). Questo dà il contributo principale all'integrale nella
(41,3). Descriveremo il flusso usando coordinate in cui la sorgente è a riposo, cioè
v (yo) = O, come mostrato in fig. 30. Separando la parte reale dell'equazione (41,3),
abbiamo
2 2
1Y (lcp'l2
Yl
+ k2l'Pl2)dy _ Alcp (Yo)l Re (w/k) = O.
lw/kl2
Poniamo A > O, come in figura 30. Poiché il primo termine in questa equazione è
sicuramente positivo, si deve avere Re(w/k) > O, cioè la velocità di fase è diretta
verso destra. Il punto di risonanza y,. in cui la velocità di fase dell'onda è uguale
4
) Va notato che la formulazione del problema della stabilità con v = O non è fisicamente
del tutto corretta. Si ignora il fatto che un fluido reale ha necessariamente una viscosità, anche
se piccola, comunque non nulla. Questo porta a varie difficoltà matematiche: alcune soluzioni
scompaiono a causa dell'abbassamento dell'ordine dell'equazione differenziale per <p, mentre altre
ne appaiono, che non si hanno quando v i=O. Quest'ultimo effetto è connesso alla singolarità
dell'equazione (41,2) (che non è presente quandovi= O): nel punto in cui v (y) = w/k, il coefficiente
della derivata cli ordine più alto nell'equazione, è nullo.
5
) Questa analogia fu notata da A. V. Timofeev (1979) e da A.A. Andronov e A.L. Fabrikant
(1979). La discussione che segue è quella data da Timofeev.
G) Quando v" (y) = O, l'equazione (41,2) non ha soluzioni che soddisfino le necessarie condizioni
al contorno.
204 LO STRATO LIMITE Cap. IV
alla velocità del flusso locale, v (Yr) = Re (w/k), si trova a destra di YD· Le particelle
di fluido che si muovono vicino al punto di risonanza, e superano l'onda, le trasfe-
riscono energia; al contrario, quelle che sono in ritardo rispetto all'onda, assorbono
energia da essa; l'onda è amplificata (si crea instabilità) se il numero delle prime
particelle è maggiore di quello delle seconde 7 ). Poiché il fluido è supposto incom-
primibile, il numero di particelle che raggiungono un elemento di larghezza dy del
flusso è proporzionale a dy; il numero di particelle con velocità dell'intervallo dv è
proporzionale a dy = (dy/dv) dv = dv/v' (y), questo vuol dire che 1/v' (y) agisce
come una funzione di distribuzione della velocità. Di conseguenza, perché si possa
avere instabilità, è necessario che la funzione 1/v' (y) cresca e che v' (y) decresca
al passaggio per il punto Yr da sinistra a destra. Cioè dobbiamo avere v" (Yr) O; <
poiché v" è positiva in YD, il profilo di velocità deve avere un punto di flesso tra Yo
e Yr·
Il caso A < O può essere trattato nello stesso modo e dà lo stesso risultato; ora
la velocità di fase dell'onda e la velocità delle particelle della risonanza sono dirette
da destra verso sinistra.
Allora il valore del gradiente della velocità du/ dy, a qualunque distanza dalla
parete, deve essere determinato dai parametri costanti p, u e, naturalmente, dalla
distanza y stessa. La sola combinazione di p, u e y che abbia le dimensioni corrette
V
è u / py 2 . Abbiamo quindi
du v.
(42,1)
dy n,y'
con la quantità v. (che ha le dimensioni di una velocità), utile nel seguito, definita
da
rJ = pv;. (42,2)
K, è una costante numerica, detta costante di van I<ri:rman,
non calcolabile teorica-
mente, che deve essere determinata sperimentalmente. Si trova 2 )
K, = 0.4. (42,3)
u = v. (ln y + e) , (42,4)
K,
Secondo la (42,4), tale variazione di y porta ad una variazione della velocità u che
è dell'ordine di v*.
A una distanza sufficientemente piccola dalla superficie, la viscosità del fluido
inizia ad essere importante; indichiamo con Yo l'ordine di grandezza di questa
distanza. Si può determinare Yo come segue. La scala della turbolenza a questa
distanza è dell'ordine di Yo e la velocità dell'ordine di v*. Quindi, il numero di
Reynolds che caratterizza il flusso a distanze dell'ordine di Yo è R ~ v.yo/v. La
viscosità inizia ad essere importante quando R diventa di ordine uno. Troviamo
allora che la distanza cercata è
V
Yo~ -. (42,5)
V*
A piccole distanze dalla superficie rispetto a yo, il flusso è determinato dall'attri-
to viscoso ordinario. La distribuzione di velocità si può allora ottenere direttamente
dalla formula usuale per l'attrito viscoso
da cui
uy v;y
U=-=- (42,6)
pv V
Quindi, adiacente alla superficie, si ha uno strato sottile di fluido in cui la velocità
media è una funzione lineare di y; in tutto questo strato la velocità è piccola: va
da zero, sulla superficie, fino a valori dell'ordine di v* per y ~ y 0 . Chiameremo
questo strato substrato viscoso. Il confine tra questo strato e il resto del flusso non
è netto e, in questo senso, il concetto è puramente qualitativo. Va sottolineato che
il flusso nel substrato viscoso è turbolento 3 ).
Non ci occuperemo oltre del flusso nel substrato viscoso. La sua presenza va
tenuta in conto solo nella scelta appropriata della costante di integrazione nella
(42,4). Questa deve essere scelta di modo che la velocità diventi di ordine v* a
distanze di ordine YO· Per questo va preso c = - ln Yo così che
u = v* ln yv*. (42,7)
K, V
= yv* + 5.1 ) =
U V* ( 2.5ln~
yv*
= 2.5v* ln --. (42,8)
0.13v
28
24
20
j(ç)
16
12
o~~~~~~~~-..,,.~~~....,,i~~~~4~
10 10 10 10
ç
Fig. 31
in cui f (ç) è una funzione universale. Questo è una conseguenza diretta del fatto
che ç è la sola combinazione adimensionale che si possa formare con i parametri di-
sponibili p, u, ve la variabile y. Per questa ragione tale dipendenza deve mantenersi
a tutte le distanze dalla superficie, inclusa la regione intermedia tra gli intervalli
di applicabilità della (42,6) e della (42,8). La figura 31 mostra il grafico di f (ç) su
una scala semilogaritmica. Le curve continue 1 e 2 corrispondono rispettivamente
alla (42,6) e (42,8); la curva tratteggiata è la dipendenza empirica nella regione
intermedia, che si ha per valori di ç circa compresi tra 5 e 30.
208 LO STRATO LIMITE Cap. IV
La densità di flusso di energia nella direzione y è (p + pv 2 /2) Vy, anche qui il termh1e
v v:
viscoso è stato omesso. Ponendo 2 = (u + v~)2 + v~2 + 2 e mediando l'intera
espressione si ha:
- 1 2 -
P'v'Y + -pv'
2 X v'Y + v y + v Z vy + puv'X v'y·
13 12 1
Avvicinandosi alla superficie della parete, questo flusso diminuisce a causa della
dissipazione dell'energia. La derivata dq/ dy dà l'energia dissipata nell'unità di
volume del fluido; dividendola per p abbiamo l'energia dissipata nell'unità di massa:
E=
V~
liY =
1
liY
(!J)3/2
p (42,12)
nel caso del flusso lungo una superficie liscia. Appare chiaro che la distribuzione di
velocità è data da una formula che si ottiene dalla (42,7) sostituendo v/v* con d:
U = V* ln '!f__ (42,13)
K, d
U= (43,3)
V~111(:!..
2fZipi V V~)2pl .
In questa formula si usa introdurre quello che viene chiamato coefficiente di resi-
stenza del tubo, una quantità adimensionale definita come
À = 2a6p/l (43,4)
pU 2 /2.
