Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
BIBLIOGRAFIA
Capaccioni – Settembre 2020
Tenere conto del binomio bibliografia e informazione
La bibliografia continua a soffrire per il suo nome → già Walter Wilson Greg
(nel 1912) si era soffermato sull’ambiguità del termine, ritenendo che non si potesse
limitarne il significato alla sola compilazione di repertori. La bibliografia necessità di
più approcci.
Lo stato di incertezza iniziato nel ‘900 si è protratto fino ai nostri giorni, per capirlo è
sufficiente sfogliare diversi dizionari
C’è il confronto delle due tesi e c’è la proposta di alcune considerazioni sulla
diffusione delle bibliografie nell’età pre-gutenberghiana, prendendo in esame dai
“Pinakes” di Callimaco alle bibliografie degli scrittori cristiani come le
“Retractationes” di Agostino fino alle “Istitutiones divinarum et humanarum
lectionum” di Flavio Magno Aurelio Cassiodro.
Sul significato del termine bibliografia sono state scritte diverse definizioni. Essa si
definisce scienza del libro, poiché scrive i volumi per facilitarne l’identificazione con
metodo e rigore. È proprio l’oggetto di studio della bibliografia, il libro, a rendere la
definizione difficile. Una delle principali difficoltà della bibliografia consiste nella
capacità di determinare i propri confini.
Tra i padri della moderna bibliografia ricordiamo Conrad Gesner, che aveva
mostrato un particolare interesse per gli inventari. Pubblicò un ampio catalogo delle
piante, aveva poi raccolto informazioni su tutto ciò, nell’ambito scientifico, era stato
edito in latino, greco ed ebraico. Egli concepì una bibliografia che negli anni
successivi sarebbe poi diventata una guida al sapere mondiale. Il primo volume
dell’opera, “Bibliotheca universalis” (1545) metteva a disposizione agli studiosi un
repertorio in grado di fornire il maggior numero di informazioni bibliografiche, per
questo è stata considerata come uno dei primi tentativi di bibliografia generale e
internazionale. Poi pubblicò le “Pandette”, opera in cui le informazioni
bibliografiche venivano riproposte e suddivise per argomento. Con Conrad la
bibliografia sembrava aver trovato il suo scopo, ovvero raccogliere e
organizzare informazioni bibliografiche su ciò che si pubblicava nel mondo in
ambito scientifico. Fino al XVIII secolo la bibliografia è stata prevalentemente
identificata con l’attività di elaborare liste di libri, successivamente le sono state
attribuite anche competenze sulla dimensione materiale del libro, che
spostarono l’attenzione verso aspetti storici e artistici, nel corso del XVII secolo
rintracciamo un primo confronto con la tradizione erudita e con quella ampia area
disciplinare, l’historia literaria, che comprendeva la letteratura e la storia. Ricordiamo
in questo ambito Gabriel Naudé che nella sua opera approfondì la sua
convinzione che il progresso della scienza si basava sullo studio sia dell’histoire des
lettres e quello dell’histoire des livres. A lui viene attribuito anche il merito di aver
utilizzato per primo il termine bibliografia con un’accezione vicina a quella
moderna. Va ricordato però che in quegli anni si usava il termine bibliotheca per
indicare sia i repertori bibliografici che la raccolta di libri.
Si può affermare quindi che ai bibliotecari, librai e bibliofili dell’800 non erano
mancate le occasioni per scambiarsi opinioni. Con sempre più frequenza
le università europee hanno creato cattedre legate alle discipline del libro:
in Italia per esempio il primo corso di bibliologia venne avviato nel 1865
dall’Università di Napoli. Qualcosa stava cambiando → si era diffusa
l’esigenza di definire con chiarezza, competenze ed obiettivi della
disciplina → ciò comportò un ripensamento dei rapporti con le discipline
affini (ovvero biblioteconomia, paleografia, archivistica, ecc.) ma anche
con quelle con cui da tempo venivano coltivate relazioni, come letteratura
e storia → la bibliografia stava entrando nell’età dell’incertezza.
