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1.

DIRITTO CIVILE:
• Obbligazione = vincolo giuridico, fonti: contratto, fatto illecito, altro atto idoneo a produrla
• IL CONTRATTO: Art. 1321 cc. = accordo tra due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto patrimoniale
(a) requisiti Art. 1325
(b) elementi accidentali
(c) tipi (identificazione: natura della prestazione e modalità di esecuzione della prestazione):
contratto tipico/atipico (+1322), misto (criterio della combinazione e assorbimento)
- ALEATORI (rischio giuridico-economico, unilaterale e squilibrante) = È il contratto in cui
non è noto né certo il rapporto tra l'entità del vantaggio e quella del rischio. Ciò in quanto
l'esistenza delle prestazioni o la loro entità dipende da un evento del tutto indipendente dalla
volontà delle parti.
- COMMUTATIVI
- CONSENSUALI (contratti che attuano il trasferimento della proprietà di una cosa
determinata, contratti che hanno ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali,
contratti che attuano il trasferimento di altri tipi di diritti diversi da quelli reali art. 1376 c.c.)
- FORMALI
Contratti obbligatori
sono quelli che producono effetti obbligatori.
Contratti ad efficacia reale
sono quelli che producono l'immediato trasferimento, la costituzione o modificazione di diritti.
Quest'ultima distinzione deve essere ulteriormente chiarita. Nella tabella sembra che non vi sia
differenza tra contratti obbligatori e ad efficacia reale, e in effetti le differenza non è netta, poiché
entrambi hanno oggetto diritti, ma nei contratti obbligatori non vi è automatica realizzazione del
diritto poiché il soggetto si obbliga a tenere un prestazione, e solo nell'esecuzione della prestazione
si realizzerà il diritto del creditore.
L'oggetto dei contratti ad efficacia reale, invece, sta proprio nel fatto di costituire (modificare o
estinguere) diritti, anche di credito.

(d) strutture contrattuali (insieme ai tipi servono a definire la disciplina applicabile):
consensuale, oneroso (racchiude quelli a prestazioni corrispettive o sinallagmatici), gratuito,
reale, plurilaterale..

*1448. Azione generale di rescissione per lesione. Se vi e' sproporzione tra la prestazione di una
parte e quella dell'altra, e la sproporzione e' dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale
l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata puo' domandare la rescissione del
contratto
L’eccessiva onerosità sopravvenuta è una causa di risoluzione del contratto che si può esercitare
quando una delle prestazioni del contratto, a causa di eventi straordinari e imprevedibili, è diventata
molto difficile da eseguire

(e) responsabilità precontrattuale (1337) derivante dalle trattative: principio di buona


fede
(f) modalità di conclusione del contratto: formazione progressiva (serie complessa e
articolata di trattative) / instantanea/ per facta concludentia
(g) Prelazione volontaria (è un contratto in forza del quale un soggetto (promittente) si
obbliga a dare la preferenza, nella stipulazione di un futuro ed eventuale contratto, a un altro
soggetto (promissario) rispetto a terzi, in genere a parità di condizioni.) e Prelazione legale
(propria/impropria)
(h) Diritto di opzione (1331)
VIZI: Secondo l’articolo 1418 del codice civile, il contratto è nullo quando è contrario a norme
imperative, quando difetta di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325 del codice civile (accordo
delle parti, causa, oggetto, forma), quando la causa o i motivi sono illeciti, laddove determinanti per
la conclusione del contratto, quando l’oggetto del contratto è impossibile, illecito, indeterminato o
indeterminabile, negli altri casi stabiliti dalla legge.
La nullità è la più grave patologia contrattuale, consistendo in una sanzione applicata al verificarsi
di vizi “genetici” del contratto, in grado di fare venire meno gli effetti prodotti che sono caducati ab
origine, come se lo stesso non fosse mai venuto ad esistenza.
Per queste ragioni, l’azione di nullità è imprescrittibile (ex art. 1422 c.c.), può essere fatta valere ad
istanza di chiunque vi abbia interesse e rilevata, anche d’ufficio, da parte del giudice (ex art. 1421
c.c.).

Considerata una patologia meno grave rispetto alla nullità, all’annullabilità il legislatore del 1942
ha riservato una disciplina improntata a minore rigore, consentendo che il contratto annullabile
produca gli stessi effetti di un contratto valido, i quali possono venir meno ove venga esperita, con
successo, l’azione di annullamento.
A differenza della nullità l’annullabilità può essere fatta valere esclusivamente su istanza della parte
interessata ed è soggetta a un termine di prescrizione quinquennale.
Il codice prevede, anche, la possibilità di sanare, interamente, o in parte, gli effetti del contratto
annullabile, perché si realizzino i presupposti dell’istituto della “convalida” (ex art. 1444 c.c.) o
della “rettifica” (ex artt. 1430, 1432 c.c.) e, al fine di tutelare il legittimo affidamento di eventuali
aventi causa, precisa che l’annullamento (purché non abbia origine dall’incapacità legale) “non
pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di annullamento” (ex art. 1445 c.c.).

2. IL CONTRATTO E I TERZI

• L'articolo 2043 c.c. definisce illecito qualsiasi fatto, doloso o colposo che cagioni ad altri
un danno ingiusto e sancisce l'obbligo per colui che l'ha commesso di risarcire il danno.
Da tale definizione risulta che l'attività illecita è fonte di responsabilità civile, vale a dire
comporta un obbligo di risarcimento, in quanto è causa di danno ad altri. Ciò non significa
comunque che qualsiasi atto dannoso debba o possa essere considerato illecito, poichè l'atto
o fatto illecito è solo l'atto o il fatto che cagioni ad altri un danno ingiusto. Orbene il danno
è ingiusto e dunque risarcibile solo nel caso in cui vi sia una lesione di un diritto assoluto il
quale affermandosi erga omnes può essere violato da chiunque. Al contrario non il diritto
assoluto, ma il diritto relativo e quindi il diritto di credito, ha come contenuto una pretesa
che può essere fatta valere verso un soggetto determinato e dunque solo tale soggetto
determinato può violare la legittima aspettativa del titolare del diritto. Quindi, di
conseguenza il creditore può subire un danno solo in caso di mancato o inesatto
adempimento della prestazione solo da parte del debitore, fattispecie disciplinata ex art.
1218 c.c. e ss. La giurisprudenza, dopo un'iniziale atteggiamento negativo, superando
l'orientamento tradizionale, ha riconosciuto la possibilità di lesione del credito da parte di
un terzo estraneo al rapporto e la risarcibilità dei danni conseguenti ex art. 2043 c.c. In
tal modo si è delineata la distinzione tra la tutela interna del credito ex art. 1218 c.c e
la tutela esterna o aquiliana del diritto del credito ex art. 2043 c.c. In particolare a tale
scopo la Suprema Corte ha elaborato come criterio delimitativo quello del pregiudizio
definitivo ed irreparabile dell'interesse del creditore, criterio questo recepito anche in
dottrina che si specifica poi e si differenzia a seconda che si tratti di obbligazioni di
dare o obbligazioni di fare. Nelle obbligazioni di dare, a titolo di alimenti o mantenimento,
la perdita del debitore è definitiva ed irreparabile sempre che non esistano obbligato in grado
uguale o posteriore cui addebitare l'onere relativo. Nelle obbligazioni di fare il parametro di
riferimento è quello della insostituibilità del debitore nel senso che per il creditore non è
possibile procurarsi prestazioni uguali o equipollenti se non a condizioni più onerose.
• CESSIONE DEL CREDITO ex Art. 1260 (modifica del rapporto obbligatorio): il creditore
può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore,
purchè il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato
dalla legge. = la cessione è valida in forza del mero accordo tra creditore cedente e soggetto
cessionario.
- Obbligo di notifica al debitore ceduto!!!
- Garanzie: nomen verum (Art. 1266) a titolo oneroso, non imposta ex lege nelle cessioni a
titolo gratuito = pro soluto/ nomen bonum = pro solvendo
- LEGGE 52/91:
Con tale norma si è introdotta nell’ordinamento giuridico italiano la disciplina specifica
sulle cessioni dei crediti di impresa, prima regolate dalla normativa generale sulle cessioni
dei crediti prevista dal Codice Civile (Artt. 1260-1267); tali cessioni sono lo strumento
utilizzato comunemente in Italia per realizzare le operazioni di factoring, di origine
anglosassone, ancora considerate un contratto atipico in considerazione della mancanza di
norme di legge specifiche. Il factoring consiste infatti tipicamente in un rapporto di carattere
continuativo in base al quale un’impresa effettua la cessione di una parte significativa dei
propri crediti commerciali ad un operatore specializzato, il factor, il quale presta tre servizi
fondamentali: la gestione dei crediti, la garanzia contro l’insolvenza del debitore, il
finanziamento.
La norma disciplina anche la:
•cessione di crediti futuri;
•inversione dell’onere della garanzia della solvenza del debitore ceduto;
•opponibilità della cessione al debitore ceduto;
•non contempla la "componente finanziaria" dell'operazione di trasferimento del credito.
Le norme della legge si applicano alle cessioni verso corrispettivo di soli crediti pecuniari e quando
sussistano le seguenti condizioni:
•che il cedente sia un imprenditore;
•che i crediti ceduti siano pecuniari e siano imputabili a contratti stipulati dal cedente nel
corso della sua attività imprenditoriale;
•che il cessionario sia una banca o un intermediario finanziario disciplinato dal testo unico
bancario, il cui oggetto sociale preveda l'acquisto di crediti d'impresa oppure un soggetto
costituito in forma societaria che svolge l'attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio
gruppo che non siano intermediari finanziari.
Le principali innovazioni introdotte dalla legge rispetto alla disciplina del Codice Civile sono
riconducibili principalmente alla riserva di attività per il cessionario (crediti inesistenti), alla
cessione in massa dei crediti presenti e futuri, alla garanzia della solvenza del debitore da parte del
cedente come regola ordinaria (salvo che il cessionario espressamente vi rinunci), al nuovo criterio
di opponibilità della cessione e alla disciplina fallimentare speciale.
• TITOLI DI CREDITO: Il titolo di credito è a tutti gli effetti un documento: è
materialmente costituito da un modulo prestampato che deve essere compilato (luogo e data
di emissione, importo del credito, scadenza di pagamento ecc.). Esso contiene la promessa
fatta da chi lo rilascia di effettuare una prestazione a favore del soggetto che lo riceve e lo
esibisce (cosiddetto portatore). Il documento incorpora il diritto di credito, nel senso che il
possesso materiale del documento comporta per ciò solo la titolarità del diritto di credito e
quindi il diritto del possessore a ottenere il pagamento. I titoli di credito sono strumenti
diffusi, sia presso gli imprenditori (es. pagamento dei fornitori mediante rilascio di
cambiali), sia presso i non-imprenditori (es. utilizzo di assegni)
CIRCOLAZIONE DEI TITOLI DI CREDITO
Il trasferimento di un titolo di credito è disciplinato dalla legge in modo diverso a seconda
che trattasi di titoli al portatore, all’ordine o nominativi. In ogni caso si perfeziona con la
consegna del documento che comporta la cessione dei diritti in esso incorporati. I titoli al
portatore sono trasferiti per mezzo della semplice consegna del documento, dato che il
possessore è legittimato all’esercizio del diritto mediante presentazione del titolo. Per i titoli
all’ordine, la cessione si attua, oltre che con la consegna del documento, mediante
la girata che, apposta sul titolo, contiene il nome del giratario ed è sottoscritta dal girante.
Per i titoli di credito nominativi, la cessione è valida tra le partiquale conseguenza
dell’accordo, ma avrà efficacia nei confronti dei terzi, e soprattutto nei confronti
dell’emittente, soltanto dopo l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul registro
dell’emittente, o con il rilascio di un nuovo titolo intestato al cessionario, sempre previa
annotazione sul registro citato. Colui che chiede l’intestazione del titolo a favore di un’altra
persona deve provare la propria identità e la propria capacità di disporne, mediante
certificazione di un notaio o di un agente di cambio A parte le regole esposte, i titoli di
credito possono essere trasferiti anche per mezzo di una normale cessione (v. cessione di
credito).
• PUBBLICA AMMINISTRAZIONE come debitore ceduto (ordinamento pubblicistico
prevede una serie di norme tese a limitare la libertà del creditore cedente: previo consenso,
notifica,

• CESSIONE DEL DEBITO


- Tre figure negoziali:
a) Delegazione: contratto di mandato delegante-delegato, rapporto di delegazione delegato-
delegatario + estingue il rapporto di valuta (delegante-delegatario) e di provvista (delegato
delegante. + Attiva/passiva/di debito (a sua volta liberatoria o cumulativa)/pura o titolata
b) Espromissione
c) Accollo Art 1273

• CESSIONE DEL CONTRATTO Art. 1406 cc: diverso da 'contratto per persona da
nominare' (= tra stipulante e promittente, effetto retroattivo a titolo originario e non
derivativo)
- prestazioni corrispettive
- consenso del contraente (= l'altra parte) ceduto legittimamente manifestato per porre in
essere il trasferimento
- cedente, cessionario (terzo), contraente ceduto (l'altra parte)

CONTRATTI:

1. CIRCOLAZIONE DEI BENI


✗ Vendita Art. 1470
 attribuzione traslativa / attribuzione pecuniaria
 effetti normali (senza i quali il contratto non verrebbe meno, non sono
componenti essenziali, es. Obbligazione di consegna)/ effetti accidentali (di
solito non ci sono ma potrebbero esserci: Ad esempio, Tizio acquista un abito e il
negozio si impegna a fare degli aggiustamenti di sartoria. Questa è
un’obbligazione di facere, un’obbligazione accidentale, che di solito non è
presente nella vendita, ma in questo caso è prevista perché c’è necessità di
modificare l’articolo acquistato, che deve essere adattato alle esigenze del
compratore)
 Obbligazioni venditore(Art. 1476)/compratore(Arts. 1498 e 1499)
✗ Permuta (Art. 1552) = contratto traslativo consensuale ad effetti reali come la
vendita

2. DISTRIBUZIONE DEI BENI (= riflette l'esigenza delle grandi imprese di non


disinteressarsi della commercializzazione dei propri prodotti, pur senza sopportarne i
rischi e costi: ingerenza nella sfera decisionale dei propri rivenditori ed un
coordinamento unitario della rete distributiva ha come contropartita l'offerta ai
rivenditori di più sicure possibilità di guadagno attraverso la concessione di
un'esclusività sulla rivendita in una certa zona ad esempio.) --> soggetti posti a livelli
differenti della catena produttivo - distributiva
✗ Diretta = propria organizzazione distributiva (impresa stessa assume su di se tutte le
funzioni attinenti alla messa in commercio del prodotto)
✗ Indiretta (catena di operatori giuridicamente autonomi)
✗ Coordinata (variegata gamma di contratti fra operatori formalmente indipendenti)
✗ Contratto di concessione di vendita (produzione / commercio beni):
 concedente e concessionario
 clausola di esclusiva
 contratto misto (vendita, mandato, somministrazione)
 obbligazioni
- promozione delle vendite (concessionario)
- minimi garantiti di acquisti (concessionario)
- l'obbligo di approviggionamento (concedente)
- divieto di registrare a proprio nome marchi di proprietà del fabbricante
(concessionario)
 durata (tempo determinato: no recesso ma risoluzione / tempo indeterminato:
sempre recesso ma con preavviso)
possibilità di concludere un patto di non concorrenza per regolare i rapporti a
seguito della cessione del rapporto, ad probationem
✗ Franchising : contratto atipico (Art. 1322)
 licenza + assistenza (DM n. 295 del 28/05/2001) + L. n. 129/2004
 front fee (somma fissa periodica) + royalty (canone proporzionale al volume di
affari)
 obblighi franchisor (affiliante) e franchisee (affiliato)
 ad probationem

CONTRATTI DI INTERMEDIAZIONE NELLA DISTRIBUZIONE DI BENI E


SERVIZI
✗ Contratto di agenzia (Art. 1752):
 Agente (promuove conclusione di affari con terzi in una determinata zona, in
cambio di una retribuzione (titolo oneroso), figura imprenditoriale e
autonoma nel rispetto delle direttive del preponente) e Preponente : stabilità
dell'incarico
 Il rapporto di collaborazione inizia formalmente con una lettera d'incarico
 Diritto di esclusiva (Art. 1743) : è un elemento naturale ma non essenziale,
presente a meno che le parti non stipulino espressamente diversamente tramite
una deroga al diritto di esclusiva dell'agente (In parole povere, qualora si
voglia sottoscrivere un contratto di agenzia senza esclusiva è necessaria una
espressa pattuizione in tal senso.  In caso contrario tale clausola si presume
sussistere automaticamente nel rapporto contrattuale). Qualora sia reciproco o
bilaterale, consiste da una parte nell'impegno per il produttore / fornitore di non
conferire contemporaneamente a più distributori (concessionari, franchisee,
agenti) l'incarico di trattare i propri prodotti in una determinata zona, e dall'altra
nell'impegno per il distributore di non trattare nella zona prodotti concorrenti. I
reciproci vincoli si estendono altresì alla commercializzazione diretta di prodotti
da parte del produttore / fornitore ed alla produzione di prodotti concorrenti da
parte del distributore. Esso comporta l'impegno per uno o per entrambi i
contraenti, di non concludere con terzi contratti analoghi all'interno di una
determinata zona e per un certo tempo. La zona di riferimento può coincidere con
una determinata area geografica ma può altresì essere individuata con criteri
differenti che prendano in considerazione non solo e non tanto suddivisioni di
carattere geografico, ma altresì riferimenti a canali distributivi, gruppi di clienti,
categorie di potenziali clienti e criteri misti sia geografici che riferiti alle ulteriori
suddivisioni anzidette.
 Iscrizione all'Enasarco da parte dell'azienda, dell'agente
 Retribuzione: determinata, determinabile, o determinata dal giudice qualora le
parti non si siano accordate; in forma di provvigione, somma fissa per contratto
concluso o premi assumibili a provvigioni integrative per superamento
determinato volume di affari + altri casi in cui spetta la provvigione
 A contratto concluso: indennità

✗ Contratto di mediazione (Art. 1754) = mette in relazione due parti per la


conclusione di un affare, agevolare la conclusione dell'accordo negoziale, ma no
vincolo di collaborazione, dipendenza, rappresentanza
 Perfezionamento negozio giuridico: necessario conferimento di un incarico o
facta concludentia e non primo contatto tra mediatore e soggetto.
 Tipica (no incarico espresso, no mandato, no negozio giuridico ovvero natura
non contrattuale, ma attività materiale da cui la legge fa scaturire il diritto alla
provvigione, imparzialità) / Atipica (espresso incarico, regole di mandato, tipo
contrattuale, no mera messa in contatto tra due soggetti, elemento caratterizzante:
no imparzialità, rimborso spese anche se l'affare non è concluso, rappresentanza
di una delle parti)
!!!!!Dunque: in caso di mandato (atipica), il diritto al relativo compenso sorge
non pi ex Art. 1755, nei confronti di ciascuna delle parti e solo per effetto del suo
intervento, consequenziale alla sua imparzialità, bensì a carico del solo
mandante, rispetto al quale è vincolato da obblighi ex Artt. 1709 e 1720.!!!!
✗ Contratto di mandato Art. 1703: diverso dalla procura perchè questa è un atto
unilaterale, il mandato è un contratto
 Il mandatario agisce nell'interesse del mandante, al quale si sostituisce
 Mandatario indipendente
 Il mandato può essere con rappresentanza ed allora il mandatario sarà un mero
rappresentante, nel senso che gli effetti giuridici degli atti da lui compiuti
nell’interesse del soggetto che lo ha incaricato (mandante) si trasferiranno
direttamente in capo a quest’ultimo. Il mandato può essere senza rappresentanza
(per cui il mandatario agirà in nome proprio) ed in questo caso gli effetti giuridici
degli atti compiuti si trasferiranno su chi agisce (il mandatario) che poi, a sua
volta, dovrà trasferirli al mandante che lo ha incaricato.
➔ Contratto di commissione Art. 1371 (sempre oneroso, rappresentanza
indiretta, obbligo di compiere un contratto di compravendita per conto del
committente, in nome del commissionario) + possibile clausola dello star del
credere (può essere definita come una vera e propria garanzia, con la quale un
soggetto assume in parte od integralmente il rischio del mancato pagamento
di un terzo da lui introdotto, impegnandosi a rimborsare al preponente, entro i
limiti pattuiti, la perdita da questi subita)
➔ Contratto di spedizione (obbligo di compiere un contratto di trasporto,
rappresentanza indiretta o mandato senza rappresentanza, spedizioniere) =
"un mandato col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in
nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di
compiere le operazioni accessorie" (art. 1737 cod. civ.).
Nella pratica gli spedizionieri operano per quei produttori e commercianti
all'ingrosso che spediscono merci all'estero, dispensandoli dalla fatica di
cercare un vettore; inoltre realizzano un vantaggio per i trasportatori perché,
combinando carichi di mittenti diversi, riescono a procurare loro dei viaggi a
pieno carico.

3. CONTRATTI PER L'ESECUZIONE DI OPERE O SERVIZI


✗ L'associazione in partecipazione:
 Associante (imprenditore) e Associati (lavoratori)
  che svolgono la propria attività lavorativa e vengono ricompensati con una
partecipazione agli utili dell'impresa. Diventa invece problematico nei casi in cui
l'attività sia in perdita perché in questo caso il lavoratore associato può essere
chiamato a rispondere delle passività. Se prima del riordino della disciplina dei
contratti di lavoro attuato con il D.Lgs. n. 81 del 2015 l'associato in
partecipazione poteva anche offrire quale apporto una vera e propria prestazione
lavorativa, tale facoltà è oggi preclusa tutte le volte che l'associato in
partecipazione è una persona fisica. In questo caso il contributo degli
associati può consistere in ogni altra forma di apporto all'attività di impresa,
come ad esempio la fornitura di strumentazione o di somme di denaro a titolo di
capitale.
 Ad esempio, un imprenditore alberghiero in difficoltà economiche si può
rivolgere a un investitore che in cambio della liquidità necessaria partecipa agli
utili dell'impresa. Un'altra ipotesi è quella dell'imprenditore edile che riceve i
fondi per iniziare la costruzione di un capannone industriale da un investitore che
in cambio partecipa al ricavato della futura vendita di quello specifico edificio.
✗ L'appalto Art. 1655
 Appaltante o committente e Appaltatore
 Forma libera ad eccezione degli appalti per costruzione di navi e aeromobili e
negli appalti pubblici, costruzione immobili con suolo di proprietà
dell'appaltatore,
 Oneroso
 A prestazioni corrispettive,
 Commutativo (non sussiste rischio tecnico-giuridico, ma economico in capo
all'appaltatore, e dunque contratto 'di risultato' salvo nodus minister).

✗ Il contratto d'opera Art. 2222


 Prestatore d'opera (deve procedere all'esecuzione dell'opera a 'regola d'arte') e
Committente: lavoro diretto del soggetto e non di un'intera impresa che
caratterizza il contratto di appalto, assenza di rischio economico del lavoratore,
attività non intesa come strutturale all'interno del ciclo produttivo, ma solo come
di supporto al raggiungimento degli obiettivi del committente)

✗ L'engineering: consulenza preliminare, progettazione, gestione ed organizzazione,


realizzazione dell'opera (trasferimento know-how, manutenzione)
 Committente: mette a disposizione il terreno, ottiene autorizzazione
amministrative, pagamento anticipato
 Contratto consensuale, ad effetti obbligatori, sinallagmatico

✗ Il contratto di trasporto (Art. 1668) = contratto d'autotrasporto di merci per conto


di terzi
 Vettore verso corrispettivo, il quale risponde per inadempimento e ritardo, e per
eventuali sinistri o avaria o perdita delle cose che il viaggiatore porta con se
(onere della prova)
 Semplice consenso

✗ Il contratto di deposito (Art. 1766)


 Di natura reale (si perfeziona con la consegna di una determinata cosa, che deve
essere custodita e poi restituita in natura dal depositario)
 Depositario e Depositante
 Gratutito salvo diversamente concordato dalle parti o data la qualità
professionale del depositario

✗ L'outsourcing = approviggionamento esterno o esternalizzazione


 Outsourcer o committente e Outsourcee o fornitore
 Contratto ATIPICO (assenza di schema contrattuale regolamentato dalla legge),
MISTO o complesso (disciplina giuridica da applicare (?)) = teoria
dell'assorbimento (disciplina la cui funzione è prevalente): contratto d'opera, la
vendita, la somministrazione e il contratto di appalto di servizi con prestazioni
continuative (disciplina dell'appalto privato)
si definisce ramo d’azienda ogni “articolazione funzionalmente
autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale
dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.
 Il trasferimento del ramo d’azienda è soggetto alla medesima disciplina prevista
per il trasferimento d’azienda, che prevede in primo luogo la continuazione in
capo al cessionario dei rapporti di lavoro dei lavoratori che erano occupati presso
il cedente, con conservazione di tutti i diritti che ne derivano. L’unica differenza
consiste nell’oggetto della cessione: nel caso del trasferimento di ramo, infatti,
non si tratta dell’impresa nel suo complesso, ma solo di una parte di essa,
connotata da un’autonomia funzionale che le consenta di collocarsi sul mercato
come un indipendente centro di profitto.

