Accento: (dal lat. accentus, intonazione) rilievo di voce sopra una parte della parola o della
proposizione. L'accento della parola è detto tonico. In base alla sua posizione all’interno della
parola, quest’ultima è detta:
tronca o ossitona: arriverò
piana o parossitona: finestra
sdrucciola o proparossitona: tavola
bisdrucciola: celebrano
In italiano la maggioranza è costituita da parole piane. Il segno diacritico o accento grafico
talvolta serve per distinguere parole omografe, ma che hanno due differenti significati (là
avverbio di luogo, la articolo). L’accento fonico serve per distinguere l’apertura o la chiusura
delle vocali (cfr. vocalismo). In poesia l’accento tecnico è detto ictus il quale può anche non
coincidere - anche nella metrica italiana - con gli accenti tonici propri di ogni parola. Le sillabe
su cui cade l’ictus si dicono forti, le altre sono considerate deboli (cfr. arsi e tesi).
Acrostico: (in greco=principio di verso) poesia o componimento poetico le cui lettere iniziali
di ogni verso compongono una parola, una frase o addirittura un'altra poesia (all’interno della
versificazione italiana, si riscontra più frequentemente nel sonetto)
Aferesi: fenomeno fonetico che consiste nella caduta di una vocale o di una sillaba all’inizio
di parola (inverno → verno)
Alessandrino: verso di origine francese formato da due settenari piani separati da una
cesura. Due accenti fissi cadono sulla sesta sillaba di ogni emistichio.
Allegoria: figura retorica che consiste nel legare arbitrariamente una serie di elementi
narrativi o descrittivi, uniti tra loro in strutture più o meno ampie, a una serie di significati
profondi, diversi da quelli letterali, in modo che fra i primi e i secondi si instauri una perfetta
corrispondenza.
AlIitterazione: figura retorica che consiste nella ripetizione di lettere o di sillabe sia all’inizio
sia all’interno di due o più parole vicine (“ma misi me per l’alto mare aperto”, If XXVI), per
ottenere effetti stilistici o onomatopeici. Quando viene ripetuta la stessa sillaba iniziale (“come
da corda cocca”, If XVII) si parla di assillabazione.
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Allocuzione: (dal latino allocutio=atto di rivolgere la parola a qualcuno) discorso rivolto a un
certo numero di destinatari in un'occasione importante e solenne.
Allusione: (dal latino alludo = scherzo) figura retorica mediante la quale una singola parola,
una frase o un intero discorso suggeriscono al destinatario un'idea o un'immagine che non
compaiono esplicitamente nel discorso.
Anacoluto: (in greco=che non segue) tipo di costrutto, nel quale l’elemento iniziale di una
frase non ha funzione sintattica coerente, restando sospeso, senza appoggio sintattico negli
elementi successivi. Spesso usato per rendere la parlata popolare dei personaggi.
Anacrusi: nella metrica è la sillaba o le sillabe che precedono il tempo forte, cioè il primo
accento. Spesso queste sillabe non vengono considerate nella scansione ritmica, che viene
fatta iniziare dalla prima arsi.
Anadiplosi: (in greco =raddoppiamento) figura retorica per cui si riprende all’inizio di un
verso o di una frase, la parola o le parole conclusive del verso o della frase che precede (…e
sol Clorinda esclusa. Sola esclusa ne fu…, canto XII, Gerusalemme Liberata)
Anafora: (in greco = ripetizione) figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più
parole all'inizio di versi o delle frasi successive. (“Figlio occhi iocundi, / figlio, co’ non
respundi? Figlio perché t’ascundi?”, Donna de Paradiso, Jacopone da Todi)
Anastrofe: (in greco = inversione) figura retorica di uso costante nella lingua poetica che
consiste nell’invertire l’ordine sintattico di due parole o sintagmi ( “al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare”, canto I, Orlando Furioso).
Anisosillabismo: all’interno della metrica accentiva indica non costanza del numero delle
sillabe di un verso. (Opposto di isosillabismo)
Annominazione: figura retorica che consiste nell’accostamento di due parole con suono
simile (“Amor, ch'a nulla amato amar perdona”, If V).
Antifrasi: figura logica che consiste nell’usare una parola o un gruppo di parole in senso
contrario al loro vero significato.
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Antitesi: figura retorica che consiste nell’accostare due parole o frasi di senso contrario.
Apax legomenon: (in greco = detto una volta sola) parola o espressione che ricorre una
solavolta in un'opera letteraria o nel corpus di un autore.
Aposiopesi: (in greco = il cessar di parlare) figura retorica che consiste nell'interrompere il
discorso di proposito per invitare l'ascoltatore a completarne il senso e ad aggiungere le
proprie idee e sensazioni.
Apostrofe: (in greco = deviazione) figura retorica che consiste nel rivolgersi ad un certo
punto del discorso, direttamente alla persona di cui si parla. Ex: “ Ahi Pisa. vituperio de le
genti / del bel paese là dove il si suona”, If XXXIII.
Arcaismo: elemento della lingua appartenente a una fase primitiva o comunque anteriore,
dell’evoluzione del linguaggio, e quindi caduta in disuso che venga recuperato da uno
scrittore allo scopo di ottenere effetti di preziosismo linguistico o di solennità stilistica oppure
per desiderio cosciente di rievocare la fase linguistica e letteraria nella quale esso era in uso.
Arsi: (in greco = alzamento) nella poesia classica di tipo quantitativo è la sillaba su cui cade
l’ictus (accento poetico) cioè quella su cui la voce cade con intensità. E’ il contrario di tesi.
Asindeto: figura sintattica che consiste nell'abolizione delle congiunzioni tra parole o
proposizioni ( Madonna, ello è traduto, Iuda sì ll’à venduto:/trenta denar’ n’ à auto,/fatto n’à
gran mercato!, Donna de Paradiso, Iacopone da Todi).
Aspro (stile): stile caratterizzato dall’uso di parole, dai suoni aspri e rari, come nelle
cosiddette “rime petrose” di Dante.
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Assonanza: in metrica è l’identità delle vocali a partire dalla vocale tonica (Ex:
“tempo/sostentamento”, Laudes Creaturarum, S.Francesco).
Ex: XX Ripresa
AB 1º piede
AB 2º piede
AB 3° piede
BX volta
Barzelletta: metro sullo stesso schema della ballata, composto escusivamente da ottonari,
con ripresa generalmente di quattro versi. Forma metrica di intonazione popolaresca, co
accompagnamento musicale, in voga soprattutto nella metà del XV secolo ( ex: Canzona di
Bacco, Lorenzo il Magnifico).
