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Toutant Sistemi armonici 2017/18

STILE CORALE

Un CORALE è un inno melodico della Chiesa Protestante Tedesca; poiché una melodia
di questo tipo viene cantata da una comunità di fedeli, essa tende ad essere semplice,
chiara e gradevole; inoltre in essa viene evitata qualsiasi complessità ritmica. Molti
compositori tedeschi hanno attinto a melodie corali per le loro composizioni, spesso
arrangiandole a 4 voci; l’interesse primario di questi adattamenti riguarda l’aspetto
armonico e, pertanto, il corale costituisce un’eccellente fonte di studio per
l’apprendimento dell’armonia: in questi pezzi la struttura e la funzione degli
accordi sono abbastanza evidenti. Poiché molta musica è basata su una tessitura a
quattro parti, la padronanza dei concetti tecnici applicati al corale fornirà un eccellente
fondamento al momento di occuparsi di stili vocali e strumentali più complessi.

La condotta delle voci è la tecnica del collegamento degli accordi per produrre sia
sonorità verticali che linee orizzontali. I procedimenti standard della condotta delle voci
non sono altro che l’applicazione di principi sonori e musicali: imparandone le “regole”,
apparentemente astratte, sarete in grado di sviluppare una tecnica musicale; una volta
padroni di queste tecniche standard, potrete applicarle a specifiche situazioni musicali, e
dove esse non funzioneranno, voi potrete modificarle per ottenere il risultato
musicalmente più soddisfacente. Per cui è essenziale impadronirsi dei principi
standard.

Il movimento logico da un accordo all’altro è detto successione armonica. Vi sono


due aspetti da prendere in considerazione in relazione alla successione armonica:

1. le fondamentali e le funzioni degli accordi coinvolti;

2. il modo in cui gli accordi vengono collegati.

La funzione armonica di un accordo è determinata dalla sua posizione nella scala. Le


funzioni degli accordi sono simbolizzate dai numeri romani corrispondenti ai gradi della
scala usati come fondamentali degli accordi. Di conseguenza, il primo aspetto di una
successione armonica può essere discusso in termini di relazione tra le
fondamentali degli accordi. Uno dei primi teorici che analizzò l’effetto di relazione tra
fondamentali degli accordi fu Jean Philippe Rameau (1683 - 1764). Un punto centrale
nella scrittura di Rameau consiste, nel considerare i suoni al basso, nell’identità dei
suoni distanti tra loro di un’ottava. Questo principio semplifica lo studio dei movimenti
della fondamentale limitandone il numero.

Il problema basilare della condotta delle voci è quello di saper muovere ogni voce, o
parte, da un accordo all’altro: nel fare questo, bisogna aver cura che ogni linea melodica
abbia una sua indipendenza, mantenendo nel contempo una relazione musicalmente
soddisfacente fra le quattro voci. Il moto contrario conferisce grande indipendenza

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alle voci, mentre quello parallelo nega questa indipendenza: per questo bisogna
evitare ottave, quinte e unisoni paralleli (tutti intervalli forti).

Ecco i principi guida per il collegamento degli accordi:

1. Non eccedete l’estensione normale di ogni voce.

2. Non incrociate le voci.

3. Evitate intervalli superiori all’ottava fra le voci superiori.

4. Raddoppiate, normalmente, la fondamentale delle triadi maggiori e minori in


posizione fondamentale.

5. Mantenete il suono comune nella stessa voce; in assenza di suono comune,


muovere per moto contrario rispetto al basso.

6. Muovete le rimanenti voci con l’intervallo più piccolo possibile.

7. Nell’accordo sul quinto grado, se la sensibile è al soprano risolve salendo di grado.

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IL PRIMO RIVOLTO

Nell’analisi i numeri romani, usati per identificare la funzione dell’accordo, indicano il


