Il testo pensato
“... il lettore è lo spazio in cui si inscrivono, senza che nessuna vada
perduta, tutte le citazioni di cui è fatta la scrittura [...] è quel qualcuno
che tiene unite in uno stesso campo tutte le tracce di cui uno scritto è
costituito”.
(R. Barthes, “La morte dell’autore” in Il brusio della lingua, Einaudi,
Torino, 1988, p. 56)
1.1 Storia
Evoluzione del concetto di testo
1.1.1 Premessa
1.1.2 Testo e scrittura
1.1.3 Il testo orale
1.1.4 Il mondo come testo
1.1.5 Il testo come intenzione comunicativa
1.1.6 Il testo come struttura
1.1.7 Il testo come oggetto
1.1.8 Il testo senza materia
1.1.9 La nuova interattività
1.2 Progettazione
Scrivere per pensare
1.2.1 Mettere ordine nei pensieri
1.2.2 Pianificare il testo
1.2.3 Scrivere le idee
1.2.4 Tecniche per la generazione di idee
1.2.5 Pensieri organizzati in strutture
1.3 Stesura
I due tempi della scrittura
1.3.1 Quando si inizia a scrivere
1.3.2 Scritture di servizio
1.3.3 Sceneggiature cinematografiche
1.3.4 L’opera d’arte come sceneggiatura
1.3.5 Sceneggiatura multimediale
1.4 Pubblicazione
Scrittura, comunicazione e pubblicazione
1.4.1 Espressione, comunicazione, pubblicazione
1.4.2 Le antiche forme della pubblicazione
1.4.3 Le nuove forme della pubblicazione
1.4.4 Scrivere per esserci
2 Capitolo 1
Q
uesto primo capitolo prende in esame la fase propedeutica di un testo,
il momento della sua eleborazione.
Anche in questo caso rispetteremo la partizione adottata per tutti e
quattro i primi capitoli del volume.
La prima parte, quella indicata con il titolo di Storia, conterrà, piuttosto che
la storia delle tecniche di progettazione di un testo, un rapido excursus nella
storia del concetto di testo e nelle teorie elaborate nel corso degli anni; niente di
esaustivo: solo il pretesto per parlare delle novità di questi ultimi anni e del loro
impatto su scrittori e lettori. Rintracciando alcune costanti che dalle origini re-
stano fino a oggi invariate individueremo gli elementi chiave della nuova te-
stualità e i punti di svolta nodali di una trasformazione ancora in atto.
La seconda parte, quella solitamente destinata alla fase progettuale di un
testo (Progettazione), affronterà la tematica della genesi di un testo, prendendo
in esame anche alcune tecniche creative oggi utilizzate.
La terza parte (Stesura) rappresenterà l’occasione per parlare di tutte quelle
categorie testuali considerate pre-testi, ossia testi preparatori a quello definitivo.
Un tipo di testualità rimessa in auge dalla nuova scrittura, in quanto scrittura
complessa che richiede una fase preparatoria assai puntuale.
La quarta parte (Pubblicazione) affronterà il tema del rapporto tra scrittura,
comunicazione e pubblicazione, ovvero del rapporto esistente tra la creazione
di un testo, la sua natura intenzionalmente comunicativa e la sua legittimazione
pubblica. I paragrafi in questione saranno il pretesto per riflettere su come
Internet abbia profondamente mutato il rapporto tra scrittura e pubblicazione e
su come abbia reso più che mai evidente la natura comunicativa di un testo.
1.1 Storia
Evoluzione del concetto di testo
1.1.1 Premessa
Le discussioni attorno al concetto di testo che hanno occupato per decenni le
pagine dei saggi di linguisti, filosofi, semiologi e semiotici vertono su alcune
questioni di fondo che possono essere molto sommariamente riassunte in tre
grandi problemi:
Nel corso degli anni, o forse dei secoli, questi tre interrogativi di fondo
hanno avuto risposte diverse, anche se la tendenza generale è stata senza dub-
bio quella di una progressione dal piccolo al grande, ovvero si è partiti da un
concetto più ridotto del termine testo, intendendo con esso esclusivamente espres-
sioni scritte di tipo alfabetico prodotte intenzionalmente da un mittente, fino ad
arrivare a un’idea dilatata che tende a includere al suo interno forme svariate di
espressione e di comunicazione.
Figura 1.1 Un esempio di tavoletta incisa, rinvenuta negli scavi dell’antica biblioteca
di Uruk.
(Da Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, ISEDI, Milano, 1972,
pp. 322-3)
6 Capitolo 1
Il contenuto d’uno scritto o d’uno stampato, ossia l’insieme delle parole che lo
compongono, considerate non solo nel loro significato ma anche nella forma
precisa in cui si leggono nel manoscritto o nell’edizione a cui si riferisce.4
2 Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1985.
3 Tullio De Mauro, Il dizionario della lingua italiana, Paravia/Bruno Mondadori, Milano,
2000.
4 Dizionario enciclopedico Italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma.
Il testo pensato 7
Come abbiamo già anticipato, il testo on line non è garante della propria
compiutezza e la scrittura non sancisce, come per il passato, la definitiva stabi-
lità delle parole.
Noi percepiamo le parole stampate come unità visive [...]. Ogni testo coin-
volge vista e udito, ma, mentre noi sentiamo la lettura come un’attività
visiva che si converte in suono, nei primi tempi della stampa la si sentiva
principalmente come un processo d’ascolto, messo semplicemente in moto
dalla vista.6
Nel suo volume Oralità e scrittura (uno studio tutto dedicato alle civiltà
senza scrittura, ossia a “oralità primaria”) Walter Ong ha evidenziato le caratte-
ristiche del testo orale, contrapposto allo scritto. La scrittura e soprattutto la
stampa avrebbero profondamente trasformato la natura dei testi e assieme a que-
sta la mentalità dei loro estensori e fruitori. Da un’analisi delle letterature orali
passate e presenti, Ong ricava che i testi orali possiedono alcune peculiarità:
• I testi orali presentano uno stile formulaico, ovvero ricorrono all’uso costan-
te di epiteti e frasi fatte per favorire la memorizzazione dei testi.
