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Successione e trasferimento della quota in capo agli eredi: modalità, termini e adempimenti.

La quota della Società a Responsabilità Limitata (SRL) è normalmente trasferibile in caso di morte
del socio, salvo i limiti eventualmente posti all’atto costitutivo. L’erede (o il legatario) subentra
nella società nella stessa posizione del socio defunto, senza potere richiedere la liquidazione in
denaro della quota, salvo che i soci abbiano diversamente disposto.

 Nel caso di coeredi della stessa quota, nasce una comunione ereditaria. Questi possono poi ottenere
la divisione, sempre che l’atto costitutivo non lo vieti.

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L’erede (o il legatario) per entrare in società deve innanzitutto depositare presso il registro delle
imprese, per l’iscrizione del trasferimento nel registro stesso, la seguente documentazione:

– certificato di morte;

– copia dell’eventuale testamento;

– atto di notorietà, predisposto dalla cancelleria del tribunale del luogo ove si è aperta la
successione oppure da un notaio che attesti la qualità di erede o di legatario di colui il quale chiede
l’iscrizione;

– copia del decreto del giudice tutelare, in presenza di minori in qualità di eredi o di legatari.
Successivamente deve richiedere agli amministratori l’annotazione del trasferimento nel libro dei
soci. In mancanza, questa può essere ordinata dal tribunale [1].

 Quota non trasferibile

Se l’atto costitutivo esclude la trasferibilità delle quote (in modo assoluto o nell’ipotesi di
successione per causa di morte), alla morte del socio, il rapporto di cui egli era titolare si scioglie.

L’erede o gli eredi in tal caso vantano il diritto di liquidazione del valore patrimoniale della quota
del defunto, mentre non possono avanzare la pretesa di succedere al defunto nella posizione di
socio.

Modalità di liquidazione

Secondo una prima tesi, il denaro necessario alla liquidazione della quota deve essere quello delle
casse sociali, fermo restando il divieto per la società di acquistare tale quota. La società deve ridurre
il capitale solo se la liquidazione riduce il patrimonio sociale tanto da intaccare il capitale sociale.
Diversamente la riduzione è superflua, anche quando i soci pagano personalmente il debito della
società.

 
Se la liquidazione riduce il capitale al di sotto del minimo legale, la società si scioglie, a meno che i
soci non la ricapitalizzino.

Una seconda tesi esclude la legittimità della delibera di riduzione, ritenendo che la quota del
defunto si consolida in capo agli altri soci, in misura proporzionale al valore delle loro quote [2].

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Srl: morte del socio


del 31/03/2011
di: Avv. Marco Agami | ACLaw - Ceccon & Associati
CHE COS'È?
La morte di un socio di una società a responsabilità limitata è un evento che, in genere, non
comporta conseguenze di particolare rilevanza per la vita della società.
La legge, infatti, prevede che le partecipazioni in società a responsabilità limitata siano liberamente
trasmissibili non solo per atto tra vivi, ma anche a causa di morte del socio. Ne consegue che gli
eredi di un socio di srl di regola succedono al socio defunto, acquisendo la sua partecipazione.
Tuttavia, i soci superstiti al socio defunto possono avere interesse ad evitare che nella compagine
sociale subentrino gli eredi di un socio defunto. Per rendere concreto tale interesse, tuttavia, è
necessario che l'atto costitutivo della srl preveda espressamente delle limitazioni alla libera
trasferibilità delle quote, in caso di morte del socio, agli eredi o ai legatari del defunto.
Tali possono essere clausole statutarie che stabiliscono, ad esempio:  

 l'intrasferibilità delle quote, assoluta o relativa (subordinata al gradimento da parte degli