grado della scala che si considera come sua fondamentale; inoltre, il semplice numero
romano indica che l’accordo è una triade, mentre è di settima quando vi si aggiunge il
numero 7. Occupandoci ora di accordi rivoltati, è necessario modificare il simbolo
analitico per indicare il rivolto; per far ciò useremo un sistema di stenografia musicale,
sviluppatosi nel periodo barocco, denominato basso cifrato (o figurato o numerato).
Durante il primo periodo del 1600 l’accompagnamento musicale era scritto solo con la
linea del basso, con l’aggiunta di simboli e cifre che indicavano gli intervalli da suonare
sopra di esso. L’esecutore doveva improvvisare l’accompagnamento facendo uso delle
armonie indicate dal basso e dalle eventuali cifre. Una nota del basso senza alcun
numero significava che si trattava della fondamentale dell’accordo, per cui questo
era in posizione fondamentale. Poiché nel primo rivolto si sovrappongono al basso una
terza e una sesta, i numeri 3-6 furono usati per indicare accordi in primo rivolto.
Spesso gli intervalli di terza non vengono indicati da cifre, per cui è sufficiente il numero
6 per designare una triade in primo rivolto. Nell’analisi funzionale armonica, il numero
6 dopo il numero romano significa che l’accordo è in primo rivolto. Naturalmente
l’assenza di numeri arabi indica che la triade è in stato fondamentale.

Quando si usano accordi di sesta nel corale, sorge la questione del raddoppio di una
voce. Per accordi maggiori e minori in primo rivolto è difficile applicare regole ben
precise: il raddoppio va posto in relazione, più che altro, con la condotta delle voci ed il
contesto musicale. Le norme che seguono stabiliscono un punto di partenza, sono
basate sui corali di Bach e sono da applicare soltanto in accordi maggiori e minori in
primo rivolto.

1. La tonica, la sopratonica, la sottodominante e la dominante sono i gradi della scala


più frequentemente raddoppiati. Essi sono i più efficaci ai fini della stabilizzazione
della tonalità, da ciò la ragione del loro raddoppio.

2. La mediante e la sopraddominante sono meno raddoppiate perché rappresentano i


gradi deboli nella tonalità; essendo differenti in maggiore e in minore, essi tendono a
enfatizzare il modo piuttosto che il centro tonale.

3. La sensibile non deve mai essere raddoppiata quando fa parte dell’accordo di


dominante ed è raramente raddoppiata in altri casi, perché essa risolve
prepotentemente nella tonica. Il suo raddoppio non ha quindi molto senso, in quanto
si esagera fortemente la necessità di risolvere nella tonica.

Per la condotta delle voci negli accordi di sesta è consigliabile attenersi alle seguenti
regole:

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1. Muovere innanzitutto le note raddoppiate. usare il moto contrario od obliquo a meno


che non sia necessario il moto retto, in relazione al contesto musicale.

2. Muovere le voci rimanenti con l’intervallo più piccolo possibile verso il nuovo accordo
e mantenere, ogni qualvolta sia consentito, distanze e raddoppi regolari.

3. Controllare, per eliminarli, parallelismi, quarte e seconde aumentate e raddoppi di


sensibile. Assicuratevi che ogni voce sia entro la sua estensione normale.

Esistono due funzioni importanti che riguardano le triadi diminuite: la triade di


sensibile (in maggiore e minore) e la triade di sopratonica in minore.

Esse contengono l’intervallo di quinta diminuita fra la fondamentale e la quinta. Per


evitare il coinvolgimento del basso in questo intervallo, le triadi diminuite sono usate
quasi esclusivamente in primo rivolto. Il più delle volte viene raddoppiata la terza della
triade diminuita e poiché l’accordo è solito trovarsi in primo rivolto, il basso viene
normalmente raddoppiato.

Gli accordi in primo rivolto rispondono a due esigenze basilari:

1. Creano varietà nelle sonorità verticali in quanto risultano meno stabili, meno solidi,
degli accordi in posizione fondamentale.

2. Essi permettono la fluidità della linea del basso. L’uso esclusivo di accordi in
posizione fondamentale induce la linea del basso a continui salti, mentre l’uso di
accordi di sesta permette movimenti più graduali, omogenei e quindi più melodici;
evita, inoltre, situazioni antimusicali quali le 5° e 8° parallele, i moti retti tra tutte le
parti, ecc…