• La ridondanza o copia è tipica dei testi orali in cui il pensiero deve neces-
sariamente procedere a rilento rispetto allo scritto, mancando di agganci
visivi. La ripetizione diventa elemento essenziale alla comprensione del te-
sto.
• I testi orali sono conservatori o tradizionalisti. La conservazione della cono-
scenza, infatti, richiede ripetizione continua. Viceversa nello scritto “assu-
mendo funzioni conservatrici, il testo libera la mente da tali compiti, vale a
dire dal lavoro mnemonico, mettendola così in grado di volgersi a nuove
speculazioni”.7
• Risultano, generalmente, più vicini all’esperienza umana: una cultura orale
è, infatti, meno pronta a processi di astrazione.
• Possiedono un tono agonistico, dovuto al loro legame con il contingente e
al loro scopo quasi sempre persuasorio nei confronti degli ascoltatori.
• Sono enfatici e partecipativi piuttosto che oggettivi e distaccati. Si instaura
un contatto più stretto tra chi comunica il testo e gli ascoltatori: ciò determi-
na anche una identificazione empatica con il contenuto stesso del messaggio.
• Sono omeostatici: tendono a sostituire elementi appartenenti alla tradizione
con le evoluzioni del presente “eliminano, cioè, memorie senza più rilievo
per il presente”.8
• Sono situazionali piuttosto che astratti: contengono riferimenti continui ad
ambiti precisi, a eventi e oggetti concreti.
All’interno del processo che sembra destinato a dilatare i confini del termi-
ne, si giunge a definizioni che pongono l’accento sull’accezione di ”pratica
significante”: ”testo” diventa ogni situazione comunicativa o espressiva in grado
di ”parlare” agli occhi o alle orecchie di un ”lettore”.
Non più dunque solo parole, ma qualsiasi forma di comunicazione espressa
tramite sistemi di segni può essere definita testo a tutti gli effetti.
Cornea non è voce isolata in questo nuovo tentativo di definizione. Anche
Lotman parla di testo in questi termini:
9 Paul Cornea, Introduzione alla teoria della lettura, a cura di Gheorghe Carageani, Sansoni,
Firenze, 1993.
10 Jurij M. Lotman, Testo e contesto: semiotica dell’arte e della cultura, a cura di Simonetta
Salvestroni, Laterza, Roma-Bari, 1980.
12 Capitolo 1
fusa, un mistico spagnolo del Cinquecento, Fray Luis de Granada, scriverà nella
sua Introduzione al simbolo della fede:
Che cosa sono le creature di questo mondo, così belle e così ben costruite,
se non singole lettere miniate che dichiarano splendidamente l’abilità e la
saggezza del loro autore? [...]. E noi, essendo stati posti dinanzi a questo
meraviglioso libro dell’intero universo, dobbiamo leggere, attraverso le sue
creature, come fossero lettere viventi, l’eccellenza del loro Creatore.11
Galileo Galilei»
(Da Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Einaudi
Editore, Torino, 1979, pp. 3-5)
14 Capitolo 1
• Il grado più basso è quello dello stimolo: si tratta di una semplice azione
secondo cui un’informazione passa senza che ci sia intenzionalità né
nell’emittente né nel ricevente e in assenza di un codice prestabilito. Ad
esempio gli uomini si bagnano quando piove, anche se non ricavano
dalla pioggia alcun significato, anche se non necessariamente “leggono”
l’informazione.
• Il secondo grado è quello del passaggio di informazione: si ha quando un
destinatario deduce un significato da un fenomeno non prodotto intenzio-
nalmente né organizzato in un codice (in semiotica si parla di abduzione).
Ad esempio il terreno bagnato suggerisce a un osservatore che è piovuto.
• Il terzo grado, l’interpretazione avviene in presenza di un’intenzionalità
comunicativa e di un destinatario, ma in assenza di un codice condiviso.
Potrebbe essere il caso di un messaggio inviato sulla terra da un extraterre-
stre.
• Il quarto grado, la significazione, si ha tutte le volte in cui un destinatario
ha elaborato un messaggio secondo un codice, anche in assenza di un
destinatario che lo interpreti come tale. Spesso si cita come esempio di
questo quarto grado il messaggio in una bottiglia non ricevuto da nessuno,
ma vale naturalmente per qualsiasi tipo di scrittura elaborata senza che sia
letta da altri se non l’autore stesso.
• Infine il quinto grado, quello della comunicazione a tutti gli effetti: l’emit-
tente codifica intenzionalmente secondo un codice un messaggio che viene
interpretato dal destinatario. È questo il grado ultimo che si verifica alla
presenza di tutti e sei i fattori citati.
• coerenza,
• coesione,
• intenzionalità (ossia l’atteggiamento del parlante o scrivente),
• accettabilità (l’atteggiamento del ricevente e le sue aspettative),
• informatività (la misura secondo cui gli elementi del testo sono noti, ignoti,
attesi o incerti per il ricevente),
• situazionalità (il legame con la situazione che rende intelligibile il testo),
• intertestualità (i fattori che fanno dipendere l’uso del testo dalla conoscenza
di uno o più testi precedenti).
(continua)
16 Capitolo 1
(seguito)
«La nozione di testo oggi non è più imprecisa e metaforica come appariva, negli
anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, all’inizio della rivoluzione critica
innescata dallo strutturalismo negli studi letterari e narratologici. Che cosa sia
un testo è stabilito oggi dall’elenco di una serie di condizioni e caratteristiche
che la linguistica ha condensato in alcune nozioni chiare, a partire dalla sintesi
sistematica compiuta da Beaugrande e Dressler nella loro Introduzione alla
linguistica testuale. Gli studi semiotici, d’altro lato, hanno approfondito la con-
cezione del testo come risultato conclusivo, destinato alla trasmissione a un
destinatario, di una sequenza di operazioni di progettazione e realizzazione
secondo schemi operativi e modelli formali utilizzati dal produttore del testo e
che prevedono, peraltro costitutivamente, l’intervento attivo del destinatario
per permettere l’effettiva comprensione della procedura di ascolto o di lettura.»