Bestiario: opera didattico-allegorica nella quale alla descrizione degli animali (ma anche
piante o pietre) è accostata la moralizzazione. Occupa dunque il posto medio tra le favole e la
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parte dell’enciclopedia che contiene la descrizione scientifica degli animali; nel medioevo
quindi serviva come materiale di storia naturale (se ne avvale Brunetto Latini nel Tresor). Tutti
i bestiari latini e medievali risalgono al Phisiologus greco (II sec. D.C.) di cui si fecero molte
versioni latine fino al sec. XIII, ad esempio il De Bestiis di Ugo da San Vittore e l’Anonimo
Bestiario Toscano.
Bisticcio: gioco di parole che si ottiene avvicinando due o più parole foneticamente affini (ex:
Laura / l'aura).
Brachilogia: frase, costrutto o discorso reso particolarmente conciso tramite una serie di
ellissi o altre forme di abbreviazioni.
Burchiellesca: poesia alla maniera del Burchiello (Domenico di Gianni, 1404 – 1449), cioè
poesia burlesca,scherzosa,satirica, d’ispirazione popolare e realistica, a volteinfarcita di non
sensi e bizzarrie.
Caccia: componimento poetico in versi di ogni misura, che si alternano senza schema fisso.
Descrive scene di caccia o comunque scene movimentate. Apparve in Francia nel secolo XII,
in Italia nel XIV e visse in tutta Europa fino al termine del XVI. Metricamente simile alla frottola
(ex: Caccia, Sacchetti)
Canzone: forma più illustre di componimento lirico. I poeti siciliani ripresero il modello della
canso provenzale, che venne successivamente trasformato dagli stilnovisti per assumere una
struttura definitiva e esemplare con Petrarca. La canzone classica consta di cinque o più
strofe. La stanza è composta da due elementi, la fronte e la sirma. La fronte si divide in due
piedi, la sirma può essere indivisa oppure composta da due volte. I metri usati sono il
settenario e l’endecasillabo; le stanze hanno rime diverse. Tra sirma e fronte può inserirsi un
verso che rima con l’ultimo della fronte: tale verso è detto chiave. La canzone termina con
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una stanza denominata commiato o congedo, che può essere identico alle altre stanze
oppure costituito di:
Un gruppo di versi esattamente corrispondenti alla sirma
Un gruppo di versi corrispondenti a una parte della sirma
Un gruppo di versi legati in modo autonomo
Si chiamò anche volta finale o tornato o ritornello e alle origini non tutte le canzoni lo
avevano.
Ex: A
B I piede
B
C
fronte
A
B II piede
B
C
stanza
C
D I volta
D
sirma
C
E II volta
E
Nelle sue origini trobadoriche, era un genere poetico musicato e cantato. Si escogitarono
dunque vari sistemi per legare le strofe tra di loro così da facilitare la memorizzazione da
parte del trovatore:
per coblas unissonans: identità di schema metrico e di rime per l’intero componimento.
Ex: Pir meu cori…, Stefano Protonotaro.
per coblas capfinidas: stanze concluse da parole riprese poi nella strofa successiva.
Ex: Ahi lasso, or è stagion, Guittone d’Arezzo.
Nel suo trasmettersi in Sicilia, la canzone cessa di essere poesia per musica e diventa poesia
per lettura. Le coblas divengono così singulars: posseggono solo identità di schema metrico,
ma cambiano rime da stanza a stanza. Ex: Meravigliosamente, Giacomo da Lentini.
Canzoniere: (dal francese chansonnier) termine usato per indicare la raccolta delle poesie
liriche di un autore, sia che lui stesso abbia voluto raccogliere il meglio della propria
produzione (cfr. Canzoniere, Petrarca), sia che qualche studioso posteriore abbia costituito la
raccolta.
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Captatio benevolentiae: (in latino = richiesta di benevolenza) topos retorico con cui lo
scrittore (o l'oratore) sollecita un atteggiamento di benevola comprensione da parte del
lettore(o dell'ascoltatore). Di solito è posto all'inizio del componimento o dell'orazione.
Carteggio: l'insieme delle lettere di un personaggio, o delle missive e delle responsive di due
personaggi, edite o meno.
Catacresi: (in greco = abuso) uso di una parola in un significato diverso da quello proprio,
oppure metafora molto usata e non più sentita come tale (esempio: in collo della bottiglia, la
parola collo non è più avvertita come metafora, bensì come termine proprio).
Cataléttico: nella metrica classica, un verso cui mancano una o due sillabe nell'ultimo piede
Centone: componimento ricavato dalla mescolanza di versi famosi, con inserti per lo più
scherzosi. Si dice di un’opera poco originale, intessuta di citazioni o di rimandi o di calchi di
diversi testi.
Cesura: pausa del ritmo, corrispondente ad una pausa del senso, fra i due emistichi del
verso. Compare solo (ma non sempre) nei versi lunghi dalle otto sillabe in su.
Chiasmo: figura retorica, che consiste nella ripetizione con ordine invertito di due membri
della frase, secondo lo schema ABBA. (Ex. Né fe’ amor anti che gentil core, / Né gentil core
anti ch’ amor , Guinizzelli).
.
Chiave: cfr.canzone.
Clausola: nella retorica antica e medioevale, parte terminale di un membro di periodo, nella
quale avevano sede gli artifici della rima e del cursus.
Climax: (in greco = scala, detta anche in latino gradatio). Consiste in una successione di
parole disposte secondo un ordine di intensità concettuale crescente.
Cobla: termine provenzale per l’italiano strofa o stanza. Può essere singulars, unissonans o
capfinidas (se collegata alla cobla successiva tramite parola chiave). (Cfr. canzone).
Cola: plurale di colon. Nella retorica antica e medioevale, divisione del periodo, costituita da
una sequenza di più di tre parole.
Congedo: in metrica, la strofa conclusiva di una canzone o di una sestina (cfr. canzone).
Consonanza: uguaglianza delle consonanti di due parole, a partire dalla vocale accentata
(Ex: passo/essi).
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Contrasto: genere poetico, dibattito tra due entità allegoriche o reali che parlano in due
registri diversi. ( Ex: Rosa fresca aulentissima, Cielo d’Alcamo).
Cursus: clausola ritmica, non più fondata sull’alternanza di sillabe lunghe e brevi come in
latino classico, bensì di sillabe toniche e atone con cesure obbligatorie.
Cursus Planus
Formato da un polisillabo piano e da un trisillabo piano.