organi sociali, di soci o di terzi), 
 la consolidazione della quota del defunto in capo agli altri soci,  
 l'obbligo di acquisto della quota del defunto da parte degli altri soci. 
Queste clausole, però, se possono impedire o limitare il subingresso degli eredi o legatari nella
compagine sociale della srl, in nessun caso potrebbero avere l'effetto di impedire agli eredi di
ottenere la liquidazione della quota del defunto in alternativa all'acquisto della qualità di socio. La
legge, infatti, stabilisce che se le clausole dell'atto costitutivo impediscono in assoluto la
trasmissibilità mortis causa della partecipazione (ad esempio con l'automatico accrescimento della
quota in favore degli altri soci) o ne subordinano il trasferimento al mero gradimento degli organi
sociali, di soci o di terzi, senza introdurre alcuna disposizione in ordine alle modalità di rimborso
del valore della quota né un termine entro cui debba avvenire la liquidazione della partecipazione,
gli eredi del socio defunto possono esercitare il diritto di recesso dalla società.
La stessa facoltà di recesso spetta anche qualora l'atto costitutivo preveda una modalità di calcolo
del rimborso in favore degli eredi differente rispetto a quella prevista dall'articolo 2473 codice
civile (rimborso in proporzione del valore del patrimonio sociale).
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Srl: morte del socio


del 31/03/2011
di: Avv. Marco Agami | ACLaw - Ceccon & Associati
CHE COS'È?
La morte di un socio di una società a responsabilità limitata è un evento che, in genere, non
comporta conseguenze di particolare rilevanza per la vita della società.
La legge, infatti, prevede che le partecipazioni in società a responsabilità limitata siano liberamente
trasmissibili non solo per atto tra vivi, ma anche a causa di morte del socio. Ne consegue che gli
eredi di un socio di srl di regola succedono al socio defunto, acquisendo la sua partecipazione.
Tuttavia, i soci superstiti al socio defunto possono avere interesse ad evitare che nella compagine
sociale subentrino gli eredi di un socio defunto. Per rendere concreto tale interesse, tuttavia, è
necessario che l'atto costitutivo della srl preveda espressamente delle limitazioni alla libera
trasferibilità delle quote, in caso di morte del socio, agli eredi o ai legatari del defunto.
Tali possono essere clausole statutarie che stabiliscono, ad esempio:  

 l'intrasferibilità delle quote, assoluta o relativa (subordinata al gradimento da parte degli


organi sociali, di soci o di terzi), 
 la consolidazione della quota del defunto in capo agli altri soci,  
 l'obbligo di acquisto della quota del defunto da parte degli altri soci. 
Queste clausole, però, se possono impedire o limitare il subingresso degli eredi o legatari nella
compagine sociale della srl, in nessun caso potrebbero avere l'effetto di impedire agli eredi di
ottenere la liquidazione della quota del defunto in alternativa all'acquisto della qualità di socio. La
legge, infatti, stabilisce che se le clausole dell'atto costitutivo impediscono in assoluto la
trasmissibilità mortis causa della partecipazione (ad esempio con l'automatico accrescimento della
quota in favore degli altri soci) o ne subordinano il trasferimento al mero gradimento degli organi
sociali, di soci o di terzi, senza introdurre alcuna disposizione in ordine alle modalità di rimborso
del valore della quota né un termine entro cui debba avvenire la liquidazione della partecipazione,
gli eredi del socio defunto possono esercitare il diritto di recesso dalla società.
La stessa facoltà di recesso spetta anche qualora l'atto costitutivo preveda una modalità di calcolo
del rimborso in favore degli eredi differente rispetto a quella prevista dall'articolo 2473 codice
civile (rimborso in proporzione del valore del patrimonio sociale).

Termine per la presentazione

La dichiarazione di successione deve essere presentata, entro dodici mesi dal decesso (art.39,
comma 14-sexies, del D.L. n. 269/2003, convertito dalla L. 326/2003) solo se l'attivo ereditario ha
un valore  superiore a 25.823 euro e se comprende beni immobili o diritti reali immobiliari

Nel disciplinare l’evento della morte del socio, il Codice civile distingue le società di persone da
quelle di capitali, in particolare per quanto attiene alla trasmissibilità della quota di
partecipazione; infatti, solo per le società di capitali si prevede, come effetto immediato della
morte del de cuius, la successione degli eredi nella titolarità della quota. Al tempo stesso, però, il
Codice civile consente all’ordinamento statutario di regolare diversamente la morte del socio
ogni forma di società.