La dipendenza di À dal numero di Reynolds adimensionale R = 2aU / v è data in
forma implicita dall'equazione
(43,6)
10 ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
9
8
7
4
100'1
1.5
2.0
1.5
1.2
I.O
0.9
0.8
0.7
2 4 6 8 104 2 4 6 8 5 2 4 6 8 6 2 4 6 8 7
10' R 10 10 10
Fig. 32
Le formule ottenute sono per tubi con pareti lisce. Per tubi con pareti molto ru-
gose si ottengono risultati simili semplicemente sostituendo v/v* con d, cfr. (42,13).
1
l Il coefficiente del logaritmo in questa formula è stato preso conformemente a quello della
(42,8) per il profilo logaritmico della velocità. Solo in questo caso la (43,5) ha il significato teorico
di formula limite per il flusso turbolento a valori del numero di Reynolds sufficientemente grandi.
Se i valori delle due costanti nella formula (43,5) sono scelti arbitrariamente, essa può solo essere
una formula puramente empirica per· la dipendenza di ,\ da R. In questo caso, comunque, non
c'è ragione per preferirla a qualunque altra formula empirica più semplice che dia una descrizione
sufficientemente buona dei dati sperimentali.
§ 44 LO STRATO LIMITE TURBOLENTO 211
U = J
a6.p ln (::-.)
21,,2 pl d .
(43,7)
L'argomento del logaritmo è ora una costante e non contiene la caduta di pressione
come nella (43,3). Si vede che la velocità media è ora semplicemente proporzionale
alla radice quadrata del gradiente di pressione nel tubo. Introducendo il coefficiente
di resistenza, la (43, 7) diventa
(43,8)
U= V* ln V*O. (44,1)
K, I/
Qui U è un parametro costante per un dato flusso; lo spessore o invece varia lungo
la lastra; o,e quindi v*, sono funzioni lentamente variabili di x. Per determinare
queste funzioni, la formula (44, 1) non è sufficiente; si deve trovare un'altra relazione
o
che leghi v. e a x.
Per trovare questa relazione, ricorriamo alle stesse considerazioni che hanno
permesso di derivare la (37,3) per la larghezza della scia turbolenta. Come in quel
caso, la derivata do/ dx deve essere dell'ordine di grandezza del rapporto tra la
velocità lungo l'asse y e quella lungo l'asse x, al bordo dello strato. Quest'ultima è
di ordine U mentre la prima, dovuta alla velocità fluttuante, è di ordine v*. Allora
dO V*
dx"" U'
per cui
(44,2)
e~ p
2
;2= 2 (~ r (44,3)
quadrato della dimensione lineare del corpo, introduciamo, come viene fatto soli-
tamente, l'area S della sezione trasversa del corpo rispetto alla direzione del flusso,
proporzionale a 12 , e scriviamo
dove la costante è un numero che dipende solo dalle dimensioni del corpo. Quindi la
resistenza deve essere (per grandi R) proporzionale all'area della sezione trasversa
del corpo e al quadrato della velocità del flusso. Ricordiamo per confronto, che
per R molto piccolo (« 1) la resistenza è proporzionale alla dimensione lineare del
corpo e alla velocità (F ~ vplU; cfr. § 20) l).
Come già detto, si usa abitualmente introdurre, invece della forza di resistenza,
il coefficiente di resistenza C definito come
2F
e= pu2s·
Questa è una quantità adimensionale e dipende solo da R. La formula (45,1) diventa
e= costante, (45,2)
Cl
esso. La superficie del corpo si può quindi dividere in
tre parti: nella parte anteriore si ha uno strato limite la-
minare, poi uno strato turbolento ed infine una regione
(b)
oltre la linea di separazione. L'instaurarsi della turbo-
Fig. 33 lenza nello strato limite ha effetto sull'intera struttura
del flusso principale. In particolare porta ad un consi-
derevole spostamento della linea di separazione verso il
retro del corpo (cioè a valle, lungo la corrente), così che la scia turbolenta dietro
il corpo si restringe come mostrato in figura 33 dove la regione della scia è trat-
teggiata 2 l. Il restringimento della scia turbolenta porta ad una riduzione della
forza di resistenza. In questo modo la turbolenza che nasce nello strato limite a
grandi numeri di Reynolds porta alla diminuzione del coefficiente di resistenza che
è ridotto di un fattore notevole, in un intervallo relativamente piccolo di numeri di
l) Un caso particolare in cui la resistenza resta proporzionale alla velocità U, anche per grandi
R, è il flusso attorno ad una bolla di gas; cfr. il problema di questo paragrafo.
2
) Ad esempio, nel flusso trasverso attorno ad un cilindro, l'apparire della turbolenza nello
strato limite sposta la posizione del punto di separazione da 95° a 60° (dove l'angolo azimutale
sul cilindro è misurato a partire dalla direzione del flusso).
§ 45 LA CRISI DI RESISTENZA 215
100
60 \
'
\
~
20
'\
8 "
C4
' '\.
I\.
2
1.5
I.O
' ,....
0.6
' '-
...... -~
I
0.3
I
V
O.I 1.0 2 5 10
R
Fig. 34
C continua più lentamente fino a R ~ 5 x 103 per cui C passa per un minimo oltre
cui cresce di poco. Nell'intervallo di numeri di Reynolds tra 2 x 10'1 e 2 x 105 vale
la legge (45,2), cioè Cresta praticamente costante. Per R compreso tra 2 x 105
e 3 x 105 avviene la crisi di resistenza e il coefficiente di resistenza decresce di un
fattore tra 4 e 5.
Per confronto, portiamo l'esempio di un flusso in cui non vi sia numero di
Reynolds critico. Consideriamo il flusso attorno ad un disco piatto nella direzione
perpendicolare al suo piano. È evidente da considerazioni geometriche, che la
separazione avviene al bordo del disco e non se ne sposta più. Quindi, al crescere
di R, il coefficiente di resistenza del disco rimane costante e non si ha crisi di
resistenza.
Bisogna ricordare che, per le grandi velocità a cui avviene la crisi di resistenza,
l'influenza della comprimibilità del fluido potrebbe diventare importante. Il para-
metro che caratterizza l'entità di questo effetto è il numero di Mach M = U / c, dove
e è la velocità del suono; se M « 1 il fluido può essere considerato incomprimibile
(§ 10). Dato che dei due numeri Me R, solo uno contiene le dimensioni del corpo,
essi possono variare indipendentemente.
I dati sperimentali provano che la comprimibilità ha generalmente un effetto
stabilizzante sul flusso nello strato limite laminare. Quando M cresce, il valore
critico di R cresce, il che ritarda l'apparizione della crisi di resistenza. Per esempio,
per la sfera, per una variazione di M da 0.3 a O.7, la crisi di resistenza è spostata
da R ~ 4 x 105 a R ~ 8 x 105 .
Va anche detto che, al crescere di M, la posizione del punto di separazione nello
strato limite laminare, si sposta a monte, verso il bordo di attacco del corpo e
questo porta ad un incremento della resistenza.
PROBLEMA
.
Ecin = -7] JB
Dv I
T
2
r=R
O
21rR- •
Slll ede = -121r17RU-.0
F = l21r7JRU.
§ 46 CORPI AERODINAMICI 217
Il dominio di applicabilità di questa formula non è in effetti molto grande dato che,
quando la velocità cresce sufficientemente, la bolla perde la sua forma sferica.
(a)
--~- (b)
Fig. 36
Queste richieste sono ampiamente soddisfatte dalle forme mostrate in figura 36.
Il profilo in figura 36b, per esempio, può essere la sezione di un corpo di rotazione
allungato ma anche di un corpo di grande apertura (che chiamiamo convenzional-
mente ala). La sezione di un'ala può anche non essere simmetrica come in figura
36a. Nel flusso attorno ad un corpo di questa forma, la separazione avviene solo
nelle vicinanze immediate dell'estremità appuntita e di conseguenza il coefficiente
di resistenza è relativamente piccolo. Questi corpi sono chiamati aerndinamici.