✗ Contratto di fornitura di servizi di logistica integrata (molteplicità di servizi e


prestazioni)
 non riguarda certo solo la custodia dei prodotti affidatigli, ma anche una serie di
attività complementari quali la gestione dei flussi di merci con l’ausilio di sistemi
informatici, le attività di controllo qualitativo e quantitativo dei prodotti, lo
svolgimento di attività amministrative legate alla gestione del magazzino, nonché
la distribuzione delle merci + prganizzazione dei mezzi a proprio carico
 = un soggetto, detto fornitore di servizi logistici, si assume la gestione di una o
più fasi delle attività di deposito, movimentazione, manipolazione e
trasferimento di prodotti di un altro soggetto, detto committente, con
organizzazione dei mezzi a proprio carico, e si obbliga quindi alla prestazione dei
servizi funzionali allo svolgimento di tali attività
 come somministrazione e appalto, DECENTRAMENTO
ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA + TERZI SPECIALISTI CHE
GARANTISCANO COSTI CONTENUTI E MAGGIORE QUALITà
✗ Contratto di subfornitura (legge 18 giugno 1998 n.12)
 Fornitura dall'impresa committente – produzione/lavorazione prodotti [Questo
tipo di contratto è stipulato tra un'impresa (committente) e un'altra impresa, di
dimensioni minori(subfornitore).
Il committente (ad es. una casa automobilistica) invece di provvedere in proprio
a tutte le fasi di produzione, si avvale di altre imprese per la produzione di parti
del prodotto finale(ad es. la parte elettrica dell'autovettura) impartendo istruzioni
ed anche fornendo materiali al fornitore.]
 Non è un subcontratto = Il subcontratto si ha quando un soggetto, dopo aver
stipulato un contratto con un soggetto, ne stipula un altro con un'altra parte e tale
secondo accordo dipende dal primo.
  il Consiglio di Stato ha delineato le differenze delle due fattispecie contrattuali,
evidenziando come “con il subappalto, l’appaltatore trasferisce a terzi
l’esecuzione direttamente a favore della Stazione appaltante di una parte delle
prestazioni negoziali, configurando così un vero e proprio contratto”. Al
contrario, il contratto di subfornitura è qualificabile come “una prestazione non
paritetica di cooperazione imprenditoriale nella quale in ruolo del subfornitore si
palesa solo sul piano interno del rapporto commerciale e di mercato tra le due
imprese”.
 IN FORMA SCRITTA A PENA DI NULLITA (Ad substantiam espressamente
previsto dalla legge)
 In caso di nullità, il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle
prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai
fini dell'esecuzione del contratto (art.2)
 La legge cerca di limitare la dipendenza economica del subfornitore prevedendo
una serie di regole da rispettare. Art. 9 :
rifiuto di vendere o rifiuto di comprare dal subfornitore
imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie
interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto

4. ULTERIORI CONTRATTI: I TERZI

✗ Sponsorizzazione
 Sponsorizzato o sponsee e sponsor
 ATIPICO (Art. 1322) a titolo oneroso ed a prestazione corrispettive, causa:
utilizzazione a fini pubblicitari del nome o immagine altrui in cambio di denaro o
fornitura di materiale
 Tecnica di comunicazione aziendale facente parte del cosiddetto 'marketing-mix'
 Effetto di ritorno
 Diverse forme di sponsorizzazione
 Responsabilità (obbligazione di mezzi e non di risultato in capo allo sponsee, ma
osservanza principi di correttezza e buona fede ex artt. 1775 e 1375, danni
causati a terzi)

✗ Merchandising (D.Lgs. n. 480 1992) = licenza/ autorizzazione all'utilizzo


temporaneo di un bene a fronte di un pagamento
 ATIPICO
 Licenziante (diritto di esclusiva) e Licenziatario
 = Il titolare di un segno distintivo (merchandisor o licenziante) cede ad un altro
imprenditore (merchandisee o licenziatario) il diritto alla sua utilizzazione per
contrassegnare prodotti o caratterizzare servizi in un settore diverso rispetto a
quello in cui il segno ha assunto notorietà al fine di trarne un tornaconto
economico. Tale tornaconto è generalmente realizzato tramite la previsione di
una percentuale sui guadagni del licenziatario (royalty) ovvero con la previsione
di un compenso minimo garantito per il titolare ovvero con la possibilità per
quest’ultimo di acquistare i prodotti commercializzati dal licenziatario ad un
prezzo vantaggioso
 !! Marchi d’impresa che hanno una carica simbolica e suggestiva tale da suscitare
nel pubblico un immediato riferimento al produttore e alla sua linea di prodotti
 [Il franchising è un contratto che ha incontrato un enorme successo nella pratica
commerciale per la distribuzione di prodotti e servizi. Tale strategia di
distribuzione consente al produttore (c.d. franchisor) di imporre la propria
politica di marketing agli affiliati, anziché limitarsi a vendere i propri prodotti a
rivenditori che adottano proprie politiche di vendita. Dal loro canto, i rivenditori
(c.d. franchisee), si avvarranno dei segni distintivi e del know
how del franchisor]
 Il contratto può anche prevedere: compensi minimi al licenziante come tutela per
eventuali fatturati insoddisfacenti, condizioni vantaggiose di fornitura per il
licenziante, esercitazione di una serie di forme di controllo da parte del
licenziante
✗ Contratti di pubblicità (si definisce «di concessione pubblicitaria» il contratto con
il quale un'impresa di mezzi (concedente) affida in concessione ad un'impresa
specializzata (concessionario), l'acquisizione e la gestione della pubblicità da
diffondere attraverso il veicolo del concedente)
 I contratti di pubblicità non sono specificatamente regolati dalla legge, tranne in
qualche raro caso. A tali contratti sarà applicabile comunque la disciplina
generale del Codice Civile. Punto di riferimento nel settore è inoltre il "codice di
autodisciplina pubblicitaria", emanazione della maggior parte delle imprese
pubblicitarie e mezzi di diffusione. Il contratto più comune  è il contratto di
diffusione pubblicitaria, cioè l'accordo con cui l'impresa che gestisce un mezzo di
comunicazione si impegna, dietro corrispettivo, a divulgare i messaggi
dell'impresa committente (o inserzionista). Solitamente, l'impresa che gestisce il
mezzo si avvale di una concessionaria di pubblicità, cioè un impresa organizzata
per l'acquisizione degli ordini della pubblicità da diffondere sul mezzo di
comunicazione

....

 CONTRATTI PER IL GODIMENTO DI BENI

✗ Locazione
 Locatore/Locatario o conduttore
 A 'effetti obbligatori' e non 'reale', poichè da esso non deriva l'acquisizione in
capo al destinatario di alcun diritto reale sul bene, bensì semplicemente il diritto
di godere e di usarlo per un tempo determinato
........

 CONTRATTI DI FINANZIAMENTO
• Fonti di finanziamento (capitale proprio): per il fabbisogno durevole
(immobilizzazioni)/ Altre fonti (passività correnti): fabbisogno di breve
periodo
• Endofinanziamento (ricavi)/prestito (finanziamento da terzi)

✗ Mutuo (Art. 1813)


 Mutuante/Mutuatario
 Contratto Reale e Tipico
 Per le imprese: finanziamenti a medio/lungo termine (10-15 anni)
 A prestazioni corrispettive (gli interessi come controprestazione):
convenzionali / moratori in forma di liquidazione operata ex lege del
danno presuntivo che l'inadempimento ha prodotto al creditore
(ritardo del debitore)
 Art. 1820 : risoluzione del contratto in caso in cui il mutuatario non
adempia l'obbligo del pagamento degli interessi (debito di valuta sulla
base del principio nominalistico)
 Art. 1815 e L. Marzo 1996 n.108: disposizioni contro l'usura (no sono
dovuti interessi, deroga al principio generale), più precisamente
illiceità del contratto se ricorrano l'esorbitanza degli interessi
convenuti, lo stato di bisogno del mutuatario e l'approfittamento di
tale stato da parte del mutuante
 Ipotecario (classico), stagionale (ricavi concentrati in un periodo
dell'anno), Di ricapitalizzazione aziendale, edilizi e SAL
(ristrutturazioni o costruzioni di immobili, erogato in diverse tranche
in base allo stato di avanzamento dei lavori), chirografi (a grandi
gruppi non assistiti da alcuna garanzia).
 Tasso fisso/variabile
 Con l’ammortamento all’italiana:
•Versi sempre la stessa quota capitale;
•Gli interessi variano di volta in volta: all’inizio saranno molto alti,
perché ti trovi a pagare interessi su tutta la quota di capitale che devi
ancora restituire; alla fine del mutuo invece sono più bassi, perché il
capitale residuo è basso.
Dal momento in cui la quota di capitale non cambia ma la quota di interessi
sì, ogni rata avrà un importo diverso. Le rate saranno più alte all’inizio del
mutuo e più basse verso la fine.
Con l’ammortamento alla francese, invece: (Il piano di
ammortamento alla francese è uno dei modi in cui possono essere
calcolate le rate di un prestito personale o di un mutuo. In particolare,
si distingue per avere delle rate sempre costanti: ogni mese ci
ritroveremo a versare sempre la stessa somma, anche se la quota di
interessi e la quota di capitale cambieranno nel tempo. )
•Le rate sono sempre uguali;
•Ogni rata è composta da una quota diversa di capitale e interessi.
All’inizio del mutuo la quota di interessi sarà più alta, mentre verso la
fine del mutuo pagherai quasi soltanto la quota capitale.
Alla fine del mutuo, il totale che abbiamo versato non cambia. Cambia
soltanto il modo in cui lo abbiamo versato nel corso del tempo.
 Accollo del mutuo: L'accollo è una tipologia di contratto disciplinato
dall'art. 1273 del Codice Civile e rientra nei casi di quella che viene
definita successione a titolo particolare nel debito. una persona,
detta accollante, si obbliga nei confronti della banca, ovvero
l'accollatario, al pagamento delle rate restanti di un mutuo acceso dal
debitore precedente, che prende il nome di accollato.
Si parla di accollo cumulativo quando il debitore originario resta
vincolato al contratto fino all’estinzione del mutuo. In questo caso, la
banca sceglie di non liberare il vecchio debitore, ad esempio perché
ritiene che l’accollante non possiede le garanzie necessarie per farsi
carico del rimborso. È la soluzione più rischiosa per l'accollato, che in
caso di insolvenza dell’acquirente, dovrebbe farsi carico nuovamente
del mutuo. Al contrario, l'accollo liberatorio del mutuo permette di
svincolare il debitore originario da qualsiasi vincolo. La banca,
dunque, firma una esplicita liberatoria, con cui dichiara di accettare
d’ora in avanti l’accollante come unico debitore. Si tratta di un
documento importante per l’accollato, solo così infatti si assicura di
non avere problemi futuri con la banca in caso di inadempimento
dell’accollante.

✗ Leasing (Art. 1523) = vendita con riserva di proprietà


 = La principale differenza tra acquisto con mutuo fondiario o
con leasing immobiliare è data dal fatto che nel primo caso
l'impresa acquista subito la proprietà dell'immobile. Con
il leasing si paga un canone per avere la disponibilità
dell'immobile che rimane di proprietà di terzi sino al pagamento
del riscatto.
 È un contratto appartenente alla categoria dei “nuovi contratti” e
risulta dalla combinazione degli schemi della vendita con patto
di riservato dominio ( ex art. 1523 c.c.) e del contratto di
locazione di cui all’art. 1571 del Codice Civile
 Operativo / Finanziario
 Un soggetto chiamato locatore o concedente, concede a un altro
soggetto chiamato utilizzatore, il diritto di utilizzare un
determinato bene dietro il pagamento di un canone periodico.
Alla scadenza del contratto è prevista per l’utilizzatore la facoltà
di acquistare il bene stesso, previo l’esercizio dell’opzione di
acquisto, comunemente chiamato riscatto, con il pagamento di
un prezzo che nel linguaggio comune prende il nome di prezzo
di riscatto.
 Noleggio vs leasing: La prima differenza e la più importante sta
nella natura del contratto: nel caso delle auto a noleggio a lungo
termine per privati, la società di noleggio e il privato si
accordano per la locazione di un’auto per un preciso periodo di
tempo. Nel leasing, invece, le parti fanno un’operazione di
finanziamento: la società di leasing cede l’auto al privato dietro
il pagamento di un canone mensile e, al termine del periodo di
leasing, il cliente può riscattare la proprietà del veicolo pagando
una rata finale oppure restituire l’auto e iniziare un nuovo
contratto di leasing. In pratica, nel leasing anziché acquistare
subito l’auto si decide di pagarla un po’ alla volta, suddividendo
il costo d’acquisto in una rata iniziale, dei canoni mensili e una
rata finale. Mentre nel leasing si diventa proprietari del veicolo
solo quando si versa la rata prevista per il riscatto, nel caso del
noleggio la proprietà dell’auto rimane sempre alla società di
noleggio. La differenza tra i due contratti è sottolineata anche dal
fatto che per legge le società di leasing sono intermediari
finanziari che per operare devono ottenere l’autorizzazione dalla
Banca d’Italia, mentre le società di noleggio svolgono un’attività
di tipo non finanziario
 Lease back (atipico) =  il proprietario di un bene cede detto bene
ad una società di leasing e quest’ultima, a sua volta, versato il
prezzo di vendita pattuito, lo concede in leasing all’originario
proprietario, dietro corrispettivo di un canone periodico pattuito
e con facoltà dell’alienante/utilizzatore di riscattare il bene alla
scadenza del leasing. Si  distingue dallo schema di leasing
tradizionale, poiché, diversamente da quest’ultimo, l’obiettivo
dell’utilizzatore non è quello di godere di un bene estraneo alla
sua sfera di disponibilità, ma di continuare a godere di un bene di
cui è già proprietario e che, per esigenze organizzative e di
liquidità, preferisce prendere in locazione.

2. DIRITTO SOCIETARIO (Libro V del lavoro, Titolo V)


2.1. LA SOCIETA
 Contratto: Art. 2247 = esercizio in comune di un'attività economica, allo scopo di
dividerne gli utili (contratti associativi e con comunione di scopo)
 Conferimenti dei soci (capitale di rischio iniziale)
 Oggetto sociale (attività svolta dai soci)/ Ragione e denominazione sociale
 Le scritture contabili obbligatorie per gli imprenditori, sono:
•il libro giornale, nel quale vengono registrati giorno per giorno e in modo analitico tutti i
movimenti contabili riguardanti l'esercizio dell'impresa,
•il libro degli inventari, che evidenzia la situazione patrimoniale dell'impresa anno dopo anno,
•il fascicolo della corrispondenza commerciale (lettere, fatture, telegrammi),
•le altre scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa (come il libro
mastro tipologico e non cronologico, il libro cassa, il libro magazzino, il libro fidi ecc.).

 TIPI:
➔ DI PERSONE: Prevale elemento soggettivo su quello capitale, no personalità
giuridica (= separazione patrimoniale del socio e società)
SOCIETA SEMPLICE

Cos’è
La società semplice (S.s.) costituisce la forma più elementare di società di persone. La caratteristica
fondamentale è data dal fatto che essa può avere ad oggetto esclusivamente l'esercizio di un’attività
economica non commerciale e, quindi, prevalentemente l'esercizio di attività agricola. L’atto
costitutivo non è soggetto a formalità particolari, ma è richiesta almeno la forma scritta a seconda
dei beni conferiti nella società. La società deve essere iscritta al Registro delle Imprese. Non è
prevista l’esistenza di un capitale minimo.  

Caratteristiche
La società semplice è caratterizzata dalla responsabilità personale illimitata e solidale di tutti i soci
per le obbligazioni sociali. Con apposito patto può essere esclusa la responsabilità personale dei
soci che non  hanno agito in nome della società, ma il patto deve essere portato a conoscenza dei
terzi, altrimenti questa limitazione di responsabilità di fatto non si realizza. Qualora il pagamento
del debito della società sia stato richiesto direttamente al socio, quest’ultimo potrà richiedere al
creditore che venga preventivamente escusso il patrimonio sociale, indicando al medesimo i beni
della società sui cui potersi agevolmente soddisfare (c.d. beneficio di preventiva escussione del
patrimonio sociale).
La società semplice non è soggetta al fallimento.
Nella società semplice la legge non prevede l’assemblea dei soci; per modificare l’atto costitutivo, il
contratto di società, i patti della società, è necessario il consenso di tutti i soci, salvo diversa
previsione dell’atto costitutivo stesso.

Amministrazione e rappresentanza
L’amministrazione e la rappresentanza della società spettano generalmente a ciascun socio
disgiuntamente dagli altri. Sono ammessi tuttavia patti contrari e i soci, in sede di costituzione della
società, possono decidere di scegliere un sistema di amministrazione congiunta sia per l’attività
ordinaria che per la straordinaria, oppure disgiunta solo per l’ordinaria e congiunta per la
straordinaria. E’ anche possibile riservare l’amministrazione soltanto ad alcuni dei soci.

Scioglimento
La società si scioglie per il decorso del termine di durata, per il conseguimento dell'oggetto sociale
o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, per la volontà di tutti i soci, quando viene a
mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei  mesi questa non è ricostituita, e per le altre cause
previste dal contratto sociale.
In caso di scioglimento può essere nominato un liquidatore che provvede a riscuotere i crediti
residui, pagare i debiti residui, liquidare la società ripartendo il patrimonio residuo fra i soci e, al
termine della liquidazione, chiedere la cancellazione dal registro delle imprese.
La fase di liquidazione può essere evitata qualora, al verificarsi della causa di scioglimento, non
esistano debiti sociali ed i soci decidano di ripartirsi direttamente l'eventuale patrimonio sociale
residuo in proporzione alle rispettive quote, anche mediante assegnazioni dei beni residui. In tale
caso si potrà cancellare la società dal Registro delle Imprese contestualmente alla decisione dei soci
relativa allo scioglimento della società.

SOCIETA IN NOME COLLETTIVO


SOCIETA IN ACCOMANDITA SEMPLICE

➔ DI CAPITALI
SOCIETA PER AZIONI
 La borsa valori (in inglese: stock exchange) è un mercato
finanziario regolamentato dove vengono scambiati valori
mobiliari (ovvero le security) e valute estere. Siccome è un mercato
mobiliare regolamentato, si dice che è un mercato pubblico (public
market). Siccome in più viene usata per permettere la compravendita in
un mercato regolamentato (e non over the counter OTC) di azioni,
obbligazioni e derivati, cioè i tre tipi di security, le compravendite in
borsa si possono pensare come il "mercato pubblico delle security"
(public securities market). Infine, siccome le azioni permettono a
un'azienda di finanziarsi tramite equity (invece che tramite debito, ovvero
con prestiti in banca e l'emissione di obbligazioni), la borsa è dunque
anche il "mercato pubblico dell'equity" (public equity market), in
contrapposizione alla private equity, che può anche essere gestita da
fondi/società apposite o dagli angel investor.
La borsa è un mercato secondario, essendovi trattati strumenti
finanziari che sono già stati emessi e quindi già in circolazione quando
la società non era ancora quotata (quoted/listed on a stock exchange);
essi sono stati comprati nell'ambito della private equity. La borsa è poi
un mercato regolamentato e ufficiale, poiché vi sono disciplinate in
modo specifico tutte le operazioni di negoziazione e loro modalità, gli
operatori, le tipologie contrattuali ammesse etc.

Un amministratore di società, nel diritto italiano, è colui il quale in una società ha


funzioni di dirigenza ed organizzazione, rendendosi responsabile delle proprie scelte
verso la società od organizzazione.
Si parla di amministratore unico quando un solo soggetto ricopre tale incarico. Si
parla di consiglio di amministrazione, nelle società di persone si parla di socio o soci
amministratori, nelle società di capitali e nelle società cooperative, quando ricorre
tale organo.
Nel caso di consiglio di amministrazione di solito si nominano un presidente ed un
vicepresidente, che abbiano la rappresentanza legale verso l'esterno della società,
cioè, come comunemente si dice, la firma sociale, cioè la facoltà di rappresentare la
società verso i terzi, impegnando legalmente la società, dando seguito a quanto
deciso dal consiglio di amministrazione.
Spesso, nell'ambito di un consiglio di amministrazione, si nominano uno o più
amministratori delegati, che assumono per conto del consiglio tutte le decisioni in un
determinato ambito fissato dall'atto di nomina, fermo restando che l'amministratore
delegato è responsabile dei propri atti e delle proprie scelte verso il consiglio di
amministrazione, il quale è responsabile verso i soci. Nell'ambito del consiglio di
amministrazione è amministratore della società ciascuno dei componenti, definiti
consiglieri di amministrazione.

SOCIETA A RESPONSABILITA LIMITATA

Cos’è
La società a responsabilità limitata (S.r.l.) è certamente una delle forme più ricorrenti per svolgere
attività d’impresa. Tradizionalmente destinata ad imprese di dimensioni più ridotte rispetto alla
società per azioni, sta cominciando ad essere utilizzata anche per imprese di notevoli dimensioni, in
quanto caratterizzata da maggiore duttilità organizzativa.
E’ dotata di un’autonomia patrimoniale perfetta e i soci non sono responsabili personalmente per le
obbligazioni sociali, anche se hanno agito in nome e per conto della società.
Proprio per sfruttare al meglio la flessibilità che caratterizza le srl e dunque per consentire ai soci di
modellare la società per il perseguimento dei propri specifici obiettivi, diventa fondamentale
predisporre correttamente l’atto costitutivo e lo statuto. L’atto costitutivo deve essere fatto per atto
pubblico dal notaio che provvede al deposito presso il Registro delle imprese: solo a seguito
dell’iscrizione presso il competente Registro delle imprese la società a responsabilità limitata può
dirsi effettivamente venuta ad esistenza. 
L’accresciuta flessibilità del modello s.r.l. rende particolarmente utile la consulenza del notaio che
può individuare e suggerire le soluzioni amministrative più idonee alle specifiche esigenze dei soci.
Per esempio intervenendo nella stesura delle “norme di funzionamento” (il cosiddetto statuto), che
regolamentano i rapporti in modo assai più stabile e giuridicamente più vincolante degli accordi
separati, i cosiddetti patti parasociali, sia tra i soci attuali sia per coloro che in futuro entreranno a
far parte della società.
Il capitale sociale della società a responsabilità limitata può essere anche inferiore ad Euro
10.000,00. 
1.Nelle s.r.l. con capitale pari o superiore a Euro 10.000 euro, alla sottoscrizione dell’atto costitutivo

deve essere versato almeno il 25% dei conferimenti in denaro (il resto del capitale potrà essere

versato successivamente) e l’intero ammontare di quelli in natura.

2.Quando l’ammontare del capitale viene, invece, determinato in misura inferiore ad Euro 10.000,

ma pari almeno ad 1 euro, i conferimenti possono farsi esclusivamente in denaro e devono essere

interamente versati all’atto della sottoscrizione.

Nel caso di costituzione con capitale inferiore a Euro 10.000,00 la società ha l’obbligo di
accantonare una somma, da destinare a riserva, da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio pari
almeno ad un quinto degli stessi, obbligo che permane sino a che riserva e capitale non abbiano
raggiunto l’ammontare di Euro 10.000,00. La riserva può essere utilizzata solo per imputazione a
capitale e per copertura di eventuali perdite con obbligo di sua reintegrazione laddove essa sia
diminuita. I mezzi di pagamento devono essere indicati nell’atto.
Come per le società per azioni, nel caso in cui la società nasca con un unico socio deve essere
versato l’intero importo del capitale sociale.

Amministrazione
Estrema flessibilità ha pure la disciplina dell’amministrazione: si potrà avere un amministratore
unico od un consiglio di amministrazione, ma ora anche forme di amministrazione congiuntiva (ove
gli amministratori debbono operare, per l’appunto, congiuntamente) o disgiuntiva (ove ogni
amministratore può operare da solo) o forme di amministrazione mista congiuntiva per taluni atti
e/o categorie di atti e disgiuntiva per il resto (sullo schema delle società di persone).
Uno strumento molto utile è quello dei cosiddetti diritti particolari con il quale è possibile attribuire
ai singoli soci particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società e la distribuzione degli
utili. Anche in questo caso l’intervento del notaio di fiducia può essere molto utile al fine di
disegnare al meglio la struttura organizzativa della società.
Tranne che per alcune deliberazioni di particolare importanza, non è più obbligatoria neppure
l’assemblea: le “norme di funzionamento” (il cosiddetto statuto) possono prevedere metodi
alternativi di formazione per le decisioni dei soci , come la consultazione o il consenso resi per
iscritto (lo stesso documento che circola tra i vari soci che lo sottoscrivono).
Infine la società a responsabilità limitata può emettere titoli di debito simili alle obbligazioni ma
che, a differenza di questi ultimi, possono essere inizialmente sottoscritti solo da investitori
professionali.

Organo di controllo
Nelle società a responsabilità limitate l’esistenza di un organo di controllo è necessaria solo al
ricorrere di alcune circostanze previste dalla legge. Può essere costituito da un collegio
sindacale ovvero da un sindaco unico. In tali casi, se l'atto costitutivo non dispone diversamente, le
funzioni di controllo contabile spettano all’organo di controllo. Sulle ipotesi in cui sia obbligatoria
la nomina dell'organo esterno di revisione contabile, oltre che del collegio sindacale, è opportuno
richiedere il consiglio del proprio notaio.
Scioglimento
La società si scioglie con una delibera di assemblea verbalizzata dal notaio. Occorre nominare un
liquidatore (in genere un ex amministratore della stessa) che si occupi della chiusura dei debiti, dei
crediti, e di tutte le partite contabili in sospeso. Il liquidatore richiederà poi direttamente la
cancellazione della società dal Registro delle Imprese (senza alcun ulteriore atto).

SOCIETA IN ACCOMANDITA PER AZIONI

DIRITTO PENALE COMMERCIALE:

• MARKET ABUSE: manipolazione dei mercati finanziari. = L’insider trading è un reato


relativamente recente all’interno dell’ordinamento italiano, consistente nell’abuso di
informazioni privilegiate, ovvero di notizie che ancora non sono state rese pubbliche, e nel
conseguente sfruttamento di queste informazioni per poter ottenere dei profitti, nella
consapevolezza di sapere in che modo la pubblicazione di tali notizie potrà modificare il
mercato.  Utilizzare tali informazioni per poter vendere o comprare i titoli (a seconda della
“direzione” che potrebbero avere le azioni dinanzi a una notizia positiva o
negativa), ottenendo un profitto dal vostro vantaggio, può configurare l’ipotesi insider
trading. INFO PRICE SENSITIVE
- Obbligo di sanzioni penali, facoltà di sanzioni amministrative (Direttiva 2003/6/CE)
- Intervento ESMA
- Manipolazioni di mercato: Artt. 185 e 187 TUF + Art. 2637 (Aggiottaggio) c.c.

• REATI TRIBUTARI (Decreto 74/2000)


a) In materia di dichiarazione fiscale
 Potere sanzionatorio penale: 'effettivamente' lesive dell'interesse fiscale o erariale
Depenalizzazione (autorità amministrativa): ipotesi di violazioni formali (es. Omessa
fatturazione, registrazione di corrispettivi, omesso versamento di ritenute..)
 In materia di imposte sui redditi e I.V.A. lo stesso fatto storico può produrre illecito
penale e illecito tributario, con accertamenti contestuali da parte di giurisdizioni non
omogenee con differenti conclusioni:
 In sede amministrativa: procedimento di acc.to e giudizio tributario: scopo di
controllare l’adempimento spontaneo del contribuente rispetto ad una serie di
obblighi e di esercitare la funzione di accertamento dei tributi, di riscossione e di
irrogazione delle sanzioni amministrative.
 In sede penale: procedimento penale diretto a accertare un fatto reato-
responsabilità-applicazione della pena La pregiudiziale tributaria era un istituto in
base al quale l'azione penale per i reati previsti in materia di imposte dirette, il cui
accertamento richiedeva la quantificazione dell'evasione attraverso l'applicazione di
norma tributarie, non poteva avere corso finche´ non fosse definito il
giudizio tributario. (precedente alla riforma dei reati tributari). 74\2000 pone la
regola – detta del “doppio binario” – per cui il procedimento di accertamento ed il
processo tributario non si sospendono per la pendenza del processo penale sui
medesimi fatti. ... Non esiste, quindi, alcun rapporto di pregiudizialità fra il processo
penale e quello tributario.
hanno definitivamente separato i due sistemi processuali, aderendo al cd. “doppio
binario” e superando la previgente pregiudiziale tributaria che subordinava, invece,
l’esercizio dell’azione penale alla conclusione del procedimento amministrativo di
accertamento e dell’eventuale giudicato formatosi nel processo tributario. È il
principio del doppio binario: ove vi sia contemporanea pendenza dei due
procedimenti non deve essere sospeso né l’uno né l’altro in quanto non esiste
rapporto di pregiudizialità.
 separazione dei processi : autonomia di determinazione di entrambi i giudici -
considerazione di quanto vagliato e dedotto dall’altro giudice e quanto compiuto
dall’Amministrazione finanziaria.
 No separazione assoluta ma temperata attraverso la circolazione del materiale
probatorio;
 Possibilità di pervenire a esiti di giudizio difformi Peculiarità dell’ordinamento
italiano e in parte di quello britannico
➔ Le sanzioni penali in ambito tributario possono scaturire sia da comportamenti
illeciti, ma anche, nella maggior parte dei casi, dal superamento di determinate
soglie di imposta evasa. Si tratta di soglie che si determinano a seguito
di errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi, o a seguito di mancati
pagamenti delle imposte. In ambito tributario le sanzioni penali scattano
esclusivamente al verificarsi di alcuni eventi commessi dal contribuente, i c.d.
“illeciti“. Essi possono consistere nell’emissione di fatture false, per costi
inesistenti al fine di fruire di agevolazioni di imposta o per abbattere il reddito
imponibile Irpef, Ires, o Iva. Oppure, ancora l’omesso versamento di imposte sui
redditi, Iva o ritenute fiscali, oppure ancora, nel caso in cui ci sia aperto un
procedimento penale. La legge stabilisce quando un illecito è punibile con
una sanzione amministrativa (la cui sanzione è la c.d. “ammenda“) o penale (ove
la sanzione irrogata può essere la multa o la reclusione). Le sanzioni si aggravano
tanto più diventa importante la soglia quantitativa dell’importo evaso.
➔ Per le società rispondono dei reati tributari i rappresentanti legali (amministratori
delegati, presidenti del CDA, etc) e coloro che sono muniti di specifiche deleghe
per l’espletamento delle loro mansioni (institori). Inutile dire che in sede di
accertamento si va ad indagare su chi sia il titolare effettivo della società e se vi
siano eventuali presta nomi o teste di legno. Per le ditte individuali e le persone
fisiche risponde direttamente il soggetto che ha commesso l’illecito. Appare
opportuno, comunque, sottolineare che la sanzione è sempre di natura personale.
Non è possibile che un soggetto diverso da quello che ha commesso l’illecito
possa rispondere della sanzione.