---′-/-′-
Ex: gránde / splendóre ( Laudes Creaturarum, S. Francesco)
Cursus Tardus
Formato da un polisillabo piano più un quadrisillabo sdrucciolo.
′-/-′--
Ex: véstra / gloríficer ( Lettera a Federico II, Pier Delle vigne )
Cursus Velox
Formato da un polisillabo sdrucciolo più un quadrisillabo piano.
′--/--′-
Ex: Altíssimo / se konfáno ( Laudes Creaturarum, S.Francesco)
Cursus Trispondaicus
Formato dalla ripetuta alternanza di una sillaba tonica con una sillaba atona.
′-/′-′-
Ex: móre / cóncupisco ( Lettera Federico II, Pier Delle Vigne )
Dattilo: nella metrica classica, piede composto da una sillaba lunga, su cui cade l’ictus,
seguita da due sillabe brevi.
Decima rima: in metrica italiana, strofa di dieci endecasillabi con schema ABABABCCCB
usata nella letteratura delle origini.
Diacritico: segno grafico che indica il suono da attribuire ad una certa lettera dell'alfabeto,
(Ex: canto, cantò) oppure la sua elisione (nel caso dell’apostrofo). Anche una lettera può
essere un segno diacritico: la i di giallo non è propriamente una vocale ma solo un segno che
indica al lettore Ia pronuncia palatale di g.
Dialefe: in metrica è la pronuncia ditinta di due sillabe di due vocali, una alla fine di una
parola, l’altra all’inizio della parola successiva ( Ex: Tant’era pien di sonno a quel punto,
Dante; la o finale di sonno e la a contano come due sillabe). Contrario di Sinalefe.
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Diastole: nella metrica classica è l'allungamento di una sillaba breve, mentre nella metrica
italiana è lo slittamento dell'accento tonico di una parola verso la fine (Ex: Della sampogna
vento che penétra, Dante). (cfr. sistole).
Dieresi: scansione separata di due vocali contigue all’interno della stessa parola, di solito
indicata con due puntini sopra la vocale interessata (Ex: E altra andava continüamente,
Dante). Contrario di Sineresi.
Distico: strofa composta di due versi uguali che rimano fra loro.
Dittologia sinonimica: coppia di parole dal significato analogo, generalmente unite dalla
congiunzione e (Ex: corrotto e pianto, grandezza e pregio, l’onta e ‘l danno, Guittone).
Egloga: (in greco = scelta) componimento breve in esametri, a volte in forma dialogata. Di
genere bucolico, cioè riguardante un argomento pastorale. Teocrito, poeta ellenistico del sec.
III a.C., costituisce un modello paradigmatico del genere idillico pastorale. Virgilio compone
dieci carmi di carattere pastorale. Nel medioevo l’egloga è allegorizzata e la finzione bucolica
adombra eventi storici o questioni etiche e dottrinali. Nel 1400 permangono alcuni elementi
tematici che però mutano significato e simbologia, ormai strettamente legati a un mondo
cortigiano o umanistico.
Autori di egloghe:
Dante a Giovanni del Virgilio (2), 1319-1320.
Petrarca: Bucolicum Carmen (12) 1346
Boccaccio: Bucolicum Carmen (16) 1346-47
Pontano: Egloghe 1474
Boiardo: Pastorale (10) in volgare
Lorenzo il Magnifico: Corinto
Sannazzaro: Egloghe Piscatorie, Arcadia (12) in volgare 1483-85, Ameto.
Elegia: genere lirico classico che utilizza la forma metrica del distico elegiaco (esametro +
pentametro). Il tema trattato è per lo più l’amore doloroso. Variamente imitato nella nostra
letteratura è da Dante considerato come uno dei tre stili possibili (De Vulgari Eloquentia).
Elisione: caduta della vocale finale di una parola davanti ad un'altra vocale. Questa caduta
viene segnalata con l'apostrofo. (cfr. apocope, troncamento).
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Ellissi: omissione di un elemento della frase.
Emistichio: (in greco = mezzo verso) una delle due parti in cui il verso è diviso dalla cesura.
Endecasillabo: verso con accento fisso sulla decima sillaba; consta di 11 sillabe se piano, 12
se sdrucciolo e 10 se tronco. Un secondo accento principale è mobile e può cadere sulla
quarta sillaba (end. a minori) o sulla sesta (end. a maiori). Si indica con la lettera maiuscola.
Endecasillabo falecio: verso greco e latino di undici sillabe, formato da cinque piedi, il primo
dei quali può essere uno spondeo, un trocheo o un giambo, il secondo è un dattilo, il terzo e il
quarto sono trochei, l’ultimo può essere uno spondeo o un trocheo. Usato da Catullo e
Marziale; in età umanistica Pontano compose una raccolta di Endecasyllabi.
Enueg: (in ant. prov. = cosa fastidiosa e sgradevole) genere poetico di origine provenzale,
ma praticato anche da autori italiani, basato sull’elenco di una serie di persone, cose o fatti
sgradevoli. Ex: S’i’ fosse fuoco…, Cecco Angiolieri.
Epanalessi: (in greco = ripresa, ripetizione) figura di costruzione che consiste nella iterazione
della parola iniziale della frase.
Epentesi: aggiunta di vocale o sillaba non etimologica in mezzo alla parola ( Ex: ragunavano
per raunavano).
Epifora: (in greco = aggiunta, ripetizione) figura di costruzione che consiste nel ripetere una
parola alla fine di un verso o di una frase (suo contrario: anafora).
Episinaléfe: in metrica indica il fenomeno per cui l'ultima sillaba di un verso (per esempio,
sdrucciolo) si fonde con la prima sillaba (iniziante per vocale, s'intende) del verso seguente. È
una sinalefe (cfr.) che viene tra un verso e l'altro.
Epitesi: aggiunta di vocale o sillaba non etimologica in fine di parola (Ex: ène, piùe, fue).
Esametro: verso della poesia greca e latina, composto di sei piedi. Il più frequente è
l’esametro dattilico o verso eroico proprio della poesia epica, formato in prevalenza di dattili.
Schema: ─υυ ─υυ ─//υυ ─υυ ─υυ ─υ
Eufemismo: (in greco = parlo bene) figura di pensiero e retorica che consiste nell'aggirare un
concetto, un giudizio, una definizione, con una parola, una perifrasi che l'attenui, o con un
termine molto meno deciso e crudo di quello che in realtà si pensa.
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F
Figura: particolare forma espressiva usata specialmente in letteratura e in poesia con più
frequenza e intensità rispetto alla lingua comune. La retorica studia e cataloga queste figure.