Nella resistenza dei corpi aerodinamici l'effetto dell'attrito diretto del fluido del-
lo strato lirn.ite sulla superficie del corpo gioca un ruolo molto importante. Questo
effetto è relativamente piccolo e non ha quindi rilevanza per i corpi non aerodinami-
ci (discussi nel paragrafo precedente). Nel caso limite opposto del flusso parallelo
ad un disco piano, questo effetto è l'unica sorgente di resistenza (§ 39).
218 LO STRATO LIMITE Cap. IV
dove la costante numerica dipende solo dalla forma dell'ala e non, in particolare,
dall'angolo di attacco. Per ali di grande apertura, la portanza può essere conside-
rata proporzionale all'apertura; in questo caso la costante dipende solo dalla forma
del profilo della sezione dell'ala.
Al posto della portanza sull'ala si usa spesso il coefficiente di portanza definito
come
C = Fy (46,2)
y pU 2 lxlz/2 ·
Per ali di grande apertura, in virtù di quanto detto sopra, il coefficiente di por-
tanza è proporzionale all'angolo di attacco e non dipende né dalla velocità né
dall'apertura:
Cy = costante x a:. (46,3)
Per calcolare la portanza di un'ala aerodinamica per mezzo della formula di
Zhukovsky è necessario calcolare la circolazione della velocità r. Si procede come
segue. Abbiamo ovunque flusso potenziale eccetto nella regione della scia. Nel caso
che stiamo considerando, la scia è molto sottile e occupa una piccola regione sulla
superficie dell'ala in prossimità dell'estremità posteriore appuntita (detta bordo di
fuga). Quindi, per determinare la distribuzione di velocità (e con essa la circola-
zione r), possiamo risolvere il problema del flusso potenziale in un fluido ideale
intorno ad un'ala. L'esistenza della scia è presa in considerazione dalla presenza
di una discontinuità tangenziale che parte dal bordo di fuga dell'ala (che è sempre
appuntito) dove il potenziale ha una discontinuità cp2 - cp1 = r e si estende nel
fluido. Come mostrato nel§ 38, la derivata éJcp/éJzsubisce anch'essa una disconti-
nuità su questa superficie, mentre le derivate éJcp/ éJx e éJcp
/ éJyrestano continue. Per
§ 47 RESISTENZA INDOTTA 219
un'ala di apertura finita, il problema così posto ha una soluzione univoca, sebbene
sia molto difficile trovare la soluzione esatta.
Se l'apertura dell'ala è molto grande (e di sezione uniforme), considerandola
infinita nella direzione z, possiamo considerare che il flusso sia bidimensionale (nel
piano xy). Per ragioni di simmetria, è evidente che la velocità Vz = éJ<p / éJzlun-
go l'apertura dell'ala deve essere nulla. In questo caso quindi, dobbiamo cercare
una soluzione in cui il potenziale ha una discontinuità, ma le sue derivate sono
continue. In altri termini non esiste una superficie di discontinuità tangenziale e
abbiamo semplicemente una funzione polidroma <p(x,y) che subisce un incremento
finito r quando si descrive un circuito chiuso intorno al profilo dell'ala. Così for-
mulato però, il problema del flusso bidimensionale non ha una soluzione univoca,
dato che ammette soluzioni per ogni arbitraria discontinuità data del potenzia-
le. Per ottenere una soluzione univoca si deve richiedere che un'altra condizione
supplementare sia verificata (S.A. Chaplygin, 1909).
Questa condizione è che la velocità del fluido non diventi infinita sul bordo
di fuga acuto dell'ala; a questo riguardo, ricordiamo che quando un fluido ideale
scorre attorno ad un angolo, la sua velocità diventa in genere infinita al vertice
dell'angolo, con una legge a potenza (problema 6, § 10). La condizione imposta
implica che i getti provenienti dai due lati dell'ala si incontrino in modo continuo
senza ruotare attorno ad un'angolo acuto. Quando questa condizione è verificata
la soluzione del problema del flusso potenziale dà risultati molto vicini a quelli reali
in cui la velocità è finita ovunque e la separazione avviene solo al bordo di fuga. La
soluzione diventa unica e, in particolare, la circolazione r, necessaria per calcolare
la portanza, ha un valore definito.
resistenza è
(47,1)
220 LO STRATO LIMITE Cap. IV
Poiché la scia è sottile possiamo trascurare, nell'integrale sul piano x = x1, l'inte-
grale sulla sezione della scia e dunque integrare solo sulla regione esterna alla scia.
In questa regione si ha flusso potenziale e vale l'equazione di Bernoulli
1 1
+ v t = Po + 2pU-,
9 9
P + P (V
2
da cui
p 1 p ( vx2 + Vy2 + Vz2)
= Po - pUvx - 2 . (47,2)
Qui non possiamo trascurare i termini quadratici come nel§ 21, dato che, in questo
caso, sono proprio questi termini che determinano la resistenza cercata. Sostituendo
la (47,2) nella (47,1), abbiamo
l) La formula (47,3) potrebbe dare l'impressione che le velocità vy,Vz non decrescano con la
distanza x. Questo è vero finché lo spessore della scia dietro l'ala è piccolo rispetto alla sua
larghezza, come si era assunto nella derivazione della (47,3). A grandi distanze dietro l'ala, la
scia si allarga fino a che la sua sezione diventa approssimativamente circolare. A questo punto la
formula (47,3) non è più valida e Vy,Vz decrescono rapidamente donla distanza.
§ 47 RESISTENZA INDOTTA 221
dove l'integrale è preso lungo una curva che circonda la regione di integrazione
dell'integrale originale e 8 / 8n è la derivazione nella direzione della normale alla
curva verso l'esterno. All'infinito 'lj; = O e quindi l'integrale è preso attorno alla
sezione trasversa della scia sul piano yz e dà
Fx = ~ J'lj; [ (~i) 2
- (~i)J dz.
Qui l'integrazione è presa sulla larghezza dz della scia e la differenza nelle parentesi
è la discontinuità della derivata 8'1j;/ 8y attraverso la scia. Poiché 8'lj;/ 8y = Vz =
8cp/8z, abbiamo:
dr
dz'
così che
F,,= f
E_ 1f;d~ dz.
2 4
8
'lj; = -~
27T
J[('1/J)- ( '1/J)]
8
8n 2
8
8n 1
lnrdl,
2~ [ (~~)o(~~) J
222 LO STRATO LIMITE Cap. IV
cresce quasi linearmente con l'apertura dell'ala ed è costante per unità di lunghezza.
Il metodo che segue è utile per il calcolo esplicito degli integrali (47,4) e (47,5).
Introduciamo invece della coordinata z una nuova variabile 8, definita come
l
z = (1 - cos 8) (O :S:(}:S:7r). (47,6)
2
La distribuzione della circolazione della velocità si scrive come una serie di Fourier:
DO
1 2 2
Fy = pU ?rl A 1 .
2
Quindi la portanza dipende solo dal primo coefficiente dello sviluppo (47, 7). Per il
coefficiente di portanza (46,2) si ha:
(47,8)
3
) Per evitare malintesi, va sottolineato che il fatto che il logaritmo nell'integrando cambi di un
fattore costante, modificando l'unità di misura delle lunghezze, non influisce sul risultato. Infatti
l'integrale che differisce da quello nella (47,4) per un termine costante al posto di ln lz- z'I è nullo
dato che
! drdz=f
. dz
e l'integrale definito è nullo perché r si annulla sui bordi della scia.
4
) Nel limite di apertura infinita, la resistenza indotta per unità di lunghezza si annulla. In realtà
una piccola resistenza rimane ed è determinata dalla portata attraverso la scia (cioè l'integrale
JJVxdydz), che abbiamo trascurato nella derivazione della (47,3). Questa resistenza include sia la
resistenza di attrito che la parte restante dovuta alla dissipazione di energia nella scia.
§ 47 RESISTENZA INDOTTA 223
(47,11)
PROBLEMA
Determinare il valore minimo della resistenza indotta per una portanza ed una apertura
l 2 = l date.