Gli spazi di autonomia statutaria sono in quest’ambito notevolissimi, tanto che il contratto
societario diventa il necessario riferimento, al di là del tipo societario prescelto, per individuare le
conseguenze giuridiche dell’evento della morte del socio dal punto di vista sia della società sia dei
soci superstiti. Le norme del codice civile lasciano all’autonomia statutaria la possibilità non solo
di prevedere una regolamentazione parzialmente difforme da quella civilistica, per esempio
individuando autonomi criteri per la determinazione della quota di liquidazione, ma anche di
adottare regimi previsti dal codice per un differente tipo societario.

Le clausole di continuazione nelle società di persone – L’art. 2284 del C.c. dispone che alla
morte del socio sorge l’obbligo per i soci superstiti di liquidare la quota del de cuius, salvo che il
contratto societario o accordi successivi tra gli eredi e i soci non prevedano la continuazione tra
questi ultimi. Nella disciplina civilistica, dunque, la morte del singolo socio (che non sia socio
accomandante di una s.a.s.) provoca automaticamente lo scioglimento del vincolo sociale
particolare, ma un accordo successivo od una clausola di continuazione statutaria possono evitare
questo effetto.
Le clausole di continuazione producono l’effetto della successione dell’erede nella partecipazione
sociale del defunto, così come accade nelle società di capitali per l’operare del regime legale di
trasferibilità mortis causa delle partecipazioni. Anche per le società di persone la successione nella
partecipazione sociale, non costituisce ostacolo alla caratteristica dell'”intrasferibilità” delle
partecipazioni in società personali. È però necessario distinguere tra le diverse tipologie di
clausole di continuazione, in particolare tra quelle facoltative e quelle con obbligo di continuazione.

Le clausole di continuazione facoltative attribuiscono agli eredi del socio defunto il diritto
potestativo di entrare in società al posto del de cuius. Con tale clausola, i soci si privano di ogni
possibilità di scelta al momento della morte di uno di essi, visto che non potranno decidere di
liquidare la quota invece di continuare la società con gli eredi e non potranno neppure scegliere con
quali tra gli eredi continuare la società. Si tratta di una autolimitazione preventiva della scelta dei
soci superstiti.

Da queste si differenziano le clausole con obbligo di continuazione per i soci superstiti, con le


quali l’acquisto della qualità di socio da parte dell’erede non è effetto del solo esercizio
dell’opzione, bensì anche della stipulazione del relativo contratto, cui i soci si obbligano.
La clausola produce sempre l’effetto della continuazione ma, ponendo un obbligo in capo ai soci e
non prevedendo una successione automatica per effetto della scelta dell’erede, fa sì che i soci
superstiti possano rifiutare la stipulazione del contratto. Si tratterà evidentemente della
violazione di un obbligo contrattuale, risarcibile secondo le regole della responsabilità
contrattuale.

Differenti dalle clausole di continuazione sono le clausole di entrata, che hanno la funzione di fare
entrare in società un soggetto determinato, ma non come effetto di una successione nella
titolarità della quota di partecipazione. Infatti, con le clausole di entrata viene posto un obbligo in
capo ai soci superstiti, tale per cui questi “dopo la liquidazione della quota dell’erede, sono tenuti
a far entrare in società un soggetto determinato (che può anche essere l’erede stesso)”. L’ingresso
dell’erede nella società si realizza al di fuori di ogni vicenda successoria, dato che la liquidazione
della quota chiude definitivamente il vecchio rapporto sociale ed un nuovo contratto si stipula tra
erede e soci superstiti. Le clausole in oggetto, dunque, hanno l’effetto immediato di far nascere il
diritto alla liquidazione della quota in capo agli eredi.

La successione nelle società di capitali e le clausole che la limitano – L’autonomia statutaria in


materia di trasferibilità della quota di società per azioni, società in accomandita semplice, società
a responsabilità limitata, è stata notevolmente ampliata dalla riforma del diritto societario
(D.Lgs. 17.1.2003, n. 6).