La seconda parte del ‘900 sembra segnata da una crisi di visibilità della
bibliografia, come aveva fatto notare Walter Benjamin → la crescita di
importanza della bibliografia aveva portato a una diminuzione
dell’attenzione a essa dedicata. Ciò può essere condotto a diverse cause
→ tra le quali spiccavano le incertezze sulla sua natura che causavano, tra
le altre, l’instabilità dei sui suoi confini. Una delle questioni che più ha
coinvolto gli studiosi è stata quella relativa alla natura scientifica della
bibliografia. Secondo Schneider la bibliografia era un insieme di scienza e
attività pratiche.
1) nella prima fase i bibliografi avevano trovato nel paragone con la scienza
un’analogia che dimostrava che il loro campo di studi era serio e
sistematico
Per quanto riguarda l’Italia si affermò dopo l’Unità una visione tripartita del
mondo del libro: bibliografia, bibliofilia e biblioteconomia. Esse avevano
competenze che per alcuni studiosi si sovrapponevano, per altri non venivano
riconosciute.
CAPITOLO 2
2.1 → “Raccontare la bibliografia”
La storia della bibliografia può essere raccontata in diversi modi; uno dei più
diffusi consiste nella presentazione di un elenco dei repertori più significativi
pubblicati nel tempo, esaminando le sue caratteristiche e sulla base di
queste
produrre un profilo della disciplina. La storia della bibliografia però non si può
limitare a questo, in quanto dovrebbe fare riferimento alle finalità e alle prassi messe
in atto dalla bibliografia per rispondere alle esigenze informative. L’idea di un
diverso approccio alla storia della bibliografia nasce con un’opera di Rudolf
Blum → nuovo tipo di approccio che prevede l’approfondimento delle
relazioni tra la bibliografia e la biblioteconomia e le altre discipline del libro →
in essa viene fornita per la prima volta il panorama dei termini con cui si definisce la
bibliografia nelle lingue europee, offrendo agli studiosi un'esauriente analisi lessicale
e concettuale. Blum prese spunto da Pierre Carron che sottolineava
l’esistenza di una certa confusione nell’uso del termine bibliografia; lo studioso
tedesco si era reso conto della mancanza di uno studio introduttivo alla
disciplina in grado di analizzare cronologicamente e per aree linguistiche i
diversi significati e definizioni. Attraverso l’esame di liste di libri, contributi teorici,
cataloghi di bibliografici e manuali, decise di ricostruire l’evoluzione della parola
bibliographia in Occidente.
Queste sue posizioni vennero poi riprese da Blum, secondo cui la storia della
bibliografia ha inizio solo dopo mezzo secolo dall’invenzione di Gutemberg. La tesi
si basava sul fatto che durante l’età dei manoscritti i pochi elenchi di libri a
disposizione non potevano essere considerati come dei veri repertori, in quanto le
citazioni bibliografiche erano incomplete. Si deve ricordare che durante l’età dei
manoscritti la percezione della dimensione dell’intellettuale e materiale del libro era
diversa rispetto a quella che si è manifestata dopo Gutemberg.
Besterman aveva sostenuto però tesi diverse → affermava che
l’esistenza delle bibliografie, anche se limitate, era nota già prima della
fine dell’età dei manoscritti (es. vite dei Santi a forma di calendario);
bibliografia nasceva da un’esigenza di informazione dell’uomo e che
questo tipo di necessità prescindesse dal ricorso a specifiche tecnologie o
da particolari tecniche di descrive; durante l’epoca dei manoscritti si
pensava di più al contenuto intellettuale che agli autori; l’incompletezza
della citazione bibliografica → definita da Blum mancanza di dettagli
bibliografici → per Besterman non pregiudicava la funzione comunicativa di un
repertorio. Anche Luigi Balsamo ribadiva queste posizioni. Si può
osservare che la maggiore circolazione dei libri stampati aveva prodotto una
consistente crescita della domanda di informazione bibliografica che poi aveva
stimolato l’elaborazione di nuovi repertori. Altri studiosi sono rimasti in una posizione
intermedia, come fece Louise-Noelle Maclès, che in una delle sue opere
riconosceva che l’origine dei repertori dovesse essere collocata in epoche più
remote.
