Purtroppo, giornalmente, sentiamo notizie di ragazzi che si tolgono la vita nonostante
possano essere giovani. In media gli adolescenti che si suicidano sono il 20%. Ma perché lo fanno? Questa domanda se la pongono in molti, soprattutto i genitori che non capiscono perché i figli, sebbene avendo tutto, possano essersene andati. Una parte di questi suicidi è causata da persone stanche di vivere, in un mondo in cui vieni preso di mira e quindi bullizzato. Non è facile, questi ragazzi avrebbero bisogno del massimo sostegno. Precisamente, che cos’è il bullismo? Una psicologa spiega che il termine bullismo, dall’inglese “bullying”, è utilizzato per designare un insieme di comportamenti in cui qualcuno ripetutamente fa o dice cose per avere potere su un’altra persona o dominarla. Il termine originario “bullying” include sia i comportamenti del “persecutore” che quelli della “vittima” ponendo al centro dell’attenzione la relazione nel suo insieme. Spesso non gli si dà molta importanza perché lo si confonde con i normali conflitti fra coetanei mentre il bullismo è caratterizzato da alcuni fattori: •Intenzione di fare del male e mancanza di compassione; •Intensità e durata; •Potere del “bullo; •Vulnerabilità della vittima; •Mancanza di sostegno. Il bullismo non è un problema solo per la vittima, è un problema anche per tutte le persone che vi assistono a scuola, in famiglia o altri contesti educativi, per il clima di tensione e di insicurezza che si instaura, minando la serenità dell’intero gruppo classe, aumentando il senso di inefficacia degli insegnanti e quindi minacciando la qualità della vita e il benessere sia individuale che del gruppo. Se i comportamenti prepotenti vengono lasciati continuare possono avere un effetto molto negativo sulla vittima, alcune ricerche hanno evidenziato una correlazione tra vittimismo e forti disagi personali e sociali, fino ad arrivare in rari casi all’estremo del suicidio. Se ai bambini è permesso di compiere atti di bullismo è molto probabile che cresceranno abituandosi a compiere prepotenze e da grandi potrebbero anche picchiare il partner ed i propri figli. I “bulli” persistenti sono a rischio di problematiche antisociali e devianti, le “vittime” rischiano quadri patologici con sintomatologie anche di tipo depressivo. Negli ultimi anni il fenomeno del bullismo ha raggiunto dei livelli veramente allarmanti, forse più per la ridondanza che tali episodi hanno tramite i mass-media che non per l’aumento effettivo. Oltre a questo, spiega anche che le nuove tecnologie hanno contribuito a creare nuove forme di aggressività (il cosiddetto “bullismo elettronico”, (la diffamazione mediante internet) o cyberbullismo, dove i bulli diffondono online, le immagini del loro comportamento lesivo della vittima. Più avanti, spiega che la letteratura distingue tre forme principali di bullismo: •Bullismo diretto (attacchi fisici e/o verbali relativamente aperti nei confronti della vittima); •Bullismo indiretto (isolamento sociale e intenzionale esclusione dal gruppo); •Bullismo elettronico (attraverso internet, telefoni cellulari, ecc. Ad esempio attraverso la diffusione di messaggi diffamatori) . Il bullismo viene tradizionalmente considerato un fenomeno orizzontale, perché si concreta nell’ambito di rapporti tra soggetti formalmente appartenenti al medesimo contesto relazionale e paritario (come nel caso di compagni di scuola). Vi è, quindi, un contesto formale comune, a cui fa capo un contesto sostanziale asimmetrico, in quanto un soggetto è più debole degli altri e finisce per divenire vittima di fenomeni di bullismo. Quindi il bullismo si manifesta in varie forme e con diverso grado di intensità, di gravità e di visibilità. E’ possibile cogliere segnali e indici di gravità e di rischio fin dai primi anni della scuola primaria (e della scuola dell’infanzia), attraverso una attenta valutazione delle modalità in cui vengono agiti i comportamenti di prepotenza fisica, verbale o indiretta e del grado di contatto emotivo (e di conseguente capacità empatica e di impegno morale) manifestato dagli alunni attori di prepotenza; in misura minore si possono cogliere i segnali e gli indici di coloro che tendono ad essere imbrigliati nel ruolo di vittima. Per finire, spiega come prevenire al fenomeno del bullismo in generale. Dice che bisogna attuare con paziente costanza interventi di lunga durata, complessi e mirati a tutti i livelli dell’esperienza soggettiva (cognitivo, emotivo, affettivo, socio relazionale, ecc.) e soprattutto con il coinvolgimento attivo di tutti gli “attori” coinvolti. Risolvere propositivamente i conflitti sociali comporta il saper affrontare anche (pur se non solo) le emozioni di rabbia, di tristezza, di solitudine, il senso di incapacità, il senso di fallimento; significa affrontarle condividendole con i bambini ed i ragazzi, non tanto e non solo discuterne razionalmente, ma sentirle insieme, per poterli accompagnare, in una specie di tutoraggio indiretto, in un percorso che li renda capaci di tollerarle, di viverle pienamente, di esprimerle in modi propositivi, senza rinunciare ad esprimere la propria individualità, ma trovando i necessari compromessi tra le proprie esigenze e quelle degli altri. Quindi, scoraggiare la cultura bullistica vuol dire promuovere una cultura sociale che faccia riferimento a valori positivi, come l’interazione, la socializzazione, l’accettazione degli altri e la collaborazione. Aggiunge ancora, citando la letteratura degli ultimi anni, che la letteratura stessa ha sperimentato numerose ricerche e gli approcci mirati alla cosiddetta consapevolezza