(Da Roberto Pellerey, Il lavoro della parola, Utet, Torino, 2000, p. 21)
«Assumeremo che un testo, realizzato tanto oralmente quanto per iscritto, sia un
tessuto di relazioni analizzabili tanto dal punto di vista linguistico quanto da
quello sociale. Un semplice enunciato, così come, allo stesso modo, una più
complessa e articolata organizzazione di frasi collegate da meccanismi di natura
grammaticale, ne definiscono la VALENZA LINGUISTICA, mentre tutto ciò che
concerne la funzione comunicativa, come i ruoli e le conoscenze presupposte
che si stabiliscono tra emittente e ricevente, le intenzioni, i contesti di realizza-
zione, ne definiscono la VALENZA COMUNICATIVA.»
punto di vista formale se sono stati utilizzati giusti connettivi nella giusta posi-
zione, tuttavia il legame formale tra le parole non garantisce la correttezza
concettuale di un testo. Il periodo “Ho regalato a Luca un libro. Gli è piaciuto
molto poiché è stato cucinato a dovere, proprio come desiderava” possiede una
coesione interna perfetta, sancita dalla presenza del pronome “gli” che collega
la prima alla seconda frase, dalla congiunzione “poiché” che introduce la secon-
daria causale e dalla congiunzione “proprio”, tuttavia il senso del testo risulta
oscuro e lo scarto tra le parole “libro” e “cucinato” crea una sostanziale confu-
sione interpretativa.
A garantire il senso di un testo è chiamata in causa la coerenza, cioè il
corretto rapporto semantico che si stabilisce tra i concetti espressi dalle parole.
Un insieme di concetti privo di connessione logica non è un testo. Abbiamo
visto come l’accostamento, seppur grammaticalmente corretto, di parole distan-
ti per significato non produca senso. Di fatto è il lettore o l’ascoltatore che
assegna coerenza al testo, mettendo in gioco, ogni volta, la sua capacità di
trarre senso da ciò che percepisce. La coerenza di un testo chiama, dunque,
ogni volta, in causa il lettore, non solo la sua competenza linguistica, ovvero la
capacità di stabilire connessioni tra significanti e significati di un testo, ma an-
che la possibilità di effettuare rinvii a precisi contesti spazio-temporali, riempire
cioè quei buchi che ogni comunicazione, inevitabilmente, lascia incolmati.
Il grado di comprensibilità di un testo sarà sempre relativo al tipo di destina-
tario. Facciamo un esempio per chiarire. La frase “Il vino di quest’anno sarà
annacquato” può risultare abbastanza chiara a un coltivatore chiantigiano del
2002 alle prese con una stagione troppo umida per favorire la giusta maturazio-
ne dell’uva¸ risulterebbe meno chiara a chi non si occupa minimamente di
enologia e agricoltura e acquisterebbe senza dubbio un altro significato.
del libro stampato resterà probabilmente sbalordito dal fatto che non si
siano mai capiti gli effetti psichici e sociali della stampa [...]. Sul piano psi-
chico il libro stampato, estensione della facoltà visiva, ha intensificato la
prospettiva e il punto di vista fisso. All’accentuazione del punto di vista e
del punto di fuga che fornisce l’illusione della prospettiva s’accompagna
l’illusione che lo spazio sia visivo, uniforme e continuo. La linearità, la preci-
sione e l’uniformità della disposizione dei caratteri mobili sono inseparabili
da queste grandi innovazioni culturali e dall’esperienza rinascimentale.12
In questo nuovo mondo, il libro somigliava più a una cosa che a un’espres-
sione orale, mentre invece la cultura manoscritta lo intendeva ancora come
una specie di espressione orale, un accadimento nel corso di una conversa-
zione. Se manca il frontespizio e manca il titolo, un libro in una cultura
manoscritta, pre-tipografica, viene normalmente catalogato in base al suo
“incipit”, le prime parole del testo (ad esempio il “Padre Nostro”, cui ci si
riferisce con le prime parole della preghiera, rivelando così un’oralità resi-
dua). Con la stampa, come si è visto, fecero la loro comparsa i frontespizi,
che sono delle etichette e attestano una mentalità per cui il libro è una sorta
di cosa, un oggetto.14
Il libro in cui le parole sono intrappolate, nell’attesa che una voce le liberi
nel mondo, si trasforma in un oggetto tangibile, dotato di un’autonomia propria
rispetto al lettore, ma anche rispetto al suo autore.
12 Marshall McLuhan, Galassia Gutenberg, Armando Editore, Roma 1976, pp. 182-84.
13 Ong, op. cit., p. 170.
14 Ong, op. cit., pp. 178-79.
Il testo pensato 19
L’idea che non si possa separare quella che Segre definisce l’“invariante” di
una comunicazione dal suo supporto fisico, le parole (ci stiamo limitando al
caso di testi verbali) dalla carta su cui sono stampate o dalla voce che le recita
o dalla parete di pietra su cui si trovano incise ha avuto negli ultimi anni grande
considerazione tra gli studiosi del testo. Armando Petrucci ha lasciato pagine
bellissime sulla scrittura in tutte le sue forme, dalla stampa quotidiana fino alle
“scritture ultime” impresse sulle lapidi dei cimiteri.
(Da Jay David Bolter, “Economia dello scrivere”, ne Lo spazio dello scrivere, Vita
e Pensiero, Milano, 1993, pp. 48-52)
Sappiamo oggi che un testo non consiste in una serie di parole esprimenti
un significato unico, in un certo senso teologico (che sarebbe il messaggio
dell’Autore-Dio), ma è uno spazio a più dimensioni, in cui si congiungono
e si oppongono svariate scritture, nessuna delle quali è originale: il testo è
un tessuto di citazioni, provenienti dai più diversi settori della cultura. [...] Lo
scrittore può soltanto imitare un gesto sempre anteriore, mai originale; il
suo solo potere consiste nel mescolare le scritture, nel contrapporle l’una
all’altra in modo da non appoggiarsi mai a una in particolare ...16
16 Roland Barthes, Il brusio della lingua, Einaudi, Torino, 1988, pp. 54-55.
24 Capitolo 1
(seguito)
Queste idee non sono affatto nuove per la teoria letteraria contemporanea,
ma a questo proposito, come in tanti altri casi, l’ipertesto crea una materializza-
zione quasi imbarazzante di un principio che era parso particolarmente astratto
e difficile quando veniva letto dalla prospettiva della stampa.»