Gli effetti di questi cambiamenti sono stati poi accresciuti dall’invenzione della
stampa e dalla rivoluzione elettronica. La bibliografia è pienamente coinvolta in
questa evoluzione. È quindi legittimo risalire fino alla prassi bibliografica del mondo
classico e pagano. Una delle espressioni più alte è rappresentata dai “Pinakes”
(quadrettino dipinto, Pinax, che affiancava una sorta di targhetta allegata
ad ogni papiro → la targhetta conteneva le informazioni essenziali che
servivano a identificare l’autore dell’opera contenuta nel rotolo), catalogo
di Callimaco che elencava le opere di autori conservati nella Biblioteca di
Alessandria d’Egitto. Callimaco può essere considerato come l’iniziatore
della bibliografia, ovvero di un repertorio in cui per ogni opera elencata
troviamo descrizione, nome dell’autore e annotazioni bibliografiche.
Il periodo che va dagli ultimi anni del XIX secolo ai primi decenni del secolo
successivo è decisivo per comprendere gli sviluppi della bibliografia in età
contemporanea. In alcuni Stati si erano venute a creare le condizioni in grado di
favorire un innalzamento dei livelli della qualità della vita in vari ambiti: questo
periodo era definito come Belle Epoque. Sono anni in cui si assiste alla
crescita dell’attenzione da parte di autorità pubbliche nei confronti dei
sistemi scolastici e della creazione di sistemi bibliotecari locali o nazionali.
Regno unito → 1850 → Public Libraries Act + varie iniziative per favorire
l’istituzione di biblioteche pubbliche negli USA → influiscono sul destino delle
social library (private)
Crebbe anche il numero delle Università. La comunità scientifica fece fronte a
queste esigenze con la fondazione di nuove riviste e la creazione di collane
specializzate.
Tra 1895 e 1910 veniva messo a punto un nuovo modo di concepire libro,
documento e informazione → Paul Otlet venne da tutti riconosciuto come
fondatore della documentazione. Il 1895 è noto come l’anno della fondazione
dell’Institut International de Bibliographie di Bruxelles, promosso da Henri
La Fontaine e Paul Otlet → progetto di gestione dei dati bibliografici a
carattere internazionale. Proprio nel settembre dello stesso anno i due
organizzarono la prima Conference de Bibliographie da questa conferenza
emerse un’attenzione verso la classificazione decimale Dewey; inoltre la
conferenza propone ai governi di unire le forze e costituire una unione
bibliografica universale. Fu inoltre approvata una risoluzione che invitava gli
Stati a occuparsi delle rispettive bibliografie nazionali, adottando una
legislazione uniforme sul deposito legale.
Nel corso della conferenza fu deciso di tenere Bruxelles dal 1910 un periodico,
ogni anno, un Congresso Internazionale della Bibliografia e della
Documentazione. Otlet e La Fontaine non furono però i primi ad occuparsi
dell’organizzazione bibliografica internazionale, infatti già altre associazioni ed enti
avevano avanzato dei progetti al riguardo, come la Royal Society di Londra che
aveva intenzione di realizzare una bibliografia scientifica internazionale e proprio
per questo motivo aveva già avviato degli incontri, o il Concilium Bibliographicum
di Zurigo (Herbert Haviland Field, schede mobili a pagamento sempre
aggiornate e classificazione di Dewey) che voleva garantire una copertura
bibliografica completa e aggiornata in ambito zoologico. Importante ricordare
anche l’attività dell’Institut de Bibliographie fondato da Baudouin a Parigi da
Marcel Baudouin → il suo repertorio si era specializzato in un particolare
settore scientifico ed era accessibile attraverso la sottoscrizione a un
abbonamento → Baudouin pubblica “Repertoire bibliographique universel”,
catalogo aggiornato che raccoglie informazioni di ambito medico registrate su
schede mobili.
