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Unità di apprendimento

DISCIPLINA COINVOLTE
Disegno e Storia dell’arte A017

TITOLO
Conoscenza di elementi di letteratura artistica (Cennino
Cennini, Vasari, Lomazzo,Bellori)

Destinatari Tipologia scuola: Liceo Scientifico

2° Biennio Classe IV liceo

Breve descrizione della classe: la classe si compone di 18


ragazzi di cui sei ragazzi e dodici ragazzi, tutti
sufficientemente sensibili alla storia dell’arte.
Docenti Coinvolti
Docenti di Disegno e Storia dell’Arte

Docenti di Filosofia

Docenti di Chimica

ARTICOLAZIONE DELL’ UNITA’ DI APPRENDIMENTO

Obiettivi delle indicazioni per


il curricolo 1)Fruire consapevolmente del patrimonio artistico anche ai fini
(Competenze per l’ambito della tutela e della valorizzazione;
disciplinare artistico espressivo
disciplina: Disegno e Storia 2)Riconoscere/padroneggiare le linee fondamentali della storia
Dell’arte) letteraria ed artistica nazionale anche con particolare riferimento
all’evoluzione sociale, scientifica e tecnologica;

3)Saper operare collegamenti tra la tradizione culturale italiana e


quella europea ed extraeuropea in prospettiva interculturale

4)Conoscere, interpretare e rappresentare gli oggetti della realtà e


di progetto nonchè il loro inserimento nello spazio
Competenze:
Obiettivi Formativi 1. Comprendere i molteplici legami tra le opere d’arte e la
letteratura, il pensiero filosofico e scientifico, la politica, la
Religione.

2. Assumere chiara consapevolezza del grande valore della


tradizione artistica che ci precede, cogliendo il significato ed il
valore del patrimonio architettonico e culturale.

3. Essere in grado di leggere le opere architettoniche ed artistiche


per poterle apprezzare criticamente e saperne distinguere gli
elementi compositivi, tecnici e costruttivi, avendo fatto propria una
terminologia appropriata.

4. Acquisire confidenza con i linguaggi espressivi specifici ed


essere capace di riconoscere i valori formali non disgiunti dalle
intenzioni e dai significati, avendo come strumenti di indagine e di
analisi la lettura formale e iconografica.

5. Essere in grado sia di collocare un’opera d’arte nel contesto


storico culturale, sia di riconoscere i materiali, le tecniche, i
caratteri stilistici, i significati ed i valori simbolici, il valore d’uso e
le funzioni, la committenza e la destinazione.

6. Rielaborare ed esprimere giudizi personali e critici.

7. Utilizzare le reti e gli strumenti informatici nelle attività di


studio, ricerca e approfondimento disciplinare.

8. Acquisire la consapevolezza della soggettività delle


interpretazioni artistiche.
Conoscenze:
1.Conoscere il significato generale di Letteratura Artistica.

2.Conoscere le principali tecniche artistiche nei diversi periodi della


storia dell’arte in particolare dal ‘300 fino al Barocco.

3. Conoscere le principali tecniche e materiali di produzione artistica


descritte nei trattati di arte con particolare riferimento alle differenze tra
epoche diverse.

4.Cennino, Cennni, Vasari, Bellori, Lomazzo,


Abilità:
1. Sapere esporre in modo chiaro e coerente.
2. Sapere cogliere le differenti specificità dei vari testi e trattati di
letteratura artistica.
3. Saper leggere e interpretare e tradurre documenti d’arte scritti in Latino
o in volgare.
4. L’allievo/a sa collocare opere ed autori nel periodo storico di
riferimento secondo parametri linguistici e stilistici.
5. L’allievo/a sa usare la terminologia specifica per la produzione scritta e
orale di testi legati all’opera e agli autori.
6. L’allievo/a sa utilizzare la rete e gli strumenti informatici e
multimediali per la ricerca e la realizzazione di progetti di
comunicazione.
DISCIPLINE
COINVOLTE -Disegno e Storia dell’arte
-Filosofia
-Chimica

COMPETENZE IN Competenza nella madrelingua;


CHIAVE EUROPEA - Competenze digitali;
- Competenza base in scienze e tecnologia;
- Competenze sociali e civiche;
- Imparare ad imparare;
- Spirito di iniziativa e di imprenditorialità;
- Consapevolezza ed espressione culturale.
DURATA (periodo -Primo Quadrimestre 3 ore.
dell’anno in cui si -Secondo Quadrimestre 2 ore più verifica scritta
intende svolgere l’UA) L’unità prevede una visita didattica di un giorno alla galleria degli Uffizi
di Firenze.
STRUTTURA
Scansione oraria:

-Lineamenti di Letteratura artistica. (1 ora)

-Cennino Cennini, “Il libro dellì Arte”. (1 ora)

-Giorgio Vasari, “LeVite”. (1 ora)

-Giovanni Pietro Bellori, “Le Vite de Pittori, Scultori et Archtetti”. (1 ora)

-Giovanni Paolo Lomazzo, “Trattato di Arte, Pittura, Scultura et


Architettura”. (1 ora)

Visita didattica di un giorno

Verifica (1 ora)

METODI - Lezione frontale: 1 ora per ogni quadrimestre, introduttive e di studio


dell’argomento con relativa spiegazione del docente di Storia dell’Arte;

- Flipped: Gli insegnanti predispongono una parte di materiale e video


didattici su un sito;
Essi studiano a casa i video delle lezioni per apprendere in anticipo i
contenuti.
Poi in classe svolgono, in piccoli gruppi cooperativi, le attività che
trovano sul sito.
L’insegnante ha un rapporto empatico con gli alunni. Li valuta
continuamente, evitando l’isolamento degli alunni demotivati.
Le attività sono di tipo creativo o autentico, sfidanti, autovalutabili
tramite semplici checklist dagli stessi studenti.

- Brainstorming: fase di lavoro dove il flusso dei pensieri deve attivare


le conoscenze pregresse e generare nuove idee; Il moderatore raccoglierà
su fogli di carta anonimi una serie di spunti scritti da ogni allievo sul
tema della UdA, li presenterà sulla LIM organizzandoli in forma di una
mappa interattiva secondo gli interventi degli alunni; adottando un nuovo
setting dell’aula che favorisca il lavoro del modulatore allo scopo di
facilitare l’interazione creativa degli studenti.

- Cooperative Learning: La classe viene divisa in gruppi cooperativi per la


ricerca delle fonti e successivamente per lo svolgimento del compito
assegnato;
gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun
membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza
il successo collettivo,
al cui interno si stabiliscono i seguenti ruoli: capogruppo (funzione
organizzativa del lavoro di gruppo); segretario (funzione di
verbalizzazione del lavoro); controllore (funzione di controllo dei
comportamenti e dell’efficacia); guida (funzione espositiva e di
elaborazione in situ delle informazioni);
Ogni componente del gruppo ha funzione di consigliere (funzione di
apporto di idee creative per la creazione del lavoro).
In questa fase il docente svolge il ruolo di facilitatore in quanto il gruppo
decide in autonomia le risorse ed i contenuti da rielaborare e da utilizzare.