1.2 Progettazione
Scrivere per pensare
1.2.1 Mettere ordine nei pensieri
La scrittura trasforma in oggetti visibili le parole che per un analfabeta sono solo
puro suono. L’udito cede il passo alla vista, il tempo allo spazio. Così le parole
si trasformano in elementi che, grazie alla loro natura tangibile, è possibile
collocare su di una superficie, spostare, ordinare, raggruppare. La scrittura per-
mette operazioni che la mente difficilmente può compiere senza un ausilio
visivo. Nel momento in cui le parole trovano una loro definitiva sistemazione e
lo spazio della mente si riflette, visibile, sulla pagina, si rendono possibili ope-
razioni logiche prima delegate completamente all’elasticità del pensiero.
L’invenzione della stampa sancisce in maniera definitiva l’uso di liste, indici
o mappe destinate all’organizzazione logico-spaziale dei concetti, ma fino da
tutto il Medioevo si erano ampiamente utilizzati schemi di memorizzazione
iconici, per pensare e ricordare meglio. Gli scopi della “mappizzazione del
testo” erano molteplici: agevolare il compito degli oratori nella memorizzazione
dei discorsi, facilitare il reperimento di informazioni sui volumi o dimostrare,
tramite complesse rappresentazioni geometriche, la perfezione logica di un’ar-
gomentazione. I Liber figurarum di Gioacchino da Fiore sono solo uno degli
esempi della stretta connessione che la scrittura stabilisce tra parola e organiz-
zazione grafica, vere e proprie mappe disegnate su cui si collocano espressioni
chiave e si tracciano percorsi possibili tra espressione ed espressione.
Spesso si “mappizza” il testo (la Bibbia in particolare) alla ricerca di verità
inconfutabili nascoste tra le parole: lo schema è la legittimazione geometrica
della coerenza e dell’ordine interno, serve a dimostrare la correttezza delle
argomentazioni. Tracciare lo schema di un testo è un’operazione eseguita a
posteriori che non si configura mai come la fase preparatoria di un testo in fieri,
se non nel caso in cui rappresenti la traccia di un discorso scritto da riferire
oralmente, traccia collocata, dunque, in una posizione intermedia tra un testo
già pronto (lo scritto) e un testo ancora da realizzare (quello che sarà poi il
discorso recitato in pubblico).
Il testo pensato 27
(Da Raymond Carver, Il mestiere di scrivere, Einaudi, Torino, 1997, pp. 7-8)
zione quasi impossibile: Gabriel Garcia Marquez parla della sua curiosità desti-
nata a essere disillusa:
18 Gabriel Garcia Marquez, Come si scrive un racconto, Giunti, Firenze, 1997, p. 11.
30 Capitolo 1
L’altro giorno sfogliando un numero della rivista Life, ho visto una foto
enorme, una foto del funerale di Hirohito: in essa appare la nuova impera-
trice, la sposa di Akihito. Piove. Sullo sfondo, fuori fuoco, si vedono le
guardie con gli impermeabili bianchi e, ancora più indietro, la folla con gli
ombrelli, i giornali, e dei teli sulla testa. Al centro della foto, in secondo
piano, c’è l’imperatrice, sola, molto magra, completamente vestita di nero.
Ho visto quella foto meravigliosa e ho capito subito che lì dentro c’era una
storia. Una storia che naturalmente non era quella della morte dell’impera-
tore, quella che raccontava la fotografia, ma un’altra: una storia di mezz’ora.
Quest’idea mi è entrata in testa come un tarlo. Ho eliminato lo sfondo, ho
completamente scartato le guardie vestite di bianco, la gente … Per un atti-
mo ho fissato solo l’immagine dell’imperatrice sotto la pioggia, ma ho subi-
to scartato anche quella. A quel punto non restava che l’ombrello: sono
assolutamente convinto che in quell’ombrello c’è una storia.19
Il brainstorming è stato adottato per la prima volta negli Stati Uniti alla fine degli
anni Trenta, in un’agenzia di pubblicità, per rendere più efficaci e produttive le
riunioni creative. Si tratta di favorire l’associazione delle idee attraverso un
processo di frantumazione che consiste nel sottoporre gli elementi di un pro-
blema ad accrescimenti, diminuzioni, combinazioni, inversioni, modifiche, sop-
pressioni. È possibile stimolare l’immaginazione partendo da oggetti, parole,
immagini, colloqui con persone, osservazioni, consultazioni.
quelli che Jean Guitton definisce “stati di pensiero in abbandono”.20 Altre volte
sono schemi di dimensioni variabili o scalette organizzate secondo algoritmi
logici che prevedono livelli e sottolivelli.
Esistono oggi scuole e manuali che insegnano come si può aspirare a
diventare romanzieri o sceneggiatori. Ma la letteratura più abbondante riguar-
da soprattutto le tecniche di scrittura professionale, ovvero le indicazioni
pratiche per chi voglia o debba scrivere una tesi, una relazione, un articolo
eccetera. Da qualche anno, ormai, l’interesse rivolto a questo tipo di pubbli-
cazioni si è moltiplicato grazie anche al proliferare dei siti web, una scrittura
nuova che ha rimesso in discussione molte delle pratiche in uso. Le indicazio-
ni relative alle scritture professionali tradizionali sono state setacciate e riviste
riadattandole ai nuovi testi: paradossalmente la nuova testualità elettronica
ha riacceso l’interesse nei confronti della scrittura in genere e delle sue rego-
le. I più noti manuali di scrittura sono naturalmente in lingua inglese e pro-
vengono da scuole americane, anche se esistono alcune ottime guide in ita-
liano.
All’interno delle infinite variabili di suggerimenti e metodi indicati cogliamo
una serie di costanti, tra cui la tendenza a suddividere il processo di scrittura in
tre fasi: la pianificazione, la stesura e la revisione. Per ovvi motivi di sistemati-
20 Vedi Renée e Jean Simonet, Scrivere per ricordare, Franco Angeli/Trend, Milano, 1999,
Jean Guitton, Le travail intellectuel, Aubier-Montaigne, 1986.
