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27/02/19

VALUTAZIONE D’AZIENDA: nella valutazione tutto deriva da stime (non ci sono valore reali)
La valutazione è giudizio fatto con professionalità e per una stessa azienda si possono stimare valori diversi
a seconda delle diverse configurazioni di valore [es: configurazione di capitale-> capitale di funzionamento
(trova rappresentazione nell’ambito dello stato patrimoniale primo documento del bilancio d’esercizio),
capitale di liquidazione (si stima all’inizio della messa in liquidazione di una società), capitale economico
(stimato in sede di trasferimento di un’azienda)].

Il processo di valutazione è processo mediante il quale l’esperto prende decisioni più indicate a seconda del
caso specifico.

La valutazione può essere basata su:


- grandezze flusso (attenzione posta su operatività aziendale) -> valutare l’azienda in base alla sua
capacità operativa, in base a ciò che è in grado di fare, in base ai flussi che è in grado di generare
- grandezze stock (attenzione posta su struttura azienda, cioè elementi dell’attivo e passivo)
- metodi misti (a cavallo tra metodo patrimoniale e reddituale)

MOTIVI DELLA CRESCENTE IMPORTANZA DELLA VALUTAZ D’AZIENDA:


1) Tendenza delle aziende allo sviluppo per linee esterne attraverso operazioni di “merger and
acquisition” (fusioni ed acquisizioni). Nell’ambito di operazioni quali scissioni, fusioni, scorpori,
trasformazioni, cessioni, apporti ecc è necessaria una stima.
2) Sviluppo metodi e arricchimento contenuti: cresce complessità metodologica
3) Intervento degli investitori istituzionali sui mercati finanziari che possono acquistare ad esempio
quote di minoranza del capitale di una società quotata (come banche, compagnie assicuratrici, istituti
di previdenza, società finanziarie, fondi comuni di investimento ecc)
4) Necessità, da parte delle società sottovalutate e a rischio di takeovers (una società ottiene il controllo
di un’altra società quotata), di far conoscere il proprio valore al mercato:
gli analisti finanziari fanno una valutazione della società quotata e emettono uno studio societario (equity
research-> studio del capitale) che stima l’azienda e il valore dell’azione.
Questo valore è il TARGET PRICE prezzo obiettivo che a breve raggiungerà il titolo (es: se oggi un titolo
vale 24€, la stima da un target price di 26€, allora ad oggi, conviene investire in quel titolo. Se il target price
fosse 20€ non mi converrebbe).
Quindi le equity research evidenziano il target price e formulano anche un giudizio finale “buy-hold-sell”
-buy: acquisto il titolo se il target price è > alla quotazione del titolo;
-hold: tengo il titolo perché vi è incertezza dato che il target price è molto simile alla quotazione attuale;
-sell: vendo il titolo perché il target price è < alla quotazione attuale.
NB: spesso esiste un conflitto di interessi tra le società che emettono le equity research e l’azienda stessa
l’azienda spesso si finanzia da istituzioni di credito a cui fanno capo le società che emettono equity
research. Quindi gli analisti finanziari hanno tutto l’interesse a dare giudizio più positivo possibile.
Oggi la Consob costringe gli analisti a produrre dati delle previsioni che avevano fatto e sulle previsioni che
poi si sono realizzate per vedere se ci sono stati dei problemi.

RICORDA: gli studi societari (equity research) svolti dagli analisti finanziari sono VALUTAZIONI
FINANZIARIE!!!

5) Tecniche di valutazione vengono usate anche nel mondo del bilancio d’esercizio: oggi ci sono
indicatori che fanno capire se un macchinario ha valore < a quello che c’è in contabilità. In questo caso
bisognerà svalutare il macchinario.
6) La valutazione d’azienda viene usata nel controllo di gestione: si ricercano “indicatori di performance”
più idonei del “reddito di periodo” a rilevare il valore che si crea e si distrugge e quindi per scegliere la
strategia che genera più valore.
7) Processi di privatizzazione delle aziende pubbliche

Le valutazioni, in astratto, possono essere distinte in:


- Valutazioni finanziarie: sviluppate dagli analisti finanziari, si chiamano equity research
- Valutazioni operative: fatte tipicamente nelle operazioni di mergers and acquistions

VALUTAZIONI OPERATIVE:
 SCOPI:

- valutazioni che riguardano stime d’azienda, rami d’azienda, quote, pacchetti azionari, intangible assets
(brevetto, marchio, clientela…)
- operazioni di finanza straordinaria (acquisizioni, trasformazioni, conferimenti, scissioni ecc)
- ammissione alla quotazione in borsa (è prevista la redazione di un documento informativo il quale
contiene una parte valutativa in cui viene stimato il valore dell’azienda)
- procedure concorsuali (concordati preventivi, fallimenti…) nell’ambito delle quali si pone un problema di
valutazione. ES. in caso di cessione di una partecipazione di un’azienda che fallisce (la valutazione serve
perché si deve attivare una procedura competitiva dato che si vende all’asta).
NB: Sulla fine degli anni ‘30 due economisti (Berle e Means) evidenziarono il fenomeno della separazione
tra proprietà e controllo ci sono società dette “public company” (società ad azionariato diffuso) in cui non
è possibile trovare un’azionista di riferimento; in queste situazioni il top management conserva la propria
posizione in assenza di un azionista di maggioranza e può portare avanti istanze personali che non sempre
coincidono con gli interessi degli azionisti.
Quindi c’era bisogno di un meccanismo per allineare gli interessi tra manager e azionisti e uno di questi
sono i piani di stock option (con cui si cedono azioni al top management a condizioni di vantaggio e anche
quando si emettono queste è necessario fare valutazione per verificare quanto vale l’azienda).
- arbitrato: soluzione alternativa ad un giudizio formulato dal tribunale (si rimette la questione ad un
arbitro).
- affrancamento di valori fiscali: affrancamento di plusvalenze su titoli delle società (es: se sono socio di
una società e la quota mi è costata 100 poi la vendo a 150 ho una plusvalenza di 50 che va nella
dichiarazione dei redditi assoggettata a tassazione ordinaria. Però, oggi lo stato italiano permette
l’affrancamento di plusvalenze sui titoli e anche sui terreni -> posso far fare perizia dove l’esperto dichiara
che il valore della quota è 150 (quota non ancora venduta); questa perizia serve per far emergere la
plusvalenza e l’agenzia delle entrate tramite questa accerta che la plusvalenza è 50. Pagando solo l’8%
(imposta sostitutiva) affranco la plusvalenza e non dovrò più dichiarare nulla una volta che vendo la quota)
- divorzi, successioni ereditarie, donazioni
- buy/sell agreements: accordo che fanno i soci al momento della costituzione della società per evitare
discussioni ad es. in caso di morte di un socio, invalidità di un socio ecc… si decidono già le varie soluzioni.
- impairment test

 ESPERTI:
- Merchant banks: banche d’affari che si occupano di grandi operazioni di finanzia straordinaria
- Business valuation firms: società la cui attività esclusiva è quella di rilasciare perizie di stima ; nel mondo
anglosassone ci sono società che si occupano SOLO di valutazione aziendale e sono composte da dottori
commercialisti (che svolgo attività diversa dai dottori commercialisti italiani)
- Business valuation consultants: associazioni di professionisti di valutazione d’azienda che formano le
nuove leve, rilasciano certificazioni obbligatorie per chi vuole lavorare nei tribunali americani
- Dottori commercialisti (in Italia)
- “Big four” e altre società di revisione:
Le società di revisione presentano due anime:
1. Auditing: attività principale per cui sono nate
2. Consulenza: la valutazione rientra nell’ambito della consulenza
ATTENZIONE: Una società di revisione che segue una certa azienda non può fare per quell’azienda anche le
valutazioni perché c’è incompatibilità quindi, se fa l’auditing, le valutazioni devono essere commissionate
ad un’altra società di revisione.
- Revisori contabili (Auditors)
- Brokers (es. broker che vende l’azienda per conto di qualcuno)
- Fondi e società di Private Equity e Venture Capital

VALUTAZIONI FINANZIARIE:
 SCOPI:
- studi societari (equity research)

 ESPERTI:
- Analisti finanziari

28/02

In certi casi le associazioni si occupano di vari tipi di valutazione queste sono associazioni
multidisciplinari che affiliano esperti che appartengono a diversi campi della valutazione tra cui la
valutazione d’azienda.
Di norma si insegnano 2 materie:
- la valutazione d’azienda
- l’estimo (l’estimo studia la valutazione e stima di immobili, terreni, fondi rustici, macchinari, attrezzature
ecc).

 esistono diverse discipline nel campo della valutazione.


LE PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI NORDAMERICANE E EUROPEE:
 Organizzazioni domestiche nord-americane:
 TAF: nasce nel 1987 a seguito di una situazione nella quale si creò una bolla speculativa nel mercato
immobiliare. Questa situazione si creò perché mancavano dei principi.
Oggi questa associazione si occupa anche di business valuation, cioè valutazione d’azienda.
NB: diff tra EVALUATION (formulazione di giudizio di qualsiasi genere) e VALUATION (giudizio monetario)
Questa organizzazione creò i primi principi di valutazione chiamati USPAT.
 ASA: nasce nel 1936 perché alcuni esperti di valutazione avvertono l’esigenza di affiliarsi e dar vita a
un’organizzazione che curasse i loro interessi in termini di formazione, aggiornamento, rilascio di
certificazioni, emissione di un codice deontologico, di standard di valutazione.
I primi principi però risalgono al 1992.
 CICBV: nasce in Canada nel 1971 e che ha creato i primi principi nel 1993. Sono i principi più estesi che
presentano il maggior grado di approfondimento.
IMPORTANTE: differenza tra principi contabili (i principi contabili italiano sono molto lunghi) e principi di
valutazione (sono molto più brevi).
NB: Queste 3 organizzazioni sono PRIVATE e sono MEMBER ASSOCIATION (affiliano esperti finanziari di
valutazione).
 IRS (agenzia delle entrate statunitense). Non nasce dall’iniziativa di affiliati (è NON MEMBER
ASSOCIATION) ed emette solo dei principi.
Ha recentemente fatto un manuale per i funzionari come condurre le valutazioni d’azienda (si indicano i
parametri da esaminare, i criteri e anche alcuni correttivi)
L’agenzia delle entrate italiana non ha questa cosa avanzata.
 Ecc.

 Organizzazioni domestiche europee:


 RICS (nasce come organizzazione affiliata agli esperti di estimo e poi interessata alla valutazione
d’azienda)
 IDW
 DGFIP
 CNCC
 CSOEC
 Organismo italiano di valutazione

 Organizzazione internazionale:
 IVSC (i suoi principi si chiamano IVS: intenational valuation standard).
Vediamo quindi che esistono diverse organizzazioni che si occupano di valutazione d’azienda che hanno
emanato principi ad hoc.
In Italia ci sono i PIV: principi italiani di valutazione che non sono ancora obbligatori, a differenza dei
principi di contabilità che sono obbligatori.

COME LE ORGANIZZAZIONI SI DIFFERENZIANO TRA LORO:

Le tipologie di organizzazioni sono 3:

1. Associazioni professionali (che gli anglosassoni chiamano Member organization, cioè organizzazioni
fatte da membri), che affiliano gli esperti di valutazione.
2. Istituiti indipendenti (che non si affidano agli esperti esterni-> NON member organization). Sviluppano
attività nel campo della valutazione ma senza esperti affiliati e quindi hanno maggiore indipendenza.
3. Agenzie governative (emanazioni della pubblica amministrazione).

Gli ambiti in cui operano le organizzazioni sono:

1. Le associazioni professionali:
- IBA, NACVA, CICBV si occupano in via esclusiva della valutazione di azienda
- RICS e AVA si occupano di valutazione a ampio raggio (es. esperti di valutazioni di macchinari, di gemme e
gioielli ecc) si chiamano organizzazioni multidisciplinari.
- AICPA, IDW, CSOEC, CNCC (che corrispondono al consiglio nazionale dei dottori commercialisti) prestano
servizio di accounting, auditing e business valuation.
2. Gli istituti indipendenti: fanno valutazioni in più aree disciplinari
3. Le agenzie governative: si occupano di valutazioni fiscali.
MODELLO DI BUSINESS E IL MODELLO DI ATTIVITÀ A CUI LE ORGANIZZAZIONI SI SPIRANO:

 Qual è la mission e il modello operativo delle varie organizzazioni??

1. Le associazioni professionali hanno diverse mission:


- professionalizzazione dei membri: dare più conoscenze, competenze, esperienze agli affiliati
- ricerca di consenso e reputazione rispetto al cliente dei propri affiliati: ogni associazione professionale si
ha obiettivo di accreditarsi presso i clienti a cui si rivolge (guadagnare fiducia)
- salvaguardia interessi pubblici: tra cui
ES: valutazioni di trasformazioni quando l’azienda cambia veste giuridica (es. da società a responsabilità
illimitata passa a società a responsabilità limitata) serve una perizia di stima per capire quanto vale il
capitale della società trasformata ed evitare che sia annacquato. Questo serve per tutelare gli interessi dei
terzi creditori.
ES: le relazioni di congruità relazione che deve valutare la congruità del rapporto di cambio: es. società A
incorpora la società B; gli azionisti della società B stralciano le loro azioni e acquisiscono in cambio le azioni
della società A. Questo scambio avviene sulla base del rapporto di cambio e di concambio che è basato su
una stima e poi di un accordo negoziale. (es. rapporto di 2,5 significa che do 2,5 azioni di nuova emissione
in cambio di 1 azione di vecchia emissione che viene stralciata)
Questo rapporto di cambio deve essere valutato per vedere se è congruo o no. Questo serve per tutelare gli
interessi degli azionisti di minoranza di società quotate.

Esistono 3 tipi di modelli operativi per le associazioni professionali:


- Formazione dei membri (degli affiliati): formazione delle nuove leve ma anche degli esperti
- Certificazione dei membri: rilascio di attestazione da parte di queste associazioni che l’esperto ha
conoscenze e competenze sufficienti per operare nel campo della valutazione.
- Emanazione di standard (standard setting)

2. Gli istituti indipendenti dato che non si affiliano, hanno la sola mission di salvaguardare il pubblico
interesse grazie all’emanazione di standard.

3. Le agenzie governative: anche queste non si affiliano e hanno la sola mission di salvaguardare il pubblico
interesse grazie all’emanazione di standard.

MODELLO DELLE AICPA (American Institute of Certified Public Accountant)

I requisiti che deve avere un esperto per operare nel


mondo delle valutazioni sono:
 I LIVELLO: superare un esame (“the uniform CPA
examination”) fatto in tutti gli stati dell’unione con
lo stesso contenuto
 II LIVELLO: chi vuole operare in certi settori (fallimenti, concordati) bisogna anche acquisire credenziali
specifiche tra cui:

- Accredited in business valuation


- Certified in financial forensics
- Personal financial specialist
- Certified information technology professional
- Certified in entity and intangible valuation.
In questo 2° livello prima si fanno corsi di formazione, poi si deve superare un esame. In più affiancano il
soggetto a un mentore con cui iniziare a lavorare e fare certo numero di valutazioni in modo da fare
esperienza.

GLI STANDARD DI VALUTAZIONE CHE COSA REGOLANO??? QUALI SONO GLI ASPETTI OGGETTO DI
REGOLAZIONE??

 Qualità professionali richieste dall’esperto: per fare valutazione si deve esprimere quali sono le
conoscenze e le esperienze (devono essere rilasciate all’inizio di ogni relazione di stima).
 Le diverse tipologie di incarico professionale: è necessaro stabilire da subito qual è l’incarico ricevuto
(indicare se è una valutazione dettagliata o valutazione sommaria)
 Definire l’oggetto della valutazione e la base informativa: ogni base informativa porta a risultati
diversi. Si deve dare nella relazione di stima la prova e la descrizione di tutti i documenti che si sono
raccolti per la valutazione.
 Disciplinano gli approcci valutativi e i metodi di valutazione (nel mondo anglosassone si parla di 3 tipi
di approcci. Nella realtà italiana assumono nome di famiglie di metodi)
Gli approcci sono:
1.income approach: metodo basato sui flussi di risultato (income = reddito, ma qui significa flusso di
risultato) possono essere flussi reddituali ma anche finanziari.
2.asset approach: metodo basato sugli asset, sui valori dei singoli investimenti al netto delle passività (è un
metodo patrimoniale)
3.market approach: multipli. Metodo che stima l’azienda su prezzi fatti e negoziati in borsa o in trasazioni
comparabili (cioè tra aziende simili).

 Gli standard di valutazione disciplinano la predisposizione e la conservazione della documentazione


usata
 Le varie tipologie di relazioni di valutazioni
 Struttura e contenuto della relazione di valutazione: nel mondo anglossassone esistono 2 tipi di
standard:
1) develoment standard (di sviluppo) disciplinano come fare la stima
2) reporting standard (di comunicazione) disciplinano i contenuti della relazione

 Condizioni limitative nell’utilizzo della relazione: indicare quali sono le finalità per usare (o non usare)
la relazione.
 Le attestazioni finali rilasciate dal’esperto.

Tipi di incarico e di relazione di stima secondo AICPA (American Institute of Certified Public Accountant):
Tipi di incarico:
- Valuation engagement (incarico di valutazione): è l’espero che sceglie i criteri di valutazione da usare
nella stima. Si distinguono 2 report:
1- report dettagliato
2- report sommario

- Calculation engagement (incarico di formulazione di un calcolo): si basa sull’accordo tra esperto e cliente
sul tipo di valutazione da fare.

Questi 2 tipi di incarico riguardano report scritti.


Le relazioni possono anche essere orali (poco diffusa)
Gli standard valutativi:
 Punti di forza:
 Assistono gli esperti nella loro attività: esperti seguono un percorso valutativo, quindi è più semplice
l’operazione
 Migliorano la qualità delle valutazioni e la professionalità dei valutatori
 Svolgono una funzione di prevenzione di comportamenti fraudolenti
 Costituiscono una garanzia per i destintari delle relazioni di stima
 Favoriscono l’armonizzazione valutative e la comparabilità di valutazioni rilasciate da soggetti diversi
 Agevolano l’intelligibilità delle relazioni di stima: siccome gli standard contengono anche i reporting
standard (comunicazione, informazioni che vengono trasmesse) se si rispettano gli standard, le
informazioni sono più comprensibili.
 Permettono un più forte accreditamento a livello sociale della professione degli esperti di valutazione

Punti di debolezza:
 Forniscono requisiti minimi che gli esperti sono chiamati a osservare: gli standard discipliano solo
alcuni aspetti della valutazione, non tutta. Quindi l’esperto che vuole condurre una valutazione su una
situazione più specifica deve rivolgersi ai manuali di valutazione.
 La sola osservanza di tali standard non garantisce la qualità dei processi di valutazione e delle
relazioni di stima
 Appaiono generici sui problemi di natura più strettamente valutativa riguardanti la scelta degli approcci
valutativi, dei metodi valutativi e delle procedure di stima dei diversi parametri, che è espressamente
rimessa al giudicio professionale dell’esperto.
 Hanno un raggio d’azione troppo limitato rispetto alla ricerca in materia di valutazione d’azienda
 Non trattano adeguatamente gli errori di valutazione in cui l’esperto può incorrere
 “Sistema sanzionatorio” limitato alle sole associazioni professionali: il sistema sanzionatorio c’è solo
per le member organization, ma se non si applicano i principi internazionali nessuno fa sanzione, quindi
viene meno l’obbligo dell’applicazione dei principi.

IMPORTANTE. Il sistema di regolazione applicato è di tipo BIPOLARE!


Ci sono:
- l’organismo internazionale
- le associazioni professionali domestiche (associazioni professionali e istitui indipendenti).
Oggi le associazioni professionali e gli istituti indipendenti sono gli sponsor dell’organismo internazionale ->
quindi l’organismo internazionale opera con risorse fornite delle organizzazioni dometische.
L’organismo internazionale (IVSC) invece sostiene lo sviluppo di nuove associazioni nei paesi dove non sono
presenti e svolge attività di armonizzazione a livello mondiale.

Il sistema è funzionante, però è carente nello sviluppo degli standard (deve essere ampliato e potenziato).

Lo sviluppo delle banche dati:


si tende a oggettivizzare (o desoggettivizzare) sempre più le valutazioni attraverso 2 azioni:
- potenziamento degli standard di valutazione, sempre più accurati e approfonditi
- sviluppo delle banche dati da cui attingere informazioni (è importante indicare la banca dati da cui
abbiamo attinto le info in modo da rendere il processo di valutazione replicabile)

Si fa oggettivazione per togliere margini di arbitrarietà di esperti e avere una maggiore verificabilità della
valutazione.

1/03
DUE CULTURE NELLA VALUTAZIONE D’AZIENDA:

1- Tradizione anglosassone:
- metodo finanziario (discounted cash flow):
Nel mondo anglosassone si attribuisce più importanza ai flussi di cassa piuttosto che ai flussi reddituali.
(“cash is king” -> quello che conta è il denaro che viene prodotto).
L’enfasi viene posta sui flussi di cassa, quindi i metodi per valutare l’azienda sono stati sviluppati in questa
logica.

- metodo dei multipli (o moltiplicatore):


Quando parliamo di multipli le valutazioni vengono fatte sulla base di prezzi negoziati (ambito della borsa
valori) o in transazioni comparabili cioè in operazioni aventi per oggetto aziende o pacchetti azionari simili a
quelli oggetto di valutazione; quindi, c’è legame stretto con il mercato.
Queste metodologie danno valori tanto più realistici quanto più i mercati di riferimento sono efficienti.
(i multipli si sono sviluppati nel mercato degli Stati Uniti; qui i mercati finanziari presentano i più alti valori
di efficienza. RICORDA -> il valore che la borsa restituisce alla società quotata si chiama capitalizzazione)

2- Tradizione Mittel-Europea (paesi Europa continentale)


- metodo misto (con stima autonoma dell’avviamento; ha radici nell’800)
- metodo reddituale (introdotto nel nostro paese sulla fine degli anni 20 da Gino Zappa)

Tali metodi guardano al reddito come grandezza flusso di riferimento.

I metodi delle 2 tradizioni ora si usano insieme per via della globalizzazione dell’economia.
Dunque, si è verificata una sorta di UNIFICAZIONE CULTURALE. Questo porta a compiere valutazioni
sempre più attendibili.
Con l’aumento dei metodi aumenta però anche la complessità del processo di valutazione.

COMPLESSITA’ DEL PROCESSO DI VALUTAZIONE

- PROSPETTIVE assunte per la valutazione  LOGICHE


VALUTATIVE: le logiche valutative sono diverse e dipendono
dal tipo di operazione da compiere e dal tipo di azienda.
Es: quando si fa un’acquisizione, si può valutare l’azienda target come azienda in grado di creare sinergie
(combined firm valuation) o autonomamente (stand-alone valuation);

- ALGORITMI di valutazione  METODI: i metodi possono essere diversi e si scelgono diversamente in base
al caso in questione: si fa valutazione sulla base di grandezze flusso o grandezze stock? Attualizzazione o
capitalizzazione? (attualizzazione: stimare il valore dell’azienda scontando una serie di flussi attesi;
capitalizzazione: stimare l’azienda sulla base di un unico flusso medio).

- LEVE del valore  PARAMETRI:


- nella valutazione dobbiamo utilizzare flussi da previsioni (forecast) (permettono di individuare più
probabile valore futuro) o flussi da proiezioni (projections) (permettono di fare previsioni diverse a fronte di
diversi scenari alternativi)

- Risk-free rate: parametro fondamentale per stimare il costo dell’equity ossia il costo del capitale di
proprietà. Quando lo stimo a cosa devo fare riferimento? Si decide su prassi valutative che variano da paese
a paese (in Italia si prende il rendimento di titoli di stato decennali).
- beta: coefficiente di rischiosità. Raw-beta o beta-adjusted? Dipende.
- Il valore di un’azienda dipende anche dal suo leverage finanziario.

Breve excursus storico: Lo sviluppo della materia della valutazione d’azienda è piuttosto recente-> fino agli
anni 90 si parlava solo di valore economico.
Di valore potenziale e valore sinergico se ne parla dopo anni 90.

LA VALUTAZIONE D’AZIENDA: natura della disciplina


- SUL PIANO SCIENTIFICO: è il campo di indagine che studia il valore dell’azienda, elaborando logiche e
metodologie di stima
- A LIVELLO OPERATIVO: è attività con cui si stima il valore dell’azienda, ramo d’azienda o quota di capitale
con la scelta di logiche e metodi valutativi più appropriate al caso specifico, nonché delle modalità di stima
dei parametri valutativi (flussi di cassa e reddituali, tassi di sconto, tassi di crescita)

La valutazione (stima) è un GIUDIZIO PROFESSIONALE espresso in forma monetaria da un esperto sul


valore di un dato complesso aziendale (azienda o ramo d’azienda) o di titoli rappresentativi del capitale
di una società.
La valutazione ha delle caratteristiche:
- giudizio complesso: è un processo che richiede tutta una serie di decisioni complesse
- espressa in valori monetari
- ha contenuto relativo rispetto allo scopo della valutazione, alla natura dell’azienda, alla situazione
economica dell’azienda, alla prospettiva di osservazione.

NB: GIUDIZIO PROFESSIONALE significa giudizio fatto con professionalità da un soggetto che possiede
conoscenze competenze ed esperienze sufficienti. Quindi la componente soggettiva svolge un ruolo
determinante (ogni esperto si rapporta in modo diverso all’oggetto di valutazione perché fa la valutazione
in base alle proprie conoscenze, competenze, esperienze).

ELEMENTI DI GIUDIZIO: Il giudizio professionale si basa su


- Teoria e principi di valutazione
- Standards di valutazione
- Normativa vigente
Tutto ciò porta a certe conoscenze e competenze sulla base delle quali l’esperto può formulare un giudizio
professionale dal quale scaturisce la valutazione e quindi il valore dell’azienda.

La valutazione ha contenuto relativo rispetto anche alle prospettive di osservazione dell’esperto:


 ESPERTO/VALUTATORE DIPENDENTE (o di parte): è un professionista incaricato dall’acquirente o dal
cedente che deve fare valutazioni considerando anche le convenienze dei contraenti.
Valutazione effettuata nella prospettiva di uno SPECIFICO INVESTITORE -> quindi sono VALORI
PARTICOLARI. (valutazioni non molto frequenti)

 ESPERTO/VALUTATORE INDIPENDENTE: deve effettuare la valutazione NON tenendo conto degli effetti
del trasferimento (es. miglioramenti gestionali) e delle convenienze delle parti interessate
(acquirente/venditore)
Dunque, valuta l’azienda nella prospettiva di un INVESTITORE GENERICO che non ha un nome ben preciso
 trattasi quindi di un VALORE GENERALE; tale configurazione di valore si chiama capitale economico.

NB: il valore generale è uno solo, mentre i valori particolari possono essere molteplici.

VALORE E PREZZO:
- Valore: scaturisce sempre da una valutazione, da una stima. Il valore di un bene è la quantità di moneta
equivalente al bene oggetto di stima cioè l’azienda (in base a giudizio formulato da un esperto).
- Prezzo: risultato di una trattativa, di una negoziazione che si chiude con un accordo. Il prezzo è una realtà
di fatto che si forma grazie all’incontro tra la domanda e l’offerta dell’azienda.
- Relazione tra valore e prezzo: il valore costituisce la base di riferimento per la negoziazione del prezzo di
trasferimento dell’azienda.