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IL SECONDO RIVOLTO

Le triadi in secondo rivolto hanno intervalli di quarta e di sesta sopra il basso, per cui
nell’analisi si useranno i numeri 6-4 in aggiunta al numero romano per distinguerle. Per
secoli, i teorici hanno definito l’intervallo di quarta giusta come una consonanza; i
compositori lo trattano, invece, come una dissonanza. In effetti, dopo averlo definito una
consonanza, la maggior parte dei teorici ha raccomandato di trattarlo come una
dissonanza. Musicalmente parlando, una sonorità è dissonante se è instabile. Le
sonorità dissonanti devono essere risolte in sonorità stabili o consonanti. I termini
consonanza e dissonanza si riferiscono soltanto a ciò e non anche alla sua
gradevolezza o sgradevolezza. Durante il Rinascimento, la quarta giusta fu sempre
trattata come una dissonanza. Nell’armonia tradizionale, l’accordo di quarta e sesta è
trattato come una dissonanza a causa del suo caratteristico intervallo di quarta, per cui
l’uso di queste triadi è molto più limitato rispetto a quello delle triadi in posizione
fondamentale e in primo rivolto. Nella scrittura a 4 voci in genere si raddoppia la
nota al basso e si prepara una delle due note che compongono l’intervallo di
quarta.

L’uso di questo accordo avviene comunemente o nella cadenza perfetta composta o


doppia, o come accordo di passaggio tra una triade fondamentale e il suo primo rivolto.
E’ anche usato come accordo di volta, chiamato pedale 6-4.

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L’ACCORDO DI SETTIMA DI DOMINANTE

Aggiungendo alla triade maggiore sul V grado l’intervallo di settima minore si ottiene un
accordo decisamente instabile, questo a causo di due fattori:

1. L’intervallo di settima minore appena descritto

2. il tritono tra la terza e la settima dell’accordo

La presenza di due elementi dissonanti richiede una cura particolare nella condotta delle
voci: nella tipica risoluzione di questo accordo (all’accordo di tonica), la settima scende
di grado e la terza sale (soprattutto quando è al soprano). La quinta può essere omessa
in quanto, non essendo una dissonanza, non compromette la caratteristica sonorità
dell’accordo di settima di dominante. Per i raddoppi, le note che creano instabilità (la
terza e la settima) non saranno mai raddoppiate.

Una delle caratteristiche della musica, fin dal Rinascimento, consiste nell’accurata
preparazione della dissonanze: esse erano sempre preparate mediante legatura o
ripetizione della nota, o venivano prese per grado. Il salto verso la dissonanza si
considerava antimusicale. Questo procedimento della preparazione della dissonanza si
estese anche al trattamento delle settime negli accordi di settima. Con un salto
ascendente sulla settima, tuttavia, si può enfatizzare la sua tendenza a risolvere
scendendo di grado: la pratica di introdurre la settima senza preparazione contribuì alla
graduale identificazione degli accordi di settima come entità armoniche, piuttosto che
definirli come una triade con l’aggiunta di una nota estranea all’accordo.

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LE NOTE ESTRANEE ALL’ACCORDO

Le note estranee all’accordo sono anche dette note di abbellimento, note non reali, note
secondarie o note accessorie. Esistono diversi metodi di classificazione: uno di questi
definisce la nota estranea all’accordo in base alla relazione armonica che questa ha con
la nota che la precede e con quella che la segue; un altro metodo focalizza l’attenzione,
invece, sulla posizione ritmica(forte o debole) delle note estranee all’accordo.

Nell’armonia tradizionale. le note estranee all’accordo sono dissonanti, sono note, cioè,
che devono essere risolte.

La nota di passaggio (passing tone - PT) è una nota estranea all’accordo che è
approcciata e risolta per grado nella medesima direzione. Quando esse cadono su un
accento forte vengono dette note di passaggio accentate (accented passing tone -
APT). In realtà quest’ultima è un’appoggiatura (W.Piston).

La nota di volta (neighboring tone - NT), detta anche nota ausiliaria (auxiliary tone, o
changing tone, o returning tone), è approcciata e risolta per grado, ma la direzione della
risoluzione è opposta a quella dell’approccio. Si classifica come nota di volta superiore
(upper neighboring tone - UNT) o nota di volta inferiore (lower neighboring tone - LNT).

L’appoggiatura (APP) è una nota estranea all’accordo approcciata per salto e risolta
per grado. Di solito essa si trova in posizione ritmica forte, ma può anche trovarsi in
posizione debole. E’ anche conosciuta come nota d’arrivo, nota di volta incompleta, non
preparata o approcciata per salto.