Questi progetti mettono in discussione la centralità del libro, i repertori non potevano
più ignorare prodotti editoriali che erano stati marginalizzati o esclusi
I librai hanno avuto un ruolo significativo nello sviluppo della bibliografia, ma non
sempre questo è stato loro riconosciuto. Ricordiamo ad esempio Brunet con
“Manuel du libraire et de l’amateur de livres”, uno dei librai che più ha influito
sulle successive generazioni di bibliografi. Giuseppe Fumagalli, dopo più di un
secolo, annoverava il sistema Brunet tra gli schemi di classificazione degni di
rilievo e il suo “Manuel” ancora oggi è considerato un valido strumento per
l’identificazione delle edizioni rare → definisce la bibliografia come “la
scienza del libraio colto”.
Si deve innanzitutto tracciare una breve storia della professione libraia: in molte parti
d’Europa i librai, rifacendosi a un’organizzazione del lavoro di origine medievale, si
erano organizzati in corporazioni (specifiche o miste). Si diventava librai prestando
lavoro come apprendisti. Per lungo tempo libraio e stampatore sono stati la
stessa persona, tanto che produzione e vendita si trovavano riuniti nella
stessa persona → per contenere i costi, per tenere sotto controllo la filiera
e c’erano delle leggi da osservare.
Solo dal XIX secolo si sentì l’esigenza di differenziare i due mestieri. I librai
inoltre intrattenevano rapporti commerciali e gestivano le relazioni con i
clienti, che anche se non erano numerosi avevano esigenze diverse.
Alcuni librai colti avevano cominciato a perfezionare la loro attività
attraverso formule di lettura in libreria o di prestito a pagamento.
Cominciarono ad apparire i primi schemi di classificazione quanto si sentì
l’esigenza di migliorare l’organizzazione dei volumi. Le classificazioni
rendevano più efficace la gestione della libreria → elenchi di libri pubblicati
da più tipografi, stirare delle liste di tutti i volumi e delle edizioni che
potevano essere reperibili in biblioteca o in libreria → chiamate book list.
Nella prima fase dopo Gutenberg tra i librai comunque non si era manifestata la
volontà di segnalare le novità editoriali o le edizioni disponibili. Con l’incremento
delle edizioni le librerie hanno poi cominciato a sentire l’esigenza di
possedere strumenti più precisi. Alla fine del XV secolo le liste si erano
trasformate in una sorta di catalogo, in alcuni casi anche in un lavoro di descrizione
più accurato. Possiamo menzionare ad esempio i cataloghi editoriali di Aldo
Manuzio (opere tascabili e invenzione font). In Germania si diffusero poi anche i
Messkatalogue, cataloghi a stampa in cui erano elencati i volumi disponibili
durante le fiere dei libri di Francoforte → i Messkatalogue erano
periodicamente aggiornati, suddivisi per argomento e presentavano
descrizioni dell’edizione sufficientemente dettagliate.
Da segnalare che anche una delle prime bibliografie nazionali è opera di un libraio: è
il Catalogue of English printed books, curato e pubblicato da Andrew
Maunsell. A lui è riconosciuto da molti come innovatore in campo bibliografico, ma
gli veniva riconosciuto anche il merito di aver contribuito a perfezionare la
descrizione dei volumi nei repertori: aveva introdotto un livello di accuratezza fino ad
allora sconosciuto. Il cognome era preferito al nome, sia per autore che
tipografo; veniva poi riportata data di stampa, formato e volume. Sono state
introdotte una serie di scelte che diventarono poi modello per tutta la
tradizione catalografica inglese. Come detto inizialmente, però, il lavoro dei librai
non è stato sempre riconosciuto. I librai nel XX secolo si sono trasformati in utenti di
repertori scritti da altri e il loro apporto alla bibliografia si è ridotto alla realizzazione
di cataloghi di singole case editrici o alla realizzazione di repertori di libri in
commercio (book in print). Dovremmo quindi saper riconoscere il lavoro che le
singole professioni del libro hanno fornito nel tempo alla bibliografia.
Strumenti simili alle bibliografie internazionali erano stati realizzati già nel
XIX secolo, ma erano il frutto di singoli studiosi (tra questi prevalevano i librai).