➔ Necessaria sussistenza del dolo specifico di evasione fiscale + superamento


soglie di punibilità, ad esclusione del reato di cui all'art. 2 (dichiarazione
fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)
➔ Reato a formazione progressiva
➔ Le principali fattispecie di sanzioni penali in ambito tributario:
 Reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni
inesistenti :
Si tratta del reato descritto dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000. La fattispecie di
reato si commette quando un soggetto, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sull’IVA, si avvale di fatture per operazioni inesistenti. Classico esempio si ha
nelle frodi carosello. In pratica quando si utilizzano fatture inesistenti per abbattere
l’imposta (IVA) dovuta nella dichiarazione annuale (o infrannuale) siamo all’interno
di questo reato tributario.
La sanzione per il reato di dichiarazione fraudolenta per l’utilizzo di fatture per
operazioni inesistenti prevede la reclusione da un minimo di 4 ad un massimo di 8
anni, se l’imposta evasa supera i 100.000 euro. Se l’imposta evasa è inferiore a tale
soglia, la pena va da un minimo di 1 anno e mezzo a 6 anni. Non sono previste soglie
minime di punibilità, potendo integrare reato anche l’evasione di un solo euro.
 Reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di artifizi in contabilità . Si
tratta del reato descritto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 74/2000. Questa fattispecie si
commette al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’Iva andando ad alterare le
scritture contabili obbligatorie (libro giornale, inventari, registri Iva, etc). Allo stesso
modo il reato si consuma quando il contribuente riduce deliberatamente
ricavi o aumenta artificiosamente i costi. Il tutto avvalendosi di mezzi fraudolenti ed
idonei ad ostacolare l’accertamento tributario da parte degli organi di verifica.
Il classico esempio di questo tipo di illecito è la registrazione in contabilità di un costo mai
sostenuto, senza peraltro avere alcuna fattura di acquisto. Oppure, il caso di una omissione dalla
registrazione in contabilità una fattura di vendita regolarmente emessa.
Per la fattispecie di dichiarazione fraudolente mediante utilizzo di artifizi in contabilità è prevista la
pena detentiva da un minimo di 3 ad un massimo di 8 anni. Per l’applicazione del reato c’è bisogno
del superamento congiunto di 2 soglie di punibilità: 
– Evasione di imposta di 30.000,00 euro per ogni singola imposta (Ires/Irpef o Iva);
– L’ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione, è superiore al
5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. O comunque,
è superiore a 1,5 milioni di euro.
 Infedele dichiarazione Art. 4: Il reato di infedele dichiarazione dei redditi prevede
una pena che va da 2 a 4 anni e mezzo di reclusione. Il reato tributario di
dichiarazione infedele si verifica al superamento congiunto di due soglie di
punibilità:
– Evasione d’imposta di 100.000,00 euro per ogni singola imposta (anziché 150.000
euro), quindi ad esempio IRES/IRPEF o IVA;
– Elementi attivi sottratti all’imposizione (ricavi o costi) di
almeno 3.000.000,00 euro. Tuttavia, se gli elementi fittizi indicati in dichiarazione
(ricavi omessi o costi falsi) supera il 10% dell’ammontare complessivo degli
elementi attivi indicati in dichiarazione il reato è consumato anche se gli elementi
sottratti ad imposizione sono inferiori a 3.000.000,00 euro.
 Omessa dichiarazione: Il reato di omessa dichiarazione dei redditi o di omessa
dichiarazione Iva punito con la reclusione da 2 a 5 anni. La soglia minima per
l’emersione del reato è di 50.000,00 euro per ogni singola dichiarazione omessa.

➔ Onere della prova spetta all'accusa

b) In materia di documenti e pagamento di imposte

DIRITTO TRIBUTARIO DELLE SOCIETA:

• Tributi = prestazioni patrimoniali coattive, entrata acquisita iure imperii (obbligatorietà


imposta con un atto dell'autorità).
• L'introduzione di un nuovo tributo non potrebbe avvenire se non in base ad una legge che ne
individui il presupposto, il soggetto passivo, la base imponibile, il metodo di calcolo
dell'imposta, le sanzioni. 
• Tassa (specifico servizio) Imposta (capacità contributiva, no rapporto di prestazione e
controprestazione, no richiesta del contribuente) Contributo
• STATUTO DEL CONTRIBUENTE (diritti del cittadino come trasparenza, compensazione,
tutela buona fede, diritto di interpello, verifiche fiscali e doveri del legislatore come
interpretazione soggetta a maggiori vincoli, irretroattività delle norme fiscali e no riserva di
legge)
• IMPOSTE DIRETTE (Ricchezza prodotta) e INDIRETTE (Ricchezza spesa)
• IRES (diretta, proporzionalità, personalità, globalità) – reddito di esercizio (componenti
positivi e negativi)
✗ Soggetti passivi
✗ Soggetti esenti: Comuni, province, regioni, enti locali
• Componenti straordinari del reddito: Minusvalenze e plusvalenze sono componenti di
reddito che si possono manifestare solamente in caso di vendita di immobilizzazioni , cioè di
quei beni che normalmente rimangono per lungo tempo all'interno dell'impresa e,
generalmente, non sono destinati alla vendita. Le minusvalenze sono date dal minor valore
realizzato rispetto al valore contabile del bene, Le plusvalenze sono date dal maggior valore
realizzato rispetto al valore contabile del bene.
 costi e ricavi che non hanno carattere ricorrente e non sono generati dalla normale attività
svolta dall’impresa.
Le  sopravvenienze attive sono nuove attività che si aggiungono alle precedenti o nuovi
ricavi che sorgono con riferimento ad operazioni estranee alla normale gestione
dell’impresa e che si manifestano in modo accidentale ed imprevisto. Ad esempio, la
riscossione di un credito precedentemente stralciato dalla contabilità perché ritenuto
inesigibile. Questa nuova attività che si aggiunge alle precedenti rappresenta una
sopravvenienza attiva, ovvero una variazione economica di reddito straordinaria positiva.
Le  sopravvenienze passive sono nuove passività che si aggiungono alle precedenti o nuovi
costi che sorgono con riferimento ad operazioni estranee alla normale gestione dell’impresa,
che si manifestano in modo accidentale ed imprevisto. Ad esempio, durante il processo di
lavorazione dell’impresa la rottura di alcuni serbatoi provoca un inquinamento delle acque
circostanti. L’impresa, che non è coperta da nessuna assicurazione per tali eventi, è
condannata a sostenere i costi necessari per bonificare le acque inquinate. Tale costo
rappresenta una sopravvenienza passiva, ovvero una variazione economica di reddito
straordinaria negativa.
• Il consolidamento fiscale nelle politiche economiche di un governo consiste in azioni
orientate a ridurre il deficit ed il debito pubblico di uno Stato. Esse si sostanziano quindi in
una diminuzione o contenimento della crescita della spesa pubblica ed in un aumento del
gettito fiscale. Si tratta di un regime che permette alle società consolidanti,
indipendentemente dall’obbligo civilistico di redigere il bilancio consolidato, di calcolare
l’Ires in modo unitario con riferimento alle società aderenti al consolidato. In altre parole il
consolidato si realizza determinando in capo alla società o ente controllante un’unica base
imponibile per l’intero gruppo di imprese. Base imponibile determinata in misura
corrispondente alla somma algebrica degli imponibili di ciascuna società che vi partecipa a
seguito di una specifica opzione facoltativa = [UNICA BASE IMPONIBILE PER
L'INTERO GRUPPO DI IMPRESE, irrevocabile per un triennio]
• *"Esercizio sociale"? Periodo di tempo dell'attività della società (generalmente pari ad un
anno solare, quindi dodici mesi) che viene poi rappresentato nel bilancio, evidenziando i
risultati relativi all'attività svolta.
• Controllante quando: maggioranza assoluta diritti di voto, nella partecipazione al capitale
sociale e agli utili di bilancio.
• Imposta di Registro: Il pagamento dell’imposta di registro avviene a seguito
della registrazione di un atto scritto, come un contratto, una scrittura privata, la costituzione
di un ente o di una società, una sentenza etc. presso un registro pubblico, tenuto presso gli
uffici dell’Agenzia delle Entrate. L’obiettivo della registrazione è che la data dell’atto venga
annotata ufficialmente ed il suo contenuto, essendo stato depositato, non possa più essere
modificato. In altre parole, la registrazione dell’atto comporta e garantisce
l’immodificabilità del contenuto e della data dell’atto. Sia nel caso in cui sia obbligatoria per
legge o effettuata per libera scelta delle parti che sottoscrivono l’atto, la registrazione
dell’atto comporta il pagamento dell’imposta.
A titolo esemplificativo, tra gli atti soggetti a registrazione obbligatoria, possiamo elencare:
•Contratti di locazione;
•Atti di trasferimento di immobili destinati a prima casa;
•Trasferimento di immobili tra privati;
•Il trasferimento di terreni, anche quelli non edificabili ad imprenditori agricoli;
•La cessione e la locazione di aziende;
•La locazione di beni mobili.

• Il valore venale è il valore che un bene ha in un mercato di riferimento ideale ("comune");


si tratta perciò di un genere di dato costitutivamente teorico, in genere riferito concretamente
ad un bene, ma può esserlo anche ad un diritto reale. È classicamente lo scopo di una perizia
di stima. A differenza del valore di mercato, il valore venale è quel tipo di valore riferito alla
somma (eventualmente anche ponderata o corretta) dei valori dei componenti del bene,
deprivata di qualsiasi riferimento ad eventuali fattori soggettivi che possano avere influenza
nella determinazione della libera scelta del potenziale acquirente. 
• Imposte catastali: Le imposte catastali sono tributi che si applicano alle volture catastali,
eseguite a seguito di atti di compravendita, di donazione o di successione. Le imposte
catastali sono pari all’1% del valore degli immobili o della somma dichiarata nel contratto di
vendita e il loro pagamento viene effettuato all’Ufficio del Catasto, generalmente da un
notaio.
Contenuto: Le imposte catastali sono definite nell’ordinamento italiano come tributi regolati dal D.
Lgs. 31 ottobre 1990 n. 347, recante “Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte
ipotecaria e catastale”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.277 del 27/11/1990.
Come detto le imposte catastali si applicano alle “volture catastali”, vale a dire alle registrazioni di
trasferimenti immobiliari presso il Catasto, eseguite per operazioni quali:
•Acquisizione di diritti di proprietà o di altri diritti reali di godimento (usufrutto, servitù,
superficie, uso, abitazione, enfiteusi) su beni immobiliari
•Successioni, ovvero nel caso di eredità
•Donazioni
•Ipoteche
Le imposte catastali non sono applicate né alle formalità eseguite nell’interesse dello Stato, né ai
trasferimenti per successione o donazione a favore di Regioni, Provincie, Comuni, Onlus,
associazioni ed enti con finalità di pubblica utilità.
• Chi deve versare l’Ires
 
Devono versare l’imposta:
•le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le
società cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee (regolamento CE
n. 2157/2001) e le società cooperative europee (regolamento CE n. 1435/2003) residenti in
Italia
•gli enti pubblici e privati residenti in Italia, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di
investimento collettivo del risparmio e gli enti non commerciali (organizzazioni no profit)
•le società e gli enti di ogni tipo, compresi i  trust,  non residenti in Italia, per i soli redditi
prodotti in Italia.
Sono considerati fiscalmente residenti in Italia:
•le società o enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno in Italia la sede
legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale della loro attività
•gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia
•i trust (e istituti analoghi) istituiti in un Paese diverso da quelli con cui l’Italia attua
lo scambio di informazioni previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie
imposizioni, se almeno uno dei disponenti e uno dei beneficiari sono fiscalmente residenti in
Italia 
•i trust istituiti in un Paese diverso da quelli indicati nello stesso elenco quando, dopo la loro
costituzione, un soggetto residente in Italia trasferisce al trust beni immobili, diritti reali
immobiliari e vincoli di destinazione su immobili situati in Italia, anche se per quote.
Calcolo base imponibile: Società ed enti commerciali
 
Per determinare il reddito d’impresa delle società e degli enti commerciali si parte dall'utile o dalla
perdita risultante dal bilancio. All’utile (o perdita) indicato nel bilancio è necessario apportare, in
fase di compilazione della dichiarazione, le variazioni in aumento o in diminuzione previste dalla
normativa fiscale per gli elementi attivi e passivi del reddito d’impresa.
Enti non commerciali
 
Per gli enti non commerciali, il reddito complessivo è formato dalla somma dei redditi fondiari, di
capitale, di impresa e dei redditi diversi, ovunque prodotti e qualunque sia la destinazione, ad
esclusione di quelli esenti e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta
sostitutiva. La base imponibile del reddito complessivo si determina, quindi, sommando le singole
categorie di reddito.
Società ed enti commerciali non residenti
 
Per le società e gli enti commerciali non residenti, il reddito complessivo è formato soltanto dai
redditi prodotti in Italia; sono esclusi i redditi esenti da imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte
a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. La base imponibile si determina come somma dei
redditi delle diverse categorie reddituali, tra cui il reddito d’impresa prodotto tramite stabile
organizzazione in Italia. 
I soggetti Ires devono presentare il modello Redditi SC (società di capitali) ogni anno. La
dichiarazione va inviata all’Agenzia delle Entrate entro l'ultimo giorno dell’undicesimo
mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. Se la società o l'ente ha il
periodo d’imposta coincidente con l'anno solare, il termine per presentare la dichiarazione è
fissato al 30 novembre di ciascun anno.
✗ Istruttoria tributaria: Tutte le attività esperibili dall'amministrazione finanziaria al fine
di controllare la posizione del contribuente
✗ l'Amministrazione finanziaria è l'insieme degli uffici statali che svolge l'attività
amministrativa di gestione e di rilevazione contabile di entrate e uscite in denaro, delle
esistenze di valori, crediti, beni in genere e di debiti dello Stato.
I poteri dell'amministrazione finanziaria sono: potestà impositiva (cioè il potere
autoritativo di determinare l'imposta e la base imponibile, poteri di polizia tributaria
(cioè porre in essere atti d'indagini) potere sanzionatorio; – potere di riscossione;
– potestà di autotutela
✗ Lo schema di attuazione standard prevede, in primis, l’attivazione del tributo da parte
degli stessi contribuenti, a cui sono imposti obblighi di autoliquidazione, di versamento
e di dichiarazione. L’amministrazione finanziaria assume invece la duplice veste di
“creditore” e di titolare di poteri autoritativi. Se i contribuenti hanno omesso di
dichiarare (o non hanno dichiarato compiutamente) il presupposto e la base
imponibile, l’amministrazione finanziaria ha il compito di emettere – dopo le opportune
indagini – un atto amministrativo: l’avviso di accertamento (od atto di imposizione), al
quale segue, di regola, l’applicazione di sanzioni civili e penali. Distinto dal potere di
determinare il tributo vi è quello di riscuoterlo e, attraverso un atto, il ruolo – in cui sono
iscritte le somme non versate dovute in base alle dichiarazioni od in base
all’accertamento. Vi sono casi nei quali la nascita dell’imposta ne comporta direttamente
l’adempimento, senza la necessità di atti del contribuente o dell’amministrazione
(i contributi immediati, o “senza imposizione – esempio imposta di bollo, o tributo sugli
autoveicoli)
✗ AVVISO DI ACCERTAMENTO: È l’atto con cui l’Amministrazione finanziaria,
verificato un inadempimento da parte del contribuente, nell’ambito di un controllo
sostanziale, determina autoritativamente l’imponibile e l’imposta dovuta. L’avviso di
accertamento non è un atto discrezionale, bensì vincolato: se si verifica un
inadempimento l’Amministrazione è obbligata all’emissione.
✗ Con l’accertamento parziale, dunque, l’Agenzia delle Entrate ha il potere di accertare
il reddito dichiarato dal contribuente, senza limitare la possibilità di successivi controlli,
sulla base di informazioni che facciano presupporre delle irregolarità tributarie, come:
l’esistenza di redditi non dichiarati; l’esistenza di detrazioni, deduzioni e/o esenzioni non
spettanti; imposte non versate, ecc
✗ ISTITUTI DEFLATTIVI DEL CONTENZIOSO : Il contribuente che riceve un
accertamento fiscale dispone di tutta una serie di strumenti, normativamente previsti, per
evitare di instaurare un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria o incorrere nella
riscossione coattiva dei tributi.
Questi strumenti mirano ad assicurare il giusto equilibrio tra la pretesa erariale, da un lato, i diritti
del contribuente e l’effettiva capacità contributiva, dall’altro.
Si tratta in particolare di:
• Autotutela diritto dell'Amministrazione Finanziaria
• Ravvedimento: Il Ravvedimento operoso consiste nella possibilità per il contribuente di
regolarizzare la propria posizione fiscale a seguito di mancato, omesso o insufficiente
versamento di imposte e tributi. Il ravvedimento operoso è stato introdotto dall’art. 13 del
Dlgs n. 472/97 e permette al contribuente di
regolarizzare, spontaneamente, il mancato insufficiente, o tardivo,
versamento delle imposte prima che sia stato formalmente avvisato di eventuali procedure di
ispezione, verifica o accertamento a suo carico, pagando sanzioni ridotte

•Acquiescenza: Il termine acquiescenza indica l'accettazione di un provvedimento


amministrativo tributario da parte del contribuente destinatario. L'accettazione comporta
l'automatica rinuncia da parte del contribuente di avvalersi dei mezzi di impugnazione
previsti per legge (istanza di reclamo/mediazione e ricorso tributario)
•Accertamento con adesione: L’accertamento con adesione si concretizza in un accordo
stipulato con l’Agenzia delle Entrate prima che venga instaurato il contenzioso: consente di
negoziare la pretesa e di ottenere la riduzione delle sanzioni al terzo del minimo,
quand’anche nell’accertamento siano irrogate nella misura massima.
• Interpello (ordinario: interpretazione): diversi tipi
•Reclamo/Mediazione
•Ricorso tributario
•Conciliazione giudiziale

• DIRITTO FALLIMENTARE Il fallimento è un istituto che trova la propria compiuta e


minuziosa disciplina nel Regio Decreto numero 267 del 1942, meglio noto come Legge
Fallimentare (procedure differenti per società di capitali e di persone).
Si tratta di una procedura concorsuale liquidativa nata per la regolazione della crisi di
impresa quando ci sono dei presupposti soggettivi ed oggettivi ben delineati. Ha come fine
la disciplina del concorso fra i creditori del fallito che vanno con tale procedura almeno
parzialmente soddisfatti e con i quali è anche possibile addivenire ad un accordo (accordo di
ristrutturazione dei debiti) prima che si verifichino i presupposti per il fallimento. Sempre in
alternativa a tale procedura è possibile raggiungere un accordo con i creditori con una
procedura completamente sottoposta al controllo della pubblica amministrazione
del concordato preventivo.
• Concordato fallimentare Vs concordato preventivo
Il concordato preventivo previsto dalla legge, a differenza di quello fallimentare, permette
all’imprenditore di evitare la dichiarazione di fallimento e accordarsi, preventivamente appunto, per
soddisfare anche solo in parte le ragioni creditorie. La procedura fallimentare che potrebbe seguire
il dissesto finanziario di un’azienda è una situazione grave che il concordato preventivo mira a
evitare, avendo come obiettivo il risanamento, e dunque non l’affossamento, dell’azienda.
Il concordato preventivo vuole dunque tutelare sia l’imprenditore sia i creditori. Accordandosi
preventivamente infatti il fallito evita ogni altra possibile azione esecutiva nei suoi confronti e
mantiene un controllo, seppur limitato, della propria azienda, mentre i creditori ottengono in breve
tempo, un parziale soddisfacimento del proprio credito, evitando così le lungaggini che una più
complessa procedura fallimentare sempre comporta.
Il concordato preventivo permette inoltre all’azienda di mantenersi operativa e dunque di non essere
costretta a lasciare a casa i propri dipendenti. Se l’attivo non dovesse bastare a coprire i crediti dei
dipendenti, questi ultimi potranno ricevere il pagamento in via anticipata richiedendo l’intervento
del Fondo di Garanzia INPS, ma solo per quanto riguarda le ultime tre mensilità e il TFR.
Esistono inoltre vari tipi di concordato preventivo, che ne determinano condizioni o caratteristiche
specifiche, da valutare caso per caso: in bianco, con cessione di beni, con assunzione di garanzia o
con continuità aziendale. Affinché venga ammessa la procedura di concordato preventivo, essa deve
inoltre soddisfare specifici presupposti soggettivi e oggettivi, aggiornati ogni 3 anni dal Ministero
della Giustizia. L’imprenditore viene automaticamente escluso dal concordato preventivo e dal
fallimento se:
•nei tre esercizi precedenti il deposito dell’istanza ha avuto un attivo annuo non superiore ai 300
mila Euro;
•nello stesso periodo ha incassato non più di 200 mila Euro lordi all’anno;
•i debiti non superano i 500 mila Euro.
La proposta di concordato preventivo
L’imprenditore che si trova in stato di crisi o di insolvenze e che non rientra in queste categorie può
dunque proporre ai propri creditori un piano di concordato preventivo che può prevedere:
•il risarcimento dei creditori attraverso qualsiasi forma;
•la suddivisione dei creditori in classi e la previsione di trattamenti differenziati che però non
alterino l’ordine delle cause legittime di prelazione;
•la nomina di un professionista, detto assuntore, che deve essere indipendente, a cui verrà dato
l’incarico di svolgere le attività necessarie atte a rispettare e portare a termine il piano previsto
all’interno del concordato preventivo;
•la parziale soddisfazione nel caso in cui i creditori siano dotati di privilegi quali il pegno o
un’ipoteca, a patto che questa non sia mai inferiore a quella realizzabile dal ricavato in caso di
liquidazione;
La proposta di concordato preventivo deve inoltre assicurare il risarcimento di almeno il 20%
dell’ammontare dei crediti chirografari, salvo in caso di concordato con continuità aziendale.
La domanda di concordato preventivo
La domanda di concordato preventivo deve essere presentata e sottoscritta in forma di ricorso
dall’imprenditore (o debitore), nonché legittimata tramite voto favorevole di tanti soci
rappresentanti la maggioranza del capitale (società di persone) o dell’organo amministrativo
preposto (società di capitali o cooperative). Una volta legittimata, la domanda corredata di specifica
documentazione passa al vaglio del tribunale, che la pubblica nel registro delle imprese.
Tale pubblicazione sancisce ufficialmente che si tratta di concordato preventivo e non fallimentare.
Il tribunale concede al debitore 15 giorni per apportare integrazioni al piano e alla documentazione
allegata e ha inoltre diritto a disporre di una consulenza d’ufficio per valutare la fattibilità del piano
presentato. Se il piano non dovesse risultare fattibile, il tribunale ne dichiara l’inammissibilità con
decreto non soggetto a reclamo e, una volta verificati i presupposti di legge, dichiara il fallimento
del debitore.
Se il piano invece dovesse essere considerato fattibile, il tribunale procede alla nomina degli organi
preposti all’attuazione del concordato preventivo, ovvero l’attestatore indicato nel piano, il giudice
delegato, il commissario giudiziale o colui che redigere l’inventario e relazione sul debitore, sul
patrimonio e sulle cause del dissesto, e infine il liquidatore, preposto all’effettiva liquidazione dei
crediti previsti nel piano di concordato preventivo.
Il processo volto alla dichiarazione di fallimento si apre con ricorso davanti al
tribunale competente: quello dove ha sede principale l’impresa (articolo 9 della legge
fallimentare).
✗ Il curatore fallimentare è una figura prevista dalla legge fallimentare italiana che ha il
compito di provvedere all'amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le
operazioni della procedura fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e
del comitato dei creditori. Il compito principale del curatore fallimentare è la massima
soddisfazione del ceto creditorio, che si concretizza con
la liquidazione del patrimonio della persona o della persona giuridica sottoposta al
procedimento, con il recupero dei crediti, anche con azione legale. Il curatore
fallimentare può avvalersi di società specializzate per la liquidazione dell'attivo
fallimentare così come previsto dalla Legge fallimentare.
✗ L’azione revocatoria fallimentare è uno strumento che il legislatore ha previsto per
permettere la ricostituzione del patrimonio del fallito, andando a rendere inefficaci gli
atti che il fallito ha posto in essere nel periodo antecedente la dichiarazione del
fallimento, in violazione del principio della par condicio creditorum. Più volte innovato
nel corso degli anni, l’istituto ha dunque lo scopo di salvaguardare il patrimonio del
fallito nell’interesse della soddisfazione dei creditori. Nel contempo si cerca di evitare
un aggravamento della situazione di crisi dell’impresa. Ciò potrebbe si verificherebbe
laddove i creditori intimoriti dagli effetti della revocatoria facessero venire meno il loro
supporto. È per questo motivo che più recenti interventi normativi hanno dimezzato il
periodo “a rischio”. È stato quindi dimezzato il periodo nel quale l’azione revocatoria
può operare. Sono invece state introdotte una serie di “esenzioni” da questo punto di
vista
- Presupposti: Consilium Fraudis, Eventus Damni + categorie di imprenditori
commerciali che possono fallire (vedi 3 condizioni su attivo patrimoniale, ricavi lordi,
ammontare debiti)
- Atti normali/ anormali
- Prescrizione: entro 3 anni dalla dichiarazione di fallimento, entro 5 a decorrere dal
compimento dell'atto.
- La procedura fallimentare può essere effettuata: dallo stesso debitore, da uno o più
creditori, dal pubblico ministero nel corso di un procedimento penale.
- Tribunale fallimentare, Giudice delegato, Curatore, Comitato dei creditori (tre o
cinque membri nominati dal Giudice delegato entro 30 giorni dalla sentenza che dichiara
il fallimento) coordinano al fine di ripartire il ricavato, accertare lo stato passivo,
liquidare l'attivo, risolvere le controversie nate dal nuovo assetto di rapporti tra creditori
e debitore.
- Udienza di verifica e accertamento dello stato passivo (mediante domanda di
ammissione al passivo pervenuta obbligatoriamente da ogni creditore, con ricorso,
almeno 30 giorni prima dell'udienza, domanda sottoscritta personalmente senza
l'assistenza tecnica di un avvocato)
✔ ORDINARIA
✔ FALLIMENTARE
Diversamente dalla revocatoria ordinaria esperita dai creditori al di fuori del
fallimento (il cui obiettivo è la tutela della garanzia patrimoniale generica), la
revocatoria fallimentare è finalizzata a salvaguardare la par condicio creditorum,
ossia l'uguale diritto che tutti i creditori hanno di soddisfarsi sui beni del debitore,
salve le cause legittime di prelazione.