- Pragmatica (Attività di laboratorio): Dopo la parte di studio


cooperativo vi è l’esperienza concreta di creazione della guida interattiva
sul tema della critica d’arte apportando esempi e riferimenti concreti agli
autori studiati, in cui gli alunni possono dimostrare spirito di iniziativa e
soluzione di eventuali problemi;

COMPITO DI
PRESTAZIONE A Progettare con Software di impaginazione Vettoriali una guida
UTENTICA /DI critica per una mostra temporanea d’arte Sul Tema:
REALTA’/ “Interpretazione Soggettiva e Oggettiva dell’Opera d’Arte”; in che
SITUAZIONE modo l‘interpretazione della critica può influenzare il fruitore e
PROBLEMA l’osservatore;
Riflessione tra differenze e punti comuni tra la critica di un'opera
d’arte e la promozione pubblicitaria per la vendita di un prodotto
industriale.

ESPERIENZE -lettura in classe di parti/ capitoli del testo e discussione in gruppo delle
ATTIVATE tematiche
-Lavori di gruppo
-visita didattica,
-produzione di testi.
-uso di software progettuali di impaginazione
-comprensione dell’obiettivo del lavoro.
- utilizzo e ottimizzazione delle risorse personali e di gruppo.
-elaborazione del prodotto, riflessione sulle fasi del lavoro, esposizione e
condivisione dell’attività svolta
FASI DI LAVORO L’UdA si compone di fasi di lavoro distribuite tra i1^ e il 2^ quadrimestre

1) Presentazione agli studenti del prodotto da realizzare (“Consegna agli


studenti”). Primo approccio con breve introduzione alla UdA

2)Flipped –Classroom l’alunno legge e studia a casa il materiale predisposto sul


Portale web.

3)Breve Lezione frontale e primo approccio sincronico all’ attività pratica.

4) Brainstorming sull’argomento, con costruzione di una mappa a raggiera creata


con la Jamboard di Google.
5) Visita alla Galleria degli uffizi di Firenze

6) a) divisione in gruppi cooperativi (5/6): suddivisione dei ruoli interni a ciascun


gruppo; b) web quest:ricerca ulteriore di fonti sull’argomento assegnato; c) prima
selezione dei materiali più adeguati per la presentazione agli altri gruppi; d)
ideazione dell’itinerario di visita da parte delle guide; preparazione
dell’esposizione; e) predisposizione scheda di lavoro per l’analisi di un
reperto/monumento ( gruppo); scheda di osservazione per la valutazione
dell’efficacia delle esposizioni (gruppo).

5) L’insegnante predispone una scheda di osservazione per la valutazione


dell’efficacia delle esposizioni per gruppo, che vale come verifica orale
sull’argomento.

6) feedbak sul lavoro svolto in uscita ed esplicitazione di eventuali dubbi degli


studenti;scheda di relazione individuale per l’autovalutazione

7). verifica individuale.

STRUMENTI
L.I.M
Ricerca di contenuti nel Web 2.0
Dibattito in classe
Utilizzo Software di impaginazione

CONTROLLO DEGLI APPRENDIMENTI

ACCERTAMENO:
Conoscenze-Abilità-Competenze -verifiche orali

-verifiche scritte
Le verifiche saranno: di tipo formativo, attraverso
osservazioni sistematiche, controllo dei compiti -autovalutazione
svolti a casa o in classe, analisi degli interventi
degli alunni durante le lezioni, per controllare il Test di verifica. Prove strutturate. Presentazioni
livello generale di comprensione degli argomenti power-point. Relazioni. Controllo degli elaborati:
svolti; Osservazioni orali. Le verifiche verranno attuate
di tipo sommativo, al termine dell’U.A., per tramite: esercitazioni grafiche, prove individuali,
valutare i processi cognitivi degli alunni. Esse prove di simulazione, discussione collettiva,
consentiranno, inoltre, di calibrare strategie e confronti. Le prove saranno valutate per quanto
percorsi metodologici. Nelle verifiche di tipo riguarda la precisione, la capacità di
oggettivo la valutazione sarà espressa in decimi, rielaborazione ed i contenuti scaturiti in relazione
con riferimento agli indicatori presenti in tabella alle abilità.
approvata dal Collegio Docenti di codesto Istituto.
Al termine del lavoro agli alunni sarà consegnato
un form digitale, creato attraverso google moduli,
da compilare come scheda individuale di
autovaluzione e gradimento delle attività svolte.
Letteratura artistica

Definizione di letteratura artistica:

Chiamiamo letteratura artistica l'insieme delle fonti scritte della storia dell'arte, fedelmente alla definizione di
Julius von Schlosser.
Pertanto rientrano nell'ambito della letteratura artistica i manuali tecnici e i trattati teorici, ma anche le
biografie, le autobiografie, gli aneddoti e i carteggi privati, come anche i libri di ricordi, i diari e le
impressioni scritte dei viaggiatori, le guide, le valutazioni di collezionisti e mercanti, i cataloghi di aste, le
recensioni e gli articoli giornalistici (almeno a partire dal '700), gli inventari, i contratti e via dicendo.

La critica d'arte, intesa come valutazione e interpretazione delle opere, ha avuto un punto di partenza nel
Seicento, quando il bolognese Giovanni Battista Agucchi pubblicò una lunga descrizione sulle opere di
Annibale Carracci, seguito immediatamente dopo dal Bellori. Ma solo nel Settecento, durante le esposizioni
d'arte parigine, il critico assurse al ruolo di commentatore informatore ed educatore del pubblico.

Nei secoli precedenti non sono mancate episodiche manifestazioni di critica d'arte, basti pensare alla
descrizione dello scudo di Achille compiuta da Omero nell'Iliade, talmente ricca e accurata di elementi
culturali da consentire al lettore-ascoltatore un paragone fra l'ambiente omerico e l'arte cretese-micenea. In
altri casi, gli stessi artisti, quali Policleto e Vitruvio si soffermarono a descrivere canoni, proporzioni,
prospettiva, degni della funzione di divulgazione e di trattatistica. Però, generalmente, i cenni di critica d'arte
non si rintracciarono su testi specifici, bensì su quelli più vari, dalle opere poetiche a quelle filosofiche.