Il comma 1 dell’articolo 2355-bis del C.c. prevede che lo statuto di società per azioni possa
“sottoporre a particolari condizioni” il “trasferimento” delle azioni nominative ed anche
“vietarne il trasferimento” ma solo “per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione
della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto”. Simile condizione, dispone il
comma 3, si applica “in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a particolari condizioni il
trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia
concesso”. Pertanto, sono pienamente ammissibili:

 sia clausole che prevedano la liquidazione della quota all’erede in luogo della trasferibilità delle
azioni;
 sia clausole che limitino tale trasferibilità, come le clausole di gradimento, le clausole di prelazione
e le clausole di trasmissibilità a favore di soggetti predeterminati o determinabili.
In tutte queste ipotesi si determina la liquidazione della quota in favore o degli eredi che non
succedono nella titolarità per effetto di una clausola di non trasferibilità mortis causa oppure di
coloro che non rispettano i requisiti posti da altre clausole limitative o per l’operare del meccanismo
della prelazione o del gradimento.

L’art. 2469 del C.c. dispone che qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle quote, o
“ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali di soci o di terzi senza prevederne
condizioni o limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a
causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art.
2473″.

Profili fiscali della successione nelle quote societarie – Come si è visto, nelle società di persone,
l’art. 2284 del C.c. dispone che alla morte del socio sorge l’obbligo per i soci superstiti di liquidare
la quota del de cuius, salvo che il contratto societario o accordi successivi tra gli eredi e i soci non
prevedano la continuazione tra questi ultimi. Le clausole di continuazione producono dunque
l’effetto della successione dell’erede nella partecipazione sociale del defunto, così come accade
nelle società di capitali per l’operare del regime legale di trasferibilità mortis causa delle
partecipazioni. Nelle società di persone (per l’operare di clausole di continuazione) e nelle società
di capitali (per l’operare del regime legale), la vicenda giuridica è dunque quella di un
trasferimento mortis causa della partecipazione e come tale essa deve essere apprezzata dal
punto di vista fiscale.

Nelle imposte sui redditi, la vicenda della successione nella quota presenta profili differenti a
seconda che:

 il de cuius avesse o meno la qualifica di imprenditore ai fini fiscali;


 le quote di partecipazione detenute fossero qualificabili come beni dell’impresa esercitata.

Nell’ipotesi di de cuius non imprenditore, la neutralità della successione nelle quote societarie si
può affermare sulla base della non applicabilità dell’art. 67, comma 1 – ex art. 81, comma 1 – lett.
c) e c-bis) del Tuir – che prevede la tassazione delle plusvalenze realizzate mediante la cessione a
titolo oneroso di azioni e quote di partecipazione. L’imposizione sui redditi di persone fisiche
derivanti dal trasferimento di quote societarie, non nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, ha
infatti come presupposto un atto oneroso e compiuto tra vivi. In mancanza, il trasferimento delle
partecipazioni non ha valenza reddituale. Ove invece il de cuius fosse imprenditore e le quote
detenute nell’esercizio dell’impresa, la successione delle quote si realizzerebbe nell’ambito di un
trasferimento mortis causa dell’azienda, con conseguente neutralità ai sensi dell’art. 58 del Tuir.

Disporre della successione delle quote può significare decidere del futuro governo dell’impresa
collettiva e normalmente la fiducia dell’imprenditore de cuius cadrà solo su alcuni soggetti, in modo
tale che la successione nella partecipazione societaria si distacchi dal complessivo fenomeno
ereditario. Sebbene potrebbe affermarsi la natura realizzativa del trasferimento mortis causa della
partecipazione d’impresa, in quanto assimilabile alla “destinazione a finalità estranee”, è però da
sottolineare che in termini operativi la prassi dell’Agenzia delle Entrate è di senso opposto, ossia
di non ritenere l’evento morte un presupposto idoneo ad integrare una fattispecie imponibile,
nelle imposte sui redditi come nell’IVA con la conseguenza che gli eredi non saranno chiamati a
rispondere di un maggior reddito di impresa collegato alla successione.