Quali sono i rischi che si corrono se non si è preparati?


- RISCHIO PER IL VENDITORE: non si ha piena consapevolezza del valore dell’azienda  si può chiedere
troppo (sopravvalutarla) con rischio del fallimento della trattativa o chiedere poco (sottovalutata) con
distruzione di valore.

- RISCHIO PER L’ACQUIRENTE: se offre poco può far fallire la trattativa; se offre troppo distrugge valore.

IMPORTANTE: ci possono essere situazioni in cui il venditore chiede ad es. 90 e il compratore offre 120.
Sono valori di parte e ognuno fa la propria valutazione secondo la propria prospettiva.

 VALORE GENERALE (condizioni oggettive del complesso aziendale): l’esperto indipendente stima il
valore generale dell’azienda sulle base delle sue condizioni oggettive lasciando da parte le sue
condizioni soggettive (ossia gli interessi dei soggetti che stanno negoziando).


 VALORE DI PARTE (condizioni soggettive della valutazione): valori formulati dagli esperti di parte; questi
valori cambiano perché l’esperto dipendente tiene conto degli interessi del suo cliente.

Le valutazioni di parte portano ad ASIMMETRIE INFORMATIVE: la parte venditrice ha piena disponibilità di


certe informazioni; la parte acquirente ha invece una limitata disponibilità di informazioni -> questo porta a
diversi valori.
Si cerca di limitare le asimmetrie informative con un’attività chiamata DUE DILIGENCE: l’acquirente cerca di
arricchire il proprio quadro informativo attraverso questa attività (ci riesce limitatamente).

 PREZZO (condizioni soggettive della negoziazione): scaturisce da una trattativa che si basa anche su
stime che hanno tenuto conto delle condizioni oggettive, soggettive, e altre variabili quali:
- interessi personali extraeconomici (es: valore affettivo che una famiglia può attribuire alla sua azienda)
- forza contrattuale
- abilità negoziale
- condizioni di pagamento
- eventuali clausole contrattuali.

LA NEGOZIAZIONE:
Ipotesi 1 il valore stimato dall’advisor (professionista incaricato) del venditore è minore di quello stimato
dall’advisor del compratore (es. venditore valuta la sua azienda 100€ e il compratore la valuta 120€).
Si forma intervallo di prezzi e ipotizziamo che si fermi a 110€; entrambi creano valore perché il venditore
stima la sua azienda 100 e la vende a 110; per il compratore l’azienda vale 120 e la compra a 110
strategia win-win (doppia vincita) la trattativa si chiude perché c’è convenienza da entrambe le parti.

Ipotesi 2 il venditore chiede per l’azienda 1200€, ma il compratore è disposto ad offrire 1000.
La trattativa non si può chiudere.

6-7-8 Marzo
CONFIGURAZIONI DI VALORE
La stragrande maggioranza delle valutazioni viene fatta con la prima configurazione (valore economico); le
altre vengono usate per valutazioni di acquisizione quando bisogna stimare in valori di parte (del venditore
e del compratore).

-VALORE ECONOMICO: nella letteratura anglosassone troviamo l’espressione fair market value; è la
configurazione di valore generale (valido per tutti gli investitori, non per uno specifico). Quando si parla di
valore economico, l’esperto è indipendente e vi sono 2 condizioni:
 il valore è stimato facendo riferimento alle condizioni operative e finanziarie in atto (valutazione as is),
ossia in base alla capacità reddituale o finanziaria che l’azienda ha già dimostrato di possedere o che essa
potrà acquisire nel breve periodo. Non possiamo discostarci da quella che è l’attività che oggi l’azienda sta
svolgendo (non si possono in tal caso ipotizzare miglioramenti sul piano gestionale, ad esempio l’ingresso in
un nuovo mercato, il lancio di un nuovo prodotto, ecc) quindi non dobbiamo far riferimento a diversi
scenari.
 la valutazione dovrà essere fatta considerando l’azienda autonomamente e quindi non si dovrà tener
conto delle sinergie che potranno scaturire (valutazione stand-alone).

NB: Quando parliamo di scenari diversi ci riferiamo all’ipotesi di situazioni che divergono da quella attuale
per iniziativa del management -> nella valutazione con valore economico si deve restare nell’ambito della
spontanea evoluzione della strategia tracciata (ovvio che si tiene conto dei cambiamenti aziendali).
IMPORTANTE. Il valore economico è la configurazione che utilizziamo per la valutazione di fusioni,
scissioni, conferimenti, scorpori ecc.

Da ora in poi invece tratteremo configurazioni di valore che necessariamente presuppongono il riferimento
ad un investitore specifico:

- VALORE POTENZIALE (o valore stand-alone potenziale):


 valore stimato in base alla capacità reddituale o finanziaria acquisibile dall’azienda nel medio-lungo
periodo a seguito di cambiamenti di ordine strategico -> es: cambiamenti riguardanti mercati di riferimento,
linee di prodotto, struttura tecnico-produttiva, tecnologie ossia conoscenze, competenze, personale ecc…
 consideriamo il complesso aziendale autonomamente (valutazione stand-alone).

Tale configurazione viene assunta per operazioni di management buy out  operazione finalizzata al
cambiamento totale della proprietà di un’impresa a favore di manager interni alla società stessa.
In questo caso ad acquisire l’azienda è una persona fisica e non un’altra azienda.
Quando il manager vuole rilevare l’attività dove opera e vuole capire fino a che valore spingere la sua
offerta, dato che il manager è portatore di indirizzi strategici (e quindi si va a vedere quale potrà essere il
valore potenziale dell’azienda una volta che si sostituiranno alcuni prodotti nella gamma commerciale,
nuovi macchinari, nuove conoscenze, nuove competenze ecc..), si fa una valutazione con tale
configurazione di valore.

RICORDA: nelle trattative i valori sono di parte (ovviamente non si utilizza il capitale economico)

- VALORE SINERGICO DI ACQUISIZIONE: se ad acquistare l’azienda target è un'altra azienda è chiaro che a
seguito dell’acquisizione si possono creare sinergie potenziali quindi parliamo sempre di un valore
potenziale ma non ci fermiamo li perché chi acquista spesso lo fa anche per beneficiare di sinergie.
Ci sono 4 diverse tipologie di sinergie: operative, di mercato, finanziarie, fiscali.

- Sinergie di mercato: acquisto l’azienda target perché ha una rete di vendita distribuita capillarmente in
una certa area dove io non arrivo con la mia rete di vendita; questo non solo mi permetterà di vendere i
prodotti dell’azienda acquisita ma anche i miei prodotti, quindi potrò beneficiare di una crescita del
fatturato e quindi maggiori ricavi dovuti alla valorizzazione e all’utilizzo della rete commerciale dell’azienda
target;
- Sinergie operative: economie di scala non solo produttive ma anche in sede di acquisizioni; del minor
prezzo non beneficia solo l’azienda target ma anche l’azienda acquirente.
Sinergie di mercato e operative presuppongono che l’azienda target operi nello stesso settore dell’azienda
acquirente quindi possiamo parlare un’integrazione orizzontale (cartiera che acquista un’altra cartiera) o
verticale nella filiera.
- Sinergie finanziarie: queste valgono sempre e comunque anche in aziende multi-business e multi-
divisionali.
Cash pooling -> gestione a livello di gruppo della finanza. La capogruppo gestisce la finanza per tutte le
società appartenenti al gruppo, ciò significa che se una delle società ha liquidità in esubero può contrarre
prestiti ad altre società del gruppo che invece devono soddisfare il proprio fabbisogno finanziario (prestiti
infragruppo). Fare operazioni di cash pooling comporta un beneficio perché la società non si approvvigiona
all’esterno del perimetro del gruppo a condizioni più onerose ma trova la liquidità all’interno del gruppo a
condizioni più vantaggiose.
- sinergie fiscali: es. fenomeno che si registra nei gruppi strutturati con diverse società che operano in paesi
diversi dove si registra una diversa tax rate (una diversa pressione fiscale). Pensiamo alle forniture
infragruppo es. tra Italia e Irlanda, società A (produce carta) e società B (trasforma la carta) e ipotizziamo
che ci sia un tax rate per A del 35% e per B un tax rate del 19%; c’è un modo per spostare il reddito da una
società all’altra? A vende a B e la fornitura può essere venduta ad 90, 100, 110 -> questo prezzo chiama
transfer price (prezzo tra due società appartenenti allo stesso gruppo, non si opera sul mercato), oggi
questi prezzi sono disciplinati dalla normativa fiscale.
Quindi, a quanto mi conviene vendere la partita con i tax rate visti sopra, a 100, 110 o 90 (ragionando a
livello di gruppo)? A 90 perché abbasso la redditività della società e sposto reddito sulla società B dove la
pressione fiscale è più bassa.
Dunque, valutare al valore sinergico significa non solo tener conto dei maggiori flussi ottenuti grazie ai
cambiamenti di ordine strategico ma anche tenendo conto del valore delle sinergie.

NB: in caso di valore potenziale e vaorel sinergico si possono ipotizzare scenari diversi e utilizzare quindi la
logica what if (che valore avrò se si realizza lo scenario A? ecc).

- VALORE SINERGICO DI CESSIONE: perché si possa parlare di valore sinergico di cessione (nell’ottica del
venditore) è necessario che venga ceduto un RAMO DI AZIENDA (non l’azienda intera, altrimenti si utilizza il
valore potenziale). Per l’azienda madre quanto vale il suo ramo alfa oggetto di possibile cessione????? Devo
stimare il valore del ramo stand-alone più il valore delle sinergie che si perdono con la cessione (valore
delle DISPERSIONI) -> queste sono sinergie non potenziali, ma in atto e siamo sicuri che cedendo il ramo
queste verranno perse, si disperderanno.
Tale configurazione di valore si applica in due casi (sempre quando voglio il valore di parte):
1- cessione del ramo di azienda
2- cessione di una società appartenente ad un gruppo

IL PROCESSO DI VALUTAZIONE  insieme coordinato di decisioni ed operazioni avente per oggetto la


valutazione di un complesso aziendale (azienda o ramo d’azienda) o titoli rappresentativi del capitale di una
società (pacchetti azionari o quote sociali)

I livelli decisionali (da considerare ogni volta che deve essere fatta una valutazione) sono 3:
I LIVELLO: scegliere le logiche valutative più indicate dal caso di specie
II LIVELLO: scegliere i metodi di valutazione da applicare
III LIVELLO: scegliere le varie soluzioni possibili per stimare i parametri valutativi.

1) LOGICHE VALUTATIVE
Potremmo definire la logica valutativa come la prospettiva assunta dall’esperto per condurre la stima.
NB: Ogni stima è frutto di una combinazione di più logiche valutative.
In tutte le classificazioni la prima cosa che si deve capire è il criterio discriminante:
1- formula imprenditoriale o modello di business:
- ipotesi di conservazione dell’attuale formula imprenditoriale, a limite sua naturale evoluzione ->
valutazione dell’azienda as is (valore economico)
- evoluzione vera e propria della formula ma per iniziativa del management -> valutazione potenziale.
2- autonomia aziendale:
- ipotesi di vita autonoma dell’azienda -> in questo caso faccio una valutazione stand-alone.
- ipotesi di vita congiunta (per formare una società di maggiori dimensioni) -> combined firm valuation.
3- unitarietà dell’azienda:
- ipotesi di conservazione dell’azienda -> valutazione unitaria.
- ipotesi di smembramento dell’azienda (tutto nasce dal fatto che negli anni si è acquisita la consapevolezza
che vendere un’azienda multi-business in blocco rendeva meno che vendere la stessa per rami distinti. Era
meglio vendere separatamente) -> valutazioni di break-up.
4- diversificazione delle attività aziendali:
- aziende mono-business -> si valutano in blocco, ossia di fa una valutazione d’insieme
- aziende multi-business -> caso in cui abbiamo un portafoglio di n aziende ciascuna delle quali ha uno
specifico profilo di rischio (le varie società hanno diverso profilo di rischio); si fa una valutazione “sum of
parts” (somma delle parti).

Nell’ambito delle aziende multi-business si fa


questa valutazione perché appunto le diverse
ASA si caratterizzano per un diverso profilo di
rischio e quindi per un diverso costo del capitale.

Spiegazione slide:
Stimo le diverse aree strategiche d’affari e vado a
sottrarre il valore dei servizi generali quindi tutte
quelle attività di complemento che servono per il
funzionamento complessivo dell’azienda ma non generano ricavi, che quindi sono solo di supporto.
Sottraendoli dalle ASA si ottiene un valore che si chiama ENTERPRISE VALUE ossia il valore che avrebbe
l’azienda in assenza di indebitamento finanziario (o meglio il valore di mercato del capitale investito, non a
valore di libro).
Il valore economico del capitale investito si chiama dunque ENTERPRISE VALUE O FAIR VALUE.
Chi acquista l’azienda non solo acquisisce questo valore ma anche l’indebitamento finanziario cioè i debiti
verso le banche al netto della liquidita disponibile e dei crediti di finanziamento se ci sono; questa
grandezza si chiama POSIZIONE FINANZIARIA NETTA (debiti di finanziamento - crediti di finanziamento –
liquidità - cash equivalents es. titoli di pronto smobilizzo).
Se dall’ENTERPRISE VALUE sottraggo la POSIZIONE FINANZIARIA NETTA trovo il valore dell’azienda che
chiamiamo EQUITY VALUE, ossia il valore economico del capitale netto.

CONSIDERAZIONI circa la logica somma delle parti:


che tipo di flusso utilizzare nella logica somma delle parti???
I flussi possono avere natura diversa con riferimento al fatto che siano al lordo o al netto del costo del
debito cioè degli oneri finanziari, i flussi possono essere distinti in flussi lordi prima degli oneri finanziari
(flussi unlevered) o flussi netti dopo gli oneri finanziari (flussi levered).
NB: Quando valutiamo le ASA la valutazione deve essere fatta sulla base di flussi lordi prima degli oneri
finanziari che rappresentano il costo dell’indebitamento dell’azienda nel suo complesso, quindi qualsiasi
ripartizione degli oneri finanziari tra le singole ASA sarebbe arbitraria (non esistono debiti al livello di
singole aree strategiche di affari)

Quindi RICORDA (domande esame):


- Perché si fa una valutazione somma delle parti?
Le diverse ASA hanno un diverso profilo di rischio
- Perché si adottano flussi lordi per valutare le singole ASA?
Perché qualsiasi ripartizione degli oneri finanziari tra le varie ASA sarebbe arbitraria.

Ogni valutazione è una combinazione di più logiche: se dobbiamo fare la valutazione di acquisizione di
un’azienda da parte di un'altra azienda (es. azienda B acquista azienda A) scegliamo le logiche:
1 evoluzione
2 vita congiunta
3 conservazione (se multi-divisionale -> approccio somma delle parti)

2) METODI DI STIMA:
Abbiamo 4 famiglie di metodologie (“famiglie” perché i metodi presentano diverse varianti, quindi non solo
abbiamo il metodo reddituale, ma abbiamo diverse varianti di questo):
1- metodi basati su grandezze flusso  metodi reddituali e finanziari
Valutazione fatta attualizzando o capitalizzando flussi attesi, quindi il valore dell’azienda è legato ai flussi
che la stessa è in grado di generare in futuro tenuto conto anche del profilo di rischio (es. due aziende che
producono lo stesso flusso ma hanno un profilo di rischio diverso avranno valori diversi; RICORDA -> i
fondamentali della valutazione sono il binomio rischio-rendimento). Quindi l’attenzione si concentra
sull’attività dell’azienda, sulla sua operatività e quindi aziende che hanno strutture diverse e quindi valore
diverso al livello strutturale potrebbero avere lo stesso valore se hanno rischi simili. L’attenzione è
incentrata sulla gestione dell’azienda, sull’attività svolta che può essere più o meno profittevole e più o
meno rischiosa.
2- metodi basati su grandezze stock  metodi patrimoniali (semplice e complesso)
Si valuta l’azienda in base al valore dei suoi asset indipendentemente dall’attività che svolge,
dall’operatività, dal cash flow, dal profilo di rischio. Non facciamo più una valutazione sintetica ma
seguiamo un processo valutativo di tipo analitico (si valutano i singoli asset, quindi i crediti, i debiti, i
brevetti ecc si fa la somma algebrica e si trova il valore dell’azienda).
3- metodi misti metodo misto con stima autonoma dell’avviamento e metodo basato sull’EVA.
Metodologia ibrida perché guarda sia alla struttura sia all’attività, tiene quindi conto sia della capacità
reddituale dell’azienda ma anche del valore della sua struttura (detto capitale netto rettificato -> rettificato
nel senso che è una grandezza che si ottiene apportando rettifiche al capitale netto contabile, che troviamo
nel bilancio, detto anche valore di libro).

NB: queste 3 famiglie di metodi hanno un comune denominatore:


la stima infatti viene fatta basandosi sui dati dell’azienda.

4- metodi di mercato  multipli e moltiplicatori


L’azienda viene stimata facendo riferimento ai prezzi negoziati sul mercato per aziende comparabili (per
aziende simili). Quale mercato?? La borsa, quindi i mercati regolamentati -> in tal caso parliamo di multipli
di borsa oppure si guardano operazioni private ossia operazioni effettuate al di fuori della borsa valori, in tal
caso parliamo di transazioni comparabili -> multipli di transazioni comparabili.
ES: osservo una serie di comparabili e andando a fare la media dei multipli di 5 società comparabili mi
accorgo che il valore medio del multiplo è pari a 15  price to earnings -> prezzo rapportato agli utili.
L’azienda vale 15 volte gli utili che produce; il price del numeratore è la quotazione di borsa e al
denominatore abbiamo gli utili per azione (ipotizziamo che siano 1, qualcosa) e supponendo che nel 2019 la
mia azienda genererà utili per 1 milione il valore della stessa sarà 15x1milione

3) PARAMETRI VALUTATIVI (leve del valore): variabili estimative alla base di uno specifico metodo di
valutazione
Se i parametri figurano all’interno della formula allora abbiamo parametri ESPLICITI; se non figurano
all’interno della formula allora abbiamo parametri IMPLICITI.

W (valore) = R/i (formula del metodo reddituale semplice; la stima viene fatta capitalizzando un reddito
medio normale atteso)

ES: 1.000.000 reddito generato mediamente dall’azienda


i: costo dell’equity, quindi costo del capitale di proprietà, ipotizzandolo pari al 10% (costo legato al profilo di
rischio)
- 1000000/0,10= 10 milioni  valore dell’azienda
R e i sono parametri espliciti; i (costo dell’equity) deriva dall’applicazione di modelli particolari e deriva dalla
somma di due componenti:
1- risk-free rate (tasso puro di interesse; primo parametro implicito quando dobbiamo determinare i)
2- rischio economico generale: possibilità che l’investitore non ritragga dal suo investimento un adeguata
remunerazione e possibilità di perdita parziale o totale del capitale investito  ecco che aggiungiamo al
risk free rate un premio per il rischio.
NB: i rappresenta un
parametro esplicito stimato
su parametri impliciti.

Attività principali che compie


l’esperto:
La differenza fondamentale
fra relazione di stima e
fairness opinion è che;
 nella relazione di
stima l’esperto
formula un giudizio
su un’azienda, ramo
d’azienda, quote,
azioni ecc;
 le fairness opinion hanno una funzione diversa: l’esperto è chiamato a valutare la congruità di un
prezzo già negoziato.
- fase pre-negoziale: prima della trattativa
- fase post-negoziale: dopo la trattativa

 attività FAIRNESS OPINION (a seconda di ciò che è avvenuto prima della negoziazione):
-> se prima della negoziazione è stata effettuata una relazione di stima allora la FO sarà effettuata andando
ad analizzare quella valutazione, quindi farò una attività di audit e quindi ripercorro passo passo la
valutazione verificando che tutti i passaggi siano stati compiuti correttamente.
-> se non è disponibile una precedente valutazione allora la FO richiede che venga fatta sul momento una
valutazione e in base alla valutazione fatta dall’esperto si chiuderà la relazione con la valutazione finale
della congruità.

Queste due relazioni si chiudono nella parte finale con


attestazioni diverse poiché la valutazione si chiuderà
con attestazioni del tipo “in base alle analisi svolte…
posso attestare che il valore dell’azienda oscilla tra
1.250.000 a e 1.400.000”; la fairness opinion invece si
chiuderà con un attestazione del tipo “in base
all’analisi svolta e alla documentazione analizzata…..si
conclude che il prezzo negoziato è congruo oppure
non è congruo).

NB: Le relazioni come le FO possono essere:


- volontarie: se nascono dalla volontà ad esempio del CDA
- obbligatorie: se imposte da codice civile o regolamenti Consob (ricorda  art 2501 sexies: la relazione di
congruità nel caso di operazioni di fusione che deve esser redatta da esperto nominato dal tribunale ecc..)
I FLUSSI
Tipologie di flussi:
In base alla NATURA si distinguono in:
- reddituali: sono calcolati sulla base del principio di competenza economica
- di cassa: “cash is king” quindi ciò che conta sono i flussi di cassa, gli unici sui quali non si possono fare
operazioni di politiche di bilancio.

In base all’INFLAZIONE abbiamo:


- flussi nominali: flussi che subiscono l’effetto dell’inflazione
- flussi reali: flussi che non risentono di questo effetto
La differenza tra questi è importante perché in virtù del principio di coerenza tra i diversi parametri
valutativi se dobbiamo capitalizzare o attualizzare un flusso nominale dobbiamo utilizzare un tasso
nominale, viceversa se capitalizziamo o attualizziamo un flusso reale allora il tasso da utilizzare dovrà essere
espresso in termini reali (coerenza tra natura dei flussi e natura dei tassi).

In base alla GESTIONE FINANZIARIA possono essere distinti in:


- flussi lordi: prima degli oneri finanziari (flussi unlevered)
- flussi netti: al netto degli oneri finanziari (flussi levered)

FLUSSI LORDI E NETTI


I flussi lordi devono essere scontati o capitalizzati con un tasso congruo che è il costo medio ponderato del
capitale (WACC), mentre i flussi netti dovranno essere capitalizzati o attualizzati con il solo costo dell’equity,
ossia costo del capitale di proprietà, sempre per il principio di coerenza.

Come stimare l’Equity value (ossia il valore dell’azienda, incognita di ogni stima)??
Due possibilità: utilizzare i flussi lordi o i flussi netti
- nel mondo anglosassone: flussi lordi
- nel mondo europeo: flussi netti

Dalla gestione operativa scaturiscono i flussi lordi (con flusso lordo ci riferiamo al risultato operativo (se
parliamo di flussi reddituali); ma noi dobbiamo iniziare la valutazione dal reddito operativo al netto delle
imposte), una prima via per valutare l’azienda può essere (APPROCCI VALUTATIVI):
- si attualizzano o capitalizzano i flussi lordi (con il WACC): facendo questa operazione stimo l’enterprise
value; se vi sottraggo la posizione finanziaria netta ottengo l’equity value (via indiretta: prima stimo
l’enterprise value attualizzo o capitalizzo flussi lordi, poi sottraggo la posizione finanziaria netta) 
approccio ASSET SIDE

Altra possibilità:
- La gestione finanziaria produce oneri finanziari (i flussi netti
derivano dai flussi lordi ma anche dagli oneri finanziari generati
dalla gestione finanziaria, quindi se facciamo riferimento ai flussi
reddituali, il flusso netto è il reddito netto); se attualizzo o
capitalizzo (al costo del capitale di proprietà) reddito netto
ottengo direttamente l’equity value  approccio EQUITY SIDE

Ricorda:
- Il risultato operativo rappresenta la remunerazione del capitale investito e quindi tanto del capitale di
proprietà quanto del capitale di terzi (pensare a come si calcola il ROI).
- il reddito netto è la remunerazione del solo capitale di proprietà (pensa a come si calcola il ROE)
- Flussi lordi: si attualizzano o capitalizzano con WACC, ossia il costo medio ponderato del capitale
- Flussi netti: si attualizzano o capitalizzano con Ke (nel mondo anglosassone) o i (mondo europeo), ossia tax
free rate + premio rischio

SP riclassificato con criterio finanziario


Porta ad avere: attivo fisso, attivo circolante, mezzi propri o capitale di proprietà, passivo consolidato,
passivo corrente
Tale criterio ci dice di riclassificare le varie poste:
- per gli elementi attivi in base al principio di realizzabilità (attitudine ad essere convertiti in denaro entro o
oltre l’esercizio successivo)
- nella parte destra dello SP il primo criterio è un criterio di natura che si basa sulla distinzione tra capitale
di proprietà e capitale di terzi; il capitale di terzi viene poi distinto in passivo corrente e consolidato in base
al principio di esigibilità (il creditore può chiedere il pagamento entro l’esercizio successivo o oltre).
Questo tipo di riclassificazione dello stato patrimoniale non ci serve in valutazione d’azienda!!!

SP riclassificato con criterio di pertinenza gestionale (detto anche criterio funzionale)

Dobbiamo capire come calcolare la posizione finanziaria netta (cosa che non ci permette la riclassificazione
con criterio finanziario).

In questo tipo di riclassificazione il tempo non gioca alcun ruolo perché distinguiamo i diversi elementi del
capitale in funzione della gestione a cui si riferiscono:
gestione operativa -> sezione del capitale investito, sezione di sinistra
gestione finanziaria -> sezione della copertura, sezione di destra.
Il criterio è funzionale perché si tratta di capire se l’elemento fa riferimento alla gestione operativa o
finanziaria. Vengono fuori diverse macro-classi che ora analizzeremo.

SEZIONE CAPITALE INVESTITO NETTO:


capitale circolante operativo netto (working capital): perché operativo?? Perché costituito unicamente da
poste afferenti alla gestione operativa ossia magazzino, crediti operativi (es. crediti tributari ecc), ratei e
risconti attivi, -debiti operativi, -ratei e risconti passivi.
NB: nell’attivo circolante, della riclassificazione con criterio finanziario, si potevano trovare anche attività
finanziarie, QUI NON SI TROVANO (NON fanno parte della gestione operativa)!!
Perché netto? attività al netto delle passività.
+ capitale fisso operativo netto: immobilizzazioni materiali
nette, immobilizzazioni immateriali nette (valori al netto
degli ammortamenti) e immobilizzazioni finanziarie ma qui
per quanto riguarda le immobilizzazioni finanziarie ci sono
solo le partecipazioni aventi natura strategica (quelle per
cui partecipiamo in altre aziende con cui effettivamente
operiamo insieme, vi sono quindi attività in comune).
- fondi: fondo TFR e altri fondi
= COIN
+ Capitale extra-cararatteristico: investimenti accessori (es. immobili civili…)
= CIN

SEZIONE COPERTURE FINANZIARIE:


Oltre al patrimonio netto, costituito da: capitale sociale, riserve, utile d’esercizio (o la perdita di esercizio
eventualmente con segno meno), al netto dei crediti vs soci per versamenti ancora dovuti.
Abbiamo la sezione della posizione finanziaria netta costituita da:
debiti finanziari (mutui, prestiti dilazionati, scoperti di conto corrente, anticipi su fatture, su riba e prestiti
obbligazionari), -crediti finanziari (indipendentemente dalla scadenza vanno qui), -liquidità (conti correnti
bancari attivi e piccola cassa), -partecipazioni non operative (investimenti non strategici, es. ho acquistato
titoli della fiat, questo è un investimento non operativo, sono investimenti di pronto smobilizzo (cash
equivalents) e lo vado a trattare come se fosse liquidità), -titoli negoziabili (es. titoli di stato)

VALORI DI LIBRO E VALORI ECONOMICI:


- Sinistra (Financials): riclassificazione di SP con pertinenza gestionale. Sono valori di libro.
- Destra (Economics): si passa a valori di mercato.