Per quanto riguarda il controllo bibliografico universale fu un sistema che si andò
consolidando a partire dalla Seconda Guerra Mondiale ma che ha radici lontane,
in quanto corrisponde all’antica aspirazione del mondo scientifico e
bibliotecario di dominare l’universo delle conoscenze registrate nella
produzione libraia → Solimine e Gesner, Field, La Fontaine, Otlet.
Si può fare poi un’ultima considerazione riguardo il coinvolgimento dello stato nelle
iniziative bibliografiche: in linea di massima si può affermare che nel corso del
secondo ‘900 la presenza degli enti nazionali crebbe sensibilmente, tuttavia non si
può parlare di una competa nazionalizzazione dei servizi bibliografici.
CAPITOLO 3
A partire dal XIX secolo sono emersi diversi modi per intendere le finalità della
bibliografia. Tra gli aspetti più rilevanti un dubbio a cui non si è data una risposta
soddisfacente riguarda chi sono i fruitori della disciplina: a chi serve la
bibliografia? Ricordiamo brevemente che la bibliografia enumerativa riguarda
l’elaborazione e la gestione dell’informazione relativa alla produzione
editoriale passata e presente; la bibliografia analitica si concentra sugli
aspetti fisici del libro.
I fruitori sono molti → i bibliografi si sono divisi in due gruppi: alcuni pensano
che la bibliografia sia uno strumento per studiosi, altri pensano sia di interesse
anche per un pubblico più ampio. Tra ‘700 e ‘800 il primo gruppo aveva
immaginato come loro lettore ideale appunto quelle persone che possono
essere ricollegate alla comunità dei sapienti → Jean Pie Namur → indicava
le caratteristiche principali che doveva possedere un bibliografo (istruita,
conoscenza della storia, letteratura e lingue, spirito critico, ecc.).
Per quanto riguarda invece il secondo gruppo ricordiamo gli studiosi che nel corso
del XIX secolo avevano sviluppato l’idea che la bibliografia dovesse essere più
vicina agli interessi dei cittadini; tra questi ricordiamo Frank Campbell.
Quest’ultimo aveva intuito che il compito della disciplina era quello di
consentire ad ogni persona di trarre il massimo uso e godimento dalla
produzione editoriale mondiale del passato e del presente.
Questa idea venne ripresa e rilanciata nel secondo dopoguerra. Importante fu anche
l’interesse dell’UNESCO, che aveva iniziato ad occuparsi di bibliografia in
quanto riteneva che essa fosse in grado di offrire un rilevante contributo al
bene comune dell’umanità, creando quindi una tecnica il cui compito fosse
quello di elaborare in modo sistematico elenchi di scritti o pubblicazioni con
lo scopo di fornire a tutti gli interessati i mezzi per identificare uno specifico
documento.
È difficile dare torto a chi sostiene che la bibliografia abbia una natura elitaria,
in quanto effettivamente fornisce elementi concettuali e strumenti per il recupero
dell’informazione bibliografica soprattutto a chi utilizza i libri. Oggi l’informazione
specialistica è concentrata in alcune banche dati che da diversi anni sono una
componente rilevante in quanto garantiscono l’accesso ai prodotti della ricerca
suscitando prevalentemente l’interesse di docenti universitari.
Come dice Ann Blair → “ci immaginiamo di vivere l’era dell’informazione come
se fossimo in una fase completamente nuova”. Dobbiamo partire dal concetto
che esistono fasi di transizione, quali → es. il passaggio da oralità a
scrittura o dal manoscritto al libro a stampa.
L’espressione è però recente: il suo uso si è diffuso verso gli anni ‘70 del secolo
scorso e ha avuto un intento primario, ovvero evidenziare l’importanza
dell’informazione per l’uomo da un punto di vista sociale, culturale ed
economico. La parola informazione ha assunto un ruolo sempre maggiore a
partire dal XX secolo; nelle epoche passate si utilizzavano espressioni come notitia
librorum, in ambito bibliografico. Nel corso degli ultimi anni si è tentato di definire la
parola informazione in modo più preciso, esaminandola come un processo
costituito da un messaggio\segnale con un codice\caratteristiche che è in
grado di veicolare un contenuto di novità ed è emesso da due dispositivi,
uno con la funzione di trasmettitore e uno di ricevitore.