Soluzione. Dalle formule (47,8) e (47,10) risulta chiaramente che il valore minimo di
Cx per un dato Cy (cioè per un dato Ai) si ha quando sono nulli tutti gli An con n =I=1.
Quindi
1 o
Cx,min = 7LÀ e;. (1)
La distribuzione della circolazione della velocità lungo l'apertura è data dalla formula
(2)
5
) Nell'integrazione su z' dobbiamo calcolare l'integrale
p 1"
0
cos n/J'
cos IJ' - cos IJ
di)' = 1rsin n/J .
sin IJ
1"
(m=n),
sinn/Jsinm/J = {1r/2
0 0 (m f. n).
224 LO STRATO LIMITE Cap. IV
- ----+---1L-
C2 ------· X
- I a
-i
Fig. 37
vy = U(~ (x) per y = o+,vy = U(i (x) per y--+ o-. (48,1)
Per applicare i metodi della teoria delle funzioni di variabili complesse, introducia-
mo la velocità complessa dw/dz = Vx + ivy (cfr. § 10) che è una funzione analitica
della variabile z = x + iy. Nel caso in esame questa funzione deve soddisfare, sul
segmento (O,a) dell'asse delle ascisse, le condizioni
dw
Im dz = -U(
I (
2 x
)
per y --+o+'} (48,2)
dW I (
pery--+0-.
Im dz = -U( 1 x)
v;;;(x, -y) = v;;;(x, y), v:;; (x, -y) = -v:;; (x, y) '}
(48,3)
v;; (x, -y) = -v;; (x, y), vt (x, -y) = vt (x, y).
Queste proprietà, di ciascuna delle distribuzioni v- e v+separatamente, non con-
traddicono l'equazione di continuità o quella del flusso potenziale e, essendo il
problema lineare, le due distribuzioni possono essere cercate indipendentemente
l'una dall'altra.
Anche la velocità complessa può essere scritta come una somma w' = w~ + w'__,
con le seguenti condizioni sul segmento (O,a)
g (z) = V z
z-a
e la radice è presa con il segno positivo per z = x > a. Sul segmento (O,a) dell'asse
reale, la funzione g ( z) è puramente immaginaria e discontinua:
dw
dz
= -~
2n
~ fa Ci(ç) + C~(ç)
V-;- l
O ç- z
J a-
ç dç+
ç (48,6)
_!!_ fa C~(ç) - Ci(ç) dç.
27r lo ç- z
In prossimità del bordo di attacco arrotondato (cioè per z -+ O), questa espres-
sione diviene in genere infinita perché l'approssimazione fatta non è valida in questa
regione. In prossimità del bordo di fuga acuto (cioè per z -+ a), il primo termine
nella (48,6) è finito ma il secondo diventa infinito sebbene solo logaritmicamente l).
Questa singolarità logaritmica è dovuta all'approssimazione usata e sparisce con
una trattazione più corretta; non ci sono divergenze a potenza sul bordo di fuga in
virtù della condizione di Chaplygin. Questa condizione si realizza con una scelta
appropriata della funzione g (z) introdotta sopra.
La formula (48,6) permette di determinare direttamente la circolazione della
velocità r attorno al profilo dell'ala. Secondo la regola generale (cfr. § 10), r è
data dal residuo della funzione w' (z) al punto z = O, che è un polo semplice. Il
residuo si trova facilmente essendo il coefficiente del primo termine dello sviluppo
in potenze di 1/z di w' (z) intorno al punto all'infinito:
dw
-=-+
r ...
dz 27rÌZ
(48, 7)
Notiamo che appare solo la somma delle funzioni C1 e C2 . La portanza non varia
se si sostituisce all'ala sottile una lastra curva la cui forma sia data dalla funzione
1/2 (C1+ C2).
Per esempio, per un'ala della forma di una lastra sottile di lunghezza infinita,
inclinata di un piccolo angolo di attacco a, abbiamo C1 = C2= a (a - x), e la
formula (48,7) dà r = -7raaU. Il coefficiente di portanza di quest'ala è
pUr
Cy = - pU2a/2 = 27rCt.
1
l Questa divergenza non appare se, in prossimità del bordo di fuga, ( 1 e ( 2 si annullano come
(a - xt con k > 1, cioè se il punto al bordo di fuga è una cuspide. I
Capitolo V
:tGpv+pc)=
2
-div [pvGv+w)].
2
227
228 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
(49,2)
-o ( -pv
1 2
+pc
)
=-v1 2 op
-+pv·-+p-+c-.
ov Oc op
ot 2 2 dt dt dt dt
-o ( -pv
1 2+ pc) = --v1 2 d1vpv
. v2
- pv · grad -+
ot 2 2 2
- v · gra d p +
oa'.k
Vi--' + p-
oc- d.
c 1vpv.
OXk dt
Usando la relazione termodinamica
L'ultimo termine del secondo membro di questa equazione può essere scritto
:t Gpv
2
+ pt:) = -div [pv Gv+ w)-
2 1
VCT - K;gradT] +
as ) , Bv; (
+pT ( Bt +V. grad s - aik axk - div "grad T). (49,3)
8s ) 1 Bv; . ( )
pT ( at +V . grad s Bxk + div "grad T .
= (J,ik (49,4)
1 Bv; . (
a;k-
8 Xk
+ div "gradT).
e il secondo come
230 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
as
pT ( -+v·grads ) =div(l-égradT)+-17 1 (avi avk
-+---oik- 2 avz)+ 2
L'entropia del fluido cresce come risultato dei processi irreversibili di condu-
zione termica e attrito interno. Naturalmente, si intende non l'entropia di ciascun
elemento di volume del fluido separatamente, ma l'entropia totale di tutto il fluido
data dall'integrale
J psdV.
a (ps) as ap . 1 .
-a-= p-a + s-a = -sd1vpv - pv · grads + -div (1-égradT) +
t t t T
2
17 ( avi avk 2 avz ) ( . 2
+- -+---oik- +-(d1vv).
2T axk axi 3 axz T
La somma dei primi due termini a destra dà -div (psv). L'integrale di volume di
questo termine si trasforma nell'integrale di superficie del flusso di entropia psv.
Considerando un volume illimitato di fluido a riposo all'infinito, si può mandare
all'infinito la superficie; l'integrando nell'integrale di superficie è quindi nullo e così
l'integrale stesso. L'integrale del terzo termine può essere trasformato com.e segue:
!!_
at
I psdV = I A; (grad T)2 dV
T2
+ I _'!)_( avi
2T axk
+ avk
axi
- ~Oikavz)
3 ax1
2 dV +
f
+ ~ (divv) 2 dV. (49,6)
essere non nulla anche se gli altri due integrali sono nulli. Quindi ciascun integrale
separatamente deve essere sempre positivo. Ne segue, oltre alla positività già nota
di "' e 77,quella del secondo coefficiente di viscosità (.
Nella derivazione della formula (49,1) è stato implicitamente assunto che il flus-
so di calore dipendesse solo dal gradiente di temperatura e non dal gradiente di
pressione. Questa assunzione, che non è a priori ovvia, può essere ora giustificata
nel modo seguente. Se q contenesse un termine proporzionale a gradp, l'espressio-
ne (49,6) per la variazione dell'entropia dovrebbe includere un termine contenente
il prodotto grad p · grad T nell'integrando. Poiché questo prodotto può essere po-
sitivo o negativo, la derivata temporale dell'entropia non sarebbe definita positiva,
cosa impossibile.