L’Enterprise Value non è altro che il valore economico del capitale investito. Non è altro che il valore
dell’azienda in assenza di debiti.
A stretto rigore anche i debiti di finanziamento li dovremmo stimare in base a un processo
d’attualizzazione. Però se i tassi che sono stati negoziati sui prestiti con le banche sono tassi in linea con
quelli correnti di mercato allora noi ci troviamo nella situazione in cui i debiti finanziari di bilancio sono
simili a quelli che deriverebbero dall’attualizzazione  come proxy della PFN prendiamo i valori di libro.
Se però abbiamo negoziato prestiti a tassi significativamente diversi (perché magari stipulati in passato)
allora si può rendere opportuna l’attualizzazione.
All’equity inteso come capitale netto (valori di libro) si contrappone nell’economics l’equity value.
NB: possiamo stimare l’equity value in due modi (asset side e equity side, visti precedentemente).

Come stimare i FLUSSI LORDI e quelli NETTI?


NB: sono flussi reddituali
Possiamo avere 3 riclassificazioni del CE:
1) CE riclassificato A COSTI E RICAVI DELLA
PRODUZIONE OTTENUTA
2) CE riclassificato A COSTI E RICAVI DEL
VENDUTO
3) CE MARGINALISTICO.
Nella diapositiva la riclassificazione è stata fatta
secondo il primo criterio.

Quando parliamo di flussi reddituali netti


intendiamo riferirci al risultato netto.
Alcune precisazioni da fare:
- Oneri finanziari al netto dei proventi
finanziari.
- Costo medio dei debiti; Come si calcola il
ROD (return on debt)? Dipende da come è
stato riclassificato lo SP.  ROD = OF/DEB
FIN se lo SP è stato riclassificato col criterio
finanziario. Quando lo SP è riclassificato secondo il criterio della pertinenza gestionale il ROD = OFN
(al netto dei proventi finanziari) / PFN.

Flussi reddituali lordi: le differenze sono 2:


1. Sono flussi prima degli oneri finanziari netti, quindi flussi ante costo del debito.
2. Cambia il tipo di imposta perché non sono più imposte calcolare sul risultato ante imposte ma sono
imposte lorde o pro-forma cioè calcolate direttamente sul risultato operativo. Quindi sono imposte
che non tengono conto del risparmio che si genera grazie agli oneri finanziari in termini di imposte
perché grazie alla deducibilità degli oneri finanziari le imposte che le aziende pagano sono minori
rispetto a quelle che avrebbero pagato in assenza di oneri finanziari.
NB: Le imposte pro-forma sono le imposte che si avrebbero in assenza degli oneri finanziari.
NB: tutti i flussi che utilizziamo in valutazione d’azienda sono tutti flussi al netto d’imposta

È necessario un richiamo ad un importante fenomeno della finanza  TAX SHIELD (scudo fiscale)
NB: la differenza tra le imposte nette e quelle lorde è riconducibile a questo fenomeno.

Ci riferiamo al risparmio fiscale che si genera a seguito della presenza nel CE di oneri finanziari. Gli OF e
dunque il costo del debito generano un risparmio fiscale.
Vediamo un semplice esempio.

La differenza tra il caso A e il B deriva dalla deducibilità o meno degli OF, ossia dal fatto che siano o non
siano riconosciuti dall’amministrazione finanziaria o dall’agenzia delle entrate come costo.

CALCOLO IMPOSTE:
Caso A, gli OF sono considerati deducibili, quindi calcolo il 35% di 60.
Caso B, OF non deducibili, applico il 35% di 60 + quello che non riconosce quindi in questo caso 40.
Quindi con il Tax Shield gli oneri finanziari fanno da scudo alle imposte, contengono l’ammontare delle
imposte in quanto costi deducibili.

COME SI FA A TROVARE IL RISPARMIO DI IMPOSTA DOVUTO ALLA DEDUCIBILITÀ DEGLI OF?


Si prende l’ammontare degli OF (40) e ci si applica il Tax Rate (35%).

Le imposte nette sono 21, quelle che si applicano nei flussi netti di prima.
Le imposte lorde non possono tener conto della deducibilità e di risparmio di imposta, e quindi le imposte
vanno calcolate direttamente sul risultato operativo.

ESISTONO DUE METODI DI CALCOLO DELLE IMPOSTE


PRO-FORMA:
1) metodo diretto: si vanno a calcolare le imposte
direttamente sul risultato operativo.
Sui dati storici si applica il 24% di IRES al reddito
operativo e in più si aggiunge l’IRAP prendendola
dai dati di bilancio. Si calcola il tax rate degli ultimi
3 anni. Faccio una media degli ultimi 3 anni e
questa media la ribalto sui dati attesi.
Oppure potrei fare in modo diverso: applico il 24% al risultato operativo dei redditi attesi, però poi
si pone il problema di aggiungere l’IRAP. Ma non è un’operazione semplice.
2) Metodo indiretto: prevede invece di calcolare l’IRAP partendo dalle imposte nette e aggiungo il
risparmio di imposta (imposte nette 21 + (oneri finanziari x tax rate)).
Questo è il metodo meno diffuso!

PROCESSO DI NORMALIZZAZIONE DEI REDDITI STORICI

Problema che si pone è che, quando partiamo dai dati


storici, dobbiamo riclassificare SP e CE.
Le valutazioni devono essere fatte su flussi che
corrispondono a condizioni normali di gestione
dell’azienda.
Dobbiamo quindi eliminare quei componenti anomali,
non ricorrenti, straordinari, che non sono riconducibili a
normali condizioni di svolgimento dell’attività aziendale.
Questo processo si chiama processo di normalizzazione
dei redditi storici.
È un processo che richiede diverse fasi, alcune
realmente applicate nella realtà, altre no.

FASI:
1) Eliminazione o ridistribuzione nel tempo di costi e ricavi straordinari:
Dobbiamo vedere come trattare sopravvenienze, insussistenze, minusvalenze, plusvalenze.
Sopravvenienze e insussistenze sono componenti positivi o negativi di reddito. Bisogna ragionare
sullo SP per capire cosa siano.
- Sopravvenienza: a causa di fatti non ricorrenti, straordinari, sorge un elemento attivo, ad esempio
un credito, oppure un elemento passivo, nasce un debito. Il credito misura un ricavo, ecco la
sopravvenienza attiva. Esempio concreto: 3 anni fa si erano stralciati crediti v/una società fallita.
Oggi mi chiama il curatore fallimentare che mi dice che sul credito chirografario di 100 mi arriva
un assegno di 15 dal curatore. Questa è una sopravvenienza attiva che misura un ricavo.
Abbiamo un dipendente spericolato che guida un camioncino e prende una sanzione. Questa è
una sopravvenienza passiva. Quindi per capire le sopravvenienze bisogna ragionare sullo SP.
- Insussistenze: viene meno un elemento attivo o passivo che prima c’era. Il collegio sindacale va a
fare la verifica ogni 90gg. Nella cassa trova 400€ in meno del dato contabile. È una insussistenza di
attivo o passiva. Oppure c’era un debito v/ fornitori; dopo10 anni il debito è prescritto, dunque
viene meno un debito -> questa è un’insussistenza di passivo o attiva.
- Plusvalenze/Minusvalenze: nascono quando si cedono fattori pluriennali. Contabilmente ho un
certo bene che figura per 20€, e lo vendo a 30€, emerge quindi una plusvalenza.
Plusvalenze e minusvalenze possono essere distinte in ricorrenti e non ricorrenti a seconda di
cosa? È vero che sono componenti straordinarie ma ad es. una ditta di trasporti che ogni 5 anni
decide di rinnovare il parco auto avrà plusvalenze o minusvalenze ricorrenti.
NB: Le plusvalenze non ricorrenti vanno sempre eliminate in sede di normalizzazione.
Più complesso è il discorso delle plusvalenze ricorrenti: non vanno eliminate, vanno redistribuite
in base al periodo di maturazione (acquisto cespite nel 2015 e nel 2020 lo dismetto. Divido la
plusvalenza per 5 e la redistribuisco nei 5 anni) e non in base alla loro realizzazione.
2) Eliminazione di costi e ricavi relativi agli asset non trasferibili:
Quando vado a cedere l’azienda non è detto che trasferisca tutti gli asset! Potrei cedere l’attività
ma non l’immobile al cui interno si svolge la stessa e quindi stipulerò contemporaneamente un
contratto di locazione per l’immobile nel quale l’acquirente sarà il conduttore dell’immobile stesso.
Se ci sono asset che non vengono trasferiti costi e ricavi relativi a quell’asset devono essere
eliminati, semmai sostituiti col nuovo costo; il canone di locazione nel nostro caso.
3) Surplus-Asset: Investimenti accessori come immobili civili. Vanno eliminati i componenti di reddito
riconducibili agli investimenti accessori. Eliminare tutto, investimenti, immobili civili, etc…
Quando traferisco un’azienda cedo anche gli immobili civili! Quindi trovo il valore dell’azienda e da
ultimo aggiungo il valore dei surplus asset stimati a valori correnti di mercato. L’investimento in
immobili civili è meno rischioso, c’è un diverso profilo di rischio. I tassi sono più bassi. È solo un
problema di diverso profilo di rischio.
4) Neutralizzazione delle politiche di bilancio: di fatto non viene mai fatto.
È molto difficile trovare quello che gli anglosassoni chiamano “earning management”.
Se siamo analisti esterni è impossibile trovare le politiche di bilancio.
Se si opera come analisti interni dobbiamo vedere come si forma il processo di formazione del
bilancio. Le politiche non vengono annotate nemmeno dagli amministratori, i valori eclatanti si
possono anche ipotizzare ma di fatto viene raramente compiuta questa operazione.
5) Ricalcolo degli ammortamenti e revisione dei valori di beni in leasing finanziario:
Se ci sono i beni in leasing si usa il metodo finanziario invece che quello patrimoniale.
Il metodo patrimoniale lo adottiamo in Italia fatta eccezione per società quotate e banche che
usano i principi IAS.
Poi c’è il bilancio ordinario, il bilancio in forma abbreviata, e bilancio per le microimprese  4 tipi di
bilancio in Italia (questo rende alquanto complesso la situazione).
Nei bilanci IAS il metodo finanziario è obbligatorio; negli altri bilanci è obbligatorio il metodo
patrimoniale sebbene sia opportuno in nota integrativa evidenziare il risultato che avremmo avuto
nel caso si fosse adottato l’altro metodo.
Il metodo patrimoniale da prevalenza alla forma sulla sostanza (prevalenza aspetto giuridico su
quello economico).
 Cosa è il leasing? Io mi rivolgo ad un istituto di leasing che acquista per me un macchinario, ne
diventa il proprietario e mi cede in locazione il macchinario e alla fine mi permette di pagare un
prezzo di riscatto per acquisirne la proprietà. Noi siamo soggetti locatari, quindi conduttori di fatto.
Se seguiamo questo approccio (Metodo patrimoniale di contabilizzazione) a SP non troveremo
niente. A CE troveremo i canoni di leasing. Questo è un metodo che da prevalenza alla forma che
alla sostanza perché la proprietà non è nostra.
Dal punto di vista economico acquisto un bene a fronte di un finanziamento, quindi nel metodo
finanziario come si contabilizza il leasing?
Nello SP, sezione attivo ho il bene in leasing come se fosse di mia proprietà, nel passivo ho i debiti
v/istituti di leasing per tutte le rate a scadere compreso il prezzo di riscatto.
In CE avrò l’ammortamento del bene in leasing, (il canone ha una quota capitale e una quota
interessi), e la quota degli interessi passivi.
Quando si fa la normalizzazione del reddito si passa dal metodo patrimoniale a quello finanziario, e
i dati si prendono in nota integrativa.
Gli ammortamenti non dovrebbero essere calcolati sul costo storico ma sul costo di sostituzione.
L’ammortamento dal punto di vista economico rappresenta la perdita graduale di un cespite a
seguito dell’obsolescenza; dal punto di vista finanziario inserire a CE la quota d’ammortamento che
è un costo non pagato significa ridurre l’utile -> l’utile verrà distribuito in misura minore a quello
che sarebbe stato distribuito in assenza di ammortamento -> tratteniamo capitale in azienda.
Però attenzione! Trattengo capitale con l’ipotesi in cui il nuovo macchinario costi uguale al vecchio.
Le aziende meglio gestite riservano una parte dell’utile al rinnovamento dei nuovi macchinari.
NB: Gli ammortamenti che troviamo nei bilanci storici dovrebbero essere aggiornati ai costi di
rinnovo dei fattori strutturali.
6) Appalesamento di componenti di reddito non rilevati: in aziende che vantano vasti patrimoni
immobiliari nel tempo, il loro valore è aumentato. I valori non sono aggiornati, sono storici. Questi
maggiori valori avvalorano l’azienda. In teoria bisognerebbe aggiungere queste plusvalenze
potenziali. Questo discorso potrebbe essere legato anche ai beni immateriali come un brevetto, ma
sono operazioni raramente effettuate.
7) Da ultimo bisogna ricalcolare le imposte.

La normalizzazione tecnicamente si fa attraverso una tabella.


Questo esempio si riferisce a flussi netti.

Come si compie questa operazione di normalizzazione?


-> Attraverso storni e imputazioni di valore
Quando si fa uno storno? Quando devo eliminare un valore (es: se devo stornare l’ammortamento -> lo
storno si fa invertendo il segno naturale del costo e del ricavo)
Le imputazioni si fanno invece con il segno naturale.
Se è un costo segno meno, viceversa nel caso opposto.

 Si parte dall’ultima riga del CE, i redditi netti da bilancio.


STORNI:
- Stornando le imposte risalgo al risultato ante-imposte . Con questa operazione ottengo il Reddito
Ante Imposte. Perché vado alla ricerca di questo dato? L’ultima fase della normalizzazione è il
ricalcolo delle imposte, quindi intanto elimino le imposte dato che poi devo ricalcolarle tenendo
conto della nuova base imponibile.
- Storno le plusvalenze col segno meno (-) e le minusvalenze col segno più (+).
- Per i beni in leasing si deve passare da metodo patrimoniale a finanziario.

Due soluzioni possibili:


1. Storno tutti i canoni e poi imputo gli interessi e la quota di ammortamento
2. Si storna la sola quota capitale lasciando gli interessi e poi si aggiungono gli ammortamenti.
(Questa seconda soluzione è quella adottata dalla tabella)
- Dobbiamo ricalcolare gli ammortamenti a
valori correnti di mercato, quindi faccio lo
storno.
IMPUTAZIONI:
- A questo punto reinserisco gli
ammortamenti calcolati a valori correnti di
mercato.
- Imputo gli ammortamenti per i beni in
leasing

 si risale nel CE e si arriva quindi ad un reddito


ante imposte normalizzato, ricalcolo le imposte sul
nuovo reddito normalizzato che sono diverse.
13/03/19
Una regola fondamentale nella valutazione d’azienda è che la valutazione deve sempre essere effettuata in
prospettiva futura, ma il lavoro parte sempre dai dati.
La tabella di normalizzazione riguarda l’approccio equity side ma si usa anche nell’altro approccio, l’asset
side. Li non si analizzerà il reddito netto, ma il reddito operativo.
Per fare previsioni attendibili si parte dai dati storici normalizzati!!!
 Come si arriva ai dati prospettici?
Esiste un anello di congiunzione che lega i dati prospettici ai dati storici, questo anello è il “centro motore
della valutazione” e si chiamano “assumptions” cioè ipotesi valutative.
Passiamo dai dati storici ai dati prospettici attraverso una serie di ipotesi valutative.
Se si vuole valutare l’attendibilità dei valori con cui si chiude una relazione di stima, occorre individuare le
ipotesi valutative e verificare se sono verosimili in riferimento al momento in cui sono state effettuate.
Possiamo verificare solo la verisimiglianza di queste ipotesi valutative perché si tratta di dati futuri e non
possiamo predire il futuro.
NB: nella relazione di stima troviamo due date:
- la data della relazione, ossia quando la relazione è stata licenziata cioè consegnata al committente
- la data di valutazione, che può essere diversa dalla data di consegna della relazione
È preferibile parlare di “relazioni di valutazione e di stima” piuttosto che di “perizie”, anche se nel
linguaggio comune non si fanno grandi differenze.
Ad esempio: se prendiamo i dati storici possiamo calcolarci le incidenze delle varie categorie di costi sul
fatturato (es: costo lavoro incide sul fatturato per il 25%).
Successivamente dobbiamo chiederci: ma in futuro il fatturato crescerà, sarà costante, diminuirà?
La maggioranza delle relazioni che capitano al prof, partono con una descrizione dell’ambiente economico
generale (ossia uno studio di settore), dato che questo incide sui prezzi e anche sull’andamento del settore.
L’azienda in esame potrebbe essere allineata all’andamento medio del settore oppure essere più o meno
performante rispetto ad esso.

Da un punto di vista strettamente speculativo dividiamo le ipotesi valutative in 3 grandi tipologie

1) ASSUMPTIONS SULLA DINAMICA ECONOMICO-GENERALE


- Tasso di crescita del PIL: quando utilizziamo i metodi finanziari-reddituali basati sull’attualizzazione l’ultimo
valore che scontiamo è il terminal value, ossia il valore che deriva dai flussi che saranno generati
dall’azienda stessa successivamente a quel periodo. Si stima tenendo conto anche del tasso di crescita
dell’azienda (che indichiamo con la lettera “g”) e andiamo a vedere anche il tasso di crescita del settore
specifico. L’azienda non può mai avere un tasso di crescita superiore alla crescita dell’economia. Il tasso di
crescita del PIL rappresenta un parametro di riferimento nella stima del tasso di crescita dell’azienda.
- Tassi di interesse: sicuramente si sarà sentito parlare del “risk free rate” e altri tassi; si prendono dal
mercato. Per il risk free rate cosa prendiamo come proxy? Bisogna fare delle ipotesi sui tassi di interessi
futuri, sui bond più performanti.
- Tasso di crescita dei consumi: l’andamento dei settori può tornare utile per fare previsioni il più attendibili
possibile sullo sviluppo del fatturato dell’azienda.
- Tassi di inflazione attesa: dati fondamentali soprattutto se dobbiamo fare una capitalizzazione, dove si
utilizzano flussi reali e tassi reali. Siccome i tassi d’interesse da cui attingiamo sono tassi di interesse
nominali, per trovare il tasso reale occorre deflazionare il tasso nominale, applicando la formula di Fisher.
2) ASSUMPTION SULLA DINAMICA SETTORIALE
- Interventi normativi sul settore: es. intervento normativo sul settore automobilistico  ecotassa e
ecobonus: auto più inquinanti saranno soggette a una tassazione maggiore, auto meno inquinanti
beneficeranno di bonus.
Es. interventi normativi nel settore del fotovoltaico hanno spinto i fatturati delle aziende. Quando facciamo
previsioni sui dati attesi, in particolare sul fatturato, le norme che potranno interessare il settore sono
molto determinanti.
- Tasso di crescita dei mercati: possiamo pensare al mercato come ad una grossa torta (quando si parla di
mercato non si può esser generici, ma esso va caratterizzato in termini spazio-temporali ad es. il mercato
auto nel mese di gennaio in Italia).
La quota di mercato della Fiat è una fetta di questa torta (una fetta del totale mercato automobilistico) (es
26%). Dobbiamo fare delle previsioni sullo sviluppo futuro del fatturato, quindi la prima cosa da fare è:
acquisire dati sulle prospettive future del mercato (sempre che la fonte sia attendibile, ma si può citare la
fonte, così chiunque si metta a leggere la relazione può verificare quel dato).
Al di là della possibilità o meno di reperimento delle informazioni, le forze da cui dipende il fatturato di
un’azienda sono:
- l’andamento generale del mercato
- la quota di mercato
Se il mercato si espande trascina al rialzo la propria quota indipendentemente dall’adozione di strategie da
parte dell’azienda.
Esistono da 30 anni degli studi dello Strategic Planning Institute di Boston che hanno dimostrato come la
quota di mercato dipenda dal valore dell’offerta (rapporto tra qualità e prezzo dei beni/servizi offerti sul
mercato).
Per capire questo discorso bisogna ragionare in termini competitivi: il valore dell’offerta è superiore a
quello dei competitor? Le aziende che hanno un valore dell’offerta riescono a guadagnare quote di
mercato. Bisogna essere bravi sia nel gestire la qualità dei prodotti (prestazioni, performance, affidabilità)
sia nel gestire il prezzo. Se si offre una qualità paragonabile a quella dei competitor ad un prezzo più basso,
si avrà un valore dell’offerta più alto e si guadagnerà maggiore quota di mercato. Oppure, se si offre una
qualità dei prodotti più alta ma si pratica lo stesso prezzo dei competitor  stesso discorso.
In conclusione, si può dire che gli interventi normativi su un settore toccano tutto il mercato ma poi può
darsi che tocchino in misura diversa un’azienda rispetto a un’altra.
Il tasso di crescita tocca tutte le aziende!!!!!
- Politiche commerciali della concorrenza : Es. “La guerra dei prezzi” ossia l’operazione per cui un competitor
decide di ribassare i prezzi ed ha come obiettivo l’estromettere dal mercato i suoi concorrenti. Se questa
politica ha successo si tradurrà in un incremento del fatturato per l’azienda attrice. Se invece ha esito
negativo e nessuno viene estromesso dal mercato, il mercato stesso viene danneggiato. Senza fare
riferimento a settori specifici, il mercato si espande o restringe in funzione all’andamento del mercato: per
es. entra un concorrente che prima non c’era e acquisisce una quota di mercato e la sottrae agli altri. Questi
sono tutti aspetti da prendere in esame.

3) ASSUMPTIONS SULLA DINAMICA SPECIFICA D’IMPRESA


- Andamento dei prezzi di acquisto e di vendita
- Tassi di crescita: la storia dell’azienda ci ha dimostrato che l’impresa cresce dell’x%, allora è verosimile
ritenere che quel risultato si possa raggiungere anche in futuro.
In base alle “configurazioni di valore” occorre valutare un’azienda nelle sue attuali condizioni operative se
vogliamo arrivare al suo valore economico.
Per stimare il valore economico, dobbiamo stimare con le diverse logiche la costanza del modello di
business o quantomeno la sua naturale evoluzione.
ATTENZIONE: Se ipotizzo di lanciare nuovi prodotti e la valutazione la baso su questo, significa che effettuo
una valutazione potenziale.
- Evoluzione del capitale circolante operativo
- Evoluzione degli investimenti: è difficile avere un piano degli investimenti, infatti nemmeno per le società
quotate in borsa è disponibile (es. l’ENI investirà nei prossimi anni x milioni di euro in Libia).
Per la maggioranza delle aziende il piano di investimenti è nella mente degli amministratori e non lo
formalizzano per non svelare le strategie future dell’azienda.
Noi dobbiamo determinare il CAPEX (il capital expenditure -> gli investimenti in linea capitale, ossia
l’ammontare di flusso di cassa che una società impiega per acquistare, mantenere, le immobilizzazioni),
come lo stimo?
Gli investimenti sono un’operazione discrezionale, mentre la dinamica del circolante è legata al fatturato,
ossia il fatturato attraverso meccanismi quasi automatici fa variare in aumento o in diminuzione il
circolante.
Es: ipotizziamo di avere un’azienda il cui fatturato è pari a 12 mln annui (in media 1 mln al mese) e che in
questa azienda non vi siano fenomeni di stagionalità.
NB: differenza tra stagionalità e ciclicità. La stagionalità riguarda un anno e la formazione dei costi e dei
risultati all’interno di quell’anno. Ci sono aziende che hanno picchi di fatturato in un periodo dell’anno
(settore moda, dolciario, vitivinicole) e altre nelle quali il fatturato viene ottenuto in modo pressoché
costante in tutti i periodi dell’anno.
Se l’azienda è immune da fenomeni di stagionalità, quindi fattura ogni mese 1 mln e concede in media una
dilazione dei crediti di 4 mesi, si inizierà ad incassare il primo giorno del quinto mese. Si avranno 4 milioni di
crediti a fronte di 12 di fatturato. Il fatturato in aumento o diminuzione fa variare l’ammontare dei crediti,
dei debiti, del magazzino, etc. Se il magazzino è di 2 milioni (esso ci consente di non produrre per due mesi)
e il fatturato raddoppia, allora anche le rimanenze dovranno raddoppiare per soddisfare la stessa esigenza
(le rimanenze fanno parte del circolante!!!)  Esistono dei meccanismi quasi automatici per cui il circolante
varia in aumento o diminuzione in funzione del fatturato, gli investimenti no! Sono discrezionali! Occorre
trovare degli espedienti per stimare gli investimenti, perché il piano degli investimenti è raramente
disponibile anche per analisti interni.
Gli imprenditori più lungimiranti che hanno una visione a 5 anni possono possedere un piano per gli
investimenti, ma spesso essi sono affogati nelle problematiche quotidiane e questo non gli permette di
essere lungimiranti.
- Andamento del rapporto di indebitamento : tale struttura incide sul valore dell’azienda, il fatto che l’azienda
in futuro si indebiti di più o si ricapitalizzi non è senza effetti sul valore, quindi si deve ipotizzare un certo
tipo di struttura per il futuro.

Questo è un esempio semplificato di quelle che sono le ipotesi che devono essere sviluppate per poter poi
prospettare i flussi di risultato attesi.

Come tradurre tutto questo in pratica? Serve


una tabella  Quadro delle assumptions

Essa può variare da un analista ad un altro


perché qua ognuno esercita la sua arte.
T0 è l’epoca della valutazione.
Si riportano i dati storici e poi si fanno delle
valutazioni sui dati prospettici. Nella relazione si
spiegheranno le logiche che stanno dietro ai ragionamenti. Occorre dire perché si è presa una certa
decisione, ma occorre anche spiegare perché le altre soluzioni non andavano bene.

Nella tabella, la crescita reale del fatturato come si calcola? Bisogna sottrarre dalla crescita nominale del
fatturato, il tasso atteso di inflazione  si fa: crescita nominale del fatturato - tasso atteso di inflazione
(fino a T0 sarà storico, da T1 è atteso) e si trova la crescita reale del fatturato.
Sotto, ci sono le incidenze dei costi sul fatturato, ad es. il tasso di incidenza del costo del consumo materie
sul fatturato.
Es: Si ritiene che in futuro si conserverà quel tasso di incidenza, oppure aumenterà? Per capirlo andrò a fare
delle valutazioni sui dati prospettici.
- Tasso di incidenza del costo del lavoro sul fatturato: sui costi del lavoro ci saranno valutazioni sugli
adeguamenti di salari e stipendi in base ai contratti nazionali, di categoria.
Ecc.… le altre incidenze dei costi…
L’errore più grande è ipotizzare la crescita dell’azienda senza considerare l’incremento dei costi. Non ci può
essere crescita senza investimento! Attenzione: quando parliamo di investimento consideriamo anche gli
investimenti nel circolante, non bisogna pensare solo alle immobilizzazioni!!!

