MARCO AURELIO
Fu il successore di Antonino Pio, nel 161 d.C., era seguace dello stoicismo (corrente
filosofica ellenistica che si diffuse nel mondo romano), Aurelio volle dividere i poteri
con il fratello adottivo Lucio Vero, che però morì presto nel 169 d.C. Con Aurelio i
confini orientali erano minacciati dai parti invece i confini settentrionali dai quadi e
marcomanni, in aggiunta ci fu anche la peste, egli riuscì con fatica a bloccare le
pressioni nei confini, ma dopo 19 anni di continue guerre, Aurelio iniziò stancarsi e
morì nel 180 d.C. nella sua tenda a Vienna durante la campagna contro i quadi.
Il successore fu suo figlio, Aurelio Commodo, egli fece pace con i quadi e i
marcomanni portando le legioni lungo il Danubio, rinunciando a difendere i terreni per
cui il padre ha combattuto, per avere il bene della plebe fece giochi sontuosi ma lasciò
a se l’amministrazione dello stato, questo portò da parte dei senatori e non solo a
svolgere continue esecuzioni capitali contro di lui, portandolo a morire in una di quelle
nel 192 d.C.
Per il successore ci fu una grande confusione, fu scelto dal senato Elvio Pertinace,
uomo che cercò di mettere ordine nelle finanze pubbliche venendo malvisto dai
pretoriani che in seguito lo eliminarono e scelsero Didio Giuliano, senatore milanese
che gli aveva promesso dei denotativi, però le provincie orientali proclamarono
Pescennio Nigro, le provincie occidentali Clodio Albino, le provincie danubiane
Settimio Severo; nel giro di 4 anni Severo si impadronì del potere.
DINASTIA DEI SEVERI
Settimio Severo, dopo aver preso il potere, fece un’epurazione del senato e delle
coorti pretorie, inserendoci elementi africani e orientali per ridurne il potere e
renderle più affidabili; fece provvedimenti a favore dell’esercito, aumentò le paghe
dei soldati, diede premi ai meritevoli, diede la possibilità ai soldati di vivere con le
proprie famiglie vicino ai campi militari; dedicò molta cura allo sviluppo delle
provincie; continuò con la riforma giuridica iniziata dagli Antonini; in politica estera,
riprese la lotta contro i parti. Morì nel 211 d.C., in una campagna in Britannia dove ci
era andato con i suoi figli, Geta e Caracalla.
Il successore fu Caracalla, che stipulò nuove tasse, confische, requisizioni e organizzò
anche una spedizione in Oriente che però si concluse con la sua morte il 217 d.C. a
Carre da parte di Opellio Macrino. L’anno seguente ci fu il nuovo successore,
Elagàbalo (sacerdote del dio del Sol), con cui i culti orientali entrarono nelle corte di
Roma e gli uomini estranei poterò entrare nel governo ma questo causò ostilità, nel
222 d.C. Elagàbalo morì.
Il successore fu Alessandro Severo, il quale abolì i culti orientali, ripristinò il prestigio
dell’aristocrazia senatoria, edificò il diritto romano però egli fallì nel condurre
l’esercito, il quale lo uccise nel 235. Fine dinastia dei Severi.
PAX ROMANA
A partire dal ||| secolo l’impero romano si espanse formando uno stato multietnico
(stato che comprende popoli di lingua, cultura, religione diversa), comprendeva i
ricchi proprietari terrieri della Gallia e i pastori della Spagna.
E quest’epoca di pax romana, imposta dai dominatori, ci fu per due principali motivi:
complessa stabilità politica nelle regioni e nelle città che facevano parte dell’impero;
per l’assenza di grandi guerre nel centro del sistema romano.
