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CAPITOLO 8:

MERDAP L’IMMENSO FASCINO DI PLATONE


Nell’antichità Platone veniva considerato figlio di Apollo, il dio della perfezione e
dell'armonia, perché gli antichi amavano attribuire una nascita divina a chi aveva
delle doti straordinarie.
Chiunque si avvicini a Platone è affascinato perché:
• Approfondisce il concetto di anima;
• fu l'“inventore" delle idee intese come forme immateriali in cui si muove
l'essere;
• fu il padre dell'utopismo;
• si interrogò sulla natura
• fece uso di miti per spiegare la sua filosofia
Platone nacque ad Atene nel 428/427 a.C.. Il vero nome di Platone era Aristocle,
come quello del nonno. Sono state fatte diverse teorie riguardo al soprannome
“Platone”:
• alcuni credono che il maestro di ginnastica lo chiamò così per la sua forza
fisica: infatti in greco “platis” significa “vasto";
• altri che vada attribuito alla grandezza della sua fronte;
• altri per l’ampiezza del suo stile letterario.
Apparteneva all’elite dell’aristocrazia ateniese quindi il suo destino sarebbe stato di
politica attiva: questo non accadde poiché a 20 anni incontrò Socrate, che favorì in
lui il nascere della riflessione politica ed il malessere per la politica ateniese che
culminò nella condanna a morte di Socrate.
Dopo la condanna a morte di Socrate, lasciò Atene e soggiornò a Siracusa dove cercò
di trasformare i governanti in filosofi, secondo Platone, se giunti al potere i filosofi,
gli uomini si sarebbero liberati dal male.
Tornato ad Atene, fondò l'Accademia, che era caratterizzata dalla vita del maestro
trascorsa in comune con i suoi discepoli, e vi insegnò per 20 anni, poiché poi tornò a
Siracusa ma i nuovi tiranni non accettarono i consigli di Platone. Tornato ad Atene ci
morì.
MERDAP LE OPERE E LA SCELTA DELLA FORMA DEL DIALOGO (PLATONE)
Il corpus degli scritti di Platone comprende 34 dialoghi, l'Apologia di Socrate e 13
lettere. Una decina di dialoghi ci è giunta con il nome di Platone però non sono
scritti da lui, quindi sono apocrifi. Gli studiosi hanno cercato di ricostruire un ordine
cronologico dei dialoghi platonici: vi sono i dialoghi giovanili, i dialoghi della maturità
e i dialoghi della vecchiaia. Le 13 lettere sono state accettate come autentiche fino al
V secolo d.C., poi però si cominciò a ritenerle per la maggior parte apocrife. Queste
lettere sono dei testi inviati a importanti politici o intellettuali dell'epoca o a
discepoli.
La 7 Lettera contiene notizie importanti sulla vita di Platone come fatti riguardanti la
sua vita da giovane e al suo interesse per la vita politica. In questa lettera Platone
afferma di non aver mai messo per iscritto la sua vera dottrina, mentre in realtà
Platone scrisse ma nella convinzione che la parola scritta non fosse lo strumento
adeguato per la filosofia e ne indica i 3 grandi limiti nel Fedro:
 Esporre i principi filosofici scrivendoli può ingannare sulla facilità di
apprendere la conoscenza
 Se scrive la sua filosofia poi non può rispondere alle critiche o chiarire dei
dubbi
 Il dialogo spinge a utilizzare la memoria, mentre lo scritto alla dimenticanza.
Nonostante questi 3 limiti lui non rinuncia alla scrittura perché non voleva
trasmettere la sua dottrina ma stimolare la ricerca filosofica, ed è anche per questo
che scelse la forma del dialogo: per innescare una discussione.
Nei suoi dialoghi Platone utilizza i miti, per spiegare in modo intuitivo concetti
filosofici. Questi miti svolgono due principali funzioni:
 Li utilizza per spiegare in maniera intuitiva un discorso
 Altri svolgono una funzione allusiva
MERDAP SOCRATE E LA POLEMICA CON I SOFISTI (PLATONE)
Per alcuni aspetti Platone e Socrate sono molto simili:
 Entrambi considerano il dialogo il metodo più adatto alla ricerca della verità
 Entrambi considerano che la filosofia abbia il compito di insegnare agli uomini
la virtù
 Entrambi ritengono che la filosofia consista nella ricerca del bene e del vero
 Entrambi ritengono sia giusto dedicare la propria vita all'insegnamento della
filosofia perché la considerano una missione
Nel Protagora si parla di virtù di cui Protagora si dichiara maestro. Secondo Socrate,
le virtù di Protagora sono delle abilità, frutto dell'esperienza personale, quindi non
insegnabili.
Nell'Eutidemo Platone critica l'eristica (tecnica con la quale i sofisti pretendevano di
confutare qualunque discorso o sostenere dottrine opposte). Il dialogo si conclude
condannando questa tecnica e lodando la filosofia intesa come il sapere che illumina
l'uomo nel cammino verso la felicità.
Nel Gorgia l'argomento centrale è la retorica, intesa come capacità di persuasione.
Due erano le dottrine più diffuse sulla questione del linguaggio:
 quella della convenzionalità del linguaggio (i nomi vengono attribuiti alle cose
dagli uomini)
 quella della naturalità (i nomi dipendono dalla natura stessa degli oggetti)
Per Platone queste dottrine sono errate, poiché sembrerebbe che il linguaggio non
può mai sbagliare, mentre l'errore è noto a tutti, e quindi i nomi sono attribuiti dagli
uomini ma in base ad una certa somiglianza tra nomi e cose.
CAPITOLO 9:
MERDAP LA SCOPERTA DELLE IDEE (PLATONE)
A differenza di Socrate che diceva di non sapere, Platone dichiara invece di sapere
per la dottrina delle idee. In pratica Platone utilizza la metafora della navigazione per
descrivere la conoscenza nel Fedone: ci sono due tipi di navigazione:
 la 1 è quella in cui si naviga grazie al vento; questa sarebbe quindi la
conoscenza per mezzo dei sensi (utilizzata dai primi filosofi, ad esempio la
scuola di Mileto)
 la 2 è quella in cui si naviga per mezzo dei remi, che rappresentano la ragione
Per Platone la realtà si divide in due piani:
• il piano sensibile, quindi uno fisico e materiale che si conosce con i sensi
• il piano intellegibile, quindi comprensibile solo con la ragione
Le idee per Platone sono delle entità intellegibili, che possiamo percepire solo con la
ragione, non con i sensi. La differenza tra il mondo delle idee e il mondo sensibile si
riflette nella differenza tra opinione (doxa) e scienza (epistéme):
• Se consideriamo il mondo sensibile che è mutevole, possiamo solo formulare
un'opinione, che è una comprensione imperfetta della realtà
• se consideriamo le idee, che sono immutabili, è possibile fare scienza, ovvero
una conoscenza immutabile che può fare affermazioni universali
Questa distinzione viene chiamata dualismo ontologico: l'essere delle idee è
strutturalmente differente da quello delle cose: da questo deriva il dualismo
gnoseologico, cioè che riguarda la conoscenza.
Platone descrive il mondo delle idee e individua due tipologie:
• le idee-valori
• le idee-matematiche
Platone esclude l'esistenza di idee relative a cose vili.
Anche se esistono molteplici idee, esiste un ordine gerarchico piramidale:
• alla punta della piramide c’è il Bene, l'idea suprema
• sotto ci sono le idee-valori che sono delle manifestazioni del Bene
• le idee-matematiche
• alla base della piramide, troviamo le idee delle cose naturali e quelle artificiali
Per quanto riguarda l'utilità delle idee Platone da due funzioni fondamentali:
 sono causa delle cose: non esisterebbe il mondo sensibile senza un modello
da seguire
 sono dei criteri di giudizio, poiché non possiamo farne a meno per esprimere
dei giudizi
Le idee hanno sede in un mondo diverso dal nostro, che Platone indica come
iperuranio (“al di là del cielo", cielo inteso come mondo sensibile): le idee entrano in
relazione con il mondo fisico attraverso rapporti di:
 mimési: la cosa imita l’idea
 metéssi: la cosa partecipa dell’idea
 parusìa: l’idea che è presente nella cosa
MERDAP LA CONOSCENZA DELLE IDEE (PLATONE)
Le idee appartengono a un mondo immateriale e perfetto e sono conoscibili
dall’uomo per mezzo della ragione. Platone usa la dottrina della metempsicosi delle
anime per spiegare il perché le idee immateriali appaiano nella mente degli uomini.
L’anima è vissuta nell'iperuranio dove ha conosciuto il mondo delle idee. Una volta
nati però quel mondo è solo un vago ricordo, ma poi l'anima inizia a ricordare:
questa teoria si chiama ANAMNESI e per questo la conoscenza è innata.
Nel Menone Platone riprende il metodo maieutico di Socrate (l’uomo interrogato
scopre che la verità è nella sua anima). Con la teoria dell’anamnesi si sottintende
l'immortalità dell'anima e per sostenere ciò Platone elenca (nel Fedone) 3 prove:
 Prova dei contrari: ogni cosa si genera dal suo contrario (l’anima dopo la
morte rinasce)
 Prova della somiglianza: l’anima è simile alle idee e come le idee è eterna
 Prova della vitalità: l’anima è soffio vitale e l’idea di vita è eterna
Alla riflessione sull'immortalità si collega quella sul destino. Questo tema è
affrontato nel mito di Er, che ribalta il modo di pensare greco dove sono gli dei a
decidere il destino degli uomini: per Platone sono invece le anime che scelgono il
proprio destino
MERDAP L’AMORE COME DESIDERIO DI BELLEZZA (PLATONE)
Per Platone il rapporto tra l'uomo e le idee può essere amore, che per lui è desiderio
di bellezza intesa come armonia, misura e proporzione. Nel Simposio e nel Fedro
Platone affronta l'argomento dell’amore.