✔  Dalla Verifica del passivo:


L’accertamento del passivo è una fase che prevede la verifica, da parte del curatore, dei crediti e
dei diritti reali e personali sulle cose rinvenute nella disponibilità del fallito. I creditori, per potere
partecipare al riparto devono ottenere il riconoscimento del loro credito all’interno della procedura
fallimentare mediante la domanda di ammissione al passivo, con la quade si chiede appunto di
ottenere un ruolo nell’ambito del riparto. La domanda di ammissione al passivo fallimentare deve
essere proposta con ricorso presso la cancelleria del tribunale in cui è incardinata la procedura, nel
termine di trenta giorni prima dell’udienza di stato passivo.
La domanda deve contenere l’indicazione della procedura alla quale si vuole partecipare, con tutti i
dati relativi al creditore, la determinazione della somma che si intende insinuare, l’indicazione del
titolo di prelazione o la presenza di un privilegio speciale, una sintetica esposizione dei fatti a
supporto della domanda. Al ricorso devono essere allegati tutti i documenti a riprova dell’esistenza
del credito. L’onere della prova circa la fondatezza del credito viene attribuita al creditore istante,
pertanto, né il curatore né il giudice delegato possono sopperire alle carenze probatorie o
documentali della parte interessata.
Il progetto di stato passivo
Il curatore fallimentare, in seguito al deposito delle domande di insinuazione, presso la cancelleria
del tribunale, ha il compito di prenderne visione attentamente, predisponendo il progetto di stato
passivo, che non è altro che uno stato passivo in forma ancora embrionale, distinguendo i creditori
da chirografari, cioè non garantiti, e privilegiati, esprimendo parere positivo o negativo
all’accoglimento della domanda. Il progetto di stato passivo dunque è un documento di estrema
importanza in cui sono contenute le motivazioni relative alle singole istanze pervenute in
cancelleria. Nel procedimento di accertamento del passivo il curatore assume una veste di terzietà,
sia rispetto ai creditori che rispetto al fallito.
Udienza di stato passivo
Dopo avere predisposto il progetto di stato passivo, il curatore lo deposita in cancelleria almeno 15
giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stesso e i creditori possono prenderne visione
presentando anche osservazioni scritte e ulteriore documentazione. Durante l’udienza di esame il
giudice delegato, analizzando le domande, decide in merito. In pratica, all’udienza di esame dello
stato passivo intervengono, come parti processuali, tutti gli interessati, con facoltà di intervenire
anche sulle posizioni altrui, qualora confliggenti con le proprie pretese. Il giudice, oltre a verificare
il progetto e i documenti può disporre anche un’istruttoria, rispettando il principio del
contradditorio, in maniera da chiarire alcuni punti poco evidenti.
Il giudice delegato, con decreto sinteticamente motivato, accoglie in tutto, o solo in parte, respinge
o dichiara inammissibili le domande di insinuazione presentate dai creditori del fallito: il decreto
giudiziale rende esecutivo lo stato passivo (inammissibilità/ accoglimento/ rigetto-totale o
parziale/ ammissione con riserva). Il curatore ha il compito di comunicare immediatamente a
ciascun creditore l’esito della domanda, sia positivo che negativo, e l’avvenuto deposito di stato
passivo presso la cancelleria.
Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere impugnato, con ricorso, nel termine di
trenta giorni dalla comunicazione dagli esclusi e il procedimento si svolge in camera di consiglio. Il
collegio giudicante provvede in via definitiva sull’opposizione con decreto motivato entro sessanta
giorni dall’udienza
Giudizio di opposizione a stato passivo
Efficacia endofallimentare: Il giudizio di opposizione allo stato passivo costituisce un procedimento
strettamente connesso alla procedura fallimentare e, come tale, inteso ad accertare il credito ai soli
fini dell’ammissione al passivo. Pertanto, il creditore che intenda agire nei confronti del debitore
tornato in bonis dovrà munirsi di un titolo esecutivo, potendo avvalersi della pronuncia di
ammissione al passivo solo come prova scritta, ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo,
così chiaramente rimanendo preclusa all’accertamento del credito effettuato nella procedura
fallimentare la piena efficacia ultrafallimentare.
La sopravvenuta revoca della dichiarazione di fallimento, passata in giudicato, rende improcedibile
il giudizio di opposizione allo stato passivo, attesa la natura endofallimentare di detto giudizio,
inteso all’accertamento del credito con effetti limitati al concorso allo stato passivo.
- Condizioni per l'esdebitazione

Il concordato fallimentare, nell'ordinamento giuridico italiano, è una causa legale di cessazione


del fallimento. Esso è uno strumento volto a realizzare il soddisfacimento di tutti i creditori
ammessi al passivo.
Rispetto alla liquidazione fallimentare dell'attivo, il concordato consente difatti al fallito di sanare
definitivamente i propri debiti attraverso una sorta di accordo con il ceto creditorio, che può
prevedere il pagamento anche parziale dei debiti, la dilazione o ristrutturazione degli stessi;
consente inoltre la liberazione dei beni sottoposti allo spossessamento fallimentare e non espone
alle possibili conseguenze penali connesse al fallimento.
La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori, da un terzo e dal fallito (art.
124 l. fall.). Nel primo e nel secondo caso può essere presentata anche prima che sia stato reso
esecutivo lo stato passivo, ma è necessario che sia stata tenuta la contabilità per consentire
al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre all'approvazione
del giudice delegato. Il fallito può presentare la proposta di concordato solo dopo un anno dalla
dichiarazione di fallimento ed entro due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

✗ D.lgs. n.5/2006 (riforma): soluzioni extragiudiziali negoziando piani di rientro in grado


di evitare azioni cautelari  ed  esecutive  e  di  alleggerire, allo stesso tempo, l’onere del
debitore, tutelando  le  risorse  finanziarie necessarie per il rilancio dell’azienda
✔ valorizzazione rapporti azienda-creditore (salvataggio economico sotto forma di
contratto plurilaterale atipico), scongiurare la cessazione dell'impresa in seguito a
insolvenza. = privatizzazione dell'insolvenza/ concordato stragiudiziale (importante
il ruolo delle banche) ---> in caso di esito sfavorevole, gli effetti risultano gravi
✔ Concordato preventivo (domanda di ricorso, relazione di un professionista,
comunicazione al Pubblico Ministero, pubblicazione sul Registro delle imprese,
nomina commissario giudiziale, obblighi informativi periodici imposti dal Tribunale)
/ accordo di ristrutturazione dei debiti (fase stragiudiziale e giudiziale con
omologazione da parte del Tribunale)/ risanamento dei debiti (no numero massimo
creditori, no consenso dei creditori, crisi transitoria)/concordato stragiudiziale
(autonomia contrattuale privata, no intervento dei tribunali, no preventiva
autorizzazione dei creditori, contratto plurilaterale, atipico, complesso, a contenuto
dilatorio e o remissorio)
Differenze: A differenza dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il concordato
preventivo consente di gestire il risanamento del debito in maniera più flessibile, ma
attraverso una procedura più complessa, più lunga e più costosa, che per certi versi si
avvicina a quella fallimentare e che prevede un controllo più stretto da parte del
Tribunale, che vigila sull’esecuzione  del  piano.
Il concordato preventivo prevede, infatti, una liquidazione del patrimonio non
fallimentare concordata con tutti i creditori: la ristrutturazione dei debiti e la
soddisfazione dei crediti possono essere concordate attraverso qualsiasi forma, anche
“mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie”. A differenza
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo assicura inoltre una
protezione più lunga dalle azioni esecutive.
Altra differenza sostanziale, inoltre, è quella relativa alle spese procedurali: entro 15 
giorni  dal  decreto di ammissione, infatti, il debitore deve depositare tra il 20% e il 50%
delle spese stimate.
Ricordiamo che il concordato preventivo diventa l’unico strumento di risanamento della
crisi percorribile quando le risorse finanziarie a disposizione sono inferiori al 40% dei
debiti aziendali o l’accordo  di  ristrutturazione  dei  debiti  non raggiunge  il 60% dei
consensi tra i creditori
✗ ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI:
✔ Amministrazione straordinaria (Legge 95/79 + Decreto n. 270/99): Prosecuzione
dell'attività, riattivazione, riconversione
➔ Requisiti (lavoratori non inferiori alle 200 unità e debiti per un ammontare non
inferiore ai 2/3 + concrete prospettive di recupero o mediante programma di
cessione dei beni aziendali di durata non superiore ad un anno, o programma di
ristrutturazione non superiore a due anni)
➔ Ricordo da parte dell'imprenditore, dei creditori, del pubblico ministero oppure
d'ufficio.
➔ Organi: Commissari Giudiziali (1 o 3), Tribunale e Giudice Delegato
➔ Accertamento e dichiarazione dello stato di insolvenza, nomina del giudice
delegato e dei commissari giudiziali + ordini del Tribunale (..). Effetti: il
commissario straordinario stila un programma o di cessione o di ristrutturazione,
autorizzato con decreto dal Ministero, poi comunicato dal commissario
straordinario al tribunale, il giudice delegato ne dispone il deposito in cancelleria.
➔ Il Commissario presenta una relazione ogni tre mesi al Ministro sull'andamento
dell'esercizio dell'impresa e sull'esecuzione del programma, e periodicamente al
giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di
ripartizione delle stesse.
➔ L’amministrazione straordinaria si articola in queste fasi:
• istanza presentata da parte dell’imprenditore o, in alternativa, dai creditori, dal pubblico
ministero, o dallo stesso tribunale d’ufficio
• il tribunale, nella fase preliminare, verifica la presenza dei requisiti per l’ammissione alla
procedura, accerta e dichiara lo stato d’insolvenza, nomina il giudice delegato e il
commissario giudiziale, fissa il termine (tra i centoventi e i centocinquanta giorni) per
l’esame dello stato passivo davanti al giudice delegato
• sulla base della relazione presentata dal giudice delegato e degli accertamenti effettuati il
tribunale, nella fase successiva, dichiara l’apertura della procedura di amministrazione
straordinaria o, in mancanza delle condizioni, il fallimento dell’impresa
• nel caso di avvio della procedura, spetta al Ministro delle Attività produttive la nomina del
commissario straordinario il quale deve attuare il programma di risanamento perseguendo
due ipotesi alternative: la ristrutturazione economica e finanziaria o la cessione dell’azienda.
Prima della chiusura della procedura il commissario deve sottoporre al ministero
dell'Industria il bilancio finale con il conto della gestione.
✔ Gli accordi di ristrutturazione (ex. Art. 182 -bis I. Fall)
➔ Meritevolezza della causa = *Ogni contratto tipico ha una causa tipica
giudicata meritevole di tutela dal legislatore. ... In pratica, la causa del contratto
consiste in un giudizio di meritevolezza da parte dell'ordinamento, che nei
contratti tipici è effettuato a priori dal legislatore; nei contratti atipici è effettuato
volta per volta dal giudice
➔ Con l’accordo di ristrutturazione dei debiti il debitore in crisi si accorda con i
creditori, che rappresentino almeno il 60% dei crediti, affinché questi rinuncino
in tutto o in parte ai propri debiti. L’accordo di ristrutturazione dei debiti è un
mezzo di risanamento dell’impresa in crisi disciplinato dalla legge
fallimentare molto simile al concordato preventivo; serve per ridurre i debiti e
tentare il risanamento aziendale. Si tratta, in estrema sintesi, di un accordo con
tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. Ai fini dell’accordo è
necessario munirsi di una relazione di un professionista (di norma uno studio
commercialistico) che attesti la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità
dell’accordo stesso. Il debitore, con l’ausilio del professionista, redige la
proposta di accordo con i creditori aderenti (anche per i debiti con il fisco e con
l’Inps), il cui contenuto è liberamente determinabile; invece, ai creditori non
aderenti si deve assicurare l’integrale pagamento nei termini fissati dalla legge.
➔ L’accordo va poi iscritto nel registro delle imprese e deve essere omologato dal
tribunale.
➔ Modi di estinzione del debito con la ristrutturazione
• Per estinguere il debito accumulato, il debitore può proporre una serie di soluzioni quali:
• – il trasferimento al creditore di una o più attività; in tali casi il debitore procederà allo
storno del valore contabile del debito estinto e del valore netto contabile dell’attività ceduta;
• – la conversione del debito in capitale mediante il trasferimento al creditore di quote o
azioni della società con conseguente aumento di capitale pari al valore contabile del debito
senza rilevazione di utili o perdite da ristrutturazione;
• – l’emissione di un prestito obbligazionario convertibile che impegna il creditore, a partire
dalla data di sottoscrizione e al verificarsi di determinate condizioni, a sottoscrivere quote o
azioni della società per un valore pari al debito contabile.
➔ VANTAGGI:
può far sospendere i pignoramenti chiedendo al tribunale un termine per trovare
l’accordo con i creditori e preparare i documenti necessari (in caso di preaccordo
o proposta di accordo);
• può continuare a gestire l’impresa senza che, come invece nel fallimento, ne venga
spossessata;
• nel decidere il contenuto dell’accordo non è soggetta a vincoli particolari, salvo alcuni
requisiti richiesti dalla legge;
• può ottenere finanziamenti per superare la crisi;
• durante la procedura vengono bloccati i pignoramenti e le azioni cautelari come le ipoteche;
• durante la procedura è esentata dall’applicazione delle norme societarie sulla riduzione di
capitale per perdite e di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale;
• può chiedere di pagare i crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi;
• può concludere una transazione fiscale e previdenziale.
➔ La procedura dell’accordo di ristrutturazione del debito consta di quattro fasi:

• la domanda del debitore al tribunale può prendere due vie principali che può avvenire in due
forme: 1) l’accordo ordinario: in tal caso il debitore deposita la domanda di omologazione di
un accordo stipulato con la maggioranza dei creditori; 2) il preaccordo o proposta di
accordo: in tal caso il debitore chiede al tribunale di assegnargli un termine per concludere
un accordo ai creditori certificando però che già esistono trattative con essi e presentando
una relazione sull’attuabilità dell’accordo; in questo modo ottiene la sospensione delle
esecuzioni forzate (pignoramenti).

• deposito dell’accordo e iscrizione dell’accordo medesimo;

• udienza per l’omologazione innanzi al tribunale. Nel corso dell’udienza il tribunale


valuta la propria competenza a controllare la formale completezza della documentazione;
verifica se esistono i presupposti per giungere a un accordo con almeno il 60% del ceto
creditorio; verifica se esistono le condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i
quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a
trattare;

• materiale esecuzione dell’accordo.

✔ La liquidazione coatta amministrativa (per banche o assicurazioni)


➔ Controllo da parte dello Stato e tutela degli interessi generali
➔ Organo è un'autorità amministrativa e non il Tribunale + presupposti necessari
per l'adozione del provvedimento di liquidazione (non cumulativi, stato di
insolvenza, violazione di norme o atti amministrativi che comportino gravi
irregolarità di gestione, ragioni di pubblico interesse)
➔ Commissario liquidatore (funzioni simili a quelle del curatore nel fallimento,
organo preposto all'esecuzione della procedura, + provvede materialmente alla
liquidazione dell'impresa + esercizio azione di responsabilità contro gli
amministratori) e Comitato di sorveglianza (3 o 5 membri, funzioni analoghe a
quelle del comitato dei creditori nel fallimento)
➔ Effetti simili a quelli del fallimento (spossessamento, inefficacia degli atti
compiuti dal debitore, divieto di azioni esecutive e cautelari individuali dai
creditori, concorso dei creditori secondo le regole previste per il fallimento,
esercizio dell'azione revocatoria ordinaria)
➔ Quando è accertato lo stato di insolvenza, si applica la disciplina prevista in caso
di revocatoria fallimentare
➔ PROCEDURA:
• provvedimento che pone ufficialmente l'impresa in liquidazione e, nomina il
commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza.
• Entro 10 gg pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e comunicato per l'iscrizione
al registro delle imprese.
• Accertamento dello stato di insolvenza è di competenza invece dell'autorità
giudiziaria (può essere precedente o successivo al provvedimento di
liquidazione)
• ACCERTAMENTO DEL PASSIVO, LIQUIDAZIONE, RIPARTIZIONE
DELL'ATTIVO (simile al fallimento):
- Entro 90 gg dal provvedimento, il commissario forma l'elenco dei crediti
ammessi o respinti, depositandolo in cancelleria del luogo in cui ha sede
l'impresa, a seguito del quale, l'elenco diventa esecutivo.
- Il Commissario sottopone all'autorità che vigila sulla procedura sia il
bilancio finale della liquidazione (con conto di gestione e piano di riparti tra i
creditori + relazione del comitato di sorveglianza). L'autorità ne autorizza il
deposito in cancelleria, comunicato ai creditori ammessi al passivo e
prededucibili.
- L'Autorità provvede a darne notizia mediante inserzione nella Gazzetta
Ufficiale.
- si provvede al riparto, salvo contestazioni.
➔ Art. 214 l.f. Si può attuare il concordato.
Anche la liquidazione coatta amministrativa, come quella fallimentare, può chiudersi
con un concordato che è, però, diverso rispetto a quello fallimentare. Vediamone, quindi,
la struttura:

il concordato è proposto dall'impresa in liquidazione solo su autorizzazione del tribunale su parere del
commissario liquidatore e sentito il comitato di sorveglianza

il tribunale decide con sentenza (impugnabile in appello) senza sentire preventivamente i creditori che, se
vorranno far valere le loro ragioni, dovranno proporre opposizione prima della decisione del tribunale

in caso di ammissione al concordato gli organi della liquid,azione restano in carica per sorvegliarne
l'adempimento

il concordato può  essere annullato e risolto nelle stesse ipotesi di annullamento e risoluzione del concordato
fallimentare
➔ TRANSAZIONE FISCALE (art. 182-ter): Con la predisposizione del piano
di concordato o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, l'imprenditore in stato
di crisi può presentare all'Amministrazione finanziaria una proposta
di transazione fiscale per il pagamento, in misura parziale o in forma dilazionata,
dei tributi (nel concordato preventivo e ristrutturazione dei debiti)
• Proposta presentata esclusivamente dal debitore
• Verifica dei presupposti per l'accesso alle due procedure
• Soli tributi amministrati dalle agenzie fiscali, dunque esclusione dei tributi
locali. (con riforma Bilancio 2017: si per i debiti aventi ad oggetto IVA o
ritenute omesse).
• Deposito domanda presso il Tribunale + presentare copia all'Ufficio
competente della riscossione. (con requisiti)
• Consolidamento: entro 30 gg = l'Ufficio emette la certificazione attestante il
complessivo debito tributario, la cui copia dovrà essere inviata anche al
Direttore del competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate (indicazioni
necessarie al fine della partecipazione di quest'ultimo al voto in sede di
adunanza dei creditori all'agente della riscossione).
• In altri termini, la transazione fiscale, da istituto del diritto tributario, prestato
al diritto fallimentare può ormai definirsi istituto del diritto fallimentare,
prestato al diritto tributario.
Nel Concordato preventivo l’assenso o il diniego si esprime con
manifestazione del voto in sede di adunanza dei creditori. In tale contesto la
transazione non ha natura di accordo autonomo, ma subprocedimento
amministrativo in una procedura concorsuale. In sede di concordato
preventivo, la proposta di concordato, ammessa dal tribunale, deve essere
approvata dall’adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. È
richiesta, in tal senso, la maggioranza dei creditori ammessi al voto,
computando altresì crediti di natura tributaria.

Nell’ambito degli accordi di ristrutturazione, invece, la transazione fiscale è


un vero è proprio negozio giuridico autonomo. L’adesione alla proposta è
espressa con sottoscrizione di un atto negoziale da parte del direttore
dell’ufficio. La conclusione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti
richiede, invece, la preventiva sottoscrizione dell’accordo dei creditori che
rappresentano almeno il 60% del passivo, requisito essenziale per
l’omologazione dell’accordo. Nel calcolo della percentuale del passivo è
compreso anche il debito di natura tributaria.

N.B. Equitalia è una grande società per azioni, a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle
Entrate, 49% Inps). Ha l'incarico di riscuotere i tributi sul territorio nazionale . Oggi Equitalia è
presente sul territorio italiano (con la sola esclusione della regione Sicilia) con 17 società
partecipate: gli Agenti della Riscossione.
Gli Agenti della Riscossione , spesso indicati con la sigla ADR , sono dunque delle società di
Equitalia , che lavorano in diverse zone per richiedere ai cittadini il pagamento dei tributi .
Il gruppo Equitalia , con le sue varie società, si occupa di due tipi di riscossione :

1.Equitalia incassa tributi da contribuenti senza debito . In questo caso l'attività di Equitalia


si definisce “ riscossione non da ruolo ” .
Si tratta, ad esempio, di versamenti di imposte e contributi con il modello F24 per Modello
Unico o con il Modello F23.

2.Equitalia si occupa della riscossione di debiti, con la “riscossione da ruolo”. Si chiama


infatti “ruolo” l'elenco dei debitori e delle somme non pagate (tasse, tributi, sanzioni
amministrative, ecc.) . Le “somme iscritte a ruolo” sono, appunto, le somme ancora da
pagare.
Si tratta, ad esempio, di debiti verso l'Agenzia delle Entrate, Inps, Comuni, Province,
Regioni.
Questi enti creditori trasmettono a Equitalia l'elenco dei debiti e dei debitori e in questo
caso i debitori ricevono una cartella di pagamento.

• TRASFORMAZIONE DELLE SOCIETA

✗ Principio comune: continuità rapporti giuridici (Art. 2498)


✗ Modifiche: oggi undici articoli vs 3 (scompare divieto di attuare trasformazioni con
procedure concorsuali in corso, salvo che esse non contrastino con la tutela degli
interessi dei terzi) MA distinzione delle procedure
✗ Tipi di trasformazione: omogenee progressive e regressive, e eterogenee
Tutela dei creditori (potere di opposizione), salvo infondatezza decisa dal Tribunale

• FUSIONE (Art. 2501)


✗ Fusione propria e incorporazione
✗ Omogenea o eterogenea
✗ 3 FASI: progetto di fusione redatto dagli amministratori delle società che si fondano per
distribuire le partecipazioni societarie, composto da situazione patrimoniale, relazione
dell'organo amministrativo, relazione degli esperti + decisione sulla fusione su delibera
dell'assemblea + stipula dell'atto di fusione da depositare presso il Registro e
pubblicazione.

• SCISSIONE (Art. 2506)


✗ Disciplina simile a quella della fusione

DIRITTO PENALE COMMERCIALE:


● Responsabilità oggettiva: Ci si trova dinanzi a situazioni di responsabilità oggettiva in tutti
quei casi in cui l’evento viene imputato ad un determinato soggetto sulla base del semplice
nesso di causalità e, quindi, in tutti quei casi in cui vi sia stata una condotta tale da generare
un evento criminoso senza che ci sia una connessione psicologica di dolo o di colpa.
Il soggetto sarà, quindi, chiamato a rispondere per un evento delittuoso per il solo di averlo
commesso, anche se avvenuto contro la sua volontà. Il richiamo diretto a questo istituto, ci viene in
un certo senso fornito dall’art. 42 del codice penale, il quale, dopo aver chiarito i criteri per
l’imputazione del dolo
della colpa e, infine, della preterintenzione conclude indicando che: “..la legge determina i casi in
cui l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione o
omissione..”. Con “altrimenti” il legislatore ha voluto individuare anche altre fattispecie residuali di
colpevolezza, ove rientra la responsabilità oggettiva del soggetto agente.
● Per reati che nascono nell’ambito aziendale non è responsabile soltanto l’autore dell’illecito
penale, ma anche la società che in molti casi ha partecipato, tramite i suoi organi, al reato. 
Tale responsabilità è evitabile solo se la società adotta preventivamente dei modelli organizzativi e
gestionali idonei a prevenire i comportamenti illeciti ed atti ad escludere a priori il proprio
coinvolgimento.
● Responsabilità del collegio sindacale (Art. 2407)
✗ N.B.: Per le società a responsabilità limitata la nomina del collegio sindacale è
obbligatoria quando la società, per due esercizi consecutivi, ha superato almeno uno dei
seguenti limiti:
- Attivo patrimoniale: euro 4.000.000;
- Ricavi: euro 4.000.000;
- Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità.
La nomina del Collegio sindacale è inoltre sempre obbligatoria se la società:
- è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
- controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti.
L’obbligo di nomina cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è stato superato
alcuno dei predetti limiti/parametri. Nelle società di piccole dimensioni (S.r.l.) è
possibile che il Collegio sindacale venga incaricato, su deliberazione del Consiglio di
amministrazione, di svolgere anche il controllo contabile, ovvero di revisione dei
conti.
In tutti gli altri tipi di società (ad esempio società di persone) il Collegio sindacale è
un organo facoltativo che può essere previsto nello statuto.
A seguito della riforma del Terzo settore, nelle Associazioni riconosciute o non
riconosciute del Terzo settore, la nomina di un Organo di controllo, anche
monocratico, in presenza di patrimoni destinati, è obbligatoria quando siano superati,
per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
- totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 euro;
- ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 euro;
- dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 5 unità.
• FUNZIONI: osservanza della legge e dello statuto, rispetto dei principi di
corretta amministrazione, adeguatezza dell'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile e suo corretto funzionamento.
• I sindaci devono assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle
assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo, pena decadenza dall'ufficio
• I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad
atti di ispezioni e di controllo. Il collegio sindacale può chiedere agli
amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate,
sull’andamento delle operazioni sociali e su determinati affari. Può altresì
scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate
in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ad ed all’andamento
generale dell’attività sociale.
• Il collegio sindacale può altresì, previa comunicazione al presidente del
consiglio di amministrazione, convocare l’assemblea qualora
nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità
e vi sia urgente necessità di provvedere.
✗ Organo di Vigilanza: Il reato omissivo improprio Art. 40 comma 2,c.p., nel diritto
penale, si ha quando un evento delittuoso si è verificato per la condotta omissiva posta in
essere da un soggetto che aveva l'obbligo di impedire l'evento stesso (= responsabilità
penale per omesso impedimento)
Ma in realtà per presupporre responsabilità penale, essa deve essere strettamente
connessa all'esistenza di una posizione di garanzia. Invece tale organo gode solo di
poteri di sorveglianza, iniziativa, controllo e informazione, che non possono essere
ritenuti sufficienti ad impedire un reato altrui, in quanto lOdV non è in grado di reagire
alle eventuali violazioni e di correggere i comportamenti inosservanti. Tali poteri
spettano unicamente ai titolari del potere di gestione dell'ente = la supervisione non può
tradursi in un obbligo giuridico di impedire l'evento.
Quindi no resp pen strictu sensu MA essa non è esclusa nei casi di concorso di persone
nel reato Art. 110 cp. Inoltre mancato adempimento delle funzioni fa scattare
responsabilità civile contrattuale e aquilana (amministrativa quando non sono svolte in
maniera corretta)
ARBITRATO:
✗ INTERESSI SUPERINDIVIDUALI:
● Class action: (riforma: L.N. 31/2019)
Con il transito all'interno del codice di procedura civile, l'istituto
dell'azione di classe è stato potenziato. Il suo campo di applicazione, in
particolare, è stato allargato sia dal punto di vista soggettivo che
oggettivo, ovvero sia per quanto riguarda i soggetti che possono
accedervi, sia per le situazioni giuridiche che possono essere fatte valere
in giudizio. Con l'azione di classe è possibile ora agire a tutela delle
situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per
l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del
danno e alle restituzioni. L'entrata in vigore della nuova disciplina, a
seguito di molteplici rinvii, è finalmente avvenuta il 19 maggio 2021.
Fino a quel momento, hanno trovato applicazione le regole previste dal
Codice del Consumo (art. 140-bis).  
L'azione di classe disciplinata dal codice di procedura civile può
essere esperita nei confronti degli autori della condotta lesiva, che
possono essere sia imprese che enti gestori di servizi pubblici o di
pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere
nello svolgimento delle loro rispettive attività. Sono fatte salve le
disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e
dei concessionari di servizi pubblici.
Legittimati a proporre l'azione, invece, sono:
•ciascun componente della classe;
•le organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro (iscritte in un elenco pubblico istituito presso
il Ministero della giustizia), i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti.
La riforma ha esteso la legittimazione attiva a proporre l'azione, facendo venir meno la riserva dello
strumento della class action ai soli consumatori o alle associazioni a cui questi avevano dato
mandato o a cui i consumatori partecipavano.

