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DIZIONARIO MINIMO DI FILOSOFIA/1 (fonte: www.treccani.

it)

filoṡofìa s. f. [dal lat. philosophĭa, gr. ϕιλοσοϕία, comp. di ϕιλο- «filo-» e σοϕία «sapienza»]. –
1. Nella tradizione occidentale, termine che, a partire da un primo sign. di desiderio di cultura e di
conoscenza in generale, si specifica, già all’epoca della filosofia classica greca, come quell’attività del
pensiero (identificantesi con il filosofare) che tende a ricercare quanto rimane stabile in ogni esperienza e
costantemente valido come criterio dell’operare, finendo quindi con l’indicare il risultato stesso della
ricerca: di qui il significato di forma di sapere che tende a superare ogni conoscenza settoriale per attingere
ciò che è costante e uniforme al di là del variare dei fenomeni, al fine di definire le strutture permanenti
delle realtà di cui l’uomo ha esperienza e di indicare norme universali di comportamento. Più in partic., con
Aristotele, è specificamente la ricerca dei principî e delle cause prime e trova il suo vertice nella f. prima
(detta più tardi metafisica), cioè nella scienza speculativa superiore alla fisica e alla matematica, avente per
oggetto ciò che è eterno, immobile, separato, ovvero l’essere in quanto essere e le sue proprietà essenziali.
In tempi moderni la concezione della filosofia come sapere assoluto è stata fortemente limitata dallo
sviluppo delle singole discipline scientifiche, ma anche dall’approfondimento delle diverse problematiche
proprie del pensiero filosofico; cosicché compito della filosofia è oggi, per lo più, quello di chiarire problemi
metodologici ed epistemologici, legati a specifici ambiti disciplinari, in costante rapporto con le scienze
della natura e quelle umane. Varie le partizioni tradizionali della filosofia; a una prima suddivisione
fondamentale tra f. teoretica e f. pratica (o morale o etica) si sono aggiunte altre distinzioni che hanno
specificato la filosofia secondo i suoi oggetti: f. naturale, espressione usata sia in passato per indicare quella
parte della filosofia che definisce le leggi fondamentali dell’accadere fisico sia ancora oggi in alcuni paesi
per indicare la fisica come scienza della natura; f. della storia, quella che intende indicare le costanti e il
senso della storia; f. analitica, indirizzo filosofico contemporaneo, sviluppatosi soprattutto nel pensiero
anglosassone sulla tradizione dell’empirismo e come critica della speculazione metafisica (spec. idealistica),
con particolare interesse all’analisi del linguaggio, sia scientifico sia quotidiano; f. della prassi,
orientamento, di origine marxiana, che antepone l’atto pratico, costruttivo, innovativo anche in sede
politica, alla pura conoscenza.
2.
a. Il pensiero e l’opera di un determinato filosofo: la f. di Platone, la f. di Cartesio, la f. di Hegel, ecc.
b. Il complesso dei filosofi e delle loro dottrine, considerato unitariamente in relazione a un periodo storico,
a una nazione, a un ambito culturale o linguistico, o al modo comune di porre e risolvere determinati
problemi: la f. scolastica; la f. del Rinascimento; la f. tedesca del sec. 19°.
c. Il complesso teorico dei fondamenti dottrinali e metodologici di una determinata disciplina o di un
determinato settore dell’attività umana: f. del diritto; f. della scienza (v. anche epistemologia); f. dell’arte (o
estetica); f. del linguaggio; f. della matematica, ecc.

antropologìa s. f. [comp. di antropo- e -logia]. – In senso ampio, scienza dell’uomo, che si concreta come
concezione, teoria, programma di ricerche sull’uomo, visto come soggetto o individuo, oppure in aggregati,
comunità, situazioni. Si diversifica in funzione dell’orizzonte conoscitivo e dei metodi d’indagine: a.
filosofica, concepita soprattutto in rapporto all’autocoscienza e all’analisi introspettiva della soggettività
umana.