 Come ci si deve comportare quando si fa una valutazione? Queste ipotesi valutative (che si
riconnettono più o meno anche alle strategie della nostra formula), le formula l’esperto o il management?
- Quando si opera come analisti esterni le valutazioni deve farle l’esperto incaricato delle valutazioni.
- Quando si opera come analisti interni allora la soluzione che si adotta è quello di acquisire dati dal
management in varie riunioni.

Problema  l’esperto incaricato delle valutazioni ha l’onere di verificare


l’attendibilità delle ipotesi valutative.
Come va condotta questa verifica delle ipotesi valutative?
Cosa significa valutare l’attendibilità delle ipotesi valutative?
Errori in queste attività possono rendere la perizia inattendibile se non
addirittura invalida per certi utilizzi.

1) COMPATIBILITA’ CON L’EVOLUZIONE DELL’AMBIENTE: es. “le ipotesi che tu hai assunto in termini di
sviluppo del fatturato sono compatibili con l’evoluzione dell’ambiente?” Hai ipotizzato che il tuo fatturato
nei prossimi anni crescerà dell’x%. È un’ipotesi verosimile.
Se il mercato cresce del 5% per acquisire il 10% della quota di mercato bisognerà chiederci se l’azienda
possiede o meno un vantaggio competitivo. La valutazione d’azienda è una materia di sintesi, non basta
conoscere solo le tecniche valutative, ma occorre conoscere anche le aziende, le dinamiche esterne, gli
andamenti di settori, le 5 forze di Porter (ci danno l’idea della dinamica competitiva all’interno del settore),
il diritto societario, quello fallimentare, il bilancio, etc…

2) DIMOSTRABILITÀ: le ipotesi valutative devono essere dimostrabili.


Se abbiamo attinto dati da una banca dati bisogna indicare le fonti (tutto deve essere dimostrabile).
Es. “il free-risk rate è del 6%”. Ma per quale ragione? Bisogna spiegare le ragioni di quella scelta.
Per sviluppare una certa attività occorrono risorse tecniche, finanziarie e umane, abbiamo tutto? Se si
ipotizza la crescita del fatturato ma mancano le competenze soft, ma più semplicemente anche i capitali per
fare gli investimenti, allora il piano non è realizzabile. Parliamo di fattibilità di un certo piano.

3) COERENZA: Tutte le ipotesi valutative tra loro devono essere coerenti.


Esempio che ci permette una serie di interessanti riflessioni.
NB: MOL = EBITDA MARGIN.
Da questa tabella si desume quale sia la data di riferimento della valutazione  31/12/2016.
Da che si vede? Il 2017 ha una “E” accanto, significa EXPECTED, quindi sono dati attesi.
I valori evidenziati denotano discontinuità rispetto ai dati degli anni precedenti.
Allora il primo punto importante è che la discontinuità di per sé non significa niente, dovrà essere
interpretata!!!
Consideriamo la “Crescita del fatturato” (nel 2014 rispetto al 2013 è cresciuto). Poi c’è stata sempre
crescita anche negli anni successivi, ma una crescita percentualmente minore.
Nel 2018 ci si aspetta un picco di crescita del fatturato del 12,77%. Questo picco di crescita per il 2018E
(previsione fatta nel 2016) produce effetti non solo sull’anno di riferimento ma anche su tutti gli anni
successivi, perché se in un certo anno di un periodo si ha una crescita repentina, significa che i fatturati
degli anni futuri si assesteranno su quel livello o su un livello superiore e quindi gli anni successivi saranno
influenzati.
Ma il dato del 2018E è attendibile o non lo è? (NB: la tabella era stata fatta per i 10 anni precedenti, le date
sono state traslate. Le previsioni però si sono rivelate corrette).
Dietro a questa previsione di aumento del fatturato, sussisteva un lancio di un nuovo prodotto. Quindi, per
capire il motivo dell’aumento il dato va interpretato!!!
Un elemento di discontinuità non equivale sempre ad un errore. Spesso lo è. Ma non sempre!

CALCOLO IRRINUNCIABILE: MOL (% sul fatturato), ossia l’EBITDA MARGIN, è un dato essenziale nelle
previsioni di stima.
È un indice molto semplice  MOL = EBITDA/SALES = (Val produzione – Costi pagati) / Val produzione.
Fino al 2016 il dato è un dato storico e si ricava dai dati di bilancio che sono stati sottoposti a un processo di
normalizzazione. Quello che ci interessa sono i dati del MOL sui valori attesi, ossia i dati dove è scritto
expected (E). Perché? Questo indicatore ci permette di valutare l’attendibilità sulla previsione di alcuni dati.
Il MOL è un indicatore di redditività.
Esempio:
Assumiamo le seguenti condizioni:
100 di valore di produzione. VP
50 costi pagati. CP
L’indice MOL è del 50%. Se sia il fatturato sia i costi pagati aumentano del 10%, si passa da 110 di valore
della produzione a 55 di costi pagati e l’indice resta uguale.
Se questo indice aumenta significa che il fatturato in termini relativi è cresciuto più dei costi.
Se invece diminuisce, viceversa sono i costi ad essere aumentati in termini relativi più del fatturato.
Ma attenzione! Un conto è calcolare questo valore sui dati storici, un conto è calcolarlo sui dati prospettici:
se sui dati prospettici questo indice aumenta, mi devo preoccupare perché stiamo sottostimando i costi
pagati. Inoltre, se l’indicatore cresce in modo anomalo significa che stiamo stimando un aumento del
fatturato a parità di costi.
Qua nell’esempio cresce un po’, ma un livello minimo di crescita può essere fisiologico per il fenomeno
delle economie di scala negli acquisti, e un livello fisiologico lo possiamo registrare.
Se l’incremento è notevole bisogna tornare a vedere come abbiamo stimato i costi!!!
Per capire come mai il MOL è aumentato: vado a valutare il ROI, il ROS e il turnover degli investimenti.
ROI e la sua scomposizione: RO/CI= RO/V x V/CI, e quindi ROI = ROS x turnover degli investimenti.
Vedo che il ROI dal secondo anno previsionale aumenta.
Faccio la scomposizione del ROI e vado a vedere da cosa derivi.
NB: Oltre ai dati bisogna anche conoscere a fondo l’azienda e le sue dinamiche!
Il ROS che oscillava intorno al 28% addirittura diminuisce. L’incremento del ROI non deriva dall’incremento
del ROS che poteva essere una conseguenza della sovrastima del prezzo di vendita.
Il turnover degli investimenti quando è = 1 significa che col CI per 100, sviluppo un fatturato per 100; se
superiore significa che con capitale di 100, sviluppo un fatturato maggiore di 100.
Questo incremento di oltre del 10% a cosa è dovuto?
Il Turnover degli investimenti aumenta quando le vendite aumentano e il CI aumenta ma in misura minore.
Quindi siamo più performanti. E quale è il motivo?
 Si vanno a calcolare quindi gli indici di durata: La durata media dei crediti, del magazzino e dei debiti.
La dilazione media dei crediti è di 5 mesi nel periodo 2014-2016, e passa a 4 mesi nel 2019-2020.
In futuro, i crediti vengono incassati in tempi minori rispetto a quelli del passato.
La durata media dei debiti invece aumenta, passando dai 165gg del 2014 ai 190 ipotizzati nel 2020.
Allora qua l’errore è che nei dati prospettici sono stati sottostimati il capitale investito e il CCON, dato che
abbiamo ipotizzati di incassare i crediti su archi più brevi e pagare debiti su archi più lunghi.
Quindi c’è una sottostima del capitale investito. Gli investimenti sono automatici per quanto riguarda il
circolante, in più ci possono essere per le immobilizzazioni (se la capacità produttiva è satura e bisogna
acquisire macchinari abbiamo bisogno di ulteriori investimenti, e allora la redditività fino a quando gli
investimenti non sono a regime potrà addirittura calare).

In conclusione, si vede che anche l’attività di “verifica delle assumptions” richiede una tecnicalità che si
avvale di indicatori di bilancio.

14/03
Oggi esaminano i flussi di cassa, e capiamo come si calcolano.
NB: quando si parla di dati storici si parla di calcolo, quando si parla di dati prospettici si parla di stime
 Il calcolo o le stime dei flussi di cassa attuali/futuri (in base a se sono flussi di cassa storici o attesi) si fa
partendo dai flussi reddituali, quindi quando si utilizzano i flussi bisogna fare la procedura di
normalizzazione, perché prima si normalizzano i dati storici e si calcolano i flussi di cassa storici e poi, solo
dopo la normalizzazione, si fanno le previsioni dei flussi attesi.
NB: Dove ci sono flussi, c’è la normalizzazione!!!

CALCOLO/STIMA DEI FLUSSI DI CASSA LORDI E NETTI (CASH FLOWS):


LORDI = prima delle componenti finanziarie NETTI = dopo le componenti finanziarie.
1) FLUSSI LORDI: chi si occupa di pianificazione finanziaria sa che è impossibile fare previsioni su quali saranno
le entrate e le uscite nell’anno successivo, perché prevederle singolarmente è difficile.
NB: Noi ricaviamo i flussi di cassa partendo dai flussi reddituali e andando ad apportare delle correzioni!!!
Sappiamo che esistono costi e ricavi che, in certi casi impattano sulla tesoreria, in altri non hanno alcun
effetto su essa (tesoreria = cassa e banca).
I COSTI sono divisi in:
- costi pagati (o costi aventi manifestazione finanziaria): quei costi a cui corrisponde un’uscita (es. costi
acquisto materie prime, costi utenze, costi del personale (con esclusione del TFR), tasse, oneri diversi di
gestione)  Tutti questi costi che hanno l’effetto sulla liquidità dell’azienda.
- costi non pagati (o costi non aventi manifestazione finanziaria) sono i costi che si registrano solo al 31/12
in sede di assettamento dei conti. Dunque, questi costi che non si riconnettono a operazioni di gestione
(operazioni di finanziamento, operazioni di acquisto, operazioni di vendita), ma derivano da stime di
bilancio (es. ammortamenti -> quote di costi storici, accantonamenti -> quote di costi futuri, svalutazioni).
NB: differenza tra ammortamenti e svalutazioni:
 ammortamento: è la graduale perdita di valore che subisce un cespite per logorio tecnico e
dell’obsolescenza, inoltre, l’ammortamento è “graduale” ossia viene effettuato fino alla completa
svalutazione del bene.
 svalutazione: deriva da fattori particolari e si fa una tantum (es. avevo un macchinario che serviva per
realizzare un prodotto che è uscito dal mercato, ovviamente questo macchinario oggi non ha più valore
perché non è più in grado di contribuire al processo produttivo, quindi andrà dismesso e verrà valutato al
suo valore di realizzo).
I RICAVI sono divisi in:
- ricavi riscossi: sono quei ricavi che hanno un effetto sulla tesoreria (es. i ricavi di vendita)
- ricavi non riscossi (storni di costo): ricavi che non producono nessun effetto sulla tesoreria (es. rimanenze
finali di magazzino).
NB: Questa classificazione tra costi e ricavi (pagati, non pagati, riscossi e non riscossi) ci serve per capire
come passare dai flussi reddituali ai flussi di cassa.
QUAL È IL PROCESSO CON CUI, PARTENDO DAI FLUSSI REDDITUALI, SI RICAVANO I FLUSSI DI CASSA??
 L’operazione consiste nell’eliminare le componenti positive e negative di reddito che non hanno impatto
sulla tesoreria e lasciare unicamente quelle componenti che impattano su essa.
Torniamo all’esempio: (parte sinistra FLUSSI LORDI)
Per calcolare il FLUSSO REDDITUALE LORDO (o NOPLAT-> net operating profit less adjusted taxes), si parte
dal reddito operativo al quale si sottraggono le imposte pro forma.
Una volta trovato il Flusso Reddituale Lordo
(NOPLAT), occorre calcolare il FLUSSO DI
CASSA corrispondente (o FREE CASH FLOW
FROM OPERATIONS).
NB: per ogni flusso reddituale, esiste un flusso
di cassa corrispondente!!!
Il Risultato Operativo è stato calcolato
considerando sia costi pagati, che costi non
pagati, sia ricavi riscossi che ricavi non riscossi
(per calcolare flusso di cassa dobbiamo
eliminare quelle componenti che non
impattano sulla tesoreria), quindi dal reddito
operativo al netto delle imposte pro forma
(NOPLAT) dobbiamo effettuare delle operazioni di storno:
- operazioni di storno sugli ammortamenti: per calcolare il risultato operativo gli ammortamenti erano
stati sottratti, quindi se vogliamo stornare gli ammortamenti, dobbiamo aggiungerli.
- operazioni di storno sugli accantonamenti (o più in generale, sulle variazioni dei fondi perché i fondi si
alimentano a fine anno con gli accantonamenti): gli accantonamenti sono costi non pagati, dunque sono
stati sottratti nel calcolo del risultato operativo, quindi per eliminare il loro effetto, devono essere aggiunti.
Però i fondi nel corso dell’anno possono essere utilizzati, un utilizzo di un fondo determina una diminuzione
della cassa.
In conclusione:
- Quando gli accantonamenti superano gli utilizzi del fondo, vuol dire che il fondo a fine anno si è
incrementato rispetto a come era a inizio anno, dunque in questo caso metto segno + (es. Accantonamento
100, utilizzi 80, quindi il fondo è aumentato per 20)
- Quando gli accantonamenti sono inferiori agli utilizzi del fondo, significa che il fondo a fine anno è più
basso di come era a inizio anno, dunque abbiamo una diminuzione del fondo, allora mettiamo segno –
Si trova così la prima grandezza che si chiama FLUSSO MONETARIO OPERATIVO LORDO. (“LORDO” perché
mancano alcune altre variazioni).
+/- Variazione del CAPITALE CIRCOLANTE OPERATIVO NETTO = variazione complessiva dei crediti
commerciali, debiti commerciali e del magazzino. È un capitale “operativo” perché non presenta elementi
finanziari, “netto” perché gli attivi sono al netto dei passivi.
RICORDA: dobbiamo pensare allo SP riclassificato secondo pertinenza gestionale (lezioni vecchie).
Il circolante è come una spugna che se viene lasciata nell’acqua assorbe liquidità, quindi rappresenta un
investimento, ma se invece strizziamo la spugna (riduciamo il circolante) essa rilascia liquidità.
NB: non confondere il circolante con la variazione del circolante!!!
- il CIRCOLANTE è grandezza stock, quindi è una grandezza rappresentata ad una certa data (nello SP
riclassificato con pertinenza gestionale)
- VARIAZIAZIONE DEL CIRCOLANTE: è l’incremento o il decremento del circolante nel corso dell’anno.
Prima, stimiamo i flussi di cassa su dati storici, poi vedremo la stima dei flussi di cassa sui dati prospettici.

COME CALCOLIAMO LA VARIAZIONE DEL CIRCOLANTE SU DATI STORICI?


Per differenza tra due grandezze stock del bilancio: si prende il circolante di un anno e si confronta con
quello dell’anno precedente e si ottiene la variazione del circolante.
Con quale SEGNO andrà inserita questa variazione del circolante?
Per capire il segno dobbiamo osservare se la variazione è un incremento o un decremento del circolante:
- incremento: quando valore di fine anno > valore di inizio anno
- decremento: quando valore di fine anno < valore di inizio anno

Se ho un incremento del circolante, metto “segno –” perché è un investimento: il circolante è aumentato e


la liquidità è diminuita.
Se ho un decremento del circolante, metto “segno +” perché significa che l’azienda ha realizzato parte
dell’investimento nel circolante creando ha liquidità.

COME SI CALCOLA LA VARIAZIONE DEL CCOP SU DATI PROSPETTICI?


Serve una tabella ad hoc che parte dai dati storici.

Ipotizziamo che l’orizzonte retrospettivo (periodo rispetto al quale io raccolgo la base dei dati, detto anche
orizzonte storico) di 3 anni (N).
Ipotizziamo che la data della valutazione sia il 31/12/18, dunque abbiamo che l’orizzonte retrospettivo è
2016, 2017 e 2018.
Riportiamo sulla tabella:
- il fatturato (X, Y, Z)
- il CCON (NB: la grandezza stock, non la variazione) alla fine di ogni anno (A, B, C)
Ora calcoliamo l’incidenza del CCON sul fatturato, facendo il rapporto tra CCON e fatturato: otteniamo che
al primo anno è 30%, al secondo anno 29%, al terzo anno 31%.
Il passaggio successivo è fare la media tra queste incidenze, calcolandola otteniamo 30%, ossia l’incidenza
media. Ciò significa che negli ultimi 3 anni, ogni 100 euro di fatturato abbiamo ottenuto 30€ di CCON.
Se non ci sono elementi tali che ci fanno pensare che il circolante sarà più basso in futuro (ad esempio
perché si prevede di avviare nuove politiche just in time per ridurre rimanenze magazzino) allora io posso
utilizzare questo dato storico per fare le stime prospettiche.
In che modo?? Stima con dati prospettici:
Nella tabella poi ipotizziamo 5 anni futuri: 2019, 2020, 2021, 2022, 2023 e riportiamo i fatturati attesi per
ogni anno: 100, 110, 120, 110, 100.
Vado a calcolare il CCON per gli anni futuri, come faccio dato che devo calcolare sui dati prospettici???
Utilizzo la MEDIA: prendo 100 (fatturato anno 2019) e lo moltiplico per 30 (media nell’incidenza del CCON
sul fatturato), poi 110 per 30, 120 per 30 e così via… ottengo i CCON negli anni futuri.
Ora devo solo calcolare la VARIAZIONE del CCON.
Ipotizziamo che come ultimo anno dei dati storici abbiamo un CCON di 28, quindi le variazioni che scriviamo
sono:
30-28 = incremento di 2 (quindi segno - perché il segno va invertito)
33-30= 3 (incremento di 3 quindi segno -)
36-33= 3 (incremento di 3 quindi segno -)
33-36= -3 (decremento di 3 quindi segno +)
30-33= -3 (decremento di 3 quindi segno +)
Ecco come si calcola la variazione del circolante!!

La seconda grandezza da prendere in considerazione è il CAPEX (“- investimenti netti in capitale fisso”).
Gli investimenti in capitale fisso sono investimenti al netto dei disinvestimenti.
NB: il CAPEX è la tipica grandezza discrezionale in quanto dipende dalla volontà degli amministratori.
Per capire le problematiche legate al CAPEX dobbiamo fare un esempio:
- alla fine del primo anno capitale fisso = 100
- alla fine del secondo anno capitale fisso = 80
Quindi come CAPEX cosa inseriamo?? Da un anno all’atro il capitale fisso è diminuito (è sceso da 100 a 80).
NB: In certi casi a livello di CAPEX dovrei scrivere 0 -> esempio quando l’impresa non ha fatto investimenti e
disinvestimenti e il capitale fisso è diminuito SOLO per effetto dell’ammortamento  quindi il solo
ammortamento fa diminuire il CAPEX senza avere incidenza sulla cassa.
Dunque, NON possiamo calcolare il CAPEX come differenza tra i valori di un anno e quelli dell’anno
precedente, perché dobbiamo tener conto dei fattori che provocano una variazione nel capitale fisso SENZA
avere effetto sulla tesoreria. Questi fattori sono 3:
- Ammortamenti
- Svalutazioni
- Rivalutazioni
Sono operazioni contabili fatte a fine anno che fanno variare capitale fisso senza far variare la tesoreria.
Allora la tabella è fatta in modo diverso: Anche se l’orizzonte temporale sono 3 anni, servono 4 colonne.
Dobbiamo prima valutare sui dati storici e poi sui dati prospettici!
- Calcolo del CAPEX su DATI STORICI:
Riportiamo il capitale fisso di ogni anno:
2015 cap fisso= 1000
2016 cap fisso= 1100
2017 cap fisso =1150
2018 cap fisso=1050.
Calcolo la variazione del capitale fisso, che non è il CAPEX che dobbiamo inserire nel calcolo di flusso di
cassa, ma si chiama variazione GREZZA:
2016 Incremento di 100
2017 incremento di 50
2018 decremento di 100
Ci sono elementi che hanno causato variazione ma non hanno impatto sulla tesoreria, e sono:
- l’ammortamento fa diminuire il capitale fisso ma non la tesoreria, quindi lo devo riaggiungere
- la svalutazione stessa cosa dell’ammortamento  si riaggiunge
- la rivalutazione invece fa aumentare il capitale fisso ma non la tesoreria quindi la devo sottrarre.

Quindi la tabella continua con:


+ ammortamenti
+ svalutazioni
- rivalutazioni
Ipotizziamo che:
Svalutazioni e rivalutazioni = 0 -> ci sono solo ammortamenti.
Ammortamenti = 50 (per tutti gli anni) quindi essi vanno aggiunti.
Nel 2016: sommo 100 (variazione del CF) + 50 (ammortamento) ottengo 150 (variazione del CF)
Nel 2017: ho variazione di 100 (50 +50 di ammortamenti)
Nel 2018 ho variazione di -50 (-100 +50 di ammortamenti)
- Calcolo del CAPEX sui DATI PROSPETTICI:
Andiamo a fare una previsione dei CAPEX attesi, legando questa previsione all’incidenza dei CAPEX storici
sui fatturati storici.
NB: Solitamente è difficile fare questa operazione. La soluzione vera sarebbe quella di conoscere il piano
degli investimenti dell’imprenditore, ma spesso esso non c’è.
Esempio:

- anni per i quali ho a disposizione i dati storici: 2016, 2017,2018.


- anni per i quali devo creare dati attesi: 2019,20,21,22,23.
Nella tabella inseriamo:
- Fatturato storico (16, 17, 18)
- CAPEX storici
Facciamo rapporto tra capex e fatturato e troviamo incidenza per ogni anno, pari a 25%, 26%, 24%.
La MEDIA dell’incidenza del capex su fatturato è del 24% negli anni 16,17,18.
Si ipotizzano i fatturati attesi degli anni 19,20,21,22,23.
Per calcolare i CAPEX attesi basta fare il prodotto tra i fatturati attesi e la media dell’incidenza
capex/fatturato 24.
Questo quindi era il calcolo, sulla base dei dati storici o dati prospettici, del FCFFO (free cash flow from
operations).

2) FLUSSI NETTI:
Prima di parlare di flussi netti, distinguiamo gli investimenti di mantenimento dagli investimenti di
espansione:
- Investimenti di mantenimento: dal punto vista finanziario, l’ammortamento permette all’azienda di
trattenere capitali al suo interno, poiché questi capitali serviranno successivamente all’azienda per il
rinnovo dei fattori strutturali.
Il trattenimento dei capitali avviene mediante l’imputazione a CE costi non pagati, in tal modo vado a
ridurre l’utile e quindi trattengo capitali.
C’è un problema: chi dice che quando andiamo a sostituire il vecchio macchinario, il costo del nuovo
macchinario sia identico al costo del vecchio? Verosimilmente, il costo di acquisto del nuovo macchinario
sarà più alto a causa dell’inflazione e a causa dell’introduzione di nuova tecnologia che può essere acquisita
solo a costi più alti.
Quindi, se vogliamo conservare la struttura dell’azienda (trattenere capitali), non possiamo investire SOLO il
valore pari agli ammortamenti  il mantenimento della struttura in atto presuppone investimenti in
capitale fisso lievemente superiori agli ammortamenti.
In sede di approvazione di bilancio, l’assemblea nel verbale si esprime anche sulla distribuzione dell’utile, e
nelle aziende meglio gestite, l’assemblea sceglie sempre di non distribuire tutto l’utile, e di mandarne una
parte alla voce “rinnovo macchinari”, in questo modo si trattengono maggiori capitali per far fronte a quel
delta che c’è tra il costo di acquisto dei nuovi macchinari e il costo storico dei vecchi.
NB: Quando si parla di investimenti di mantenimento per semplicità, si ipotizza un’uguaglianza tra
ammortamenti e CAPEX.
- Investimenti di espansione: se addirittura si ipotizza un’espansione dell’azienda, allora è chiaro che il
capex DEVE ESSERE significativamente superiore agli ammortamenti, perché non bastano i trattenimenti
fatti tramite questi.
Torniamo ai FLUSSI NETTI: Cosa cambia rispetto ai flussi lordi? I flussi si dicono “NETTI” perché al loro
interno cambiano le imposte (essi hanno imposte nette). Le altre cose sono uguali.
Nei FLUSSI DI CASSA le componenti finanziarie sono 2:
- oneri finanziari
- variazione della posizione finanziaria netta.
Vediamo quando si deve mettere segno + e quando invece segno - :
- Se abbiamo un decremento nella posizione finanziaria netta allora mettiamo segno - : es. se posizione
finanziaria netta a fine anno (1 milione) < posizione finanziaria netta inizio anno di inizio anno (800.000).
Abbiamo una variazione in diminuzione di 200.000, perché?
Nel corso dell’anno abbiamo ripagato parte dei debiti facendo diminuire la tesoreria.
- Se abbiamo un incremento della posizione finanziaria netta (ci siamo indebitati, quindi abbiamo entrate)
allora segno +
NB: c’è corrispondenza del segno!!!
Questo si chiama flusso monetario netto per gli azionisti (FCFE).
Ora vediamo un PROSPETTO che ci permette di calcolare sia il NOPLAT (metodo reddituale) che il CASH
FLOW OPERATIVO (metodo finanziario) nella variante unlevered, con approccio asset side.
Abbiamo un orizzonte prospettico di 5 anni da
2017 a 2021, la valutazione è fatta al 31.12.16.
Il calcolo parte dai ricavi netti di vendita - costi
monetari = MOL (o EBITDA) - costi non monetari
(i costi non pagati: amm.ti, acca.ti e sval) = EBIT
(risultato op.) - imposte proforma = NOPLAT.
I valori del NOPLAT sono i flussi che noi useremo
per fare la valutazione con il metodo reddituale
nella variante unlevered. Usando questi flussi
potremmo stimare, con i congrui tassi di
attualizzazione o capitalizzazione, l’enterprice value dell’azienda dal quale sottraendo la posizione
finanziaria netta potremmo ricavare l’equity value.
Il prospetto ci permette di arrivare fino al cash flow operativo, andando a sommare i costi non monetari e
andando a considerare la variazione del capitale circolante operativo netto e del capitale fisso (CAPEX).
Per ultimo troviamo il cash flow operativo, sempre da utilizzare per le valutazioni effettuate secondo
l’approccio unlevered quando si applica un metodo finanziario.

20/03
LA STIMA DEI TASSI DI CAPITALIZZAZIONE E DI ATTUALIZZAZIONE:
Qual è il significato di capitalizzazione e di attualizzazione?
Sono 2 processi di stima che presentano caratteristiche diverse. Infatti, si può fare la valutazione d’azienda
con metodologie basate su attualizzazione e/o con metodologie basate su capitalizzazione, bisogna capire
quando scegliere una soluzione e quando l’altra (non è casuale).
Certe aziende, date le loro caratteristiche, richiedono metodi basati sull’attualizzazione, altre aziende
metodologie basate sulla capitalizzazione. Raramente possono coesistere.