Sentenza di accoglimento dell'azione di classe


La sentenza che accoglie l'azione di classe ha un contenuto piuttosto articolato; vediamone i punti
principali:
•provvede sulle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente, quando l'azione è stata
proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione inserita nell'elenco
ministeriale;
•accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali
omogenei;
•definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei, specificando gli elementi necessari per
l'inclusione nella classe dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei;
•stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della
titolarità dei diritti individuali omogenei;
•dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio (da 60 a 150 giorni) per
l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei;
•nomina il giudice delegato per la procedura di adesione;
•nomina il rappresentante comune degli aderenti (soggetto che deve possedere i requisiti per la
nomina a curatore della crisi d'impresa); il rappresentante comune degli aderenti è espressamente
qualificato pubblico ufficiale.

- Mediazione e procedimenti d'urgenza (conservativi e anticipatori): Art. 700


cpc., requisito sussidiarietà: Tutela cautelare. Provvedimenti cautelari volti ad
assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito, evitando che il tempo occorrente a
far valere il proprio diritto nel processo ordinario di cognizione possa produrre un pregiudizio
imminente e irreparabile

✗ Metodi ADR:
● Decreto legislativo n. 130/2015 in attuazione della Direttiva 2015
● Clausola compromissoria (espressa nel contratto o con atto distinto)
● Ad ogni buon conto, secondo quello che viene considerato
l’insegnamento tradizionale, l’arbitrato rituale ricorre quando le parti di
una controversia demandano agli arbitri/o l’esercizio di una giurisdizione,
concorrente con quella ordinaria, per la risoluzione della lite; si ha,
invece, un arbitrato irrituale (o libero) quando agli arbitri/o è conferita la
risoluzione di un rapporto controverso mediante una dichiarazione di
volontà che viene imputata alle stesse parti del rapporto. Nella prima
ipotesi, l’arbitrato è espressamente disciplinato dal Codice di procedura
civile; nella seconda, invece, l’arbitrato non pare trovare un’esplicita
regolamentazione legislativa e si concretizza nell’accordo con il quale al
terzo viene affidato il compito di risolvere la controversia con una
dichiarazione sostanzialmente transattiva o accertativa dei diritti e degli
obblighi delle parti, a seconda del contenuto dell’incarico
● Giudizio secondo diritto o secondo equità
● Arbitrato interno e internazionale
● Negoziazione assistita vs mediazione: La negoziazione assistita si
realizza tramite il raggiungimento di un accordo con il quale le parti
decidono di cooperare, secondo i principi di buona fede e lealtà, per
risolvere in via amichevole una controversia. In questo caso la figura
del mediatore è assente, a partecipare al raggiungimento dell’accordo
sono esclusivamente le parti, assistite da uno o più avvocati. La
mediazione invece è un’attività svolta da un soggetto terzo e
imparziale al fine di assistere due o più soggetti nel risolvere una
controversia, anche mediante la formulazione di una proposta di
accordo. Il soggetto terzo e imparziale prende il nome di “mediatore”, il
quale, rimanendo privo del potere di prendere decisioni vincolanti per le
parti, percepisce un compenso per l’attività svolta. 
 
QUANDO RICORRERE ALLA NEGOZIAZIONE ASSISTITA
La procedura di negoziazione assistita risulta essere obbligatoria, ai sensi dell’art. 3 del d.l.
132/2014, nei casi in cui si voglia esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in
materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e per chi voglia proporre
in giudizio una domanda di pagamento di somme non eccedenti i 50 mila euro, a patto che non
rientri nei casi previsti di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5 comma 1bis del d.lgs.
28/2010. 
Può essere altresì utilizzata anche per soluzioni consensuali di separazione personale,
scioglimento del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione e divorzio.
Al termine della negoziazione assistita, è onere dei difensori trasmettere copia dell’accordo
raggiunto al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ovvero del luogo ove è stato concluso
l’accordo. 
 
QUANDO RICORRERE ALLA MEDIAZIONE
Il procedimento di mediazione può essere facoltativo, qualora le parti congiuntamente, o su
iniziativa di una sola di queste, provvedano alla designazione di un Mediatore per risolvere la
controversia in questione. È prevista come obbligatoria nei casi indicati all’art. 5 comma 1bis del
d.lgs 28/2010, che prevede, a titolo esemplificativo, il ricorso alla mediazione qualora si voglia
esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali,
successioni ereditarie, contratti assicurativi e bancari.
Nell’ipotesi di mediazione obbligatoria, le parti potranno proporre domanda giudiziale all’esito
negativo della mediazione. 
Altresì il giudice, anche in sede di giudizio di appello, può disporre la c.d. mediazione delegata,
ossia che le parti ricorrano alla mediazione prima di definire il giudizio. Come nel caso della
mediazione obbligatoria, anche in questa ipotesi l’esperimento del procedimento di
mediazione diviene condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’accordo raggiunto in sede di mediazione costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione dell’ipoteca
giudiziale.
 
IL RAPPORTO TRA GLI ISTITUTI DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA E MEDIAZIONE
Grazie a quanto stabilito dagli artt. 3 comma del d.l. 132/2014 e dall’art. 5 comma 1bis del d.lgs.
28/2010, non si verificano pericoli di sovrapposizione obbligatoria tra i due istituti. Infatti, la
negoziazione assistita risulta obbligatoria nelle ipotesi sopra citate, fatta eccezione per le
controversie nelle quali è prevista la mediazione obbligatoria.
Le parti dunque si trovano a dover esperire uno dei due procedimenti di ADR, prima di poter
procedere con la domanda giudiziale.
È importante sottolineare che, nelle materie in cui la mediazione è prevista quale condizione di
procedibilità di domanda giudiziale, le parti possono preliminarmente esperire un tentativo di
negoziazione assistita. Tuttavia, tale esperimento, non fa venir meno l’obbligatorietà della
mediazione nei casi in cui è prevista come tale.

● Cos'è l'esecuzione in forma specifica, l'esecuzione indiretta e diretta e i


diversi tipi di esecuzione in forma specifica In generale, mentre il
processo di cognizione ha lo scopo accertare una situazione di fatto
esistente tra le parti, di individuare la norma giuridica da applicare e di
definire con sentenza la controversia, il processo esecutivo è il mezzo che
l'ordinamento giuridico predispone affinché il creditore riesca ad ottenere
il soddisfacimento di quanto legittimamente preteso, anche in forza della
suddetta sentenza, quando chi dovrebbe adempiere non lo fa
spontaneamente.  La dottrina è solita distinguere tra esecuzione indiretta
ed esecuzione diretta. 
● MEDIAZIONE: deposito di un'istanza presso un organismo di
mediazione, designazione del mediatore,durata max del procedimento: 4
mesi con dies a quo la data del deposito della domanda, atto contrattuale
contenente la nuova regolamentazione dei rapporti sostanziali tra le parti,
a prescindere dall'esito (verbale di conciliazione in caso positivo, di
mancato raggiungimento dell'accordo conciliativo), proposta per adesione
da parte del mediatore, verbale depositato presso la segreteria
dell'organismo affinchè le parti possano estrarne una copia, esso può
essere omologato con decreto del presidente del Tribunale nel cui
circondario ha sede l'organismo (in questo caso effetti ulteriori rispetto a
quelli di un atto di autonomia privata)
● ODR

DIRITTO DEL LAVORO


• Libro V c.c. (Art. 2060)
• JOBS ACT (D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 attuativo della Legge 183/2014 ha riscritto
l'art. 2103)
• Demansionamento del lavoratore (mansioni inferiori e superiori. Queste ultime
diventano definitive, salvo rinunciare del lavoratore per iscritto, dopo 6 mesi
continuativi): In attuazione del c.d. jobs Act, l’art. 2103 c.c. rubricato “la prestazione di
lavoro” è stato modificato dall’art.3 del Dlgs. 81/2015.
Quest’intervento legislativo, in un’ottica di flessibilità organizzativa riconosciuta al datore di
lavoro, consente il demansionamento quando:
•si verifichi una modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del
lavoratore;
•per espressa previsione dei contratti collettivi (c.d. patto di declassamento)
In entrambe le ipotesi, il lavoratore può essere assegnato a mansioni inferiori rispetto al livello di
inquadramento, purché rientranti nella medesima categoria legale (le categorie legali sono
disciplinate dall’art. 2095 c.c. e sono: dirigenti-quadri-impiegati-operai; perciò per esempio: un
lavoratore inquadrato al 6° livello nella categoria “impiegato”, potrà essere assegnato ad una
mansione del 5° livello sempre nella categoria legale di appartenenza cioè “impiegato”, non potrà
invece essere assegnato ad una mansione della categoria “operario” in quanto categoria legale
diversa).
Il mutamento di mansioni, secondo il dettame dell’art. 2103 c.c.:
•Il mutamento di mansioni, secondo il dettame dell’art. 2103 c.c.:
•deve essere comunicato per iscritto al lavoratore, a pena di nullità;
•·ove necessario, il datore di lavoro ha l’obbligo di formare il dipendente alle nuove
mansioni.

• Demansionamento del lavoratore con accordo tra le parti

Le parti possono, secondo quanto dice la normativa, concludere degli accordi mediante i quali al
lavoratore vengano modificate le mansioni, la categoria di appartenenza e il livello di
inquadramento, talvolta anche in maniera apparentemente sfavorevole per il lavoratore stesso.
Tuttavia in considerazione del fatto, che il lavoratore è la parte “debole” del rapporto di lavoro, si
possono stipulare tali accordi detti patti di declassamento a patto che la modifica avvenga in virtù di
un rilevante interesse del dipendente:

•Alla conservazione del posto di lavoro (in luogo del licenziamento);


•Al conseguimento di professionalità diverse (nuove attitudini acquisite riguardo al lavoro);
•Al miglioramento delle condizioni di vita proprie e del proprio nucleo familiare,
e che la stipula avvenga presso:

•Una sede “protetta” (come la commissione provinciale di conciliazione istituita presso la


Direzione territoriale del lavoro, le università pubbliche e private, le fondazioni universitarie, o
in sede sindacale).
•Dinanzi ad una commissione di certificazione istituite presso le Direzioni territoriali del Lavoro
A differenza dell’ipotesi di modifica unilaterale della mansione per cambiamento degli assetti
organizzativi, con il patto di declassamento, che come anticipato può essere previsto dai contratti
collettivi, il datore di lavoro può modificare non solo le mansioni del lavoratore, ma anche il suo
livello di inquadramento e la relativa retribuzione.

Secondo la norma il lavoratore in queste ipotesi, può farsi assistere dal rappresentante di una
associazione sindacale alla quale aderisce, da un avvocato o da un consulente del lavoro.

• REPECHAGE e onere della prova


◦ Comma 8: il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva all'altra se
non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
◦ Subordinazione (Art. 2094)
◦ Forma generalmente libera, ma la legge richiede alcuni adempimenti formali come
ad esempio l'onere per il datore di lavoro di comunicare per iscritto
l'inquadramento al lavoratore o la comunicazione agli enti previdenziali per
iscritto dell'assunzione (pena sanzione amministrativa)
◦ Causa: contratto di scambio (lavoro per retribuzione)
◦ Legge Treu (1997) e Legge Biagi (2003): lavoro flessibile (es. Job sharing, Job on
call, Staff leasing o contratto di somministrazione a tempo indeterminato, diverso dal
tempo determinato o ex interinale dalla durata massima di 36 mesi, Part time di tipo
orizzontale, verticale, misto, clausole flessibili riguardano collocazione temporale e
elastiche riguardano variazione in aumento, entrambe con preavvisto di due giorni
lavorativi che non può eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo
parziale.)
◦ Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale in alcuni casi
particolari (= revoca al consenso prestato alla clausola flessibile o elastica).
◦ Tempo determinato: decreto dignità (87/2018): obbligo di giustificare la stipula di
contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, durata massima biennale, proroga
fino a 4 volte nell'arco del biennio
◦ Licenziamenti individuali (recesso unilaterale dal datore di lavoro): economici,
discriminatori, disciplinare ingiustificato
◦ Licenziamento ad nutum (senza giustificazione, solo ad alcuni soggetti particolari,
solo nei contratti a tempo indeterminato)
◦ Giusta causa (Art. 2119): senza preavviso, sia tempo indeterminato che rapporti a
termine (fatti gravi), elemento fondamentale: la fiducia (la sua cessazione è
incompatibile con l'esistenza del rapporto) = solo i fatti più gravi che ledano
gravemente ed insanabilmente il vincolo fiduciario e non consentano la
prosecuzione, neanche provvisoria del rapporto.
◦ Giustificato motivo:
➢ Soggettivo (Licenziamento disciplinare) = 'notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali', grave mancanza del lavoratore ma non così grave come
nella giusta causa, dunque con preavviso
➢ Oggettivo (Licenziamento economico): giusitificato solo quando non si possa
attuare il repechage.
◦ Licenziamenti collettivi: Legge 223/1991 (importante riduzione del personale
secondo criteri imposti dalla legge e solo in casi specifici individuati dalla legge,
unicamente dopo la conclusione di un complesso procedimento al quale prendono
parte anche le rappresentanze sindacali) = un'impresa con più di 15 dipendenti
decide di rinunciare a 5 lavoratori nell'arco di almeno 120 giorni.
Comunicazione scritta nella quale sono indicati determinati elementi (numero degli
esuberi, le ragioni, i motivi che impediscono il ricorso a soluzioni alternative, l'iter
di negoziazione prima tra azienda e sindacato, poi con le istituzioni, tavolo in
Regione o al Ministero del Lavoro se non si trova un accordo.
Pena obbligo di reintegrare immediatamente il lavoratore e corrispondergli un
risarcimento (tale procedura non vale per i nuovi assunti, che possono essere
indennizzati ma non reintegrati, a meno che in casi rari, il datore non abbia fatto
pervenire una comunicazione orale e non scritta).
◦ Art. 39 della Costituzione: libertà sindacale + Statuto dei Lavoratori (Titolo II e III)
◦ Controversie di lavoro: individuali e collettive (tra imprese ed organizzazioni
sindacali). Per queste ultime tentativo di conciliazione diventato facoltativo,
esperibile o in sede amministrativa presso le Direzioni provinciali del Lavoro, o in
sede sindacale secondo le procedure previste dai contratti collettivi.
La clausola compromissoria non può riguardare controversie relative alla risoluzione
del contratto di lavoro (licenziamento).
- Processo (maggiore rapidità, ampi poteri istruttore affidati al Giudice del Lavoro,
conciliazione, principio di preclusione)
*Nel diritto italiano, la preclusione è la perdita o estinzione del diritto di compiere un
atto processuale, dovuta alla incompatibilità con l'attività già svolta oppure al
fatto di avere già esercitato il diritto
- Processuale (vedi pdf) in fasi

DIRITTO INDUSTRIALE
1. Che cos'è la proprietà industriale?
Secondo l’Articolo 1 del Codice della Proprietà industriale, l'espressione “proprietà industriale”
comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di
origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a
semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali.
Più genericamente, con l’espressione “Proprietà Industriale” ci si riferisce a quell’insieme di
norme che disciplinano i diritti poc’anzi menzionati.
I diritti attribuiti dai titoli di proprietà industriale concedono alle imprese un monopolio di
sfruttamento e utilizzo delle loro creazioni/invenzioni.
Infatti, il c.d. ius escludendi omnes alios, derivante dalla titolarità di un diritto di proprietà
industriale, consiste proprio nella facoltà di vietare a terzi lo sfruttamento non autorizzato di segni
distintivi o creazioni intellettuali di vario genere, oggetto di privativa.
La proprietà industriale nasce quindi per offrire a tutte quelle aziende un diritto di esclusiva sui
propri beni immateriali (il c.d. asset intangibile d’impresa).
La maggioranza delle norme che regolano il diritto industriale sono contenute nel Codice della
proprietà industriale, D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (più volte modificato nel corso degli anni, di
seguito anche semplicemente il “Codice”).
Il Codice distingue due categorie di diritti di proprietà industriale: quelli titolati da quelli non
titolati.
I diritti di proprietà industriale titolati si acquistano mediante brevettazione, registrazione o negli
altri modi previsti dal presente codice.
Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilità e le nuove varietà vegetali.
Sono, invece, oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli e le topografie dei prodotti a
semiconduttori.
I diritti di proprietà industriale non titolati sono invece rappresentati dai segni distintivi diversi
dal marchio registrato, dai segreti commerciali, dalle indicazioni geografiche e dalle denominazioni
di origine, e sono protetti ricorrendone i presupposti di legge.
La registrazione e la brevettazione sono concesse da appositi Uffici. A seconda del caso i titoli di
privativa possono essere rilasciati dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM), dall’European
Union Intellectual Property Office (EUIPO) o dall’Ufficio dei Brevetti Europeo (UEB).
Generalmente, questi uffici effettuano esami formali e sostanziali delle domande che pervengono
loro prima di procedere alla concessione.
Vi sono poi alcune norme che esulano dal Codice e vengono in senso lato comunque ricondotte al
campo della Proprietà Industriale.
Rientrano in quest’ultima categoria la disciplina della concorrenza sleale, dettata dall’articolo 2598
c.c., le norme che disciplinano la ditta e l’insegna, di cui agli articoli 2563 e ss. c.c., e quelle che
riguardano il disegno e modello non registrato, incluse nel Regolamento CE 6/2002, ed altre.
Il concetto di proprietà industriale è da parte di alcuni autori considerato una species del genus più
ampio rappresentato dalla proprietà intellettuale, alla quale appartiene anche l’insieme di ulteriori
norme, come ad esempio quelle che regolano il diritto d’autore e i diritti connessi, nonché il
diritto sui generis sulle banche dati.
Perché “proprietà”?
Il termine “proprietà” è da sempre utilizzato in modo preponderante nella legislazione.
Sia a livello internazionale che europeo esso viene usato per indicare gli istituti disciplinati dal
nostro Codice. Ciò avviene nella Convenzione di Unione di Parigi, nell’Accordo sugli aspetti
commerciali dei diritti di proprietà industriale, nella Carta di Nizza e in numerosi regolamenti che
disciplinano tematiche inerenti la proprietà industriale.
Nel nostro ordinamento, invece, i riferimenti al diritto industriale non si limitano alla mera
proprietà. Ci sono infatti norme che si riferiscono ai diritti di proprietà industriale definendoli come
diritti reali.
Coerentemente con quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte
Costituzionale, la nozione di proprietà industriale rientra in quella generale di proprietà.
Già a partire dalla prima metà del ‘900, l’interesse del titolare del diritto industriale veniva tutelato
attraverso una tecnica giuridica, quella della privativa, molto simile alla tecnica giuridica di tutela
dell’interesse individuale all’appropriazione delle cose: la proprietà.
Entrambi i casi si riferivano a diritti soggettivi, assoluti e reali.
Le privative industriali rientrano nel campo di applicazione delle norme dedicate alla proprietà in
senso costituzionalistico. In queste norme la nozione di proprietà viene intrepretata in modo molto
ampio.
Molto discusso è, invece, se i diritti di proprietà industriale possano rientrare nella nozione di
proprietà civilistica. Nel corso tempo, infatti, si sono susseguite diverse correnti di pensiero volte a
escluderne o confermarne l’appartenenza.
Attualmente ci si è allontanati da ogni tipo di discussione dogmatica, per preferire un approccio
interpretativo basato su diversi criteri, tra cui quello teleologico.
Questo approccio è funzionale al campo della proprietà industriale, dove le differenze tra le diverse
qualificazioni dogmatiche, nette e precise, sfumano nella applicazione pratica.
La legge disciplina gli istituti di diritto industriale in modo molto ampio con conseguente incertezza
sulla possibilità di integrare tali norme con quelle generali relative alla proprietà sui beni materiali.
La proprietà conferisce un diritto assoluto sul bene. Tale bene, nel caso della proprietà industriale, è
immateriale.
Le differenze tra la proprietà industriale e quella civilistica sono molteplici. In ragione di ciò,
potranno essere applicate ai beni intangibili solo le norme civilistiche compatibili con il carattere
immateriale del bene oggetto del diritto.
Talora le problematiche di applicazione (analogica) delle regole civilistiche alla proprietà
industriale sorgono anche laddove è lo stesso Codice ad imporle, come nel caso dell’articolo 6
relativo alla comunione sui diritti di proprietà industriale.
Perché “industriale”?
L’espressione “proprietà industriale” è utilizzata dall’articolo 15 della Legge Delega 12 dicembre
2002, n.273, che tratta il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale.
Questa formula, usata per indicare i segni distintivi, invenzioni, modelli e concorrenza sleale,
trovava legittimazione nella Convenzione di Unione di Parigi per la protezione della proprietà
industriale.
Tale termine rimanda al mondo dell’industria, richiamando un diritto che è inerente alla vita
dell’impresa.
Il diritto industriale, infatti, rappresenta uno degli strumenti fondamentali che l’imprenditore deve
utilizzare al fine di salvaguardare ed aumentare le quote di mercato da lui conquistate.
L’attributo industriale distingue questa disciplina da quella della proprietà intellettuale con cui,
come accennato si indicano un gruppo di norme più vasto che include ad esempio anche il diritto
d’autore e i diritti connessi.
Le privative industriali
Come accennato, il Codice al suo articolo 2 distingue i diritti titolati da quelli non titolati.
Sono i primi che danno luogo alle c.d. privative industriali, ossia diritti di esclusiva che
conferiscono un monopolio attestato da un certificato rilasciato da un apposito Ufficio.
Ogni privativa offre un assetto peculiare di diritti che, può essere generalmente inteso come il diritto
di opporsi a qualsiasi indebita interferenza, sfruttamento o appropriazione del proprio segno, della
propria creazione o della propria opera.
Il marchio è probabilmente la privativa industriale più conosciuta, essendo lo strumento di tutela
per eccellenza dei segni capaci di distinguere i prodotti o servizi in ragione della loro provenienza
imprenditoriale, e di distinguere i prodotti di un’impresa da quelli delle concorrenti.
Il marchio è un segno distintivo che indica l’origine imprenditoriale di un prodotto o servizio.
Ultimamente, la Corte di Giustizia ha riconosciuto al marchio varie altre funzioni secondarie, che
vanno da quella di garanzia di qualità, a quella di protezione degli investimenti, a quella
pubblicitaria.
Il brevetto per invenzione tutela soluzioni nuove e originali ad un problema tecnico, destinate ad
un’applicazione di carattere industriale.
Un’invenzione per essere brevettabile deve quindi apportare un progresso rispetto alla tecnica ed
alle cognizioni preesistenti, ed esprimere un’attività originale e nuova dell’inventore. È dunque
importante che l’invenzione non sia stata già divulgata o resa accessibile al pubblico, anche dallo
stesso inventore, prima della domanda di deposito del brevetto.
La dottrina descrive il brevetto per invenzione come un patto tra inventore e società. Uno scambio
con il quale il primo mette a disposizione della seconda la piena e chiara conoscenza di una
innovazione tecnologica, a fronte di un periodo di esclusivo utilizzo, durante il quale potrà sfruttare
in regime di monopolio l’invenzione per ottenere una legittima remunerazione a fronte dello sforzo
di ricerca e sviluppo effettuato.
Il brevetto per modello di utilità, a differenza del brevetto per invenzione, tutela non
un’invenzione nuova e originale, ma una forma nuova di un prodotto industriale che dia al prodotto
stesso una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego.
Rispetto al brevetto per invenzione, nel modello di utilità manca la necessità di trovare una
soluzione nuova ad un problema tecnico: l’innovazione agisce solo su aspetti marginali ed esecutivi
di ciò che è già noto, attribuendogli maggiore utilità o comodità. A tal proposito si parla anche di
“piccola invenzione”. Questo istituto non è conosciuto da tutti i paesi.
I disegni e modelli registrati proteggono esclusivamente l’aspetto esteriore ovvero la forma di un
prodotto o di una sua parte. Il Regolamento CE 6/2002 prevede all’articolo 19 una tutela
temporalmente più ristretta (3 anni) anche per i disegni e modelli non registrati. Oggetto di
protezione sono le caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura
superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione che
siano nuovi ed abbiano carattere individuale.
Per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali,
comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:
a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e
combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli
operatori del settore;
b) abbiano valore economico in quanto segrete;
c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da
ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
Le indicazioni geografiche e le denominazioni d’origine sono segni distintivi della provenienza
che consistono nell’accostamento del nome geografico al nome di un prodotto. Identificano un
paese, una regione o una località, quando siano adottate per designare un prodotto che ne è
originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o
essenzialmente all'ambiente geografico d'origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di
tradizione.
Le topografie dei prodotti a semiconduttori consistono in una serie di disegni correlati,
comunque fissati o codificati rappresentanti lo schema tridimensionale degli strati di cui si compone
un prodotto a semiconduttori.
A sua volta è definibile prodotto a semiconduttori ogni prodotto finito o intermedio:
a) consistente in un insieme di materiali che comprende uno strato di materiale semiconduttore;
b) che contiene uno o più strati composti di materiale conduttore, isolante o semiconduttore,
disposti secondo uno schema tridimensionale prestabilito;
c) destinato a svolgere, esclusivamente o insieme ad altre funzioni, una funzione elettronica.
Per essere tutelabile, ciascuna immagine della serie di disegni della topografia deve riprodurre in
tutto o in parte una superficie del prodotto a semiconduttori in uno stadio qualsiasi della sua
fabbricazione.
Può costituire oggetto del diritto su una nuova varietà vegetale un insieme vegetale di un taxon
botanico del grado più basso conosciuto che, conformandosi integralmente o meno alle condizioni
previste per il conferimento del diritto di costitutore, può essere:
a) definito in base ai caratteri risultanti da un certo genotipo o da una certa combinazione di
genotipi;
b) distinto da ogni altro insieme vegetale in base all'espressione di almeno uno dei suddetti caratteri;
c) considerato come un'entità rispetto alla sua idoneità a essere riprodotto in modo conforme. Tale
protezione consiste in un diritto esclusivo di produrre e riprodurre la varietà, di commercializzarla,
esportarla, importarla e di detenerla per gli scopi appena menzionati. 
2. Il Codice della Proprietà Industriale
Il Codice della Proprietà Industriale, emanato con il D.Lgs del 10 febbraio 2005, n. 30,
successivamente modificato nel corso degli anni da numerosi interventi legislativi, ha introdotto nel
sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di genesi, tutela e valorizzazione dei
diritti di proprietà industriale.
Raccoglie tutte le norme attinenti le privative industriali e ha lo scopo non solo di semplificare e
modernizzare la materia, ma anche di attuare l’armonizzazione delle norme interne con il diritto
comunitario e le convenzioni internazionali.
Il Codice della proprietà industriale ha abrogato circa una trentina di norme e ha quindi racchiuso in
un testo unico molte regole frammentarie.
Il Codice ha segnato anche un cambiamento qualitativo, in quanto ha riordinato, aggiornato e
semplificato la materia.
Il Codice si compone di 246 articoli, divisi in otto capi,
Capo I - Diposizioni generali e principi fondamentali (Artt. 1-6)
Capo II - Norme relative all'esistenza, all'ambito e all'esercizio dei diritti di proprietà industriale
(Artt. 7-116)
Capo III - Tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale (Artt. 117-146)
Capo IV - Acquisto e mantenimento dei diritti di proprietà industriale e relative procedure (Artt.
147-193)
Capo V - Procedure speciali (Artt. 194-200)
Capo VI - Ordinamento professionale (Artt. 201-222)
Capo VII - Gestione dei servizi e diritti (Artt. 223-230)
Capo VIII - Disposizioni transitorie e finali (Artt. 231-246)
A livello strutturale, dopo aver enunciato disposizioni generali che valgono per tutti i titoli di
privativa industriale, il Codice prevede una prima parte relativa all’analisi dei singoli diritti
industriali e la relativa disciplina di diritto sostanziale, per poi passare alle disposizioni inerenti alla
tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale.
Nonostante il Codice sia stato introdotto nel 2005, in questi anni numerose sono state le modifiche
apportate, la maggior parte volte ad armonizzare la legislazione nazionale con quella europea.
Una delle ultime modifiche in ordine cronologico è rappresentata dal D.lgs. n. 15 del 20 febbraio
2019. Tale intervento ha permesso di allineare la disciplina italiana in tema di diritto industriale alle
disposizioni previste dalla Direttiva UE 2436/2015 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di marchi d'impresa. 