Il ragionamento fatto sopra può essere precisato nel modo che segue. Stret-
tamente parlando, in un sistema che non è in equilibrio termodinamico, come un
fluido in presenza di gradienti di velocità e temperatura, le definizioni usuali delle
quantità termodinamiche perdono senso e devono essere modificate. Le definizioni
necessarie sono: in primo luogo, p, e e v restano definite come prima; p e pc sono la
massa e l'energia interna per unità di volume e v l'impulso dell'unità di massa del
fluido. Le altre quantità termodinamiche sono poi definite come funzioni di p e e
allo stato di equilibrio termico. L'entropia s = s (p, e), però, non è più la vera entro-
pia termodinamica perché l'integrale J psdV non è più, strettamente parlando, una
quantità che deve crescere nel tempo. Nondimeno è facile vedere che, per piccoli
gradienti di velocità e temperatura, nell'approssimazione qui usata, s coincide con
la vera entropia. Infatti, in presenza di questi gradienti, si hanno in genere termini
addizionali (oltre s (p, e)) nell'entropia. Tuttavia, solo i termini lineari nei gradien-
ti (per esempio un termine proporzionale a divv) possono influenzare i risultati
dati sopra. Tali termini possono prendere valori tanto negativi che positivi. Ma
devono essere definiti negativi perché il valore di equilibrio s = s (p, e) è il massimo
possibile. Lo sviluppo dell'entropia in potenze di piccoli gradienti non può quindi
contenere (oltre il termine di ordine zero) che termini a partire dal secondo ordine.
Simili osservazioni potevano essere già fatte nel§ 15 (cfr. la prima nota in quel
paragrafo), dato che la presenza di un gradiente di velocità implica già l'assenza
di un equilibrio termodinamico. La pressione p che appare nell'espressione del
tensore densità di flusso di impulso in un fluido viscoso va intesa come la funzione
p = p (p, e) all'equilibrio termico. Ma allora, strettamente parlando, p non è più la
pressione nel senso usuale del termine, cioè la forza normale che agisce sull'elemento
di superficie. A differenza di quello che accade per l'entropia (si veda sopra),
qui si ha una differenza già nelle quantità del prim'ordine nei piccoli gradienti;
abbiamo già visto che, nella componente normale della forza, appare, oltre a p, un
termine proporzionale a div v (in un fluido incomprimibile questo termine è nullo
e la differenza appare solo negli ordini superiori).
Quindi i tre coefficienti 77,( e "' che appaiono nel sistema di equazioni del moto
di un fluido viscoso conduttore termico, determinano completamente le proprietà
del fluido nell'approssimazione considerata (cioè quando si trascurano le derivate di
ordine superiore della velocità, temperatura, etc.). L'introduzione nelle equazioni
di ulteriori termini (ad esempio, l'introduzione nella densità di flusso di massa
232 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
éJs éJT
T é)t = Cpat' Tgrads = cpgradT.
L'equazione (49,4) diventa
e, dato che l'integrale al primo membro determina la posizione del centro di massa del fluido in
questione, è chiaro che l'integrale Jj dì! è il suo impulso.
§ 50 CONDUZIONE TERMICA IN UN FLUIDO INCOMPRIMIBILE 233
6.T = O. (50,5)
234 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
Scriviamo le condizioni al contorno per l'equazione del calore che devono valere
sul bordo dei due mezzi. Prima di tutto, le temperature dei due mezzi devono
essere uguali:
(50,8)
Inoltre, il flusso di calore che esce da uno dei mezzi deve essere uguale a quello
che entra nell'altro. Prendendo un sistema di coordinate in cui la parte di bordo
considerata è a riposo, possiamo scrivere questa condizione come
dove fJT / fJn è la derivata di T rispetto alla normale alla superficie, ab biamo la
condizione al contorno nella forma
(50,9)
PROBLEMI
Integrando una volta questa equazione (dopo aver moltiplicato per 27'), troviamo
dove To è una costante che rappresenta evidentemente il valore massimo di T che, per la
simmetria del problema, si raggiunge nel mezzo dello strato cioè per ç = 1. Una seconda
integrazione, con la condizione T = O per ç = O, dà
-
1
v2X Q 1vTO d
eTO
T
- eT
=
11Q
dç=l
•
Integrando si ha
e-ro/ 2 arcoshe 70 2= {E (1)
/
V2·
La funzione À ( To) determinata da questa uguaglianza ha un massimo À = Àcr per un certo
valore To = To,cr; se À > Àcr, non c'è soluzione che soddisfi le condizioni al contorno 2 ). I
valori numerici sono Àcr = 0.88, To,cr = 1.2 3 ).
2. Una sfera è immersa in un fluido a riposo nel quale è mantenuto un gradiente
di temperatura costante. Determinare la distribuzione stazionaria di temperatura che si
stabilisce nel fluido e nella sfera.
Soluzione. La distribuzione di temperatura è determinata in tutto lo spazio dall'equa-
.zione 6T = O con le condizioni al contorno
per T = R (dove R è il raggio della sfera; gli indici 1 e 2 si riferiscono alla sfera e al
fluido rispettivamente) e con la condizione gradT = A all'infinito, dove A è il gradiente
di temperatura dato. Data la simmetria del problema, A è l'unico vettore da cui può
dipendere la soluzione. Queste soluzioni dell'equazione di Laplace sono: costante x A · r
e costante x A · grad 1/r. Notando che la soluzione deve rimanere finita al centro della
sfera, cerchiamo le temperature T1 e T2 della forma
T = To (r) per t = O,
(51,1)
2
J Solo la minore delle due radici dell'equazione (1) per ,\ < Àc, corrisponde ad una
distribuzione stabile di temperatura,
l I valori corrispondenti per una regione sferica (di raggio Z) sono ,\cr = 3.32, To,cr = 1.47
3
1
e per un cilindro infinito Àcr = 2.0, To,cr = 1.36.
§ 51 CONDUZIONE TERMICA IN UN MEZZO INFINITO 237
Poiché a t = O si deve avere T = T0 (r), è chiaro che i Tok sono i coefficienti della
rappresentazione della funzione To come integrale di Fourier:
r,--.
.1ok = Jr,-,( ')e
.10 r -ikrd3 x.I
Quindi
T = JJ r,--.
.1o (
2
r ') e -k xt eik(r-r')
3
d3xJ d k .
3
(21r)
L'integrale su d3 k è il prodotto di tre integrali della stessa forma
1
-oo
+
00
e-al; 2 =
cos /31;,df;, i -e-/3
a
2 / 4 a,
dove ç è una delle componenti di k; l'integrale analogo con il seno al posto del
coseno è nullo dato che la funzione seno è dispari. In conclusione si ha
(51,2)
T(x , t) = -- 1
2ftxf,
1+00
Ti (x') e-(x-x'J-!" 4xtdx'
-00o . ' . (51,3)
1 2
T (r t) = costante x e-r /4xt (51,5)
, s (1rxt)3;2
238 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
1 2;4
T (x, t) = costante x ---e-x xt. (51,7)
2..firxt
La formula (51,6) può essere interpretata da un punto di vista lievemente diffe-
rente.
Sia Z l'ordine di grandezza della dimensione del
corpo. Possiamo quindi dire che, se il corpo è
T scaldato non uniformemente, l'ordine di gran-
dezza T del tempo richiesto perché la tempera-
tura diventi all'incirca la stessa in tutto il corpo
è
z2
T rv -. (51,8)
X
Il tempo T che possiamo chiamare tempo di ri-
lassamento per il processo di conduzione tenni-
t = 1/8 ca, è proporzionale al quadrato della dimensio-
ne del corpo e inversamente proporzionale alla
diffusività termica.
Il processo di conduzione termica descritto
dalle formule sopra ottenute ha la proprietà che
t = 1/4 l'effetto di qualunque perturbazione termica si
propaga istantaneamente in tutto lo spazio. La
formula (51,5) mostra infatti che il calore si pro-
paga dalla sorgente puntiforme in modo che dal-
l'istante successivo la temperatura del mezzo è
zero solo all'infinito. Questa proprietà sussiste
anche per un mezzo in cui la diffusività x sia
funzione della temperatura, purché x non si an-
nulli in qualche regione dello spazio. Se X è una
o I 2
funzione della temperatura che si annulla quan-
r/fx do T = O, la propagazione del calore è ritardata
e, ad ogni istante, l'effetto di qualunque pertur-
Fig. 39
bazione termica si estende solo ad una regione
finita dello spazio (supponiamo che la temperatura sia ~ero al di fuori di questa
§ 51 CONDUZIONE TERMICA IN UN MEZZO INFINITO 239
regione). Questo risultato, così come la soluzione del problema che segue, è dovuto
a Y.B. Zeldovich e A.S. Kompaneets (1950).
