racconta il vino
Le vigne e le tavole,
la produzione e il consumo consapevole
di Massimiliano Coviello
© Enoteca Italiana, Siena 2012
Coordinamento editoriale
Silvana Lilli
Grafica
Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena
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Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena
In copertina
Fotogramma tratto da Rupi del vino di Ermanno Olmi, 2009
Rivendico il diritto (se non addirittura il dovere) di continuare ad essere mondani,
cioè vicini al mondo, vigili su quel che il mondo ci offre. Nonché il diritto (e di
nuovo il dovere) di esemplificare i caratteri della disciplina nel modo più lieve, dida-
scalico, ironico e autoironico che sia possibile. L’intellettuale che pensa solo e soltanto
ai Grandi Valori secondo me non è un intellettuale: non essendo capace di pensare
in termini disincantati, divertiti, banali; non essendo capace di trascorrere dall’astratto al
quotidiano; non essendo capace di vivere la vita comune, allora costui non serve.
I Grandi Valori non hanno senso, se non si vestono da tutti i giorni.
Omar Calabrese
Serio Ludere (Sette serissimi scherzi semiotici), Palermo, Flaccovio, 1993
Indice
Premessa
di Rosa Bianco Finocchiaro 7
Presentazione
di Claudio Galletti 9
Introduzione
di Omar Calabrese 11
0. Introduzione
Riflessi di vino sullo schermo 17
Conclusioni 87
Bibliografia 89
Filmografia 93
Programmi televisivi 94
Sitografia 94
Premessa
di Rosa Bianco Finocchiaro, Coordinatrice Programma
“Cultura che nutre”
Presentazione
di Claudio Galletti, Presidente Enoteca Italiana
Introduzione
di Omar Calabrese, Università degli Studi di Siena
Negli ultimi anni i lettori hanno visto crescere nelle librerie, tra
gli scaffali dedicati all’enologia e all’enogastronomia, il numero
di libri che trattano della presenza del vino nel cinema.
Questi volumi citano i brindisi più celebri nella storia della
settima arte, elencano le bottiglie più amate e apprezzate
dalle star, consigliano il lettore sui vini più appropriati da
abbinare all’ultimo film appena uscito in dvd o al classico
intramontabile, utilizzando come criteri discriminati il genere,
gli attori o le sensazioni che potrebbero essere richiamate
dalla trama. Dall’altra parte dello scaffale, o addirittura in un
altro settore, si collocano invece quei saggi che, utilizzando
un criterio storiografico, hanno investigato la storia del cinema
e le sue diverse declinazioni nazionali per ricostruire una
cronologia dei rapporti tra il mezzo cinematografico e il vino.
La ricerca di Massimiliano Coviello si allontana dai territori
promozionali cavalcati dall’editoria a caccia di mode passeg-
gere e foraggiatrici di istant book e, pur non adottando un
criterio rigorosamente cronologico, affronta i rapporti tra vino
e cultura ingaggiando un’analisi serrata di alcuni testi audiovisi-
vi prodotti in Italia. Piuttosto che le epoche, gli stili e i generi
del cinema, il lavoro che qui è presentato individua alcuni
momenti della narrazione filmica (come il brindisi, il pasto, la
vendemmia, le festività) che forniscono chiavi di lettura per la
comprensione delle funzioni culturali e sociali del vino. In altre
parole, il vino può assumere diverse tipologie di significato
quando diventa “attore” di un testo narrativo quale per l’ap-
punto è un film. Prenderlo in considerazione come un attore
che collabora allo sviluppo del film e della sua trama, facendo
compiere determinate azioni ai protagonisti o ostacolandone
altre, diventa una delle strategie più adeguate per individuar-
12 Il cinema italiano
racconta il vino
0. Introduzione:
Riflessi di vino sullo schermo
Il cinema è stato per tutto il Novecento e continua ad
esserlo tutt’ora, seppur fruito attraverso una miriade di spa-
zi alternativi alla sala cinematografica, dall’home theatre a
YouTube, sino alla visione in movimento consentita dagli
smartphone, un potente strumento di comunicazione, di
propaganda, di intrattenimento e soprattutto di costruzio-
ne e diffusione dell’immaginario sociale. Sullo schermo, in
ogni singolo film, si edifica un mondo con il quale lo spet-
tatore intrattiene un dialogo a distanza fatto di confronti,
scontri, espressioni compiaciute, gesti di disapprovazione.
Ogni volta si crea un sistema di attese e di smentite. Ma
quali sono i poli tra quali si intrattiene questo dialogo?