 CAPITALIZZAZIONE: stimiamo l’azienda sulla


base di un unico flusso: un FLUSSO MEDIO
(flusso di reddituale o flusso di cassa)  La stima
si fa capitalizzando un flusso medio.
NB: il termine “capitalizzazione” assume
significato diverso in ambito di matematica
finanziaria:
- Capitalizzare in matematica finanziaria significa
trovare il valore di una somma futura (oggi ho
una somma, la sposto nel tempo e trovo il
montante).
- Capitalizzare in ambito di valutazione d’azienda
significa ricavare il VALORE D’AZIENDA DA UN FLUSSO MEDIO NORMALE ATTESO.
La capitalizzazione può essere effettuata con il metodo reddituale semplice  W= R/i dove R è il reddito
medio normale atteso, e “i” è il tasso interesse espresso in termini REALI, perché il flusso è riferito a un
istante e nell’istante l’inflazione non può agire.
NB: (1/i) è il valore attuale di rendita perpetua (se l’azienda ha un orizzonte illimitato).
Ma se l’azienda ha orizzonte limitato non si può applicare rendita perpetua, ma si applica una rendita
temporanea: quindi W = R per a figurato n al tasso i.
Es: R =1 milione, i =0,10 Faccio 1M/0,10= 10 milioni  vuol dire che l’azienda vale 10 milioni.
Questa è la capitalizzazione -> unico flusso netto!
Ipotizziamo la costanza dei flussi attesi (anche se sappiamo che i flussi attesi saranno variabili, ipotizziamo
il valore medio, come se l’azienda producesse mediamente a tempo indeterminato) applicando formula
R/i.
Quindi nel metodo reddituale semplice la valutazione viene fatta sulla media dei flussi, ossia il FLUSSO
MEDIO che corrisponde alla data della valutazione (Ipotizziamo il 31/12) quindi E’ UN FLUSSO MEDIO
RIFERITO AD UN DATO ISTANTE e abbiamo un solo tasso, ossia il tasso di capitalizzazione.
Nell’istante l’inflazione può produrre i suoi effetti??? NO OVVIAMENTE. Perché l’inflazione è un
fenomeno che si sviluppa in un arco di tempo (perdita di potere di acquisto della moneta nel tempo, e non
riguarda il dato istante). Se valuto azienda sulla base di un flusso medio in un dato istante il tasso deve
essere un tasso medio deflazionato!!! Perché i tassi che andiamo a stimare, sono NOMINALI (cioè tassi che
tengono conto dell’inflazione attesa).
NB: quando applichiamo la capitalizzazione (metodo reddituale semplice) i tassi devono essere espressi
in TERMINI REALI!!!
Siccome quando applicheremo i metodi di stima i tassi sono nominali, per avere il tasso reale bisogna
applicare la formula di Irvin Fisher.
ESEMPIO:
Ipotizziamo costo equity (Ke oppure I) (costo capitale di proprietà) = 10% (espresso in termini nominali).
Ipotizziamo che tasso inflazione attesa (sul sito banca d’Italia o sul sito del FMI o sul sito della BCE) = 2%
Calcolo del tasso reale “a spanne”:
tasso reale = tasso nominale – inflazione attesa  10%-2%= 8%.
Quando dobbiamo effettuare l’attualizzazione applichiamo tasso del 10% (tasso nominale), mentre quando
applichiamo la capitalizzazione usiamo il tasso dell’8% (tasso reale).
Con il calcolo più preciso si usa formula di FISHER:
RENDIMENTO REALE = (1 + RENDIMENTO NOMINALE) / (1 + tasso atteso inflazione) - 1
Ir= (1+in) / (1+π) – 1
Ir= (1 + 0,10) / (1 + 0,02) – 1= 1,07843 – 1 = 0,07843 (tasso in termini reali) -> 7,843%
IMPORTANTE: Se facciamo attualizzazione applichiamo il 10% (tasso nominale), se facciamo la
capitalizzazione usiamo il tasso del 7,834% (tasso espresso in termini reali).
FLUSSI: possono essere flussi prima o dopo le componenti finanziarie 
- Flussi lordi (costo medio ponderato capitale WACC)
- Flussi netti (costo dell’equity Ke)
Vengono quindi fuori 4 ipotesi (flussi nominali e reali, ma anche flussi netti e lordi):
1- Approccio EQUITY SIDE: basato su flussi netti (dopo le componenti finanziarie)  il costo da
applicare in questa operazione di stima è il costo dell’equity.
Ma faccio capitalizzazione o attualizzazione? Se faccio la capitalizzazione il costo equity è espresso
in termini reali, se attualizzazione costo equity è espresso in termini nominali.
2- Approccio ASSET SIDE: basato su flussi lordi  (prima delle componenti finanziarie)  il costo
applicato con i flussi lordi è il WACC (costo medio ponderato del capitale)
Uso capitalizzazione o attualizzazione? -> se attualizzazione WACC in termini nominali, se
capitalizzazione WACC in termini reali.
NB: ci deve sempre essere coerenza tra natura dei flussi e natura dei tassi!
Posso anche creare una matrice in cui da un lato ci sono i flussi lordi e netti e dall’altro i flussi reali e
nominali.
Questi flussi possono essere puntuali (riferiti a n date che io sconto) oppure flusso medio (riferito a una
certa data) e possono essere tanti flussi nominali (se facciamo attualizzazione) oppure un unico flusso
medio reale (se faccio capitalizzazione).
1 2
Flussi lordi WACC n WACC r

Flussi netti 3 4
Ke n Ke r
Flussi nominali flussi reali
Andiamo nella corrispondente tabella a metterci i corrispondenti costi.
Quadrante 1: processo di attualizzazione di flussi lordi. Si mette il costo medio ponderato del capitale
espresso in termini nominali (WACC in termini nominali).
Quadrante 2: stessi flussi lordi, ma flussi medi. Quindi si mette sempre il WACC ma espresso in termini reali.
Quadrante 3: si mette il costo dell’equity (Ke) in termini nominali
Quadrante 4: si mette Ke espresso in termini reali.

Bisogna capire se usare il costo è il WACC o il Ke, ma anche capire se è espresso in termini reali o nominali.

I flussi sono distinti in 2 categorie: flussi prima o dopo componenti finanziarie (netti e lordi):
- prima delle componenti finanziarie, non tengono conto del costo del debito  si usa il costo medio
ponderato del capitale “WACC”)
- dopo le componenti finanziarie, tengono conto del costo del debito  si usa il costo dell’equity.
Poi dobbiamo capire se il flusso è nominale o reale:
- il flusso riferito a un dato istante, per definizione è un tasso reale
- tanti flussi riferiti a periodi diversi sono tassi nominali.

Continuando la prima slide, parliamo di capitalizzazione -> processo con cui si determina il valore
dell’azienda partendo da unico flusso medio futuro (flusso medio atteso o anche flusso medio-normale 
indica che è un flusso medio normalizzato  flusso che rappresenta le condizioni normali di svolgimento
della gestione).
NB: La capitalizzazione (come l’attualizzazione) può essere fatta con orizzonte di vita limitato o illimitato.
NON cambia il flusso al numeratore, cambia il denominatore.
Orizzonte di vita limitato o illimitato:
- se ci sono dati certi che ci lasciano supporre che la vita dell’azienda abbia il suo termine (es. azienda fatta
per realizzare un certo progetto, finito il progetto l’attività cessa) allora l’orizzonte di vita è LIMITATO.
- se non ci sono elementi tali da poter dire con certezza che l’azienda avrà un termine, allora ipotizziamo
orizzonte ILLIMITATO.

 ATTUALIZZAZIONE: abbiamo una serie di flussi attesi che teniamo distinti (non si fa media come nella
capitalizzazione) e ciascun flusso viene scontato alla data della valutazione.
Quindi flusso 1 si sconta per 1 anno, flusso 2 si sconta per 2 anni, flusso 3 si sconta per 3 anni e così via.
Anche qui possiamo avere orizzonte di vita limitato e illimitato.
ESEMPIO: ipotizziamo un’inflazione del 2% e di avere all’anno 0 un capitale di 100 euro.
Per avere stessa la somma alla fine dell’anno quanto dovrei avere come capitale? Un capitale di 102.
NB: Quando attualizzo il flusso, devo tener conto della perdita del potere di acquisto di quel flusso, quindi
lo sconto tenendo conto dell’inflazione, quindi TASSO NOMINALE.
NB: Nelle attualizzazioni, i tassi sono sempre espressi in termini nominali, perché sono flussi che spostiamo
da una data all’altra, quindi nel periodo di tempo si manifesta l’inflazione. (a differenza della
capitalizzazione, in cui i tassi sono espressi in termini reali)!!!
Il COSTO DELL’EQUITY (Ke): stima del costo del capitale di proprietà (tasso di remunerazione normale del
capitale di proprietà)
Il costo del capitale di terzi (in valore assoluto e relativo)
si rintraccia nel bilancio:
Nel bilancio d’esercizio in cui sono inseriti i dati storici,
posso rintracciare:
- il costo del debito espresso in valore assoluto sotto la
voce INTERSSI PASSIVI.
Es: Int. Pass. = 800.000 (costo del debito in val assoluto).
- il costo del debito in termini relativi, ossia il ROD (tasso
medio finanziamenti), con i dati di bilancio:
ROD = oneri finanziari / debiti finanziari.
Oppure calcolo il ROD seguendo approccio della
riclassificazione dello SP con criterio della pertinenza gestione: ROD = oneri finanziari netti / posizione
finanziaria netta. Viene fuori 4,2%.
 dal bilancio di esercizio possiamo ricavare il costo del debito in termini assoluti e relativi.
IMPORTANTE: Ma il costo del capitale di proprietà (capitale conferito dai soci) si può desumere dal
bilancio??  NO, perché non è un costo esplicito, ma un costo opportunità (perché nell’investire capitali
nell’azienda rinunciamo al rendimento che potremmo avere da investimenti alternativi, ossia investimenti
con il medesimo profilo di rischio).
 Per ogni azienda il costo del capitale è rappresentato dalla remunerazione che i soci potrebbero
ottenere investendo quei capitali in aziende con lo stesso profilo di rischio. Quindi il costo del capitale di
proprietà non è costo esplicito, ma un costo rinuncia (costo opportunità).
NB: il ROE non è considerato il “costo del capitale di proprietà”, perché esso rappresenta il rendimento
della mia azienda, e NON il costo del capitale di proprietà.

Il costo dell’equity non si può calcolare dal bilancio, ma extracontabilmente.


Il Ke è la somma di 2 componenti:
Ke = tasso di rendimento delle attività prive di rischio (risk free rate) + premio per il rischio specifico.
 Ke= Rf + S
Esempio:
Capitale = 1 milione.
PRIMA COMPONENTTE del costo dell’equity è quindi IL RISK FREE RATE (tasso rendimento privo di rischio):
potrei investire il capitale in investimenti privi di rischio (es. in titoli di stato che danno un rendimento per
es. del 2%)  questo è un rendimento corrisposto non tanto perché si rischia, ma perché ti privi della
disponibilità del capitale, per questo si chiama tasso puro di interesse (risk free rate).
In realtà quando investiamo in titoli di stato un minimo di rischio c’è e si parla di RISCHIO PAESE.
Infatti, esiste uno SPREAD tra i buoni italiani e quelli tedeschi, e quella differenza (spread) è dovuta al
rischio paese: in Italia siamo costretti a emettere titoli di stato ad interessi più alti se vogliamo che gli
investitori impieghino capitali nei nostri titoli di stato dato che il nostro paese è più rischioso della
Germania.
L’azienda è un investimento privo di rischio??? NO, l’azienda è soggetta a rischio economico generale -> è
possibile che l’investimento abbia remunerazione adeguata, ma si può anche determinare la perdita
parziale o totale dei capitali conferiti. Per questo motivo per investire in azienda è necessario che venga
corrisposto anche un premio che remuneri adeguatamente il rischio sopportato.
SECONDA COMPONENTE del costo dell’equity è il PREMIO PER IL RISCHIO SPECIFICO.
NB. formula generale per calcolo costo dell’equity = RISK
FREE RATE (titoli di stato) + di PREMIO SPECIFICO PER IL
RISCHIO ECONOMICO GENERALE (sopportato da chi investe
cap in azienda).
(C’è anche altra formula generale che AGGIUNGE TERZO
ADDENDO, cioè premio per liquidità dell’investimento, cioè se
un investimento sia più o meno immobilizzato).

Considerazioni sul RISK FREE RATE:


- esso non cambia da un’azienda all’altra (considerando le aziende italiane in un determinato anno, perché
da un anno all’altro può cambiare).
- Il risk free rate può essere espresso in termini reali e nominali (per passare da tasso nominale a reale si
usa la formula di Fisher).
- di norma il risk free rate lo stimiamo sempre facendo riferimento al futuro (es. prendo i titoli di stato in
Italia con scadenza decennale, guardo il tasso che ha oggi con riferimento al futuro)
Considerazioni sul PREMIO SPECIFICO:
- cambia da un’azienda all’altra.
Aziende più rischiose avranno premi più alti e aziende meno rischiose premi più bassi.

CONCETTO DI RISCHIO:
- In economia aziendale il rischio assume un significato diverso: è la possibilità di subire un danno in futuro.
- In corporate finance il rischio è sinonimo di variabilità dei risultati, e questa variabilità può essere in
senso negativo ma anche in senso positivo.

Possiamo richiamare 3 concetti di rischio:


1. Rischio di MERCATO: si intende la variabilità del fatturato (ricavi) di un’azienda.
Ci sono aziende che hanno fatturati più stabili (aziende ACICLICHE), altre che hanno fatturati più volatili
(aziende CICLICHE). Il rischio di mercato dipende dal grado di ciclicità del settore.
 Rischio di mercato è la variabilità del fatturato che determina quindi la variabilità dei risultati.
2. Rischio OPERATIVO: variabilità nel tempo del risultato operativo.
La variabilità del risultato operativo dipende da:
- variabilità dei ricavi (quindi grado ciclicità del settore)
- la leva operativa (data dal rapporto tra CF e CV)
NB: la leva operativa -> la presenza di costi fissi nel CE (es. ammortamenti, leasing, canoni locazioni, canoni
noleggio) fa si che si generi un effetto amplificativo (effetto leva) per cui se io ho certa variabilità del
fatturato (es 5%, quel 5 % porterà a una variabilità del risultato operativo ancora più alta, es. 10%). Questo
effetto moltiplicativo può essere in aumento ma anche in diminuzione, ma si chiama “Effetto leva” in
entrambi i casi.
3. Rischio FINANZIARIO: dipende dal grado di indebitamento dell’azienda, cioè dalla leva finanziaria.
Gli oneri finanziari, che funzionano come costi fissi, sono costi rischiosi a bassissima variabilità, e producono
ulteriore effetto leva sul reddito netto.
Es: data una certa variabilità del risultato operativo (es. 10%), ci troviamo il reddito netto con una variabilità
del 20% prodotta dagli oneri finanziari (maggiori OF maggiore variabilità, minori OF minore variabilità.

Se mettiamo insieme rischio operativo e rischio finanziario, si parla di RISCHIO COMPLESSIVO contenuto
nel costo del capitale.
Esempio: Questo è CE marginalistico dove sono divisi CF e CV.

- PRIMA TABELLA: analizzo il rischio operativo:


Anno 1 fatturato 100 e anno 2 fatturato 90. Quindi diminuisce del 10%.
In entrambe le aziende si parte dallo stesso fatturato, ma poi cambia (tutto parte dalla variazione del
fatturato, quindi rischio di mercato).
In entrambe le aziende al 1 anno, i costi sono di 80, ma c’è una differenza è la struttura dei costi:
nell’azienda A abbiamo CV < ai CF, nell’azienda B il contrario: CV < CF.
Nelle due aziende c’è un diverso rischio operativo -> leva operativa, rapporto tra CV e CF.
AZIENDA A:
- i costi variabili sono strettamente proporzionali, e incidevano del 60% sul fatturato. Se fatturato scende da
100 a 90, il 60% è 54. I CV scendono di 6. Ma 6 su 60 è sempre il 10%.
Si fa differenza 100-60=40 poi 90-54=36 quindi margine di contribuzione passa da 40 a 36 e diminuisce di 4
(ma 4 su 40 è sempre 10%). QUINDI i CV, se proporzionali, non fanno cambiare il rischio.
- i costi fissi: erano 20. Restano invariati.
Faccio differenza 40-20=20 di risultato operativo anno 1.
Poi 36-20=16 di risultato operativo nell’anno 2. Quindi il risultato operativo è diminuito di 4.
Ma 4 su 20 è il 20% --> ecco l’effetto leva. Siamo partiti da una variazione del fatturato del 10% che ha
prodotto una variazione del risultato operativo del 20%.

AZIENDA B: dove i CF pesano in misura maggiore.


Il margine di contribuzione dell’azienda B scende di 8 ma, 8 su 80 è sempre il 10%.
Sottraiamo i CF: 80-60=20 e poi 72-60=12. Vediamo che il risultato operativo scende di 8 ma, 8 su 20 di
partenza è il 40%. Quindi aziende che hanno visto ridursi il fatturato del 20/30% hanno riportato con
quella struttura di costi, una riduzione del risultato operativo del 40% -> c’è EFFETTO LEVA.

- SECONDA TABELLA: rischio finanziario:


Abbiamo 2 ipotesi relative all’ azienda B:
- azienda meno indebitata (meno oneri finanziari)
- azienda più indebitata (più oneri finanziari)
In entrambi i casi 20-12=8  riduzione di 40% del risultato operativo.
Ipotizziamo che i CF non variano (generalmente variano)
- Nell’azienda meno indebitata: 20-5=15 di risultato ante imposte, e poi l’anno dopo 12-5=7. Quindi il
risultato ante imposte scende di 8, ma 8 su 15 di partenza è il 53%.
Siamo partiti con variazione del fatturato del 10% e ci troviamo con variazione del risultato ante imposte
del 53%.
-Nella azienda più indebitata: oneri finanziari= 10 (mentre nell’altra azienda sono 5):
20-10=10 risultato ante imposte
12-10=2 risultato ante imposte
8 su 10 è l’80%. Un’azienda che ha alti CF e ed è molto indebitata si ritrova variazione del risultato netto
di 8 volte la variazione del fatturato.

Questa tabella spiega il rischio: Il rischio complessivo è dato dalla variazione del fatturato, dalla leva
operativa e dalla leva finanziaria  il rischio di un’azienda dipende dalla ciclica del settore, dalla sua
struttura dei costi e dal suo grado indebitamento. Un’azienda che ha alti CF deve bilanciare con basso
indebitamento. O viceversa, un’azienda che ha bassi CF può permettersi un rischio finanziario maggiore.

21/03
ACQUISIZIONI E CESSIONI (finanza straordinaria).
La valutazione d’azienda è una disciplina che si impiega per determinare il valore di scambio di un’entità 
l’entità scambiata (oggetto di valutazione) può essere un‘azienda considerata interamente (con tutte le
passività e le attività) o un ramo d’azienda (parte dell’azienda dotata di più o meno elementi dell’attivo e
del passivo).
Poi ci sono i trasferimenti che riguardano parte del capitale dell’azienda (in questo caso si parla di
valutazione delle partecipazioni).

Riepiloghiamo concetti già visti  CONFIGURAZIONI DI VALORE


Ogni tipo di valutazione può avere obiettivi diversi e quindi logiche valutative diverse.
Le possibili configurazioni di valore sono:
- Capitale economico: trattasi di valutazioni definite dalle normative tecnico-professionale.
Il capitale economico è una grandezza che segue una logica di valutazione neutrale perché ogni
azienda si valuta nella prospettiva in cui essa si trova.
È una valutazione “as is” -> non considera le evoluzioni indotte da interventi strategici.
(questa configurazione nella valutazione di acquisizione non ci interessa)
Nella prassi valutativa internazionale, prevalentemente anglosassone, un’altra configurazione utilizzata
soprattutto nelle valutazioni legali (separazioni, scissioni…) è
- Fair market value: uguale al capitale economico perché segue una logica valutativa neutrale;
Diversamente dal capitale economico, la logica è POTENZIALE (non più “as is”)  prevede le eventuali
evoluzioni indotte da qualcuno (imprenditore, manager o chi per lui).
Se si fa una valutazione volta alla definizione di un valore di acquisizione o cessione una delle prime
questioni da affrontare è:
 se utilizzo una logica valutativa neutrale allora non considera la convenienza delle singole parti
 se la logica è di parte allora avremo tanti soggetti quanti sono le parti.
Ecco che si passa da una logica di valore di tipo neutrale (unica) a 2 valutazioni: quella dell’acquirente e
quella del cedente: valutazione che considera le convenienze delle parti.
- L’acquirente che vuole acquisire una società, vuole determinare il limite oltre il quale il prezzo di
acquisizione non potrà spingersi (se si spinge oltre la sua acquisizione non avrà creato valore)
RICORDA:
- VALORE  quantità di moneta equivalente al bene oggetto; si stima (emerge da giudizio soggettivo)
- PREZZO  ammontare di denaro che viene scambiato; deriva dall’incontro tra domanda e offerta
(emerge da una trattativa)
Quindi il valore è la base di determinazione del prezzo per l’acquirente e per il cedente.
- Il cedente invece sa che il prezzo a cui vende l’azienda o il ramo d’azienda non dovrà mai scendere al di
sotto di quel valore.
SCOPO: valutare il valore per chi vende e chi compra.
Le parti non sono tutte uguali:
-> Cedenti: può essere imprenditore che vende l’unica azienda che ha o una venture capital che vende una
delle tante aziende o un gruppo che vende un’azienda appartenente allo stesso ecc…
-> Acquirenti: può essere persona che vuole investire il suo denaro o un investitore finanziario che compra
l’azienda ma non entra nella gestione o un gruppo o un'altra azienda che decide di acquistarne un'altra
ecc…
In ambo i casi si distinguono due tipologie di soggetti:
1 - acquirenti operativi o sinergici / acquirenti non sinergici
2 - cedenti sinergici / cedenti non sinergici
Le logiche valutative quindi sono:
- neutrale oppure di parte
- potenziale oppure as is
- stand alone (valore della società da sola) oppure valore sinergico (valore azienda + il valore dei flussi
positivi o negativi che si verranno a manifestare a seguito di un’integrazione dell’azienda con un altro
complesso (se acquisto) o di una sua eliminazione da un altro complesso (se vendo)).
ACQUISIZIONI
Valore limite di acquisizione o valore sinergico di acquisizione: ci sono due modi per determinarlo
(modello stratificazione del valore e metodo indiretto)
1- Modello della stratificazione del valore  si arriva al valore limite di acquisizione in maniera
stratificata
 Primo step: VALORE DI BASE (valore dell’azienda)
L’esterno si trova ad analizzare i bilanci che l’azienda ha, fa tutta l’attività di ispezione e fa la valutazione
d’azienda basandosi sui flussi -> si prendono i flussi di reddito, i redditi passati e guardo i componenti
straordinari, quelli ordinari ecc e si sceglie un orizzonte temporale futuro in cui proiettare i flussi.
Si trovano flussi futuri e poi si fa attualizzazione per portare i flussi futuri ad ora (momento della
valutazione).
È importante capire ad oggi il valore attuale del flusso che sarà più o meno grande a seconda del rischio
(rischio che il flusso non si realizzi come stimato)  si utilizza un tasso che comprende anche il rischio
specifico dell’azienda, rischio operativo e finanziario.
Per stimare il valore di base mi converrebbe usare i flussi che ipotizzo di conseguire una volta che l’azienda
da acquistare sarà mia  vado ad inserire il valore di base (NON il valore economico) come un VALORE DI
PARTE ACQUIRENTE utilizzando flussi e tassi che si stima saranno conseguiti dopo l’integrazione.

RICORDA --> Logica di valutazione potenziale: si usano grandezze non as is, cioè ipotizziamo variazioni
della formula imprenditoriali.
 Secondo step: VALORE DELLE SINERGIE
 Terzo step: VALORE DEL DELTA RISCHIO
La variazione di rischiosità della situazione dell’azienda è un driver di valore, positivo o negativo, che
impatta sul tasso di attualizzazione che comprende i rischi operativi e finanziari dell’azienda.

 VALORE SINERGICO DI ACQUISIZ = VALORE BASE +/- VALORE SINERGIE +/- VALORE DELTA RISCHIO –
COSTI DI INTEGRAZIONE – COSTI DI TRANSAZIONE
NB: SINERGIE -> si hanno quando il valore dei flussi o valore in generale dell’azienda che opera
congiuntamente con un'altra (VALORE DI A+B) > VALORE SINGOLO DI A + VALORE SINGOLO DI B.
Le sinergie insorgono quando l’acquirente non è un singolo individuo ma è un’altra azienda o un gruppo o
un imprenditore che possiede più aziende e riesce ad integrarle.
Le sinergie possono essere positive ma anche negative!!!
Ci sono 4 TIPOLOGIE DI SINERGIE: sinergie di mercato, operative, finanziarie e fiscali
1. SINERGIE DI MERCATO: l’integrazione dell’azienda A con l’azienda B determina un maggiore potere di
mercato -> aumenta la quota di mercato perché aumenta la quantità di prodotti o ne aumenta il
prezzo.

Per capire da cosa vengono fuori queste sinergie dobbiamo distinguere:


 strategie di integrazione verticale: compro un’azienda fornitrice o un cliente
 strategie di integrazione orizzontale: compro un’azienda che fa la stessa cosa che faccio io (una
concorrente)
 strategia di diversificazione o conglomerata: compro un’azienda diversa da me (mi diversifico)
- Le sinergie di mercato positive vengono fuori più facilmente dalle integrazioni orizzontali perché se io
acquisto un concorrente possono aumentare i prezzi oppure le quantità prodotte.
- Una possibile sinergia di mercato negativa si può avere quando si ha il cannibalismo tra prodotti->
compro un’azienda concorrente e si vanno a cannibalizzare le vendite di una delle due.
NB: In ogni caso le sinergie di mercato vanno ad operare sui ricavi (area positiva del CE).

2. SINERGE OPERATIVE: sinergie che dovute dalla condivisione di risorse (es. utilizzare la stessa rete di
vendita dell’azienda che ho acquisito e quindi eliminare un costo per l’azienda)
Non impattano tanto sul fatturato ma aumentano i flussi di reddito andando a ridurre le componenti
negative, cioè dei costi.
Queste sinergie si possono generare anche con condivisioni di:
- intangible asset: beni immateriali (brevetti, marchi, licenze ecc)
- invisible asset: asset che non si vedono in bilancio (know how, fiducia della clientela, immagine azienda)
NB: Ci sono le sinergie operative che scaturiscono dalle economie di scala: condivisione di risorse (es.
impianto, macchinario ecc…)
Le economie di scala consistono nell’abbattimento dei costi fissi su un numero maggiore dei beni prodotti e
venduti che permette di ridurre il costo unitario di prodotto (riducendo i costi aumento anche il flusso).

3. SINERGIE FINAZIARIE: riguardano 2 aspetti della gestione finanziaria dell’azienda:


- liquidità disponibile
- costo del denaro
Es: asse cartesiano in cui su un asse abbiamo la quota di mercato, sull’altro il tasso di crescita.
In base alla combinazione di queste due grandezze si ottengono 4 situazioni:
1-quota mercato bassa e basso tasso di crescita: dogs
2-alta quota mercato e alto tasso crescita: stars
3-alta quota di mercato e basso tasso di crescita: cash cows
4-alto tasso di crescita bassa quota mercato: question marks o wild cats (se un’azienda deve svilupparsi,
investe denaro in un’azienda question mark)
NB: acquisire un’unità che è diversa dalla mia azienda ma che è finanziariamente complementare, mi
permette di beneficiare di flussi finanziari che altrimenti non avrei avuto.
Inoltre, andare ad avere migliori flussi finanziari comporta anche di ricorrere di meno al mercato di credito
e quindi sul piano economico di avere meno oneri finanziari.