Modi di acquisto dei diritti della


proprietà industriale
• Diritti titolati:
– Brevettazione: invenzioni, modelli di utilità, nuove
varietà vegetali;
– Registrazione: marchi, disegni e modelli,
topografie dei prodotti a semiconduttori.
• Diritti non titolati:
– Sorgono in presenza di determinati presupposti di
legge – disciplinati dalle norme sulla concorrenza
sleale, il loro inserimento nel CPI ne ha rafforzato
la tutela.
• Segni distintivi (Art. 2564): ditta, insegna, marchio
• D.Lgs. C.P.I. 2005: confusione nel consumatore, dunque giudizio di probabilità di fronte al
Giudice, che veste i panni del consumatore medio
• Tutela invocabile, sanzioni: ........
• Modelli: di unità e disegni e modelli (differenza: oggetto della tutela): categoria delle
invenzioni tecniche e di design
• Brevetto: è un formidabile strumento commerciale per le imprese, che consente loro:
•di proteggere i propri investimenti in ricerca e innovazione, evitando che altri utilizzino
gratuitamente il frutto di tali attività
•di acquisire risorse economiche supplementari attraverso la gestione economica dei suoi diritti di
uso.

Un asset da proteggere
Oggi il valore di molte aziende è costituito al 90% dai cosiddetti intangible assets, costituiti in
maggior parte da diritti di proprietà industriale. Con la protezione brevettuale è possibile impedire
ad altri di brevettare invenzioni identiche o simili e anche di violare i diritti d’uso (produzione e
commercializzazione) oggetto del brevetto. Possedere un brevetto forte fornisce concrete possibilità
di ottenere successo nelle azioni legali contro coloro che copiano l’invenzione protetta.
Una risorsa da valorizzare
Un buon portafoglio brevetti può essere percepito dai partner commerciali, dagli investitori, dagli
azionisti e dai clienti come una dimostrazione dell’alto livello di qualità, specializzazione e capacità
tecnologica dell’azienda, elevandone l’immagine positiva.
Utilizzando il brevetto non solo per disporre di un diritto esclusivo sul mercato, ma anche come una
normale proprietà o bene, è possibile ottenere i seguenti vantaggi economici e competitivi:
•profitti supplementari derivanti dalla concessione di licenze d’uso o dall’assegnazione del
brevetto: il titolare di un brevetto può cederne l’uso a terzi in cambio di un compenso pecuniario e/o
del pagamento di “royalty”, in modo da produrre profitti supplementari per la propria impresa; la
vendita (o l’assegnazione) di un brevetto implica il trasferimento della proprietà sullo stesso, mentre
la licenza di un brevetto comporta la sola possibilità di servirsi dell’invenzione brevettata a
specifiche condizioni
•profitti più alti o utili sugli investimenti: se l’impresa ha investito una quantità significativa di
denaro e di tempo in R&S, la protezione brevettuale derivante dall’invenzione può rivelarsi uno
strumento economico e finanziario per un ritorno degli investimenti
•accesso alla tecnologia mediante licenze incrociate: qualora l’impresa fosse interessata a una
tecnologia di proprietà di un’altra impresa, potrà utilizzare i propri brevetti al fine di negoziare un
accordoin base al quale le due imprese potranno utilizzare, nel rispetto delle condizioni previste
dall’accordo stesso, uno o più dei rispettivi brevetti
•accesso a nuovi mercati: la concessione a terzi di una licenza su un brevetto può determinare
l’accesso a nuovi mercati che sarebbero altrimenti inaccessibili; in questo caso è consigliabile
proteggere l’invenzione anche nel mercato straniero d’interesse
•maggiori possibilità di ottenere contributi finanziari dai soggetti intermediari a fronte della
titolarità di un asset intangibile: la proprietà di brevetti (ovvero la licenza d’uso di brevetti
posseduti da altri) può rivelarsi essenziale per ottenere risorse finanziarie integrative in sede di
produzione e commercializzazione dei propri prodotti; in alcuni settori, come ad esempio quello
delle biotecnologie, spesso è necessario disporre di un importante portafoglio di brevetti per attirare
investitori pronti a finanziare progetti ambiziosi.
In pratica un brevetto determina un concreto arricchimento di un’azienda, oltre che accrescerne
la posizione di forza sul mercato.
• Segreti industriali
• Nomi di dominio

Oltre al diretto esercizio di sfruttamento economico, vi è anche lo sfruttamento dei


diritti (per cessione o licenza a terzi) di proprietà industriale.Inoltre: merchandising,
franchising e co-branding.

- DUE DILIGENCE: valutazione del portafoglio brevetti aziendali (aggiornare strategie di


brevettazione e aiutare valutazioni di acquisto, vendita, licenza o difesa dei brevetti)

TUTELE: (principalmente per contraffazione e nullità/decadenza)

-**DANNO EMERGENTE vs LUCRO CESSANTE: Un negoziante acquista della merce da


rivendere nella propria bottega e il vettore perde il carico. Il commerciante:
- deve ricomprare la merce andata distrutta, quindi, la sua perdita rappresenta un danno
emergente;
- non può giovarsi dei profitti che avrebbe conseguito vendendo la merce e questo pregiudizio si
traduce in un mancato guadagno, ossia nel lucro cessante.

● Azioni stragiudiziali
● Azioni doganali
● Azioni giudiziali (misure cautelari, interdittive, risarcitorie)

Azienda-consumatore: pratiche commerciali scorrette (Codice del Consumo) = ingannevoli o


aggressive

• Autorità Antitrust investite da poter ispettivi, redatto un processo verbale, decisione


motivata (divieto di continuare la pratica + pubblicità della decisione dell'Autorità) +
sanzione amministrativa pecuniaria.
• Pubblicità aggressiva (idonea a limitare la libertà di scelta o di comportamento del
consumatore medio)
• elementi da tenere in considerazione: luogo, tempo, natura, persistenza, ricorso alla
minaccia fisica o verbale, ostacoli non contrattuali,

– PRIVACY (GDPR)
✗ Regolamento 2016/679
✗ Codice della Privacy (L. 196/2003) , modifiche attraverso il decreto di adeguamento
101/2018: obbligo per i dati sensibili di ottenere il 'consenso esplicito'. (libero ma non
tacito, scritto e consapevole.)
• Diritto all'oblio (Art. 17 GDPR) = cancellazione, sempre che la richiesta sia
legittima, ovvero rivolto alle persone che si trovano in specifiche situazioni
• Rilevante interesse pubblico
• La figura del 'Responsabile del trattamento' nominato dal titolare con atto scritto,
che garantista con professionalità il rispetto delle vigenti disposizioi in materia di
trattamento dati. Nominato/i per iscritto tramite una lettera contenente l'indicazione
dei dati ai quali potranno accedere e le istruzioni per il corretto trattamento di essi.
• Diritto alla riservatezza
• Potere di controllo del datore di lavoro: L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori è
stato riformato dal c.d. “Jobs Act” (art. 23 del decreto legislativo n. 151/2015, in
vigore dal 24 settembre 2015) che ha introdotto importanti modifiche rispetto alla
possibilità del datore di lavoro di operare un controllo sull’attività lavorativa svolta
dai propri dipendenti. Prima della riforma (e, quindi, del 24 settembre 2015), vigeva
un divieto assoluto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Tale divieto veniva meno
solo nei casi in cui il datore di lavoro, per esigenze organizzative, produttive o di
sicurezza del lavoro, intendesse installare nuove apparecchiature dalle quali potesse
derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti: in tal caso, era
necessario il previo accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza,
l’autorizzazione delle articolazioni locali del Ministero del Lavoro territorialmente
competenti.
Ora, non vi è più un esplicito divieto di controllo a distanza della prestazione
lavorativa. Due, infatti, sono gli aspetti presi in considerazione dal nuovo testo della
norma:
•da un lato, l’impiego di impianti audiovisivi e di altri strumenti che consentono un controllo a
distanza dell’attività dei lavoratori (ad esempio, gli impianti di videosorveglianza);
•dall’altro, l’utilizzo di altri strumenti che il datore di lavoro assegna ai propri dipendenti per lo
svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio, computer, telefoni, tablet), nonché gli
strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze (c.d. lettori badge).
I primi (impianti audiovisivi e strumenti di controllo a distanza) continuano, come in passato, a
poter essere utilizzati dall’imprenditore esclusivamente per esigenze di carattere organizzativo e
produttivo, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. Affinché la loro installazione
ed il loro utilizzo sia considerato legittimo, è necessario che vi sia un accordo sindacale circa le
modalità di utilizzo di tali apparecchiature (accordo stipulato, a seconda delle dimensioni
dell’impresa, con le RSA o le RSU o con i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano
nazionale). Se tale accordo manca, il datore di lavoro deve ottenere la previa autorizzazione della
Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro (si rivolgerà all’uno o all’altro a
seconda delle dimensioni dell’azienda).
Pertanto, prima di installare ed utilizzare tali sistemi all’interno dell’impresa, il datore di lavoro
deve aver raggiunto un accordo con le rappresentanze sindacali o, quantomeno aver ricevuto
l’autorizzazione ministeriale: entrambi gli organi, infatti, svolgono un compito di verifica della
legittimità e della correttezza dell’impiego di questi strumenti a tutela di tutti i lavoratori impiegati
nell’impresa.
La seconda parte della norma, invece, legittima l’esercizio di un controllo a distanza (c.d. diretto)
effettuato sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per eseguire le proprie mansioni e sugli strumenti
di rilevazione degli accessi e delle presenze (c.d. lettori badge). In questo caso, infatti, non c’è
l’obbligo per il datore di lavoro di raggiungere una intesa sindacale o di ottenere
l’autorizzazione ministeriale: il controllo è libero e può essere effettuato anche senza un’esigenza
organizzativa o produttiva. In assenza di qualsiasi funzione di “filtro” attribuita alle organizzazioni
sindacali o alla vigilanza del Ministero del Lavoro per mezzo della Direzione Territoriale del
Lavoro, è il singolo lavoratore che dovrà verificare se il controllo è esercitato
dall’imprenditore in modo legittimo ed eventualmente recarsi presso un sindacato o un legale per
tutelare i propri diritti.
Anche per questi motivi, è fondamentale sapere che ora il datore di lavoro può utilizzare le
informazioni raccolte attraverso l’esercizio del potere di controllo per tutti i fini connessi al
rapporto di lavoro.
Ciò può avvenire solo se vengano rispettate le due condizioni che seguono:
1.i lavoratori devono essere informati adeguatamente circa le modalità con le quali devono
essere utilizzati gli strumenti concessi in dotazione e le modalità con le quali verrà esercitato il
controllo;
2.deve essere sempre rispettata la normativa in materia di privacy (decreto legislativo n.
196/2003).
L’inosservanza di anche solo una delle due condizioni indicate, rende illegittimo l’utilizzo delle
informazioni ai fini, ad esempio, di un procedimento disciplinare e, quindi, anche di un
licenziamento.
• *Controlli difensivi: cosa sono
I controlli difensivi sono controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei
lavoratori esclusivamente quanto tali comportamenti non siano funzionali all'esatto adempimento
degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro.
Sono leciti i controlli difensivi occulti?
Scopriamo quanto previsto dalla Cassazione civile (sez. lav. n.10636 del 2 maggio 2017) nel caso in
cui vengano installate delle telecamere in luoghi in cui si erano verificati dei furti.
“L’adozione di strumenti di controllo a carattere “difensivo” non necessita tout court del preventivo
accordo con le rappresentanze sindacali né di alcuna specifica autorizzazione, in quanto volta
a prevenire condotte illecite suscettibili di mettere in pericolo la sicurezza del patrimonio
aziendale e il regolare e corretto svolgimento della prestazione lavorativa. Fermo restando che
l’esigenza di evitare il compimento di condotte illecite da parte dei dipendenti non può assumere
una portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia delle dignità e
della riservatezza del lavoratore.
Per tale motivo è tendenzialmente ammissibile il controllo difensivo occulto, anche a opera di
personale estraneo all’organizzazione aziendale, in quanto diretto all’accertamento di
comportamenti illeciti diversi dal mero adempimento della prestazione lavorativa, purché il
controllo sia effettuato con modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di
libertà e dignità dei dipendenti”.
• * VIDEOCAMERE come misura di sorveglianza in seguito al JOBS ACT: uffici
privati e pubblici, previo accordo sindacale, obbligo di informare i lavoratori,
rispetto delle norme privacy. Prima disposizione indiscutibilmente vietata!! dall'art. 4
Statuto dei lavoratori (legge n. 300/70)e sanzionata con la reclusione.
• PARTE III Codice Privacy: regime sanzionatorio (tutela amministrativa Art 141
Decreto 196/2003 rivolgendosi al Garante della Privacy mediante reclamo o
segnalazione a cui quest'ultima può seguire un'istruttoria preliminare ed un
procedimento amministrativo, e giurisdizionale)

– IL COMMERCIO ELETTRONICO

DIRITTO BANCARIO E FINANZIARIO E DELL'ASSICURAZIONE

• Fonti nazionali e sovranazionali (PLURALISMO FONTI): Costituzione (Artt.


41 e 47 + fonti sovranazionali; leggi ordinarie tra cui T.U.B., Codice Civile, ed
alcune leggi speciali; regolamenti e atti amministrativi tra cui decreti del
Ministero dell'economia e finanze, provvedimenti Comitato Interministeriale
per il Credito e il Risparmio, Banca d'Italia; usi normativi e negoziali).
Codice Civile*: artt. 1834-1860: contratti tipici = deposito bancario, apertura
di credito, sconto bancario.
• Codice civile in materia di contratti bancari, l. n. 216/1974 istitutiva della
Consob, legge bancaria del '36.
• Tecno-linguaggio e specifico di economia e finanza
- OPERAZIONI TIPICHE: deposito, apertura credito, sconto bancario (di
cui all'art. 1858 c.c. la banca anticipa una somma di denaro al cliente,
corrispondente al credito non ancora scaduto da questi vantato nei confronti di
un soggetto terzo, deducendone gli interessi.),conti correnti, convenzioni di
assegno (intermediazione nel credito)
- " " ACCESSORIE: deposito di titoli in amministrazione (Il deposito di
titoli a custodia ed amministrazione è un servizio in base al quale la Banca
custodisce e amministra, per conto del Cliente, strumenti finanziari e titoli in
genere, cartacei o dematerializzati (azioni, obbligazioni, titoli di Stato, ecc.),
servizio cassetta di sicurezza ( Le cassette di sicurezza sono usate da sempre
più italiani per depositare contanti, beni preziosi, titoli e qualunque altra cosa,
normalmente di un certo valore, non si voglia conservare in casa. Per esempio
da chi acquista monete da investimento, un settore in grande crescita e molto
amato da collezionisti o semplici investitori). (presta al pubblico servizi
diversi)
- " " OCCASIONALMENTE BANCARIE: mutuo, fideiussione, avallo.
• L'anticipazione bancaria (la banca mette a disposizione del cliento una
somma di denaro, ottenendo in garanzia il pegno di titoli o merci): pegno
regolare (le cose ricevuto in pegno solo individuabili e dunque la banca non ne
può disporre e riceve un rimborso sulle spese di custodia), irregolare (non
individuabili)
*Pegno = il titolare del bene concesso in garanzia viene spossessato del medesimo e il creditore
potrà soddisfarsi sullo stesso nel caso di inadempimento al proprio credito.

• Mutuo fondiario: forma speciale di mutuo ipotecario


• Contratti parabancari (di natura finanziaria): servizi di investimento (vedi i
soggetti autorizzati a prestarli, sotto specifica autorizzazione rilasciata a seconda
dei casi, dalla Consob o Banca d'Italia.) I soggetti sono sottoposti a vigilanza
continua. CONSOB = La Commissione Nazionale per le Società e la
Borsa (meglio nota con l'acronimo CONSOB) è l'ente rivolto alla tutela
degli investitori, all'efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato
mobiliare italiano; è un'autorità amministrativa indipendente dotata di autonoma
personalità giuridica e piena autonomia operativa, istituita con la legge 7 giugno
1974, n. 216. La funzione di vigilanza si svolge di concerto con la Banca di
Italia, per quanto riguarda l'attività degli istituti di credito italiani o di diritto
estero operanti in Italia. Il suo operato si inserisce nella più ampia cornice
del Sistema europeo di vigilanza finanziaria, attivo dal 2011.
• TRASPARENZA BANCARIA: legata all'informazione.
✔ Leva finanziaria = Attraverso l'utilizzo della leva finanziaria (o "leverage")
un soggetto ha la possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un
ammontare superiore al capitale posseduto e, conseguentemente, di
beneficiare di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante
da un investimento diretto nel sottostante e, di converso, di esporsi al rischio
di perdite molto significative. Vediamo come funziona il concetto di leva
partendo da un caso semplice. Ipotizziamo di avere 100 € a disposizione da
investire in un titolo.  Poniamo che le aspettative di guadagno o perdita siano
pari al 30%: se le cose vanno bene, avremo 130 €, in caso contrario, avremo
70 €. Questa è una semplice speculazione in cui scommettiamo su un
determinato evento. Nel caso in cui decidessimo di rischiare di più
investendo, oltre ai nostri 100 €, anche altri 900 € presi in prestito, allora
l'investimento assumerebbe un'articolazione diversa poiché utilizziamo una
leva finanziaria di 10 a 1 (investiamo 1000 € avendo un capitale iniziale
unicamente di 100). Se le cose andranno bene e il titolo sale del 30%,
riceveremo 1300 €, restituiamo i 900 presi in prestito con un guadagno di 300
€ su un capitale iniziale di 100. Otteniamo, quindi, un profitto del 300% con
un titolo che in sé dava un 30% di rendimento. Ovviamente sui 900 € presi in
prestito dovremo pagare un interesse, ma il principio generale rimane valido:
la leva finanziaria permette di aumentare i possibili guadagni.
✔ Rischio di perdita totale, possibilità che dall'investimento derivino impegni,
obbligazioni, passività potenziali che si aggiungono al costo di acquisizione
del titolo, sui costi del servizio.
• Contratto scritto (eccetto per la consulenza)
• Strumenti di tutela:
✔ Segreto bancario: tranne autorità giudiziaria e ufficiali di polizia da questa
delegati (Art. 248 e 255 c.p.p.)
• Legislazione antiriciclaggio (la nozione acquisisce diverse nozioni nel codice
penale e nella normativa antiriciclaggio): Legge 5 luglio 1991 n.197. I soggetti
individuati sono sia colui che ha posto in essere l'attività criminosa che altri
soggetti.
• La disciplina antiusura (categoria: delitti contro il patrimonio mediante frode.
Art. 644 codice penale): L'usura (parola neolatina usata anche per definire
l'applicazione illegale degli interessi finanziari) è la pratica che consiste nel
fornire prestiti a tassi di interesse considerati illegali, socialmente riprovevoli e
tali da rendere il loro rimborso molto difficile o impossibile, spingendo perciò
il debitore ad accettare condizioni poste dal creditore a proprio vantaggio, come
la vendita a un prezzo particolarmente vantaggioso per il compratore di un bene
di proprietà del debitore, oppure spingendo il creditore a compiere atti illeciti ai
danni del debitore per indurlo a pagare. Di solito le vittime dell'usura sono
persone e aziende in difficoltà economiche, alle quali è precluso
il credito bancario, in ragione della consapevolezza da parte della banca della
presumibile insolvenza di chi chiede prestiti. Tali persone e aziende trovano
credito presso canali non ufficiali. Chi concede il prestito a tassi d'usura conta di
rivalersi, in caso di mancato pagamento, sul patrimonio del debitore, che accetta
il prestito anche a tali condizioni, sperando di poterlo comunque restituire.
Frequentemente gli usurai (detti comunemente "strozzini") svolgono altre attività
illegali, dalle quali provengono i capitali che essi prestano e compiono altri atti
illeciti, come il riciclaggio di denaro guadagnato illecitamente o atti di violenza
per piegare la volontà delle loro vittime. Altre volte l'usuraio svolge un'attività
lecita che, oltre a fargli guadagnare grosse somme, lo mette in contatto con
persone in difficoltà. Talora, l'usuraio già dispone di un notevole patrimonio
personale ed è in grado di fornire garanzie ai creditori per prestiti di un certo
ammontare. La legge stabilisce dei limiti entro cui gli interessi sono sempre
usurari.
✔ Presunta : ricorre quando si eccede la soglia d'usura
✔ Concreta : ricorre nel caso di abuso dello stato di difficoltà della vittima,
quale strumento di lucro indebito attraverso sproporzione delle prestazioni.
✔ Tutela: Legge 44/1999 (domanda di elargizione). Vedi Art. 20: sospensione o
proroga di determinati termini x la durata di 300 gg., sospesi termini di
prescrizione..
- Accertamento dei requisiti (termini da sospendere o prorogare ricadano
entro un anno dall'evento lesivo, il soggetto beneficiario abbia presentato
domanda di elargizione nei modi indicati dall'Art. 13 della legge, che vi sia il
provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica.
• L'attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti
finanziari è esercitata da società per azioni, denominate società di
gestione del mercato, sotto il controllo di CONSOB e Ministro dell'Economia
e delle Finanze. L'organizzazione e la gestione del mercato sono disciplinate da
un regolamento deliberato dall'assemblea ordinaria della società di gestione. Il
regolamento ha per oggetto le condizioni e le modalità di ammissione, di
esclusione e di sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari dalle
negoziazioni; le condizioni e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni e
gli eventuali obblighi degli operatori e degli emittenti; le modalità di
accertamento, pubblicazione e diffusione dei prezzi; i tipi di contratti ammessi
alle negoziazioni, nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi minimi
negoziabili.
L’esercizio di un mercato regolamentato è subordinato al rilascio della relativa
autorizzazione amministrativa, previa verifica dei requisiti di capitale in capo alla
società richiedente, dei requisiti di professionalità e onorabilità dei suoi esponenti
aziendali e degli azionisti qualificati, nonché dell’idoneità del regolamento del
mercato ad assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e
la tutela degli investitori. L’autorizzazione all’esercizio del mercato comporta
l’iscrizione dello stesso in un apposito elenco, tenuto dalla CONSOB
I mercati regolamentati, in economia ed in particolare nella finanza sono
mercati finanziari caratterizzati dalla presenza di una disciplina
sull'organizzazione di mercato, cioè dell'operatività, i requisiti per la quotazione,
i requisiti per diventare intermediari, le regole di negoziazione.
Società di gestione: Figura introdotta dal D.Lgs. 415/96, decreto Eurosim (v.), e
successivamente disciplinata dal D.Lgs. 58/98 (Testo Unico della finanza) nel
quadro del riassetto del mercato mobiliare italiano e della privatizzazione
della Borsa valori (v.). La normativa prescrive che l'attività di organizzazione e
gestione dei mercati regolamentati (v.) di strumenti finanziari ha carattere
d'impresa (v.) ed è esercitata da società per azioni anche senza scopo di lucro.
Alla CONSOB (v.) è demandato il compito di regolamentare il capitale (v.)
minimo delle società di gestione e le attività connesse e strumentali a quelle di
organizzazione e gestione che esse possono svolgere.
La CONSOB ha provveduto a emanare i regolamenti di propria competenza con
la delibera n. 11971 del 14-5-1999, in cui fissa il capitale minimo, versato ed
esistente, delle società di gestione nella misura di 5 milioni di euro.
Il citato regolamento CONSOB stabilisce, inoltre, le attività connesse e
strumentali che le società di gestione possono svolgere.
La società di gestione ha l'importante compito di deliberare il regolamento del
mercato che definisce in concreto le regole per l'organizzazione e il
funzionamento del mercato e che viene poi sottoposto al vaglio della Consob, la
quale, in sede di rilascio dell'autorizzazione dell'esercizio del mercato, ne verifica
la conformità alla disciplina comunitaria e ai principi di buon funzionamento e
trasparenza.
Inoltre, la società di gestione provvede a:
— predisporre le strutture, fornire i servizi del mercato e determinare i
corrispettivi ad essa dovuti;
— adottare tutti gli atti necessari per il buon funzionamento del mercato e
verificare il rispetto del regolamento;
— disporre l'ammissione, l'esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari
e degli operatori dalle negoziazioni;
— comunicare alla Consob le violazioni del regolamento del mercato,
segnalando le iniziative assunte;
— provvedere alla gestione e alla diffusione al pubblico delle informazioni e dei
documenti;
— provvedere agli altri compiti ad essa eventualmente affidati dalla Consob.
Attualmente la più importante società di gestione dei mercati regolamentati è la
Borsa Italiana S.p.A. istituita, in osservanza a quanto disposto dal decreto
Eurosim, il 7-2-1997.
Tenuto conto dei numerosi cambiamenti verificatisi all'interno dei mercati
finanziari (istituzione di nuovi segmenti, prolungamento della negoziazione oltre
l'orario ufficiale), la Borsa Italiana S.p.A. gestisce la borsa valori nelle sue attuali
articolazioni (MTA, MCW, TAH, MOT, Euro MOT, MPR), il Mercato Ristretto e
il Mercato degli strumenti derivati (IDEM).

• MARKET ABUSE:
✔ Informazione privilegiata = di carattere preciso, che non è ancora stata resa
pubblica, e se resa pubblica potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di
tali strumenti finanziari. (un investitore potrebbe utilizzarla come uno degli
elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento)
✔ Ristrutturazione finanziaria:
- Consolidamento/Riscadenziamento dell'indebitamento = forma
d'intervento più applicata per eliminare lo stato d'insolvenza.
- Ristrutturazione del debito
- Erogazione di nuova Finanza: Aumento di capitale e ricerca nuovi
partner; la Cartolarizzazione dei crediti bancari(Legge 130/1999) o
securitization (Si tratta di una complessa operazione finanziaria che trova
la propria origine nella cessione di crediti ma che poi si completa
attraverso la costituzione di titoli basati sui crediti stessi, idonei ad essere
emessi sul mercato finanziario. Più precisamente, i crediti sono ceduti a
titolo oneroso da parte del cedente a favore del cessionario, il quale li
acquista contro corrispettivo. Il cessionario, a sua volta, finanzia
l'acquisto - eventualmente grazie all'intervento di un intermediario
qualificato - con l'emissione di strumenti finanziari, collocati presso il
pubblico, ovvero presso investitori professionali)

✔ Project Financing = la finanza di progetto è un'operazione di tecnica di


finanziamento a lungo termine di un progetto in cui il ristoro del
finanziamento stesso è garantito dai flussi di cassa previsti dalla attività di
gestione o esercizio dell'opera stessa. Il coinvolgimento dei soggetti
privati nella realizzazione, nella gestione e soprattutto nell'accollo totale o
parziale dei costi di opere pubbliche, o opere di pubblica utilità, in vista
di entrate economiche future rappresenta la caratteristica principale del
project financing.
Tra gli attori nel progetto si annoverano:
•Soggetto promotore: colui che dà forma all'idea e la guida nel percorso di formulazione fino a
diventare progetto. Vi possono essere anche più promotori (come avviene solitamente).
•Soggetto sviluppatore: scelto tra i promotori, cura le analisi di primo livello sulla fattibilità del
progetto. Predisporrà una pianificazione delle attività scandendo i tempi ed evidenziando le criticità
e redigendo il budget dei costi di sviluppo.
•Soggetto finanziatore: è il soggetto prestatore dei fondi del progetto, che ha il compito di reperire
le risorse utili per la copertura del fabbisogno finanziario del progetto.
•Consulente finanziario: il compito di predisporre e strutturare il Modello Economico Finanziario,
di interloquire con gli investitori e con il soggetto concedente.
•Società di progetto: alla quale viene assegnato il compito dell'esecuzione del progetto.
Società di progetto
Attraverso la creazione di una società di progetto (anche una società di trasformazione urbana,
meglio nota in inglese come Special Purpose Vehicle, SPV) si opera la separazione giuridica e
finanziaria del progetto dai partner . Inoltre la partecipazione di più soggetti consente un'allocazione
dei rischi verso i soci bilanciando in modo ottimale i rischi trasferiti all'operatore privato e il costo
del trasferimento a carico dell'amministrazione pubblica. La "società di progetto" o
"concessionario", è il soggetto giuridico costituito allo scopo che permette di mantenere separati i
capitali destinati al progetto da quelli dei soggetti proponenti l'iniziativa d'investimento (i cosiddetti
"promotori").