La successione mortis causa della partecipazione rientra infine nel perimetro applicativo dell’art.
3, comma 4-ter, D.Lgs. n. 346/1990 e quindi del regime di esenzione ai fini dell’imposta
sulle successioni, oltre che delle imposte ipo-catastali.  
società a responsabilità limitata

La trasferibilità mortis causa delle quote di srl


Ilaria Barbierato, avvocato, STUDIO NOTARILE ASSOCIATO LA CIVITA & BARBI - STUDIO
LEGALE BARBIERATO | 16 giugno 2014

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Il legislatore ha disciplinato la fattispecie in oggetto stabilendo all' articolo 2469 del codice civile la
libera trasmissibilità sia inter vivos che mortis causa delle partecipazioni societarie, in quest'ultimo
caso la trasferibilità è liberamente ammessa sia in caso di successioni legittime, sia testamentarie,
anche come legato.
Lo stesso articolo 2469 del codice civile nel contempo, ha però espressamente previsto che l'atto
costituivo o le successive modifiche dello statuto, possano limitare o addirittura escludere la
suddetta trasferibilità, al secondo comma di detto articolo infatti viene previsto che "Le
partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte, salvo
contraria disposizione dell'atto costitutivo".
Negli statuti societari è quindi possibile prevedere svariate tipologie di clausole che vanno dalla
libera e incondizionata trasmissibilità, alla limitazione della stessa, passando da intermedie
sfumature di media intensità di limitazioni.
Facendo un breve exursus delle varie tipologie, non è insolito trovare clausole cosiddette "di
accrescimento" mediante le quali i soci statuiscono che alla loro morte la propria quota si consolidi
a quella dei soci superstiti in proporzione alle quote già possedute con l'obbligo però di liquidare gli
eredi del socio defunto.
La predetta fattispecie può a sua volta essere più o meno restrittiva prevedendo un "accrescimento
automatico" e quindi, di fatto, una vera e propria intrasferibilità alla quale si applicherà il secondo
comma dell'articolo 2469 cc:
"Qualora l'atto costitutivo preveda l'intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il
trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti,
o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il
socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 2473. In tali casi
l'atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o
dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il recesso non può essere esercitato."
In linea generale, gli eredi esercitando il diritto di recesso, avranno diritto, alla liquidazione della
propria quota da parte dei soci superstiti, ciascuno in proporzione alla quota posseduta.
E' poi possibile trovare le cosiddette "clausole di gradimento" da ulteriormente distinguere tra
clausole di "mero gradimento" per le quali il legislatore ha esplicitamente previsto il diritto di
recesso, spettante ex lege, senza che sia necessario un diniego di gradimento e tra le clausole di
gradimento "non mero" che possono essere identificate in quelle che richiedono determinati
requisiti da parte dell'acquirente la sussistenza dei quali viene valutata da un apposito organo
(assemblea, organo amministrativo e altro).
Frequenti sono le cosiddette "clausole di prelazione" che subordinano il passaggio della quota agli
eredi in caso di mancato esercizio da parte di soci superstiti a subentrarvi, mentre le "clausole di
opzione" attribuiscono ai soci superstiti il diritto di acquistare dagli eredi le quote cadute in
successione entro un dato periodo e ad un prezzo determinato.
Un breve cenno meritano poi i diritti particolari dei soci ovvero tutte quelle clausole che sono volte
a far prevalere elementi prettamente personali pur in ambito di società di capitali in special modo in
ambito di amministrazione della società e in tema di trasferimento delle partecipazione dove si trova
un diretto richiamo normativo agli articoli delle società di persone. In mancanza di una previsione
statutaria ad hoc, dato l'ambito legato all'intuitus personae dei diritti particolari è desumibile che,
alla morte del socio titolare, si estinguano e che cada in successione la sola quota di partecipazione.
Viceversa lo statuto può prevedere una successione anche nel diritto particolare purchè vi sia una
successione anche nello status di socio e, qualora vi siano più contitolari si renderà necessario che
tale diritto particolare sia esercitato da un rappresentante comune.

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