AUTONOMIA
Durante l’impero c’erano due poli fondamentali: Roma e le città; questa
organizzazione riuscì a continuare perché era fatta attraverso un patto nel quale si
dava obbedienza in cambio di autonomia. Roma chiedeva due cose alla periferia del
suo impero: un regolare afflusso di tributi e il mantenimento dell’ordine in cambio
dava autonomia alle città. Nella parte orientale dell’impero le città si appoggiarono
alle pòleis greche e ai loro abitanti venne data la doppia cittadinanza (romana e
locale).
In occidente i romani operarono un urbanizzazione, fondando nuovo città sotto il
modello romano, alcune guidate da una nuova classe dirigente ed erano presenti anche
i decurioni, amministratori delle singole comunità urbane, questa carica era regolata
per censo medio.
SOCIETÀ POLARIZZATA
La società imperiale romana era divisa in: honestiores, appartenenti ai ceti superiori,
per farne parte bisognava esercitare cariche pubbliche di alto livello, appartenere a
uno dei tre ordini: senatori, cavalieri e decurioni; e humiliores, appartenenti ai ceti
inferiori, troviamo contadini, proletari urbani, contadini, commercianti, ingegneri,
architetti, medici.
SENATORI
La classe dirigente dell’impero era composta da 600 senatori, che si trovavano al
vertice, l’imperatore non nominava più di venti senatori l’anno, il simbolo dello status
era la fascia larga, laticlavio. Per diventare senatori bisognava aver compiuto il
regolare il cursus honorum, bisognava aver un patrimonio di un milione di sesterzi,
questa ricchezza derivava dal possesso di proprietà terriere.
CAVALIERI E DECURIONI
Per diventare cavalieri bisognava avere un patrimonio minimo di 400 000 sesterzi, in
gran parte erano proprietari terrieri, commercianti, banchieri e imprenditori; per
diventare decurioni, 100 membri per città, comprendeva 150 000, per entrarci
bisognava godere di una buona reputazione e avere un patrimonio che va dai 20 000 ai
100 000 sesterzi.
Le crisi e le sue cause:
L’età tardo antica ebbe una forte crisi, dalla quale ne uscì nel 3° secolo, come nuovo
impero,
Le cause della crisi si dividono in due categorie:
-Cause esogene: cioè esterne (crescente pressione militare sulle popolazioni straniere)
-Cause endogene: cioè interne (di ordine politico, economico e sociale).
L’elemento in comune tra queste due cause è l’impero che raggiunse un’estensione e
una complessità da rendere difficile il governo.
Il limes vacilla:
Inizio 3° secolo c’è la crisi militare, dove il controllo dei limes era difficile (tra il Mar
del Nord e il mar Nero). Il pericolo maggiore però si avvertiva lungo il Danubio deve
c’erano i goti (popolazione sul Mar Nero e sul confine del Reno) o quali erano
interessati dagli scontri di: FRANCHI, SVEVI E ALAMANNI.
L’oriente e il conflitto con i Sasanidi:
Il confine orientale era un problema, nel 226 nel regno dei parti aveva acquistato il
potere la dinastia iranica dei Sasanidi che volevano discendere dagni antichi
Achemenidi.
Le conseguenze delle guerre:
L’impegno per difendere il limes ebbe due conseguenze sulla società e sulle
istituzioni.
-SPESE MILITARI: iniziarono a gravare sul sistema economico che stava attraversando
un periodo di difficoltà
-L’ESERCITO: che prese peso durante la vita dello Stato.
L’anarchia militare:
ANARCHIA: situazione di caos. In un arco di tempo di circa 50 anni si alternarono 28
imperatori, tutti di estrazione militare e nominati dall’esercito, i nuovi imperatori
talvolta erano eliminati dagli stessi eserciti che li avevano eletti, se non avevano
ricevuto ciò che volevano.