Se nel periodo di arte barbarica la tendenza fu quella di prestare maggiore riguardo al materiale utilizzato, a
scapito della considerazione per l'artista, nell'XI secolo agli scritti elogiativi delle architetture delle chiese si
aggiunsero anche citazioni biografiche dell'artista, personaggio ormai degno di essere menzionato e
ricordato. Nell'anno 1381 lo storico Filippo Villani anticipò le prime biografie ante litteram nei suoi libri
dedicati alla città di Firenze ed ai suoi artisti, la costruzione della cupola del duomo di Firenze diede
l'occasione ad Antonio Tucci Manetti di esporre la prima ampia biografia d'arte riconosciuta, ossia quella su
Brunelleschi.

Nel Quattrocento sorse la storiografia artistica relativa alla vita e alle opere, e comprendente anche giudizi di
merito. Uno dei maggiori rappresentanti della critica d'arte, in questo periodo, fu Lorenzo Ghiberti, che
scrisse i Commentari.

Con il Cinquecento si diffuse la storiografia interregionale, grazie al Giovio che consigliò il Vasari in un
progetto straordinario per le descrizioni critiche e la quantità dei dati raccolti. Dal Seicento in poi, grazie ai
lavori di Giovanni Battista Agucchi, l'attenzione dei critici si soffermò sulle stile dell'artista, nel tentativo di
ricondurre l'immagine artistica in una traduzione letteraria. In questo secolo la personalità più eminente fu
Pietro Bellori che imperniò il suo modello di critica sugli ideali classici, tenendo come riferimento i canoni
del classicismo.
La storia dell'arte è la teoria e la storia che studia la nascita e il progresso delle espressioni artistiche,
attraverso un punto di vista metodologico filosofico ed estetico oltre che semiotico - cognitivo e letterario,
con particolare riguardo ai fenomeni distintivi.

Nell'arco dei secoli si è formalizzata come ricerca di conoscenze, tecniche e descrizioni, utili alla
comprensione delle più varie forme artistiche. Le prime descrizioni autentiche compaiono in testi greci
antichi (Pausania) e romani (Plinio il Vecchio). In quanto disciplina teorica si occupa dei principi estetici e
storici della funzione estetica, della costituzione e delle variazioni di forme, degli stili e dei concetti
trasmessi attraverso opere d'arte.
Una grande divisione, tra arte e tecnica, nasce nell'Accademia platonica, a contrasto delle forme ibride di
imitazione. Nel corso delle importanti egemonie culturali, il punto di vista dello storico dell'arte, è stato
omologato alla ricerca e diffusione di canoni operativi. Nella sua veste di ricerca stilistica e biografica, essa
adotta i criteri della filosofia e della storia letteraria, così come della psicologia evolutiva e della critica
d'arte.
Solo dopo la metà dell'Ottocento, l'interesse della sociologia, per studi psicologici e letterari, ha comportato
un orientamento verso la comprensione del fenomeno artistico dal punto di vista dei fenomeni sociali
coinvolti. In questo quadro scientifico di studi contemporanei, è stato possibile completare la ricerca da un
punto di vista sociopedagogico e psicopedagogico, con teorie sulla "formatività" (Pereyson) e sull'apporto
dei musei, delle gallerie e degli archivi pubblici e privati, messi in luce dalla critica contemporanea.

La storia dell'arte è intesa anche come rispetto delle sistematicità che essa contiene e contribuisce a far
conoscere, mediando tra conservazione, innovazione culturale e industriale. Opere unitarie sulla personalità
artistica ottengono l'ambito riconoscimento di ricomporre la teoria e la tecnica delle arti. Si pensi al saggio di
Benvenuto Cellini. Uno dei successivi maggiori contributi, nasce con l'esperienza vivida dei manieristi al
seguito di Michelangelo Buonarroti: Giorgio Vasari comprese la necessità di raccogliere le testimonianze
letterarie e critiche, concrete e collezionistiche, tecniche e diaristiche proprie degli artisti e quindi raccolse
utili informazioni allo scopo di tracciare la fortuna delle opere e degli artisti. Facendo così intese riportare la
tradizione culturale italiana a partire da Giotto, costituendo un modello, presumibilmente derivato dall'arte
greca, della maniera, affrancandola dall'ambito servile in cui era collocata per essere considerata un'arte
libera alla pari con il lavoro intellettuale. La sua raccolta, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e
architettori, permette di riconoscere la continuità dello stile e la necessità critica di un giudizio sull'arte e
sull'architettura, ha innovato nello stile, ha dato un'impronta negli studi, almeno fino a Federico Zeri.

La funzione di queste raccolte, pubblicate a mezzo stampa, ebbe colorazioni diverse.

Marco Boschini, scriverà con un lessico veneziano, il modo di interpretare la pittura, in una Venezia aperta al
riconoscimento e al mercato internazionale, non di meno con intenzioni allegoriche e istruttive dal punto di
vista culturale e morale. In Italia, si sono percorse influenze profonde, ancorate a principi teorici: dalla storia
della religione, all'evoluzione dei concilii, dalla manifestazione di opere pubbliche alla realizzazione di
scuole, motivo per cui, una storia dell'arte, può avere come suo ancoramento intrinseco, una vocazione dal
tratto antropologico culturale propria.

Il metodo dello storico dell'arte, in sintesi, deve potersi avvicinare a quello del sociologo e semiotico visivo
pur rappresentando conoscenze evolutive proprie e accostandosi al metodo filosofico e naturalistico delle
scienze. In quanto disciplina, deve occuparsi di tutte le forme artistiche, potersi specializzare e ricoprire
quindi una veste scientifica propria per poter essere trasmessa.

L'aspetto approfondito del bene culturale, così come le conoscenze di opere e di autori, in particolare in
pittura, in scultura e in architettura, sono il fondamento degli studi accademici, specialistici e di ricerca.
Inoltre, come ogni altra disciplina storica e umanistica, la storia dell'arte è soggetta ad un'opera di
interpretazione e riconoscimento critico ed è soggetta al metodo storiografico progressivo. Lo studio dei
contesti, degli antefatti, delle condizioni ambientali e dei mutamenti, della collocazione e della condizione
della conservazione, in cui un'opera è stata concepita, realizzata, recepita e studiata, nonché della
committenza e dei materiali, è parte integrante sia per la comprensione del significato, delle funzioni tipiche
dell'opera, sia del percorso artistico e del valore dell'opera.

A queste competenze si aggiungono la museografia e il restauro del bene culturale. Anche su questo piano, la
storia dell'arte, deve poter cercare le analogie e le differenze comprese nell'opera, dal punto di vista dei
legami con altre scienze, degli usi e dei costumi, nell'impegno complessivo di partecipare allo sviluppo
democratico e alla conoscenza in genere.