Nel Simposio si svolge durante un banchetto dove gli invitati tengono dei discorsi
riguardo l'amore:
• per Fedro è causa di bene, perché l'amore porta alle cose belle;
• per Pausanìa è attrazione e distingue tra amore volgare, quindi l'attrazione
verso i corpi, e l’amore celeste, rivolta verso le anime;
• per Erissìmaco è una forza cosmica che può armonizzare tutto;
• Aristofane spiega l'amore con un mito in cui narra di umanità divisa in tre
generi: maschi, femmine e andrògini (figli della Luna), in cui nella stessa
persona vi era un uomo e una donna. Però divisero a metà ciascun essere
umano, rendendolo o solo maschio o a solo femmina. Le due metà si cercano
per tornare un tutt’uno e ciò spiegherebbe anche l'attrazione sessuale.
Sempre nel Simposio si parla di Eros che è l'immagine del filosofo, perché non
possiede la sapienza ma la desidera. Eros è mosso da un impulso verso la forma più
alta di bellezza attraverso un percorso formato da 6 passi e chiamato “ascesi
dell’eros”:
1) desiderio di generare da un corpo bello un altro corpo bello
2) bellezza corporale = comprendere che la bellezza è uguale in tutti i corpi
3) la scoperta della bellezza dell'anima cioè dell’amore spirituale
4) l'amore per la bellezza delle istituzioni e delle leggi (poiché sono creazioni
dell’anima)
5) bellezza delle scienze
6) infine l’uomo giunge a scoprire la bellezza in sé, cioè la bellezza nel suo essere
sapienza ovvero l’amore supremo che è l’oggetto della filosofia
Secondo Platone non ci si deve fermare ad una relazione affettiva ma deve dirigersi
verso le cose belle fino a diventare l’amore per la verità.
Nel Fedro Platone riflette sul rapporto dell'anima con la bellezza e qui Socrate
ricorre al mito, descrivendo l'anima come una biga alata trainata da due cavalli alati,
uno bianco e docile, l'altro nero e ribelle. La meta è l’iperuranio ma il cavallo ribelle
tende a riportare la biga verso il basso: in questo modo l’anima non contempla mai
in modo completo le idee.
MERDAP LA REPUBBLICA (PLATONE)
Alla politica, Platone dedicò diverse opere, tra cui la Repubblica, che è la più vasta,
di 10 libri. Il dialogo è condotto da Socrate. Ogni comunità si fonda sulla giustizia e
quindi uno Stato più è giusto, più è forte. Uno Stato è giusto quando tutti i cittadini
sono giusti. Nel Fedro, Platone considerava l'anima tripartita, divisa cioè in tre parti:
1) la parte più nobile è quella razionale (vivere secondo ragione da luogo alla
virtù della saggezza) (AURIGA)
2) la parte irascibile sta dalla parte della ragione ma può farsi trascinare dai sensi
(CAVALLO BIANCO)
3) la parte concupiscibile che è caratterizzata dalle cose percepite dai sensi
(CAVALLO NERO)
Un individuo è giusto se vive secondo sapienza (1), coraggio (2) e temperanza (3) e
se ogni parte della sua anima adempie alle sue funzioni
Come l'anima è tripartita, anche lo Stato deve essere diviso in classi:
1) la prima classe è quella dei governanti (corrisponde alla parte razionale e la
sua virtù è la sapienza)
2) la seconda è quella dei guerrieri (corrisponder alla parte irascibile, coraggio)
3) la terza è quella dei cittadini comuni (parte concupiscibile, temperanza)
Quindi uno stato è giusto se ogni cittadino svolge il compito che gli è stato
assegnato.
Se lo stato si articola in 3 classi, come si determina la collocazione di un individuo in
una classe piuttosto che in un’altra? Anche qui risponde con un mito, chiamato
Racconto Fenicio. La divinità ha differenziato gli uomini dando ad alcuni una natura
aurea (1), ad altri una argentea (2) e ad altri una ferrea o bronzea (3).
Platone ha in mente una sofocrazia, ovvero il governo dei sapienti. A governare
devono essere i più sapienti ovvero i filosofi, per il bene di tutti.
L’abolizione della famiglia permette di dar spazio alla comunanza delle donne,
finalizzato a migliorare la generazione dei figli: la scelta di quale generazione deve
essere nelle mani dello stato (i migliori si devono accoppiare con i migliori). Una
volta nati i bambini saranno tolti ai genitori: abolite le famiglie, lo stato sarà una sola
grande famiglia
Governanti e guerrieri non possono avere beni privati. Questi beni devono essere in
comune, perché lo Stato deve perseguire gli interessi di tutti e non la ricchezza del
singolo.
Platone sa che lo Stato da lui descritto è un’utopia, quindi un modello ideale al quale
guardare per attuare i diversi sistemi di governo. Ci possono essere degenerazioni,
cioè forme di governo che non possono rendere lo stato giusto:
1) Timocrazia (governo fondato sull’onore e non sulla sapienza)
2) Oligarchia (governo dei pochi fondato sulla ricchezza)
3) Democrazia (governo del popolo, che secondo Platone è pericolosa perché
l’eccesso di libertà porta all’anarchia)
4) Tirannide (che nasce dalla crisi della democrazia)
Platone infatti si dichiara antidemocratico poiché individua nella democrazia tre
difetti.
• non ha senso decidere a maggioranza perché deve essere la ragione a guidarci
• la democrazia è la prepotenza della maggioranza sulla minoranza
• la democrazia si fonda sul principio dell'uguaglianza anche se siamo tutti
diversi
Nello Stato di Platone è fondamentale l'educazione. Platone è convinto che se un
individuo viene sin dalla nascita educato a fare del bene non si lascerà corrompere
da adulto quando potrebbe avere responsabilità di governo.
MERDAP LA CONOSCENZA E L’EDUCAZIONE (PLATONE)
L’obiettivo del sistema educativo di Platone è formare alla filosofia, ovvero l’amore
per la sapienza. Platone torna a riflettere sul tema della conoscenza:
• si ha conoscenza solo di ciò che è
• di ciò che non è non si ha conoscenza
• di ciò che diviene si può solo avere opinione
Per Platone ci sono due forme di conoscenza Per quanto riguarda la conoscenza che
corrispondo ai diversi piani della realtà:
• la conoscenza sensibile, cioè la doxa, riguarda le opinioni sulle cose mutevoli e
comprende:
• la congettura, ovvero un'opinione superficiale perché ha per oggetto le
immagini delle cose
• la credenza, un'opinione attendibile perché ha come oggetto la
percezione chiara delle cose sensibili
• la conoscenza razionale o scienza, ovvero l’epistéme, riguarda le idee
immutabili e perfette e comprende:
• la ragione matematica che ha per ente le idee matematiche
• l’intelligenza filosofica che ha quindi una conoscenza intuitiva delle idee
Per spiegare il suo pensiero sulla conoscenza Platone paragona la condizione umana
a quella di alcuni uomini rinchiusi in una caverna: questi uomini sono legati e vedono
solo la parete della caverna sulla quale si proiettano le ombre di ogni tipo di oggetti,
quindi le ombre per loro sono l’unica realtà esistente. Se uno di loro si liberasse,
comprenderebbe che gli oggetti che prima erano ritenuti veri non sono che ombre,
uscito dalla caverna, dopo essersi abituato alla luce, vedrebbe il sole stesso e tutte le
cose reali. Se il filosofo tornasse dai compagni rimasti al buio, non riuscirebbe più ad
identificare le ombre e gli altri prigionieri lo accuserebbero di essere tornato con gli
“occhi guasti”, sarebbe deriso e i compagni, infastiditi dal suo desiderio di liberarli,
lo ucciderebbero.
Questa allegoria può avere più punti di vista:
• il primo, distinzione tra mondo sensibile e mondo delle idee
• il secondo, la dottrina divisa in conoscenza sensibile e la conoscenza
intellettuale
• il terzo, l'interpretazione della vita come una liberazione dall'ignoranza
• il quarto, la sorte di Socrate, che ha provato a insegnare la vera conoscenza ed
è stato ucciso per questo
• il quinto, il compito del filosofo, ovvero quello di mettere al servizio di tutti il
suo sapere
Per Platone la conoscenza non deve essere fine a sé stessa cioè di un singolo
individuo, ma il suo fine è politico, cioè deve essere utile a fondare una comunità
umana giusta e felice e il filosofo sarebbe la guida.
L’educazione inizia a 7 anni e si divide in 3 fasi, ovvero 3 tipi di apprendimento
diversi:
1) La disciplina dei sensi, il fanciullo si forma con la ginnastica, lo studio della
musica e della poesia
2) Apprendimento delle scienze matematiche
3) Apprendimento della filosofia, tra i 35 ed i 50 anni i migliori tra quelli che
hanno appreso le scienze matematiche passano a studiare la filosofia ed il
culmine è la dialettica, cioè la scienza che studia il rapporto tra le idee e in
particolare il rapporto tra il bene e le idee
Nel corso di studi previsto da Platone non è presente nessuna arte, le condanna per
2 motivi:
1) le arti si limitano a copiare gli oggetti sensibili che sono a loro volta copie delle
idee e quindi il loro valore è nulla
2) ritiene che l’arte trasmetta emozioni negative e violente che distolgono gli
uomini (soprattutto i governanti) dall’uso della ragione filosofica
CAPITOLO 10:
MERDAP GLI INTERROGATIVI DELLA VECCHIAIA (PLATONE)
Nel sistema filosofico di Platone restavano aperte alcune questioni sulle quali
Platone riflette nei dialoghi della vecchiaia:
• Nel Teeteto Platone riflette sul mondo delle idee tramite il tema della
conoscenza e la distinzione tra la verità ed errore
• Nel Parmenide e nel Sofista sul mondo delle idee, la questione è come
conciliare la molteplicità delle idee con l’unicità dell’essere di Parmenide
• Nel Filebo la questione trattata riguarda la definizione del bene per l’uomo
• Nel Timeo la questione era l’origine dell’universo ed il rapporto tra il mondo
delle idee ed il mondo delle cose
• Nel Politico e nelle Leggi la questione concerneva la politica e le
caratteristiche di uno stato ideale e non solo ideale
Nel Teeteto sostiene la tesi che la conoscenza derivi dalla sensazione, questa tesi
implica però che la verità sia soggettiva e mutevole: per Platone invece deve esistere
un vero in sé che rispecchi le cose così come sono. In conclusione la conoscenza che
ci deriva dai sensi non è vera conoscenza: spetta all’anima valutare le sensazioni
giungendo all’opinione vera. Nel dialogo si dice inoltre che per sapere in che cosa
consista l'errore occorre sapere che cosa sia la conoscenza, quindi la verità. Per
Parmenide la verità coincide con l'essere e l'errore con il non essere.