Il testo pensato 33
cità le tre fasi sono presentate come distinte anche se naturalmente chi scrive sa
che in realtà, durante la messa a punto di un testo, si passa dall’una all’altra
secondo un andamento discontinuo.
Consideriamo comunque la prima delle tre fasi, ovvero il momento in cui il
testo che ancora non esiste viene ideato e pianificato nelle sue linee essenziali.
Della pianificazione fa parte l’indicazione di massima del tipo di testo che si
intende scrivere, la definizione delle sue dimensioni e il tempo richiesto alla
stesura, il pubblico a cui ci si rivolge e naturalmente gli scopi che ci si prefiggo-
no. Una volta stabilito a grandi linee il progetto di fondo si passa alla fase di
avvio della scrittura. Partiamo dall’inizio, ovvero dalla raccolta degli argomenti
che si intende trattare.
non si faccia uso del sistema “mostra revisioni”, presente in Word e in altri
sistemi affini. La videoscrittura modifica il rapporto con la memoria della scrittu-
ra stessa: correzioni e modifiche, rimozioni si perdono irrimediabilmente, al
momento in cui si salva un documento rimaneggiato.
Questa che avete appena letto è una lista alquanto disordinata di idee but-
tate là un po’ a casaccio, come appunti venuti in mente senza ordine. Non vi è
organizzazione logica, né vi si riconosce alcun criterio di ordinamento sequen-
ziale. Non vi è progressione né orientamento dal generale al particolare o vice-
versa. Non solo: le singole righe di testo sono ognuna diversa dall’altra per
formulazione e stile.
Se volessimo provare a dare un assetto a questo elenco confuso, dovremmo
innanzi tutto individuare un criterio di ordinamento che avvicini argomenti affi-
ni o conseguenti.
Questa nuova lista, che risulta forse ancora più chiara della precedente, è
anche più prolissa ed è bene scegliere quale formula prediligere a seconda dei
casi.
L’uniformità stilistica garantisce una maggiore chiarezza all’elenco, chiarez-
za che può essere aiutata anche tramite un’uniformità grafica (stesso lettering,
stesso segno di avvio di una nuova riga, stessa spaziatura: a spaziatura maggio-
re corrisponde uno scollamento concettuale che sarà colmato in seguito da altre
argomentazioni o tenuto separato in qualche modo nella trattazione).
Normalmente l’inizio di ogni voce può essere contrassegnato da un segno
specifico, semplici marche grafiche uguali per tutte le voci della lista: trattini,
asterischi, pallini, quadratini, freccette o anche numeri e lettere seguite in gene-
re da un punto o da una parentesi tonda chiusa.
Flusso di scrittura
Non parole o frasi brevi, ma veri e propri periodi complessi e articolati, scritti
di getto caratterizzano il flusso di scrittura. Un’operazione simile a quella di
registrare pensieri su un nastro magnetico. Scrivere di getto, senza sistematicità,
può essere utile a chiarire i propri pensieri poiché la scrittura funziona, a volte,
proprio da catalizzatore di intuizioni che stentano a trovare una loro forma
definitiva. L’importante è non temere errori grammaticali o sintattici, non rilegge-
re neppure ciò che si scrive, ma affidarsi a una sorta di automatismo del pensiero
e della mano. Il tempo della rilettura e sistematizzazione verrà più tardi.
Il testo pensato 37
Grappolo associativo
La lista delle idee e il flusso di scrittura fanno uso di parole scritte allo scopo di
favorire la generazione di idee e liberare il pensiero. Spesso, in questa fase, la
scrittura alfabetica fa ricorso anche a espedienti grafici, più idonei a costruire
sintesi e strutture che possono essere abbracciate a colpo d’occhio. Se si proget-
ta un testo, le parole disposte linearmente risultano spesso insufficienti a spie-
gare l’intenzione complessiva del testo e a riassumerne l’intera struttura. L’uso
di espedienti grafici, inoltre, funziona anche da stimolo al pensiero stesso, tanto
che molti scrittori di professione non sanno rinunciare a ragionare tramite dia-
grammi e schemi tracciati su carta.
La lista delle idee può trasformarsi talvolta in quello che viene definito
grappolo associativo, quando le parole o le brevi frasi che compongono una
lista vengono organizzate in una rappresentazione grafica.
• analogia
• contrario
• causa
• conseguenza
• precedenza
• successione
• generalizzazione
• esemplificazione
che sono più o meno equivalenti a quella sopra riportata. Per esigenza di com-
pletezza riportiamo lo schema tassonomico compilato da Chaffin e Herrmann
nel 1984,23 che individua cinque categorie fondamentali al cui interno è possi-
bile inscrivere una serie molteplice di sottocategorie.
• contrasto
• similitudine
• inclusione di classe
• relazione di casi
• relazioni parti intero
Mappa
Stiamo progettando una relazione. Abbiamo scelto di affrontare tre aspetti dello
stesso oggetto “testo”. Supponiamo di partire da un primo scarno elenco di
argomenti:
• Il testo orale
• Il testo scritto
• Il testo a stampa
Scaletta
La scaletta è molto più di una lista organizzata, è la traduzione della gerarchia
delle argomentazioni, che tiene conto dei diversi livelli della trattazione e li
riproduce utilizzando particolari espedienti tipografici (ne parleremo in modo
più approfondito nel Capitolo 2).