La nota di sfuggita (escape tone - ET, “échappée” in francese), al contrario


dell’appoggiatura, è una nota estranea all’accordo approcciata per grado e risolta per
salto.

L’anticipazione (anticipation - ANT) è una nota estranea all’accordo e si trova in


posizione ritmica debole: essa anticipa la nota reale dell’accordo successivo, per cui la
sua risoluzione consiste nella ripetizione della stessa nota.

Le note sostituite (changing tones - CT), dette anche doppie note di volta, appaiono
frequentemente nel mezzo di una figurazione di quattro note di cui la prima e l’ultima
sono note reali, mentre le due note estranee nel mezzo sono separate da un intervallo di
terza: è una combinazione di una nota di passaggio più un’appoggiatura.

Il pedale (pedal - PED) è un suono prolungato o ripetuto che sostiene una serie di
accordi diversi: esso si riferisce ad un suono specifico che, di norma, fa parte
dell’accordo d’inizio e/o di quello finale. Quelli più comuni sono di tonica e di dominante.

La nota libera (free tone) è una nota estranea all’accordo approcciata e lasciata di
salto.

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Il ritardo (suspension - SUS) è una delle più importanti note estranee all’accordo. Esso
si riscontra quando la risoluzione per grado di una nota dell’accordo è ritardata e viene
effettuata quando il cambiamento armonico è già avvenuto. Il ritardo si compone di tre
parti:

1. La preparazione (la nota d’approccio consonante)

2. Il ritardo (la nota d’approccio legata o ripetuta mentre cambia l’accordo)

3. La risoluzione (la nota un grado sotto o sopra la nota ritardata).

La preparazione e la risoluzione sono entrambi suoni consonanti, mentre il ritardo è


dissonante. Il ritardo avviene su tempo (movimento o frazione di movimento) forte,
mentre la risoluzione è ritmicamente in posizione più debole del ritardo. Come
dissonanza, il ritardo ebbe un’importanza rilevante nel Rinascimento: era la sola
dissonanza consentita sul tempo forte (proibita, infatti, sul tempo o movimento debole).

I ritardi sono superiori e inferiori (possono risolvere sotto o sopra per grado), i primi sono
i più comuni: 4-3, 7-6 e 9-8 (raramente anche 2-1). Nei primi due è opportuno evitare,
durante il ritardo, il raddoppio della nota risolutiva in un’altra voce: questo può vanificare
l’effetto del ritardo, oltre che produrre una sonorità poco elegante. Oltre che alle voci
superiori, il ritardo può presentarsi anche nel basso (ritardo 2-3); può inoltre avvenire
simultaneamente in due voci come doppio ritardo.

La fioritura del ritardo, introdotta per incrementare l’attività melodica tra esso e la sua
risoluzione, consiste nell’introduzione di altri abbellimenti: l’anticipazione, la nota di
sfuggita o l’appoggiatura. Inoltre, anche una nota dell’accordo può essere inserita tra il
ritardo e la sua risoluzione. Gli abbellimenti possono consistere di due o più note, allo
scopo di creare floridezza melodica prima della risoluzione del ritardo.

Le note estranee cromatiche o alterate (chromatic o altered nonharmonic tones) non


fanno parte della tonalità usata e risolvono tipicamente nella direzione della loro
alterazione.

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LE FUNZIONI ARMONICHE NEI MOVIMENTI BASILARI DELLA FONDAMENTALE

Dei sei movimenti basilari della fondamentali, tre suonano relativamente forti e tre
relativamente deboli: quelli forti danno l’impressione di un’armonia incalzante e vengono
definiti movimenti primari (progressions); i deboli danno l’impressione di un movimento
meno energico, armonicamente stazionario o persino retrogressivo, e sono definiti
movimenti secondari (retrogressions). Il movimento della tonica (che è il centro focale
dell’armonia tonale) verso un qualsiasi altro accordo dà l’impressione di un movimento
forte, rientrando quindi nei movimenti primari.

