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Questa dispensa è stata scritta per venire incontro agli studenti e fornire un mezzo sintetico e
completo per affrontare l’esame. È il frutto di ore di lavoro e disperazione.
A cura di:
Carmelo MAZZEO
Emmanuele SORACI
INDICE
1
CAPITOLO 1
Introduzione e caratterizzazione del rischio
Tossicologia: studio degli effetti non desiderati dei farmaci somministrati ai comuni dosaggi
(effetti collaterali), oppure somministrati a dosi eccessive (esempio a scopo suicida) o per
l’incorretta scelta del farmaco.
Farmaco: sostanza che modula alcune funzioni dell’organismo, senza aggiungere nulla.
Sostanza tossica: sostanza che induce effetto nocivo a minime concentrazioni (non dose ma
concentrazione). Si dividono in:
• Tossine: sostanze tossiche prodotte naturalmente. Ad esempio tossine batteriche.
• Tossici: sostanze tossiche direttamente o indirettamente di origine antropogenica ad
esempio i fitofarmaci.
La tossicità è funzione
1. della concentrazione del tossico (più tossico c’è più è tossico, grazie al cazzo),
2. del numero di recettori su cui agisce il tossico
3. dell’affinità recettoriale che presenta.
Mentre il bersaglio dei farmaci è di solito una proteina (recettore, trasportatore, enzima, canale)
nel caso dei tossici non necessariamente lo è. Bersaglio potrebbe essere:
• un atomo di ossigeno o di azoto del DNA o dell’RNA a cui il tossico si lega provocando un
danno che potrebbe se non riparato risultare irreversibile.
• un gruppo SH di una proteina: il legame potrebbe alterare la funzione comportando effetto
citotossico, oppure se questo legame interessa il glutatione si attua un processo di
detossificazione e il tossico viene eliminato dal rene.
(perle del professore Calapai: nel basilico c’è l’estragolo che è un mutageno. È contenuto anche
nell’anice e nel finocchio selvatico. L’anice ha anche l’anitolo che è un cancerogeno)
Identificazione del pericolo: in una prima fase io devo studiare la sostanze e capirne: struttura
chimica, metodi di fabbricazione e possibili impurezze presenti.
Se la struttura chimica è simile a quella di qualche altra sostanza già studiata cerco di prevederne
in base alle similitudini l’attività biologica in modo da selezionare protocolli sperimentali più mirati
(ad esempio se in base alle similitudini che trovo con sostanze già studiate penso che la sostanza è
lipofila eseguo dei protocolli mirati per le sostanze lipofile).
Poi studierò della sostanza la sua tossico-cinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo,
eliminazione, emivita e steady-state) e tossico-dinamica.
Proseguo con lo studio della tossicità acuta su animali da esperimento e mi calcolo vari DL-50
(quello per via orale, per via cutaneo e inalatorio) e le dosi irritanti a livello cutaneo e oculare.
Poi studio gli effetti genotossici (effetti mutageni, clastoggeni e aneuploidia) e
contemporaneamente faccio uno studio per valutare teratogenicità e interazioni con il sistema
riproduttico (fertilità).
Ottenuti questi valori passiamo a effettuare uno studio per vedere la tossicità a breve termine con
somministrazione giornaliera della sostanza per tre mesi nel topo e nel ratto e per un anno nel
cane.
Poi si studia la tossicità a lungo terminee la cancerogenicità somministrando la sostanza
giornalmente per la maggior parte della vita media dell’animale (esempio 2 anni nei roditori) e
estrapolando i risultati ottenuti dai casi peggiori per ottenere il NOAEL cioè “la dose massima alla
quale non si sono osservati effetti avversi nell’animale da esperimento”.
Caratterizzazione del pericolo: è la conversione dei dati sulla tossicità a lungo termine ottenuti
sugli animali in dati da utilizzare per l’uomo. Si effettua con una semplice formula per calcolare
l’ADI= NOAEL/SF.
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L’SF è un fattore di sicurezza, che sarà tanto più alto quanto più grave è la natura dell’effetto
tossico, tanto più la popolazione a rischio è particolarmente delicata (donne in gravidanza o
bambini) e tanto più le nostre informazioni tossicologiche sono scarse, potendo in fine assumere i
seguenti valori 10, 100, 1000.
In caso di sostanze cancerogene dovremmo distinguere tra:
• Cancerogeni genotossici: producono direttamente danni al DNA.
• Cancerogeni non genotossici: producono i loro effetti non tramite un’interazione diretta
con il DNA ma stimolando la proliferazione.
Nel caso dei non genotossici è possibile prevedere una dose soglia al di sotto della quale non si
osserva la comparsa di tumori, per cui il criterio suddetto per ottenere l’ADI sarà valido.
Per i genotossici invece non può esistere una dose soglia perché anche la più bassa dose potrebbe
provocare il danno al DNA. in questo caso quindi o si vieta l’uso della sostanza o si stabilisce un
livello di rischio sufficientemente piccolo tanto da essere trascurato.
Dopo aver caratterizzato la sostanza sotto il profilo tossicologico, devo vedere quanto l’uomo è
esposto a tale sostanza ricercandola nei liquidi corporei dell’uomo e nei vari tessuti (ad esempio
valuto i livelli di diossina nel latte umano).