La "descrizione analitica" (ékphrays) del formarsi delle opere d'arte, e delle opere stesse, permette di
affrontare tematiche di vasta portata: i ricettari, i trattati, i dizionari monografici, del disegno e del colore, sia
tecnici che a glosse, favoriscono la divulgazione della storia delle arti, e rendono possibile una competenza
settoriale, uno studio distintivo in Arti maggiori e Arti minori nel rispetto del ritrovamento. Con il contributo
dell'archeologia, le opere d'arte possono essere studiate e descritte approfondendo aspetti ragionati che la
costituiscono: dalle osservazioni presemiotiche e meno intenzionali, dai materiali alla conoscenza strutturata,
dobbiamo il formarsi di settori propri: iconologia, iconografia, allegoria e simbolo, che di volta in volta
hanno arricchito la letteratura artistica, favorendo il nascere di correnti di pensiero (ut pictura poïesis). Lo
studio delle opere del passato, soprattutto se appartenenti a culture distanti, porta, in particolar modo, alla
conoscenza e al rispetto di codici culturali e filosofici ai quali le opere fanno riferimento. Lo studio articolato
delle invenzioni e delle scoperte, in storia e storia dell'arte, porterebbe ai significati teorici stessi delle opere
d'arte ritenute maggiori.

L'arte, afferma Edgar Wind, è sottoposta a principi regolativi universali, educare con l'arte, significa
concedere all'espressione e al contenuto artistici, uno statuto normativo e progettuale proprio, che attinge alla
forma stessa dei linguaggi dei primordi che hanno permesso la formazione del gusto, dell'estetica e dell'etica
nelle varie epoche. I contributi degli storici dell'arte, non possono che provenire da spontanee costruzioni
professionali, nozioni, competenze, disposizioni che restituite ne favoriscono l'accesso, tuttavia nel corso del
Novecento sono nati veri e propri istituti di eccellenza. Ad esempio il Warburg Institute di Londra, si è
occupato dell'orientamento religioso, allegorico e astrologico delle opere d'arte.
Con la didattica museale si esprime un concetto affine, quello del significato dell'esperienza diretta del fare
artistico accanto alla fruizione estetica del sapere, si favorisce la conoscenza individuale del valore estetico
dell'opera d'arte. Le correnti strutturaliste e costruttiviste, linguistiche e psicologiche, hanno orientato la
pedagogia artistica sulle direzioni di senso, legate alla comprensione delle procedure artistiche tecniche.
Cennino Cennini
E’stato un pittore italiano, noto soprattutto per aver scritto in volgare all'inizio del XV secolo un trattato sulla
pittura, il Libro dell'arte.
Nacque da Andrea di Colle Val d'Elsa; influenzato da Giotto fu allievo per una dozzina d'anni di Agnolo
Gaddi, come egli stesso ebbe a scrivere nel suo Libro dell'Arte. Incerta appare la sopravvivenza delle sue
opere pittoriche.
Le poche notizie sulla sua vita si trovano nel suo libro oppure ci sono fornite dalla biografia che Giorgio
Vasari scrisse di Agnolo Gaddi[1]. Nel 1398, Cennino è sicuramente a Padova da alcuni anni.
La composizione del suo libro risale proprio al periodo veneto come si può supporre dai particolari vocaboli
utilizzati.

La più antica copia del suo trattato, scritta, come dice l'explicit, nel carcere fiorentino dei debitori (le
Stinche) è del 1437, quindi, probabilmente, non autografa. Della sua vita nient'altro è noto.
Cennino ribadisce la dua discendenza artistica, attraverso il maestro Agnolo Gaddi, da Giotto, e nella sua
esatta indicazione del lungo apprendistato (dodici anni) ci prospetta efficacemente la tradizione corporativa
delle botteghe d'arte del '300.
Mette in rilievo con orgoglio nazionale il fatto che Giotto abbia insegnato all'arte a parlare il latino, anziché
il greco, medievale, e tutto il libro tradisce un autore colto, capace di sfornare un'opera chiara e penetrante,
che riassume efficacemente i risultati del Trecento giottesco.
È importante l'introduzione di Cennini al suo scritto, perchè rivela una stretta connessione col pensiero
enciclopedico scolastico.

Come Teofilo, anche Cennino inizia ab ovo, col peccato originale e il conseguente lavoro di tutti gli uomini,
dal quale sono derivate tutte le arti, nel senso medievale, provocate dalla necessitas. Prima si pensava che
Cennino avesse desunto proprio da Teofilo le sue nozioni, ma Cennino viveva in una città dotta e non aveva
bisogno delle imbeccate del suo predecessore poiché quelle nozioni erano bagaglio comune di tutta la
letteratura scolastica.
Tra le arti che devono la loro origine alla necessitas, Cennino inserisce anche la pittura, introducendo però un
fattore che avvicina la sua concezione di arte alla nostra: la fantasia artistica, che deve accompagnarsi alla
tecnica, per rappresentare come reale ciò che in effetto non è presente. Una nozione già incontrata in Dante,
nel Convito. La pittura merita dunque di sedere di diritto in seconda fila, sotto la scienza, e di essere
incoronata dalla poesia. Come il poeta, anche il pittore è libero di foggiare, secondo quanto gli suggerisce la
fantasia, figure sedute o stanti, metà uomini e metà cavalli.
È una affermazione utile per tre punti di vista:
- troviamo l'antichissimo confronto tra pittore e poeta, risalente già alla Grecia arcaica e poi ripreso da
Orazio nella famosa locuzione “ut pictura poesis”, anche se con significato diverso.
- Si annuncia per la prima volta, anche se di sfuggita, il tema della disputa per la precedenza delle arti, il
“paragone”.
- C'è un primo accenno - importantissimo per la nostra trattazione, proprio alla vigilia del Rinascimento, e
all'infuori della pratica artistica – alla liberazione dell'arte figurativa dai legami del mestiere, dell'ars
mechanica, con un elemento che, tuttavia, appartiene ugualmente al pensiero antico. Alla pittura spetta il
secondo posto, dopo la scienza, accanto alla poesia e prima di essa. Per questa medesima via
andranno anche i teorici successivi, fino a giungere al concetto dell'arte bella indipendente.
Il trattato di Cennino Cennini

Il libro di Cennini non sta inutilmente al limite di due periodi, quello antico – medievale e quello moderno.
Lo stesso autore mette espressamente in rilievo il “moderno” nello stile di Giotto. Per la prima volta, nella
teoria italiana dell'arte, appare il termine “moderno”, importante e del resto non nuovo.

La natura è già indicata come la guida più sicura, dato comprensibile in un tempo e in un ambiente che
aveva abitudine ad un immediato, fecondo, studio del modello. Ma per Cennini, trapiantato nel settentrione,
non ha molto maggiore significato che per i suoi compatrioti non artisti, come Boccaccio e Villani, e
Cennino rimane sostanzialmente attaccato alle tradizioni della sua scuola. In quasi tutti i suoi precetti e
consigli permane il predominio dell'exemplum medievale. Se la regola di disegnare liberamente e di avere
sempre il sole a sinistra conduce subito su un terreno antico e meridionale, gli altri particolari sono formulati
in maniera interamente medievale, poiché nella bottega del Cennino si sarà lavorato proprio su calchi di
antichi modelli come nei laboratori del monte Athos, che egli stesso cita.