PROBLEMI
(abbiamo omesso un termine costante in w). Possiamo anche scrivere x = avirn, dove
vV = pw è l'entalpia per unità di volume del mezzo. Allora l'equazione del calore
diventa
a;; = a div (Wn grad W) (1)
Nel corso di un piccolo intervallo di tempo possiamo considerare che un piccolo elemento
del bordo della regione sia piano e la sua velocità v di spostamento nello spazio sia costante.
Di conseguenza cerchiamo una soluzione dell'equazione (1) della forma vV = vV (x - vt),
dove x è la coordinata nella direzione perpendicolare al bordo. Abbiamo
(3)
dove lxi è la distanza dal bordo della regione riscaldata. Questo conferma l'ipotesi che, se
l'esponente n > O, esiste un confine della regione riscaldata al di fuori del quale TV e T
sono nulli. Se invece n :S O, l'equazione (2) non ha soluzioni che si annullino a distanza
finita, cioè in ogni istante il calore è distribuito su tutto lo spazio.
2. Nello stesso mezzo del problema 1, all'istante iniziale, si trova concentrata una
quantità di calore Q per unità di area nel piano x = O e, nel resto dello spazio, T = O.
Determinare la distribuzione di temperatura agli istanti successivi.
Soluzione. Nel caso unidimensionale l'equazione (1) si scrive
Q2)1/{2+n)
W= ( -at f(f,), (6)
dove la funzione adimensionale f (f,) è moltiplicata per una quantità di dimensione erg/ cm 3 .
Dopo questa sostituzione l'equazione (4) dà
Questa equazione differenziale ha una semplice soluzione che soddisfa le condizioni del
problema:
(7)
Xo = costante x t 1l<2+n).
La costante çoè determinata dalla condizione che il calore totale sia costante:
Xo lçof
Q=
1-xo Wdx =Q -fo (f,) df,, (8)
da cui
e+n_ (2 + n)l+n 21 -n rn (1/2 + l/n)
(9)
o - mrn/2 rn (l/n)
Per n = -v < O, scriviamo la soluzione nella forma
-1/v
Qui il calore è distribuito in tutto lo spazio e vV,a grandi distanze, decresce come x- 2 /v.
Questa soluzione è valida solo per v < 2; per v 2 2, l'integrale di normalizzazione (8) (che
ora si estende tra ±oo) diverge, che fisicamente significa che il calore va istantaneamente
all'infinito. Per v < 2, la costante çonella (10) è data da
Infine, per n --+O abbiamo ço--+2/ ,fii,, e la soluzione determinata dalle (5)-(7) è
T (r, t) = 1 3/2
8 (1rxt)
l+oo
-oo-ooroo
1+00
lo
To (r') x
ed è chiamata funzione degli errori (si noti che erf ( oo) = 1). Poiché
erf(-x) = -erf(x),
abbiamo infine
T(:c,t) = -erf(
2
Jxt). (52,6)
La figura 40 mostra il grafico della funzione erf (x). La distribuzione della tempera-
tura nello spazio diventa più uniforme nel corso del tempo. Questo avviene in modo
che ciascun valore della temperatura "si sposta" in modo proporzionale a ,/i. Que-
sto risultato è evidente a priori. Infatti il problema considerato è caratterizzato da
un solo parametro che è la differenza iniziale di temperatura tra il piano di bordo e
lo spazio rimanente; questa differenza è stata arbitrariamente presa come uguale a
1. Dai parametri To e x e le variabili x e t a nostra disposizione, possiamo formare
una sola combinazione adimensionale, x / V)j; è quindi chiaro che la distribuzione
cercata deve essere una funzione della forma T = Tof (x/vx[).
1.0
erf (x)
0.8
0.6
/
V
~
--
----
-
0.4
,/
0.2
/
o
V0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2 .O
X
Fig. 40
§ 52 CONDUZIONE TERMICA IN UN MEZZO FINITO 243
Consideriamo ora il caso in cui la superficie che limita il mezzo sia un isolante
termico. Non c'è quindi flusso di calore nel piano x = O così che si deve avere
fJT/ fJx = O. Abbiamo ora le seguenti condizioni al bordo e iniziali:
fJT
- = O per x = O· T = To (x, y, z) per t = O, x > O. (52, 7)
fJx '
Allora
fJTo(x, y, z) fJTo(-x,y,z)
fJx fJx
e fJTo/fJx = O per x = O. A causa della simmetria, questa condizione sarà
soddisfatta a tutti gli istanti seguenti.
Ripetendo i calcoli dati sopra, ma usando la (52,8) invece della (52,2), abbiamo
la soluzione generale del problema posto in una forma che differisce dalle (52,3) e
(52,4) solo per la presenza della somma invece che la differenza dei due esponenziali.
Passiamo ora a problemi con condizioni al contorno di altro tipo, per cui la
soluzione dell'equazione del calore possa ancora essere risolta in forma generale.
Consideriamo un mezzo limitato dal piano x = O, attraverso cui riceve un flusso di
calore che è una funzione del tempo data. Le condizioni al contorno e iniziali sono
fJT
-r;,- = q (t) per x = O; T = O per t = -oo, x > O (52,9)
8X
dove q (t) è una funzione data.
Risolviamo prima un problema ausiliario in cui q (t) = o(t). Si vede facilmente
che questo problema è fisicamente equivalente al problema dalla propagazione del
calore in un mezzo infinito a partire da una sorgente puntiforme che che genera una
quantità di calore data. Questo perché la condizione al contorno -r;,fJT / fJx = o(t)
per x = O significa fisicamente che attraverso ciascuna area unitaria del piano
x = O all'istante t = O entra una unità di calore. Nel problema in cui la condizione
è T = 2o(x) / pcp per t = O, nella stessa area è concentrata, a t = O, una quantità
di calore
JpcpTdx = 2,
di cui la metà si propaga nella direzione x positiva e l'altra metà nella direzione x
negativa. È quindi chiaro che le soluzioni dei due problemi sono le stesse e troviamo
dalla (51, 7)
244 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
Poiché le equazioni sono lineari, gli effetti dovuti al calore che entra a tempi
differenti sono semplicemente additivi e quindi la soluzione generale cercata per
l'equazione del calore con le condizioni (52,9) è
(52,10)
(52,11)
Questa funzione soddisfa l'equazione del calore e (per la (52,9)) il suo valore a x = O
è q (t); essa quindi dà la soluzione cercata del problema le cui condizioni sono le
(52,12). Scrivendo T (x, t) al posto di -xàT/àx e To (t) al posto di q (t), abbiamo:
q (t) = _15:_
y0i'x
jt-oo
dT0 (T) __!:!__
dT ~
(52,14)
(52,15)
§ 52 CONDUZIONE TERMICA IN UN MEZZO FINITO 245
Si vede che le oscillazioni della temperatura sulla superficie del bordo si propagano
a partire da essa come onde di calore che si smorzano rapidamente nel mezzo.
Un altro tipo di problemi di conduzione termica è costituito da quelli che riguar-
dano la velocità di equalizzazione della temperatura in un corpo finito riscaldato
non uniformemente, la cui superficie sia mantenuta in condizioni date. Per risolve-
re questi problemi con metodi generali, cerchiamo una soluzione dell'equazione del
calore della forma
(52,16)
Questa equazione, con condizioni al contorno date, non ha soluzioni non nulle,
se non per particolari Àn, i suoi autovalori. Tutti gli autovalori sono reali e positivi e
le funzioni corrispondenti Tn (x, y, z) costituiscono un sistema completo di funzioni
ortogonali. Sia To (x, y, z) la distribuzione della temperatura all'istante iniziale.