Ecco la tradizionale classificazione delle figure:
Figure di costruzione. Insieme ai tropi e alle figure grammaticali esse formano le figure di
parola. Si valgono di artifici nella disposizione della proposizione. Le principali sono:
l'anacoluto (v.), l'anafora (v.), l'asindeto (v.), il chiasmo (v.), la figura etimologica (v.), l'ellissi
(v.), l'epanaléssi (v.), l'inciso, l'ipallage (v.), la paronomasia (v.), il polisindeto (v.), lo zéugma
(v.).
Figure di pensiero. Sono quelle che investono un'intera frase nella sua struttura e ideazione:
l'apostrofe (v.), l'antitesi (v.), l'esclamazione, l'interrogazione, l’imprecazione, l'ironia (v.), la
perifrasi (v.).
Figure di significazione o tropi. Concernono il cambiamento del senso delle parole:
l'antonomasia (v.), la metafora (v.), la metonimia (v.), l’ipérbole (v.), la litote (v.), la sinéddoche
(v.).
Figure di dizione. Concernono il cambiamento della forma delle parole: l'apocope (v.), l'aféresi
(v.), la crasi, la metatesi (v.).
Figure di elocuzione. Interessano la selezione delle parole più appropriate e sono: l'epiteto
(v.), il polisindeto (v.), la ripetizione, la sinonimia (v.).
Figure grammaticali. Insieme alle figure di costruzione e ai tropi costituiscono le figure di
parola e consistono in un’alterazione grammaticale di una parola o di una proposizione per
garantire il numero canonico delle sillabe di un verso o una rima. Le principali sono: il
metaplasmo (v.) e il solecismo.
Figure metriche. Sono quelle convenzioni metriche che regolano in certi casi la scansione
sillabica e sono: la dialéfe (v.), la diéresi (v.), la sinaléfe (v.), la sinéresi (v.).
Figure ritmiche: riguardano gli effetti tonici particolari, come l'allitterazione (v.) e l’onomatopéa
(v.).
Figura etimologica: figura retorica che consiste nell’accostamento di due o più parole, legate
fra loro dalla stessa etimologia, vera o presunta.
Fonema: minima unità di suono di una lingua, sprovvista di senso, ma che consente di
distinguere un significato da un altro (Ex: c e p sono due fonemi, distinguono infatti le due
parole cane e pane).
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Frottola: genere poetico dalla forma metrica non costante, di origine nn colta, caratterizzato
dall’essere composto da una serie di frasi sentenziose, proverbi, motti ecc., susseguentisi
senza connessione e a volte senza senso. Predilige i versi brevi e, se contiene versi lunghi, li
spezza per lo più con rime al mezzo. Le frottole formate da una serie di distici settenari e
quinari ,in rima, costituiscono gli gliommeri, molto diffusi a Napoli nel Quattrocento.
Grottesco: termine che deriva dalle arti figurative, dove la grottesca è un elemento di
decorazione parietale costituita da fantastici motivi vegetali misti a figure umane o animali
bizzarramente deformati. Per estensione: capriccioso, bizzarro, deforme.
Hysteron proteron: (in greco = l'ultimo come primo) figura retorica consistente nell’inversine
del rapporto temporale che lega due espressioni. In tal modo viene concentrata l’attenzione
sul termine finale, messo al primo posto ( Ex: “Tu non avresti in fatto tratto e messo / nel foco
il dito”, Dante: tratto e messo rappresenta un'inversione nella normale sequenza delle azioni).
Iato: (in latino = apertura) contatto di vocali che né si contraggono, né si elidono (Ex: a
Ancona; e ancora). In metrica si ha iato nei casi di dieresi (cfr.) e dialefe (cfr.).
Icastico: termine che si usa in critica stilistica per definire un elemento (una parola, una
locuzione) dotato di particolare efficacia rappresentativa della realtà.
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Ictus: (in latino = colpo, battuta) in metrica è l'accento (primario o secondario) che indica le
sillabe forti in rapporto alle deboli (cfr. accento, arsi e tesi).
Idiotismo: parola o frase di provenienza dialettale passata nella lingua letteraria. Detto anche
dialettismo.
Imparisillabo: parola con un numero dispari di sillabe.
Incunabolo: con questo nome si designano i libri a stampa pubblicati pima del 1 gennaio del
1501, cioè quelli risalenti al XV secolo, ai primordi dell’arte tipografica.
Inventio: (in latino=ritrovamento) nella retorica classica, indica una delle cinque parti
fondamentali del procedimento discorsivo, cioè la scelta degli argomenti e dei temi. Le altre
sono la dispositio la elocutio, la pronuntiatio e la memoria.
Invocazione: è una parte della protasi (cfr.), in cui l'autore invoca la divinità o le muse per
ottenere l'ispirazione poetica.
Ipallage: (in greco = scambio, mutazione) figura di costruzione che consiste nell'attribuire a
un elemento della frase un attributo o un verbo che il senso logico vorrebbe rivolto a un altro
elemento.
Ipérbole: (in greco = lancio al di là. superare) è un tropo (v.) che consiste nell'esagerazione di
un'idea, un concetto, un'immagine. Esempio: Una donna più bella assai che 'l sole / et più
lucente, et d'altrettanta etade, / con famosa beltade ...(Petrarca).
Ipermetria: (in greco = che passa la misura). Si ha quando un verso eccede di una o più
sillabe la sua misura regolare, come accadrebbe, coma ad esempio, se un endecasillabo
avesse l’ultimo accento sull’undicesima sillaba. Un verso che presenti questa anomalia si dice
ipermetro.Si ha rima ipermetra quando una parola sdrucciola rima con una piana solo se si
esclude l'ultima sillaba.
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Ipotassi: (in greco = subordinazione): costruzione sintattica per il quale una o più
proposizioni sono subordinate a una principale. Stilisticamente, designa l'uso e l’ abuso di
proposizioni subordinate piuttosto che delle coordinate. L'opposto dell’ipotassi è la paratassi.
Ironia: (in greco = finzione) figura di pensiero per cui si afferma una cosa per dirne un'altra,
magari opposta, o si altera paradossalmente un riferimento per sottolineare la realtà di un
fatto attraverso l'apparente dissimulazione della sua vera natura.
Isosillabismo: all’interno della metrica accentativa indica la costanza del numero delle sillabe
di un verso.
Iterazione: figura di pensiero che consiste nella ripetizione di una o più parole per
intensificare il discorso.