• I TRUST
 Modello inglese: Settlor, Trustee e Beneficiary
 Purpose, business, incombe Trust
 Nasce con l'atto istitutivo
 Convenzione Aja 1985
 Modello internazionale: no necessariamente trasferimento della proprietà, ma
sottoposizione del patrimonio al controllo del trustee.

Spesso affidare beni immobili a soggetti terzi, senza cederne la proprietà o il godimento, può essere
una soluzione ideale a protezione dei propri averi.
Il trust è uno strumento giuridico: il suo scopo è quello di tutelare determinati beni che
appartengono ad un soggetto. Una persona costituisce un trust per diverse ragioni; magari è un
professionista che svolge un’attività rischiosa (come i broker, gli imprenditori) ed intende
salvaguardare il patrimonio dall’aggressione di terze persone (creditori, clienti che hanno perso
tutto con gli investimenti finanziari), oppure desidera semplicemente proteggere il proprio capitale
affidando la gestione, previa intestazione, ad un fiduciario. Un medico è soggetto a numerose
responsabilità che potrebbero comportare eventuali richieste di risarcimento danno e, per non
pregiudicare i beni personali, può decidere di costituire un trust. Un imprenditore conosce le
difficoltà che esistono sul mercato, ma per fare impresa (evitando di rimetterci con il pignoramento
del proprio patrimonio) cerca di tutelarsi ricorrendo al trust.
Con il trust il patrimonio viene trasferito ad un’altra persona che ha l’obbligo di gestirlo
diligentemente a favore di un terzo individuo, il c.d. beneficiario. Chi dispone dei beni e ne
trasferisce l’intestazione si chiama settlor, il nuovo titolare diventa trustee ed il
beneficiario beneficiary. Oggetto del trust possono essere beni (mobili ed immobili) oppure diritti,
ma chi ne acquista la proprietà non può utilizzarli a proprio piacimento. Deve amministrarli per uno
scopo oppure in maniera tale che il beneficiario potrà goderne secondo quanto pattuito.
Il trust sembra essere un negozio giuridico semplice per chi intende proteggere i propri averi, ma
realmente cos’è e come funziona il trust in Italia?

Indice
• 1 Che cos’è il trust?
• 2 Chi sono i beneficiari del trust?
• 3 Che cos’è il trust di scopo?
• 4 Come funziona un trust?
• 5 Quali sono i beni conferiti nel trust?
• 6 Come viene scelta la legge per regolare il trust?
• 7 Qual’è il regime fiscale per il trust?
Che cos’è il trust?
Questo strumento giuridico non è tipico del nostro ordinamento, ma trova fondamento nei sistemi di
Common Law. In Italia è possibile avvalersi del trust grazie ad una Convenzione [1] che ne
ammette l’utilizzo: per essere valido, il trust deve rispettare le regole indicate dalla legge che ha
ratificato nel nostro Paese la suddetta Convenzione [2]. In Italia i trust ammessi rientrano nella
tipologia di “trust interni”, ossia devono riguardare soggetti italiani (disponente, fiduciario e
beneficiario) e beni che, in parte, si trovano nel nostro territorio. Per regolare il trust interno i
soggetti hanno la facoltà di scegliere la legge presente in uno dei vari Stati che contemplano questo
negozio nel loro ordinamento.
Secondo la Convenzione, i tipi di trust sono due:

•finalizzati al sostegno di specifiche persone che ne beneficeranno (ad esempio un figlio, un nipote
oppure una persona anziana);
•stipulati per raggiungere un determinato obiettivo.
Il trust di scopo può essere a sua volta considerato:
•liberale, nel momento in cui viene utilizzato per far fronte alle esigenze personali o familiari;
•commerciale, qualora tale strumento venga adottato per prevenire situazioni imprenditoriali che
potrebbero pregiudicare il patrimonio di una persona.
Non tutti i tipi di trust sono ammessi in Italia. Ad esempio il “trust autodichiarato” (il disponente
nomina come beneficiario sè stesso) ed il “trust opaco” (le dichiarazioni contenute nell’atto di
disposizione non sono conoscibili) non sono ammessi per questioni fiscali [3] e per motivi
strettamente legati alla trasparenza.
Chi sono i beneficiari del trust?
I beneficiari sono coloro che godono a pieno dalla costituzione di un trust. A beneficiare del trust
possono essere i parenti in senso stretto (un coniuge, un genitore anziano, un figlio maggiorenne, un
fratello), i minori, terze persone ma anche soggetti diversamente abili. Di solito il disponente
nomina i beneficiari al momento della costituzione del trust, prevedendo le regole per
l’amministrazione dei beni. In questo caso il trust assume il nome di “trust fisso” e la gestione del
patrimonio può avvenire per rendere fruttiferi i beni, oppure per preservarne il capitale. A seconda
dell’interesse da raggiungere i beneficiari possono essere:

•di reddito. Costoro godono dei frutti maturati dalla gestione dei beni. Possono essere interessi
attivi, rendite finanziarie, dividenti oggetto di quote societarie;
•di capitale. Gli interessati hanno diritto di godere del patrimonio, così come consegnato dal
fiduciario. Il patrimonio può avere acquisito valore o averlo perso nel corso del tempo, come accade
quando delle quote azionarie sono soggette alle oscillazioni di mercato.
I beneficiari possono essere nominati anche in un secondo momento (“trust discrezionale”), sia dal
disponente che, eventualmente dal fiduciario o da una terza persona (detto “protector”).
Che cos’è il trust di scopo?
Il trust può essere stipulato per raggiungere specifici obiettivi che devono essere leciti e non contrari
al nostro ordinamento. A mancare sono i soggetti beneficiari, in quanto questo strumento viene
utilizzato per un fine, non per l’interesse di una o più persone.
Un imprenditore può vincolare il patrimonio personale al fine di evitare che vicende afferenti alla
sua azienda pregiudichino le sue proprietà. Tizio ha una società che è sull’orlo del fallimento, ma
per evitare che i creditori aggrediscano i beni personali (la villa, le auto, eventuali risparmi) egli
vincola tutto quello che possiede in un trust.
Il marito di Mevia è un giocatore d’azzardo, e per evitare che si indebiti cedendo il patrimonio di
famiglia, la moglie costituisce un trust a tutela delle proprietà.
Il trust di scopo viene spesso utilizzato per istituire fondi pensione o tipologie di investimento,
mentre la fattispecie più comune è il “charitable trust”, ossia il trust con scopi caritatevoli.

Come funziona un trust?


Il trust coinvolge generalmente tre persone: chi ha dei beni, chi deve gestirli e chi ne beneficia. Una
quarta persona può essere interessata ed è colui che ha la facoltà di nominare, eventualmente, i
beneficiari.
Il disponente:
•– crea il trust stabilendone le regole, i beneficiari ed eventualmente lo scopo;
•– sceglie il fiduciario ed i beni (materiali o immateriali) oggetto del trust;
•– trasferisce al fiduciario la titolarità dei beni contenuti nel trust avvalendosi o di un atto, oppure
del testamento.
Il fiduciario (ma anche i fiduciari, essendo ammessa la nomina di più trustee), previa nomina ed
accettazione:
•– diventa titolare dei beni patrimoniali o dei diritti previsti dal disponente con la stipula del trust. In
contemporanea deve attenersi ad una serie di obblighi e di doveri inerenti alla gestione del
patrimonio;
•– amministra i beni a favore dei beneficiari, oppure per raggiungere uno scopo.
Pur essendo titolare di questi beni, il fiduciario non può nè disfarsene, nè servirsene per uso
personale. Se il fiduciario muore, rinuncia alla carica o si dimette, può essere sostituito con un’altra
persona.

Il beneficiario:
•– gode degli interessi derivanti dal trust, percependone i frutti o diventando titolare del patrimonio
nei tempi stabiliti nell’atto. Se non riceve quanto gli spetta, può agire in giudizio nei confronti del
beneficiario.
•Figura emblematica è quella del guardiano il cui compito consiste nel:
•– monitorare l’operato del fiduciario;
•– assicurarsi che venga rispettata la volontà del disponente;
•– nominare i beneficiari;
•– agire a tutela del trust con poteri ed incarichi speciali, sostituendosi addirittura al fiduciario.
Quali sono i beni conferiti nel trust?
Il trust può essere stipulato per beni immobili, mobili e per diritti che garantiscono un beneficio o il
raggiungimento di uno scopo. Il trust può essere stipulato per:
•– capitali finanziari (risparmi, quote di investimento, fondi di investimento);
•– partecipazioni (titoli azionari, obbligazionari e titoli di credito);
•– beni immobili e beni mobili (case, oggetti di valore come gioielli ed opere d’arte);
•– un’attività d’impresa o parte di essa;
•– per il godimento di un bene (l’usufrutto di una casa).

Con l’accettazione da parte del fiduciario, i beni passano nelle mani di quest’ultimo,
diventandone intestatario. Per non confondere il patrimonio personale da quello del trust, i beni
appartengono a due masse differenti: in questo modo il patrimonio oggetto del trust non può essere
aggredito da soggetti terzi (segregazione patrimoniale). Il fiduciario è un punto di riferimento per
tutti quei rapporti che sorgono a seguito della gestione del patrimonio; se parte del capitale viene
utilizzato per investimenti, chi agisce è proprio il fiduciario.
Il trust si costituisce con atto scritto o testamento, all’interno del quale il disponente esprime la
volontà di vincolare dei beni e le regole per la loro gestione. Possono essere necessari uno o più atti
traslativi la cui funzione è quella di intestare i beni nei confronti del fiduciario, previa accettazione.
Per attenersi alle regole, è necessario (ma non obbligatorio) rivolgersi ad un notaio che si occuperà
della redazione dell’atto, a maggior ragione se il trust ha oggetto beni immobili o beni aziendali;
anche il testamento può essere redatto da un notaio (il c.d. testamento pubblico) che avrà cura di
renderlo conoscibile agli eredi con l’apertura della successione.
Un ultimo adempimento è richiesto al trustee: egli deve procedere all’iscrizione del trust in
un’apposita sezione del registro delle imprese presso la Camera di Commercio dove si trovano i
beni oggetto del trust.
Come viene scelta la legge per regolare il trust?
L’ordinamento italiano consente alle parti di scegliere la legge di uno degli Stati che disciplinano il
trust. Per definire quella che dovrebbe regolare il tipo di negozio giuridico messo in atto da
disponente è necessario che la legge straniera abbia i requisiti minimi affinché quel tipo di trust
possa essere riconosciuto anche in Italia. Molto spesso, per questioni di praticità, il disponente
adotta la legge di uno Stato che ha ratificato la Convenzione dell’Aja, in quanto più sicura e con
minori problemi dal punto di vista fiscale. Ciò avviene soprattutto quando si decide di costituire un
trust di scopo, perché attualmente la legge italiana penalizza il “trust opaco” ed il “trust
autodichiarato”.
Nel corso del tempo è possibile modificare la legge optando per quella di un altro Paese, a patto che
la legge iniziale offra tale opportunità.

Può capitare però che il disponente non abbia scelto la legge alla base del trust: in questo caso la
Convenzione  ammette l’applicazione della normativa che più si avvicina al tipo di trust costituito,
prendendo in considerazione elementi come:
•– luogo di amministrazione del trust;
•– tipologia e situazione dei beni;
•– residenza e sede degli affari del fiduciario;
•– scopo del trust.
Quando il trust viene costituito all’interno del territorio nazionale, la legge che regola il negozio non
deve contrastare con l’ordinamento italiano.
Un esempio è il trust di scopo, le cui finalità non devono essere contrarie a norme imperative, di
ordine pubblico e di sicurezza nazionale, mentre la legge straniera può benissimo definire la
validità, l’interpretazione, gli effetti e le modalità di gestione del trust.
Alla legge italiana sono sottoposte le questioni afferenti al trattamento fiscale dei beni, alla validità
del testamento, alla tipologia di atto per costituire il trust e le regole principali della sua
amministrazione.
La legge italiana disciplina inoltre tutto ciò che riguarda la tutela dei minori e degli incapaci, la
successione necessaria, la protezione dei creditori che potrebbero subire una lesione dalla
costituzione del trust . Il principio della responsabilità patrimoniale sancito dalla legge non può
essere in alcun modo intaccato dall’ordinamento straniero ed i diritti acquisiti da terzi in buona fede
vengono assolutamente protetti.
Un trust che pregiudica il patrimonio oggetto di testamento a danno dei discendenti non può essere
ritenuto valido, come non lo è il trust che sottrae tutti i beni patrimoniali dell’imprenditore dalle
pretese dei creditori. Se ciò fosse permesso nessuno presterebbe più denaro e chiunque potrebbe
disporre a proprio piacimento delle proprietà che un domani dovranno essere cedute in eredità.
Ragion per cui in Italia il trust viene disciplinato:
•– dalla Convenzione dell’Aja;
•– dalla legge straniera scelta dal disponente,
•– dalle norme interne che intervengono in caso di contrasti.
Qual’è il regime fiscale per il trust?
Come avviene per gran parte dei beni ceduti in proprietà oppure ereditati, anche il trust è sottoposto
alle regole fiscali. A seconda di come viene stipulato e dei beni che lo compongono, il trust può
essere soggetto a:
•– soltanto ad imposta di registro, nella misura fissa di 200 €. Ciò avviene quando si tratta di atto
pubblico o scrittura privata autenticata all’interno del quale si esprime la sola volontà di creare un
trust, senza prevedere alcun contenuto patrimoniale;
•– ad imposta di registro + imposta di donazione o imposta di successione (se il trust è contenuto
nel testamento), poiché il trasferimento dei beni avviene in maniera gratuita in capo al beneficiario;
•– ad imposta di registro + imposte ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, qualora siano
trasferiti beni immobili (case, aziende) e diritti reali immobiliari (usufrutto).
Il trasferimento dei beni giustifica anche l’applicazione delle regole in materia di IRPEF ed IVA, a
seconda se il disponente sia una persona fisica (IRPEF) o un imprenditore (IVA, nei casi di trust per
fini commerciali).
Agevolazioni sono previste se i beneficiari sono soggetti disabili e nel momento in cui il trust viene
costituito per supportare le persone affette da gravi patologie. Le agevolazioni consistono
nell’esenzione del pagamento delle imposte di successione o di donazione e nell’applicazione in
misura fissa delle imposte ipotecarie e catastali.
Disposizioni particolari sono previste a seconda se i beneficiari sono familiari, oppure se i beni
appartengono all’impresa, sono partecipazioni societarie o risultano come componenti attive del
patrimonio aziendale.
In qualsiasi caso, soggetto passivo della tassazione è il trust, mentre a seconda del tipo di imposta
obbligato può essere il fiduciario o, in regime di solidarietà, il disponente. Anche il beneficiario
pagherà le tasse a seconda se usufruisce di rendite finanziarie, fondi di investimento o diventerà
proprietario di un immobile dopo la cessione da parte del fiduciario, ma la disciplina (molto
contorta) varia da caso a caso. Tutto dipende dai benefici che se ne traggono, dalla presenza di
eventuali disposizioni che prevedono esenzioni e detrazioni e dalla tipologia di beni contenuti nel
trust.

➔ SEGREGAZIONE E VINCOLO DI DESTINAZIONE

➔ Nel linguaggio giuridico dei sistemi di civil law, il termine “fiducia” viene usato per
indicare o la proprietà fiduciaria o il negozio fiduciario. La proprietà fiduciaria è
caratterizzata dal fatto che la facoltà di godere e di disporre di un bene è attribuita al
proprietario, ma per soddisfare interessi altrui. Il contratto fiduciario, invece, prevede il
trasferimento della proprietà di un bene da un soggetto a un altro a patto che il secondo
soggetto se ne serva per un determinato fine e che, raggiunto tale fine, ritrasferisca la
proprietà al primo soggetto. I due fenomeni sono slegati tra di loro, nel senso che non è detto
che la proprietà fiduciaria nasca da un contratto fiduciario e non è detto che il contratto
fiduciario debba produrre come effetto una proprietà fiduciaria. In senso tecnico esiste
proprietà fiduciaria solo quando il vincolo di destinazione del bene a favore di un altro
soggetto o interesse ha natura reale, come il trust in common law. Infatti, il vincolo
fiduciario è di regola opponibile ai creditori del proprietario fiduciario, in quanto in
mancanza di tale opponibilità, non si avrebbe un patto fiduciario, ma solo un rapporto
puramente obbligatorio, come tale ovviamente inopponibile ai creditori del proprietario.

• CONTRATTO FIDUCIARIO = Il negozio fiduciario è comunemente utilizzato nei rapporti


con le società fiduciarie e lo schema contrattuale è quello del mandato.
A differenza del trust, il fiduciante rimane il proprietario dei beni intestati e la società agisce
quale soggetto affidatario dei beni, secondo il modello della fiducia germanistica.
• FONDO PATRIMONIALE =  è un complesso di beni, siano essi immobili, mobili registrati
o titoli di credito, costituito ai fini di soddisfare i bisogni della famiglia.
Vincolo matrimoniale
• Successione generazionale (trust): solitamente per dissidio, pluralità di matrimoni, no
parenti stretti che godano del diritto alla legittima.
• FISCALITA DEI TRUST: autonoma soggettività tributaria

DIRITTO AMMINISTRATIVO (APPALTI PUBBLICI)

• Legge n. 241 1990 e Legge n. 15/2005


• Principio di trasparenza e efficenza, di legalità
• Criteri di economicità, efficacia, di pubblicità
• Procedimento amministrativo:
✔ fase preparatoria (iniziativa ad istanza di parte o d'ufficio, e istruttoria)
✔ fase decisoria (emissione dell'atto)
✔ Gli atti amministrativi: in senso stretto (atti strumentali o ausiliari che caratterizzano
la fase istruttoria, es- accertamenti tecnici, ispezioni, inchieste ecc. vs provvedimento
amministrativo = attraverso quest' ultimo la PA esercita il proprio potere autoritativo
incidendo in situazioni giuridiche di diritto o di interesse proprie del soggetto
amministrato, è imperativo, via unilaterale = senza il consenso dei destinatari.
[Accordi, convenzioni e contratti: stipulati su un piano di parità fra amministrazione
e amministrato]
✔ Accordi tra privati e PA (accordo sotitutivo e accordo integrativo): a pena di nullità
in forma scritta, si applicano le norme del cc in materia di obbligazioni e contratti,
salvo recesso unilaterale dell'accordo da parte della PA x sopravvenuti motivi di
pubblico interesse, e lìobbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo per
gli eventuali pregiudizi subito dal privato.
✔ Accordi fra PA: strumenti di semplificazione e coordinamento (disciplina dei
contratti)
✔ fase dell'efficacia
• DISCREZIONALITA = Diversamente, quando la legge lascia all’autorità amministrativa un
certo margine di apprezzamento in ordine a taluni aspetti della decisione da assumere (an,
quid, quomodo,quando), si parla di discrezionalità amministrativa; in pratica, in tali casi, la
legge non riesce a regolare ogni particolare ipotesi, ma si limita a prefigurare gli aspetti
essenziali della fattispecie e dell'esercizio della potestà pubblica, rimettendo poi all’autorità
amministrativa le ulteriori valutazioni correlate ai profili o agli interessi particolari del caso.
La discrezionalità, quindi, presuppone l'attribuzione di uno spazio decisionale libero
all'autorità amministrativa, la quale riempie di contenuto la fatti specie, rispettando i confini
fissati dalle disposizioni di legge e ispirandosi ai criteri di buona amministrazione; si suole
dire che il potere discrezionale si risolva in una “ponderazione comparativa di più interessi
secondari in ordine ad un interesse primario; gli interessi secondari da ponderare sono
pubblici, collettivi e privati, mentre l'interesse primario è sempre un interesse pubblico ";
quindi la discrezionalità costituisce “il margine di apprezzamento che la legge lascia alla
determinazione dell'autorità amministrativa”,per cui può legittimamente dirsi che la
discrezionalità attiene all’agire libero dell’Amministrazione quando opera come autorità. In
definitiva, il soggetto pubblico, dopo avere acquisito e valutato attentamente i dati necessari
ed utili ( al riguardo si parla di momento cognitivo-valutativo), può scegliere tra più
comportamenti, tutti in astratto egualmente possibili e giuridicamente consentiti, quello
maggiormente conforme per opportunità, adeguatezza o convenienza alla dimensione degli
eterogenei interessi concretamente coinvolti, nell'ottica del perseguimento dell'interesse
pubblico (al riguardo si parla di momento volitivo); pertanto, il potere discrezionale
attribuito all'autorità amministrativa svolge la funzione di adattare le previsioni astratte della
legge alla realtà fattuale, nell’ottica della necessità di tutelare gli interessi dei cittadini
coinvolti nel procedimento amministrativo e con l'obiettivo primario di curare
concretamente un certo interesse pubblico, realizzando il massimo soddisfacimento
dell'interesse pubblico primario con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari
• VIZI del procedimento amministrativo:
✔ Di legittimità = L’atto amministrativo è invalido qualora sia affetto da vizi di legittimità
o di merito. Mentre i vizi di merito sono determinati da una inosservanza delle
cosiddette norme di buona amministrazione, di opportunità o di convenienza cui l’azione
della Pubblica Amministrazione deve attenersi, i vizi di legittimità sono dovuti alla
mancata conformità dell’atto alle prescrizioni stabilitenelle norme giuridiche. I vizi di
legittimità sono classificati in tre categorie: l’incompetenza, l’eccesso di potere e la
violazione di legge. Tutti e tre i vizi possono condurre all’annullabiltà dell'atto
amministrativo. L’incompetenza deve essere relativa (l’assoluta, infatti, comporta la
nullità dell’atto), causata cioè dall’invasione della sfera di competenza di un'autorità
amministrativa ad opera di un’altra, la cui funzione sia diversa per grado o per materia.
L’eccesso di potere si configura ogni qual volta l’autorità amministrativa persegue un
fine diverso da quello per il quale le è stato riconosciuto dall’ordinamento il potere di
emanare l’atto; oppure ogni qual volta siano presenti le cosiddette figure sintomatiche
elaborate dalla giurisprudenza: il travisamento o l’erronea valutazione dei fatti,
l’illogicità o contraddittorietà dell’atto, la motivazione insufficiente o incongrua, la
contraddittorietà tra più atti, l’ingiustizia manifesta. La violazione di legge, infine, ha
carattere residuale, comprendendo tutti quei vizi che non rientrano nelle precedenti due
categorie eche si sostanziano in una inosservanza dell’ordinamento giuridico. L’atto
invalido può essere sanato eliminando i vizi che lo hanno colpito: la sanatoria prende il
nome di convalida quando è effettuata dalla autorità competente all’adozione dell’atto;
di ratifica se l’autorità competente fa proprio un atto legittimamente ma
provvisoriamente posto in essere da un altro agente; di conferma quando, senza
novazione dell’atto, quest’ultimo viene riconosciuto come esatto. L’atto invalido può
essere annullato in sede di controllo (v. controllo di legittimità; controllo di merito) o in
sede di ricorso amministrativo o giurisdizionale (v. giustizia amministrativa),o per
iniziativa dell’amministrazione stessa (v. Autotutela).
- Illiceità (comportamenti) / irregolarità (violazioni formali)
- Totale / parziale (clausole)
- Invalidità testuale (la norma giuridica dispone l'invalidità dell'atto) / virtuale (si deduce
dalla violazione di una norma imperativa)
✔ Di merito (A differenza dei vizi di legittimità, i vizi di merito non sono suscettibili di una
vera e propria classi cauzione, data la mutevolezza dell’interesse pubblico e quindi di
quei criteri di opportunità e di convenienza  cui deve ispirarsi la P.A. nell’esercizio dei
propri poteri.
Il fondamento di tali vizi non risiede nella contrarietà dell’atto a norme giuridiche,
ma nella violazione del principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.), secondo
cui l’attività amministrativa, ispirandosi ai principi razionali di economia e tecnica
amministrativa, deve svolgersi nel modo più idoneo riguardo all’uso dei mezzi e
al raggiungimento  dei fini. I vizi di merito possono invalidare solo gli atti
discrezionali (atti per i quali è concesso alla P.A. di vagliare l’opportunità, la
convenienza etc. dell’atto stesso).
I vizi di merito, dunque, consistono nella violazione, da parte della P.A., di norme non
giuridiche di opportunità, di equità, di eticità, di economicità)

RICAPITOLANDO:
L’invalidità dell’atto amministrativo
L’atto amministrativo è invalido quando è difforme dal paradigma normativo di riferimento che lo
disciplina.
In relazione alla natura della norma rispetto alla quale si verifica tale difformità, si possono
individuare due grandi categorie di vizi dell’atto amministrativo:
a) se la norma è di natura giuridica, il vizio che consegue sarà un vizio di legittimità e l’atto sarà
«illegittimo»;
b) se la norma non è giuridica, ma rientra nella categoria delle cd. norme di buona amministrazione
(di quelle norme cioè, che impongono alla P.A. di attenersi, nell’esercizio dei suoi poteri
discrezionali, a criteri di opportunità e di convenienza), il vizio conseguente sarà un
vizio di merito e l’atto «inopportuno».
L’atto illegittimo, in particolare, può essere viziato in modo più o meno grave: si delineano così, le
due categorie della nullità e dell’annullabilità.
L’atto amministrativo è nullo se è manchevole di taluno degli elementi essenziali richiesti dalla
legge; è annullabile quando taluno di questi elementi non manchi, ma sia viziato.
 