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CAPITOLO 2
DIPENDENZA E ABUSO DA FARMACI
Sostanza d’abuso: è una sostanza psicotropa che promuove la propria assunzione. Non tutte le
sostanze d’abuso danno dipendenza.
Droga: è un termine spesso usato scorrettamente. La droga è la parte della pianta o dell’animale
da cui si estrae il principio attivo. Ad esempio l’oppio (estratto come lattice dal papaverum
sonniferum) è la droga mentre la morfina è il principio attivo.
Abuso di sostanza: uso RICORRENTE di sostanze illegali o dannose non necessariamente legato a
dipendenza.
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• Amigdala: che valuta se un’esperienza è piacevole o spiacevole
• Ippocampo: che registra i ricordi dell’esperienza
La via mesocorticale attiva la corteccia pre-frontale per organizzare i movimenti atti
all’introduzione della sostanza.
Quindi le varie sostanze a parte i loro specifici effetti (morfina è analgesico per esempio, le
benzodiazepine sono sedative ecc) agiscono su questi circuiti che sono implicati nei sistemi di
gratificazione e ricompensa e che sarebbero responsabili dell’appagamento positivo
dell’assunzione della sostanza.
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CAPITOLO 3
OPPIOIDI
Il DSM-IV usa il termine OPPIOIDE per comprendere:
• Oppiacei: qualsiasi preparazione che derivi dall’oppio sia naturale che semisintetica:
morfina, eroina (diacetil-morfina), codeina (3-metossimorfina) e l’idromorfone.
• Oppioidi: cioè narcotici sintetici che hanno la stessa azione degli oppiacei, ma che non
derivano dall’oppio. Esempi sono: metadone, meperidina, pentazocina, propossifene.
Tutte queste sostanze svolgono funzione di agonisti su determinati recettori. Oggi di recettori ne
conosciamo di diversi e sono state sintetizzate diverse sostanze che possono comportarsi in
maniera diversa. Quindi una prima classificazione che potremmo fare circa questi composti è
quella che si basa sull’attività recettoriale:
• AGONISTI PIENI: morfina, eroina, meperidina, fentanil, ramifentanil.
• AGONISTI-ANTAGONISTI: sono agonisti di alcuni recettori (κ,σ)e antagonisti di altri (μ).
Esempi sono: Pentazocina.
• AGONISTI PARZIALI: buprenorfina, codeina e loperamide
• ANTAGONISTI: naloxone, naltrexone.
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Euforia: il soggetto ha un senso di felicità e benessere che può migliorare anche
l’effetto analgesico di questi farmaci. La sensazione che si prova è quella di un
orgasmo addominale.
Depressione respiratoria: riducono la sensibilità del centro respiratoirio alla pCO2
ma non coinvolgendo i centri cardiovascolari e respiratori (a differenza degli
anestetici), questa depressione è meglio tollerata di una corrispondente
depressione respiratoria indotta da barbiturici o altri anestetici. Questo può
renderlo un buon farmaco da utilizzare in anestesia per interventi cardiovascolari in
cui è indispensabile ridurre il più possibile la depressione cardiovascolare. Però
l’aspetto negativo è che la depressione respiratoria si manifesta
indipendentemente dalle dosi (mentre gli anestetici a basse dosi intorpidiscono solo
i centri corticali, e via via che si aumenta la dose anche le altre strutture fino ad
arrivare al tronco, la morfina deprime da subito in maniera uguale tutte le strutture
senza che ci sia diversa sensibilità tra le varie parti del SNC), quindi se uso la
morfina o un oppioide in anestesia devo mettere il paziente con la ventilazione
assistita.
Depressione del riflesso della tosse: non è correlato alla potenza analgesica, infatti
la codeina che ha scarso potere analgesico è più anti-tussigena della morfina
Nausea e vomito: la morfina agisce sulla zona trigger e comporta nausea e vomito
nel 40% dei soggetti alla prima manifestazione. Generalmente con tempo si
sviluppa tolleranza a tale effetto. L’apomorfina, un composto chimicamente
correlato ma che non ha attività sui recettori per gli oppioidi,stimola molto il
vomito.
MIOSI: è dovuta al fatto che nel nucleo oculomotore ci sono recettori per gli
oppioidi. La petidina però non agisce su questi ma blocca i recettori muscarinici
infatti è l’unico oppioide che provoca di base midriasi.
La miosi degli oppiacei però non sarà presente se la depressione respiratoria ha
provocato importante ipossia.
Gli oppioidi provocano Dipendenza: solite vie mesolimbiche e mesocorticali. Sembra però
coinvolto anche il locus ceruleus infatti la clonidina (agonista alfa2 può prevenire l’istaurarsi della
dipendenza).
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Caratteristiche della tossicodipendenza da oppioidi:
• Dipendenza psichica.