metacognitiva, con programmi per la prevenzione del disagio giovanile secondo il metodo dell’educazione razionale-emotiva, che consente di acquisire un graduale autocontrollo emozionale attraverso sistematici collegamenti al livello cognitivo e ancora i cosidetti percorsi emotivo relazionali, si sono rivelati efficaci in molti ambiti e soprattutto nella realtà scolastica. L’intervento più incisivo nella riduzione delle prepotenze è rappresentato dai “percorsi emotivo relazionali” con classi, che prevedono azioni a più livelli: attività di informazione e di consulenza psico-educativa ai genitori, consulenza e collaborazione con i docenti, interventi diretti nelle classi in compresenza con gli insegnanti. In quest’ottica la classe viene vista come contesto dove promuovere abilità cognitive e sociali, utili allo sviluppo delle persone sul piano individuale ed emotivo, stimolare il confronto relazionale e favorire le parti migliori dei ragazzi: l’impegno personale, l’empatia, la collaborazione, la solidarietà, la responsabilità. Ciò che ha descritto la psicologa, è quello che ogni giorno persone subiscono e non hanno coraggio di dirlo. Chi pratica qualsiasi forma di bullismo è vile e meschino, disonesto e codardo, che prova divertimento e gioia facendo stare male qualcuno che reputa impotente e inferiore rispetto a se stesso. Sono persone ingenue che per viversi la vita, la rovinano agli altri. Il fenomeno del bullismo è qualcosa di abbastanza delicato, solo chi l’ha passato può capire la sofferenza che la vittima passa. Per fortuna non a tutti capita di essere trattati da inferiori, è questo è un bene, perché almeno una parte di persone non hanno subito o subiscono bullismo. Navigando su Internet, ho trovato delle storie che mi hanno colpita. Hanno perfino creato un libro, che avrò intenzione di leggere, riguardanti 100 storie sul bullismo. Una storia, non del libro, che mi ha colpito molto, è stata quella di una ragazza che a soli 15 anni ha creato un’applicazione per aiutare tutte le vittime. La ragazza si chiama Natalie Hampton ed è stata vittima di bullismo. Racconta che veniva isolata, esclusa e schernita per il suo aspetto fisico e per un anno intero ha pranzato da sola nella mensa del liceo. Pur di non subire ulteriormente atti di violenza, decise di non pranzare. La preoccupazione della madre l’ha portata a cambiare scuola, dove ha avuto modo di conoscere nuovi amici e vivere un’esperienza positiva. Ma Natalie non ha dimenticato l’accaduto e la tremenda sensazione di sentirsi sola, così ha deciso, di creare una applicazione, Sit with us appunto, che potesse aiutare i ragazzi soli ad integrarsi in gruppi già consolidati attraverso “ambassador” con il compito di invitare altri studenti al proprio tavolo. Un’altra storia riguarda il cyberbullismo. Celine, si è tolta la vita a soli 13 anni. Veniva bullizzata da tempo su Instagram e Snapchat e il 28 agosto del 2017 ha scelto di togliersi la vita, suicidandosi a 13 anni. La storia di Celine, trovata senza vita dalla madre nella loro abitazione, nel canton Argovia, aveva sconvolto la Svizzera. Due adolescenti di Dietikon, sono stati condannati a qualche giorno di lavori sociali per coercizione, tentativi di minaccia e insulti. Ma il Ministero pubblico dei minorenni non ha riconosciuto un nesso diretto tra il suicidio della ragazza e il bullismo subito. Per la giustizia il caso è chiuso, ma non per i genitori di Celine. Dopo aver denunciato il trattamento riservato alle vittime di cyberbullismo non sufficientemente protette, sottolineano come una delle persone che ritengono responsabili della morte della figlia continui a prendere di mira delle ragazzine, bullizzandole. Alcune chat sono state mostrate durante la trasmissione “Rundschau” della SRF, con parole che feriscono pienamente i genitori della ragazza. «Sappiamo che nostra figlia non tornerà - spiega la madre -. Ma le cose devono cambiare. Ora è la politica a dover intervenire». Dopo la morte di Celine, la 17enne di Dietikon aveva mandato un video a un’altra ragazza, in cui le diceva: «Morirai anche tu come lei». Quando lo ha realizzato, si trovava in una clinica in cui era stata ricoverata - secondo i genitori - «in seguito ai forti sensi di colpa» per la morte della 13enne di Spreitenbach. Celine è stata forte, a 13 anni sopportare tutto questo non è facile. Un’altra storia che mi ha colpito molto, è stata quella di un personaggio famoso, Barack Obama. Chi l’avrebbe mai detto che una persona fantastica come lui avrebbe sofferto di bullismo in precedenza? La storia è quella che capita a tutti, orecchie a sventola che attirano risate dei coetanei, i quali lo deridevano persino per il cognome, a quanto pare atipico, ciò che mi ha colpito è stato il dopo. Infatti, proprio da presidente degli Stati Uniti, ha espresso una chiara e forte critica contro il bullismo in un video registrato direttamente alla Casa Bianca, dicendo: "So che cosa significa crescere venendo considerato un escluso. È dura. Dobbiamo smettere di pensare che il bullismo sia un rito di passaggio inevitabile per ogni adolescente. Non lo è." Parole forti e reali, molta gente non se ne rende conto, ma come ho detto prima, quasi tutti gli adolescenti soffrono di bullismo, chi non ne soffre o non ne ha sofferto, può reputarsi fortunato e non per questo non dovrebbe aiutare gli altri a rimanere ancora qui sulla terra, forti e felici. L’argomento del bullismo mi colpisce a pieno, è qualcosa di quasi indescrivibile. È un bene che si studi e che tutti sappiano la realtà che ci circonda, la crudeltà dell’umanità e la debolezza che dobbiamo trasformare in corazza.