Sull’orlo della disgregazione:
Nel 267 sotto la regina Zenobia il regno autonomo estese il proprio controllo su tutta la
Siria, sull’Egitto e su parte dell’Asia minore. In occidente tra il 260-268, Postumo,
costituì un impero autonomo delle Gallie con un senato proprio e il diritto di battere
moneta. Postumo venne nominato “il fondatore delle Gallie”
Decio contro i cristiani:
Decio cercò di restaurare l’autorietà imperiale verso i nemici interni dell’impero,
come i cristiani, i quali vennero colpiti da violente persecuzioni. Decio infatti decise di
ripristinare i culti ufficiali e di imporre a tutti i sudditi un formale atto di devozione
alle divinità tradizionali e all’imperatore. Tali certificati erano
detti libelli. Molti cristiani scelsero il martirio piuttosto che rendere omaggio
all’imperatore.
Valeriano e Gallieno:
Dopo la morte di Decio, salì al trono Valeriano (253) che era un comandante delle
legioni. Divise il governo dell’Impero fra una parte occidentale che tenne sotto il suo
comando e una orientale che affidò a suo figlio Gallieno. Morto il padre Gallieno
dovette cobattere contro i FRANCHI, GLI ALMANNI E I GOTI.
Per fronteggiare questa grave situazione, egli sospese le persecuzioni contro i cristiani
in modo da favorire la pace interna.
Aureliano:
Governò dal 270 al 275. Riuscì a ripristinare l’integrità territoriale dell’impero
riportando sotto il controllo di Roma regni autonomi delle Gallie e di Palmira. La
preoccupazione di Aureliano per le sorti dell’impero è quella delle imponenti cinta di
mura, chiamate mura aureliane.
Gli aspetti economici della crisi:
-Il costo della gestione (ovvero le risorse necessarie a garantire la sopravvivenza dello
stato) era ormai superiore alle possibilità di produzione della ricchezza.
-Le spese amministrative e militari divennero esorbitanti, imponendo un prelievo
fiscale.
La crisi agricola:
Cause= -DEVASTAZIONI: i saccheggi e le requisizioni operate dagli eserciti nel corso
delle continue campagne militari; -PRELIEVO FISCALE crescente; -DIMINUZIONE DELLA
POPOLAZIONE: che riduceva dunque la quantità di forza lavoro disponibile; -SCHIAVI:
la disponibilità degli schiavi diminuiva sempre di più, essi erano insieme ai bottini la
fonte primaria.
Svalutazione, inflazione, crisi dei commerci:
una causa della crisi economica fu la svalutazione della moneta. Lo stato passò da
coniare monete d’oro a quello d’argento e andando avanti a coniare monete con un
valore , di metallo inferiore. Tutto ciò provocò un’inflazione perché occorrevano più
monete per acquistare lo stesso bene, tutto ciò recò un danno al
commercio. Una nuova forma di scambio fu lo SCAMBIO IN NATURA (baratto)
LE RIFORME DI DIOCLEZIANO
Cambiare per sopravvivere: la tetrarchia
Diocleziano: generale di origine illirica, acclamato imperatore dalle sue truppe nel
284. Introdusse innovazioni che avrebbero caratterizzato in profondità l’impero tardo
antico, siccome l’impero non poteva essere gestito da un uomo solo era necessario
suddividere il governo. Affidò il governo d’Occidente a Massimiano. 293 completò la
sua riforma dello stato ponendo come nuovo sistema di governo –> tetrarchia (governo
dei quattro). Il potere veniva spartito tra due imperatori chiamati AUGUSTI
(Massimiano e Diocleziano) affiancati da 2 collaboratori detti CESARI. Diocleziano
scelse come cesare GALERIO, mentre Massimiano scelse Costanzo Cloro. Diocleziano
abbandonò coì il principio dinastico e ritornò al criterio della “scelta del migliore”.
Le nuove capitali:
Il sistema tetrarchico aveva due obbiettivi fondamentali:
-assicurare il governo e la difesa del territorio romano
-evitare le lotte per la successione che avevano travagliato l’impero nel 3° secolo.
L’impero rimase un organismo unitario. Per essere più vicino alle aree maggiormente
esposte Diocleziano scelse Nicomedia (ASIA MINORE), punto strategico per controllare
gli stretti tra il Mediterraneo e Mar Nero.