• Dipendenza fisica: sostanze con breve durata d’azione tendono a determinare sindromi da
astinenza intense e di breve durata (per l’eroina inizia entro sei ore dall’ultima dose e
continua per 5-6 giorni circa), mentre sostanze a lunga durata d’azione danno sindromi da
astinenza più lunghe ma più blande (per il metadone inizia entro 3 giorni dall’ultima dose e
finisce in 15 giorni). I sintomi sono dovuti a un rebound degli effetti degli oppioidi quindi il
soggetto potrebbe presentare: dolori spontanei (intensi crampi muscolari, addominale e
dolori ossei)(che sono l’opposto dell’effetto analgesico degli oppioidi e che si cerca di
tamponare con i FANS), rinorrea, irrequietezza, sensazione di freddo accompagnata a
piloerezione (caratteristica la pelle d’oca in questi soggetti), midriasi ecc. In qualsiasi
momento se io do la morfina faccio regredire i sintomi. La sindrome da astinenza da
oppioidi non è così pericolosa come quella da alcol, il paziente non rischia di morire
generalmente. Quindi la sindrome da astinenza da oppioidi non necessita di trattamento
mentre sarà importante trattare la tossicodipendenza. (l’unica eccezione è la donna in
gravidanza in cui la sindrome di astinenza è potenzialmente fatale per il feto, quindi noi
durante la gravidanza di una tossicodipendente dobbiamo garantire costanti livelli di
oppioidi in circolo e useremo il metadone, che daremo al bambino anche dopo la nascita
con concentrazioni sempre decrescenti).
• Tolleranza: è legata a diversi meccanismi. si pensa che ci sia internalizzazione dei recettori
μ e anche un loro disaccoppiamento. Sembra coinvolto anche il recettore δ dalla
tolleranza. Un ruolo importante sembra essere svolto dai recettori NMDA per il
glutammato perché antagonisti recettoriali come la ketamina possono bloccare lo sviluppo
della tolleranza. Purtroppo la tolleranza si sviluppa un pò meno a livello del centro del
respiro per cui il soggetto aumentando la dose rischia di bloccare il centro del respiro. La
tolleranza si sviluppa molto rapidamente mentre i sintomi dell’astinenza non si
manifestano a meno che non abbia usato oppioidi per un lungo tempo oppure quando la
sospensione sia particolarmente improvvisa (esempio do per sbaglio di botta un
antagonista).
Intossicazione da oppioidi:
ci sono 3 sintomi nell’overdose da eroina:
1. Miosi: pupilla a punta di spillo. (la miosi può mancare se l’insufficienza respiratoria è grave)
2. Depressione respiratoria: diminuisce la frequenza respiratoria fino a 5 atti al minuto.
3. Stato di vigilanza: il soggetto potrebbe avere sonnolenza, parola abburattata, deficit
dell’attenzione fino al coma.
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CAPITOLO 4
SEDATIVI IPNOTICI:
• ALCOL
• BENZODIAZEPINE
• BARBITURICI
• ANESTETICI
• SOLVENTI.
ALCOL
L’alcol è classificato tra le sostanze d’abuso sedative. A livello del SNC sembra andare a colpire
determinati target implicati nella sedazione. In passato si riteneva che l’alcol agisse semplicemente
alterando il bilayer fosfolipidico mentre oggi sono stati individuati i suoi bersagli:
Aumenta l’attività dei recettori nicotinici dell’acetilcolina
Aumenta l’attività dei recettori serotoninergici 5HT3
Aumenta l’attività del GABAa
Riduce l’attività dei recettori del glutammato e dei VOC.
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Terapia della dipendenza da alcol:
come terapia farmacologica da associare a quella psicologica usiamo:
• Disulfiram: blocca l’aldeide deidrogenasi determinando a seguito di assunzioni di alcol una
sintomatologia abbastanza spiacevole ma praticamente scevra di rischi (al massimo si ha
un po’ di ipotensione). Si danno 250 ng al giorno ma si avverte il paziente di stare attento a
quello che mangia perché a volte l’alcol è presente anche nelle salsine o anche nei
preparati per il dopobarba e a volte anche solamente inlandoli si possono manifestare i
sintomi della sindrome da disulfiram: vampate di calore al volto al troco e agli arti,
insomma una sensazione molto spiacevole. Il disulfiram provoca queta sindrome perché
inibisce l’acetaldeide deidrogenasi.
• Naltrexone: riduce il comportamento di ricerca dell’alcol, probabilmente tramite il blocco
degli oppioidi endogeni. Si danno 50 mg al giorno, ma è importante stare attenti a due
cose: non lo posso fare insieme al disulfiram perché altrimenti gli scasso il fegato (entrambi
sono epatotossici), inoltre devo essere sicuro che il tizio non è dipendente anche da
oppioidi perché altrimenti gli scateno una crisi da astinenza da oppioidi.
• Se il paziente, come spesso succede, è depresso o ansioso si usano ansiolitici e
antidepressivi. Si sta studiando l’impiego di stabilizzatori dell’umore, ma per il momento i
risultati sono discordanti.
Intossicazione acuta da alcol: l’intossicazione alcolica non è una cosa banale! Un’intossicazione
estrema può portare al coma, all’insufficienza respiratoria e alla morte per arresto respiratorio o
per aspirazione del vomito. La gravità del quadro clinico dipende da diversi parametri:
• Concentrazione ematica: la concentrazione ematica fatale generalmente è superiore a 400
mg/dL ma può variare ampiamente in base al grado di abitudine all’alcol.