Già a metà del ‘900 la parola risulta accettata come un termine impiegato anche in
ambito specialistico. Nel corso del ‘900 l’informazione si è trasformata in un fattore
centrale per la società. L’informazione continua ad essere considerata un
“dato”, eccezione classica. Oggi appare chiamata a ricoprire un ruolo più
ambizioso, diventando fattore di sviluppo sociale ed economico, di crescita e
ricchezza culturale. La principale differenza tra società odierne più sviluppate e
meno sviluppate non consiste nel fatto che le prime danno maggiore
importanza all’informazione, ma che ne fanno un uso più ampio.
Sono ormai alcuni anni che si parla di reference library, ovvero di una biblioteca
incentrata sull’informazione, in particolare quella bibliografica.
Per quanto riguarda il futuro, l’evoluzione di una disciplina è legata all’idea che
abbiamo di essa. Un bibliografo analitico deve immaginare un approccio in grado
di prendere in considerazione i cambiamenti radicali. La bibliografia analitica o
almeno una parte autorevole di essa affronta dunque il suo futuro guardando al
passato promuovendo un’azione di salvaguardia verso quelle forme di trasmissione
dei testi, in particolare il libro a stampa, che sono poi il loro principale oggetto.
La bibliografia enumerativa, che concentra la sua attenzione sui repertori,
considerandoli gli strumenti privilegiati se ni esclusivi per l’espletamento di
un’adeguata attività informativa, si troverà a dover constatare che le trasformazioni
dell’universo bibliografico stanno mettendo in discussione la stessa funzione di
mediazione della bibliografia.
Il mondo della registrazione registrata sta infatti cambiando rapidamente. Oggi una
parte rilevante delle risorse bibliografiche si trova in internet e può
teoricamente essere consultata direttamente, senza l’ausilio dei repertori. Il
nuovo ambiente digitale facilita il contatto tra il creatore e l’utente finale e ciò rilega in
luoghi secondari bibliotecari, librai e operatori della distribuzione. Oggi comunque
la disintermediazione nel vero senso della parola non si può dire che esista, in
quanto gli editori tradizionali sono stati sostituiti da nuovi editori. In una
comunicazione mediata è l’editore che seleziona le opere da pubblicare e
contribuisce a migliorarle e a diffonderle in modo adeguato; il bibliografo è incaricato
di elaborare un elenco di risorse da inserire nei repertori basandosi su alcuni criteri
fondamentali che non intendono entrare nel merito del contenuto di un’opera, ma
verificarne alcuni requisiti minimi, tuttavia, come nel caso di un editore che non sia in
grado di comprendere l’opera per incuria\mancanza di preparazione, anche lui può
essere vittima di tali atteggiamenti.
1) Osservazione empirica
2) Riflessione teorica
La bibliografia del futuro deve tenere conto di questi cambiamenti. La scienza non è
però un blocco unico, esistono infatti delle differenze tra discipline
umanistiche e quelle STM (Science, Technology and Medicine).
Quelle scientifiche hanno a che fare con il “potere dei dati” ma anche con la loro
fragilità e di conseguenza hanno bisogno di forme e strumenti della comunicazione
più adatti.
Non dobbiamo dimenticare che le bibliografie sono per tutti, quindi il loro
compito è quello di contribuire a un più ampio fabbisogno informativo,
avendo di conseguenza un forte impatto su tutta la società → si occupa
quindi di una editoria generalista. Questo nuovo ambiente ha diverse novità,
tra cui possiamo citare l’e-book. I dati di vendita del libro elettronico mostrano un
andamento irregolare, ma la sua diffusione è destinata a consolidarsi con il costante
aumento dei digital born; anche in questo settore il ruolo dei mediatori è
fortemente messo in discussione, come testimoniano anche le pratiche di self
publishing.