Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Il capolavoro: Il bell’Antonio
Il romanzo fu pubblicato nel 1949 e riscosse un discreto successo.
Il testo narra la vicenda, ambientata in Sicilia durante il Ventennio, di un uomo di straordinaria
bellezza, Antonio Magnano, che è oggetto delle brame di tutta la gioventù femminile del proprio
paese.
Antonio sposa l’affascinante ereditiera Barbara, senza rivelare a essa né ad altri il difetto che lo
affligge: l’impotenza sessuale.
Dopo tre anni, durante i quali cerca di puntare sul candore di sua moglie per sostituire ai normali
rapporti coniugali un legame amoroso idealizzato, la cosa viene scoperta dalla famiglia di lei, una
salda e concreta stirpe di notai, che decide per l’annullamento del matrimonio.
Questo getta nella disperazione il protagonista e il settantenne padre di Antonio, che riscatta, agli
occhi della gente, l’onore familiare facendosi sorprendere da un bombardamento in una casa di
tolleranza e lasciandoci la vita.
In quest’opera l’autore affronta, adottando, in alcuni passi, toni caricaturali e sopra le righe, la
questione del gallismo, ossia l’enfatizzazione, radicata nella cultura siciliana, della virilità del
maschio, che si esprime in una goffa e volgare esaltazione della sessualità e dell’attitudine
predatoria del conquistatore, del Don Giovanni di “farsi onore” con le donne, di dimostrare le
proprie doti erotiche di grande amatore mediterraneo,
Sul banco degli imputati troviamo anche il regime fascista, colpevole, secondo l’autore, di
un’esasperata e abominevole retorica della maschilità, di un machismo tossico e a tratti ridicolo.
L’impossibilità di Antonio di rispondere alle attese che si presentano all’uomo adulto determina per
lui il fallimento esistenziale e l’emarginazione da una società pigra, sonnecchiante e
sfaccendata, la cui principale attività è la caccia alla donna e la creazione di famiglie.
Brancati è vicino a un’estetica realistica, in cui trasfonde una pesante critica alla società,
soprattutto maschile, della sua isola; egli polemizza, oltre che con il gallismo, anche con la
fiducia cieca e spietata nella famiglia, unica istituzione che i suoi corregionali sembrano rispettare,
perseguendone egoisticamente gli interessi, anche i più bassi, senza la minima umanità e alcun
riguardo morale per gli altri, gli estranea. Il romanziere ironizza amaramente pure sulla astuta
ciarlataneria degli individui più in vista, che si avvantaggia della grettezza e della dappocaggine
della gente comune.
Il racconto si svolge in terza persona; il narratore commenta con sarcasmo e risentimento le
vicende, descrivendole spesso in toni spesso grotteschi e tragicomici.