Si indicano esattamente le parti del volto dove deve figurare l'ombra, come naso, orlo della bocca, mento,
labbra e così via. Si descrive minutamente la maniera con cui Agnolo Gaddi metteva il rosso delle guance,
raccomandandone l'imitazione perchè da più rilievo al viso. Anche il termine “rilievo” spunta per la prima
volta qui. In eguale modo sono formulati i precetti della prospettiva: parlando delle cornici architettoniche
più alte, stabilisce che siano rappresentate discendenti, mentre quelle più basse ascendenti. Per la pittura di
paesaggio troviamo il consiglio più volte citato di tenere come exempla, nel proprio studio, delle grosse
pietre grezze, alludendo alla rappresentazione, schematica ed ereditata dall'antichità, del terreno con rupi
digradanti, che si conserva tenacemente nella pittura del Trecento.

È notevole il capito sulle proporzioni dell'uomo, di cui si parla per la prima volta in un trattato d'arte. Da
allora conservano un posto fisso nella teoria. Nessuna pratica di laboratorio, dalla più antica età egiziana, ha
potuto fare a meno di queste formule empiriche. Tutti i precetti del Cennini rivelano chiaramente la fonte
antica: l'inscrizione della figura umana nel circolo, le otto lunghezze del volto cui deve corrispondere il
corpo, la tripartizione del viso nel senso della lunghezza del naso.
Il Cennini, però, pare che non abbia utilizzato come fonte Vitruvio, la fonte antica per eccellenza, poiché
poco noto. Schiettamente medievale è poi l'esclusione della donna dalla teoria delle proporzioni, poiché essa
non possiede alcuna “simmetria”, causato in parte dall'atteggiamento negativo della Chiesa nei confronti del
femminile umano. La completa ignoranza di anatomia mostra come il Cennini sia uomo del Medioevo,
fermo alla credenza biblica che l'uomo abbia una costola in meno della donna, come ai discorsi in merito alla
scelta del colore più conveniente, bruno per l'uomo e bianco per la donna, eco di antiche consuetudini di
laboratorio.
L'antico come forma non ha la minima parte nel Cennini, e potrebbe sorprendere la cosa, vivendo in un città,
Padova, apertamente umanistica, apertamente proclamante il pregio dell'antichità. Ma Cennini è troppo
imbevuto della pratica dei compatrioti giotteschi e quanto egli sia in fondo estraneo all'antichità lo dimostra
la favola medievale che usa per spiegare l'origine delle antiche statue nude, imitazioni di forme tratte dal
vero sulla figura intera. È facile vedere anche qui l'impronta del formulario accademico. Il trattato del
Cennini rimane la prima testimonianza di una terminologia delle espressioni artistiche sviluppatasi dalla
pratica dei laboratori e già sufficientemente determinata: disegno, colorire, naturale, sfumare, maniera.
Giorgio Vasari

E’stato un pittore, architetto e storico dell'arte italiano.


Vasari ebbe una vastissima rosa di interessi: fu infatti un pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto
di certo pregio (realizzò il palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi) e infine
eccelso storiografo. Il nome del Vasari, infatti, è legato in modo indissolubile a Le vite de' più eccellenti
pittori, scultori e architettori, una serie di biografie nella quale egli copre l'intero canone artistico teso fra
Trecento e Cinquecento.

Giorgio Vasari nacque ad Arezzo il 30 luglio 1511 dal mercante di tessuti Antonio Vasari e da Maddalena
Tacci. Ancora giovanissimo frequentò la bottega aretina del francese Guillaume de Marcillat, pittore di
vetrate di buon talento; nello stesso periodo, frequentò le lezioni del poligrafo Giovanni Pollio Lappoli, dove
ricevette una prima educazione umanistica, e si cimentò anche nell'architettura, realizzando il basamento
dell'organo del Duomo detto Nuovo, ove si mostrò assai sensibile alle influenze michelangiolesche della
tomba di Giulio II.
Successivamente, il giovane Vasari proseguì gli studi a Firenze, dove giunse per circostanze fortuite al
seguito del cardinale cortonese Silvio Passerini, tutore dei rampolli di casa de' Medici, i futuri cardinale
Ippolito e duca Alessandro. Introdotto dal Passerini nella cerchia della corte medicea, Vasari approfondì la
propria educazione umanistica, passando sotto la guida del letterato Pierio Valeriano; fu, inoltre, un
frequentatore assiduo della bottega di Andrea del Sarto e dell'accademia di disegno di Baccio Bandinelli,
artisti che gli fornirono strumenti essenziali, quali la perizia disegnativa e la capacità di composizione
prospettica.
Negli anni fiorentini, che egli ricorderà come i più felici della sua vita, Vasari conobbe inoltre Francesco
Salviati, del quale godette l'amicizia per il comune interesse verso le opere dell'antichità classica.

Proprio in ragione del loro entusiasmo condiviso i due visitarono Roma tra il 1531 e il 1532; nell'Urbe
Vasari, insieme all'amico, studiò i monumenti antichi, le opere di Raffaello e Michelangelo ed i grandi testi
figurativi della maniera moderna.

Sull'origine delle Vite di Vasari c'è molto da dire. Il Vasari stesso racconta di come nacque il suo capolavoro,
nella sua autobiografia, stranamente frammentaria, affrettata e superficiale, che si trova nella seconda
edizione dell'opera.

La fama maggiore del Vasari oggi è legata al trattato delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e
architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568.

L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura,
scultura e pittura) è una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto di partenza tutt'oggi
imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei più di 160 artisti descritti.
La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al
granduca Cosimo I de' Medici, includeva un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu
in parte riscritto e arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici.

La prima edizione si presentava più corposa e più artistica della seconda edizione giuntina. Quest'ultima, con
l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta più piatta, ma è anche quella che ha riscosso più successo e
diffusione, con le sue 18 edizioni italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera
originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da Cimabue in poi,
sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dal buio del Medioevo, talvolta
esponendo idee per partito preso. Si può comunque dire che Vasari con quest'opera sia stato l'iniziatore della
critica artistica e molti artisti toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione e
divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole, seppur altrettanto
importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura dell'Italia settentrionale del Quattro e
Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al pubblico non specializzato.
Come primo storico dell'arte italiana iniziò il genere, tuttora in voga, dell'enciclopedia di biografie artistiche.
Vasari coniò il termine «Rinascita», sebbene vi fosse già una certa consapevolezza del fenomeno artistico
che stava avvenendo sin dai tempi di Leon Battista Alberti.