Nel Parmenide Platone immagina che il vecchio filosofo di Elea gli esponga tutte le
obiezioni contro la teoria delle idee tra cui quella sul fatto che l'idea rimane intatta
nella sua unicità senza moltiplicarsi anche se Parmenide dice che «l'essere è e il non
essere non è» escludendo ogni forma di molteplicità. Inoltre se abbiamo un’idea
ogni volta che consideriamo nella sua unità una molteplicità di oggetti, avremo
un’altra idea quando considereremo l’insieme di questi oggetti più la loro idea, e
così all’infinito. Da qui l’inevitabile scontro con la logica eleatica. I rapporti tra le idee
sono infatti incompatibili con l’assoluta complicità dell’essere.
Nel Sofista Platone risponde alla domanda “come possono esistere più idee e come
possono comunicare tra loro?” utilizzando la dottrina dei "generi sommi", ovvero le
caratteristiche fondamentali delle idee, che sono cinque.
1) essere
2) essere identico
3) essere diverso
4) essere in movimento
5) essere in quiete
Platone arriva ad accusare Parmenide di aver confuso il diverso con il nulla. Il non
essere è da intendersi non in senso assoluto ma in senso relativo. Con questo
ragionamento Platone giunge al "parmenicidio”. Platone risolve il problema
dell’errore, dicendo che l'errore consiste nel dire le cose diversamente da come in
effetti sono.
Platone elabora una definizione più generale affermando che l’essere è possibilità o
relazione, ovvero di agire o subire un’azione da parte di qualcos’altro in quanto è
capace di entrare in relazione con un altro. Infatti il nulla non è perché non ha la
possibilità di entrare in relazione con nessun oggetto o realtà. Questa definizione
dell’essere è applicabile non solo alle idee ma anche alle cose naturali dell’uomo.
Nei vari dialoghi Platone parla di dialettica:
• Nella Repubblica la "dialettica" indicava la scienza che studia il rapporto tra il
Bene e le idee
• Nel Fedro invece indica la tecnica del discorso filosofico. Platone utilizza due
metodi: il metodo della riconduzione dà luogo alla dialettica ascensiva (cioè si
sale verso l’unità delle idee riconducendo ad un’unica idea la molteplicità
delle cose disperse nella realtà sensibile); il metodo della divisione dà luogo
alla dialettica discensiva (si scende dall’idea suprema dividendo le idee l’una
dalle altre fino a giungere a delle idee che non ne includono altre)
• Nel Sofista la dialettica può giungere a conoscere le cose così “come
effettivamente sono" ovvero la verità delle cose
In pratica per definire un’idea si avanza mediante un procedimento dicotomico,
basato cioè sulla “divisione per 2” delle idee con cui essa si identifica fino a giungere
ad un’idea terminale. Questo non esclude che possano essere trovate altre
definizioni: da qui il limite della dialettica dicotomica come strumento di
conoscenza.
MERDAP LA DEFINIZIONE DI BENE E LA VISIONE COSMOLOGICA (PLATONE)
Nel Filebo alla proposta di far coincidere il Bene con il piacere, Socrate obbietta che
l’esercizio dell’intelligenza è preferibile alla ricerca del piacere perché il piacere è
tipico degli animali mentre l’intelligenza caratterizza l’uomo. L’uomo però non è solo
intelligenza, quindi per l’uomo il Bene sarà una giusta misura di piacere ed
intelligenza: emerge così una scala di valori che costituiscono il bene per l’uomo:
• al primo posto vi è il giusto mezzo
• al secondo posto tutto ciò che è bello e proporzionato
• al terzo l'intelligenza
• al quarto la scienza e l'opinione
• al quinto i piaceri puri
Nel Timeo Platone con un mito descrive la nascita del mondo sensibile: il mondo
all’inizio era caos. A relazionare le idee con il caos fu il Demiurgo. Il Demiurgo prese
la kora e la plasmò a immagine delle idee. Nel costruire le cose sensibili il Demiurgo
si è rifatto ad un modello matematico: gli elementi ultimi della realtà materiale sono
figure geometriche, che nelle loro combinazioni danno origini ai quattro elementi
della tradizione (aria, fuoco, terra, acqua). Tutto esiste a partire dal Bene e con una
finalità anch’essa legata al Bene. Le imperfezioni del mondo sensibile sono dovute
alla persistenza della materia originaria.
Nel Sofista Platone distingue l'arte acquisitiva, usata per ottenere qualcosa di già
prodotto, dall’arte produttiva, che invece produce qualcosa di nuovo. Viene
rivalutato anche il teatro
Con il Timeo Platone ha anche trasmesso l’idea pitagorica per cui la matematica è la
chiave di interpretazione della natura.
MERDAP LE LEGGI, L’ULTIMO DIALOGO (PLATONE)
Nelle Leggi si propone un sistema politico realizzabile anche dai comuni mortali. Le
leggi devono avere come scopo l’educazione e quindi devono insegnare ai cittadini a
vivere secondo virtù. Oltre la virtù è molto importante anche la religione.
Quest’ultima garantisce allo Stato unità e ordine: Platone sostiene la pena di morte
o di esilio per chi nega l'esistenza della divinità. La religione di Platone si tratta di
una religione di carattere astronomico, per la quale le divinità sono gli astri il cui
moto è regolato da leggi matematiche alla cui perfezione devono ispirarsi le leggi
umane, che riprende ciò che è stato detto riguardo al cosmo nel Timeo.
Nelle Leggi Platone aggiustò gli aspetti più illusori dello Stato ideale descritto nella
Repubblica:
• viene eliminata la divisione in tre classi
• non è più proposta l’uguaglianza fra uomini e donne
• il comando della città è affidato a un regime misto di aristocrazia e
democrazia
• viene ammessa la proprietà privata per tutti i cittadini
• il lavoro manuale è affidato agli schiavi ma l'attività commerciale è limitata
per timore degli stranieri
• l'educazione è diretta dallo Stato ed è diversificata per i sessi
• è prevista la censura sulle opere letterarie
• le cariche pubbliche sono assegnate per sorteggio
• tutti i cittadini hanno il dovere di difendere la città
In conclusione il modello di Stato presente nelle leggi si avvicina di più alle
tradizionali forme di governo greche rispetto a quello ideale della Repubblica.
MERDAP LA QUESTIONE DELLE DOTTRINE NON SCRITTE (PLATONE)
A partire dagli anni 60 del 900 le “dottrine non scritte” (che Platone presentava nelle
sue lezioni e che trattavano del Bene) assumerebbero un’importanza decisiva per la
comprensione del pensiero di Platone.
Nelle dottrine non scritte il Bene viene chiamato "Uno" e l'Uno è la radice del Bene.
Uno e Bene, da due punti di vista, dovrebbero essere intesi come la stessa realtà.
All’Uno (il limite) si contrappone la Diade (l’illimitato), che è il principio della
molteplicità materiale. Dalla contrapposizione tra questi 2 scaturiscono le idee che
hanno sia l'aspetto formale del limite che quello materiale dell’illimitato.
Quindi l'Uno:
• è al di sopra dell’essere
• non crea le idee, ma ne è la causa
• è il principio della conoscibilità (solo ciò che è delimitato è conoscibile)
• è il principio dell’ordine perché la delimitazione implica l’ordine
Il Bene agisce sulla Diade determinando la giusta misura, quindi portando ordine ed
unificazione dove c’è disordine e molteplicità.
Secondo Giovanni Reale è proprio Platone a dire che bisogna andare al di là dello
scritto se si vuole comprendere il suo vero pensiero.
Secondo lo studioso Mario Vegetti, è assurdo dare la priorità alla dottrina non scritta
di Platone rispetto al dialogo per tre ragioni:
1) Platone potrebbe aver deciso di non scrivere certi argomenti perché aveva
bisogno di fare più ricerche
2) Sono presenti analisi vicine alle “dottrine non scritte”
3) Gadamer vede nella 7 Lettera che Platone vuole mantenere riservati alcuni
suoi risultati teoretici, come aveva già fatto Socrate
Secondo alcuni studiosi esisterebbe dunque una dottrina esoterica di Platone
contenuta nelle dottrine non scritte, mentre altri affermano che il vero pensiero
Platonico sia ben conoscibile attraverso i dialoghi. Inoltre c’è la possibilità che le
dottrine non scritte fossero riflessioni nate nella scuola e che dovessero essere
approfondite prima di essere scritte.

CAPITOLO 11:
MERDAA UN MACEDONE AD ATENE (ARISTOTELE)
Aristotele nacque nel 384-383 a Stagira (Grecia settentrionale). Fu mandato ad
Atene a completare gli studi. Aristotele rimarrà per vent'anni all'Accademia di
Platone.
La vita di Aristotele viene divisa in tre periodi: gli anni dell'Accademia, quelli del
viaggio, e quelli dell’insegnamento nel Liceo.
Aristotele tornò ad Atene e fondò “il Liceo”. Gestì la scuola finché Alessandro Magno
(per il quale fece anche da precettore) morì e si risvegliarono dei sentimenti
antimacedoni.