4. SINERGIE FISCALI: l’unione di 2 unita comporta una riduzione delle imposte e tasse.

2- Metodo indiretto  calcolare dei flussi differenziali.


Prendo il CE che riguarda la mia azienda in ipotesi di integrazione con quella acquisita:
- Avrò un CE di flusso prospettico dell’azienda A+B  Ricavi A+B, Costi A+B, Reddito A+B
- Avrò un altro CE in cui ci saranno: Ricavi B (prospettici, se B non avesse acquisito A), Costi B, Reddito B
Se faccio la differenza tra i due redditi ottengo il flusso reddituale dell’acquisita e se lo porto indietro
ottengo il valore dell’acquisita (A).
NB: Trattasi di un bilancio messo a confronto; sono in entrambi i casi flussi ipotetici, potenziali e di parte.

22/03
Per stimare il costo dell’equity si parte da una base fissa che è il RISK FREE RATE al quale aggiungiamo un
PREMIO che varia in funzione del profilo di rischio dell’azienda oggetto di valutazione relazione diretta
tra rischio e premio per rischio (premio maggiore se rischio dell’azienda è maggiore)
Il CAPM (CAPITAL ASSET PRICING MODEL – modello rischio/rendimento) stima il rischio in termini di
variabilità dei rendimenti aziendali rispetto ai rendimenti del mercato azionario.
La formula è:
- PREMIO PER IL RISCHIO DI MERCATO:
Prima cosa da esaminare è la differenza
racchiusa tra le parentesi, cioè il premio
per il rischio di mercato.
Prendiamo il rendimento di un titolo
(es. rendimento di un titolo in una
settimana)  (Prezzo finale – Prezzo
iniziale) / Prezzo iniziale
Rendimento del mercato = (Indice di borsa alla fine della settimana – indice di borsa all’inizio) / indice di
borsa iniziale
NB: Quando parliamo di Rm non si parla quindi di rischio, ma di tasso di rendimento.
La differenza indica il MARKET RISK PREMIUM (premio per il rischio di mercato): premio che mediamente la
borsa riconosce a chi investe in titoli azionari anziché in titoli di stato.

- PREMIO PER IL RISCHIO SPECIFICO dell’azienda oggetto di stima:


Ci arriviamo attraverso un coefficiente che si chiama BETA coefficiente di rischiosità, di volatilità, che
misura il rischio di una data azienda in relazione al rischio generale del mercato.
 L’azienda può quindi essere più o meno rischiosa di quanto lo sia mediamente il mercato.
Il BETA normalmente ha un valore positivo (il beta del mercato è per definizione =1):
- beta = 1  la rischiosità dell’azienda è perfettamente allineata a quella mercato.
- beta > 1  l’azienda ha una maggiore rischiosità rispetto a quella media mercato. Il beta produce un
effetto moltiplicativo
- beta < 1  l’azienda ha rischio minore rispetto a quello del mercato. Il beta produce un effetto riduttivo.
NB: C’è una relazione diretta tra gli andamenti dei rendimenti del mercato e dei rendimenti del titolo ->
quando i rendimenti del mercato crescono anche i rendimenti del titolo crescono e viceversa
 il beta ha segno positivo.
ATTENZIONE: Ci sono anche casi in cui quando i rendimenti del mercato aumentano, i rendimenti del titolo
diminuiscono e viceversa  in questo caso il beta ha segno negativo. Sono i cosiddetti titoli anticiclici, ma
per noi è irrilevante ai fini della stima del costo del capitale, perché noi andremo ad inserire il β in valore
assoluto nel calcolo del costo dell’equity.
Quello che conta è ovviamente la variabilità del titolo rispetto alla variabilità del mercato!!!
Es: stesso mercato ma 2 aziende più e meno rischiosa del mercato:
Beta=0,8 azienda meno rischiosa (<1), Beta=2 azienda più rischiosa (>1).
 Beta=0,8: Quando i rendimenti del mercato aumentano anche i rendimenti del titolo aumentano ma in
misura meno che proporzionale, cioè la variabilità è più contenuta. Parliamo di TITOLI DIFENSIVI.
 Beta=2: A fronte di una certa variazione dei rendimenti del mercato si ha una variazione amplificata dei
rendimenti del titolo. Parliamo di TITOLI AGGRESSIVI.

Per l’Europa i rendimenti “tripla A” possono essere consultati sul sito


della Banca Centrale Europea indicando la durata desiderata (la sigla
AAA indica il massimo livello di affidabilità attribuito a un titolo)
E’ più basso del rendimento dei nostri titoli di stato dato che non si
tiene conto del rischio paese.
Se abbiamo a che fare con aziende che operano nel mondo bisogna considerare un rischio paese medio in
funzione delle aree coperte e poi procedere col calcolo della stima del premio per il rischio generale di
mercato.
NB: Le condizioni spazio-temporali influiscono notevolmente.
L’andamento economico generale di un paese incide sul valore delle sue aziende perché se il rischio paese
è più alto il risk free rate è maggiore, il costo dell’equity aumenta e il valore delle aziende è più basso.
NB: non tutte le variabili da cui dipende il valore dell’azienda sono controllabili dagli imprenditori ma
dipendono anche dal contesto esterno.

RENDISTATO: Rendimento medio dei titoli di stato emessi dal nostro paese (dati dalla Banca D’Italia).
ES: nella terzultima categoria. Se si vuole fare una valutazione al 31/12/18 si prende 2,963 come dato.
NB: rendimenti medi dei titoli aumentano con l’orizzonte temporale.
I BOT (buoni ordinari tesoro) a 6 mesi se non hanno
rendimento negativo poco ci manca, i buoni del
tesoro poliennali con scadenza decennale hanno un
rendimento di circa il 2%.
Perché c’è questa differenza fra i BOT e i BTP? Tutto
dipende dalla previsione dell’inflazione.
NB: Quando si deve stimare il “risk free rate”
possiamo prendere il rendistato.

In Corporate Finance c’è differenza tra rischio


operativo e rischio finanziario.
Unendo i due aspetti abbiamo la rischiosità
complessiva dell’azienda.

- RISCHIO OPERATIVO: la variabilità dei risultati


operativi (variabilità flussi lordi) dipende dal grado di
ciclità di settore e dal grado di leva operativa. Esiste uno specifico coefficiente che misura la SOLA
rischiosità operativa, e questo coefficiente si chiama “beta operativo o beta unlevered”.

- RISCHIO FINANZIARIO (non essere in grado di onorare i miei debiti): la rischiosità finanziaria (variabilità
flussi netti) dipende dal grado di leva finanziaria, cioè nel grado di indebitamento (che aumenta gli OF e
aumenta l’effetto leva).
Qui si parla di “beta netto o beta levered” e misura la rischiosità complessiva (operativa e finanziaria).
ATTENZIONE: Nel CAPM usiamo il BETA LEVERED!!!

DUE modalità di stima del BETA -> la modalità di stima del beta cambia in base al fatto se la società è
quotata o non quotata.
Quando parliamo di società quotate si va a fare una valutazione d’azienda ma NON si può prescindere dalle
quotazioni di borsa. Allora li il problema è capire se il mercato è efficiente o meno.
Il vero problema nella valutazione d’azienda è nelle società non quotate!

- Se SOCIETÀ QUOTATA: parliamo di approccio top-down 


il metodo per individuare il beta è una semplice regressione
lineare (il coefficiente angolare della retta di regressione è il
beta levered; è quindi un metodo statistico)
Ogni punto è una coordinata che si trova mettendo in relazione il rendimento registrato dal titolo, in
quella settimana, con il rendimento registrato dal mercato azionario (quindi dell’intero portafoglio)

- Se SOC NON QUOTATA: l’approccio bottom-up  si stima il beta su un duplice processo: processo di
unlevering e processo di rilevering.

 PROCESSO DI UNLEVERING: passare da beta levered a beta unlevered, eliminando l’influenza della
rischiosità finanziaria dal beta.
1) Si seleziona un paniere di società comparabili a quella oggetto di valutazione.
- Quante dipende da caso a caso.
- Le società comparabili individuate devono essere quotate.
- Il beta lo dà la banca dati.

2) Per ciascuna delle comparabili riveliamo due dati: il


beta levered e la leva finanziaria (= DEBT/EQUITY)
NB: Tutti i calcoli debbono essere fatti a valori di mercato,
non a valori di libro.

3) Utilizzo come dati il beta levered della comparabile, il


suo financial leverage, e mi ricavo il beta unlevered
della comparabile.
Uso la formula di Hamada  β unlevered = β levered
/[ 1+ ( 1−t ) D /E ]
Applico questa formula a ciascuna delle comparabili e
ricaviamo per ciascuna società il beta unlevered  abbiamo
tolto la componente relativa alla rischiosità finanziaria lasciando solo la rischiosità operativa.

4) Faccio una media e calcolo il “beta medio unlevered” (di norma si fa una media semplice).
Troviamo il beta unlevered medio del campione di società comparabili.

 PROCESSO DI RELEVERING: processo inverso a prima, vado a reintrodurre il rischio finanziario


dell’azienda oggetto di stima.
La formula di Hamada qua è rovesciata e ci permette di calcolare il beta relevered.
Non si può fare una media e applicare quella evitando tutti questi passaggi?  Ogni azienda si finanzia a
suo modo. Possiamo cercare delle similitudini a livello di
rischiosità operativa, ma NON sul piano della rischiosità
finanziaria.
NB: le società quotate hanno la possibilità di accedere a fonti di
finanziamento diverso dalle PMI.
 Questo processo si fa perché la politica finanziaria delle PMI è
diversa da quella delle società quotate.

27/03
NB: sia che si stimi il beta delle società quotate, sia che si stimi il beta per le società non quotate con il
duplice processo di unlevering e relevering, il dato ottenuto fa riferimento a una serie storica (si parla di
beta storico)
Esistono diversi studi della corporate finance che dimostrano che nel tempo i beta delle società tendono a
slittare verso il beta di mercato che per definizione = 1.
Quindi partendo dalla regola generale la valutazione deve essere fatta in prospettiva futura, quindi è
evidente che anche guardo parliamo di beta dobbiamo usare nei diversi modelli applicati per la stima del
costo del capitale un beta prospettico, non storico.
Quindi il problema da cui partiamo è: COME RICAVARE IL BETA PROSPETTICO DAL BETA STORICO.
Quindi come passare da quello che viene definito BETA STORICO o anche BETA GREZZO (grezzo perché non
è ancora idoneo per essere inserito e usato nella stima del costo del capitale)
Il Beta grezzo va trattato e va reso prospettico -> questo beta prospettico si chiama adjusted beta.
Quando interroghiamo le banche dati, il beta adjusted lo dà già la banca dati e la formula utilizzata per
passare dal raw beta (beta grezzo) al beta adjusted è la FORMULA DI BLUM.
Come si ottiene il BETA ADJUSTED è una media ponderata del raw beta (che pesa per il 66%) e del beta
di mercato (che pesa per il 33%).
Siccome il beta di mercato (Bmkt) è=1  allora possiamo scrivere la formula così: BETA ADJUSTED= 0,66 x
Raw beta + 0,33.
Ipotizziamo di avere beta grezzo (beta storico detto anche raw beta), applicando questa formula vediamo
che:
- se il raw beta è >1 allora il beta adjusted sarà minore
- se il raw beta è <1 allora il beta adjusted sarà
maggiore.

Perché è una formula di convergenza: se il beta delle società


tende nel tempo ad avvicinarsi al beta di mercato
- se partiamo da un valore sotto l’unità allora tenderà a
crescere
- se partiamo da un valore sopra l’unità allora tenderà a
diminuire.

EFFETTI DELLA DIVERSIFICAZIONE DEGLI INVESTIMENTI SUL COSTO DELL’EQUITY:

Quando abbiamo parlato del CAPM abbiamo detto che questo


modello fa leva su alcune ipotesi -> l’ipotesi più forte è
rappresentata dalla diversificazione del portafoglio.
Questo modello ha logica se gli investitori diversificano il
portafoglio perché quando andiamo a calcolare il beta, il beta
rappresenta solo una parte dei rischi in cui può incorrere
investitore.

Quando parliamo di rischiosità si hanno 2 tipi di rischio (ci sono


quindi 2 rischi nel grafico):
 Rischio sistematico o non diversificabile: (rappresentato dalla retta) è rischio dettato da fattori
macroeconomici che investono tutte le aziende e non può essere eliminato con la diversificazione. Al
sotto di questo non si può scendere. Incide in maniera diversa da azienda a azienda.
Il beta (come lo calcoliamo noi nel modello CAPM) apprezza solo questo rischio sistematico, cioè una
componente sulla quale non si incide diversificando il portafoglio (non si può modificare diversificando).

 Rischio non sistematico o diversificabile: (rappresentato dalla curva) questo rischio non viene
apprezzato dal beta nel modello CAPM.
In questo caso il rischio può essere ridotto allargando il portafoglio, quindi effettuando investimenti in
settori diversi.
NB: ma quando applichiamo il CAPM quel modello tiene conto SOLO del rischio sistematico.
IMPORTANTE  pensiamo agli investitori tipo; questi possono essere:
- investitori con investimenti CONCENTRATI (non diversificano il portafoglio): sono investitori operativi o
strategici (es. aziende familiari dove il capitale è concentrato solo in un’azienda o solo in un settore)
- investitori con investimenti DIVERSIFICATI: investitori finanziari come le banche d’affari.
NB: quando dobbiamo valutare società non quotata (PMI o grande impresa non quotata) con portafoglio
concentrato, ha senso applicare il CAPM??
 Nel caso di investitori finanziari (società quotate con diversificazione portafoglio) il rischio non
sistematico tende ad annullarsi quindi il CAPM può essere applicato.
 Ma se valutiamo l’imprenditore della PMI, il beta sottostima la rischiosità dell’azienda!!!
Qui NON possiamo più applicare il CAPM puro, ma dobbiamo agire sulla formula e cambiarla.
Es. prendiamo le aziende di qualsiasi settore, per es le banche e mettiamo in relazione il beta di ogni
azienda e un indicatore dimensionale (di norma si prende la capitalizzazione di borsa).
Facendo questo tipo di analisi si osserva che all’aumentare della capitalizzazione di borsa delle società
(l’azienda si fa sempre più grande, quindi azienda A diventa più grande della B, la B diventa più grande
dell’azienda C e così via) i beta decrescono.

CONCLUSIONE: il mercato valuta come MENO RISCHIOSE le aziende di maggiori dimensioni .


Viceversa, il mercato considera PIÙ RISCHIOSE le aziende a più bassa capitalizzazione, quindi più piccole .
 Quindi il beta dipende dalla dimensione dell’azienda.

Torniamo al processo di unlevering e relevering:


Abbiamo un’azienda che fattura ad es 1miliardo, una che fattura 800milioni, un’altra che fattura 400milioni
ecc (sono società comparabili) e noi invece dobbiamo valutare un’azienda che fattura 80 milioni (quindi
molto più piccola rispetto alle altre).
->Possiamo prendere i beta delle comparabili così o dobbiamo cambiarlo??
Se stimo un’azienda di più piccole dimensioni non possono farlo sulla base di un beta di grandi dimensioni,
dato che così sottostimerei il rischio. Ma devo quindi cambiare il beta!
Quindi per voler fare una valutazione accurata e logica delle società non quotate di minori dimensioni
rispetto alle società quotate, bisogna passare a un modello di stima del costo dell’equity diverso.
Il modello usato di più in Europa è il MODIFIED CAPITAL ASSET PRICING MODEL (MCAPM) -> (CAPM
modificato)
La formula è:

Si aggiungono quindi 2 premi al classico modello CAPM:


 SMALL SIZE PREMIUM (SSP): (premio per la minore dimensione) l’azienda di minore dimensione ha
maggiore rischiosità, quindi si chiede premio più alto.
Ha funzione correttiva -> corregge l’effetto del beta sul costo del capitale perché il beta per la PMI è
sottostimato rispetto alle grandi aziende.
Quindi corregge un errore di sottostima del beta, perché abbiamo assunto beta di maggiori dimensioni
mentre l’azienda in questione è più piccola (quindi rischiosità maggiore)
Abbiamo quindi inserito nel modello la variabile dimensione che non era compresa nel CAPM puro.
In più serve considerare l’assenza di diversificazione del portafoglio:
 SPECIFIC COMPANY RISK PREMIUM (SCRP): (premio per il rischio specifico aziendale) è il premio per
tener conto della mancanza della diversificazione dell’azienda (dato che l’investitore ha concentrato
tutto in un’azienda o in un settore)
NB: Si chiama anche UNSISTEMATIC RISK PREMIUM (premio per il rischio non sistematico).
NB:
- il SSP va a premiare il maggior rischio corso dall’imprenditore per la dimensione ridotta della sua azienda.
Ci sono numerosi studi che trattano il “size effect” (effetto dimensionale) e l’impatto sul costo dell’equity
dell’effetto dimensionale.
-Il SCRP va a premiare il fatto che l’investitore si accolla il rischio del settore (perché non lo compensi con
altri settori dato che non diversifichi) e il rischio di liquidità dell’investimento (di non smobilizzarlo).
Questi 2 premi sono spesso oggetto di analisi dato che non si capisce bene dove inizia un rischio e dove
finire un altro. Quindi a volte si aggiunge un solo premio (addictional risk premium) -> è premio che li
comprende entrambi.
RICORDA  nella stima di una piccola azienda NON SI APPLICA MAI il CAPM dato che è più rischiosa.

Altro modello alternativo (identico al precedente ma non abbiamo il beta; NOI usiamo altra formula) è il
BUILD-UP METHOD:
RICORDA:
- Il costo dell’equity (Ke) si usa come dato
autonomo per scontare flussi netti (approccio
equity side).
- Quando valutiamo in approccio in asset side
(scontiamo flussi lordi, prima delle componenti),
allora il costo da usare per capitalizzare e
attualizzare flussi sarà il costo dell’intero capitale
investito (costo medio ponderato del capitale -> WACC)
- Si parla del COSTO DI TUTTO IL CAPITALE INVESTITO: media di tutto il costo  costo equity e costo del
debito.
Il costo dell’equity e del debito sono i due costi che servono per stimare il costo medio ponderato del
capitale (WACC) quando useremo come fattori di ponderazioni il peso dell’uno e dell’altra fonte sull’intero
capitale investito (sull’enterprise value, cioè il valore dell’azienda).
 Quindi il costo medio ponderato del capitale è la media ponderata del costo di proprietà e il costo del
debito.

COME SI CALCOLA IL COSTO MEDIO PONDERATO DEL CAPITALE (WACC):


I fattori di ponderazione:
 E = valore di mercato dell’equity (non valori di libro)
 D = posizione finanziaria netta.
Quindi il valore al denominatore di queste 2 frazioni (posizione
finanziaria netta + val mercato equity) è l’enterprise value, cioè il
valore di mercato del capitale investito: cioè valore dell’azienda se
non ci fossero debiti di finanziamento.
NB: tutti i calcoli vanno fatti con i valori di mercato!!!
- Il peso che attribuiamo al costo dell’equity (prima frazione) è dato da equity value / enterprise value.
- Il secondo costo è il costo del debito, è un costo netto -> in questo caso al netto dell’imposta.
NB: Kd è un costo lordo, ma noi lo moltiplichiamo per (1-t) (1 - 0,24 tax rate in Italia) -> quindi si trova il
costo netto del debito che noi usiamo nella formula.
Il peso nella formula è posizione finanziaria netta / enterprise value.

Vediamo i DRIVER del WACC:


- Costo dell’equity (costo capitale di proprietà).
Il costo del capitale di proprietà, se prendiamo il modello del
CAPM, avremmo come driver il risk free rate, il beta, market
risk premium.
(Si aggiunge poi il small size premium e il specific company
risk premium). Oppure l’addictional risk premium.
- Costo del debito (al netto delle imposte).
Il costo del debito avrà come driver il costo dei debiti e il tax rate.
- Peso delle due fonti -> la struttura finanziaria (cioè il
rapporto tra debiti e equity)

STIMA DEL COSTO DEL DEBITO:


Il costo del debito è il costo medio dell’indebitamento a
medio-lungo termine nelle attuali condizioni di mercato,
AL NETTO dello scudo fiscale (risparmi di imposta dovuto
alla deducibilità degli interessi passivi o OF)

NB: NIENTE A CHE VEDERE CON I TASSI delle forme di


finanziamento a medio-lungo termine (mutui, prestiti
obbligazioni ecc.…)

Qual è logica per stimare questo parametro?


Noi possiamo stimare il costo del debito aggiungendo a un
parametro di base (risk free rate), un premio per il rischio
che viene richiesto dai terzi finanziatori.
I terzi finanziatori non finanziano al risk free rate, ma dato che i terzi finanziatori hanno il rischio di non
vedersi rimborsare per niente o solo in parte il finanziamento -> RISCHIO DI DEFAULT SPREAD (premio per
il rischio di fallimento dell’azienda).
 Kd = Rf + DEFAULT SPREAD.

RICORDA: Quando diciamo Kd è costo LORDO del debito. Il costo NETTO è Kd*(1-t).

NB: Osservazioni sul default spread


I regolamenti di Basilea disciplinano il grado di patrimonializzazione degli istituti di credito  devono avere
un capitale che varia in base agli investimenti che fanno (cioè prestiti) e al rischio di questi ultimi.
Queste normative hanno previsto l’attribuzione ad ogni azienda e a ogni cliente di UN RATING: indicatore
che valuta il profilo di rischio.
Il rating fa capire se un cliente porta più o meno rischio alla banca e in base a questo si pratica un tasso
diverso:
- Ai clienti a minor rischio la banca pratica un tasso più basso
- Ai clienti a più alto rischio la banca li finanzia lo stesso ma chiede un tasso più alto.
Es: se il rating di una banca è da 1 a 10, i clienti con indicatore 1 sono i migliori su cui non si rischia nulla,
mentre i clienti con rating 10 sono i più rischiosi.
Esempio: lo studio ha preso le società quotate alla borsa di NY di piccole dimensioni e ha rilevato per
ognuna di esse un indice poco conosciuto nel nostro paese: Interest Coverage Ratio = reddito
operativo/oneri finanziari.
Questo indice rappresenta l’anello di congiunzione tra la redditività della gestione operativa (gestione
caratteristica) e l’onere della gestione finanziaria ed è un indicatore di rischiosità finanziaria.
- Interest Coverage Ratio = 10 significa che il risultato operativo è 10 volte gli OF quindi non abbiamo
problemi a sostenere gli OF -> il risultato operativo ci permette di far fronte al costo dei debiti di
finanziamento.
- Interest Coverage Ratio = 1 significa che tutto quello che produco (risultato operativo) mi va in OF.
- Interest Coverage Ratio < 1 significa che il risultato operativo non è in grado nemmeno di far fronte agli
OF (siamo in default).
Quindi questo indicatore ci fa capire se l’azienda è in grado di far fronte agli OF.
La rischiosità finanziaria non è del tutto desumibile dal ROD perché bisognerebbe vedere come è composta
la struttura finanziaria dato che nel capitale di terzi ci sono fonti revocabili e non revocabili: se nel capitale
di terzi ci sono tutti mutui, so che nessuno può mettermi a rientro, ma se faccio ricorso alle forme a breve
termine (es. scoperto di c/c) sono fonti revocabili quindi la banca può revocarle.
Nell’esempio, lo studio ha raggruppato le aziende in classi ed ha assegnato a ogni classe un rating (AAA, AA,
A+, B, B- ecc. NB: il rating D sta per default)
Ha preso poi il costo del debito lordo (ROD) delle varie classi di aziende ed ha sottratto il risk free rate in
modo da trovare lo spread (quanto in più le banche chiedono sul risk free rate alle varie classi di aziende
che rientrano in questa statistica)
Le migliori aziende hanno uno spread intorno a 0,75% (quindi poco più del risk free rate), fino ad arrivare ad
altre aziende peggiori che hanno uno spread di 11,50 ecc.
 il default spread varia in funzione del rischio.

Questa tabella serve perché ci fa capire come stimare il costo del debito; il processo è questo:
- si calcola il ROD degli ultimi 3 esercizi (es. 31/12/18 data valutazione, allora si calcola ROD del 2016, 2017,
2018).
- a ognuno dei 3 valori individuati si sottrae il corrispondente risk free rate (quindi il risk free rate al
31/12/16, al 31/12/17 e al 31/12/18) e si trova lo spread.
- si trovano i vari spread e si fa media degli spread su dati storici  si trova quanto ci costa tenendo conto
del profilo di rischio.
- per calcolare il costo del debito basta prendere il risk free rate al 31/12/18 e aggiungerci lo spread.
C’è un problema quando stimiamo il costo medio ponderato del capitale  abbiamo detto che i pesi
devono essere calcolati a valori di mercato (non di libro), ma se devo valutare un’azienda non quotata non
esiste il valore di mercato (il valore di mercato è il risultato della mia stima, lo devo stimare io con la
valutazione).
 il valore dell’equity è il risultato finale della nostra stima!

Allora il problema è: come faccio ad arrivare a quel valore se per stimare il costo medio ponderato del
capitale devo conoscere il risultato della stima??
Siamo nel pieno di una relazione di tipo circolare:

Per stimare il risultato


finale della stima (equity
value) devono conoscere
il costo medio ponderato
del capitale  ma il costo
medio ponderato del
capitale dipende dalla
leva finanziaria o per
meglio dire dai pesi (equity value/enterprise value e
posizione finanziaria netta/enterprise value)  ma per calcolare i pesi ho bisogno dell’equity value.
Quindi si ha una SITUAZIONE CIRCOLARE.

Come si spezza questa situazioni circolare??


Ci sono delle soluzioni diverse:

1) PROCESSO ITERATIVO: (struttura finanziaria in atto)

- In una
tabella abbiamo financial equity, quindi posizione finanziaria netta e l’equity value.
- Inizialmente all’equity value mettiamo il valore di libro (anche se li ci dovrà essere il valore di mercato)
- Sotto abbiamo una tabella dove inseriamo il beta unlevered -> facciamo il processo di relevering.
- Si ha la formula di Hamada -> partendo dal beta unlevered delle società comparabili (di settore), si calcola
il beta relevered tenendo conto della struttura finanziaria della nostra azienda.
- Per calcolare il valore dell’azienda, semplificando, faccio una capitalizzazione con un flusso lordo con
metodo reddituale semplice ma non R/i ma W = (noplat/WACC) – posizione finanziaria netta
 la frazione ci da l’enterprise value e sottraendo posizione finanziaria netta si trova EQUITY VALUE.
NB: Così abbiamo calcolato i pesi in base ai valori di libro.
- quindi prendiamo l’equity value che risulta fuori da questa prima stima e lo sostituiamo al valore
dell’equity value precedente.
Quindi abbiamo calcolato i pesi sulla base del risultato finale della stima attraverso un processo iterativo,
cioè con delle sostituzioni.
IMPORTANTE: Faccio la sostituzione finché il valore non sia identico al valore della stima!!!
RICORDA: il processo iterativo è utile anche per i business plan -> perché gli OF dipendono
dall’indebitamento finanziario, ma l’indebitamento finanziario dipende da quanto costa il debito.
QUANDO SI USA PROCESSO ITERATIVO???
Dipende dalla CONFIGUARZIONE DI VALORE ricercata -> le configurazioni sono valore economico, valore
potenziale, valore sinergico.
NB: Quando si deve separare il valore economico, bisogna fare riferimento alla situazione finanziaria in
atto, quindi bisogna usare il processo iterativo (stima fatta a valori correnti ovviamente)

2) Altra soluzione è far riferimento, per la stima del valore economico, alla STRUTTURA MEDIA DI
SETTORE (sempre a valore correnti).