• Velocità di innalzamento dei livelli ematici
• Periodi di persistenza dei livelli ematici: mantenere i livelli ematici di alcool per più tempo
potrebbe determinare tachifilassi, quindi anche se potrebbe sembrare strano il soggetto
che continua a bere per 8 ore per esempio, al termine delle 8 ore sembra meno intossicato
che non al termine della prima ora.
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bilaterale. (La sindrome di korsakoff invece è un’encefalopatia cronica che a differenza
della precedente è difficile che regredisca dopo terapia con tiamina).
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CAPITOLO 5
ALLUCINOGENI
Gli allucinogeniInfluiscono principalmente:
• Sul Pensiero
• sulla percezione
• sull’umore
I pensieri e le percezioni tendono ad essere distorti e simili a sogni, ed il cambio d’umore non è un
semplice slittamento nella direzione dell’euforia o della depressione. È importante sottolineare
che gli allucinogeni non causano dipendenza e assuefazione e Non vi è una sindrome d’astinenza.
Ciò probabilmente è dovuto al fatto che la tolleranza si sviluppa rapidamente, cosicché
dovrebbero essere necessarie dosi molto ravvicinate per causare dipendenza; un tale frequente
dosaggio non è usuale. Esempi sono:
• CANNABINOIDI
• LSD
• MESCALINA
• FENCICLIDINA
• CANNABIS
• PSILOCIBINA
• ECSTASY (MDMA)
• KETAMINA.
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CANNABINOIDI
I cannabinoidi se li vogliamo classificare li mettiamo tra gli allucinogeni perché ad altre dosi danno
allucinazioni, ma a basse dosi sono EUFORICO-RILASSANTI.
Vengono estratti dalla canapa, Cannabis Sativa, che cresce liberamente nelle regioni temperate e
tropicali. La marijuana è il nome dato alle foglie e alle cime floreali secche. Si usano le piante
femmine perché hanno più principi attivi dei maschi.
L’hashish è la resina che se ne estrae. L’hashish ha più principi attivi della marijuana.
Dal punto di vista farmacologico il composto più attivo ed abbondante è il THC (Δ9-tetra-idro-
cannabinolo). Un metabolita, l’11-idrossi-THC è più attivo del THC stesso e potrebbe contribuire
all’effetto farmacologico.
In passato si pensava che i cannabinoidi agissero in modo aspecifico (come si pensava per gli
anestetici generali e l’etanolo) grazie alla loro liposolubilità. Invece da circa 20 anni si sono scoperti
i recettori specifici. Essi sono i CB1 e CB2. Sono recettori metabotropici (accoppiati a proteine G).
La scoperta di recettori specifici per i cannabioidi fu lo stimolo maggiore alla ricerca dei mediatori
endogeni. Quelli di cui siamo sicuri (endocannabinoidi definiti) sono l’anandamide e il 2-AG (2
arachidonoil glicerolo) che sono mediatori eicosanoidi (derivano dall’acido arachidonico) e
pertanto vengono prodotti “su richiesta” e rilasciati in base alle necessità.
I CB1 sono presenti sia nel SNC sia nei tessuti periferici (cell endoteliali e adipociti: aumento del
peso corporeo). I CB1 sono tra i recettori più numerosi del cervello ma non sono distribuiti in
maniera omogenea.
La scarsa presenza dei recettori CB1 nel tronco encefalico spiega lo scarso effetto tossico dei
cannabinoidi sui centri cardio-respiratori.
I recettori CB1, tramite la proteina G inibiscono l’adenilato ciclasi e l’attivazione dei canali del Ca
voltaggio dipendenti (VOC) e attivano quelli del K causando iperpolarizzazione (effetti simili a
quelli mediati dai recettori degli oppioidi). Ecco che tali recettori, in ultima analisi, inibiscono il
rilascio di neurotrasmettitori nel vallo sinaptico.
I CB2 invece sono presenti nei tess. periferici, in particolare nei tess. linfoidi (milza tonsille, timo)
oltre che nei linfociti, monociti e mast-cellule. La localizzazione dei CB2 sulle cell del sistema
immunitario potrebbe spiegare gli effetti inibitori della cannabis sulle funzioni del sistema
immunitario.
Il massimo degli effetti, dopo somministrazione orale, può manifestarsi anche dopo 3-4 ore dopo
l’assunzione della droga; l’azione può durare per 6-8 ore.
Nel primo stadio si và “su di giri”: senso di euforia, risate incontrollabili, alterazioni della
percezione del tempo (il tempo sembra trascorrere molto lentamente), uno stato di de-
personalizzazione ed un incremento dell’acuità visiva. I suoni e le visioni sembrano più
intensi e fantastici. Questi effetti sono simili, ma meno intensi, a quelli prodotti dall’ LSD
(una droga psicomimetica).
Poi il consumatore và in contro a rilassamento e benessere, simili agli effetti dati dall’alcol,
ma senza aggressività e avventatezza. Il paziente và in contro ad esperienze introspettive,
stato soporoso, se non proprio a sonno reale. Pensare o concentrarsi diventa difficile.