Se immaginiamo come appare a chi siede in sala ciò che avviene
sullo schermo, a quanto pare la domanda principale che si pone
immancabilmente lo spettatore sarà la seguente: assomiglia alla
vita oppure no? Qui, chissà perché, noi supponiamo di sapere
“cos’è la vita” e di conseguenza, che sia molto semplice para-
gonare lo schermo con la vita. Lo schermo si trova a ricoprire il
ruolo di imputato, di cui valutiamo il comportamento dal punto
di vista di un codice noto in partenza. Avanziamo nei confronti
dello schermo richieste a priori, ed esso è obbligato, con qualche
imbarazzo, a rispondere a tali richieste (LOTMAN – TSIVIAN
1994: 14 tr. it.).
1. La sintassi narrativa
temporaneo, sottolinea lo spazio conviviale, lo scenario
descritta riguarda la conversazionale in cui il vino si colloca e che contribuisce a
presenza di attanti ov- costruire: «Il vino è socializzato perché fonda non solo una
vero di funzioni logiche morale ma anche uno scenario […] dallo spuntino […]
virtuali e non di attori,
che invece si collocano a al festino, dalla conversazione d’osteria al discorso di ban-
livello della manifestazio- chetto» (BARTHES 1957: 68-69 tr. it.). Sempre Barthes,
ne. All’interno di questa definisce il vino come «sostanza di conversione» capace di
sintassi, l’attore “vino”
ricoprirebbe il ruolo at- influenzare le competenze di chi ne fa uso, di trasformarne
tanziale di /aiutante/ che l’umore e gli stati passionali (BARTHES 1957: 67 tr. it.).
fornisce all’attante /sog- In un film, come nelle occasioni quotidiane, il vino può
getto/ delle competenze
per superare una serie di alterare – in senso positivo o negativo – le competenze dei
prove sino a raggiungere personaggi. Il bicchiere di vino sorseggiato a tavola diventa
/l’oggetto di valore/ ed uno strumento che permette al meccanismo narrativo di
ottenere così una sanzio-
ne positiva (GREIMAS
evolversi, producendo delle svolte inattese, dotando i per-
1983: 45-62 tr. it.). sonaggi che ne fanno uso di capacità inedite, dando sfogo
a pensieri e affetti nascosti fino al momento del brindisi. Il
2. L’efficacia simbolica è
stata introdotta dall’an-
vino non è soltanto un elemento scenografico: la bottiglia
tropologo Claude Lévi- di vino che decora i diversi cerimoniali sociali è anche un
Strauss nello studio sugli “attore” narrativo, un “aiutante”, capace di modificare le
effetti dei rituali sciama-
nici tra la popolazione
competenze di chi ne fa uso, di far progredire lo sviluppo
Cuna (LÉVI-STRAUSS della trama, addirittura di ribaltare le situazioni narrative,
1958: 210-230 tr. it.). Il istruendo, al contempo, la visione dello spettatore 1 .
concetto è stato ampia-
mente ripreso negli studi
Nelle storie raccontate dai film, il vino mette in gioco la sua
sociosemiotici sugli effetti efficacia, manipola il sapere dei personaggi, le loro azioni,
dei discorsi sociali e me- favorisce l’emergere di stati passionali, ne modula l’intensità
diatici (MARRONE e ne influenza la dimensione somatica, qualificandosi come
2001: XXX-XXXVI).
oggetto simbolico capace di rendere pertinenti alcuni dei
3. Sui rapporti tra cine-
ma e gusto si veda lo stu-
valori astratti che fondano un sistema sociale, come il pia-
dio di Lorenzo Bianciar- cere e l’eleganza o, al contrario, la devianza e l’eccesso 2 .
di dedicato all’analisi del La tavola sulla quale si consuma il pasto può essere consi-
film di Ang Lee Man- derata come un “banco di montaggio” delle qualità con le
giare bere uomo donna
(Yin shi nan nu, 1994). quali il gusto coinvolge a pieno la sensorialità dei commen-
Nel primo capitolo si sali e cerca di trasmetterla anche allo spettatore 3.
trova una rassegna critica
delle teorie filosofiche
Gli aspetti sensibili e quelli sensoriali, si mescolano nella
classiche, dell’approccio rappresentazione di una pratica sociale come quella del
semiotico e di quello fe- mangiare in compagnia, sviluppando così le possibilità di
Il cinema italiano
racconta il vino 25
interdipendenza e stimolazione reciproca tra i sensi che
sono alla base dei processi sinestesici 4.