Sviluppandola in serie di funzioni Tn,
To (r) = L CnTn(r),
n
PROBLEMI
8F 82 F
8t = X 8r 2 '
che è l'ordinaria equazione unidimensionale del calore. La soluzione può quindi essere
immediatamente trovata dalla (52,13) ed è
T(r,t) = R(r-R)
2r..firx_
lt To(T)
-= (t - T)3/2
e-(r-R)2/4x(t-r)dT.
246 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
T = Toe-iwt ~e-(1-i)(r-R)y'w/2x.
r
3. Trovare il tempo di equalizzazione della temperatura per un cubo di lato a la cui
superficie è: a) mantenuta a temperatura data T = O, b) un isolante.
Soluzione. Nel caso a) il più piccolo valore di À corrisponde alla soluzione seguente
dell'equazione (52,16):
T1 = sin 1rx sin 1ry sin 1rz
a a a
(l'origine è in un vertice del cubo), con
Nel caso b) si ha
[v] = [x] = cm 2 /s, [U] = cm/s, [Z]= cm, [T1- To] = grado.
Da queste possiamo formare due combinazioni adimensionali indipendenti. Queste
possono essere il numero di Reynolds R = Ul/v e il numero di Prnndtl, definito dal
rapporto
P=~. (53,4)
X
Ogni altra quantità adimensionale può essere espressa in termini di R e P 2 ).
Il numero di Prandtl è semplicemente una costante del materiale e non dipende
dalle proprietà del flusso. Per i gas è sempre dell'ordine dell'unità. Per i liquidi il
valore di P varia in un intervallo più grande. Per liquidi molto viscosi può essere
molto grande. Indichiamo a titolo di esempio, i valori di P a 20°C per varie sostanze:
1
) A rigore, perché la convezione possa essere stazionaria, è necessario che i corpi solidi in
contatto col fluido contengano sorgenti di calore che li mantengano a temperatura costante.
) A volte si usa il numero di Péclet definito come Ul/x = RP.
2
248 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
Come nel § 19, possiamo ora concludere che nella convezione stazionaria (del
tipo descritto), le distribuzioni della temperatura e della velocità hanno la forma
T-To
T1 - To
(r
= f l' R, p
)' (53,5)
N = costante (53,9)
PROBLEMA
Vz = v = 2v ( 1 - ;: ) ,
!~
r dr
(rdf)
dr
= 2vA
x
[l- (!...)2].
R
2x
2
f (r) = ---vAR - - -
4 R
[3 (r)2 1(r)4]
+- -
4 R
.
La densità di flusso di calore
riscaldato nello strato limite. Sappiamo (cfr. § 35) che le linee di corrente che
escono dallo strato limite entrano nel flusso principale solo al di là della linea di
separazione, dove penetrano nella regione della scia turbolenta da cui non escono
più. In questo modo il fluido che passa in vicinanza della superficie del corpo caldo
va interamente nella scia e non ne esce. Vediamo dunque, che il calore è distribuito
nella regione dove la vorticità è non nulla. Nella regione turbolenta stessa avviene
un importante scambio di calore dovuto all'intenso mescolamento del fluido carat-
teristico di ogni flusso turbolento. Questo meccanismo di propagazione del calore
può essere chiamato conduzione turbolenta ed è caratterizzato da un coefficiente
Xturb, così come avevamo introdotto la viscosità turbolenta Vturb nel § 33. L'ordine
di grandezza della diffusività termica turbolenta è dato da una formula analoga 'a
quella di Vturb (33,2):
Xturb rv l6.u.
EJT
Vx-EJ
EJT
+vy-EJy =X
(EJ
2
T
2
EJT)
-EJ +-EJ
X x-9 y-9 .
2
Al secondo membro possiamo trascurare la derivata EJ T / EJx2 rispetto a EJ
2
T / EJy2 e
resta
EJT EJT EJ2 T
Vx EJx+ Vy EJy= X EJy2 · (54,1)
N = vRJ(P). (54,2)
§ 54 PROPAGAZIONE DEL CALORE NELLO STRATO LIMITE 251
f3q
T = -- (ln y +e). (54,3)
K,PCpV*
l) Qui K, è la costante di van Karman che appare nel profilo logaritmico di velocità (42,4). Con
questa definizione, /3è il rapporto llturb/Xturb dove llturb e Xturb sono i coefficienti nelle relazioni
252 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
T (1nyv* + f (P))
= _____0J_
1,,pepv* V
(54,4)
(L.D. Landau, 1944). Il valore empirico di f3è all'incirca 0.9. Il valore di f per l'aria
è .f (0.7) ~ 1.5. Usando la (54,4) possiamo calcolare la propagazione del calore nel
flusso turbolento in un tubo, attorno ad un piano, etc. ma non insisteremo oltre
su questo.
T;..)2
'-P~ Xturb,).. (
~
§ 54 PROPAGAZIONE DEL CALORE NELLO STRATO LIMITE 253
PROBLEMI
1. Determinare la forma limite della dipendenza del numero di Nusselt dal numero di
Prandtl in uno strato limite laminare, quando P e R sono grandi.
Soluzione. Per grandi P la distanza 81 a cui si ha una variazione di temperatura è
piccola rispetto allo spessore 8 dello strato in cui si ha la decrescita della velocità Vx. 8'
può essere chiamato lo spessore dello strato limite della temperatura. L'ordine di grandezza
di 8' può essere ricavato valutando i termini dell'equazione (54,1). Nell'intervallo tra y = O
e y ~ 8' la variazione di temperatura è dell'ordine della differenza totale di temperatura
tra il fluido e il corpo solido, T 1 -T 0 ; la velocità Vx su questa stessa distanza, varia di una
quantità di ordine U8'/ 8 (dato che la variazione totale della velocità, di ordine U, avviene
su una distanza 8). Per y ~ 8' i termini nella (54,1) sono dunque di ordine
8'~ l 8
R1/2p1/a ~ pi/a·
Quindi, per grandi P, lo spessore dello strato limite della temperatura decresce rispetto a
quello della velocità, come l'inverso della radice cubica di P.
Il flusso di calore è
EJT T1 -To
q = -K, EJy ~ K,--8-,-
N = costante x R 1/ 2 p 1 / 3 .
2
) Per valori reali della conduttività termica, il numero di Prandtl non è mai sufficientemente
grande perché questa legge limite sia valida. Questa può, tuttavia, essere applicata alla diffusione
convettiva che è descritta dalle stesse equazioni della propagazione del calore, con la temperatura
rimpiazzata dalla concentrazione del soluto, il flusso di calore dal flusso del soluto e il "numero di
Prandtl di diffusione" definito come PD = v / D, con D il coefficiente di diffusione. Per soluzioni
in acqua e liquidi simili, PD raggiunge valori dell'ordine di 103 e, per solventi molto viscosi, 106 e
oltre.
254 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
V
4
8T
8t + (v · grad) T = x6T, divv = O,
calcoliamo le derivate
8brr _ 8biTT
--
8t
- -2- -
8X1i
+ 9-x61brr- (2)
dove n è un versore parallelo a r = r2 -r1; brTT e brr dipendono solo dar. Usando la (1)
e la (3), possiamo scrivere la (2) nella forma
8Brr 1 .
-2cp - -a- = -div (nBrTT) - x6Brr =
t 2
= 2~2 :r(r 2
BrTT) - ~ ! (~ 2
a;;r) ,
§ 55 RISCALDAMENTO DI UN CORPO IN UN FLUIDO IN MOVIMENTO 255
dove
18T 2
'P = -28t'
come la quantità introdotta nel testo. Poiché la turbolenza locale può essere considerata
stazionaria, trascuriamo 8BTT/8t. L'integrazione dell'equazione che ne risulta, rispetto a
r, dà la relazione cercata, analoga alla (34,21),
dBTT 4
BrTT - 2x~ = -3r<p. (4)
Quando r » Ào, il termine che contiene x è piccolo e, dalla (54,5) abbiamo BTT cx r 2 . Si
ha allora dalla (4)
4
BrTT ~ - -rcp.
3
A distanze r « Ào, si ha BTT cx r 2 / 3 e BrTT può essere trascurato; in questo caso
1 r 2 cp
BTT~--.