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I principali effetti centrali sono:
- Diminuzione della memoria a breve termine e dell’apprendimento giustificati dalla
presenza dei recettori nell’ippocampo (riduzione della memoria). Questo consente al
paziente di staccare la spina alle esperienze stressanti della giornata. (sistema recovery:
quando noi ci vogliamo rilassare cerchiamo di mettere in moto il sistema recovery on
demande: mi metto sulla poltrona, rilasso i muscoli e cerco di scaricare la memoria
avversa. Questo si realizza automaticamente quando mi fumo na canna, infatti uno dei
primi effetti è la perdita della memoria del lavoro.)
- Diminuzione della coordinazione motoria (capacità di guidare), giustificati dalla presenza
dei recettori nel cervelletto e nella substantia nigra (perdita coordinazione). L’uso di
cannabinoidi aumenta significativamente il rischio di incidenti stradali.
- distorsioni sensoriali per la presenza dei recettori nelle aree associative della corteccia
- Ipotermia e Aumento dell’appetito per la presenza dei recettori a livello ipotalamico
- Azione antiemetica per la presenza dei recettori nel centro del vomito (euforia e sedazione,
talvolta accompagnate da distorsioni sensoriali e allucinazioni. Questi effetti hanno
precluso la possibilità di usare tale prodotto in terapia. L’unico farmaco approvato dalla
FDA (Food and Drug Administration) negli USA è il dronabinolo (THC purificato) usato per
trattare il vomito indotto da chemioterapia e per stimolare l’appetito nei pz affetti da
cancro e AIDS.
- Analgesia: le stesse limitazioni all’utilizzo come anti emetico, limitano l’utilizza come anti
dolorifico. Può essere usato per la riduzione della spasticità e del dolore associato alla
sclerosi multipla: sprai M4O4 che inibisce il catabolismo dell’anandamide.
Controlli:
Essendo altamente lipofili, il THC ed i sui metaboliti sono sequestrati nel grasso da cui verranno
rilasciati in circolo per diversi giorni dopo una singola somministrazione. Dopo una singola canna 4
giorni, dopo svariate canne per più settimane.
Tolleranza e dipendenza
La tolleranza alla cannabis e la dipendenza fisica si verificano solo in maniera minima e nei grandi
consumatori. I sintomi dell’astinenza sono simili a quelli da alcool e da oppiacei ma molto più
deboli e non danno luogo a comportamenti compulsivi: nausea, aumento sudorazione, agitazione,
irritabilità, confusione, tachicardia.
La dipendenza psicologica si verifica con la cannabis, ma è meno potente di quella che si verifica
con le droghe maggiori, con l’alcol e col fumo di sigaretta.
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Classifica di Calapai sulle sostanze che danno dipendenza:
1. Eroina
2. Nicotina
3. Alcol
4. Caffeina e cannabis
Effetti avversi
• ACUTI: In condizione di overdose, il THC risulta relativamente sicuro, causando sonnolenza
e confusione, ma non depressione respiratoria o cardiovascolare, quindi non c’è il rischio di
morte. Due sono i segni caratteristici dello stato di intossicazione da cannabis: il rossore
congiuntivale e l’aumento della frequenza del polso. Il diametro pupillare non si dilata.
Possono anche manifestarsi un calo della forza muscolare, tremori, instabilità ed
accentuazione dei riflessi tendinei profondi.
• Effetti DI UN USO CRONICO:
1. Nei roditori il THC produce effetti teratogeni e mutageni (non dimostrati nell’uomo
ANCHE SE IL PROF DICE CHE C’è aumento del rischio di tumori nel tratto testa-
collo).
2. Nell’uomo si verificano alcuni effetti endocrini, come la riduzione dei livelli
plasmatici di testosterone e del numero di spermatozoi.
3. Studi a lungo termine hanno sollevato preoccupazioni circa il rischio di aumento
della probabilità di insorgenza della schizofrenia di oltre sei volte nei soggetti
predisposti. Non è chiaro se la cannabis possa indurre psicosi in soggetti che non
avrebbero altrimenti sviluppato questa malattia.
4. sindrome motivazionale: tende ad essere sottovalutata, colpisce specialmente gli
adolescenti che fanno un uso prolungato di cannabis ed è invece una “tragedia
individuale”. Il ragazzo perde interesse per se stesso (è trasandato) e per gli
interessi sociali (và male a scuola, ecc..) e si abbassano i propri obiettivi.
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CAPITOLO 6
PSICOSTIMOLANTI
AMFETAMINA
È, insieme alla tiramina e all’efedrina, un simpatico-mimetico ad azione indiretta.
Stimola il SNC. Agisce:
1. promuovendo il rilascio di monoamine (soprattutto dopamina e noradrenalina) dalle
terminazioni nervose nel cervello;
2. inibendo la ricaptazione e
3. inibendo (sebbene debolmente) le MAO.
In acuto provocano:
• euforia ed eccitazione; in seguito ad somministrazione e.v. questa può essere così intensa
che viene definita “orgasmica”. I soggetti diventano fiduciosi, iperattivi e loquaci e si dice
che lo stimolo sessuale sia aumentato.
• aumento dell’attività motoria: i soggetti sono iper-attivi.
• riduzione della fatica e della fame;
• effetti simpaticomimeticic periferici: l’aumento della pressione arteriosa e l’inibizione della
motilità gastrointestinale.
Insomma complessivamente si ha un aumento delle prestazioni infatti: vengono usate per
migliorare le prestazioni di soldati e piloti militari che devono rimanere attenti anche in
condizioni di fatica estrema.