cosmologìa s. f. [comp. di cosmo- e -logia]. - In filosofia, denominazione moderna (sec. 18°) della filosofia
della natura come concezione scientifica dell’Universo.
dialèttica s. f. [dal gr. διαλεκτική (τέχνη), lat. dialectĭca o dialectĭce (v. dialettico)]
1. Arte del dialogare, del discutere, come tecnica e abilità di presentare gli argomenti adatti a dimostrare un
assunto, a persuadere un interlocutore, a far trionfare il proprio punto di vista su quello dell’antagonista:
un oratore dalla d. stringente; ridurre al silenzio l’avversario con la propria d.; con senso peggiorativo,
modo sottile e capzioso di argomentare: con la sua d. ci metterebbe tutti nel sacco.
2. Nel linguaggio filosofico, il termine ha avuto accezioni diverse, secondo le epoche e le scuole.
a. Nel pensiero antico, è in genere l’arte dialogica, come metodo di dimostrazione mediante brevi domande
e risposte (adoperato da Socrate in contrapp. ai lunghi discorsi dei sofisti). In Platone, è sia il processo
interiore che conduce ai concetti più generali e ai principî primi della realtà intelligibile, sia l’arte di dividere
le cose in generi e specie, di classificare in concetti per meglio progredire nell’analisi. In Aristotele, parte
della logica, intermedia tra l’analitica e la retorica, che studia le forme argomentative imperfette, da cui si
traggono conclusioni soltanto probabili e non rigorosamente necessarie.
b. Nel pensiero medievale, la dialettica s’identifica con la logica e diviene una delle arti del trivio, insieme
con la grammatica e la retorica.
c. In Kant, d. trascendentale o «logica dell’apparenza» è la teoria degli errori naturali dello spirito umano,
che si illude di poter determinare, sul solo fondamento di ragionamenti teorici, la natura dell’anima, del
mondo e di Dio, e cade invece in inevitabili, inestricabili contraddizioni. Nell’idealismo post-kantiano e per
Hegel in partic., la dialettica è la natura stessa del pensiero che si sviluppa secondo proprie leggi ma in
modo conforme allo sviluppo della realtà anzi rappresentandone la struttura stessa; è quindi movimento e
sviluppo che da un concetto astratto e limitato (affermazione o tesi) passa al suo opposto (negazione o
antitesi) per giungere a una sintesi (negazione della negazione) che conserva elementi fondamentali dei
precedenti e opposti momenti, i quali peraltro non sarebbero mere astrazioni concettuali bensì pensieri
concreti, determinazioni storiche, effettive formazioni culturali, sociali, ecc. Nel pensiero di Marx tale
movimento si specifica e si concretizza come sviluppo dell’antagonismo tra classi sociali contrapposte e
come relazione di opposizione tra forze produttive e rapporti di produzione. In Croce, infine, si distingue
una d. dei distinti, per cui lo spirito, secondo un processo circolare, passa da un grado all’altro senza
annullare i precedenti, e una d. degli opposti che, nella sfera delle cose concrete, opera la sintesi della tesi e
dell’antitesi.

epistemologìa s. f. [dall’ingl. epistemology (comp. del gr. ἐπιστήμη «conoscenza scientifica» e -logy «-
logia»), termine coniato (1854) dal filosofo scozz. J. F. Ferrier]. – Nella filosofia del sec. 19°, la parte della
gnoseologia che più in particolare si occupava dei metodi e dei fondamenti della conoscenza scientifica. In
un’accezione più moderna e corrente, che prescinde dalla priorità dell’indagine gnoseologica e preferisce
insistere sull’esemplarità della scienza positiva, s’intende per epistemologia l’indagine critica intorno alla
struttura e ai metodi (osservazione, sperimentazione e inferenza) delle scienze, riguardo anche ai problemi
del loro sviluppo e della loro interazione, sinon. quindi di filosofia della scienza; può riferirsi anche all’analisi
critica dei fondamenti di singole discipline: epistemologia della matematica, e. della fisica, ecc., o della
conoscenza in quanto tale (e. genetica, e. evoluzionistica).

