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IL DECAMERON

SCHEDA DELL’OPERA
IL LIBRO
Giovanni Boccaccio iniziò a scrivere il suo capolavoro intorno al 1349 con l’obiettivo di
realizzare un libro di racconti. Dando alla sua opera la forma del libro, Boccaccio voleva
far sì che il lettore diventasse consapevole della propria specifica natura e delle proprie
prerogative. È per questo motivo che il titolo è associato a un sottotitolo (“Comincia il libro
chiamato Decameron, cognominato prencipe Galeotto”), in cui vi è una chiara allusione al
canto V dell’Inferno, dove Francesca – dopo aver raccontato a Dante-personaggio che
l’amore tra lei e Paolo è cominciato durante la lettura di un romanzo cavalleresco- esclama
“Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”.
L’ammirazione di Boccaccio per la Commedia dantesca è ben nota, ma suona strano che
egli abbia voluto rendere omaggio all’Alighieri alludendo nel titolo stesso della sua opera, a
una vicenda conclusa con un duplice omicidio e alla condanna per l’eternità di tutti i
protagonisti. Con i vari riferimenti, egli mirava a nobilitare in senso cortese il mondo
culturale fiorentino, riferendosi all’indiscusso campione della nuova letteratura e
sollecitando al contempo il lettore a disporsi al dialogo, cosi da instaurare una relazione
ermeneutica con l’opera che aveva tra le mani.
Dopo l’accoppiamento libro-titolo, si colloca la seconda mossa strategica di apertura che
consiste nel segnalare ed esibire una precisa istanza di controllo sulla scrittura e di regia
della narrazione. L’autore si riserva alcuni luoghi per interloquire col Lettore e dirigerne la
ricerca del senso.
1. Il primo di questi è il Proemio, in cui il Lettore viene identificato al femminile,
individuato in quelle “donne” innamorate che “dimorano nel piccolo circuito delle
loro camere”.
2. Il secondo luogo è l’Introduzione della IV Giornata nella quale si difende da cinque
attacchi che dichiara di aver subito dopo la diffusione delle prime tre Giornate.
3. Il terzo luogo è la Conclusione dell’Autore, dedicata alla difesa preventiva da alcune
domande sottointese che le lettrici malevole potrebbero rivolgergli.
L’Autore dovette difendersi dall’accusa di immoralità per l’eccessiva indulgenza nella
trattazione del tema erotico. Inoltre, fa riferimento alle “rubriche” collocate prime di ogni
novella, dicendo che le rubriche e le novelle stesse rispondono a due principi narrativi
opposti. Le prime sono orientate verso la conclusione dell’evento narrato, le secondo si
concentrano invece sulle cause e le motivazioni che conducono a quella conclusione.
L’esistenza delle rubriche, collocate strategicamente negli spazi che separano le novelle e
le Giornate tra di loro, rafforza l’identità del Decameron come libro, ossia come manufatto
unitario e strutturato al suo interno.
Nell’Introduzione alla IV Giornata, l’Autore afferma che le sue novellette sono scritte senza
titolo. Con questa formula, egli alludeva agli Amores di Ovidio i quali, a causa della
materia molteplice che vi è affrontata, nel Medioevo era conosciuti anche come Sine titulo.
Boccaccio affrontava dunque la questione proponendo una similitudine: come nell0opera
ovidiana non c’è la storia unitaria di un solo amore, ma tanti diversi racconti di tanti diversi
amori, così nel Decameron non si legge la storia di un solo personaggio. Ciò non toglie
che l’Opera sia unitaria, chiusa nella sua inalterabile forma-libro.

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