La tradizione lo ricorda come un uomo geniale, ma anche divertente.
MERDAA SCRITTI ESSOTERICI E SCRITTI ACROAMATICI (ARISTOTELE)
Le opere di Aristotele si possono dividere in due tipi:
• scritti essoterici (divulgativi)
• scritti acroamatici (utilizzati per l’insegnamento)
Delle opere che scrisse, le essoteriche vennero vendute alla biblioteca di Alessandria
e quindi vennero distrutte nell’incendio del 47 AC, le acroamatiche furono
conservate dal discepolo Neleo e giunsero a Roma dove Andrònico di Rodi ne curò la
pubblicazione.
Uno studioso tedesco (Jaeger) stabilì tre fasi che aveva secondo lui attraversato
Aristotele:
• una fase giovanile (totale adesione al pensiero di Platone)
• una fase critica (inizia a distaccarsi dal maestro)
• la fase della maturità (sviluppo di un pensiero completamente autonomo)
Complessivamente i testi essoterici sarebbero diciannove e si tratta di dialoghi che si
ispirano al modello platonico.
MERDAA I CONTI CON PLATONE (ARISTOTELE)
Secondo le fonti ci fu molta stima tra Aristotele e Platone anche se il discepolo non
risparmiò critiche a Platone, soprattutto sulla teoria delle idee, che era parte del
dibattito che si stava svolgendo nell’accademia e che riguardava questi argomenti:
 è arduo accettare la teoria che le idee siano la causa di questo mondo
 il mondo delle idee aumenta soltanto le cose da spiegare
 per spiegare il rapporto tra l’idea che si ha dell’uomo e gli uomini singoli
servirebbe un’altra visione di uomo e così via
Aristotele invece traeva da questi argomenti delle conclusioni radicali
• non esiste un mondo delle idee separato dal mondo sensibile
• il dualismo ontologico di Platone non ha un fondamento
Aristotele disse che non c’è alcun iperuranio e che gli individui sono uomini perché
hanno la stessa essenza.
Aristotele adotta un metodo analitico che procede scomponendo un problema nei
suoi elementi semplici. I punti di partenza sono:
• l'osservazione della natura
• ricerca sull'uso comune del linguaggio
• opinioni approvate (endoxa)
Aristotele attraverso le ipotesi, ricostruiva la natura di un problema, poi considerava
le varie soluzioni e alla fine proponeva la sua soluzione: questo è un procedimento
analitico induttivo.
Nonostante le differenti concezioni Aristotele si proclamò Platonico per tutta la vita
perché per lui essere Platonici significava concepire la filosofia come ricerca
dell’ideale supremo di vita.
MERDAA LA CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE (ARISTOTELE)
Secondo Aristotele il sapere non si può ridurre ad un'unica scienza: esistono diversi
aspetti della realtà da analizzare nel suo specifico. Aristotele raggruppa le scienze in
3 gruppi:
• Fanno parte del primo gruppo le scienze teoretiche che comprendono la
fisica, la metafisica e la matematica. Indagano su ciò che è necessario e
aspirano a una conoscenza non volta a fini pratici. Il loro metodo è
dimostrativo.
• scienze pratiche che sono l'etica e la politica: hanno per oggetto il
contingente. Sono indagabili attraverso un metodo, che parte dall’esperienza
o da delle idee, e possono arrivare a risultati per lo più validi.
• scienze poietiche comprendono le arti e le tecniche: il loro oggetto specifico è
la produzione pratica.
Un caso particolare è rappresentato dalla logica che non rientra nella tripartizione
perché è il presupposto metodologico di tutte le scienze

CAPITOLO 12:
MERDAA CATEGORIE E SOSTANZA / DIALETTICA (ARISTOTELE)
Aristotele insegnò in Accademia la retorica e la dialettica che furono il suo primo
interesse. La dialettica è l’arte di argomentare bene e per farlo si devono identificare
le regole per le quali di un ente si può fare o no una certa affermazione. Infatti la
riflessione di Aristotele lega il piano logico a quello ontologico poiché è fondata sulla
convinzione che sostanzialmente pensiero e linguaggio riflettano la struttura della
realtà.
Pur utilizzando il metodo diairetico (stabilire quali siano i legami tra le idee e quindi
capire quale sia la struttura dell’essere=serve ad individuare i rapporti di
comunicazione tra idee e di conseguenza la struttura dell’essere e a conoscere i
rapporti di ogni idea con quelle più generali o più particolari) di Platone, Aristotele
rovescia la dialettica platonica sostenendo che solo il metodo induttivo che parte dal
concetto particolare ricavato dall’esperienza per giungere all’universale, permette di
classificare correttamente i concetti. Aristotele rovescia la dialettica Platonica perché
Platone seguiva un percorso deduttivo, cioè per definire un concetto particolare
muove dall’idea universale.
Aristotele per seguire il metodo induttivo si chiede quali siano le proprietà di un
ente, quindi ricerca la definizione delle cose (questo è un metodo analitico).
Il metodo aristotelico, partendo dallo studio delle proposizioni, permette di
constatare che in alcune di esse il predicato esprime l’essenza propria del soggetto
mentre in altre ne esprime caratteri accidentali. Da quest’analisi si ricava che non
esiste un unico principio a cui tutto possa essere ricondotto ma vi sono una serie di
generi universali: le categorie, e ne identifica 10. Esse rappresentano l’insieme dei
predicati riferibili ad un oggetto e indicano i modi in cui si presenta.
Aristotele ritiene che specie, generi e categorie non esistano di per sé ma solo come
caratteristiche di individui particolari. Questi ultimi costituiscono la sostanza
individuale che è anche sostanza prima. L’insieme di proprietà che si possono
attribuire a essa costituiscono le sostanze seconde. Le sostanze individuali hanno
dunque un primato ontologico poiché se queste non esistessero non potrebbero
esistere nemmeno i predicati riferiti ad esse.
Attraverso la dialettica Aristotele costruì una propria idea dell’essere.
MERDAA LA METAFISICA / LOGICA / FILOSOFIA PRIMA (ARISTOTELE)
All’interno dell’enciclopedia del sapere, sistema organico composto da tutte le
scienze, la filosofia prima (o metafisica) è la scienza che descrive le caratteristiche
generali dell’essere. Aristotele propone 4 definizioni della metafisica:
 scienza dell’essere in quanto essere
 scienza della sostanza
 scienza dei principi primi
 scienza della sostanza immobile.
La sostanza per Aristotele non può essere costituita solo da un principio materiale
come credevano i naturalisti né solo da un principio formale come riteneva Platone,
essa è sinolo (insieme di materia e forma) di materia (l’essere dell’essenza) e forma
(l’essenza dell’essere).
Le sostanze sono sottoposte al divenire ossia alla realizzazione delle potenzialità di
un ente. L’atto è ciò che l’ente è qui e ora, mentre la potenza è la possibilità che
esso ha di assumere nuove forme. Il divenire è il passaggio da un atto all’altro.
Per Aristotele la conoscenza di un ente è legata alla conoscenza delle cause che lo
hanno determinato. Tali cause possono essere: materiale, formale, motrice o
efficiente, finale. Si articolano in cause prossime (oggetto di scienze particolari) e
cause prime (oggetto della metafisica).
I cinque elementi (terra aria fuoco acqua etere) costituiscono la causa prima
materiale, l’essenza di ogni specie di enti è la causa prima formale, la realizzazione
della forma propria di tale ente è la causa prima finale, la causa prima motrice è
invece il motore immobile.
Lo studio della fisica conduce Aristotele a riconoscere la necessità di una sostanza
immobile, eterna, soprasensibile e perfetta che è atto puro e forma pura. Esso è il
motore immobile che provoca il movimento (circolare) dei cieli in quanto causa
finale di esso. Come atto puro è anche pensiero di pensiero.
La metafisica si configura così come teologia. Nella concezione aristotelica esistono
tanti esseri divini quante sono le sostanze immobili, la loro esistenza non è rivelata
da testi sacri né giustificata mitologicamente, è invece dimostrata dalla ragione,
infine, le divinità non hanno creato il mondo e non vi intervengono direttamente.
Aristotele si oppone alla visione univoca dell’essere parmenideo e afferma la
polivocità dell’essere che può essere predicato come accidente (caratteristiche
casuali), come vero (cioè come conformità tra pensiero e realtà), come categorie
(determinazioni generali), come atto e potenza (divenire): quest’ultimo è l’oggetto
della fisica.
MERDAA FISICA E MATEMATICA: MOVIMENTO E COSMOLOGIA (ARISTOTELE)
La fisica si occupa dello studio delle sostanze mobili caratterizzate da materia e
movimento, mentre la matematica si occupa degli aspetti quantitativi degli enti. I
concetti matematici e geometrici non esistono se non nella mente: per descrivere un
ente nella sua interezza è necessario ricorrere alla fisica.
Il divenire si può manifestare attraverso diverse forme di movimento: sostanziale
(generazione e corruzione), qualitativo (alterazione), quantitativo (aumento e
diminuzione) locale (spostamento). Quest’ultimo può configurarsi come circolare,
dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso.
Secondo la teoria dei luoghi naturali ogni ente, se lasciato libero, tende a
raggiungere il luogo più idoneo alla propria essenza, cioè il suo luogo naturale.
Aristotele condivide la teoria di Empedocle dei 4 elementi che compongono gli enti
terrestri, mentre i cieli sono costituiti da un 5 elemento, che è l’etere. Ogni
elemento ha un proprio luogo naturale e gli enti tendono (con moto naturale che
può essere rettilineo per i quattro elementi o circolare per l’etere) al luogo naturale
dell’elemento che li compone in forma maggiore.
La concezione aristotelica dell’universo rispecchia la cultura dell’epoca: ci sono
infatti idee che sono state già Pitagora e Platone. L’universo aristotelico è perfetto,
unico, sferico ed eterno. Al di fuori di esso non esistono nemmeno spazio e tempo,
che sono solo la misura del movimento secondo il luogo e secondo il prima e il poi.