Koinè: (dal greco koinè dialectos = lingua comune) Comunità linguistica che ricopre diverse
aree dialettali, livellandone i tratti più marcatamente dialettali. La koinè ha la sua base
comune in una varietà linguistica, che per motivi culturali, geografici, politici, si impone sulle
altre. Così, la koinè letteraria dell’Itali settentrionale, è a base toscana, grazie al prestigio che
il toscano aveva acquisito per essre la lingua dei più grandi scrittori trecenteschi.
Lassa: nella metrica medievale è una strofa composta da un numero variabile di versi
monorimi (Iassa monorima), o legati da un’assonanza (lassa monoassonanzata); è il
raggruppamento tipico della poesia epica medievale francese (Chanson de geste).
Latinismo: parola o locuzione latina introdotta in altra lingua con o senza alterazioni. (Ex:
aude; fraude, Cavalcanti)
Lauda: canzone a ballo di argomento sacro. Laudes, propriamente, designa una parte
dell’ufficio canonico del Mattutino, cioè un ritmo paraliturgico in lingua latina, in dimetri o
trimetri giambici. La forma primitiva della lauda come lirica religiosa volgare è legata all’ordine
dei serviti che dal 1233 in poi ne diffonde l’uso a livello popolare, scindendola da forma
liturgica e dotandola di fisionomia propria. Nel 1260, con la nascita del movimento dei
flagellati, la lauda subisce una profonda trasformazione, assumendo la forma della canzone
da ballo, l’unica forma metrica musicale diffusa nella popolazione. L’ambito geografico, sia
per l’ordine dei serviti che per quello dei flagellati è l’Italia centrale, soprattutto l’Umbria. Da
qui infatti provengono i laudari più antichi di cui abbiamo notizia. I laudari sono raccolte di
laude in volumi in cui esse compaiono senza la menzione dell’autore. Seguendo la forma
della ballata la lauda può essere lirica o drammatica e i versi sono divisi in stanze intervallate
dalla ripresa. Nel 1400 si sviluppa la forma monodica e prevale la forma letteraria, cioè
composta da letterati di professione. Dopo Savonarola, agli inizi del XVI sec., la lauda come
poesia religiosa decade.
Struttura: ballata a quartine monorime di endecasillabi.
Vari tipi: lauda pasquale (ballata maggiore); lauda passionale (sestine di ottonari o novenari).
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Lessico: (in greco=che riguarda le parole) l'insieme dei vocaboli e delle locuzioni che in un
sistema linguistico danno forma a diversi significati e nozioni; può designare anche anche:
raccolta di parole (v,dizionario. vocabolario).
Lingua d’oc: termine che indica la lingua letteraria, non uniforme nei vari poeti e manoscritti,
usata dai trovatori medioevali nella Francia del sud tra il XII e il XIII secolo. Da oc si è fatto
derivare l’aggettivo occitanico. Viene spesso usato come suo sinonimo “provenzale”, ma in
modo non del tutto corretto.
Lingua d’oil: termine che indica l’antico francese inteso in epoca medievale come l’insieme
della lingua della regione di Parigi, île de france, e tutte le sue varietàdialettali.
Lirica: fin dall'antichità indica il genere poetico inteso a esprimere i sentimenti, e quindi tutti i
componimenti di carattere introspettivo, psicologico, rievocativo. Il termine deriva da “Lira” lo
strumento musicale che accompagnava tali poesie.
Litote: (in greco = semplicità), figura di parola che consiste in un’affermazione attenuata
ottenuta mediante la negazione del contrario di ciò che si vuole affermare. Ex: “Che non vi
rincresca” (Aprile, Folgore di S.Geminiano).
Maccheronico: linguaggio nato a Padova alla fine del 1400 caratterizzato dalla latinizzazione
di parole del volgare o dalla deformazione di parole latine. Il sistema flessionale del latino
viene sostituito dall’uso delle preposizioni e il risultato è un latino che sembra pieno di errori.
(cfr. pedantesco).
Madrigale: in metrica indica una composizione tipica del '500, non popolare, d'ispirazione
musicale e di contenuto idillico-amoroso, generalmente legato al canto a più voci e
all’accompagnamento musicale. E’ composto originariamente da due o tre strofe di tre versi
endecasillabi seguite da una o due coppie di versi a rima baciata.
Memorialistica: testi letterari in cui gli autori raccontano o testimoniano fatti ad essi occorsi,
ovvero scritti autobiografici.
Metafonesi: fenomeno assente in Toscana. Consiste in una ulteriore chiusura della vocale
tonica, se già chiusa, o dittongamento della vocale tonica, se aperta, davanti a i e u. Nell’Italia
settentrionale il fenomeno è limitato solo a e > i e o > u davanti a i.
Ex: dolci→dulci
Ex: degni→digni
Nell’Italia centro-meridionale la metafonesi avviene sia davanti a i che davanti a o. Si parla in
questo caso di metafonesi napoletana.
Ex: conto→cunto
conti→cunti
Si trova anche è > ie davanti a o.
Ex: trattenemènto > trattenemiento.
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Metafora: (in greco = trasferimento) è un tropo che consiste nell'unione di due oggetti
dissimili nella stessa immagine, grazie all'uso di una parola il cui significato è esteso per
analogia. E’ un paragone abbreviato. La metafora vera e propria è un invenzione letteraria,
linguistica e poetica.
Metaplasmo: nella grammatica antica, indica ogni mutamento formale (non grammaticale) di
una parola dovuta a sincope, prostesi, etc. Nella grammatica moderna, individua il passaggio
di una parola da una categoria morfologica ad un’altra.
Metatesi: figura grammaticale che consiste nell’inversione di due suoni vicini senza che muti
il significato della parola. Ex. drento per dentro
Metonimia: (in greco=scambio di nome) è un tropo che consiste nel deignare un’identità
qualsiasi con un il nome di un’altra identità che abbia con la prima un rapporto di contiuità e
di dipendenza di significato. Le metonimie possono cosi suddividersi a seconda del rapporto
tra i due termini:
1. la causa per l'effetto: vivere del proprio lavoro per vivere con i proventi del proprio
lavoro.
2. Il contenuto per il contenente: bere una bottiglia per bere il liquido contenuto in una
bottiglia.
3. la materia per l'oggetto:sguainare il ferro per sguainare la spada (che è di ferro).
4. il simbolo per la cosa designata: tradire la bandiera per tradire la patria (il partito etc.)
simboleggiato dalla bandiera. .
5. il luogo di produzione o di origine per la cosa prodotta;un fiasco di Chianti, per un
fiasco divino prodotto in Chianti.
6. l'astratto per il concreto: eludere la sorveglianza per eludere i sorveglianti.
7. l'effetto per la causa: talor lasciando le sudate carte per talor lasciando gli studi severi
che fanno sudare sui libri (carte per libri è metonimia di tipo c).