La tavola imbandita di bevande e pietanze è un’architet-
tura del gusto in cui i sensi si concatenano in modo preciso
secondo i gesti inquadrati dalla macchina da presa. In un
lavoro dedicato al coinvolgimento sensoriale e alle forme
di manifestazione del senso in cucina e attorno alla tavola,
Gianfranco Marrone scrive:
Il senso della cucina passa da una cucina del senso. Ma è la ta-
vola a costituire sempre e comunque il luogo – fisico e simbolico
al contempo – in cui il corpo di ciascuno di noi, senza perdere
le proprie specifiche istanze, si fa essere sociale, elemento costi-
tutivo di una qualche forma di intersoggettività: i nostri processi
sensoriali, superando le anguste vie del bisogno alimentare, ac-
cedono senza soluzione di continuità verso i più ampi lidi del nomenologico ai temi del
piacere del palato e della multiforme patina di significazione che, gusto e della sinestesia. Il
fondandolo, ne deriva. Dai sensi si accede così al senso, ai valori secondo capitolo è inve-
ce dedicato alle strategie
sociali e culturali, in un via vai ininterrotto dove la dimensione che il cinema adotta per
somatica e quella collettiva finiscono per rivelare la loro comune chiamare in causa ed
derivazione semiotica e, perciò, il loro essere un’unica, troppo evocare l’intero apparato
sensoriale dello spetta-
umana realtà (MARRONE – GIANNITRAPANI 2012: 8). tore (BIANCIARDI
2011).
Allo stesso modo, anche la degustazione del vino si svolge
4. Fisiologia del gusto di
seguendo una precisa concatenazione di gesti che prende Jean Anthelme Brillat-
in considerazione le caratteristiche della bevanda, da quelle Savarin, pubblicato per
cromatiche a quelle gustative, e si relaziona ai sensi del la prima volta nel 1825,
è uno dei testi classici sul
degustatore, la vista, poi l’olfatto e infine il gusto. tema. Il lavoro di Brillat-
Savarin ha avuto diverse
La descrizione dell’aspetto visivo del vino è, secondo tradizione, riletture, tra cui quella
la prima ad essere svolta, seguita da quella della dimensione di Barthes (1984) e di
Gianfranco Marrone
olfattiva, per concludersi con quella del gusto vero e proprio (2000) che hanno rile-
e, infine, del retrogusto. Questo ordine assume una dimensione vato il “funzionamento”
rituale, in quanto non è mai messo in discussione e rispecchia semiotico del gusto e il
suo rapporto con gli altri
una gerarchia degli ordini sensoriali che sono disposti in strati sensi e, più in generale,
di profondità a seconda della distanza che separa il soggetto con la corporeità.
26 Il cinema italiano
racconta il vino
Figura 1 Figura 2
Il cinema italiano
racconta il vino 31
Figura 3 Figura 4
Figura 5 Figura 6
Figura 7 Figura 8
Figura 9
Figura 10
Figura 11
Il cinema italiano
racconta il vino 43
Al pranzo di Ferragosto è dedicato il finale del film. Sedu-
te attorno alla tavola apparecchiata per le grandi occasioni,
vestite con gli abiti della festa, le anziane signore sorridono,
gioiscono e alzano i calici per brindare (Fig. 12).
Figura 12
2. I vitigni, le tradizioni,
le nuove frontiere:
i documentari italiani sul vino
2.1 Un precedente letterario.
Il taccuino dei “viaggi d’assaggio”
tra le vigne d’Italia:
Vino al vino di Mario Soldati.
Figura 15 Figura 16
Nossiter va ben oltre l’osservazione partecipata e costruisce
il suo documentario attraverso un sistema di opposizioni sul
quale si regge l’intera messa in scena e che serve a veicolare
la sua “tesi”. Una scelta “orientata”, mai celata ma nemme-
no reazionaria. In questo sistema, i vini “globalizzati”, come
L’Opus One e i Super Tuscans, si oppongono ai vini
naturali, come la Malvasia di Bosa; il marchio si oppone alla
58 Il cinema italiano
racconta il vino
Figura 17
Figura 18 Figura 19
Una ciclicità che sembra rispettare un altro ciclo naturale,
quello del giorno e della notte: dal sorgere del sole al suo
splendere alto nel cielo, da un piano fisso ad una ripresa in
movimento, mentre l’automobile su cui si trova l’operatore
di macchina si allontana definitivamente dai luoghi del film.
Se i piani sequenza accompagnano con discrezione e cu-
riosità le protagoniste tra i filari e le cantine, mentre i piani
fissi sono spesso utilizzati per riprendere gli spazi domestici,
nell’ultima sequenza gli stacchi di montaggio fanno dialo-
gare gli attori, gli spazi e i tempi delle diverse vendemmie
(Figg. 20-21).