Movimenti primari Movimenti secondari

Mov. della fondamentale una 5° sotto Mov. della fondamentale una 5° sopra

Mov. della fondamentale una 3° sotto Mov. della fondamentale una 3° sopra

Mov. della fondamentale una 2° sopra Mov. della fondamentale una 2° sotto

Mov. della tonica verso un altro accordo


(Cfr. l’analisi dei movimenti della fondamentale proposto da Schoenberg - Manuale di Armonia p.144)

Osserviamo ora le caratteristiche tipiche delle funzioni di ogni singolo accordo


diatonico, ricordando che valgono sia per la posizione fondamentale che per
quella in primo rivolto.

I o i. L’accordo di tonica costituisca spesso il punto di partenza e il punto d’arrivo nella


musica tonale. Tipicamente, è preceduto dall’accordo di dominante, da quello di
sensibile o dall’accordo di sottodominante.

V. L’accordo di dominante è il più attivo degli accordi. La sua fondamentale si trova una
quinta sopra la tonica e contiene la sensibile della scala. Questi fattori attribuiscono al V
una forte tendenza a muoversi verso l’accordo di tonica, tendenza rafforzata con
l’aggiunta della settima. L’accordo di dominante può anche risolvere, con inganno, verso
la sopraddominante o verso la sottodominante (in quest’ultimo caso l’accordo di
sottodominante è usualmente in primo rivolto. L’accordo di dominante è di solito
preceduto dall’accordo di tonica o dagli accordi di sopratonica, di sottodominante o di
sopradominante.

v. L’accordo minore di dominante è usato nel modo minore per armonizzare il settimo
grado inalterato della scala (la forma naturale della scala minore). Tipicamente si muove
verso gli accordi di sottodominante o di sopradominante. Solitamente, viene preceduto
dagli accordi di tonica o di mediante.

ii o ii°. La fondamentale dell’accordo di sopratonica si trova una quinta giusta sopra la


fondamentale della dominante, per cui la relazione tra questi due è la stessa che

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intercorre tra la dominante e la tonica. L’accordo di sopratonica serve essenzialmente di


preparazione per quello di dominante: le successioni ii-V, ii°-V, ii6-V e ii°6-V sono
alquanto comuni. L’aggiunta di una settima a questo accordo esalta la sua funzione
preparatoria all’accordo di dominante. Di solito è preceduto dagli accordi di tonica, di
sottotonica o di sopradominante.

IV o iv. L’accordo di sottodominante rappresenta pure un’efficace preparazione per


l’accordo di dominante, le successioni IV-V o iv-V sono molto comuni. Questo accordo
spesso si muove verso l’accordo di sopratonica che, a sua volta, si muove verso
l’accordo di dominante; può anche dirigersi direttamente verso l’accordo di tonica
(cadenza plagale). Viene tipicamente preceduto dagli accordi di tonica, sopradominante
o di mediante. può anche servire da risoluzione d’inganno dell’accordo di dominante.

vi o VI. L’accordo di sopradominante è la tipica risoluzione d’inganno della dominante.


Spesso si muove direttamente verso la dominante, ma può anche dirigersi verso gli
accordi di sottodominante e di sopratonica. Può essere preceduto dagli accordi di tonica,
di dominante o di mediante. L’accordo di sopradominante si trova quasi sempre in primo
rivolto, in quanto in primo rivolto può facilmente essere confuso con l’accordo di tonica,
perdendo così il suo specifico carattere.

iii o III. L’accordo di mediante è il meno usato fra le triadi diatoniche. Esso si dirige
solitamente verso glia accordi di sopradominante o di sottodominante e viene preceduto
dagli accordi di sensibile o di tonica. Questo accordo si trova perlopiù nel modo minore,
preceduto usualmente dall’accordo di sottotonica: infatti è l’accordo di tonica della
tonalità relativa.

vii°. L’accordo di quinta diminuita in questione ha funzione di dominante, seppur più


debole. Si trova in genere in primo rivolto, in quanto la posizione fondamentale evidenzia
fortemente il tritono.

VII. L’accordo di sottotonica è usato nel modo minore. Tipicamente si dirige verso
l’accordo di mediante e, in genere, è preceduto dagli accordi di tonica o di
sottodominante.

Di seguito le 4 categorie funzionali degli accordi diatonici di uso più comune.