3) Infine, se invece vogliamo una struttura finanziaria obiettivo DIVERSA da quella in atto si può fare con
un valore potenziale della struttura (STRUTTURA FINANZIARIA TARGET).
Viene fuori un valore potenziale perché non è la situazione finanziaria in atto ma una situazione a cui
tendo.
NB: quando si tratta di stimare il valore economico è meglio il valore iterativo, se invece dobbiamo andare
verso valore potenziale allora è meglio usare una struttura obiettivo.
28/03/19

- D/E
- WACC
Equity Value

Soluzioni:
- struttura finanziaria in atto
- struttura media di settore
- struttura finanziaria target

Il costo del capitale: oggi trattiamo un modello che è molto utile per la valutazione d'azienda perché è alla
base delle così dette RISTRUTTURAZIONI FINANZIARIE, ossia operazioni che, agendo sulla leva finanziaria,
riescono a far accrescere il valore dell'azienda.
Quindi riprogettando la struttura finanziaria di un’azienda, e quindi il suo rapporto tra capitale di terzi e
capitale di proprietà e poi guardando al capiate di terzi considerando la più idonea composizione delle due,
riesco ad accrescerne il valore.

La leva finanziaria (rapporto tra debito e valore dell'azienda) incide o non incide sul valore dell'azienda
inteso come enterprise value?
Si parla delle radici degli studi di finanza, perché in questo modello sono inclusi anche gli studi di
Modigliani e Miller, questi due studiosi avevano fatto due ipotesi:
- Il primo modello Modigliani Miller è
rappresentato su questo schema dalla
retta orizzontale.
Secondo questo modello, quando
l’azienda si finanzia di più con capitale di
debito, aumenta la domanda di capitale
di debito, aumenta il costo del capitale di
debito (per la legge della domanda e
dell'offerta), ma si riduce il costo del
capitale di proprietà.
Quindi in base alla legge della domanda
e dell'offerta, se si ricorre più ad una
fonte, quella fonte costa di più ma la
fonte meno utilizzata costerà di meno, quindi in assenza di leva finanziaria il valore unlevered dell'azienda
è indifferente al grado di indebitamento, il valore non cambia (retta orizzontale).
- Il secondo modello Modigliani-Miller: questi due studiosi tornarono successivamente sul loro modello, e
capirono che quello che avevano fatto nel precedente modello sarebbero stati giusti se non ci fosse lo
scudo fiscale.
Il ricorso al capitale di debito genera un risparmio di imposte (retta crescente)  quindi il valore unlevered
dell'azienda (l'equity value) tiene conto del risparmio dovuto alla deducibilità degli oneri finanziari, quindi
secondo questa tesi ricorrere di più al capitale di debito permette di far aumentare il valore dell'azienda.
Però in questo modello il discorso andava avanti all'infinito.
Successivamente, un altro studioso chiamato Altman, dice che questo discorso è assolutamente vero ma
solo in una prima fase: inizialmente ricorrere maggiormente al debito permette di incrementare il valore
dell'azienda, ma questo vale fino ad un certo punto perché poi emergono i costi connessi allo
squilibrio finanziario e all'eccessiva rischiosità finanziaria.
La curva presenta infatti un andamento campanulate, c’è un punto di massimo dopo il quale il valore
dell'azienda torna a diminuire.
Due ragioni:
1) Aumentando il rischio finanziario, aumenta il costo di entrambe le fonti (debito e capitale proprietà).
Il premio non dipende solo dalla rischiosità operativa ma anche da quella finanziaria e quindi se
l'indebitamento cresce, il rischio finanziario cresce e quindi cresce sia il costo del debito per effetto del
maggior spread, ma cresce anche il costo del capitale di proprietà per il maggior rischio.
2) I costi del dissesto (es. costi legati a cause), perché quando le aziende adottano certi livelli di
indebitamento iniziano a manifestarsi situazioni di insolvenza (es. non si pagano certi fornitori, i fornitori ci
fanno causa, ...) e quindi le aziende si devono difendere sostenendo costi legali costi monetari che
agiscono non sui tassi ma sui flussi e fanno diminuire il valore dell'azienda.

Come si individua il punto di massimo indebitamento a cui l’azienda può ambire?


È molto difficile capirlo, ma lo devo individuare per gestire nel meglio la gestione finanziaria dell'azienda.
Partendo dal presupposto che ovviamente il costo dell’equity è sempre più alto del costo del debito (per
definizione), in una prima fase mi sto spostando da un indebitamento pari a zero, ossia da sinistra a destra,
(partendo da zero e andando avanti sul grafico) siccome il costo dell’equity è maggiore del costo del debito
(es. 12% e 3%) in una prima fase conviene indebitarsi giocando sul fatto che il costo del debito sia più basso
del costo dell’equity.
Oltre però un certo livello, andando ancora avanti, avviene che i due costi tendono ad aumentare per cui si
ha un effetto inverso per cui se prima il costo medio ponderato diminuiva per il maggior ricorso al debito,
dopo tende ad aumentare a causa dell’incremento dei due costi.
Abbiamo dunque una posizione di ottimo dopo di che il valore dell’azienda che prima cresceva, ora tenderà
a diminuire.
Ancora sul grafico, ipotizziamo di essere sulla parte sinistra del grafico, quindi un’azienda poco indebitata.
Come può ottenere agendo solo sulla sua struttura finanziaria, come può accrescere il suo valore? È
sufficiente fare maggior ricorso al capitale di terzi; ricorrendo al capitale di terzi a questa fonte che costa
meno rispetto all’equity, l’azienda in un primo momento ne trova una forte convenienza, fino a spostarsi
verso il punto di massimo, quindi maggior ricorso al debito quindi prestiti obbligazionari, mutui passivi,
ecc…
NB: Un fenomeno ben noto ai più è il fatto che le aziende italiane sono sottocapitalizzare quindi noi ci
troviamo nella zona di destra del grafico, ossia aziende il cui valore è depresso a causa dall’eccessivo
indebitamento che quindi incide sul costo dell’equity, così come sul costo del debito.
Queste aziende possono accrescere il loro valore ricapitalizzandosi, e come si fa? Immissione di capitale
proprio e autofinanziamento.
Come si fa a ricapitalizzare l'azienda?
- i soci della società conferiscono nuovo capitale (aumento di capitale)
- l'autofinanziamento, ossia la riservizzazione degli utili
- la quotazione in borsa, ma questa operazione non è facile e raramente le aziende fanno entrare un nuovo
socio, piuttosto optano per il fallimento.
Anche un non sufficiente ricorso al debito non è opportuno. Il debito va saputo gestire, l'indebitamento
permette all'imprenditore di sviluppare la dimensione della sua attività e di fare impresa sfruttando le
economie di scala.
Ci sono casi di aziende che hanno la Posizione Finanziaria Netta ATTIVA, liquidità > i debiti finanziari (es. i
supermercati).
Ma la PFN attiva è una situazione temporanea o è strutturale?
Se è strutturale non va bene perché l’azienda perde margini di redditività e quindi perde valore.

Quando l'azienda ricorre troppo al capitale di proprietà si trova dall’altro lato del punto di massimo quindi
occorre indebitarsi.
In conclusione: Se siamo a destra del punto di ottimo bisogna ricapitalizzarsi e così facendo si accresce il
valore della nostra azienda; se siamo a sinistra bisogna indebitarsi.
 Questo fa capire che il grado di leva finanziaria incide sul valore dell'azienda!!!

- Asse delle ascisse: grado di leva finanziaria


- Asse delle ordinate: i vari costi: 2%, 4%, 6%,
7%, 8%  Sull’asse delle ordinate ci sono due
scale (a dx e a sx):
- a sinistra ci sono i vari costi del capitale
(costo dell'equity, costo del debito e costo
medio ponderato del capitale) e a destra il
valore dell'azienda.
I costi:
Linea blu tratteggiata -> andamento del costo
dell'equity che aumenta all'aumentare
dell'indebitamento, perché cresce il rischio
finanziario.
La formula di relevering spiega tutto, perché quando si fanno operazioni di relevering:
beta levered = beta op + beta op*(1-t)*D/E  più cresce la frazione (D/E), più cresce il beta, e quindi
cresce il costo dell'equity.
Linea verde tratteggiata -> costo del debito che cresce con i livelli d’indebitamento  aumenta il default
spread.
Linea rossa -> andamento dell’enterprise value
NB: Per spiegare l'andamento dell'enterprise value bisogna prima capire l'andamento del costo medio
ponderato del capitale.
Linea nera -> costo medio ponderato del capitale. All'aumentare della leva e quindi del grado di
indebitamento il WACC in una prima fase diminuisce dopo di che aumenta. Perché?
Per spiegare bene l'andamento del costo medio ponderato del capitale, bisogna dire che quando l'azienda
s’indebita si producono due effetti, ma poi un effetto prevale sull’altro:
- Primo effetto => se si osserva la curva andando da sinistra verso destra, si vede che all’aumento
dell’indebitamento, aumenta sia il costo del debito che il costo del capitale di proprietà.
- Secondo effetto => continuando ad indebitarsi si produce una sostituzione delle fonti (Effetto sostitutivo).
Ossia, si utilizza di più il capitale di terzi e si riduce l'utilizzo del capitale di proprietà.
Con l’aumento dell’indebitamento si ha una sostituzione tra le fonti di finanziamento, ossia si ottiene un
diverso rapporto tra le fonti di finanziamento perché cresce il peso del debito e diminuisce (in termini
percentuali e non in valore assoluto) l’incidenza del capitale di proprietà (ad esempio l'indebitamento passa
dal 20% al 30% e quindi l'incidenza del capitale di proprietà scende dall'80% al 70%, in termini % non in
termini assoluti).
I due costi (costi del capitale di proprietà e costo del debito) all'aumentare dell'indebitamento, crescono.
In una prima fase l'effetto positivo derivante dal maggior ricorso alla fonte meno onerosa (l'indebitamento)
prevale sull'incremento dei costi (costo dell'equity e costo del debito).
Dopo il punto di minimo si produce l'effetto contrario, perché continuando ad indebitarsi (ricorso sempre
più al debito rispetto al capitale di proprietà) si genera un incremento anche nei costi (costo del debito e
dell'equity) e questo incremento dei due costi fa generare un effetto negativo sul WACC.

NB: Il costo del capitale di proprietà e il costo del debito stanno sempre ad un diverso livello: a qualsiasi
livello di indebitamento, il costo dell'equity è maggiore del costo del debito.
 L'andamento del costo medio ponderato del capitale si presenta come curva con un punto di minimo,
invece la curva dell’enterprise value ha un punto di massimo  il punto di massimo dell'enterprise value
coincide con il punto di minimo del WACC.
Quindi alla domanda, il maggior ricorso all'indebitamento fa aumentare o fa diminuire il valore
dell'azienda? La risposta è: dipende da dove ci collochiamo.
Se l’azienda è poco indebitata, allora il suo valore aumenta, mentre se essa è sottocapitalizzata allora il suo
valore diminuisce.

Questa è la struttura tipica che utilizziamo per calcolare il WACC.

- prima parte: la leva finanziaria


- parte centrale: stima del costo dell'equity
- parte finale: stima del costo del debito che può essere:
- Costo lordo: ossia il costo che non tiene conto del
beneficio fiscale derivante dalla deducibilità degli oneri
finanziari.
- Costo netto: costo lordo del debito *(1-t)

Uno dei principi base della valutazione d'azienda è il PRINCIPIO


di COERENZA: ossia la coerenza tra la natura dei flussi e la
natura dei tassi.
Perché noi teniamo conto di tassi che includono un premio
al rischio? Perché i flussi che analizziamo (redditi attesi o
flussi di cassa attesi) sono incerti, quindi chi fa investimento
corre un rischio, ossia quello di non ottenere
dall'investimento un adeguato ritorno.

I flussi possono essere calcolati:


- in termini reali: riferiti ad una certa data, pertanto non sono
soggetti all’inflazione.  Flussi reali vanno trattati con tassi
reali.
- in termini nominali: ciascuno dei quali viene attualizzato all’epoca della valutazione, quindi in questo tipo
di calcolo i tassi devono essere espressi in termini nominali.
I flussi inoltre possono essere:
- flussi lordi: prima delle componenti finanziarie  RO al netto delle imposte proforma (NOPLAT)
Questi flussi si attualizzano/capitalizzano con il WACC.
- flussi netti: dopo le componenti finanziarie reddito netto.
I flussi netti si attualizzano/capitalizzano con il costo dell'equity.

Formule di valutazione:
i metodi reddituali e finanziari sono una famiglia di metodi che si caratterizzano per utilizzare ad es. flussi
reddituali (metodi reddituali), o innumerevoli varianti. il problema vero non solo quello di conoscere le
formule, ma bisogna saper scegliere le formule indicate al caso specifico, cioè bisogna sapere quando una
formula è indicata per fare la valutazione (bisogna capire l'applicabilità delle formule).

I DUE CRITERI DISCRIMINANTI nella formula di valutazione sono:


1. Primo criterio discriminante: il processo di calcolo, occorre distinguere tra:
- metodo reddituale semplice basato sulla capitalizzazione (utilizza un unico flusso medio rappresentativo
della capacità reddituale media dell'azienda in futuro)
- metodo reddituale complesso basato viceversa sull'attualizzazione (serie di flussi, ciascuno dei quali dovrà
essere scontato alla data di riferimento della valutazione, si tratterà poi di capire come trattare i flussi
successivi a quel periodo iniziale che noi definiamo periodo delle previsioni analitiche esplicite, cioè il
periodo nel quale siamo in grado di fare previsioni piuttosto attendibili, oltre quel periodo non è possibile,
ma ciò non significa che l'azienda non generi flussi quindi si tratterà di capire come trattare quegli ulteriori
flussi, cioè quei flussi successivi al periodo delle previsioni esplicite)

2. Secondo criterio discriminante: l'approccio valutativo, che può essere:


- l'approccio assets side: utilizzo flussi lordi per la valutazione  varianti unlevered (es. NOPLAT)
- l'approccio equity side, utilizzo flussi netti  varianti levered (es. Net Income)

Mettendo insieme i due criteri discriminati, esce questa matrice che


ci dà una prima rappresentazione delle diverse metodologie
reddituali:
1. Il metodo reddituale semplice nella variante levered
2. Il metodo reddituale semplice nella variante unlevered
3. Il metodo reddituale complesso nella variante levered
4. Il metodo reddituale complesso nella variante unlevered.
NB: In questa matrice NON è rappresentato un parametro
importante: l'orizzonte di vita dell'azienda, limitato o illimitato.

Capitalizzazione:
quadrante in alto a sinistra: capitalizziamo redditi netti normali attesi con la formula R/i con il metodo
reddituale semplice con l'approccio levered.
Se utilizziamo il NOPLAT (flusso lordo), si tratta sempre di un metodo reddituale semplice, il NOPLAT va
capitalizzato e poi diviso per il WACC, in questo modo si ottiene l'enterprise value. Poi, per ottenere
l'equity value si sottrae la PFN (se la PFN è passiva si sottrae; se fosse una PFN attiva, si aggiunge).

Attualizzazione:
quando attualizziamo, NON ci serviamo di un unico reddito netto o un NOPLAT medio normale atteso, ma
abbiamo molteplici flussi, riferiti ad anni diversi, ciascuno dei quali viene scontato alla data di valutazione. Il
processo di attualizzazione lo possiamo fare con flussi netti, quindi con il metodo reddituale complesso
variante levered oppure con flussi lordi (prima delle componenti finanziarie) abbiamo il metodo reddituale
complesso nella variante unlevered.

Partiamo dal metodo reddituale semplice aggiungendo un ulteriore variabile: l'orizzonte di vita
dell'azienda.
L'azienda che abbiamo di fronte, ha un orizzonte di vita limitato o illimitato? Se non ci sono elementi tali da
farci supporre che la vita dell'azienda abbia termine, noi ipotizziamo che quell'azienda abbia un orizzonte di
vita illimitato.
- Se l'orizzonte di vita è illimitato, ci vogliono formule che si basano su rendite perpetue,
- Se l’orizzonte di vita è limitato ci vogliono le formule delle rendite temporanee e limitate

 FORMULA DEL METODO REDDITUALE SEMPLICE VARIANTE LEVERED: W=R/i


R rappresenta il reddito medio normale atteso. Perché Reddito medio-normale? => ha subìto un processo
di normalizzazione
NB: Il costo dell'equity si può rappresentare con due simboli diversi (Ke o i). Gli anglosassoni
preferiscono Ke, nella Middle Europa utilizziamo i.
ATTENZIONE: Trattandosi di una capitalizzazione, il tasso deve essere espresso in termini reali.
Se fosse un'attualizzazione, il tasso sarebbe espresso in termini nominali.

 FORMULA DEL METODO REDDITUALE SEMPLICE VARIANTE UNLEVERED: W=(NOPLAT/WACC )-PFN


Con NOPLAT/WACC, noi stimiamo l'Enterprise Value.
L'incognita della valutazione non è l'Enterprise Value ma è l'Equity Value, occorre quindi sottrarre
dall’Enterprise Value la Posizione Finanziaria Netta.
NB: Per il vincolo di bilancio: EQUITY VALUE + PFN = ENTERPRISE VALUE
 ENTERPRISE VALUE - PFN = EQUITY VALUE.

IMPORTANTE: Queste 2 sono formule del metodo reddituale semplice in tutti quei casi in cui l'orizzonte di
vita è illimitato.
Da che cosa si desume che queste formule sono indicate in caso di aziende con orizzonte di vita
illimitato?
Dal fatto che ad esempio prendiamo la prima formula R/i, potremmo anche scriverlo R*(1/i), quindi 1 su
0.10 se il costo dell'equity fosse pari al 10%, bene quell'1 su 0.10 non è altro che il valore di una rendita
perpetua quindi una rendita illimitata al tasso del 10%.
 Queste formule si basano su una RENDITA PERPETUA, questo ci fa capire che ovviamente sono formule
indicate in tutti quei casi in cui, la stragrande maggioranza dei casi, siamo chiamati a stimare aziende con
orizzonte di vita illimitato.

Introduciamo un’ulteriore variabile: l’azienda ha un orizzonte di vita limitato, quindi l’azienda genera
redditi ma per numero limitato di anni.
Ma alla fine della vita dell'azienda, residua un capitale da liquidare, da realizzare, da convertire in denaro
oppure no?
Es: costruiamo un bel cantiere su un terreno demaniale, concessione trentennale. L’autorità portuale ci dà
la concessione, ma fra 30 anni il cantiere diventerà di proprietà del demanio, dunque il valore residuo del
cantiere a quella data sarà zero.
 Alla fine dell'orizzonte di vita dell'azienda residua un capitale che potrà costituire oggetto di liquidazione
o no? Abbiamo varie formule da applicare al metodo reddituale semplice in base a se ci troviamo nella
variante levered o unlevered:
- Variante levered => formula del metodo
reddituale semplice da applicare ad
aziende in concessione nella variante
levered: valore azienda = R * a figurato n
al tasso i.
Questo è il valore di una RENDITA
TEMPORANEA, infatti l'azienda genera
reddito per n anni, non all'infinito.
“n” assume significati diversi nelle diverse
metodologie, ma qui rappresenta gli anni
residui della vita dell'azienda.
“i” è il costo dell'equity espresso in
termini reali.
NB: Per quanto riguarda il metodo
reddituale semplice la variante più
utilizzata è quella levered, anche
se oggi la situazione sta cambiando, si stanno diffondendo anche metodi reddituali che utilizzano flussi
unlevered ma di norma si capitalizzano e si attualizzano redditi, e non NOPLAT.

- Variante unlevered: il prodotto viene fatto tra NOPLAT e il valore attuale di una rendita temporanea di n
anni al tasso del costo medio ponderato del capitale: NOPLAT * a figurato n al tasso del costo medio
ponderato del capitale = enterprise value.
A questo punto per arrivare all'equity value si dovrà sottrarre la PFN: W= ENTERPRISE VALUE - PFN
NB: Qui non c'è un capitale finale da aggiungere per incrementare il valore dell’azienda perché con la fine di
essa non residua capitale.
Se residua il capitale, la formula diventa più complessa: il valore dell'azienda dipende quindi dai flussi che
genera in n anni di vita residua + il valore di liquidazione del capitale che però dovrò scontare (quindi
riportare indietro nel tempo alla data di valutazione).

- Variante levered con valore di liquidazione:


Abbiamo W = R*a figurato n al tasso i  valore che deriva dai flussi generati dall'azienda negli n anni di
vita residua.
A questo valore aggiungo il valore di liquidazione del capitale netto (attività - debiti dell'azienda), ovvero
l'ammontare di capitale che io realizzerò alla fine della vita dell'azienda disinvestendo.
Quanto vale OGGI il valore di liquidazione?
Devo attualizzarlo e quindi moltiplicare il valore di liquidazione per il fattore di attualizzazione: Vl*(1+i)^-n

In sostanza si valuta l'azienda sulla base di un reddito che l'azienda genererà in un certo periodo,
alla fine del periodo ho un valore di liquidazione che devo scontare alla data di valutazione.

- Variante unlevered con valore di liquidazione:


Rimane: W = NOPLAT * a figurato n al WACC + NON il valore netto di liquidazione scontato come nella
formula prima ma il valore di liquidazione dell'attivo operativo scontato all’epoca della valutazione
(considero SOLO il valore di liquidazione dell'attivo senza tener conto dei debiti) poi sottraiamo la PFN.
Quindi la formula: Valore di liquidazione dell'attivo operativo/(1+costo medio ponderato)^n mi permette
di spostare indietro nel tempo il valore di liquidazione dell'attivo operativo, fino alla data di valutazione.

Un'azienda in concessione si valuta con il metodo reddituale semplice, ma la formula da utilizzare NON è
R/i perché questa è la formula di una rendita perpetua!! questo è un errore che viene commesso spesso.
La formula da utilizzare è: R*a figurato n al tasso i.
L'esperto deve inoltre capire se applicare l'attualizzazione o la capitalizzazione. Ci sono casi in cui
la capitalizzazione non è proprio possibile, o il contrario casi nei quali è indicata la capitalizzazione
e non l'attualizzazione.

Per il metodo reddituale complesso il processo di stima è quello dell'attualizzazione.


−t, t, n
Il Metodo Reddituale Complesso è una metodologia
che si basa su un processo di attualizzazione.
Si attualizzano i flussi puntuali stimati con riferimento
all’orizzonte delle previsioni analitiche e, per quanto
riguarda le previsioni sintetiche del successivo periodo,
sia attualizza il valore che si riconnette ai flussi generati
nel periodo successivo il quale trova sintesi in una
grandezza che noi chiamiamo terminal value.
Questo temporalmente si colloca alla fine del periodo
delle previsioni analitiche, quindi, dovrà essere
attualizzato alla data della valutazione.
Come funziona l'attualizzazione?
- azienda con un orizzonte di vita illimitato: posso fare previsioni di flussi a 100 anni? no, non è possibile, in
alcune aziende risulta difficile farlo anche a 2/3 anni. Di norma si fanno previsioni puntuali per un numero
limitato di anni (ad es. 5 flussi attesi per i prossimi 5 anni) se per ipotesi la data di valutazione fosse il
31/12/2018 io vado a fare previsioni su flussi 2019, 20, 21, 22, 23.
Questi si dicono flussi attesi puntuali, non è un unico flusso che deriva dalla media dei flussi, ma sono n°
flussi.
Ciascuno di questi n° flussi deve essere attualizzato e quindi scontato alla data prescelta di valutazione,
quindi si prende il flusso e si moltiplica per il fattore di attualizzazione:
- Il primo flusso dovrà essere scontato per un anno: quindi (1+i)^-1,
- il secondo flusso per due anni, il terzo per 3 anni, il quarto per 4 anni e il quinto per 5 anni.
NB: Il fattore di attualizzazione è un valore inferiore a 1, (ad es 0,98) e decresce all'aumentare degli anni
perché se sposto indietro la somma negli anni il present value, cioè il valore attuale, sarà un valore inferiore
allo stesso valore portato indietro di un solo anno.

Questo primo periodo di 5 anni lo chiamiamo periodo delle previsioni esplicite (o analitiche, o
puntuali). Per quanti anni si fanno previsioni puntuali? Non c'è una soluzione valida in assoluto, dipende da
caso a caso, ma è vero anche che più ci si spinge avanti nel tempo più si ha a che fare con dati meno
attendibili, si crea un trade off, che dobbiamo risolvere nel modo migliore, caso per caso.

L'azienda con un orizzonte di vita illimitato non genera flussi solamente per 5 anni, genera flussi all'infinito
quindi occorre quindi tener conto dei flussi che seguiranno, perché valore dell'azienda non dipende
esclusivamente dai flussi generati nei prossimi 5 anni ma dipende tutti i flussi generati anche negli anni
successivi al periodo di previsione analitica o esplicita o puntuale.
Come faccio a tener conto di questo ulteriore valore?
Questo ulteriore valore si stima attraverso una grandezza chiamata TERMINAL VALUE, ovvero il valore che
assume l'azienda alla fine del periodo di previsioni analitiche.
NB: dal punto di vista della collocazione temporale, il terminal value si colloca alla fine del periodo delle
previsioni analitiche e quindi anch'esso dovrà essere scontato alla data di valutazione.

Quando utilizziamo l'attualizzazione, il metodo utilizzato si chiama “metodo A DUE STADI”


Il valore dell’azienda dipende in parte dai flussi generati dalla stessa nel periodo delle previsioni analitiche e
in parte dal terminal value.
Ecco perché due stadi: c'è un primo stadio relativo al PERIODO DELLE PREVISIONI ANALITICHE e un secondo
stadio chiamato PERIODO DELLE PREVISIONI SINTETICHE (“sintetiche” perché tutto quel valore lo
sintetizziamo nel terminal value).
 Il valore dell'azienda è dato dalla somma del valore attuale dei flussi della previsione analitiche + il
valore attuale del terminal value.
Il terzo stadio è il periodo finale delle previsioni sintetiche.

Nella variante LEVERED, il valore dell’azienda è dato dalla sommatoria per t che va da 1 a n dei redditi
netti di previsione analitica dei vari anni scontati al costo del capitale di proprietà alla data di valutazione
+ il terminal value che dovrà essere scontato alla data di valutazione per n anni (dove n rappresenta il
periodo delle previsioni analitiche).
NB: “n” qui assume un significato diverso dalla formula precedente del metodo reddituale semplice:
nella formula del metodo reddituale semplice n rappresentava la vita residua dell'azienda, qui indica il
periodo delle previsioni analitiche (5 anni nell'esempio precedente), ovvero il primo periodo.
29/03/19

Nella variante UNLEVERED usiamo flussi reddituali


LORDI, cioè redditi operativi al netto delle imposte
proforma, quindi NOPLAT.
Quindi il valore dell’azienda è dato dalla
sommatoria per t che va da 1 a n dei NOPLAT
all’anno t attualizzati, non al costo del capitale di
proprietà (come si faceva prima), ma al costo
medio ponderato del capitale.
Anche in questo caso abbiamo il terminal value
che deve essere attualizzato alla data di
valutazione, quindi TV/(1 + WACC)^n.
La somma di queste due componenti ci permette di stimare l’Enterprise value.
Inoltre, per il vincolo di bilancio, sottraendo dall’Enterprise value la PFN troviamo l’incognita della nostra
stima che è l’Equity value.