Figura 20 Figura 21
I documentari analizzati finora hanno mostrato lo stato attuale
della produzione vinicola nel mondo e in Italia, concentran-
dosi soprattutto sulla difesa delle diversità, dei vitigni dalle
piccole dimensioni e del vino biologico. Ma per entrare nelle
profondità del legame tra l’attività millenaria della vendemmia
e le tradizioni alimentari, rituali e culturali, l’attenzione dello
spettatore e dell’analista si dovranno rivolgere ad un altro
documentario, Rupi del vino (2009) di Ermanno Olmi.
64 Il cinema italiano
racconta il vino
Figura 23
Figura 24 Figura 25
Figura 26 Figura 27
Figura 29
Il cinema italiano
racconta il vino 85
Ecco come le note di regia descrivono l’idea alla base del
cortometraggio e il suo plot, in cui i ricordi personali della
regista Nadia Salatin vengono rievocati e trasformati in un
racconto di finzione:
Trovata l’idea. Un bicchiere tintinna, accompagnando in sotto-
fondo il piacere di stare insieme, come la musica in un pianobar,
come un poeta seduto in un’osteria, scandendo dolcemente il
tempo, dalla bambina che rivedo guardare il mosto di settembre
ribollire nella cantina di mio padre, alla donna che ora gioca e
ride con gli amici in una fredda sera d’inverno, e risolve l’indo-
vinello.
Ho trasportato la mia storia fuori dal bar e dentro una famiglia,
aprendo lo sguardo sulla quotidianità del rapporto con il vino,
naturale come il suo maturare al sole, spontaneo e rituale come lo
scorrere dei giorni in un piccolo paese di campagna, un rapporto
di fiducia, perché non c’è un passo fondamentale nelle nostre
strade che non sia sigillato con un brindisi.
Conclusioni
La panoramica attraverso le tavole messe in scena dal ci-
nema italiano, tra i vitigni esplorati dai documentari “eno-
gastronomici” e i progetti promossi dagli enti preposti alla
salvaguardia e alla promozione del patrimonio e della cul-
tura vitivinicola italiana è servita a ricostruire, senza prete-
se di esaustività, il campo dei rapporti che il linguaggio
audiovisivo ha costantemente instaurato con il mondo
del vino. Il cinema, sia di fiction che documentaristico, ha
utilizzato il vino, le sue modalità produttive e i luoghi del
suo consumo (dalla cena all’aperitivo, dalla degustazione
al brindisi) come strumenti per costruire delle storie che
descrivessero le trasformazioni culturali, il rapporto con le
tradizioni e il mutamento dei gusti enogastronomici della
società italiana. Questa tendenza possiede tuttora i suoi
risvolti positivi. Basta soffermarsi, ad esempio, sulla crescita
esponenziale dei documentari, dei festival e delle rasse-
gne cinematografie che sono dedicate al vino. Negli ultimi
anni si assiste allo sviluppo del fenomeno speculare rispetto
a quello descritto in precedenza. Concorsi dedicati alle
giovani generazioni, manifestazioni e fiere legate al vino
utilizzano le diverse forme del linguaggio audiovisivo per
ridefinire ed implementare i loro obiettivi di comunicazione
sociale. La promozione del consumo consapevole del vino
si abbevera allo sterminato bacino della rappresentazione
cinematografica per trovare in esso storie e modelli figurativi
da riproporre all’interno delle campagne di sensibilizzazio-
ne. Laddove non è preponderante l’aspetto commerciale
di un prodotto, il film, nelle sue diverse durate, diventa il
canale adeguato per informare lo spettatore, garantendogli
momenti di apprendimento e di crescita formativa. Capa-
cità che il cinema ha incrementato anche attraverso l’ibri-
dazione e il contatto con i nuovi mezzi di comunicazione:
dai videofonini di ultima generazione ai social network del
88 Il cinema italiano
racconta il vino
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C’eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola, Italia, 1974.
Come un poeta seduto in osteria, regia di Nadia Salatin, Italia, 2011.
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94 Il cinema italiano
racconta il vino
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www.wineblog.it
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Il cinema italiano
racconta il vino 95
Capitolo 2
Figure 13 e 14: Mario Soldati durante il programma televisivo Viaggio lungo
la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1957).
Figure 15 e 16: Mondovino (2004) di Jonathan Nossiter.
Figure 17, 18, 19, 20, 21: Senza Trucco. Le donne del vino naturale (2011)
di Giulia Graglia.
Figure 22 e 23: Rupi del vino (2009) di Ermanno Olmi.
Capitolo 3
Figure 23 e 24: 1979 (2011) di Michele Socci.
Figure 25 e 26: Un giorno d’autunno (2011) di Federica Wu.
Figura 27: Adamant (2011) di Giacomo Mantovani.
Figura 28: Come un poeta seduto in osteria (2011) di Nadia Salatin.
Finito di stampare nel mese di giugno 2012