Per un periodo ha avuto un discreto successo tra gli studenti, ma è probabile che il
miglioramento causato dalla ridotta sensazione della fatica possa essere controbilanciato dagli
errori causati dall’eccessiva fiducia: si dice che uno studente di medicina, dopo avere assunto
la sua bella pasticca di amfetamina, abbia fatto un esame scritto e se ne sia andato tutto
contento dall’aula avendo passato circa 3 ore a scrivere ripetutamente il proprio nome.
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Tolleranza e dipendenza:
L’effetto stimolatorio dura poche ore, ed è seguito da depressione ed ansia.
La tolleranza agli effetti stimolatori si sviluppa rapidamente sebbene gli effetti simpatico-mimetici
periferici possano persistere.
Quindi i soggetti che ne fanno uso, tendono ad aumentare le dosi per ottenere gli stessi livelli di
euforia ma aumentando le dosi e assumendola per giorni consecutivi può insorgere una psicosi da
anfetamina: il soggetto presenta un comportamento stereotipato(es. pulire le scarpe) e psicotico
che assomiglia ad un attacco acuto di schizofrenia con allucinazioni ed accompagnato da sintomi di
paranoia e comportamento aggressivo.
L’uso cronico per via e.v. inoltre può indurre anche l’arterite necrotizzante in numerose arterie di
piccolo e medio calibro e portare anche ad emorragie cerebrali fatali o a insufficienza renale.
COMUNQUE I SOVRADOSAGGI DI AMFETAMINE SONO RARAMENTE FATALI.
Dopo giorni di somministrazione dell’amfetamina, segue un periodo di sonno profondo e al
risveglio il paziente si sente ansioso, depresso (a volte con istinti suicidi) ed affamato. Questi
effetti ritardati possono essere il risultato della deplezione delle normali riserve di noradrenalina e
dopamina. Ma questa non è una vera e propria sindrome da stinenza fisica come per esempio
quella degli oppiacei.
La dipendenza dall’amfetamina sembra essere una conseguenza dello spiacevole effetto ritardato
e del ricordo insistente dello stato di euforia che porta al desiderio di un’altra dose (forte
dipendenza psicologica). Si stima che solo il 5% degli utilizzatori progredisca fino ad una
dipendenza totale.
Uso clinico:
le amfetamine possono essere utili nel trattamento della narcolessia e anche (paradossalmente)
nel controllo dei bambini ipercinetici. Non sono più usate nella soppressione dell’appetito a causa
del rischio di ipertensione polmonare.
COCAINA
Aspetti farmacocinetici:
la durata d’azione della cocaina è circa 30’, molto meno della amfetamina. L’assorbimento è in
genere rapido per ogni via di somministrazione. La somministrazione e.v. produce un’euforia
intensa ed immediata, mentre l’inalazione nasale produce sensazioni meno forti e tende a causare
atrofia e necrosi della mucosa nasale e del setto. Se fumata, l’effetto è intenso e rapido simile alla
somministrazione e.v.
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Meccanismo d’azione: la cocaina agisce inibendo la captazione delle catecolamine (noradrenalina
e specialmente la dopamina) dalle terminazioni nervose.
Gli effetti comportamentali della cocaina sono molto simili a quelli dell’amfetamina, sebbene gli
effetti simil-psicotici siano più rari. Tuttavia queste possono comparire in caso di dosaggi eccessivi:
può subentrare un vero e proprio stato paranoico simil-schizofrenico: le allucinazioni sono molto
particolari, ad esempio la sensazione che la pelle venga invasa dagli insetti e nel tentativo di
liberarsene si possono provocare caratteristiche escoriazioni.
Quindi in linea di massima la cocaina determina:
• eccitazione ed euforia,
• riducono la sensazione di fatica e della fame.
• aumentano l’attività motoria.
• In periferia l’azione simpatico mimetica si traduce in: tachicardia, vasocostrizione
importante anche a livello coronarico, aumento pressione arteriosa. Questa è una
componente molto pericolosa della cocaina che rende il soggetto a rischio di infarto,
aritmie, dissezioni aortiche, ictus ed emorragie. Calapai docet: dietro molte morti per
acciacchi cardiovascolari c’è la cocaina, ma non lo possiamo stabilire perché non possiamo
fare le analisi senza il consenso del paziente.
Rischi in acuto:
• Overdose: Con dosaggi eccessivi si può avere depressione vasomotoria e respiratoria.
Quindi la morte per overdose avviene rapidamente: le vittime giungono all’exitus entro
pochi minuti per aritmie, paralisi respiratoria o crisi convulsive. Il miglior trattamento è la
somministrazione endovenosa di: diazepam, Ca antagonisti, e propanololo.
• Morte per accidenti cardiovascolari (vedi sopra)
Postumi dell’utilizzo: L’uso protratto porta ad uno stato di esaurimento fisico totale, al quale
contribuisce la mancanza di sonno e si cibo.
Rischi dovuti all’uso cronico:
• Scompenso cardiaco cronico
• La cocaina usata durante la gravidanza compromette lo sviluppo fetale e può determinare
malformazioni nel feto. In particolar modo le dimensioni del cervello sono
significativamente ridotte.