Funzione di tonica di dominante Preparaz. per la dominante Sostituti della tonica

acc. di tonica acc. di dominante acc. di sopratonica acc. di sopradominante

acc. di sensibile acc. di sottodominante acc. di sottodominante

acc. di sopradominante

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APPLICAZIONE DEI PRINCIPI FUNZIONALI ALLO STILE CORALE

La conoscenza dei principi generali che concernono i movimenti della fondamentale e le


funzioni degli accordi è certamente importante, ma questi principi teorici hanno ben poco
valore se non vengono sperimentati realmente, nella loro sonorità: a ciò si presta lo stile
corale, relativamente semplice melodicamente e ritmicamente, il quale rappresenta un
veicolo appropriato per abituarsi a trattare i problemi dell’armonizzazione.

Analizziamo il metodo di armonizzazione di una frase di corale.

1. La prima cosa è l’analisi della melodia per determinare la tonalità.

2. Scegliete in anticipo la conclusione armonica della frase, il tipo di cadenza.

3. Successivamente stabilite il tasso di cambiamento armonico in essa, il cosiddetto


ritmo armonico (harmonic rhythm). Nello stile corale esso di solito procede per note
di quarti durante la frase. Ricordate che quando un corale inizia in levare, lo stesso
accordo iniziale può trovarsi oltre la stanghetta di battuta sul primo movimento.

4. Per avere una completa visione delle soluzioni armoniche disponibili, scriviamo sotto
la melodia, con numeri romani, ogni accordo possibile.

5. Iniziando dal punto che vi sembra più logico, scegliete gli accordi. Mirate al
movimento armonico che vi sembra più logico. Cantate ed ascoltate: convincetevi
del buon funzionamento. Preoccupatevi del suono, non dei principi.

6. Scrivete l’intera linea del basso: cantatela ed esaminatela in relazione al soprano.


Usate i rivolti per migliorare la condotta delle voci o correggerne gli errori.

7. Aggiungete le voci interne.

8. Aggiungete le note estranee all’accordo e le settime, se appropriate.

9. Ascoltate il risultato cantando ogni linea e modificate ciò che non vi soddisfa.

Quando armonizzate più frasi, innanzitutto decidete le cadenze anche in relazione alle
eventuali modulazioni contenute; successivamente procedete nel modo usuale.

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LA MELODIA TONALE

La melodia esprime la tonalità attraverso la relazione che esiste tra i suoni che la
compongono e la tonica.

I gradi importanti della scala possono essere enfatizzati facendo in modo che vengano
suonati più spesso degli altri: questa tecnica prende il nome di iterazione (iteration).

Anche l’accento ritmico ha il suo peso nell’enfatizzazione di determinati suoni: quando


essi capitano sull’accento forte prendono l’accento metrico (metric accent).

I suoni che hanno più importanza possono essere evidenziati ritmicamente con più
prepotenza attribuendo loro una durata superiore rispetto agli altri: l’accento di durata è
detto accento agogico (agogic accent). A volte esso coincide con l’accento metrico, ma
se ciò non avviene il risultato è una sincope (syncopation).

Anche i suoni che capitano in momenti significativi della melodia, come l’inizio e la fine,
si vedono attribuire un significato aggiuntivo: essi sono messi in risalto strutturalmente.

L’importanza iterativa, ritmica e strutturale sono tre fattori che mettono in risalto
determinati suoni e che non vivono isolatamente.

Al fine di familiarizzare con il tipo di melodia, è opportuno tracciarne il profilo con


evidenza figurativa, attraverso la trascrizione della sua semplice linea delle altezze
intorno a un’altra linea di riferimento: si visualizzerà come note individuali si possano
unire per produrre una buona melodia attraverso il suo tracciato, consentendoci una più
ampia prospettiva per esaminarla.