estètica s. f. [dal lat. mod. aesthetica (coniato da A. G. Baumgarten, 1735), femm. sostantivato del gr.
αἰσϑητικός: v. estetico]. – Letteralmente, dottrina della conoscenza sensibile (sign. che il termine ha ancora
in E. Kant: E. trascendentale). Nel sec. 18°, con senso specifico e tecnico, dovuto al filosofo tedesco A. G.
Baumgarten, la dottrina del bello, naturale o artistico, e quindi l’esperienza del bello, della produzione e dei
prodotti dell’arte. Più in partic., la concezione filosofica dell’arte, che caratterizza un periodo storico, una
civiltà, l’opera di un artista, il pensiero di un autore, di un filosofo: l’e. dell’umanesimo, del Cinquecento, l’e.
platonica, manzoniana, brechtiana; o gli scritti di estetica, cioè l’opera o le opere, in cui singoli pensatori si
occupano sistematicamente del fatto estetico: l’e. hegeliana, l’e. crociana. Anche la disciplina filosofica, e il
suo insegnamento nelle università, altrimenti detti filosofia dell’arte.

ètica s. f. [dal lat. ethĭca, gr. ἠϑικά, neutro pl. dell’agg. ἠϑικός: v. etico1]. – Nel linguaggio filos., ogni
dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo, soprattutto in quanto
intenda indicare quale sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé
stessi e verso gli altri, e quali i criterî per giudicare sulla moralità delle azioni umane: e. socratica, e.
edonistica, e. kantiana, e. utilitaristica, e. nietzschiana; Etica Nicomachea e Etica Eudemea, titoli di due
opere morali di Aristotele.

fìṡica s. f. [dal lat. physĭca, gr. ϕυσική, propr. femm. sostantivato dell’agg. lat. physĭcus, gr. ϕυσικός
«fisico»]. – Scienza rivolta a fornire una descrizione razionale di quelli tra i fenomeni naturali che sono
suscettibili di sperimentazione e che implicano grandezze misurabili (non comprendendo peraltro i
fenomeni chimici, biologici, geologici, che sono oggetto di altre scienze). In origine, il termine indicava la
riflessione filosofica sui fenomeni della natura, chiamata ancora oggi in alcune lingue filosofia naturale o
della natura.

gnoṡeologìa s. f. [dal lat. mod. gnoseologia, termine coniato dal filosofo ted. A. G. Baumgarten (1714-
1762) con il gr. γνῶσις -εως «conoscenza» e -λογία «-logia»]. – Termine usato (in una partizione ormai
desueta della filosofia in metafisica, etica e gnoseologia) per indicare la dottrina o teoria della conoscenza
umana, con riferimento soprattutto alla ricerca dei suoi fondamenti, alle sue strutture e modalità, nonché
alla sua validità e verità. Anche la dottrina, la teoria del conoscere enunciata da un determinato filosofo, da
una determinata corrente di pensiero: g. aristotelico-tomista, g. empiristica, g. kantiana, ecc.

lògica (ant. lòica) s. f. [dal lat. logĭca, gr. λογική (sottint. τέχνη «arte»), dall’agg. λογικός: v. logico1]. Nel
pensiero greco classico, la scienza del logos, ossia del pensiero in quanto viene espresso; in partic., in
Aristotele, teoria della connessione tra proposizioni (cioè del sillogismo, argomentazione che consta di due
premesse e di una conclusione), che si generalizza in seguito come la teoria o l’indagine relative alle
condizioni di validità dei procedimenti di inferenza di un giudizio da un altro; l. dei termini, l. delle
proposizioni, denominazioni dei sistemi logici nei quali sono considerati come variabili i termini (cioè nomi e
verbi) o, rispettivam., le proposizioni stesse. Accanto al significato tradizionale di teoria dell’inferenza, il
termine acquista successivamente quello generale di indagine relativa alle forme astratte del pensiero: l.
formale, espressione con cui si designa la logica con l’intento di sottolinearne il carattere formale, ossia il
fatto che essa prescinde dai contenuti per esaminare soltanto le forme dell’inferenza. Nel criticismo
kantiano, l. trascendentale, la disciplina filosofica che tratta dell’origine, estensione e validità degli elementi
a priori della conoscenza; nel pensiero hegeliano, caduta la distinzione tra ontologia e logica, quest’ultima
attiene alla realtà pensata e diventa metafisica. In tempi più recenti (ma già a partire dagli studî matematici
di Leibniz) la logica si configura come l. simbolica, poiché nei suoi procedimenti è introdotto un linguaggio
simbolico al fine di evitare le ambiguità del linguaggio ordinario (es. logica matematica)