Dipendenza:
• Analogamente all’amfetamina la cocaina non possiede una chiara sindrome da dipendenza
fisica,
• ma la dipendenza psicologica è marcata.Il soggetto aumenta in maniera scalare la dose e il
quadro di dipendenza evolve da un uso occasionale a frenesia compulsiva ed è identico a
quello osservato per le amfetamine. Il paziente può arrivare a consumare anche 4 grammi
di cocaina in un giorno!
Controlli:un metabolita della cocaina si deposita nei capelli e l’analisi del suo contenuto,
distribuito lungo la lunghezza del capello, permette di monitorare il quadro temporale del
consumo di cocaina.
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Usi clinici:
saltuariamente la cocaina viene usata come anestetico locale topico, soprattutto in oftalmologia
ed in interventi chirurgici minori del naso e della gola.
Metilxantine
Sono leggeri stimolanti del SNC, e sono contenute in bevande come tè, caffè, cacao. Le più
importanti sono teofillina e caffeina.
Effetti farmacologici:
le metilxantine agiscono:
a) SNC: effetti stimolatori modici. Perfino elevati dosaggi non causano comportamenti
stereotipati o effetti psicomimetici come invece fanno le amfetamine.
b) Diuresi: è dovuta ad una vasodilatazione delle arteriole glomerulari afferenti.
c) Stimolazione del miocardio e Rilasciamento della muscolatura liscia(soprattutto a livello
bronchiale (broncodilatazione)) per inibizionedelle fosfodiesterasi (è come se stimolassero
il recettore βadrenergico). È soprattutto la teofillina ad avere questo effetto.
Inoltre le metilxantine antagonizzano i recettori dell’adenosina (A1 e A2): è questo il loro
principale meccanismo d’azione a livello centrale.
La tolleranza e l’assuefazione si sviluppano poco e gli effetti dell’astinenza sono di lieve entità.
Quindi la caffeina non può essere classificata come un farmaco che determina dipendenza. La
sindrome d’astinenza infatti compare in meno del 3% dei bevitori abituali di caffè e si presenta
con: cefalea, irritabilità e torpore. La caffeina NON agisce sulle strutture encefaliche
dopaminergiche del circuito della ricompensa.
Uso clinico:
la caffeina quasi non ha uso clinico, la teofillina invece viene usata prevalentemente come
broncodilatatore nel trattamento di gravi attacchi d’asma.
NICOTINA
La nicotina è l’unica sostanza psicoattiva del tabacco. Agisce sul SNC come agonista dei recettori
colinergici di tipo nicotinico α4β2.
Farmacocinetica: il 25% della nicotina fumata raggiunge il sangue e in 15 secondi arriva al cervello.
L’emivita della nicotina in circolo è di circa 2 ore. La sua concentrazione massima si ha dopo aver
fumato, ma già si dimezza in 10 minuti per poi declinare lentamente.
La dipendenza dipende anche qui prevalentemente dall’attivazione della via mesolimbica e
mesocorticale. Oltre ad attivare questo sistema dopaminergico di gratificazione causa un
aumento della concentrazione ematica circolante di noradrenalina e adrenalina e un rilascio di
vasopressina, beta-endorfina e ACTH e cortisolo che contribuiscono agli effetti di base stimolanti
della nicotina sul SNC. Infatti la nicotina viene classificata tra le sostanze d’abuso
PSICOSTIMOLANTI.
La nicotina agisce anche a livello periferico: tachicardia, aumento della gittata e della pressione,
riduzione della motilità gastrointestinale e sudorazione. Tuttavia gli effetti periferici presentano
una tolleranza molto marcata rispetto a quelli centrali per cui già dopo le prime sigarette quasi
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scompaiono. In quelli centrali la tolleranza è minore, però è presente infatti i fumatori dicono che
la sigaretta migliore della giornata è la prima (perché durante la notte uno un po si disintossica).
Sindrome da astinenza: i sintomi possono svilupparsi entro 2 ore dall’ultima sigaretta ma
raggiungono l’apice tra il primo e il secondo giorno per poi scompariere nell’arco di settimane o
mesi, anche se il desiderio di sigarette persiste più a lungo. I sintomi più comuni sono: desiderio di
nicotina, tensione, irritabilità, difficoltà di concentrazione e sonnolenza, ma una difficoltà
paradossa ad addormentarsi, aumento dell’appetito, diminuzione delle prestazioni motorie.
Trattamento:
• Terapia sostitutiva con nicotina: si utilizzano cerotti trans dermici o gomme da masticare
che garantiscono livelli prolungati di nicotina. È sconsigliato nei coronaropatici per il rischio
di spasmi.
• In alternativa alla nicotina si può fare la vareniclina che è un agonista parziale del recettore
α4β2, agendo secondariamente anche sul sottotipo α3β4 e parzialmente sui sottotipi α3β2
e α6. È inoltre agonista totale dei sottotipi recettoriali α7. Però nei soggetti che hanno
assunto Vareniclina sono stati riscontrati gravi sintomi neuropsichiatrici (cambiamento del
comportamento, agitazione, umore depresso, ideazione suicidaria, e tentativo di suicidio
o suicidio completato). Nome commerciale: Champix (della Pfizer).