3 X
A questa va associata l'equazione del moto (53,3) del fluido stesso e, a rigore, anche
l'equazione del calore nel corpo. Nel caso limite in cui la conduttività del corpo è
sufficientemente piccola, quest'ultima può essere trascurata e si può considerare la
temperatura su ogni punto della superficie del corpo semplicemente uguale a quella
del fluido in quel punto; questa si ottiene risolvendo l'equazione (55,1) con la con-
dizione al contorno EJT/ òn = O che esprime la condizione che non si abbia flusso di
calore attraverso la superficie del corpo. Nel caso limite opposto di una condutti-
vità del corpo sufficientemente grande, si può approssimativamente considerare che
la temperatura sia la stessa in tutti i punti della sua superficie; la derivata EJT/ òn
in genere non è nulla su tutta la superficie e dobbiamo solo richiedere che il flusso
256 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
u2
T1 -To = -f (R,P). (55,2)
Cp
T1 -To vU 2
,x---~--
l2 Cpl 2 .
dove la costante numerica dipende dalla forma del corpo. Si noti che la differenza
di temperatura è proporzionale al quadrato della velocità U.
Alcune conclusioni generali sulla forma della funzione f (P, R) nella (55,2) pos-
sono essere tratte anche nel caso limite opposto di grandi valori di R, quando
velocità e temperatura variano solo in uno strato limite sottile. Siano 8 e 81 le
distanze su cui variano rispettivamente la velocità e la temperatura; 8 e 8' diffe-
riscono per un fattore che dipende da P. La quantità di calore che si libera nello
strato limite nell'unità di tempo, a causa della viscosità del fluido, è data dalla
(16,3). Questa quantità di calore per unità di area della superficie del solido è di
2
ordine di vp (U / 8) 8 = vpU 2 / 8. D'altra parte, la stessa quantità di calore deve
essere ceduta dal corpo ed essere uguale al flusso di calore
§ 55 RISCALDAMENTO DI UN CORPO IN UN FLUIDO IN MOVIMENTO 257
PROBLEMI
Vz=v=2v[1-(if],
dove v è la velocità media del flusso. Sostituendo nella (55,3)si ha l'equazione
~~
2
(rdT) = _ l6v ....!!__r
2•
r dr dr R 4 XCp
La soluzione di questa equazione, finita per r = O, ed uguale a To per r = R è
2. Determinare la differenza di temperatura tra una sfera solida e il fluido che passa
attorno ad essa a piccoli numeri di Reynolds. Si supponga che la conduttività termica della
sfera sia grande.
Sol-uzione. Prendiamo coordinate sferiche r, (), <pcon origine al centro della sfera e asse
polare nella direzione della velocità della flusso principale. Calcolando le componenti del
tensore 8v;/8xk + 8vk/8x; per mezzo della formula (15,20) e della (20,9) per la velocità
del flusso attorno ad una sfera, otteniamo l'equazione (55,3) nella forma
--12
r 8r
a (r--,aT)
8r
+---- 1 a (sme-
r sin () 8()
. aT)
ae
2
=
4 2 4 4
2
= -A ( ~) [cos () [3 - 6 ( ~) + 2 ( ~) ] + ( ~) ],
dove
2
r J"+2rj'-6f=-A[3(~r-6(~)'1+2(~r],
6
2 11
r g + 2rg' + 2f = -A ( ~)
258 CONDUZIONE TERMICA NEI FLUIDI Cap. V
Per la differenza di temperatura tra la sfera (T1 = T (R)) e il fluido (To) si trova:
5 u2
T1 -To = -P-.
8 Cp
p'= (8po)
8T T' = - PofJT' . (56,1)
p
Po= pog
·r +costante= -pogz + costante; (56,2)
Nell'equazione del calore (50,2), si può dimostrare che il termine di viscosità nella
convezione libera, è piccolo rispetto agli altri termini e può essere omesso. Si ha
quindi:
BT'
8t +v · gradT' = x6.T'. (56,5)
p'
(v · grad) v = -grad-
p
- gf3T' + v6.v, (56,6)
(56,10)
Due flussi sono simili se i loro numeri di Rayleigh e di Prandtl sono uguali. La
propagazione convettiva del calore in presenza della gravità è ancora descritta dal
numero di Nusselt (53,7), che, in questo caso, è solo funzione di f2 e P.
2
l In alcuni testi viene anche usato il numero di Grashof
2
G=/3g8/i3 /v = !Jf!/P.
§ 56 CONVEZIONE LIBERA 261
PROBLEMI
av,, avy
;=;;;+ay =0,
con le condizioni al contorno
Vx = Vy = O, T = T1 per y = O;
Vx = o, T = To per y = 00
(T1 è la temperatura della parete e T 0 è la temperatura del fluido ad una distanza molto
grande dalla parete). Queste equazioni possono essere trasformate in equazioni differenziali
ordinarie introducendo la variabile indipendente
1
G ) /4 dove G = (3g (T1 - To) h3
ç = y ( 4xh 3 '
(2)
v2
Vx = h2V I =
3 / 2 V Gx<p (ç),
}
(3)
T-To = (T1 -To)B(ç).
L'ultima delle (1) dà
v = vGl/4 ç<p' - 3cp
Y (4xh3)1/4
e le prime due danno le equazioni per <p(ç) e B (1;);
111
<p + 3<p<p 11
- 2<p'2 + B = O, B" + 3PcpB'= O. (4)
q=
1
-y;,lo /[,8y
r ari y=O dx=
4 ( G )1/4
= -
31[,e'
(O,P) (T1 - To)
4
h
Il numero di Nusselt è
N= f (P) G 1 /4,
dove f (P) si determina risolvendo la (4).
2. Un getto di gas caldo turbolento immerso si curva sotto l'effetto del campo gravita-
zionale; determinare la sua forma ( G.N. Abmmovich, 1938).
Soluzione. Sia T' un certo val or medio (sulla sezione trasversa del getto) della differenza
di temperatura tra il getto e il gas circostante, u una certa media della velocità del gas e Z la
distanza lungo il getto dal punto di emissione; l si suppone grande rispetto alle dimensioni
dell'apertura attraverso cui il getto viene emesso. La condizione che il flusso di calore Q
sia costante lungo il getto si scrive
Q ~ pcpT' uR 2 = costante
Si noti che, in assenza di campo gravitazionale, u cx 1/l (cfr. (36,3)) e dalla (1) si avrebbe
che T' cx 1/Z.
Il vettore flusso di impulso attraverso la sezione trasversa del getto è proporzionale
a pu.2 R 2 n ~ pu 2 l 2 n, dove n è il versore nella direzione del getto. La sua componente
orizzontale è costante lungo il getto:
Abbiamo quindi
d (12U 2 S1Il
-
. e) rv --./3gQ (3)
dl PCpU
T' uz 2 = costante,
e, per la temperatura,
T' cx z- 5/ 3 ,
T' uR 2 = costante,
u2 vu
- ~ - 2 ~f3gT'
z R '
che segue dall'equazione (56,6). Da queste relazioni troviamo le leggi seguenti per la
variazione del raggio, della velocità e della temperatura del getto in funzione dell'altezza:
Il calcolo teorico del valore critico 8?:crva fatto come descritto nel § 26. La
trattazione sarà ripetuta nel seguito per il caso che stiamo studiando.
Scriviamo
T' = Tò+ T, p' = p~ + pw, (57,1)
o dz2 ' -d
z
= pf3gTo.
La prima dà T6= -Az, con A costante; nel caso in esame in cui il fluido è scaldato
dal basso, A > O.
Nelle equazioni (56,4) e (56,5), le quantità piccole sono v (la velocità impertur-
bata è nulla), Te w. Trascurando termini quadratici e considerando perturbazioni
che variano nel tempo come e-iwt, abbiamo le equazioni
(57,6)
-iwP f ITldV = f (-lgradTl +
2 2
T*vz) dV.
-i (w + w*) f lvl2
dV f(