La prima edizione delle Vite:


Consta di tre parti ed è divisa in 3 volumi. Ancora più bella della seconda edizione, qui c'è tutta la bravura
architettonica di Vasari, che crea un'opera di getto che, pur con qualche manchevolezza, viene composto con
rigore e rigidità. Fedele al principio della storiografia fiorentina che prevedeva di trattare solo autori morti o
la cui parabola artistica era completa (come il cieco Rovezzano) e dunque visibile nell'insieme.

Unica eccezione, Michelangelo, mito vivente del Vasari e dell'Italia intera, colui che l'immortalità l'aveva già
raggiunta in vita. Michelangelo è il punto culminante dell'opera, la cima che corona tutto l'edificio, la luce a
cui anela tutto il libro, il compimento della sua fatica. Un'architettura che non si troverà nella seconda
edizione. Si faranno sentire dovunque voci sfavorevoli e un profluvio di calunnie seguirà per un pezzo
l'opera. Qualcuno attribuì l'opera ad un amico del Vasari, il Razzi, anche se l'opera del Razzi è datata 1615
ed è solo un cattivo estratto dell'opera vasariana, per giunta della seconda edizione.

Ci sono, in effetti, parti non di sua propria mano, ma sono ben poca cosa: le iscrizioni tombali della prima
edizione, fornitegli da Annibal Caro, dall'Adriani e dal Segni; il capitolo sulle miniature di Attavante (che
sono però contenute nella seconda edizione) fornitegli da Cosimo Bartoli; un estratto, infine, di poca
importanza sulla Storia dell'arte di Plinio, fornitagli da una lettera dell'Adriani.
Insomma, le Vite sono genuina opera della maestria del Vasari.
La seconda edizione, uscita nel 1568 con stampa del Giunti, è diversa.
Il Vasari aveva viaggiato molto, imparando moltissimo. Paesi che prima gli erano sconosciuti o quasi ora gli
apparivano in tutta la loro compiutezza (Assisi e l'Italia settentrionale in genere). Vasari corresse
naturalmente molte sviste: I Pisani, ad esempio, che nella I edizione figuravano come scolari del più tardo
Andrea Pisano, ora avevano un capitolo speciale.
Il Vasari, glielo si riconosca, non rifuggì mai dalle critiche giuste, e possedeva una cultura storica molto fine.
Ornò il suo lavoro con i ritratti degli artisti che aveva disegnato lui o i suoi allievi, offrendo un modello a
quelli che verranno dopo. Si lagnò occasionalmente degli incisori veneziani e delle loro riproduzioni poco
fedeli.

Vasari si è servito con garbo e intelligenza della maggior parte della letteratura artistica esistente prima di
lui. Nella seconda la cosa si nota maggiormente: nomina molte fonti che prima aveva adoperato senza
nominarle o con solo vaghe indicazioni. A giustificazione di ciò dobbiamo però ricordare che il concetto di
plagio nel Rinascimento era cosa ben diversa da quella che possediamo noi moderni. Le fonti del Vasari
possono essere divise in tre grandi gruppi.
Fonti di storia dell'arte vera e propria.
È importantissimo notare come il povero Vasari dovette esaminare la maggior parte delle fonti nella loro
forma manoscritta, e non nella comoda forma a stampa, che arriverà solo nel 1800. questa “eroicità” ci fa
dimenticare i suoi errori e le sue sviste. A volte le fonti le nomina; altre volte le passa sotto silenzio. Si è
servito così dei commentari di Ghiberti, nominato occasionalmente con l'epiteto di “verissimo”, nella
versione non autografa contenuta in un manoscritto allora posseduto dall'amico Cosimo Bartoli. Pare che
l'Anonimo Magliabechiano possedesse l'autografo. Nella Vita del Ghiberti della seconda edizione, dove
Vasari parla del trattato del vecchio maestro, troviamo una immagine contorta, falsa e disonesta. Vasari, che
si era servito largamente, a volte anche alla lettera, del Ghiberti, l'unica vera fonte attendibile per il Trecento,
lo liquidava con un “poco utile se ne poteva ricavare”. Accanto al Ghiberti la sua fonte più importante è il
Libro di Antonio Billi, specialmente per il '300 e il '400. Non dimentichiamo la cosiddetta Fonte K, utilizzata
anche dai concorrenti Gelli e Magliabechiano. Sfrutta poi molto la biografia del Brunelleschi fatta da
Manetti, specialmente nella notevole digressione sull'architettura. Nella seconda edizione può finalmente
avvalersi di fonti per l'Italia settentrionale, e nel suo caso si tratta della lettera del Campagnola sui pittori di
Padova. Disponeva poi di un ricco materiale di scritti teoretici di artisti, soprattutto per quanto riguarda la II
edizione. Parliamo naturalmente del libro di bottega di Cennino Cennini, allora posseduto dall'orafo senese
Giuliano. Ma non dimentichiamo il trattato di G.B.Bellucci di San Marino sulla costruzione delle fortezze e
quello di Giorgio Martini in possesso del duca Cosimo. Per la II edizione si è avvalso pure del romanzo
storico – artistico del Filarete.
Il fine storico che il Vasari si è imposto è coscientemente prammatico e dominato da intenzioni artistiche.
Ciò che vuole fare è rappresentare la vita degli artisti nella loro totalità, mettendo d'accordo gli avvenimenti
esteriori con quello che li determina e con quello che interessa a lui, vale a dire la loro attività produttiva.
Il metodo, lo ripetiamo, è quello degli storici del Rinascimento. Possiamo capirci di più se lo confrontiamo
col metodo dei nuovi romanzi storici.
Vasari ha davanti fonte primarie e fonti secondarie, ed utilizza entrambe indiscriminatamente, senza operare
una seria distinzione tra le due, diversamente da Ghiberti, che pur utilizzando fonti aneddotiche scritte,
costituivano una minima parte del suo lavoro, basandosi prevalentemente sulla pratica autoptica. Nel Vasari,
invece, il vero materiale dei documenti entra a mala pena nel suo modo di vedere.
È molto importante, nel Vasari, non solo il problema dell'autopsia ma anche quello della critica dello stile.
Ancora oggi si tende ad utilizzare le Vite come testo preparatorio per gli studiosi di storia dell'arte, ed è un
male. Vasari non ha il senso sicuro dello stile come Ghiberti, che si era fatto le ossa su un un lungo studio
della tradizione, e non si trova solo di fronte al proprio secolo, come per Ghiberti era il Trecento; ora il
panorama è più ricco e vario, e Vasari finisce per farsi guidare dalle opinioni scolastiche tradizionali,
dall'istinto generale e da vaghe reminiscenze. Vasari però sa bene che deve farsi guidare dall'osservazione
esatta dell'individuo, e il suo sguardo acuto e intelligente di pittore lo ha spesso guidato benissimo, ma anche
in questo il Ghiberti gli è superiore.
Quand'anche Vasari punta alla fedeltà dell'osservazione singola per la maniera individuale, risulta sempre
molto fuggevole e quasi sempre oscurata dai suoi scopi letterari. Nel costruire le sue biografie Vasari mira
alla totalità, e si serve, dunque, di materiali secondo i suoi scopi definiti, nella misura in cui gli servono, e in
molteplici modi. Lui non ha visto molto ma ricostruisce questa totalità come se egli riferisse come se l'avesse
veramente visto, indugiando in particolari così intimi che potrebbe fare solo chi li ha visti realmente. Perchè?
Se vogliamo capirlo, dobbiamo ancora una volta ritornare al metodo storico rinascimentale e fare riferimento
ad un elemeno che a noi moderni, passati sotto la marchiatura del positivismo storico e del suo “analizzare i
fatti così come realmente erano”, risulta particolarmente strana: i discorsi dei personaggi e le spesso fasulle
iscrizioni mortuarie degli artisti, summa epigrammatica della loro vita artistica. Vasari le aveva pensate dal
principio come un abbellimento retorico, e spesso le ha ordinate egli stesso a letterati amici.
GIOVANNI PIETRO BELLORI