Un motivo (motive) è una breve idea musicale, riconoscibile e ben caratterizzata, che
può essere ripetuta e trasformata. L’uso di un motivo dà unità alla melodia e, talvolta, a
un pezzo intero. La progressione melodica è uno dei più importanti strumenti per
trasformare un motivo mantenendone, però, la forma originale. Si ha una progressione
(sequence) quando un motivo (o una melodia) viene trasposta su gradi differenti della
scala. Essa è definita progressione tonale (tonal sequence) quando la specie
intervallare può cambiare, mentre nella progressione esatta (real sequence) la specie
intervallare è mantenuta. Vi sono altri modi per trasformare un motivo, uno di questi
consiste nell’invertire gli intervalli proposti da un disegno melodico: questo procedimento
è detto inversione (inversion). Un senso di intensificazione si ha quando il motivo viene
frammentato e reiterato. Altri strumenti sono l’espansione o la contrazione
intervallare del motivo. Progressione, inversione melodica, frammentazione, cambio
d’intervallo, spostamento ritmico, abbellimenti e variazione della forma sono solo alcuni
dei diversi modi per trasformare un motivo. L’uso di un motivo crea unità; le
trasformazioni che non ne distruggono l’identità originale aggiungono quella
varietà che non ne deve sacrificare l’unità.

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Una frase (phrase) è un coerente pensiero musicale che sfocia in una cadenza: è
questa la sua vera caratteristica distintiva, ovvero la punteggiatura operata da una
cadenza. Ve ne sono di regolari o simmetriche (regular o symmetrical) costituite di 2, 4
e 8 battute, e di irregolari o asimmetriche (irregular o asymmetrical) costituite da un
numero dispari di battute. Nel conteggio delle battute ci si riferisce al numero di accenti
metrici che essa contiene. L’unione di due o tre frasi può dar luogo ad una unità più
ampia che viene detta periodo (period). Il più semplice tipo di periodo è formato
dall’unione di due frasi. La caratteristica essenziale del periodo di due frasi risiede
nel fatto che la cadenza della prima frase risulta meno conclusiva di quella della
seconda frase. Questa caratteristica determina l’effetto di domanda/risposta che è
l’essenza della struttura del periodo: la domanda è definita antecedente (antecedent),
mentre la risposta conseguente (conseguente). Se le due frasi di un periodo sono
simili, esso è detto parallelo (parallel period). Affinché un periodo sia parallelo, le due
frasi devono essere simili almeno per una o due misure, sebbene spesso la frase
conseguente sia identica alla frase antecedente fino alla cadenza). Se, d’altra parte, non
vi è alcuna similitudine tra le due frasi, il periodo viene detto contrastante (contrasting
period).

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LA FIGURAZIONE RITMICA-ARMONICA E L’ARMONIZZAZIONE NEGLI STILI


STRUMENTALI

Il ritmo è l’aspetto temporale della musica. L’aspetto ritmico di una melodia (o ritmo
melodico) e l’effetto che si può ottenere da una sua variazione sono fattori dei quali si
prende coscienza immediatamente. Una melodia composta da note di breve durata ci
trasmette un’impressione di agitazione. Sempre con lo stesso tempo, una melodia
composta da note di più lunga durata crea un effetto di più ampio respiro, più solido e
rilassante. Il ritmo armonico (harmonic rhythm) è la frequenza, più o meno densa, con
la quale gli accordi cambiano. Un ritmo armonico denso contribuisce anch’esso ad
esprimere un senso di agitazione; uno meno denso crea un senso di solidità.

(Esempio di costruzione pagg. 282-285).

Come nell’armonizzazione delle melodie corali, è importante intraprendere i lavori


strumentali in modo organizzato. I seguenti suggerimenti possono fornire un metodo
logico per procedere:

1. Cantate o suonate la melodia. Determinate il suo carattere.

2. Stabilite il centro tonale. Esaminate la melodia per ciò che concerne la struttura del
motivo e della frase.

3. Scegliete la cadenza appropriata alla fine di ogni frase.

4. Stabilite il ritmo armonico.

5. Scrivete tutti gli accordi possibili compatibili con il ritmo armonico.

6. Iniziate nel punto che vi sembra più logico e scegliete tra le suddette possibilità.

7. Se le possibilità sono diverse, ascoltate attentamente, cercando di individuare quale


sia la migliore. Provate a giustificare le vostre scelte.

8. Scrivete un’ossatura armonica. Decidete per gli accordi di settima e per i rivolti.

9. Componete un accompagnamento adatto allo schema armonico già compilato.

10. Ascoltate il vostro lavoro. Apportate le modifiche che ritenete necessarie.

11. Copiate la vostra versione finale. Aggiungete il tempo, la dinamica, il fraseggio e le


articolazioni.

(Esercizi pag. 286 e 289).

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