metafìṡica s. f. [dal lat. mediev. metaphysica, e questo dal gr. μετὰ τὰ ϕυσικά (v. oltre)].
1.
a. In Aristotele, è la dottrina, da lui chiamata «filosofia prima» (πρώτη ϕιλοσοϕία) e definita come teoria
dell’«ente in quanto ente» (ὂν ᾗ ὄν, ens qua ens), che studia la realtà considerata in quei soli caratteri
universalissimi che la fanno esser tale, ed esclusi quei caratteri specifici che le conferiscono la natura di
realtà determinata, oggetto di una scienza particolare; è intrinseco, nel concetto di questa distinzione, che
la conoscenza teoretica della realtà ha carattere di conoscenza assoluta, rispetto alla relatività di tutte le
altre. Successivamente, nella storia del pensiero, la metafisica si presenta a volte (nei sistemi filosofici
realistici o oggettivistici) come ontologia, o teoria dell’essere, a volte invece (nei sistemi idealistici o
soggettivistici) viene a identificarsi con la psicologia o con la gnoseologia o con la logica o con la dialettica, o
anche, talora, con l’etica. Per ciò che riguarda il nome di metafisica, esso non è stato coniato da Aristotele,
ma è dovuto a un fatto estrinseco: nella edizione degli scritti aristotelici curata nel 1° sec. d. C. da Andronico
di Rodi le trattazioni concernenti i problemi più universali della filosofia furono collocate dopo quelle
relative agli aspetti e alle leggi della natura; e poiché queste ultime furono raccolte sotto il titolo
complessivo di τὰ ϕυσικά («le trattazioni concernenti la natura»), quelle furono dette τὰ μετὰ τὰ ϕυσικά
(cioè «le trattazioni che seguono a quelle circa la natura»); il μετά, che inizialmente voleva indicare soltanto
la successione di un gruppo di scritti a un altro, ricevette poi, in base al carattere intrinseco dell’opera
aristotelica, una interpretazione diversa, come se volesse esprimere un giudizio di superiorità e di
trascendenza delle realtà studiate nella metafisica rispetto a quelle trattate nella fisica, e il termine divenne,
da titolo di un’opera, nome comune di una parte della filosofia.
b. Come termine più generale, denominazione di qualsiasi dottrina che, ponendosi come scienza della
realtà assoluta, si presenti come fondamentale rispetto alle scienze delle realtà relative e particolari.

morale1 agg. e s. f. e m. [dal lat. moralis, der. di mos moris «costume», coniato da Cicerone per calco del gr.
ἠϑικός, der. di ἦϑος: v. ethos, etico1, etica]. –
1. agg.
a. Relativo ai costumi, cioè al vivere pratico, in quanto comporta una scelta consapevole tra azioni
ugualmente possibili, ma alle quali compete o si attribuisce valore diverso o opposto (bene e male, giusto e
ingiusto). In partic., filosofia m., la parte della filosofia che ha per suo oggetto l’azione e il comportamento
dell’uomo, ne analizza i modi, le condizioni e i fini, spesso in relazione a leggi, principî o norme m. a cui tale
comportamento si attiene o dovrebbe attenersi (in questo sign. il termine è contrapp. a teoretico ed è
usato anche come s. f., la morale).
2. s. f.
b. Dottrina filosofica intorno al bene e al male; è sostanzialmente lo stesso che etica (o filosofia morale)

ontologìa s. f. [comp. di onto- e -logia]. – Nel linguaggio filos., la scienza dell’essere in quanto essere: il
termine è stato introdotto nel sec. 17° e deve in partic. la sua fortuna al filosofo ted. Christian Wolf (1679-
1754) che nella sua Philosophia prima sive Ontologia (1729) lo definiva come equivalente di «filosofia
prima» (espressione usata da Aristotele per la scienza dell’essere, poi chiamata metafisica) «in cui sono
contenuti tutti i principî della conoscenza umana»; è stato poi ampiamente riutilizzato nel nostro secolo,
con valenze diverse, da E. Husserl, N. Hartmann e M. Heidegger.