E’stato uno scrittore, antiquario e storico dell'arte italiano.


Conosciuto anche come Gian Pietro Bellori o Giovan Pietro Bellori, fu uno dei biografi più importanti degli
artisti del Barocco Italiano nel XVII secolo. Storico dell'arte, viene da molti considerato, assieme a Filippo
Baldinucci, l'equivalente di epoca barocca di Giorgio Vasari.

Le vite di Giovanni Bellori

Ma le biografie non sono solo strumenti di trasmissione letteraria di informazioni storiche. Sono anche mezzi
paradigmatici per l'illustrazione, in positivo e in negativo, di un'estetica incarnata da questo o da quell'artista.
Succede per la figura di Michelangelo nella prima edizione del Vasari, e per Raffaello nella seconda; per
Nicolas Poussin visto da Bellori, e per il Ludovico Carracci e il Guido Reni di Malvasia. A volte il credo
estetico promosso dai critici viene rinforzato da passioni campanilistiche (Malvasia) che degenerano a volte
fino al punto di rimpinguare scarne liste di artisti locali parlando delle glorie eterogenee di capitani di
ventura o di inventori, come fa ad esempio Leone Pascoli nel suo Vite dei pittori perugini.
Avulse da passioni campanilistiche sono le opere di Giovanni Bellori – Vite de' pittori, scultori et architetti
moderni (1672) – e, anche se con minor successo, di Filippo Baldinucci – Notizie de' Professori del disegno
da Cimabue in qua. Sono due opere di grande importanza nelle quali si contrappongono esemplarmente due
fondamentali tendenze storiografiche secentesche.
Il punto di partenza della sua riscoperta della bellezza ideale è sicuramente riconducibile all'arte di Raffaello
e alla filosofia di Platone. Le teorie del filosofo greco vengono metabolizzate dal Bellori e rielaborate sotto
una nuova veste: se per i platonici l'arte non era altro che un'imitazione di quello che era il sublime mondo
delle idee già insito all'interno della mente dell'artista esecutore dell'opera d'arte, per Bellori questo concetto
si evolve ulteriormente mettendo in primo piano il ruolo fondamentale della Natura. Secondo il critico le
idee non sono presenti a priori nella mente umana ma vengono ispirate grazie alla contemplazione della
Natura. Cercando di recuperare l'equilibrio rinascimentale, Bellori teorizza un'Idea che «originata dalla
natura supera l'origine e fassi originale dell'arte».

Bellori concentra la sua opera sull'obiettivo della superiorità dell'ideale classico contro gli “eccessi” del
manierismo, del naturalismo e del barocco, mentre Baldinucci inclina verso una tendenziale equanimità
estetica, precorritrice dell'obiettività positivistica e corrispettivo delle esigenze di un collezionismo storico –
documentario come era quello del Principe (poi cardinale) Leopoldo de' Medici. Vediamo come il Bellori,
con la sua scelta estetica a favore di Domenichino e di Poussin, preclude la comprensione di Caravaggio e di
Rubens, mentre Baldinucci allarga il proprio interesse anche al Bernini, anche a pittori nordici “difficili”,
come Duhrer e Rembrandt. Alle Vite di Bellori, redatte con lo spirito di una crestomazia tanto ideale quanto
tendenziosa e normativa, si contrappongono le Notizie di Baldinucci, raccolte diligentemente da ogni angolo
di Europa, limitando la propria partigianeria alle zone umbratili delle origini della pittura medievale.
Bellori è anche il primo a esporre ampiamente il concetto di decadenza iniziato dopo l'età dell'oro dell'arte
italiana. Lo stesso concetto era presente nel Vasari ma in maniera ancora poco chiara. Con la fine dell'idolo
Raffaello e del felice secolo cinquecentesco, prima a Roma e poi a Venezia, il cui ultimo grande
rappresentante era stato il Tintoretto, inizia la decadenza con la scuola dei cosiddetti manieristi. Fu questo il
tereno che preparò l'opinione secondo la quale Michelangelo era un pervertitore dell'arte. Bellori, e questo è
notevole, constata questa decadenza anche per l'architettura, scagliandosi contro Bernini e l'arte di
Borromini, usando dispregiativamente il termine “barocco” così come i rinascimentali avevano usato quello
di “gotico”. Col Bellori, Bernini e Borromini diventano dei veri e propri spauracchi stilistici.

Sempre Bellori fisserà gli stili appellati come “manierismo” e “naturalismo”: il primo, sotto la guida di
Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, appare come un lavorar di “pratica” che trascura quasi del tutto il
modello; il secondo, con Caravaggio, un servile imitatore del modello e delle sue accidentalità. A
Caravaggio riserverà i peggiori strali, pur sforzandosi di riconoscerne il valore. Egli rimane comunque un
pervertitore del buon costume nella pittura, mancando in lui tutto ciò che la teoria del primo Classicismo
riteneva sacro e intoccabile: invenzione, disegno, decoro e scienza.
Bellori rimproverava la mancanze di contegno nelle sue storie, l'eccessiva umanità delle sue mezze figure e
dei suoi quadri di figure volgari, come quello della Santa Maddalena. Del resto Bellori riconosce la funzione
storica del Caravaggio come necessaria reazione al manierismo,
anche se preceduto in ciò dal Mancini che aveva elaborato lo schema D'Arpino, Caravaggio, Carracci come
tesi, antitesi e sintesi.
Il Bellori vede il vero equilibrio nella scuola Bolognese, la via intermedia tra la pittura di idee e lo studio
della natura. Egli rimane un degno predecessore del Winckelmann già quando sostiene (ispirandosi a ciò che
dicevano i Carracci) che l'arte greca (allora nota prevalentemente da testimonianze letterarie) era il vero
modello per eccellenza.
Era del resto concorde con gli amici Poussin e Fiammingo; del secondo, in particolare, il Passeri ci racconta
di come egli si professasse rigido imitatore della maniera greca, che riuniva in sé grandezza, nobiltà, grazie e
dignità (anche se il Passeri non concorda). Sempre il Passeri dice esplicitamente come Poussin disprezzasse
la maniera romana, originale se si pensa che il Seicento era a maggioranza filo romana.