Non esiste il vuoto, l’universo è finito e si divide in due zone: il mondo sublunare,
costituito dai quattro elementi, e i cieli, costituiti dall’etere. La Terra, attorno a cui
ruotano i corpi celesti, si trova al centro dell’universo, quindi è il modello di universo
geocentrico. I cieli costituiscono la causa motrice del mondo sensibile e a loro volta
si muovono in quanto attratti dal primo motore immobile.
MERDAA LA FISICA: PSICOLOGIA, GNOSEOLOGIA E BIOLOGIA / ANIMA
(ARISTOTELE)
La fisica studia tutte le sostanze sottoposte al movimento, incluse quelle viventi,
l’anima è la causa formale degli esseri viventi e dunque la psicologia è intesa come
scienza dell’anima. Il corpo è capace di vivere grazie all’anima e l’anima è tutt’uno
con il corpo e ne costituisce la capacità di esercitare le funzioni vitali, al fine di
riconoscere i diversi tipi di anima.
Ci sono 3 tipi di anima: vegetativa (propria di tutti gli esseri viventi, corrisponde alle
funzioni più elementari: nutrirsi e riprodursi), sensitiva (propria degli animali,
percezione e compiere spostamenti di luogo) e intellettiva (propria solo dell’uomo,
che è il solo essere pensante). L’anima sensitiva e quella intellettiva possiedono
anche una facoltà appetitiva che si manifesta come desiderio sensibile e razionale e
che sostituisce la causa motrice dell’agire.
Le capacità gnoseologiche (gnoseologia=branca della filosofia che studia la natura
della conoscenza) dell’uomo si articolano in: sensazione (che permette di percepire
gli oggetti attraverso i sensi), immaginazione (che consente di conservare le
immagini del percepito), intelletto (che ha la capacità di percepire l’essenza degli
oggetti astraendone il concetto).
La conoscenza avviene per via induttiva partendo da osservazione e dati empirici.
L’anima può essere paragonata a una tabula rasa (a differenza di Platone Aristotele
ritiene che non ci siano conoscenze innate, ma tutto deve essere appreso attraverso
l’esperienza) i concetti universali vengono astratti dall’esperienza grazie
all’interazione tra intelletto passivo (capacità di assumere le forme delle immagini
memorizzate) e attivo (la causa motrice della conoscenza).
Aristotele sviluppa la ricerca scientifica anche attraverso l’osservazione e la
classificazione di animali e piante dando così avvio alla biologia come scienza. Lo
Stagirita inventò la classificazione per generi e specie, utilizzata ancora oggi,
secondo cui ogni genere si divide in tante specie quante sono quelle osservabili
considerando le differenze specifiche.
Secondo Aristotele la natura possiede un proprio ordine interno e attraverso la
riproduzione l’essenza della specie viene trasmessa rimanendo così immutabile ed
eterna.

CAPITOLO 13:
MERDAA UNA LOGICA FORMALE: TERMINI E PROPOSIZIONI (ARISTOTELE)
Secondo Aristotele, l’analitica (successivamente denominata logica) studia gli
strumenti del linguaggio ed è dunque una disciplina propedeutica a tutte le scienze.
Essa analizza dal punto di vista formale termini (elementi primi di un discorso che
non possono di per sé essere né veri né falsi), proposizioni (attribuzioni di predicati a
determinati soggetti) e ragionamenti (induzioni e deduzioni). La concezione
metafisica aristotelica si riflette nella sua visione della logica poiché esiste per lui
corrispondenza tra livello logico e ontologico. In pratica un ente (livello ontologico) è
espresso dal termine che lo indica e dal concetto che lo rappresenta (livello logico) il
concetto è semplicemente il significato della parola a cui corrisponde
La logica studia solo le proposizioni apofantiche o dichiarative che sono le uniche a
poter essere vere o false. Tali proposizioni si riconducono al rapporto tra un
soggetto ed un predicato e sono vere se collegano ciò che è effettivamente
congiunto nella realtà. Possono essere distinte secondo la qualità in affermative o
negative, secondo la quantità in universali (quando l’enunciato riguarda la totalità
degli individui del genere di cui si parla), particolari (quando l’enunciato riguarda
solo alcuni individui del genere di cui si parla) o singolari (quando si indica un solo
individuo). Possono inoltre essere distinte in funzione del modo, cioè una possono
enunciare una relazione necessaria o solo possibile.
Le relazioni, che possono essere contradditorie (si esclude una vicenda), contrarie
(possono essere entrambe false ma non possono essere entrambe vere),
subcontrarie (possono essere entrambe vere ma non entrambe false), subalterne (il
rapporto è tra proposizioni qualitativamente identiche ma di quantità differente),
che possono intercorrere tra i 4 tipi principali di proposizioni sono rappresentate dal
quadrato delle opposizioni.
MERDAA TEORIA DEL DISCORSO: SILLOGISMO (ARISTOTELE)
Una singola proposizione non costituisce un discorso, così un singolo giudizio non è
un ragionamento: per ottenerlo, è necessario che le proposizioni da cui si parte
(premesse) siano la causa di quella a cui si arriva (conclusione). Secondo Aristotele
questa concezione del ragionamento trova la sua forma perfetta nel sillogismo che è
quel ragionamento nel quale, date 2 premesse, segue una conclusione. Il sillogismo
è quindi formato da 3 enunciati apofantici (può essere vero oppure falso): le 2
premesse sono collegate da un termine comune. In base alla posizione di tale
termine nelle premesse si possono distinguere 3 figure del sillogismo alle quali in
epoca medievale è stata aggiunta una 4a figura. La forma perfetta del sillogismo
propria della scienza è, per Aristotele, la prima figura in cui il termine medio è
soggetto della premessa maggiore e predicato della minore.
Aristotele suddivide la logica in: apodittica (scienza della dimostrazione vera) e
dialettica (scienza dell’argomentazione discorsiva). A seconda dello scopo che si
prefiggono si distinguono 3 tipi di sillogismo: scientifico, dialettico e eristico.
 Il primo muove da premesse vere, prime e necessarie e conduce a una
conoscenza vera, ha carattere deduttivo e garantisce la scientificità delle
conoscenze sebbene non serva ad acquisirne di nuove.
 Il secondo mira a prevalere in una disputa verbale confutando le tesi
dell’avversario. Si muove nel campo dell’opinione e giunge a conclusioni
probabili partendo da premesse probabili, generalmente ammesse come vere
(endòxa). Tale inferenza, se correttamente costituita, porta a conclusioni
valide anche se non necessariamente vere, quindi in questo caso il metodo
dialettico non è utilizzato per prevalere nella discussione, ma per avvicinarsi
alla verità.
 Il terzo mira a confutare le tesi avversarie imbrogliando, è un sillogismo
apparente e ha il solo scopo di vincere in una disputa verbale
Anche la retorica rientra nella teoria aristotelica del discorso in quanto si tratta
dell’arte di costruire argomentazioni persuasive facendo leva sull’attendibilità
dell’oratore, suscitando passioni o enfatizzando la forza dimostrativa del discorso in
sé (tramite la dialettica). La retorica è un ramo della dialettica, anche se Aristotele
sprona l’oratore ad impiegare soprattutto la forza dimostrativa del discorso, cioè la
dialettica, per persuadere correttamente.
Dalla dialettica derivano 2 fondamentali tipi di argomenti retorici: l’entimema,
sillogismo retorico alla portata di uditori di scarsa cultura, e l’esempio,
procedimento induttivo semplificato che giunge all’universale partendo da un solo
caso particolare.
MERDAA PROBLEMA DEI PRINCIPI PRIMI (ARISTOTELE)
Qualsiasi dimostrazione prende il via, per Aristotele, da premesse indimostrabili e
immediatamente evidenti. Esistono 3 principi anapodittici (ovvi) a fondamento della
logica, che sono comuni a tutto il sapere:
 il principio di identità (A è uguale ad A)
 il principio di non contraddizione (se si afferma che A è uguale a B non si può
affermare contemporaneamente che A è diverso da B)
 il principio del terzo escluso (dove A si può dire solo che è uguale a B o che è
diverso da B, non c’è una terza alternativa)
I 3 principi costituiscono il fondamento della logica e colgono la struttura profonda
dell’essere.
Secondo Aristotele non si ha conoscenza innata dei principi primi: essi possono
essere appresi tramite l’induzione o il sillogismo dialettico.
Nel primo caso, per garantire l’universalità, l’induzione che deriva dall’osservazione
del mondo sensibile, deve essere sostenuta dall’intelletto (noùs), che costituisce una
forma di conoscenza intuitiva superiore a quella fornita dalla scienza.
Nel caso del sillogismo dialettica, il punto di partenza è costituito dalle opinioni
autorevoli dei filosofi attorno a un determinato principio, che sono messe alla prova
per stabilire quale corrisponde alla verità.

CAPITOLO 14:
MERDAA ETICA: RICERCA DELLA FELICITÀ INDIVIDUALE (ARISTOTELE)
Le scienze pratiche hanno come oggetto tutto ciò che dipende dall’azione dell’uomo.
Esse studiano realtà contingenti che possono essere indagate razionalmente pur
non essendo regolate da leggi necessarie. È una scienza pratica la politica, che studia
la condotta umana nella vita associata e comprende anche l’etica che riguarda tale
condotta nella vita personale. Fine supremo delle scienze pratiche, infatti, è il
perseguimento del bene umano, che si realizza solo in una dimensione di vita
associata perché l’individuo non basta a sé stesso.