La domanda che ci poniamo ora è: per quanti anni si devono fare previsioni analitiche?
Non è possibile rispondere in modo preciso
alla domanda ma dobbiamo osservare caso
per caso.
Però possiamo fare qualche riflessione per
darci dei criteri orientativi:
Il metodo dell’attualizzazione è
particolarmente indicato per valutare
aziende che si trovano in situazioni di tipo
evolutivo (aziende in cambiamento, il che
non significa necessariamente
miglioramento).
Una situazione evolutiva è una situazione
nella quale i flussi crescono fino ad arrivare
a un livello “a regime”, o diminuiscono fino
a arrivare a un livello “a regime”.
Quando invece abbiamo a che fare con aziende mature, che hanno flussi tendenzialmente stabili, in quel
caso viene bene applicare la capitalizzazione.
NB: Se è vero che l’attualizzazione si adatta bene a situazioni di tipo evolutivo, potremmo fare previsioni
analitiche fino all’anno in cui si raggiunge una situazione di regime (anno in cui c’è un’evoluzione, ossia un
aumento o una diminuzione dei flussi), quindi fare previsioni per gli anni necessari a raggiungere uno stato
stazionario dei flussi.

Come possiamo individuare questa situazione di regime?


Bisogna fare delle previsioni, che saranno ovviamente caratterizzate dall’incertezza (i valori che si va a
individuare sono incerti  più si allunga il periodo delle previsioni analitiche, più i valori diventano incerti).
Quindi da un lato abbiamo l’esigenza di cercare di raggiungere questa situazione a regime che potrebbe
arrivare dopo molti anni, ma dall’altro ci si rende conto, facendo le stime, che i valori al 4°,5°,6° anno sono
molto incerti.
Siamo davanti a un trade-off tra:
- l’esigenza di spingere le previsioni fino a una situazione a regime
- l’esigenza di avere dati che siano il più attendibile possibile
Il problema si risolve caso per caso: ci sono aziende più mature per le quali è più semplice fare previsioni
anche per 10 anni (es. perché si conoscono i volumi di consumo… ecc) e aziende come Start-Up per le quali
la previsione è molto più difficile, e magari si riesce a prevedere solo fino a 2 anni.
 Non si può dare una risposta precisa alla domanda, ma va visto caso per caso.

STIMA DEL TERMINAL VALUE


La sommatoria tra il valore attuale dei flussi attesi e il Terminal value attualizzato, sono il primo e il secondo
addendo del valore dell’azienda.
In quale misura i due addendi spiegano il valore finale dell’azienda?
Molte volte il valore del terminal value attualizzato, da solo, spiega il 70%-80% del valore dell’azienda, per
cui la stima del terminal value deve essere fatta con la massima attenzione  piccole variazioni nei
parametri da cui lo stesso deriva possono comportare significative variazioni del risultato finale della stima.

OSSERVAZIONE: ci sono casi nei quali il terminal value potrebbe avere un valore superiore al valore finale
dell’azienda. Ad esempio, l’azienda vale 1 milione e il terminal value attualizzato 1.100 milioni.
Ciò vorrà dire che i flussi nella previsione analitica sono NEGATIVI e che quindi attualizzati portano a un
flusso negativo.
Questo si può riscontrare nel caso di una azienda neocostituita come ad es.
un’azienda start-up che nei primi 3-4 anni di vita genera flussi di cassa
negativi. Riportiamo l’andamento dei flussi di cassa su un piano cartesiano:
se la valutazione viene fatta all’inizio di questo periodo, la parte colorata
rappresenta i 5 anni di previsioni analitiche (5 flussi negativi) e il valore
dell’azienda deriverà tutto dal terminal value attualizzato, che in questo
caso, dal punto di vista percentuale, è maggiore del 100% del valore finale
dell’azienda, perché in parte è annullato dai flussi negativi attualizzati che
portano a un valore attuale di segno negativo.

Stima del terminal value:


Siamo in grado di fare previsioni analitiche in modo infinito? No.
L’unico modo per stimare il Terminal Value è tramite la capitalizzazione.

 Primo caso: stima del TERMINAL VALUE per aziende con ORIZZONTE DI VITA ILLIMITATO
Bisogna introdurre nell’analisi due ulteriori variabili che sono riconducibili a due ipotesi alternative di fondo
che possono essere adottate nella stima:
- ipotesi dello Steady State: “stato stazionario” in cui l’azienda cresce fino ad arrivare ad un certo stato
stazionario.
Ciò non significa che i flussi non crescono più (infatti essi crescono anche per effetto dell’aumento dei
prezzi) ma vuol dire che i volumi di vendita si assestano.
Quindi stato stazionario significa che noi ipotizziamo una crescita in termini nominali a cui corrisponde una
staticità in termini reali.
Ad esempio: potremmo avere una crescita in termini nominali del 2%, ma siccome l’inflazione è pari al 2%
la crescita reale è nulla. Questa è l’ipotesi valutativa più difensiva, meno aggressiva.
- ipotesi dello Steady Growth: “crescita stazionaria” e quindi un'azienda che dopo una crescita repentina, o
anche una decrescita, denota una situazione di crescita ad un tasso stazionario quindi una crescita non
solo in termini nominali ma anche in termini reali. Questa è l’ipotesi di valutazione più aggressiva.
 Allora vediamo un po' la differenza fra lo steady state e lo steady growth in termini di formule , perché la
differenza risiede nel tasso di crescita in perpetuità dell'azienda, cioè nella misura del tasso di crescita che
noi utilizziamo nella stima del terminal value.
[NON è W ma TV]
- Approccio LEVERED, Steady State e Steady Growth.
Il terminal value si stima capitalizzando un flusso (in
questo caso stiamo parlando reddito medio normale
prospettico) a regime. Come si capitalizza?
I tassi che stanno al denominatore, in tutte le
formule, sono espressi in termini nominali.
Es. se avessi un reddito a regime di 500mila euro
diviso il tasso del 10% avrei 0,10 nominale.
Nello Steady State noi andiamo a sottrarre da
questo tasso nominale il tasso di crescita “steady
state” pari al tasso atteso di inflazione.
Quindi se facciamo la differenza (i-g) dove g = π
(tasso atteso di inflazione), è come se andassimo a capitalizzare quel reddito con un tasso espresso in
termini reali.
 R/i con i espresso in termini reali, o i nominale - tasso atteso di inflazione è la stessa cosa!!!
NB: 1/(1-g) è una successione matematica, è come se ipotizzassimo che il numeratore sale nel tempo al
tasso atteso di inflazione. Ed è esattamente come vogliamo, perché ci interessa che il flusso nel tempo
cresca ma SOLO al ritmo dell’inflazione e non in termini reali, e infatti “g” lo poniamo pari al tasso medio di
inflazione.

Nello Steady Growth il tasso di crescita cambia: g (tasso di crescita in perpetuità) è maggiore di π (tasso
atteso di inflazione), quindi ipotizziamo una crescita sia in termini nominali ma anche in termini reali
 i flussi crescono anche in termini reali: vendiamo di più e produciamo di più!!!

COME SI STIMA g? ci sono vari modi:


- guardando i dati storici,
- prendendo uno studio di settore, si va a vedere il ritmo di crescita di quel settore
Se siamo “un’azienda tipo” e non abbiamo elementi tali da farci ritenere un’eccezione rispetto alle aziende
che compongono il settore produttivo di appartenenza, allora ipotizziamo come tasso di crescita quello che
risulta dagli studi di settore (questi solitamente si pagano, ma possiamo andare sui siti delle associazioni di
categoria (come l’associazione dei produttori calzaturieri) in certi casi loro mettono a disposizione questi
dati)

ESEMPIO NUMERICO: Costo dell’equity 10% (i = 0,10), tasso atteso di inflazione 2% (quindi 0,02),
(NB. dove si prede il tasso atteso di inflazione? Dalla Banca d’Italia, o dalla BCE o dall’Outlook del fondo
monetario internazionale.)
Quali dati inseriamo?
Steady state: i-g = 0,10-0,02 = 0,08.
NB: Se ipotizziamo una crescita in termini reali di volumi anche dell’1%, allora andremo a sottrarre da 0,10
non solo lo 0,02 ma lo 0,03. Quindi il denominatore diminuisce perché da 0,08 di steady state, passa al 0,07
di steady growth (il denominatore diminuisce e il terminal value a parità di flussi aumenta).

C’è un limite massimo a g? Si, è il limite massimo che deduciamo in via logica, ossia la crescita del sistema
economico il limite massimo corrisponde con il tasso di crescita del PIL.
Se un’azienda cresce all’infinito, con un ritmo superiore al prodotto interno loro, ad un certo punto
diventerà essa stessa il sistema economico, e ciò non ha senso. Possiamo ipotizzare il tasso di crescita ma
solo per un numero non superiore alla crescita del sistema economico.
- Approccio UNLEVERED, il discorso è uguale, ma non avremo più i redditi netti, avremo i NOPLAT a regime
che vengono capitalizzati al WACC abbattuto del tasso di crescita.
Il tasso di crescita nello steady state è g = tasso atteso dell’inflazione, mentre il tasso di crescita nello
steady growth avrà un valore superiore rispetto al tasso atteso d’inflazione.

ATTENZIONE: Il punto centrale, nelle metodologie basate sull’attualizzazione, sta proprio nel g.
Piccole variazioni (di 0,01 o 0,05) fanno variare enormemente il valore del terminal value e di conseguenza
anche il valore dell’azienda!!!

È sempre buona norma terminare una relazione di stima con un’analisi di sensitività, ossia una tabella dove
mettiamo in relazione costi del capitale diversi (magari con 5 diversi valori) con 5 diversi tassi di crescita, in
modo da ottenere tutte le combinazioni di valori.
Esempio con 3 valori:

Abbiamo una tabella di questo tipo: abbiamo il costo medio ponderato del capitale (WACC) e il tasso di
crescita (g). Ipotizziamo il valore medio del WACC è 8%, a sinistra abbattiamo il valore di 0,5% e sarà di
7,5%, a destra lo aumentiamo di 0,5% e sarà di 8,5%.
Per il tasso di crescita (g) avremo come valore medio 1, sopra di 0,5 e sotto di 1,5.
Il valore centrale, che in perizia indichiamo come valore preferibile, non è l’unico valore, ma abbiamo 9
valori diversi, e possiamo vedere come il valore cambia in funzione dei diversi parametri (analisi di
sensitività).
Noi parliamo di stime e possiamo parlare solo di valori realistici e coerenti con le ipotesi che abbiamo posto
alla base della nostra stima!!!

 secondo caso: stima del TERMINAL VALUE per aziende con ORIZZONTE DI VITA LIMITATO
Potremmo usare il metodo dell’attualizzazione nell’ipotesi di aziende con orizzonte di vita limitato. Ma in
questo caso non stimeremo più un Terminal Value ipotizzando
la continuità dell’azienda all’infinito, ma ipotizzando la
liquidazione dell’azienda alla fine del periodo delle previsioni
analitiche.
Nella variante LEVERED, andremo ad aggiungere il capitale
netto di liquidazione. Cioè quanto realizzerò alla fine delle
previsioni analitiche disinvestendo, quindi smobilizzando tutti gli investimenti e pagando i debiti.
Nella variante UNLEVERED, andremo ad aggiungere il valore di liquidazione dell’attivo operativo quindi in
questo caso NON tengo conto dei debiti perché nella formula in fondo andiamo a sottrarre oggi la PFN.

Questa diapositiva vuole fornire informazioni


utili ai fini della scelta delle diverse
metodologie e delle diverse varianti di
metodo.
Quando scegliere la capitalizzazione e quando scegliere l’attualizzazione?
Quando scegliere lo steady state e quando lo steady growth?
Cerchiamo di individuare un qualche criterio che ci sia di aiuto per prendere queste decisioni.
Ci sono 4 diversi tipi di flussi attesi: A), B), C), D).
Qual è la differenza tra i profili in alto (A e B) e i due in basso (C e D)?
Il trend (o andamento dei flussi) in A e B è stabile, mentre il trend in C e D è evolutivo (in questo caso in
crescita).
Nel caso A abbiamo un’azienda matura con flussi stabili, mentre nel caso B abbiamo sempre un’azienda
matura ma ciclica  visto che i flussi dell’azienda B sono variabili, si potrebbe pensare di utilizzare
l’attualizzazione, ma in realtà non è così perché il trend di fondo è stabile.
NB: Quando andiamo a fare le previsioni dobbiamo cercare di tracciare l’intero ciclo dei flussi, altrimenti se
ne prendiamo solo una parte rischiamo di sovrastimare o sottostimare!!!

Paragoniamo il caso B al caso che disegnato sul grafico qui sotto:

Entrambe sono aziende cicliche ma i trend sono diversi!


Nel secondo caso il trend di fondo è di tipo evolutivo!!!

Nel caso A e nel caso B utilizziamo la capitalizzazione  flussi di fondo stabili!


Nel caso disegnato, ossia in un’azienda ciclica con un trend evolutivo, si devono fare delle previsioni sui
flussi medi e ci vuole un’attualizzazione per avere una valutazione che sia rispondente agli andamenti dei
flussi di quest’azienda  bisogna cercare di ricavare da questi flussi ciclici, dei flussi medi, ma che si
caratterizzano per un profilo evolutivo!
Quindi nel caso disegnato e nei casi C e D utilizziamo l’attualizzazione, che rappresenta meglio
l’andamento evolutivo dei flussi.
Se noi rappresentiamo questi flussi in termini reali, ossia come flussi deflazionati, i casi C e D ci forniscono
indicazioni su quando utilizzare lo steady state o lo steady growth!
Nei casi C e D si vede che c’è una prima fase evolutiva (in questo caso di crescita, ma si potrebbe avere
anche una situazione di decrescita come nel caso del down-sizing, caso in cui un’impresa si rende conto di
avere un’eccesiva dimensione e per ritrovare la sua economicità deve disinvestire e diminuire i flussi, e
questo poi le permetterà di ritrovare l’economicità e di sopravvivere in un mercato)
 Nel caso C andiamo ad ipotizzare una situazione steady state quindi nella stima del TV utilizzeremo un
tasso di crescita in perpetuità uguale al tasso atteso di inflazione; mentre nel caso D un tasso di crescita in
perpetuità lievemente superiore al tasso atteso di inflazione ma avente come limite massimo il tasso
previsto di crescita del sistema economico.

Riassumendo: prima cosa importante, le formule basate sulla capitalizzazione sono indicate tutte le volte
che il profilo dei flussi attesi denota una costanza, non sono indicate se abbiamo situazioni evolutive (non
solo crescita dei flussi ma anche quello della diminuzione dei flussi).
PROCESSO DI VALUTAZIONE E I DOCUMENTI:

Quali sono le fasi da seguire per applicare queste


metodologie?
1. SCELTA DELL’ORIZZONTE TEMPORALE STORICO O
RETROSPETTIVO
Che cosa significa orizzonte temporale storico?
Significa il numero di anni rispetto ai quali andare a
reperire informazioni storiche, quindi i bilanci di
esercizio dell’azienda oggetto di stima.
Ogni stima richiede un’adeguata base di dati e di
informazioni che va predisposta.
Prendo i bilanci degli ultimi 3 o 5 anni?
In alcuni scritti si trova uno ‘standard’ di 3-5 anni, ma non è così semplice e non c’è una regola applicabile
ovunque, ma bisogna vedere caso per caso!!!
Ci sono due casi che spesso si incontrano facendo le stime:
- aziende cicliche: in questo caso per quanti anni devo raccogliere il bilancio? Devo raccoglierne abbastanza
da catturare l’intera ciclicità, altrimenti se si prendono solo dati relativi ad una fase quindi si sottostima o
sovrastima l’azienda.
- imprese che nel recente passato hanno messo in atto operazioni di finanza straordinaria (scissione,
conferimento, fusione, etc.): Un’azienda che ha messo in atto una significativa operazione di finanza
straordinaria, dopo quell’operazione, presenta andamenti e grandezze completamente diverse rispetto a
quelle precedenti all’operazione.
Es: dobbiamo valutare un’azienda con una vita alle spalle di 30 anni ma che va valutata come una start up,
dato che l’anno precedente ha effettuato delle cessioni di rami d’azienda (quindi i suoi volumi produttivi, le
sue vendite etc. si sono ridotti drasticamente). In questo caso, i bilanci di 3 o 5 anni prima non sono utili per
la valutazione.

2. RICLASSIFICAZIONE DEGLI STATI PATRIMONIALI (ovviamente con il criterio della pertinenza gestionale)
3. RICLASSIFICAZIONE/NORMALIZZAZIONE DEI CONTI ECONOMICI STORICI
4. DEFINIRE GLI ORIZZONTI PROSPETTICI
Ossia, la scelta tra un orizzonte di vita dell’azienda limitato o illimitato, poiché in base a questa decisione,
cambiamo completamente le formule valutative, ma anche dell’orizzonte delle previsioni analitiche
Se poi applichiamo metodologie basate sull’attualizzazione, allora dobbiamo decidere anche il periodo delle
osservazioni analitiche, ossia per quanti anni fare valutazioni analitiche (per esempio 5 anni).
La definizione del periodo delle previsioni analitiche serve anche nella capitalizzazione, dato che il metodo
reddituale semplice (W= R/i) prevede che al nominatore ci sia un reddito medio normale (medio perché è la
media di redditi puntuali attesi, o alle volte di redditi storici, o alle volte di redditi attesi e storici, infatti le
previsioni puntuali vanno fatte anche con riferimento al metodo basato sulla capitalizzazione).

5. STIMARE I SINGOLI REDDITI PROSPETTICI (con riferimento all’orizzonte temporale prospettico scelto)
6. STIMA DEL REDDITO MEDIO-NORMALE ATTESO (solo per il metodo reddituale semplice)
Se noi ci basiamo sulla capitalizzazione, il metodo reddituale semplice è basato sulla capitalizzazione di un
reddito medio-normale atteso o di un Noplat medio-normale atteso.

Definiti i flussi (o unico flusso medio o una serie di flussi puntuali attesi), per fare la valutazione ho bisogno:
7. STIMA DEL TASSO DI CAPITALIZZAZIONE O ATTUALIZZAZIONE
8. STIMA DEL VALORE TERMINALE (nel caso del metodo reddituale complesso)
9. A questo punto scaturisce la VALUTAZIONE FINALE: si mettono insieme tutti i dati e si fa una
capitalizzazione o un’attualizzazione.
QUAL È LA BASE INFORMATIVA CHE OCCORRE PER APPLICARE I METODI REDDITUALI?

La base informativa è piuttosto ampia.


Una relazione di stima deve avere una parte
introduttiva di natura descrittiva (parte narrativa
della valutazione), quindi per iniziare occorrono
informazioni sul sistema economico generale,
ossia previsioni economiche (soprattutto oggi
capiamo come l’azienda vive in un contesto
economico, se contesto si ferma si fermano le
aziende, se cresce crescono anche le aziende che
sono le cellule di quel sistema economico), ma
anche informazioni sulle dinamiche settoriali e
informazioni sull’evoluzione dei mercati (1).
Servono anche informazioni sulle strategie
aziendali (2).
Queste informazioni sono informazioni di tipo qualitative e sono di grande importanza dal momento in cui
ogni relazione ben costruita parte SEMPRE da uno studio del sistema economico, della dinamica dei
mercati, delle dinamiche del settore di appartenenza dell’azienda, delle strategie aziendali.
Da qui si parte, cioè la prima cosa è studiare a fondo la realtà che abbiamo di fronte, guardando cioè sia
all’interno che alle relazioni con l’esterno.
 Le prime informazioni necessarie sono quelle da inserire nella parte introduttiva!
Poi ovviamente servono i Bilanci di esercizio (3).
Inoltre, se disponibili, possono tornare utili nell’applicazione del metodo reddituale anche i Budget
economici e i Piani economici pluriennali (4 e 5): il budget si riferisce al prossimo anno (a novembre 2018 il
budget si riferisce al 2019) mentre i piani economici sono piani pluriennali di medio-lungo periodo (es. tipo
a 5 anni).
NB: Le aziende importanti (con fatturato di 100 milioni ed oltre) non hanno idea di che cosa sia la
pianificazione pluriennale, poiché questa è pressoché inesistente!
I benefici che scaturiscono per la gestione dell’azienda dalla pianificazione sono enormi.
Ma quali sono i benefici che si ottengono con la pianificazione nella valutazione d’azienda?
Quanto ci può servire la pianificazione aziendale ai fini valutativi?

ATTENZIONE: Bisogna essere cauti nell’utilizzare questi dati perché le previsioni che troviamo in azienda,
soprattutto a livello di budget, si possono ispirare a 2 logiche diverse:
1. Logica prettamente previsionale: si cerca di prevedere quali saranno gli scenari più probabili e i
valori che ne deriveranno a livello di conto economico, di stato patrimoniale etc.
2. Logica tipicamente motivazionale: quando vado a fare il budget, per es. il budget dei ricavi di
vendita non vado ad inserire il valore più probabile per il prossimo anno, ma un fatturato obiettivo
a cui tendere (sovrastimiamo i ricavi per dare un obiettivo alle vendite).
Allo stesso modo, quando vado a stimare i costi industriali di produzione non vado a mettere i costi
più probabili, ma costi più bassi che rappresentano degli obiettivi per la cost reduction
(sottostimiamo i costi per dare un obiettivo alle politiche di riduzione dei costi).
 Se seguiamo questa logica, alla fine ci troviamo con una performance sovrastimata.
È evidente che i budget stimati con la logica motivazionale NON sono idonei alla valutazione!!!

Come si fa a capre se i documenti (budget e piani) sono idonei ad essere utilizzati per la valutazione?
Basta fare un confronto con i dati a preventivo e i dati a consuntivo.
Se i dati a preventivo rispecchiano più o meno i dati a consuntivo, allora quella pianificazione è stata fatta
secondo una logica previsionale; se i budget prevedono dei risultati migliori di quelli che si verificano a
consuntivo, allora siamo di fronte a dei documenti redatti secondo una logica motivazionale.
Un documento molto importante, anche per definire il piano degli ammortamenti, è il Piano degli
investimenti (6), ma spesso non è disponibile o, quando lo è, è un documento sensibile perché svelare il
piano degli investimenti vuol dire svelare le strategie future dell’impresa, informazioni che, se pubbliche,
possono danneggiare l’impresa e la sua posizione competitiva.

Altre informazioni della base informativa sono: Informazioni sulla variabilità delle singole voci di costo (7),
Informazioni sul costo del capitale (8) ossia i tassi dei titoli di Stato che ci servono come proxy per il risk
free rate, equity risk premium, small size premium, specific company risk premium, ecc.

ESEMPIO di una STIMA EFFETTUATA CON LA CAPITALIZZAZIONE DI UN REDDITO MEDIO-NORMALIZZATO


Perché nella capitalizzazione utilizziamo dei tassi
espressi in termini reali? Perché il flusso che noi
andiamo a capitalizzare è un flusso reale e per il
principio di coerenza tra la natura dei flussi e la
natura dei tassi serve un tasso reale.
Come si arriva a questo flusso reale? Se prendo
una media di flussi, questa è ricavata da flussi
ottenuti in date diverse che quindi possiedono
diversi poteri di acquisto a causa dell’inflazione.
Allora come si arriva ad un valore medio (o di redditi netti o di Noplat)? I valori dell’esercizio sono gli stessi
che avevamo già visto nell’esempio sulla normalizzazione (è la continuazione di quella tabella).
Seguiamo i seguenti step:
- Abbiamo già i redditi ante imposte normalizzati, quindi il processo di normalizzazione è già stato
effettuato.
- Ricalcoliamo le imposte
- Attuiamo l’ultima fase del processo di normalizzazione e troviamo i nuovi redditi al netto delle
imposte
In questo caso abbiamo 4 anni, tre anni con dati storici e un anno con dati prospettici.
Abbiamo redditi netti normalizzati al 2014, 2015, 2016 e 2017. La data di valutazione è il 31/12/2016.
Come spesso avviene quando si calcola il Reddito-medio normalizzato, questo reddito non deriva da una
media dei redditi esclusivamente attesi ma a volte si fa una media di redditi storici e di redditi prospettici,
proprio per dare maggiore concretezza e verosimiglianza alla stima che noi andiamo a effettuare, la stima si
basa già su una capacità reddituale che l’azienda ha dimostrato di possedere.
Prima di fare la media, se aspiriamo ad avere un flusso reale, dobbiamo prendere questi diversi redditi, a
cui corrisponde un diverso potere d’acquisto, e renderli omogenei dal punto di vista valutario, ossia dal
punto di vista del potere di acquisto.
Dobbiamo esprimere tutti questi redditi secondo il potere di acquisto della valuta nell’anno in cui viene
effettuata la valutazione (al potere di acquisto della moneta al 31/12/2016)  dobbiamo correggere i
redditi del 2014, del 2015 e del 2017.
Effettuiamo quindi un’operazione di correzione monetaria o omogeneizzazione monetaria: operazione
con la quale il reddito di un dato anno si esprime al valore che la moneta ha in un anno diverso.
Per effettuare la correzione monetaria si usa uno strumento di statistica economica: i numeri indice (che si
trovano sul sito dell’Istat) ossia numeri che ti permettono di esprimere una somma di un dato anno in valori
di un anno diverso.
Per il redito ottenuto nel 2016 (anno in cui è fatta la valutazione) il numero indice è pari a 1: il reddito del
2016 è già espresso nel potere di acquisto del 2016.
NB: La moneta nel tempo perde potere di acquisto  una somma di ieri equivalente in termini nominali ad
una somma di oggi deve corrispondere ad una somma maggiore se espressa con il potere di acquisto di
oggi. Infatti, il numero indice riferito al 2014 è pari a 1.05, che poi si riduce nel 2015 a 1.02 e nel 2016 a 1.
Una volta inseriti nella tabella i numeri indice, faccio il prodotto tra i redditi netti normalizzati e gli stessi
numeri indice e trovo i redditi netti normalizzati espressi tutti in valuta del 31/12/2016.
A questo punto posso fare la media (ora e non prima!), perché adesso i valori sono omogenei (tutti in
termini reali) e quindi la media è espressa in termini reali e non tiene conto dell’inflazione!!!
La tabella permetterebbe di attribuire pesi diversi ai redditi dei diversi anni: nel caso della slide si fa una
media semplice dove tutti i pesi sono uguali a 1.
Ma, per esempio, si potrebbe decidere di:
- Dare più peso ai flussi prospettici perché c’è un andamento di crescita (peso relativamente maggiore al
2017)
- Dare più peso ai flussi storici per essere più attendibilità alla media (peso relativamente maggiore ai
primi tre anni dato che hanno dati storici a consuntivo)
NB: Di norma si fa una media semplice!
Fatta la media abbiamo il reddito medio-normalizzato e si capitalizza per trovare il valore dell’azienda.
NB: Il tasso di capitalizzazione (tasso del costo del capitale in termini reali) è di 6.5%

3/04/19

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