Questo è un esempio di scaletta che riproduce le informazioni della mappa
organizzandole secondo uno schema tipografico numerato:
1 Il testo orale
1.1 caratteristiche
1.1.1 ridondanza
1.1.2 stile formulaico
1.1.3 attinenza al contesto
1.2 storia
1.2.1 le origini
1.2.2 oratoria
1.2.3 le tecniche di memorizzazione
1.3 utilizzo odierno
42 Capitolo 1
Tabella
Se invece di una scaletta volessimo tradurre il contenuto presentato sopra in
una tabella, il risultato sarebbe questo:
1.3 Stesura
I due tempi della scrittura
1.3.1 Quando si inizia a scrivere
Abbiamo già segnalato come sia difficile separare in maniera netta la progetta-
zione di un testo dalla sua stesura; spesso, infatti, le due fasi si intersecano e si
sovrappongono secondo un andamento che è sempre irregolare e tendenzial-
mente circolare. Durante la prima stesura del testo si ritorna, infatti, sulla scalet-
ta, la si corregge, la si integra. Quasi nessun autore, sia esso professionista o
dilettante, tiene fede al progetto originario in tutti i suoi dettagli. Ciò avviene
perché la scrittura stessa è un atto di pensiero, che mette in moto riflessioni e
innesca libere associazioni. Via via che si mette nero su bianco e si sviluppano
gli argomenti previsti dalla scaletta, ci si rende conto come talvolta essi si pos-
sano esaurire in poche battute, o viceversa, in altri casi occupino molte più
pagine di quelle che si erano previste e necessitino di approfondimenti o preci-
sazioni da sviluppare in nuovi paragrafi.
La fisionomia del testo viene così definendosi man mano che si scrive e un
eccesso di rigore in questo senso sarebbe un freno potente alla creatività. È
vero che talvolta la scrittura deve necessariamente disciplinarsi e un rigido im-
pianto di base servirà ad arginare una tendenza centrifuga che può diventare
pericolosa; tuttavia, nonostante questo, fino alla pubblicazione un testo scritto
rimane aperto a modifiche e revisioni.
Per molti autori della nostra storia letteraria la correzione è divenuta talvol-
ta una vera ossessione, ha coperto l’incapacità a separarsi dalla propria crea-
zione aspirando a una perfezione che non è dato raggiungere: molti sono gli
esempi rintracciabili, primo fra tutti Alessandro Manzoni, che ha dedicato al
suo capolavoro molti anni della propria vita scrivendone varie versioni, anche
assai diverse tra loro, bloccando a questo modo la sua penna sulle pagine viste
e riviste dei Promessi sposi.
Ma senza scomodare esempi troppo illustri e lontani dalla nostra realtà, si
vuole qui insistere su un concetto: non esiste, se non sulla carta, un processo
creativo che rispetti fedelmente le fasi individuate da ogni manuale di scrittura,
che proceda secondo un ordine lineare dall’inizio alla fine: ciò potrebbe acca-
dere solo là dove il testo, in qualche modo, fosse già presente per intero nella
mente di chi lo ha concepito. Le indicazioni di guide e manuali sono solo
strumenti messi a disposizione di autori poco esperti, per aiutarli a dare inizio a
un lavoro che risulterà sempre e comunque assai più complesso.
44 Capitolo 1
24 Il linguaggio dei nuovi media, a cura di Luca Toschi, Apogeo, Milano, 2001, p. XXV.
46 Capitolo 1
(seguito)
Malgrado questa identità di segni grafici, possiamo distinguere due principi
radicalmente differenti per quanto concerne il loro impiego: è l’opera, la com-
posizione stessa, a essere oggetto della notazione, che tuttavia non indica la sua
restituzione dettagliata; è invece trascritta l’esecuzione, e allora la notazione è al
tempo stesso un’indicazione di come bisogna suonare. Essa non indica, come
nel primo caso, la forma e la struttura della composizione, che bisogna ritrovare
partendo da altre informazioni, ma una restituzione il più possibile precisa: è
così che bisogna suonare qui. Per così dire l’opera rivela se stessa nel momento
dell’esecuzione.
In generale, fin verso il 1800 la musica è trascritta seguendo il principio
dell’opera, e poi come indicazione di come vada eseguita. Esistono tuttavia
numerose sovrapposizioni: così le intavolature (notazioni della posizione delle
dita) per certi strumenti a partire dal Cinquecento e dal Seicento, sono delle
vere indicazioni di esecuzione, che non rappresentano dunque l’opera grafica-
mente. Queste intavolature mostrano con precisione dove il musicista deve
porre le dita per pizzicare le corde (di un liuto, per esempio), così che la musica
nasce con l’esecuzione sonora. [...] Nelle composizioni posteriori al 1800, scritte
con la notazione abituale, nel senso che ci viene detto come eseguire il brano
(ad esempio, nelle opere di Berlioz, di Richard Strass e di molti altri) quel che
viene indicato con la massima precisione possibile è il modo di suonare quel
che è scritto. [...]
Esiste una ortografia musicale, che scaturisce dai trattati di musica, dalle
teorie musicali, dai trattati di armonia. Da questa ortografia risultano certe par-
ticolarità di notazione, come il fatto che i ritardi, i trilli e le appoggiature spesso
non siano indicate, e questo è sempre fastidioso quando si crede di suonare la
musica così come è scritta. Oppure che l’ornato non sia stabilito: il fatto di
annotarlo sarebbe stato un impaccio per l’immaginazione creativa del musici-
sta, proprio quella che è richiesta per l’ornato libero.»
Oggi:
Alfabeti come contrasto di stile da contrapporre a diversi tipi di costumi (con-
trasto tra antico e nuovo, per esempio gotico e grattacielo, carrozza e auto)
Vecchia tipografia e nuovi impianti.
I caratteri: tipi classici e di fantasia a colori diversi prima soli e isolati grandi e
piccoli in positivo, poi sovrapposti e mischiati in diversi colori.
Gli spazi: da un punto a ventiquattro punti, presentati orizzontalmente.
Le casse, il compositoio, i pacchetti, le pagine formate.
La composizione meccanica:
La vita di oggi nella casa nei luoghi di lavoro in ogni posto dove c’è la stampa
con i suoi pregi (e qualche volta i suoi difetti).»
(Da Albe Steiner, Il mestiere di grafico, Einaudi, Torino, 1978, pp. 57-58)
cioè in una sorta di diario di bordo a cui fare riferimento durante tutto il proces-
so di scrittura.