Il massimo bene per l’individuo è la felicità a cui tende per natura. Ci sono opinioni
discordanti in che cosa consista la felicità (per alcuni il piacere, per altri l’onore, per
altri le ricchezze) quindi è chiaro che gli uomini aspirano a determinati beni perché
sono convinti che portino alla felicità. Occorre quindi stabilire quale sia il bene che
porta alla vera felicità: il bene dovrà produrre un piacere perfetto e duraturo, non
deve dipendere da altre persone e l’uomo deve riuscire a raggiungerlo attraverso le
proprie azioni. La felicità consiste nel vivere secondo ragione e quindi deve essere
ricercata nell’interiorità ma per essere veramente felice, colui che vive secondo
ragione deve moderatamente godere anche dei piaceri che derivano in particolare
dall’amicizia e dalla ricchezza.
Aristotele riteneva l’amicizia indispensabile per condurre una vita felice, anche se
quella di cui parla ha un’estensione più ampia: è il sentimento di affetto che si
manifesta quando 2 persone ricercano reciprocamente il bene dell’altro e così
definita ingloba l’amore e la benevolenza. Tutti desiderano dunque avere amici.
L’amicizia si fonda sul piacere (tipica dei giovani), sull’utile (tipica dell’età adulta) e
sul bene (tipica del saggio); quella tra uguali è migliore di quella tra diseguali perché
nel caso di quest’ultima può sorgere il sospetto che ci sia un interesse diverso dal
bene; il numero di amicizie non può essere ampio perché va coltivata con la
vicinanza; esiste un legame con la felicità perché l’uomo per essere felice ha bisogno
di amici.
MERDAA LE VIRTÙ ETICHE (ARISTOTELE)
L’anima umana è composta da 2 parti: una razionale e una non razionale (composta
a sua volta da una parte vegetativa che non ha alcun rapporto con la ragione e da
una parte sensitiva che è estranea alla ragione ma in qualche modo ne partecipa)
quindi l’esercizio della ragione può configurarsi in 2 modi: come espressione diretta
dell’anima intellettiva o come dominio sull’anima sensitiva. Da questi due ruoli della
ragione derivano i due tipi di virtù: etiche e dianoetiche.
Le virtù etiche derivano dal dominio dell’anima sensitiva e hanno a che fare con la
sfera dei buoni costumi. Per essere virtuoso l’uomo deve acquisire, con l’abitudine,
la disposizione a scegliere il giusto mezzo tra i due estremi viziosi, l’uno per eccesso
l’altro per difetto. La virtù etica più importante è la giustizia, intesa sia come
disposizione di chi obbedisce alla legge che come virtù di chi rispetta l’uguaglianza.
Le virtù dianoetiche consistono nell’esercizio della ragione in sé. La parte razionale
dell’anima è articolabile a sua volta in 2 parti: la parte scientifica (le virtù ad essa
legate sono scienza, intelligenza e sapienza) e la parte calcolatrice (l’attività che la
contraddistingue, le azioni umane sono di 2 tipi: le azioni propriamente dette (la sua
virtù è l’arte) e le produzioni (la sua virtù è la saggezza)).
Le 2 virtù più importanti sono la saggezza e la sapienza: la saggezza è presupposto di
tutte le virtù poiché individua i mezzi e i fini della vita pratica e determina il giusto
mezzo nel soddisfacimento di tali desideri. La sapienza è superiore alla saggezza
perché riguarda le verità più alte e universali ed è in grado di cogliere intuitivamente
i principi primi della realtà. Nella sapienza l’uomo può raggiungere la forma più alta
di felicità.
Negli uomini esiste una naturale predisposizione ad acquisire le virtù: l’uomo non
nasce virtuoso ma può diventarlo: le virtù etiche in particolare si generano
dall’abitudine. Aristotele rifiuta l’intellettualismo etico che identifica virtù e
conoscenza e riconosce il ruolo della volontà e delle responsabilità umane nella
determinazione delle azioni (l’uomo pur sapendo quale sia il bene può voler agire
diversamente: è un riconoscimento della libertà umana).
MERDAA POLITICA: RICERCA DELLA FELICITÀ COLLETTIVA (ARISTOTELE)
Dopo aver determinato in che cosa consiste la felicità individuale, Aristotele indaga
sulla felicità collettiva. Aristotele considera la polis il solo luogo dove si può
realizzare la forma più completa di vita politica. Secondo lui la polis è una comunità
(gruppo di persone che hanno un fine cioè un bene comune) politica.
L’uomo è per natura animale politico e non può realizzare la propria assenza se non
fa parte di una società. Tutti i rapporti umani sono collegati e sono regolati da leggi
naturali. La società politica è composta da famiglia (elemento base della società),
villaggio (insieme di famiglie) e polis (unione di villaggi). La famiglia è basata sul
rapporto uomo-donna e servo-padrone ed è governata dal capofamiglia. Il villaggio
garantisce una maggiore divisione del lavoro ed è governato dal capofamiglia più
anziano. La polis è l’unica forma associativa che permette all’individuo di soddisfare
tutti i suoi bisogni.
Secondo Aristotele bene individuale e collettivo non devono essere identificati. La
polis deve servire all’individuo per dedicarsi alle attività di carattere individuale in
cui consiste la felicità. Affetti familiari e proprietà privata sono i due moventi primi
dell’agire umano e quindi non vanno eliminati.
Aristotele si distingue da Platone anche nell’obiettivo della sua filosofia politi-ca, che
è descrittiva, non normativa: la sua intenzione, cioè, è descrivere le forme politiche
verificatesi storicamente e ricercare la migliore.
Aristotele introduce l’idea di uguaglianza e libertà dei cittadini, che sono però solo
coloro che hanno diritto di partecipare alle cariche pubbliche e al governo della città.
Le forme giuste di governo sono quelle in cui i governanti agiscono nell’interesse
dell’intera società: monarchia (governo di uno), aristocrazia (governo di pochi) e
politeia (governo di molti). Esse possono degenerare, se i governanti perseguono il
loro interesse, rispettivamente in tirannide, oligarchia e democrazia.
La forma di costituzione migliore è la politeia che è il governo moderato della classe
media, poiché rappresenta il giusto mezzo tra il governo di pochi e il governo di
molti. Per essere felice uno Stato deve provvedere al benessere e alla sicurezza dei
cittadini, deve avere dimensioni medie e un numero adeguato di cittadini.
MERDAA POETICA / ARTE (ARISTOTELE)
Aristotele è il primo filosofo a fare dell’arte materia di un’autonoma riflessione in
un’opera intitolata Poetica: di questo testo rimane solo un libro dedicato alla
tragedia, ma probabilmente ne comprendeva anche un secondo dedicato alla
commedia.
Tutte le arti sono caratterizzate dall’imitazione della realtà: alcune attraverso il
colore (le arti figurative), altre per mezzo della forma (le arti plastiche), altre
utilizzando la parola (tra queste, la poesia).
La posizione aristotelica si oppone a quella platonica, che considerava le opere
artistiche solo “copie di copie”, inadeguate a cogliere l’essenza delle cose delle quali
rappresentavano addirittura una falsificazione.
Aristotele al contrario ritiene che la poesia sia una forma di conoscenza valida,
addirittura superiore alla storia: la tragedia, infatti, rappresenta il verosimile e tratta
di fatti generali mentre la storia descrive avvenimenti accaduti e si limita alla
constatazione del particolare. La poesia è dunque una forma di conoscenza
superiore alla storia ma inferiore alla scienza. La poesia, inoltre, ha un importante
valore educativo perché purifica le passioni offrendo loro uno sfogo moderato
mediante la catarsi (una liberazione temporanea dalle passioni).
MERDAA CRISI DEL PERIPATO DOPO ARISTOTELE
I successori di Aristotele, Teofrasto e Stratone, impressero al Peripato un indirizzo
marcatamente naturalistico criticando in particolare il finalismo aristotelico.
Stratone ridusse la natura a materia e movimento avvicinandosi all’impostazione
meccanicista democritea.
Con Licone, successore di Stratone, esplose la crisi del Peripato causata da molti
fattori: il liceo perse la sua biblioteca alla morte di Teofrasto, l’impostazione
enciclopedica di Aristotele veniva via via abbandonata in favore di una
settorializzazione degli studi scientifici e matematici.
L’epoca della polis era ormai tramontata e le nuove scuole ellenistiche
soppiantavano il primato dell’Accademia e del Peripato in campo filosofico.

CAPITOLO 1:
MERDAEL EPOCA NUOVA (ELLENISMO)
L’età ellenistica è il periodo compreso tra la morte di Alessandro Magno, nel 323
a.C., e l’annessione a Roma dell’ultimo regno ellenistico, l’Egitto, nel 31 a.C.. Inizia
con la fine dell’età classica greca: questa fine è però l’inizio di una nuova civiltà che
si alimenta dal mondo greco, infatti la costruzione dell’impero di Alessandro segnò
la fine definitiva dell’autonomia delle città greche. Alessandro voleva costruire un
impero universale che potesse riunire popoli diversi. Morendo prematuramente non
riuscì a realizzare il suo progetto ma aveva posto le basi per l’espansione della
cultura greca, premessa per la formazione della civiltà ellenistica. L’impero fu diviso
in regni: Macedonia, Egitto, Asia, Pergamo e Rodi, nuovi stati con in comune
struttura politica e lingua, la koinè (greco volgare), ma soprattutto lo strumento con
cui si diffuse la cultura ellenistica.
Nei regni ellenistici scompare la partecipazione politica: non ci sono più i cittadini
ma i sudditi che sono obbedienti al sovrano privi di libertà e iniziativa. Si tratta di
una monarchia assoluta di stampo orientale, governata da un sovrano. L’esercito è
costituito da mercenari, e i privati cittadini, esclusi da qualsiasi ruolo, assumono
dunque atteggiamento di disinteresse di fronte alla vita politica. Si affermano come
nuovi poli della vita politica i centri dell’asia minore come Alessandria, Pergamo,
Antiochia e Rodi. I pensatori greci davanti alla quasi totale scomparsa delle poleis
introducono l’idea di cosmopolitismo considerando il mondo un’unica comunità.