La nullità
L’art. 21septies, L. 241/1990 prevede la nullità del provvedimento amministrativo che manca degli
elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in
violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge e
dispone l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle questioni inerenti alla nullità dei
provvedimenti amministrativi che violino o eludano il giudicato (art. 133 Codice del processo
amministrativo).
La nullità comporta le seguenti conseguenze sull’atto amministrativo:
— inesistenza giuridica dell’atto, e, quindi, inefficacia dello stesso (quod nullum est, nullum
effectum producit)
— inesecutorietà: l’atto nullo è inefficace e, come tale, anche inesecutorio. Qualora all’atto nullo
venga data esecuzione, al soggetto compete il cd. diritto di resistenza;
— inannullabilità: l’atto nullo è inesistente e, come tale, non può essere annullato;
— insanabilità e inconvalidabilità: l’atto nullo non può essere sanato né convalidato. È invece
ammessa la conversione in altro atto valido dell’atto nullo che presenti i requisiti e gli elementi
essenziali del nuovo atto e realizzi, se convertito nell’atto diverso, l’interesse pubblico.
L’illegittimità
L’atto amministrativo che presenta dei vizi di legittimità incidenti sugli elementi essenziali di esso,
è illegittimo, e come tale, annullabile.
Fonte positiva dei vizi di legittimità era l’art. 26 del R.D. 26-6-1924, n. 1054 (T.U. delle leggi del
Consiglio di Stato) che menzionava tre categorie di vizi: incompetenza, eccesso di potere,
violazione di legge; successivamente è intervenuto l’art. 21octies della L. 241/1990, che individua
quegli stessi vizi come cause di annullabilità del provvedimento. Oggi il Codice del processo
amministrativo (art. 29) si affianca alla detta previsione della legge sul procedimento e disciplina
l’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed accesso di potere. La L. 15/2005
comprime l’area delle invalidità giuridiche degli atti amministrativi: sono da considerare invalidi
solo i provvedimenti viziati da violazione di norme di carattere sostanziale; le violazioni di carattere
formale o procedimentale, invece, non danno luogo ad annullabilità del provvedimento laddove il
contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
L’incompetenza relativa
L’incompetenza, quale vizio di legittimità dell’atto che comporta l’annullabilità di esso, è soltanto
quella relativa, che si realizza quando un organo amministrativo invade la sfera di competenza di un
altro organo appartenente allo stesso settore amministrativo; di regola, l’incompetenza relativa può
essere per grado o per materia.
L’incompetenza assoluta, invece, è causa di nullità o di inesistenza dell’atto.
L’eccesso di potere
Per aversi eccesso di potere, che può essere definito come scorrettezza in una scelta discrezionale,
occorre:
– un potere discrezionale della P.A., in quanto è evidente che per gli atti vincolati, essendone
predeterminato dalla legge il contenuto, non può riscontrarsi un vizio della funzione (o della
volontà, a seconda della teoria che si segue circa la natura giuridica di tale vizio);
– uno sviamento di tale potere, ossia il cattivo uso del potere direzionale della P.A.;
– la prova dello sviamento, prova necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità
dell’atto.
Tra le figure più rilevanti (cd. figure sintomatiche) di eccesso di potere ricordiamo:
— sviamento di potere: ricorre tanto nel caso in cui la P.A. usi un suo potere discrezionale per un
fine diverso da quello per il quale il potere stesso le era stato conferito, quanto nel caso in cui la
P.A. persegua l’interesse pubblico, ma con un potere diverso da quello previsto a tal fine dalla legge
(ad es. trasferimento di un impiegato in una sede disagiata come punizione, laddove per la
punizione sono previste apposite sanzioni disciplinari);
— travisamento ed erronea valutazione dei fatti: ricorre quando la P.A. abbia ritenuto esistente
un fatto inesistente o viceversa, ovvero quando abbia dato ai fatti un significato erroneo, illogico o
irrazionale;
— illogicità o contraddittorietà della motivazione: ricorre quando la motivazione dell’atto sia
illogica o contrastante in varie parti, o quando la motivazione sia in contrasto col dispositiVO
— contraddittorietà tra più atti: ricorre quando più atti successivi siano contrastanti fra loro in
modo da non far risultare quale sia la vera volontà della P.A. (così, ad esempio, nel caso in cui, dopo
aver collocato a riposo un impiegato, gli si affidi un nuovo incarico);
— inosservanza di circolari: la violazione di una circolare, che è un atto interno, non può dar
luogo di per sé a vizio di legittimità; tuttavia, l’inosservanza di circolari importa eccesso di potere
per la contraddizione esistente fra la volontà manifestata col provvedimento nel singolo caso
concreto e quella manifestata in via generale dalla P.A. con l’emanazione della circolare;
— disparità di trattamento: configura un caso di illogicità e contraddittorietà tra atti, e si verifica
quando per situazioni identiche si adottino provvedimenti diversi. È il caso, ad esempio, in cui,
dopo aver accertato la uguale responsabilità di due impiegati, l’uno è assolto e l’altro punito;
— ingiustizia manifesta: questa figura è rarissima, poiché in genere l’ingiustizia attiene piuttosto
all’opportunità o alla convenienza dell’atto e, quindi, al merito, che non alla legittimità;
— violazione e vizi del procedimento: in linea di massima la violazione di una norma procedurale
concreta una violazione di legge e non già un eccesso di potere. Vi sono, tuttavia, delle ipotesi di
vere e proprie figure di eccesso di potere quali: atto emesso sul presupposto di un parere viziato da
errore o travisamento di fatto; violazione del principio del giusto procedimento;
-  vizi della volontà: ricorre quando l’atto sia stato emesso a seguito di un procedimento non
corretto di formazione della volontà;
La violazione di legge
La violazione di legge deve considerarsi una figura residuale in quanto comprende tutti quei vizi
che non rientrano nelle altre due categorie.
Essa si sostanzia in un contrasto fra l’atto e l’ordinamento giuridico. 
Conseguenze dell’illegittimità
L’atto illegittimo per la presenza di vizi di legittimità è annullabile, ma, fino a quando non viene
effettivamente annullato, esiste ed è efficace.
Pertanto, l’atto illegittimo
a) è giuridicamente esistente;
b) è efficace, come se fosse valido, finché non viene annullato;
c) è esecutorio, per cui l’atto, se (e finché) non è annullato, può essere eseguito dalla P.A. in via
diretta e coattivamente.
L’annullamento dell’atto non si verifica di diritto, ma soltanto a seguito di apposito provvedimento
dell’autorità amministrativa, oppure di sentenza del giudice amministrativo.
L’atto amministrativo illegittimo può anche essere convertito in un atto valido, in virtù del principio
di conservazione dell’atto amministrativo.
• Principio di semplicità, celerità ed economicità dell'azione amministrativa
• Art. 103 Costituzione: Giudice ordinario (diritti soggettivi) e Giudice Amministrativo
(interessi legittimi e in particolari materie indicate dalla legge diritti soggettivi):
Il diritto soggettivo è la posizione giuridica di vantaggio che spetta ad un soggetto in ordine
ad un bene, nonché la tutela giuridica dello stesso in modo pieno ed immediato. L’interesse
legittimo è una situazione giuridica di vantaggio che spetta ad un soggetto in ordine ad
un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente
nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere,
in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene
• Contratto di rete (garanzia per la PA)
• Appalti pubblici vs privati: Artt. 1655 cc definizione di appalto. Inizialmente vigeva una
frammentazione in settori (appalti di lavori, servizi, forniture), successivamente emanazione
d.lgs 163/2006 recante 'Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE' Il Codice dei contratti pubblici è
una legge della Repubblica Italiana emanata con decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50,
che regola la materia degli appalti pubblici di lavori, forniture, servizi e concessioni, e dei
relativi contratti pubblici. Alla sua entrata in vigore, ha abrogato il precedente codice dei
contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. È stato modificato con
il D. Lgs.56/2017 ed è stato ulteriormente aggiornato con la Legge n. 55 del 14 giugno 2019
(conversione in legge del Decreto "Sblocca cantieri") (CODICE DEGLI APPALTI).
Nonostante nella sostanza sembrano essere identici, l'appalto pubblico disciplinato
dal codice appalti ed il contratto d'appalto di diritto privato si differenziano per diversi
fattori. Ad accomunarli è sicuramente il fatto che l'appaltatore compie un'opera, un servizio
o una fornitura utilizzando mezzi propri, ma a differenziare le due tipologie di appalto sono i
soggetti contraenti, l'oggetto del contratto e la procedura da seguire per concludere l'affare.
Appalto pubblico e privato: i soggetti contraenti
Nell'appalto disciplinato dal codice civile non vengono definiti espressamente coloro che decidono
di concludere il relativo contratto, se non per quanto riguarda l'appaltatore. Da ciò si desume che,
nel rispetto della libertà contrattuale prevista dal nostro ordinamento, due persone possono
liberamente stipulare un contratto d'appalto ma una delle due deve necessariamente essere un
imprenditore. Questa caratteristica si desume proprio dalla nozione di "appalto", secondo cui è tale
il contratto con cui una parte assume con organizzazione dei propri mezzi e gestione a proprio
rischio il compimento di un'opera.

Nell'appalto pubblico, viceversa, le parti devono essere obbligatoriamente quelle indicate dal
codice: l'una ha valenza pubblica, mentre l'altra può essere anche privata. Se a commissionare
l'appalto deve essere una pubblica amministrazione, potrebbe candidarsi alla gara d'appalto anche
un ente pubblico e non necessariamente un soggetto privato. La veste pubblica del committente
contraddistingue quindi il contratto d'appalto del codice civile da quello del codice appalti.

Appalto pubblico e privato: l'oggetto del contratto


Nell'appalto privato il codice civile parla del compimento di un'opera o di un servizio, lasciando alle
parti la libertà di decidere l'oggetto del contratto. I contraenti potrebbero stabilire l'appalto per la
costruzione o la ristrutturazione di un immobile, ma anche la fornitura di beni e qualsiasi cosa che
possa essere messa nero su bianco sul contratto nei limiti stabiliti dalla legge.

Più particolare è, viceversa, l'oggetto dell'appalto pubblico, dettagliatamente definito dal codice


appalti. Oltre ad essere l'acquisizione di servizi, forniture, lavori od opere, oggetto degli appalti
pubblici devono essere specifici lavori (quelli indicati negli allegati del codice) e determinati servizi
(si escludono quelli che vengono forniti dalla stessa amministrazione) tassativamente disciplinati
dalla normativa italiana. Inoltre, a seconda della tipologia di appalto, è necessario rispettare
procedure in base alle soglie stabilite per l'aggiudicazione della gara. Se a ciò aggiungiamo i criteri
di aggiudicazione (prezzo più basso e offerta economicamente vantaggiosa) possiamo capire le
differenze peculiari tra appalto pubblico e privato.
LA PROCEDURA
Negli appalti di diritto privato la procedura non è altro che una negoziazione: appaltatore e
committente siedono ad un tavolo e stabiliscono tempi, modi, progetti, prezzo e tutto ciò che potrà
essere stabilito in sede di contrattazione. Il committente ha la libertà di scegliere il suo appaltatore,
magari rivolgendosi ad un'impresa di fiducia. L'appaltatore, invece, deve garantire l'esecuzione
dell'opera rispettando anche le regole stabilite dal codice civile.

L'appalto pubblico prevede una procedura in cui la scelta del contraente privato deve seguire
principi prestabiliti, quali la trasparenza, l'economia, il rispetto delle linee guida ANAC, la
concorrenza e una serie di criteri che garantiscono imparzialità e buon andamento
dell'amministrazione committente. Inoltre la procedura per l'aggiudicazione è pubblica, gli atti sono
resi disponibili dalla stessa amministrazione e, in caso di violazioni, è possibile ricorrere al TAR.

 N.B: Nello specifico questa fattispecie rappresenterebbe, ai sensi del codice civile, un
contratto di appalto o un contratto di somministrazione?
L’appalto è quel contratto con il quale un soggetto, detto appaltatore, si obbliga nei confronti di un
altro soggetto, detto committente, a compiere una determinata opera o servizio dietro corrispettivo
in denaro, con propria organizzazione di mezzi e con gestione a proprio rischio.
L’oggetto del contratto di somministrazione, invece, è la fornitura di lavoro presso altri. Il
lavoratore somministrato non viene pagato dall’utilizzatore, ma dall’agenzia di somministrazione,
in quanto questi lavoratori sono iscritti nel libro libro paga dell’agenzia.
Dal punto di vista squisitamente giuridico è netta la distinzione tra i due istituiti, l’appalto è
un’obbligazione di risultato, mentre la somministrazione un’obbligazione di mezzi. In molti casi la
distinzione tra i due tipi di contratto però è molto sottile

 Appalto vs concessione:
Cos’è un appalto
La legge definisce l’appalto pubblico come un contratto tra una Pubblica Amministrazione e
un’impresa che presenta queste caratteristiche:
•ha ad oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi;
•è stipulato per iscritto;
•è a titolo oneroso, cioè prevede un corrispettivo che la pubblica amministrazione è tenuta a
corrispondere all’impresa che esegue l’appalto.
In sostanza, l’impresa che vince la gara per l’affidamento di un appalto pubblico, ottiene la
possibilità di effettuare lavori, di eseguire un servizio o di fornire prodotti ricevendo
un corrispettivo fisso da parte dell’amministrazione, senza essere esposta a rischi derivanti, ad
esempio, dall’aumento dei prezzi del materiale di costruzione o dalla riduzione di domanda del
servizio erogato.
Ove sia costretta a sostenere oneri maggiori, può chiedere all’amministrazione di aumentare il
corrispettivo originariamente pattuito.
Ad esempio, costituisce un appalto l’affidamento di un servizio di pulizia, che l’impresa può
erogare secondo le richieste dell’amministrazione (superficie, frequenza, tipo di prodotti), ricevendo
un corrispettivo predeterminato.
Il contratto può prevedere che il corrispettivo sia erogato all’impresa secondo due modalità:
•a corpo, cioè attraverso il pagamento da parte dell’amministrazione di una somma forfettaria per
tutto l’insieme delle prestazioni eseguite;
•a misura, cioè con il pagamento da parte dell’amministrazione di una somma che varia a seconda
della quantità di prestazioni richieste, fermo restando il prezzo unitario della singola prestazione.
In sostanza, il corrispettivo può essere stabilito in misura fissa per tutte le prestazioni, oppure può
essere stabilito attraverso prezzi unitari della singola prestazione. Nel secondo caso, pur rimanendo
fisso il prezzo unitario, il corrispettivo che l’amministrazione dovrà versare all’impresa, varia con la
quantità richiesta della singola prestazione.
Ad esempio, per il servizio di pulizia:
•se il corrispettivo è previsto a corpo, l’amministrazione verserà all’impresa esecutrice una somma
fissa per tutto il servizio da erogare;
•se il corrispettivo è previsto a misura (ad esempio con un prezzo unitario per metro quadro da
pulire), l’amministrazione verserà all’impresa esecutrice un corrispettivo che dipende dalla quantità
di prestazioni effettivamente eseguite (ad esempio i metri quadri effettivamente puliti).
Tanto che si tratti di corrispettivo a corpo, quanto che si tratti di corrispettivo a misura, l’impresa
riceverà sempre un corrispettivo fisso da parte dell’amministrazione. Se è costretta a sostenere costi
maggiori, potrà chiedere una revisione dell’intero corrispettivo (nel caso di corrispettivo a
corpo) o del prezzo unitario originariamente concordato (nel caso di corrispettivo a misura).
Cos’è una concessione
La legge definisce la concessione come un contratto tra una Pubblica amministrazione e
un’impresa, che presenta le seguenti caratteristiche:
•può avere ad oggetto la progettazione o l’esecuzione di lavori pubblici (o entrambe), oppure
l’erogazione di un servizio pubblico;
•è stipulato per iscritto;
•è a titolo oneroso, cioè è previsto un corrispettivo per l’impresa che esegue la concessione.
All’impresa che si aggiudica una concessione pubblica (concessionario) viene riconosciuto come
corrispettivo il diritto di gestire l’opera pubblica realizzata (in caso di concessione di lavori) o i
servizi (in caso di fornitura di servizi). Solo a volte tale diritto può essere accompagnato da un
corrispettivo fisso (definito “prezzo”).
In sostanza, il concessionario affronta gli oneri dell’opera o del servizio, assumendosi il rischio di
non recuperare gli investimenti che è tenuto ad affrontare per avviare l’esecuzione delle prestazioni
del contratto di concessione. Per ridurre tale rischio, però, ha la possibilità di rifarsi sull’utenza
attraverso la riscossione di un canone o di una tariffa.
Ad esempio, l’erogazione del servizio di somministrazione di bevande e di altri prodotti con
distributori automatici, remunerato solo con i proventi delle vendite effettuate, rappresenta una
concessione. In tal caso, infatti, il concessionario ha solo il diritto di gestire il servizio e recupera i
relativi oneri rifacendosi sugli utenti, attraverso le vendite degli snack e delle bevande.
Allo stesso modo, il concessionario autostradale recupera i costi di gestione (realizzazione e
manutenzione dell’infrastruttura) attraverso il pedaggio pagato dagli utenti.
I rischi propri di una concessione pubblica
La prima voce di rischio a cui è esposto un concessionario è il rischio operativo (detto anche rischio
di gestione), che per la legge consiste nell’esposizione agli andamenti del mercato e che può
comportare perdite economiche non trascurabili.
In sostanza, nel corso dell’esecuzione della concessione, può succedere che il concessionario non
riesca a recuperare gli investimenti effettuati o i costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei
servizi oggetto della concessione. Ciò può accadere per vari motivi come, ad esempio, l’aumento
del costo dei materiali oppure la diminuzione dell’utenza che usufruisce del servizio, pagando una
tariffa al concessionario.
Esistono poi altre voci di rischio legate all’esecuzione di una concessione pubblica:
•rischio di costruzione, proprio delle concessioni dei lavori, che può essere legato a diversi
fattori [5]:
•il ritardo nei tempi di consegna dell’opera, che incide sui ricavi della gestione della stessa. Ad
esempio, se la concessione ha una durata quinquennale e la durata dei lavori prevista è di due anni,
l’eventuale ritardo nell’ultimazione dei lavori riduce il periodo in cui il concessionario può gestire
l’opera nel quinquennio per recuperare l’investimento iniziale;
•il mancato rispetto degli standard di progetto, che può comportare la necessità di nuovi lavori per
l’adeguamento dell’opera, sostenendone i costi;
•l’aumento dei costi, derivante ad esempio dall’aumento dei prezzi del materiale di costruzione;
•gli inconvenienti di tipo tecnico nella realizzazione dell’opera o nell’erogazione del servizio;
•rischio di disponibilità, il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le
prestazioni contrattuali pattuite. In sostanza, il concessionario è tenuto sempre a rispettare quanto
previsto nel contratto, sia rispetto agli standard di qualità previsti, sia rispetto alle quantità di
prestazioni richieste. Tale obbligo non viene meno anche di fronte a eventi imprevisti, che il
concessionario dovrà affrontare a sue spese senza poter venir meno agli impegni presi con la
pubblica amministrazione;
•rischio di domanda, legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve
soddisfare. Si tratta del rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa che
permettano di recuperare i costi sostenuti .
Qual è la differenza tra un appalto e una concessione
La principale differenza tra un appalto e una concessione risiede nell’assunzione degli oneri legati
alla gestione dell’opera o del servizio:
•nel contratto di appalto, l’onere della gestione dell’opera o del servizio grava sulla pubblica
amministrazione che paga un corrispettivo fisso all’appaltatore. In sostanza, l’impresa riceve un
importo fisso per portare a termine i lavori o i servizi;
•nel contratto di concessione, l’onere della gestione dell’opera o del servizio grava sull’impresa,
che, da un lato, può eventualmente ottenere un minimo corrispettivo dall’amministrazione e,
dall’altro, può rifarsi sull’utenza, attraverso canoni e tariffe. In pratica, l’impresa viene autorizzata a
gestire un’opera o un servizio, potendo ottenere tanto guadagni, quanto perdite dall’esecuzione delle
prestazioni.
Riprendendo l’esempio del servizio di somministrazione delle bevande attraverso distributori
automatici, possiamo dire che:
•rappresenta una concessione se l’impresa ha solo il diritto di gestire il servizio, potendo recuperare
i relativi oneri e potendo guadagnare solo attraverso le vendite effettuate tramite i distributori,
esponendosi al rischio che queste diminuiscano;
•rappresenta un appalto se l’impresa riceve un corrispettivo fisso dall’amministrazione, a
prescindere dall’andamento delle vendite attraverso i distributori automatici.
Nel caso, invece, di un contratto di lavori pubblici:
•costituisce un appalto, il contratto in cui la realizzazione dell’opera è finanziariamente a carico
dell’amministrazione, la quale che versa all’appaltatore un corrispettivo in cambio della costruzione
della stessa. Per esempio, rappresenta un appalto l’affidamento di lavori per la realizzazione di una
strada quando i costi di realizzazione e manutenzione della stessa restano a carico
dell’amministrazione;
•costituisce una concessione, il contratto in cui il concessionario viene retribuito non mediante un
corrispettivo fisso, ma attraverso il riconoscimento del diritto di gestione dell’opera per un certo
periodo di tempo, inclusi i relativi rischi (come la scarsa redditività della gestione dell’opera e
l’incremento dei costi di realizzazione). E’ il caso del concessionario autostradale che sostiene
i costi di realizzazione e manutenzione dell’opera e li può recuperare con il pedaggio, pur
esponendosi al rischio che un calo del traffico comporti minori entrate e quindi una minore
possibilità di recupero dei costi anzidetti.
Una seconda differenza tra appalti e concessioni risiede nell’oggetto e, in particolare, nelle
forniture di prodotti, che possono essere oggetto di un appalto, ma non anche di una concessione.
Infine, appalti e concessioni differiscono per la disciplina applicabile. Alle concessioni, infatti, non
si applicano tutte le disposizioni del Codice dei contratti pubblici alle quali, invece, sono sottoposti
integralmente gli appalti
• PROCEDURA APPALTI (decisione, pubblicazione bando di gara, esame delle domande,
aggiudicazione dell'appalto*, stipula contratto di appalto).
• Prima della stipula del contratto: potere autoritativo della PA (legittimità del procedimento
di selezione del contraente è attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo), a
seguito della stipula: rapporto paritetico (le controversie relative all'esecuzione del contratto
di appalto spettano alla giurisdizione del giudice ordinario).
• Art. 2 d.lgs 163/2006: principi: economicità, efficacia, tempestività e correttezza, libera
concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità.
• Il Programma Triennale delle Opere Pubbliche è lo strumento con cui il Comune
individua i grandi interventi e le opere che modificheranno la città (strade, edifici scolastici,
parchi, edifici pubblici, ecc.). Indica tempi e risorse destinate ai lavori da eseguire nel
triennio
- FASI attività di programmazione
- *Aggiudicazione del contratto (aRTT. 81, 82, 83 Codice dei contratti): sulla base del
prezzo più basso quando le caratteristiche della prestazione sono già ben definite dalla
Stazione appaltante (in presenza di un presidente!, 2/3 sedute pubbliche con apertura di
due buste: documentazione amministrativa e offerta economica.
✗ Il Responsabile Unico del Procedimento, figura centrale delle sedute di gara, per prima
cosa verifica l’integrità dei plichi consegnati nei termini, accerta che gli stessi siano
sigillati e che rispettino quanto prescritto dai documenti di gara.
✗ Poi si procede all’apertura delle buste amministrative ed effettua il controllo sulla
documentazione ivi contenuta ai fini dell’ammissione di ogni concorrente. La verifica
sull’ammissione dei concorrenti deve necessariamente avvenire prima dell’apertura delle
buste relative all’eventuale offerta tecnica e all’offerta economica, in quanto le
determinazioni in merito all’ammissibilità degli offerenti non devono essere in alcun
modo condizionate dagli elementi delle offerte presentate
✗ Una volta conclusa la fase di ammissione/esclusione dei concorrenti, nel caso di gara
aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla
base del miglior rapporto qualità/prezzo, sempre in seduta pubblica vengono aperte le
buste contenenti la documentazione tecnica al solo fine di prendere atto del relativo
contenuto e di verificare l’effettiva presenza dei documenti richiesti dalla
documentazione di gara. La valutazione delle offerte tecniche e l’attribuzione dei relativi
punteggi ai concorrenti avviene poi però sempre in una o più sedute riservate e tale
compito è svolto dalla commissione giudicatrice appositamente nominata. Anche in
questo caso le valutazioni inerenti l’attribuzione dei punteggi delle offerte tecniche non
devono essere in alcun modo condizionate dalle offerte economiche presentate, le quali
saranno sempre aperte per ultime.
✗ Completato l’esame delle offerte tecniche da parte della commissione giudicatrice, si
procede nuovamente in seduta pubblica dando lettura dei punteggi assegnati e delle
relative valutazioni compiute. Successivamente si procede ad aprire le offerte
economiche dando lettura dei ribassi o prezzi offerti.
✗ Viene quindi formulata la graduatoria finale sulla base della somma dei punteggi
assegnati per l’offerta tecnica e per l’offerta economica e conseguentemente si procede
alla proposta di aggiudicazione. Ovviamente, nel caso di gara aggiudicata con il criterio
del minor prezzo, a seguito dell’ammissione dei concorrenti si procede immediatamente
all’apertura delle offerte economiche con aggiudicazione al concorrente che abbia
presentato l’offerta migliore.
✗ Di ogni seduta di gara, pubblica o riservata, viene redatto apposito verbale cui la
stazione appaltante avrà cura di dare adeguata pubblicità, anche a mezzo di
pubblicazione online degli stessi sul proprio profilo di committente.
✗ La stazione appaltante ha l’obbligo di portare preventivamente a conoscenza dei
concorrenti il giorno, l’ora e il luogo delle sedute di gara, in modo da garantire loro
l’effettiva possibilità di presenziare allo svolgimento delle operazioni di apertura dei
plichi pervenuti, atteso che tale adempimento risulta implicitamente necessario ai fini
dell’integrazione del carattere di pubblicità della seduta.
Le sedute pubbliche, in quanto tali, sono aperte a tutti) o dell'offerta economicamente più
vantaggiosa : in presenza di una commissione giudicatrice! nominata dalla Stazione appaltante
e composta da un numero dispari di componenti, presieduta da un dirigente della pubblica
amministrazione, criteri e metodologia di calcolo e di attribuzione del punteggi.
• Controlli sulla procedura: AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA e DEFINITIVA
Accertamento dei requisiti
• Controversie:
✗ Accordo bonario (Commissione ai sensi dell'art. 240 del decreto 2006): Dati questi
presupposti, l’istituto presenta le seguenti caratteristiche:
- può essere attivato quando l’ammontare delle riserve supera il 10% del valore del
contratto;
- ha carattere obbligatorio rispetto all’eventuale avvio di giudizio arbitrale o ordinario;
- nasce dalla volontà delle parti e si concretizza con una comunicazione alla controparte
di determinazioni positive in merito alla proposta formulata dalla commissione;
- prevede la necessità di presentare delle riserve, ossia annotazioni sul registro della
contabilità per pretese di tipo patrimoniale al fine di giungere ad un’esatta
quantificazione del compenso dovuto (tali riserve devono essere comunicate al direttore
dei lavori attraverso una relazione riservata al responsabile di procedimento, che valuterà
l’ipotesi di accettare o rigettare le riserve).
✗ Transazione

Confronto tra i due istituti


Come già precisato, gli istituti di transazione e accordo bonario sono disciplinati dal decreto
legislativo 163/2006, negli articoli 239 e 240. A differenza della transazione, oggetto di numerose
dispute, l’accordo bonario era già stato disciplinato dalla legge Merloni (in merito ad appalti
pubblici di lavori). 
Inoltre, l’accordo bonario ha come oggetto finale la stipula di un contratto.
Mentre la transazione è uno strumento facoltativo di risoluzione delle controversie, l’accordo
bonario è un’azione necessaria all’instaurazione di un successivo giudizio. Inoltre, per utilizzare
l’accordo bonario è necessario che si verifichino determinati presupposti (ad esempio che le
contestazioni non siano inferiori di almeno il 10% del valore dell’appalto), nel caso della
transazione, l’appaltatore ha un margine più ampio di azione.
E’ verosimile sostenere, dunque, che la transazione possa essere attivata per tutti quei casi per cui
sia impossibile procedere con accordo bonario per ottenere una definizioine stragiudiziale della
controversia.

✗ Arbitrato: 3 membri
✗ Tutela giurisdizionale

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