Anche per il cinema ci sono voluti anni prima che si definisse una chiara
metodologia di scrittura preparatoria, prima che le tecniche di sceneggiatura
fossero condivise. Nel caso dei testi multimediali, CD-ROM o siti Internet, si è
proceduto per prove ed errori: ognuno ha seguito proprie strade, utilizzando i
metodi che ha ritenuto più idonei. C’è stato spazio anche per l’improvvisazione
e i risultati li abbiamo potuti apprezzare ben rappresentati in prodotti di qualità
assai dubbia; molti dei primi testi su CD non erano, infatti, che la riproposizione
fedele su di un nuovo supporto di materiale cartaceo preesistente.
Oggi è generalmente accettato che chiunque si dedichi alla progettazione di
un multimedia debba seguire alcune tappe fondamentali ed elaborare un pro-
getto prima di passare al definitivo montaggio del testo. Manca ancora, come si
diceva, un linguaggio comune da utilizzare nella stesura dei progetti.
Alla scrittura di servizio per il multimedia pochi hanno dedicato pagine
degne di interesse, anche se tutti utilizzano strategie e procedure nella realizza-
zione di CD-ROM e soprattutto di siti web.
La Web Style Guide,29 ancora oggi una delle più complete guide di scrittura
per il web, non dedica neppure un rigo alle tecniche di sceneggiatura, mentre
troviamo qualche importante suggerimento in un altro testo guida: Interaction
design,30 ancora senza una traduzione italiana.
Il volume di Nico Piro,31 Come si produce un cd-rom, edito da Castelvecchi
nel 1997, dedica alcuni capitoli alla progettazione e indica alcuni metodi opera-
tivi da seguire durante questa fase, tra cui la stesura del flowchart. Limitato
all’area dell’off line, il volume contiene alcuni importanti suggerimenti, anche
se non scende nel dettaglio per quanto riguarda il tema che ci interessa.
Oggi le tecniche di sceneggiatura di un testo multimediale si sono affinate
grazie alla crescente diffusione del lavoro di progettazione, anche se non esiste
ancora, così come accade per il cinema, un sistema comunemente riconosciuto
e usato da tutti.
Per chi progetta un multimedia all’inizio c’e solo un’idea, poi grandi fogli sui
quali viene tracciata la struttura generale del testo, con le sue parti disposte
29 Patrick J. Lynch e Sarah Horton, Web guida di stile, Apogeo, Milano, 2000.
30 Jennifer Preece, Yvonne Rogers e Helen Sharp, Interaction design, Wiley, New York, 2002.
31 Nico Piro, Come si produce un cd-rom, Castelvecchi, Roma, 1997.
32 Toschi, op. cit., p. XXI.
54 Capitolo 1
33 Tommaso Tozzi, “Come realizzare una sceneggiatura multimediale”, in Toschi, op. cit.,
p. 62.
34 Tozzi, op. cit., p. 62.
Il testo pensato 55
1.4 Pubblicazione
Scrittura, comunicazione e pubblicazione
1.4.1 Espressione, comunicazione, pubblicazione
Abbiamo più volte sostenuto che un testo, per definirsi tale, deve poter essere
letto da qualcuno. Il momento della sua pubblicazione, della sua presentazione
a destinatari scelti o casuali è dunque fondamentale. Un testo è l’elemento
chiave di una comunicazione.
L’etimologia della parola comunicazione pone l’accento sulla natura sociale
del processo: condividere, rendere comune un’esperienza tramite l’interazione
tra gli individui di un gruppo.
Nella comunicazione umana sono presenti comportamenti comunicativi in-
consapevoli (ad esempio atteggiamenti del corpo o piccoli cambiamenti nel-
l’espressione del viso) o inconsci (il rossore, la sudorazione, il tremore eccete-
ra), ma generalmente si tende a evidenziarne il carattere consapevole e inten-
zionale, ovvero il riconoscimento della presenza di un interlocutore e la scelta
deliberata di fornire un’informazione, instaurando un rapporto di reciproco scam-
bio. Si dice che l’uomo non può non comunicare nel momento in cui entra in
relazione con altri rappresentanti della sua stessa specie; l’uomo comunica per
necessità, sempre e comunque, rispondendo a uno dei suoi bisogni fondamen-
tali. Gli studi sulla comunicazione pongono l’accento su questa peculiarità come
su altre che caratterizzano il linguaggio umano, il più importante elemento di
distinzione tra noi e gli animali. Rispetto agli animali l’uomo è capace di una
comunicazione formalizzata che fa uso di sistemi di segni di vario tipo, atti a
convogliare vari messaggi.
Verbale o non verbale, orale o scritta, la comunicazione umana presenta
una serie di condizioni che la definiscono:
35 Karl Erik Rosengren, Introduzione allo studio della comunicazione, Il Mulino, Bologna,
2001, p. 52.
Il testo pensato 57
I segni più importanti sono stati riprodotti fin dalle origini in diversi modi:
intagliati nel legno, nell’osso o nella pietra, impressi nell’argilla, disegnati
con il carbone, o con qualunque altro materiale a portata di mano. Molto
presto, dunque, la comunicazione mediata si manifestò come una deriva-
zione della comunicazione diretta. Ciò dimostra che l’umanità andava cre-
ando gradualmente una “memoria esterna” articolata.36
oggetto (il testo) come entità autonoma e immutabile, indipendente dal suo
autore, un oggetto con il quale il lettore si confronta in maniera diretta.
Ma che significa pubblicare oggi? Che valore ha mettere on line un testo che
avrà la durata di pochi giorni e che non possiede le garanzie di stabilità valide
per la carta?
Quello pubblicato sulla Rete è generalmente un testo senza diritti, sul quale
l’autore non può reclamare nessuna autorità. Oggi esistono, però, forme di
tutela che impediscono ad esempio la stampa o lo smembramento di un testo,
o presentano solo versioni incomplete che hanno lo scopo di allettare il lettore
e convincerlo all’acquisto del testo completo.
All’inizio del 2002 in Italia se ne contavano soltanto 300. Dopo sei mesi erano
diventati mille. Oggi hanno raggiunto quota 3 mila. E crescono al ritmo forsen-
nato di cento al giorno. I blog, pagine Internet autocostruite e autogestite a
metà tra diario personale, newsgroup e sito di informazione non sono più un
affare per pochi iniziati, giornalisti o smanettoni entusiasti di tecnologia e Rete.