Cambia l’assetto sociale: il ceto medio si impoverisce, l’aristocrazia terriera resta la
classe più influente e si distinguono i nuovi ricchi, ovvero grandi mercanti.
L’amministrazione è affidata ai funzionari imperiali.
Per molto tempo il maggiore centro del mondo ellenistico sarà l’Egitto, soprattutto
Alessandria, con la sua famosa Biblioteca. Ad Alessandria si riuniscono gli studiosi e
si dedicano alla ricerca specialistica lavorando nella Biblioteca e nel Museo. La
Biblioteca fondata sotto la direzione di Demetrio Falereo su modello del Liceo di
Aristotele raccoglie una straordinaria quantità di libri reperibili in Grecia e in Asia
che vengono organizzati con una grande opera di sistemazione che fa nascere la
disciplina che prende il nome di filologia. Il Museo eretto accanto a questa da
Tolomeo 1 il cui scopo era di essere un centro di ricerche. Sull’esempio di questa
Biblioteca nascono altre biblioteche anche a Pergamo, Antiochia e Pella, ma attorno
al 2 secolo cominciò una progressiva decadenza di queste istituzioni e la biblioteca e
il museo persero la loro centralità e subiranno una serie di distruzioni.
MERDAEL CULTURA ELLENISTICA (ELLENISMO)
Nell’età ellenistica la figura del filosofo e quella dello scienziato non coincidono più
perché in età ellenistica la scienza subisce un processo di specializzazione del
sapere: il primo si dedica alle interpretazioni generali della realtà e si disinteressa
della ricerca scientifica, l’altro trascura le questioni filosofiche basandosi solo sulle
conoscenze matematiche o sulle leggi naturali. Il pensiero filosofico continua a
essere coltivato solo ad Atene, mentre ad Alessandria ci si concentra sulla scienza.
La ricerca filosofica viene portata a ricercare risposte sulla visione del mondo, le
paure degli individui e la ricerca della felicità poiché quella cultura rispecchiava la
condizione di estraniamento in cui viene a trovarsi l’individuo.
Molte sono le teorie e ipotesi che fuoriescono dagli studi di ogni campo, a cui però
non corrispondono applicazioni pratiche. Ciò è dovuto a un complesso di fattori:
l’antico pregiudizio greco verso il lavoro manuale che ha agito come freno
psicologico allo sviluppo, e la struttura della civiltà alessandrina la cui base delle
produzioni è lo schiavismo che fa da deterrente allo sviluppo della tecnica.
MERDAEL MATEMATICI (ELLENISMO)
I risultati teorici più importanti della scienza ellenistica furono fatti da Euclide,
considerato il matematico più importante del tempo, e Archimede di Siracusa.
L’opera più nota di Euclide è Gli Elementi, che è il testo chiave della geometria antica
ed ha fatto da modello per una scienza deduttiva: articolato in 13 libri è il risultato
della risistemazione delle principali scoperte matematiche dei secoli precedenti.
Ogni libro inizia con dei principi primi che forniscono le definizioni indimostrate alle
quali seguono le dimostrazioni dei teoremi e le risoluzioni dei problemi condotte
attraverso l’impiego di principi. Euclide distingue i principi in:
 definizioni, definizione di enti e figure geometriche
 postulati, verità che si richiede di ammettere per poter procedere nella
dimostrazione
 principi comuni, assiomi aristotelici cioè affermazioni comuni a più scienze
Archimede invece è ricordato principalmente per le sue invenzioni in ambito militare
e per l’elaborazione di un metodo scientifico. Archimede divulgando il suo metodo
di indagine spiega che si deve procedere in due fasi: scoperta per via meccanica di
nozioni matematiche, e poi la dimostrazione di queste stesse per via deduttiva.
MERDAEL GEOGRAFIA E ASTRONOMIA (ELLENISMO)
Altri studiosi Importanti furono:
 il direttore della Biblioteca Erastotene, a cui dobbiamo l’esistenza delle carte
geografiche poiché aveva applicato la matematica alla geografia. Ha inoltre
calcolato la misura della circonferenza terrestre
 Aristarco di Samo, che ipotizza la struttura eliocentrica dell’universo
 Ipparco di Nicea, la cui scoperta più grande è la precessione degli equinozi,
movimento attraverso il quale la Terra cambia l’orientamento dell’asse di
rotazione
 Claudio Tolomeo, che dà la sistemazione definitiva al modello geocentrico
MERDAEL MEDICINA (ELLENISMO)
Ad Alessandria era conservato il corpus ippocraticum attribuito a Ippocrate di Kos,
ovvero 70 trattati di medicina. La dottrina ippocratica si prefiggeva di fare della
medicina una scienza razionale, fondata sulla diagnosi e sulla terapia. La base del
suo pensiero consiste nella teoria degli umori, cioè che la malattia sia l’effetto di un
disequilibrio all’interno dell’organismo dei 4 umori presenti nel corpo umano
(sangue, flemma, bile nera, bile gialla). Nella prima metà del 3 secolo la medicina
realizzò scoperte fondamentali in ambito anatomico e fisiologico grazie alle
autopsie, le analisi dei cadaveri. Ciò che però non è osservabile non è condiviso da
tutti gli studiosi: i medici empirici ritenevano che la medicina dovesse escludere
dagli studi tutto ciò che non era basato sull’esperienza e procedere con un metodo
in 3 fasi: autopsia, l’osservazione medica diretta, l’Historìa, narrazione delle
osservazioni di altri medici, e transizione al simile, l’utilizzo di un farmaco rivelatosi
efficace nella cura di un certo problema per curarne uno analogo ma di diversa
locazione.
Erede della tradizione medica fu Galeno, secondo cui l’ottimo medico era anche
filosofo e quindi deve conoscere la logica perché la medicina deve affermarsi con il
rigore metodologico di una scienza. Galeno applica il modello Platonico della
tripartizione dell’anima: il centro della vita è nel cervello (Aristotele pensava il
cuore), lo spirito naturale si trova nel fegato e lo spirito naturale è nel cuore.
MERDAEL FILOSOFIA ELLENISTICA (ELLENISMO)
Gli uomini nell’età ellenistica si rivolgono alla filosofia non più mossi dall’interesse
politico ma cercando una visione della realtà alla quale fare affidamento nelle
insicurezze della vita. Al pensiero filosofico si ricorre come ad una sorta di
nutrimento spirituale che consenta di conquistare la saggezza. Altre caratteristiche
della filosofia di questo periodo sono l’orientalismo perché ci sono degli
orientamenti di influenza orientale, come la ricerca della salvezza individuale e il
cosmopolitismo è la conseguenza della perdita della dimensione politica del
cittadino che ora si riconosce come parte di un cosmo intero.
Filosofia politica e metafisica si fanno da parte dando spazio al discorso sull’uomo,
poiché la filosofia dell’epoca verte attorno all’esistenza, alla morte e al destino
dell’uomo. L’epoca ellenistica concepisce l’esistenza come una condizione di
sofferenza per l’uomo e la filosofia diventa il farmaco nel senso che il filosofo
dovrebbe proporre gli strumenti per conquistare la pace e l’armonia dell’anima.
La filosofia ellenistica si sviluppa principalmente nelle scuole alessandrine che hanno
come scopo principale formare gli individui ed erano tutte accomunate dal ritenere
che l’esistenza umana avesse come scopo la felicità, identificata come assenza di
turbamento dell’anima. In queste scuole gli allievi si recavano per conoscere spinti
semplicemente dalla curiosità intellettuali.
In queste scuole si svilupperanno le principali correnti del pensiero filosofico
ellenistico: l’epicureismo e lo stoicismo. Lo scetticismo non va considerata una
scuola in senso stretto ma un indirizzo seguito dalle stesse.
MERDAEL ECLETTISMO E CINISMO (ELLENISMO)
La Grecia dal 168 a.C. è provincia romana: la filosofia greca viene assimilata dalla
cultura romana e progressivamente si adatta alla mentalità romana. La sintesi di
questo incontro è l’ “eclettismo” che sceglie tra le dottrine ciò che meglio si adatta
alla mentalità romana, partendo dal presupposto che le verità filosofiche
fondamentali siano universali e innate. Il maggior rappresentante di questo indirizzo
è Cicerone secondo il quale la verità coincide con l’assenso universale.
Fuori dalle scuole molti studiosi si dedicavano singolarmente alla ricerca, come
Diogene di Sinope, allievo di Antistene, che incarnava l’ideale del filosofo cinico. Egli
guarda alla ricerca della vera essenza dell’uomo: secondo lui la felicità può derivare
solo dalla natura umana. Rivendica inoltre la parrhesìa, la libertà di parola come
capacità dell’uomo di parlare sempre in maniera diretta.
L’approfondirsi della riflessione religiosa è segno della profonda crisi spirituale che
domina il periodo. La religione tradizionale romana, formalista e politicizzata, deve
farsi da parte, scavalcata dal successo di nuove dottrine religiose, di matrice
orientale. La filosofia orientale viene letta e approfondita, cercando di conciliarla
con il pensiero greco.

CAPITOLO 2:
MERDAEP FILOSOFIA DEL GIARDINO (EPICURO)
Epicuro nacque a Samo nel 341 a.C.. in gioventù apprese le dottrine democritee. Si
stabilì definitivamente ad Atene dal 306 e fondò la sua scuola, a cui erano ammessi
tutti, in una casa dotata di giardino da cui deriva il nome di filosofia del giardino dato
all’epicureismo. Alla sua morte nel 271 a.C. il giardino passò sotto la direzione di
Ermarco. L’apertura del suo giardino ad Atene rappresentò una sfida alle 2 più
grandi scuole filosofiche, quella di Platone e quella di Aristotele: Epicuro in fatto
ebbe per entrambi i filosofi una forte avversione.