8. il concreto per l'astratto: quell'uomo ha del fegato per quell'uomo ha del coraggio.
9. il mezzo per la persona: é una buona penna per é un buon scrittore.
10. l'epoca per le persone: il Medioevo credeva per gli uomini dell'età medievale
credevano.
11. l'autore per l’opera: studio Dante per studio la Divina Commedia.
Monolinguismo: nozione su cui ha lavorato molto il critico Gianfranco Contini e che riguarda
le opere in cui prevale la selezione linguistica e stilistica. Esempio classico è il Canzoniere del
Petrarca ove vige una coerente utilizzazione di una lingua (lessico, morfologia,sintassi)
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estremamente omogenea e pura, cioè impermeabile alle influenze e ai prestiti da altri
linguaggi. Contrapposto a plurilinguismo (cfr.), di cui è esempio la Divina Commedia.
Morfologia: parte della linguistica che studia la struttura delle parole e i fenomeni di
declinazione, di genere, di formazione del plurale ecc.
Neologismo: (in greco = nuova parola), parola o locuzione recentemente introdotta in una
lingua per esigenze tecniche o espressive. Ai neologismi si oppongono i cultori del purismo.
Nesso consonantico: successione di due o più consonanti all’interno di una parola. Ex. –str
in nostro.
Nona rima: è un'ottava con l'aggiunta di un verso che rima con i primi tre versi pari. Il suo
schema è ABABABCCB. Il poema intitolato L'intelligenza già attribuito a Dino Compagni è
composto con questo metro.
Novenario: verso imparisillabo di nove sillabe con accento principale sull’ottava e gli altri
variabili. Fu reintrodotto e utilizzato in epoca moderna dopo un lunghissimo periodo di
sfortuna: Dante l'aveva condannato chiamandolo “triplicatum trisillabum" ossia trisillabo
replicato tre volte.
Ode: (in greco = canto) quella classica (greca e latina) è una composizione poetica dapprima
unita al canto e alla musica (di qui il nome) e d'argomento erotico-sentimentale, divise in vari
sistemi.
Omofonia: (in greco = uguale suono), è l'identità di suono di due o più lettere o parole o
sintagmi con significato diverso. Ex: raso sostantivo e raso participio passato di radere.
L'omofonia genera la rima equivoca.
Omografia: (in greco = uguale scrittura), è l’identità di grafia di due o più parole o sintagmi di
suono diverso. Ex: c può essere tanto un suono palatale (cieco) che un suono velare (casa);
esse lettera dell'alfabeto e esse-pronome di terza persona.
Omoteleuto: (in greco = ciò che finisce nello stesso modo), si dice.di due versi classici che
finiscono nello stesso modo, cioè in rima, ancora sconosciuta alla metrica classica.
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Onomatopéa: (in greco = creazione di parole) si ha quando una parola imita o suggerisce il
sono dell’oggetto o dell’azone che significa. Ex: cuculo deriva dal verso dell’uccello che
designa.
Ossimoro: (in greco = acutamente stupido) figura retorica che consiste nell’accostamento di
due parole, i cui significati sembrano escludersi a vicenda. Ex: dolce affanno, dal sonetto
Benedetto sia ‘l giorno, e ‘l mese, et l’anno, Petrarca.
Ottava: strofa composta da otto endecasillabi. Nell’ottava toscana i primi sei versi sono a
rima alternata seguiti da un distico baciato, secondo lo schema ABABABCC; in quella
siciliana sono tutti a rime alternate ABABABAB. E’ la stanza dell'epopea italiana da Boccaccio
a Poliziano, Pulci, Boiardo, Ariosto, Tasso, Marino, Tassoni etc.
Palinodia: (in greco = ritorno) termine che indica la ritrattazione di un’opinione emessa in
precedenza o di un comportamento precedente, che ora si rinnegano.
Paraipotassi: costruzione sintattica nella quale si combinano ipotassi e paratassi, vale a dire
subordinazione e coordinazione. E’ un procedimento usato soprattutto dagli scrittori delle
origini. Ex: come fosti ordinat primamente/ da’ sei baron’ che più avean d’altura,/ e ciascun
pose cura, dalla canzone Ahi dolze e gaia terra fiorentina, Chiaro Davanzati.
Paratassi: ( in greco = metto vicino) costruzione sintattica, nella quale due o più proposizioni
principali, o subordinate dello stesso grado, sono legate fra loro da un legame di
coordinazione. E’ il contrario di ipotassi.
Parisillabo: verso con un numero pari di sillabe, come il senario, l’ottonario, il decasillabo.
Parodia: (in greco = vicino al canto) imitazione di un testo o di uno stile fatta a scopo ironico.
Con tale operazione l’autore tende a mettere in evidenza il suo distacco, il suo atteggiamento
critico nei confronti del testo parodiato.
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Parola-rima: parola che costituisce la rima nella sua interezza, non solo a partire dall’ultima
vocale accentata, come nella sestina dantesca.
Paronomasia: ( in greco = nome vicino, accanto) figura retorica che consiste nel presentare
consecutivamente due parole di suono simile ma di significato diverso. Ex: Io fui per ritornar
più volte volto” ,If I.
Pastorella: genere lirico praticato soprattutto dai poeti provenzali e francesi che narra
l’incontro, in luogo deserto, fra un cavaliere e una pastora. In un alternarsi vivace di botte e
risposte, il cavaliere chiede l’amore alla pastora.
Pedantesca: letteratura, prende il nome dalla figura classica del pedante (cioè il pedagogo)
personaggio della letteratura e del teatro di cui vengono colti tutti i tratti negativi (la falsa
cultura, la retorica del linguaggio infarcito di latinismi, le abitudini e i vizi).
Pentametro: nella metrica classica, verso costituito da due membri identici: due dattili più
una sillaba lunga (pentametro dattilico). Schema: ─υυ ─υυ ─//─υυ ─υυ ─. Nel secondo
membro non è ammessa la sostituzione dello spondeo al dattilo.
Perifrasi: (in greco = il parlare intorno) figura retorica che consiste in un giro di parole, una
circonlocuzione per indicare in altro modo un oggetto, una persona etc. Ex: Colui che move il
sole e l’altre stelle (= Dio), da Paradiso XXXIII, Dante. Serve per evitare la ripetizione di un
termine già usato, oppure per un’intensificazione retorica. Ex: AI poco giorno e al gran
cerchio d'ombra (=inverno), dalle Rime, Dante.
Piede: la più semplice unità ritmica di un verso greco o latino. (cfr. dattilo, spondeo, trocheo).