Non si stabilì mai a Roma.
-Massimiano –> Milano
-Galerio –> Sirmio
-Costanzo Cloro –> Treveri
Roma a questo punto si trova in una posizione periferica.
La politica anticristiana:
L’impero esigeva un unità religiosa. Diocleziano nel 303 fece un editto che scatenò una
violenta persecuzione contro i cristiani che venivano considerati come una minaccia
perché non erano disposti a riconoscere ,la religione ufficiale dello stato romano né la
natura divina dell’imperatore. Con Diocleziano
ci fu l’ultima persecuzione anticristiana.
La riorganizzazione dello spazio imperiale:
Diocleziano ridusse l’estensione delle province e ne raddoppiò il numero, portandolo
circa a 100. Il potere in ogni provincia fu affidato a un governatore militare (dux) e ad
un governatore civile che aveva compiti amministrativi e giudiziari. Le province
vennero poi aggregate in unità più ampie chiamate DIOCISI, ciascuna governata da un
VICARIO ovvero rappresentante dell’imperatore. Anche l’Italia divenne una provincia.
Un nuovo modello di esercito:
Il nuovo modello di esercito militare di basava su un esercito mobile i cui rappresentati
presero il nome di comitatensi. Il problema della difesa delle frontiere venne risolto
con la creazione di un esercito di confine costituito dai LIMITANEI. Si iniziarono a
reclutare soldati fra i gruppi di barbari residenti presso
i confini.
La riforma fiscale:
Le imposte venivano calcolate e corrisposte in natura o in denaro, a seconda delle
circostanze. Ciascuna provincia doveva versare una quota d’imposta calcolata
proporzionalmente al numero degli abitanti. La riforma fiscale-amministrativa aveva il
principio della responsabilità collettiva nel pagamento delle imposte. Le autorità
territoriali costringevano i coloni residenti a lavorare anche terre abbandonate e
incolte, in modo da raggiungere l’importo complessivo assegnato. Questa riforma rese
la pressione fiscale gravosa.
COSTANTINO E L’IMPERO TARDO-ANTICO:
Il fallimento della tetrarchia:
Nel 305 Diocleziano abdicò e in oltre costrinse Massimiano a fare lo stesso. Nel 306m
muore Costanzo Cloro. Le sue legioni proclamarono suo figlio Costanzo imperatore,
Costantino, ripristinando il principio dinastico.
Dalla diarchia al primato di Costantino:
-312 Costantino sconfisse Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio. Dopo la morte di
Galerio (311) cominciò a prevalere la figura di Licinio (proveniente dalla Dacia); -313
Costantino e Licinio si incontrarono a Milano e fecero un accordo di spartizione del
potere. L’impero romano divenne una diarchia, diviso tra due imperatori che
svolgevano una politica autonoma; -324: ultimo scontro, dove Licinio venne sconfitto.
Costantino mise a morte il rivale temendo possibili tentativi di rivalsa. Costantino
condusse l’impero fino al 337 (anno della sua morte) La chiesa cattolica:
CHIESA=assemblea, “cattolica”=universale.
La chiesa nacque come organizzazione che riuniva le comunità cristiane
originariamente autonome, queste erano rette dagli anziani (epìskopoi). Al centro, il
vescovo di Roma-→ Papa. La chiesa si basava sul modello dello statom in una gerarchia
che aveva al suo centro il vescovo.
La svolta di Costantino:
313 dopo la vittoria di Massenzio al Ponte Milvio fu deciso di garantire la libertà di
culto per i cristiani (editto di Milano). Questa decisione fu seguita da una serie di
provvedimenti. Restituzione dei luoghi di culto confiscati durante la precedente
persecuzione; concessione di esenzioni fiscali al clero e alle chiese locali; Donazioni,
attribuzioni ai vescovi di funzioni giurisdizionali cioè amministrazione della giustizia.