Della sua produzione filosofica è rimasto molto poco nonostante contasse circa 300
scritti. Di molti possediamo solo i titoli o pochi frammenti, mentre è andata quasi
totalmente perduta la sua opera più importante, costituita dai 37 libri sulla Natura.
Nel 10 libro delle vite dei filosofi di Diogene Laerzio sono conservate 3 lettere di
Epicuro a Erodoto, Pitocle e Meneceo in cui sono sintetizzati i punti fondamentali
del suo pensiero:
 A Erodoto illustra la propria concezione della Natura e la necessità che ogni
teoria scientifica parta da principi generali ben formulati
 A Pitocle tratta delle cause delle eclissi e della durata del giorno e della notte,
escludendo interventi divini
 La lettera a Meneceo è chiamata anche lettera sulla Felicità ed è quella più
famosa: qui affronta temi etici ed il significato della vita in relazione ai piaceri.
MERDAEP ETICA / RICERCA DELLA FELICITÀ (EPICURO)
Epicuro divide la filosofia in etica, canonica e fisica, queste ultime due subordinate
alla prima. La filosofia per lui ha uno scopo non conoscitivo ma etico (pratico), cioè il
raggiungimento della felicità. Per Epicuro la felicità consiste nel piacere che ci indica
ciò che è bene, mentre ciò che è male provoca dolore. Con questo ragionamento
felicità, bene e piacere sono sinonimi.
L’animo umano è irrequieto perché in preda alle passioni, perciò la vita è una specie
di malattia e l’unico rimedio per curarla è la filosofia, ovvero un’arte di vivere e una
medicina dell’anima. La filosofia è considerata come un quadruplice farmaco che
sconfigge le 4 grandi paure che affliggono l’animo umano:
 paura degli dei, non bisogna averne paura perché sono esseri perfetti e in
quanto tali non si occupano di vicende umane
 della morte, non bisogna averne paura perché è una realtà di cui l’uomo non
riuscirà a farne esperienza
 di non raggiungere il piacere, per Epicuro poiché il piacere è il soddisfare i
bisogni primari è facilmente raggiungibile
 del male, il male inteso come dolore o è di breve durata e quindi si sopporta
facilmente o è di lunga durata e quindi ci porta alla morte, e dato che nella
morte non c’è più l’individuo non c’è più nemmeno il dolore
Dimostrando la falsità di queste paure l’essere umano è in grado di trovare la pace
interiore. L’individuo che ricorre al quadruplice farmaco è pronto ad affrontare tutte
le avversità.
Per Epicuro il piacere si divide in 2 tipi: stabile e dinamico, quello stabile si
sperimenta nella privazione del dolore mentre quello dinamico nella gioia. La felicità
però è data solo dal piacere stabile poiché quello dinamico è falso piacere in quanto
solo momentaneo. Per questo la felicità può essere definita solo negativamente
come aponìa (assenza di dolore) o atarassìa (assenza di turbamento). Di
conseguenza la natura negativa della felicità necessita di una limitazione da parte
dell’uomo che deve saper distinguere bisogni naturali dai bisogni vani, che vanno
esclusi. I bisogni naturali possono essere necessari o non necessari, quindi secondo
Epicuro solo i piaceri naturali e necessari devono essere soddisfatti.
Ci deve essere un calcolo equilibrato dei piaceri che spetta alla ragione, questo
perché l’uomo non diventi schiavo né dei bisogni né delle preoccupazioni, questo
calcolo può essere il risultato della saggezza che è la più alta di tutte le virtù ed è la
strada che ci conduce all’autentica felicità.
Il piacere di cui Epicuro parla non è spirituale ma sensibile, cioè appartiene ai sensi.
Anche aponìa e atarassìa sono conducibili ai sensi: aponìa consiste nel non fare
soffrire troppo il corpo, l’atarassìa nel non preoccuparsi dei bisogni del corpo.
Giudica fondamentali i piaceri sensibili ma affida alla ragione il compito di regolarli:
l’etica di Epicuro è una sorta di razionalismo morale, cioè cerca infatti solo il calcolo
razionale dei piaceri che porta anche a dover fare delle rinunce.
Per Epicuro fondamentale è l’amicizia come legame che unisce chi è accomunato
dalle stesse sensazioni, che nasce dall’utile ma si evolve come un bene necessario
dato che attraverso questa ritroviamo anche il valore della solidarietà. Non sempre
una scelta saggia è accompagnata dalla fortuna che non è comunque da preferire.
Epicuro non aveva un particolare interesse per il bene comune e quindi per l’attività
politica. La giustizia non è più un valore in sé ma una convenzione che gli uomini
hanno fatto per non recarsi danno. Lo Stato è solo un insieme di individui e non
un’entità morale superiore e quindi l’uomo per Epicuro è un individuo chiuso nel suo
privato, pertanto è assurdo che si occupi di politica perché è un’attività che porta
inutili affanni e compromette la pace interiore che porta alla felicità. Per Epicuro
vivere nascosti è il modo migliore per vivere
MERDAEP CANONICA / DOTTRINA DELLA CONOSCENZA (EPICURO)
La canonica è la logica epicurea: essa è così chiamata perché ricerca il canone, cioè
la regola che possa guidare l’uomo nella conoscenza consentendogli di distinguere il
vero dal falso. La regola individuata da Epicuro si articola in tre criteri di verità: due
riguardanti la conoscenza, le sensazioni e le anticipazioni, una, riguardante l’etica, le
emozioni.
1) Sensazioni:
Epicuro rivendica la certezza dell’esperienza e la sua validità oggettiva. Le
sensazioni sono inconfutabili e sono tutte indistintamente sempre vere. Le
sensazioni che noi riceviamo dagli oggetti vengono prodotte dal flusso di
atomi che si staccano dalla superficie delle cose e danno forma alle immagini
2) Anticipazioni:
Le sensazioni che si ripetono si accumulano nella memoria e danno origine a
rappresentazioni generiche chiamate prolessi, termine che significa
anticipazioni, ciò che noi chiamiamo concetti: vengono dette anticipazioni
perché ci orientano nella vita. Quindi se ci basiamo sulle sensazioni, le
anticipazioni sono sempre vere, se invece ci si limita a combinarle tra di loro,
le anticipazioni possono creare rappresentazioni fantastiche e quindi non vere
3) Emozioni:
Fondate sul piacere o sul dolore, le emozioni si collocano nella vita pratica:
costituiscono però un criterio di verità, perché, procurandoci piacere o dolore,
ci indicano ciò che chiamiamo bene o male
Questi 3 criteri di verità hanno in comune il fatto di essere frutto dell’evidenza, nel
senso che se l’uomo recepisce come vero solo ciò che risulta evidente non ci può
essere errore perché la possibilità di errore riguarda l’opinione che possono essere
vere o false, mentre le sensazioni, le anticipazioni e le emozioni sono sempre vere.
MERDAEP FISICA / VISIONE DEL MONDO / GLI DEI (EPICURO)
La fisica di Epicuro è materialista (perché nega una dimensione spirituale che va al di
là della materia) e meccanicista (perché descrive l’universo come una macchina che
funziona per la legge di causa ed effetto). Per Epicuro tutto ciò che esiste è di natura
materiale. Solo il vuoto, che rende possibile il movimento, non è materiale.
Ogni corpo è costituito da particelle indivisibili, chiamate atomi. In natura, nulla si
crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Poiché l’universo è eterno ed infinito,
anche i corpi e gli atomi che lo compongono sono infiniti sebbene non siano tutti
uguali: gli atomi si diversificano infatti per peso, dimensione e forma ma sono
immutabili (cioè non hanno proprietà sensibili). Gli atomi si muovono nel vuoto in
linea retta dall’alto verso il basso a causa del loro peso. Essi subiscono però una
deviazione casuale, il clinàmen, che consente loro di scontrarsi e aggregarsi dando
origine ai diversi corpi esistenti. Pertanto la nascita e la morte sono solo il risultato
di aggregazione e disgregazione degli atomi. La fisica di Epicuro riprende quella di
Democrito se non nel fatto che Democrito aveva individuato il movimento come
proprietà intrinseca alla materia, per Epicuro è il peso. Epicuro introduce il clinàmen,
assente in Democrito che descriveva una realtà nella quale la libertà era assente.
Oltre al nostro esistono infiniti universi, sia dal punto di vista spaziale, sia da quello
temporale. Essi si rigenerano e si distruggono senza l’intervento di nessuna divinità.
In realtà per Epicuro gli dei esistono, hanno forma umana, sono numerosissimi e
vivono nei cosiddetti intermundia, gli spazi vuoti tra gli infiniti mondi. Gli dei non
intervengono nelle vicende umane per 2 ragioni:
 La prima è che se gli dei si occupassero delle vicende umane non potrebbero
essere beati
 La seconda nasce dalla riflessione sull’esistenza del male:
1) Gli dei potrebbero evitare il male ma non vogliono: sarebbero quindi
malvagi ma non possiamo dirlo
2) Gli dei non vogliono il male ma non possono evitarlo: gli dei non
sarebbero onnipotenti ma anche questo non è corretto
3) Gli dei non vogliono e non possono evitare il male, dovremmo dire che
sono malvagi e non onnipotenti ma non è corretto
4) Gli dei possono e vogliono evitare il male, ma poiché il male esiste non
c’è altra conclusione se non quella che gli dei non si occupano degli
uomini per vivere nella propria beatitudine
Per Epicuro la saggezza umana onora gli dei non per paura che intervengano nelle
vicende umane ma perché li ammira per la loro perfezione.
Anche l’anima esiste ed è costituita da particelle che sono diffuse in tutto il corpo
come una sorta di soffio caldo che lo vivifica. Essendo un composto atomico l’anima
è mortale e la morte sopraggiunge quando le particelle di cui è fatta l’anima si
dividono. Da quel momento il corpo non prova più sensazioni, quindi per Epicuro è
assurdo temere la morte perché quando gli atomi si separano gli uomini perdono
ogni sensazione.

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