Plazer: genere poetico di origine provenzale, ma praticato anche da autori italiani, basato
sull’elenco di una serie di persone, cose o fatti piacevoli e desiderabili. Ex: Corona dei mesi,
Folgore da san Gimignano.
Poliptoto: (in greco = che ha molti casi), figura sintattica che indica l'uso di una stessa parola
in casi e funzioni diverse.
Polisemia: (in greco = molti significati), facoltà di avere significati diversi sia per svolgimento
di significato sia per confluenza di diverse tradizioni: ex. cane significa un animale, ma anche
parte del fucile o una persona cattiva. Rientra in quest’ ultimo caso il processo di
metaforizzazione del linguaggio.
Polisindeto: costrutto sintattico (dal greco polysyndetos = avente molte congiunzioni) che
consiste nella disposizione paratattica di diverse proposizioni, legate fra loro dalla ripetizione
della congiunzione e.
Preterizione: figura retorica che consiste nel dichiarare di voler passare sotto silenzio un
fatto, o un argomento, ma nominandolo e trattandolo nelle sue linee essenziali.
Prosimetrum: opera letteraria costituita di parti in versi alternate a parti in prosa. Ex: Vita
Nuova.
Quartina: strofa composta da quattro versi. Se i versi hanno tutti la stessa rima la quartina è
detta monorima.
Quinario: verso generalmente di cinque sillabe in cui l’accento principale cade sulla quarta.
Razo: racconto in prosa che si affianca ai singoli componimenti di cui vogliono indicare
l’occasione storica e l’etimo narrativo.
Replicazione: figura retorica che consiste nella ripetizione di una parola nella stessa forma o
in forma leggermente variata. Ex: nova e novella, da Meravigliosamente, Giacomo da Lentini.
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Ribobolo faceto: motto spiritoso, popolare.
Rima: identità fonica della fine di due parole a partire dalla vocale tonica. Quanto al loro
rapporto nello schema della composizione si segnalano:
rime alterne: AB AB AB
rime baciate: AA BB CC
rime incatenate: AB AB BA BA
rima irrelata: non ha corrispondenza all’interno del componimento, generalmente
indicata con X
rima al mezzo: posta alla fine dell’emistichio
rima interna: posta all’interno del verso
Si segnalano poi i seguenti tipi di rima:
rima rara: terminazioni di parola con combinazioni di suoni poco comuni. Ex:
osterlicchi – tamberlicchi – cricchi, Inferno XXXII.
rima derivativa: parole aventi comune la parte finale, talvolta la radice, ma differenziate
da alcuni elementi iniziali. Ex: porto – sporto – diporto, Ancor che l’aigua, Guido delle
Colonne.
rima equivoca: parole di uguale suono, ma di significato differente. Ex: getto sostantivo
e getto verbo: Madonna dir vo voglio, Giacomo da Lentini.
rima franta: quand’è formata da un gruppo di parole. Ex: oncia – sconcia – non ci ha,
Inferno XXX.
rima ricca: quando l’identità di suono comprende almeno una consonante precedente
la vocale accentata. Ex: ragione – guerigione, da Ahi lasso, Guittone d’Arezzo.
rima siciliana: rima imperfetta dovuta all’adattamento dei testi siciliani in volgare
toscano (cfr. vocalismo). Ciò comporta che, per quanto riguarda le vocali toniche, la i
possa rimare sia con i che con é, e che la u possa rimare sia con u che con ó.
Ex: aviri / serviri→avere / servire; usu / amorusu→uso / amoroso.
rima guittoniana: estensione della rima imperfetta siciliana. Congiunge insieme é con è
e i, ó con ò e u.
Sacra rappresentazione: genere teatrale che drammatizza temi tratti dalle sacre scritture o
da leggende agiografiche; generalmente anonime. In Italia si sviluppò nei secoli XIV e XV.
Ebbe la sua origine dalle laude dialogate, rappresentate dalle confraternite duecentesche in
Umbria e in Toscana. In seguito il tema sacro venne congiunto con temi fiabeschi avventurosi
e realistici e si svilupparono gli apparati scenici. La scena sorgeva in chiesa o più spesso in
piazza ed era suddivisa in luoghi deputati (il monte, la reggia, il deserto).
Satira: (in latino = mescolanza, in quanto la Satira lanx era un piatto colmo di cibarie di
diversa qualità) composizione letteraria in versi o in prosa di carattere polemico o moralistico.
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Scempiamento: fenomeno tipico dell’Italia settentrionale. Alle consonanti doppie
convenzionali (dette geminate) corrisponde la consonante semplice.
Ex: fattor > fator; sotto > soto.
Senario: nella metrica italiana verso parisillabo composto di sei sillabe con accenti principali
in seconda e quinta sede.
Sestina: forma metrica composta da sei strofe di sei versi ciascuna e congedo di tre versi.
Come canzone lirica la sestina non si definisce secondo parametri tematici, ma
esclusivamente metrici. L'invenzione è attribuita ad Arnaut Daniel (fine XII) secondo lo
schema che prevede un primo verso con l’utimo accento sulla settima sillaba, seguito da
cinque decasillabi. Dante usa uno schema differente, nella forma che sarà ripresa in Italia. Le
strofe sono dotate di parole rima che si ripetono identiche in ogni strofa, seguendo il rigido
schema della retrogradatio cruciata. Secondo questo schema l'ultima parola rima di una
strofa diventa la prima della strofa successiva, la prima slitta a seconda, la penultima diventa
terza, la seconda diventa quarta, la terzultima diventa quarta e la terza rimane ultima.
Ex: I strofa: ABCDEF, II Strofa: FAEBDC, III Strofa: CFDABE...etc.
Nel congedo sono riportate tutte le parole rima, tre a metà verso e tre a fine verso, secondo lo
schema: (B)A(D)F(E)C. Ex: Al poco giorno…, Dante Alighieri.
Settenario: verso imparisillabo di sette sillabe con accento principale sulla sesta e accento
secondario d'obbligo su una delle prime quattro.
Sicilianismo: elemento linguistico derivato dalla lingua dei poeti della scuola siciliana
adottato stabimente nella poesia italiana.
Similitudine: figura semantica che consiste nel confrontare due cose, persone, azioni,
immagini tra loro, attraverso la mediazione di come, simile etc.
Sinalefe: in metrica è l’unione della pronuncia di due vocali, una finale di parola, l’altra iniziale
della parola successiva. È rappresentata graficamente con il simbolo i^o. Contrario di Dialefe.
Sincope: (in greco = rottura) caduta di una vocale interna alla parola.