• Bupropione: è un antidepressivo che blocca debolmente la ricaptazione di dopamina e
noradrenalina, aumentando la dopamina nella via mesolimbica.
• Altri farmaci meno utilizzati sono:
Clonidina: agonista centrale dei recettori adrenergici alfa2 (infatti è usato come
anti-ipertensivo centrale) che è in grado di ridurre gli effetti di astinenza di
numerosi farmaci che danno dipendenza (cocaina, oppioidi).
Mecamilamina: è un antagonista dei recettori nicotinici, ma non ha avuto molto
successo in quanto essendo un antagonista reversibile induce il soggetto a fumare
di più.
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CAPITOLO 7
SMARTDRUGS
Con il termine smart-drugs, il cui nome significa letteralmente “droghe furbe”, si intendono tutta
una serie di composti sia di origine naturale (vegetale) che sintetica, tra cui i più diffusi sono
l’efedrina, la caffeina, la taurina ma anche sostanze con caratteristiche allucinogene, che
promettono di aumentare le potenzialità cerebrali, la capacità di apprendimento e memoria
nonché di migliorare le “performance” fisiche di chi le assume ed anche di fornire effetti
psichedelici di “visioni sensoriali ed allucinogene” particolari, percezioni, sensazioni, emozioni e
processi mentali in genere. Il termine smart-drugs prenda origine dal fatto che le smart drugs
sono le “droghe furbe” perché non perseguite o perseguibili dalla legge, in quanto non presenti
come tali o come principi attivi in esse contenuti nelle Tabelle legislative delle corrispondenti leggi
che proibiscono l’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope.
I frequentatori degli smart-shops appartengono a varie categorie sociali: studenti, che ricercano in
questi negozi stimolanti cerebrali dal basso profilo tossicologico per la preparazione degli esami,
adulti 40-60enni, soprattutto maschi, che ricercano alcune smart-drugs dalle proprietà simil-
viagra, e poi i giovani che usano le smart drugs per i loro presunti effetti psichedelici, o
semplicemente per curiosità.
Ma ciò che è naturale, non sempre è innocuo. Dire che una droga è buona perché è “bio” è
un’ingannevole forma di marketing.
infatti anche sostanze quali morfina e cocaina hanno origini vegetali. La natura ci mette di fronte
ad una serie pressoché inesauribile di nuove molecole, di cui spesso gli studiosi della materia
sanno poco o nulla, lasciando a chi le commercia un buon margine di tempo prima che vengano
effettuate ricerche mediche che possano farle dichiarare illegali.
Spesso le varie “erbe” vengono vendute come “profumatori ambientali” o come “semi da
collezione” ma gli “psiconauti” (come amano definirsi i consumatori di questi prodotti) sanno bene
che queste erbe si fumano o si masticano. È storia recente quella della Salvia Divinorum, una
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pianta regolarmente e legalmente venduta negli smart shops (come profumatore ambientale) il
cui incremento nell’uso tra i frequentatori di tali negozi ha destato la preoccupazione delle
autorità competenti, le quali, dopo ricerche approfondite sugli effetti psicoattivi ed allucinogeni
della pianta, hanno deciso di metterla al bando ed inserire il suo principio attivo, la Salvinorina A,
nella tabella I dell’elenco delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui al DPR 309/90.
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Una classificazione dei prodotti “smart” oggi in circolazione è difficoltosa: alcuni autori le
suddividono per modalità di consumo, altri per classi chimico-fisiche, o per scopi d’uso (curiosità,
miglioramento delle prestazioni, ricerca di effetti psicoattivi, “uso universitario”).
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CAPITOLO 8
DOPING
Secondo l’articolo 1 della legge 376 del 2000 per doping si intende
• la somministrazione di farmaci o sostanze biologicamente attive,
• o l’adozione di pratiche mediche
non giustificate dalle condizioni patologiche ma finalizzate a:
• Migliorare le prestazioni agonistiche del paziente o
• Modificare i risultati dei controlli
In caso di condizioni patologiche che richiedano trattamento questo deve essere notificato per
stabilire se:
a) I farmaci utilizzati rientrano nella lista dei proibiti
b) Se sono farmaci sottoposti a restrizione e a che tipo di restrizione
c) Se l’esercizio fisico sia per il paziente con queste condizioni patologiche pericoloso per la
salute
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Corticotropina: incrementa la produzione di glucocorticoidi che possono avere
effetto euforizzante ma comporta immunodepressione e riduzione delle riserve
energetiche.
5. Doping ematico: somministrazione di sangue trasfuso o suoi derivati. Il paziente è a rischio
di: emolisi massiva con conseguente itteri emolitico, ipertermia, shock emolitico, e nefrite
oltre che alla lunga emosiderosi.
MANIPOLAZIONI FARMACOLOGICHE:
1. Scambio del campione di urine
2. Diluizione delle urine con acqua o altri liquidi
3. Inserimento in vescica di urina altrui
4. Utilizzo di diuretici: aumentano il volume urinario e quindi riducono la concentrazione delle
singole sostanze.
5. Utilizzo di sostanze che alterano il pH delle urine modificando l’escrezione di alcune
sostanze: probenecid.
6. Influenzare il rapportao tra testosterone e epitestosterone con il bromantan(br-anta della
finestra) o aggiungendo epitestosterone.
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