Ormai rappresentano un fenomeno sociale che si espande a macchia d’olio
come un virus, una febbre contagiosa. Che non risparmia nessuno: analisti
finanziari, neurologi, ex prezzemoline televisive, preti, pescatori, onorevoli, scrit-
trici. Tutti vogliono avere un blog.
All’origine del boom c’è il passaparola, un meccanismo incontrollabile e
libero di informazione orizzontale tipico della Rete. Ma c’è soprattutto la facilità
del mezzo: per farsi un blog non serve conoscere i linguaggi di Internet, basta
collegarsi a uno dei siti che offrono il servizio. In meno di cinque minuti chiun-
que può disporre di una sua pagina web personale sulla quale pubblicare in
tempo reale i cosiddetti “post”: notizie, storie, opinioni, commenti, link. Dallo
scorso 25 ottobre, data in cui (primo in Italia) il sito Splinder.it ha messo on line
un programma che consente a chiunque di creare in poche mosse uno spazio
virtuale proprio e autonomamente gestito, sono nati 1100 nuovi blog e il traffi-
co di contatti sul sito registra un incremento del 20-30 per cento ogni giorno.
Situazione analoga per Clarence che ha debuttato con un servizio simile (Cla-
rence Free Blog) il 18 dicembre, e che, due giorni dopo, ne ospitava già 250.
Presto anche il portale Kataweb offrirà ai suoi visitatori la possibilità di costru-
irsi un blog. E tutti vogliono averne uno: la valanga è solo all’inizio e sconta in
Italia un ritardo di quasi due anni rispetto agli Stati Uniti, in cui l’esplosione
ebbe inizio già nel 2000. Già, ma una volta conquistato il proprio spazio globa-
le sulla rete, che cosa ci si mette dentro? A cosa serve avere un blog, a parte
soddisfare la propria vanità personale? A tutto, o quasi. C’è, ad esempio, il
parlamentare che lo usa per dialogare con il suo collegio, mostrando agli elet-
tori quanto è bravo e quanto lavora, come il forzista Antonio Palmieri, che offre
on line la cronistoria, caffè e spuntini compresi, delle sue giornate in Parlamen-
to. Ci sono i militanti di partito (come i diessini di Modena:dsmoden) che pro-
pongono weblog collettivi sperando di fare campagna elettorale. C’è il fanatico
di pesca con esche artificiali Michele Marziani che rivela quali sono i suoi tor-
renti preferiti per portare a casa tante grasse trote. Ma ci sono anche Gli amici
del prosecco, un gruppo di buontemponi goliardi e golosi che si scambiano
appuntamenti per cicchetti e “prosecco hour”. [...]
Intanto, i 3 mila e più blog italiani rivelano un mondo in continua espansio-
ne. Queste cifre, destinate ad aumentare nei prossimi mesi, farebbero pensare
Il testo pensato 67
a nuove, redditizie, potenzialità della Rete. Anche se, per adesso, nessuno ha
capito come si guadagna con i weblog. Splinder, che nasce da una costola di
Bloggando, il motore di ricerca dei blog italiani, vive grazie al lavoro notturno
e alla passione di un gruppo di trentenni che non hanno deciso se trasformare
il loro passatempo in un lavoro vero. Non è chiaro su quale punto fare leva per
generare profitto; di certo i blog rappresentano una sistema di publishing agile
e nuovo che potrebbe fare gola a molte aziende. Proprio dalle applicazioni
aziendali potrebbero arrivare i primi guadagni. Ma è presto: in questo momento
la destinazione principale dei weblog è amatoriale. Anche Clarence, portale on
line dal 1996 con 100 milioni di pagine visitate al mese, si mantiene fedele a
questo spirito, come spiega Gianluca Neri, ex di Cuore, tra i fondatori del
portale: “Nell’iniziativa Free Blog non ci sono fini commerciali di vendita né
statistici, volti a generare traffico”.
In questo senso i blog si collocano sul versante del free Internet, dal lato
opposto dell’idea di una Rete a pagamento e danno corpo, e parole, al Web
libero, gratuito e privo di censure, nella pluralità e diversificazione infinita delle
idee, delle opinioni, degli usi, dei costumi. I blogger vivono di scambi, discus-
sioni, rimandi da una pagina all’altra, continue interazioni, richiami reciproci,
link, attacchi personali e rappacificazioni.
[...] Ma come tutte le rivoluzioni, anche quella dei blog potrebbe presto
esaurirsi o istituzionalizzarsi. “Il rischio” osserva Carlo Formenti, saggista e stu-
dioso del rapporto tra nuove tecnologie e dinamiche sociali, “è quello insito
nella sensazione di totale libertà e onnipotenza data dai blog. Probabilmente,
come già ora accade in America, i blogger andranno incontro a censure e
contraccolpi di tipo giuridico o politico”.
Potrebbero arrivare querele, per esempio, o limitazioni della libertà di espres-
sione. Le conseguenze? “Maggiore attenzione e autocensura” continua Formen-
ti, “e poi una scrematura fisiologica (oggi circa il 60 per cento dei blog è costi-
tuito da diari personali) che eliminerà la fuffa e premierà i weblog più utili,
quelli di servizio, consolidandoli su livelli di alta professionalità.»
Conclusioni
La scrittura al tempo di Internet presenta alcune caratteristiche profondamente
innovative rispetto alla tradizione, anche se, con qualche forzatura, ci sforziamo
di riconoscere le tracce di uno sviluppo naturale, che, senza rotture sostanziali,
si evolve dalle origini fino ai supporti digitali.
Nella prima parte di questo capitolo si sono delineate le costanti di fondo
nella concezione del testo, che hanno rappresentato una linea di continuità nei
secoli, al di là delle innovazioni tecnologiche e dei cambiamenti sociali.
Forse è ancora difficile valutare appieno quanto grande sia, di fatto, l’impat-
to delle nuove tecnologie sul concetto di testo. Si parla oggi di “oralità di ritor-
no”, di una recuperata immediatezza della scrittura, di testi figurati e strutturati
come codici medioevali, cercando nel passato le conferme a un presente che
sicuramente va oltre a tutto questo.
68 Capitolo 1