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Sineddoche: figura semantica che trasferisce il significato da una parola a un'altra sulla base
di un rapporto di quantità.
Sineresi: fusione in una sillaba metrica di vocali contigue che nella normale sillabazione
linguistica formano due sillabe. Contrario di Dieresi.
Sinestesia: (in greco = percezione simultanea) tropo che consiste nell'associare due o più
parole appartenenti a sfere sensoriali diverse. Ex: “io venni in loco d’ogni luce muto”, Inf V.
Sintassi: parte della grammatica che analizza i rapporti tra gli elementi che compongono la
frase, la loro funzione e le categorie di tempo, spazio e relazione personale.
Sistole: nella metrica italiana, spostamento dell’accento sulla sillaba precedente a quella su
cui dovrebbe cadere secondo norma.
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Sonorizzazione: passaggio da consonante sorda latina intervocalica P, T, C a sonora
corrispondente b, d, g. Ex: ROTAM > roda; FOCUM > fogo. In realtà di -b- non c’è traccia
perché è passata a -v-, ex: LUPU > lovo.
Spondeo: piede della metrica classica costituito da due sillabe lunghe, con l’ictus sulla prima.
Schema: ─ ─.
Strofa: unità metrica il cui numero di versi e la cui disposizione delle rime si ripetono nelle
varie parti della poesia. Sinonimo di Stanza e Cobla.
Strofa saffica: metro classico costituito da strofe di quattro versi, tre endecasillabi saffici e un
adonio. Chiamata così dalla poetessa Saffo.
Tenzone: (in provenzale, tenso) dibattito tra due poeti su argomento di carattere amoroso,
morale o di tecnica poetica. Spesso la risposta avviene “per le rime” cioè usando lo stesso
schema metrico e le stesse rime della canzone proposta. Ex: Tenzone con Forese di Simone
Donati, Dante Alighieri.
Terminus ante quem: data prima della quale un’opera dev’essere stata scritta.
Terminus post quem: data dopo la quale un’opera dev’essere stata scritta.
Terza rima: (anche Terzina) metro inventato da Dante per la Commedia. E’ costituito da una
serie di terzetti di endecasillabi legati fra loro da uno schema di rime ABA BCB CDC etc.. E’
detta terzina incatenata perché ogni terzina è legata alla successiva dalla presenza di una
rima comune.
Tesi: nella metrica classica è la sillaba su cui non cade l’ictus, cioè l’accento poetico. E’ il
contrario di arsi.
Tobler Mussafia (legge di): spostamento del pronome atono da posizione enclitica a
proclitica. Nell’italiano antico era obbligatorio nei seguenti casi:
dopo pausa, all’inizio di periodo. Ex: “Domandollo allora l’ammiraglio”; (Boccaccio);
dopo la congiunzione ma. Ex: “né di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte”
(Boccaccio);
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dopo la congiunzione e. Ex: “il re si volse al duca di Durazzo e dissegli” (Villani);
all’inizio di una proposizione principale successiva ad una subordinata, unico caso che
ammette eccezioni. Ex: “giugnendo all’uscio per uscir fuori, e cominciando a pensare
sulla ricchezza che gli parea aver perduta e volendosi mettere la mano a grattare il
capo come spesso interviene a quelli che hanno melenconia, trovassi la cappellina in
capo” (Sacchetti).
Topos: (dal greco = luogo comune) motivo stereotipato ricorrente con frequenza nelle opere
degli scrittori. Vedi figura.
Trobar clus: (in provenzale = poetare chiuso) tendenza stilistica della lirica provenzale (primo
tra tutti Arnaut Daniel), caratterizzata dall’uso sistematico della rima preziosa, da un
complesso ornato retorico, da modi ermetici e linguaggio ricercato.
Trocheo: piede della metrica classica costituito da una sillaba lunga seguita da una breve,
con l’ictus sulla sillaba lunga. Schema: ─ υ.
Usteron proteron: figura sintattica che consiste nel rovesciare in una frase l’ordine
temporale degli avvenimenti, così da anticipare l’azione che si vuole sottolineare.
Variatio: (in latino = variazione) figura retorica che consiste nella ripetizione dello stesso
concetto variandone sempre l’espressione verbale.
Vernacolo: si utilizza questo termine per indicare una varietà di dialetto affermatasi prima
dell’ufficializzazione della lingua nazionale. Solo a seguito di tale ufficializzazione si può a
rigore parlare di dialetto.
Vida: termine provenzale (letteralmente vita) che indica brevi composizioni narrative in prosa,
premesse in alcune raccolte di liriche trobadoriche alle sezioni dedicate a singoli poeti.
Raccontano la biografia più o meno leggendaria del poeta.
Vocalismo: il latino aveva dieci vocali, distinguibili in cinque lunghe e cinque brevi a seconda
della quantità o durata. Tale distinzione è conosciuta anche dai volgari di sì: se una vocale è
seguita da consonante semplice è lunga, se è seguita da due consonanti è breve.
Nel passaggio dal latino al toscano la quantità vocalica latina cessò di avere rilevanza in
quanto non fu più avvertita. Così si trasformò in qualità vocalica: le lunghe diventano chiuse e
le brevi aperte. Con l’introduzione della lettura accentativa (introdotta nei volgari di sì) si parla
di vocali atone e toniche.
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Vocalismo tonico toscano Vocalismo atono toscano
Ī Ĭ Ē Ĕ Ā Ă Ŏ Ō Ŭ Ū Ī Ĭ Ē Ĕ Ā Ă Ŏ Ō Ŭ Ū
I Y I Y I Y I I Y I
i é è a ò ó u i e a o u
Ī Ĭ Ē Ĕ Ā Ă Ŏ Ō Ŭ Ū Ī Ĭ Ē Ĕ Ā Ă Ŏ Ō Ŭ Ū
I Y I Y
i è a ò u i a u
Vulgata: termine latino con il quale si indica il testo della Bibbia usato dalla Chiesa cattolica.
Per estensione, la parola può designare la versione comunemente in uso di un testo
letterario, non coincidente necessariamente con la volontà dell’autore. Per esempio la vulgata
della Commedia di Dante fu costituita per secoli dal testo dell’edizione curata nel 1502 da
P.Bembo. Questa versione differiva ampiamente dal testo dell’opera come l’Alighieri l’aveva
concepita, ricostruibile in base ai codici più antichi.
Zeugma: figura sintattica che prevede la dipendenza da un solo verbo di due o più parole che
richiederebbero ognuna un verbo specifico.
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Bibliografia e strumenti utili da consultare:
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