polìtica s. f. [femm. sostantivato dell’agg. politico (sottint. arte); cfr. gr. πολιτική (τέχνη)]. – La scienza e
l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione,
l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica; le norme, i principî, le regole della p.;
scrivere, trattare, discutere di politica.

psicologìa s. f. [dal lat. mod. psychologia, comp. del gr. ψυχή «anima» (v. psico-) e -λογία «-logia»]. –
1. Scienza che studia la psiche, che analizza i fenomeni e i processi psichici. A seconda dell’impostazione, si
distinguono una p. razionale (o filosofica), che ricerca il principio ontologico dell’attività psichica, e una p.
scientifica (o sperimentale), che indaga sulle manifestazioni di tale attività, riferita in senso lato a un
principio di rappresentazione oggettiva e di comportamenti orientati, operante non solo nell’uomo ma
anche negli animali dotati di strutture nervose.

retòrica (ant. o raro rettòrica) s. f. [dal lat. rhetorica (ars), gr. ῥητορική (τέχνη)]. – L’arte del parlare e dello
scrivere in modo ornato ed efficace; sorta nella Grecia antica con i sofisti, con finalità prevalentemente
pragmatiche, come tecnica del discorso teso a persuadere (fu quindi applicata all’oratoria giudiziaria), si
viene successivamente ampliando nell’età classica e poi medievale e rinascimentale a tecnica del discorso
sia orale sia scritto, con finalità anche estetiche, secondo un sistema di regole in cui fu organizzata
dapprima da Aristotele, poi dalla trattatistica latina d’età classica (Cicerone, Quintiliano) e tarda (Marziano
Capella, Boezio). Nel medioevo la retorica, la grammatica e la dialettica (la quale ultima ha per scopo la
dimostrazione non la persuasione) costituivano le tre arti liberali (arti del trivio, in lat. artes sermocinales),
distinte dalle quattro arti reali (arti del quadrivio, in lat. artes reales), l’aritmetica, la geometria, la musica e
l’astronomia.

sociologìa s. f. [comp. di socio- e -logia, sul modello del fr. sociologie]. – Scienza e disciplina che ha per
oggetto i fenomeni sociali indagati nelle loro cause e manifestazioni, nei loro processi ed effetti, nei loro
rapporti reciproci e con altri fenomeni. Sorta come disciplina autonoma in ambito positivista per opera del
filosofo fr. Auguste Comte (1798-1857), inizialmente si propone di studiare la società con un metodo
analogo a quello delle scienze naturali, allo scopo di individuare le leggi fondamentali che la governano;
affermatasi a livello internazionale a partire dal primo Novecento, si è articolata in varî campi e settori
specialistici d’indagine.

teologìa s. f. [dal lat. theologĭa, gr. ϑεολογία, comp. di ϑεο- «teo-» e -λογία «-logia»]. – Speculazione teorica
e dottrina che ha per oggetto la divinità o gli dei, la religione e i culti o i miti. In senso più ristretto, nella
tradizione religiosa cristiana, speculazione teorica e dottrina sistematica intorno a Dio, al dato rivelato e alla
realtà della fede cristiana. Con riguardo ai metodi della ricerca, si distingue una t. positiva, a carattere
essenzialmente biblico o patristico, rivolta allo studio dei dati rivelati così come sono reperibili nella Sacra
Scrittura e nella tradizione, e una t. speculativa, a carattere più filosofico, che pone l’accento sulla
speculazione intorno ai dati rivelati.

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