Bellori divide la storia artistica tra '500 e '600 in cinque grandi scuole, di cui quattro principali: la romana
(Michelangelo e Raffello) basata sulla bellezza delle statue antiche; la veneziana, con Tiziano, fondata sulla
bellezza naturale del modello di natura; la lombarda, affine alla veneziana e rappresentata da Correggio,
ancora più rivolta al fascino del modello; la toscana, che si qualifica esteriormente per l'accuratezza dei
particolari e per la diligenza dell'esecuzione; la quinta è la scuola bolognese, che sostituisce la toscana.
Malvasia è un altro rappresentante dell'aurea via di mezzo: inveisce tanto contro il naturalismo di Caravaggio
quanto contro la pittura a colpi dei veneziani; mette Raffaello sopra Michelangelo, dicendo che egli è tanto
inferiore a Raffaello quanto Ariosto lo è nei confronti di Tasso, che col suo epos regolare aveva finito per
diventare il nuovo idolo del Seicento italiano.
Giovanni Paolo Lomazzo

(talvolta anche Gian o Giovan Paolo; Milano, 26 aprile 1538 – Milano, 27 gennaio 1592) è stato un pittore
e trattatista italiano dell'età del Manierismo.

Dopo la cecità Lomazzo si dedicò alla stesura e alla sistemazione dei suoi numerosi scritti, in parte redatti
negli anni precedenti, che costituiscono un corpus tra i più importanti dell'intero panorama del Manierismo,
per il gran numero di notizie che riguardano opere ed artefici della Lombardia (un'area spesso trascurata dal
toscanocentrico Giorgio Vasari) e per le interessanti notazioni teoriche, come quella della figura serpentinata
(un'espressione da lui riportata per la prima volta e derivata da un insegnamento di Michelangelo a Marco
Pino).
I suoi due complessi trattati sono diventati pietre miliari nello sviluppo della critica d'arte. La sua prima
opera, Trattato dell'arte della pittura, scoltura et architettura (Milano, 1584) è stata classificata, nella
Letteratura Artistica di Julius von Schlosser (1914-1920), peraltro con un'interpretazione un po' parziale,
come una guida al concetto di decoro, che il Rinascimento ereditò in parte dall'antichità classica, in una
sistematica codificazione dell'estetica tipica dello sguardo accademico del tardo XVI secolo.

La sua Idea del tempio della pittura (Milano, 1590), opera più metafisica, offre una descrizione della natura
umana e della personalità sullo schema della teoria dei quattro temperamenti, contenente spiegazioni sul
ruolo dell'individualità nel giudizio e nella invenzione artistica. Nel testo la Pittura è descritta come un
tempio le cui colonne sono i Sette Governatori dell'Arte: Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Polidoro da
Caravaggio, Andrea Mantegna, Tiziano, Gaudenzio Ferrari.

La critica del Lomazzo prende in considerazione tre aspetti dello sguardo critico sull'opera d'arte: la
doctrina, la registrazione delle scoperte - come la prospettiva che gli artisti hanno fatto nel corso della storia;
la prattica - le preferenze personali - e la maniera dell'artista; e l'iconografia, l'elemento letterario nell'arte. Il
contributo del Lomazzo alla critica d'arte fu la sua sistematica estrazione di concetti astratti dall'arte, non una
semplice ricognizione delle meraviglie della verosimiglianza e della tecnica o di aneddoti sulla recezione
delle opere da parte dei contemporanei, del tipo di quella che Giorgio Vasari aveva condotto nella precedente
generazione.

Nella storiografia artistica odierna Giovan Paolo Lomazzo viene citato essenzialmente per la sua teoria dell’
“Idea” (ovvero del bello ideale, mutuato da una realtà ultraterrena, secondo una logica fondamentalmente
neoplatonica). In questo senso va detto che a ‘riscoprire’ Lomazzo fu Erwin Panofsky nella sua celeberrima
Idea. Contributo alla storia dell’estetica del 1924 [1]. Non è mancato poi chi abbia messo in evidenza la
“relatività culturale” patrimonio dell’approccio lomazziano, secondo il quale esistono diversi modi di
dipingere (diversi stili, diremmo oggi), tutti perfettamente degni di attenzione e di merito se frutto di artisti
che lavorano rispettando la propria inclinazione.

Uno degli aspetti più discussi (e a cui l’autrice riserva maggior attenzione) è capire quale fosse il pubblico a
cui si rivolgeva Lomazzo con le sue opere. Se nel caso dei Rabisch appare evidente (si tratta di un’opera scritta
per essere letta dagli altri ‘facchini’ dell’Accademia della Val di Blenio), in quello del Trattato le cose
appaiono più sfumate. Il Trattato ha sicuramente una valenza di carattere didattico: Lomazzo sostiene in più
occasioni di scrivere per i giovani pittori e per la loro formazione. Il percorso formativo proposto dell’artista
si compone di aspetti teorici e di aspetti pratici fra loro interconnessi. Tuttavia appare lecito dire che i
destinatari siano fondamentalmente di due tipi diversi: da un lato, appunto, gli artisti e dall’altro i ‘dilettanti’,
ovvero coloro che si interessano di arte (e magari la collezionano), senza essere a loro volta artefici. Ce ne
sono molti anche nel novero dell’Accademia. E tuttavia, bisogna tener conto che Lomazzo opera una
distinzione ben precisa fra ‘artisti’ e semplici mestieranti. “Il giudizio nei confronti dei ‘pittori pratici’ che non
prendono in considerazione le nozioni tecniche necessarie per svolgere il loro lavoro è estremamente critico.
Li bolla come ignoranti, una massa così numerosa rispetto agli artisti eruditi “che tutto il mondo ammorbano
e soffocano con la vaghezza della pura prattica loro” [8]. Sotto questo punto di vista, l’Accademia di Blenio
di cui egli fa parte […] può essere considerata come un tentativo mascherato da parte dei pittori e degli artisti
milanesi per unire le loro forze con uomini di lettere locali per combattere contro il predominio degli artisti
ignoranti nelle “buone lettere” e per creare un nuovo “tipo ideale” di pittore capace di parlare su vari
argomenti e di esprimersi in termini poetici” (pp. 30-31).

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