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ELENCHOS

Collana di testi e studi sul pensiero antico


fondata da

GABRIELE GIANNANTONI

LIII
ELENCHOS

Collana di testi e studi sul pensiero antico


Comitato scientifico: ENRICO BERTI, Ai.no BRANCACCI,
GIUSEPPE CAMBIANO, TuLUo GREGORY, ANNA MARIA IoPPOLO,
CLAUDIO MORESCHINI, AfARro. VEGETTI

ISTITUTO PER IL LESSICO INTELLETTUALE EUROPEO E STORlA DELLE.lnEE


ANNA MARIA IOPPOLO

LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO


SULL'ACCADEMIA SCETTICA

BIBLIOPOLIS
Volume pubblicato con i fondi
PRIN - COFIN 2006

Proprietà letteraria riseroata

ISBN 978-88-7088-574-3
Copyright © 2009 by
C.N.R., Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee
INDICE

INTRODUZIONE p. 9

CAPITOLO I
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL' AccADEMIA SCET-
TICA IN PHI » 17
Sesto fonte attendibile o testimone di parte cieli' Acca-
demia scettica?, p. 17. - La presunta affinità dell'Acca-
demia con lo scetticismo, p. 29. - La critica del proba-
bilismo, p. 35. - La Kotvrov{a. di Arcesilao con lo scetti-
cismo, p. 42. - La critica all'interpretazione di Platone
"aporetico", p. 52. - È Enesidemo la fonte di Sesto in
PH 1?, p. 74.

CAPITOLO II
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO su ARcESILAO IN
Mvn » 81
La critica di Arcesilao al criterio stoico di verità, p. 81. -
La giustificazione del criterio d'azione, p. 109.

CAPITOLO m
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO su CARNEADE IN
MVII » 131
La critica al criterio stoico di Carneade, p. 131. - La
proposta di un criterio d'azione, p. 141. - L'estensione
del probabile, p. 160. - La critica di Sesto e l'uso delle
fonti in M vn 150-89, p. 171.

APPENDICE I
CICERONE Luc. 32 » 193
8 INDICE

APPENDICE II
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA
E PIRRONIANA p. 209

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI » 241

INDICI

Indice analitico » 257


Indice dei termini greci » 263
Indice delle fonti » 265
INTRODUZIONE

La filosofia dell'Accademia scettica, .da Arcesilao a Filone


di Larissa, è stata oggetto di· -illterPretazioni controverse
dall'antichità ai giorni nostri. In particolare fin dall'antichità
gli scettici pirroniani hanno posto in rilievo con insistenza le
differenze tra le loro posizioni e quelle dell'Accademia, riven-
dicando a sé lo scetticismo come forma originale e peculiare di
filosofia. D'altra parte la tesi dell'unità del!' Accademia, da
Platone a Filone, sostenuta da Filone di Larissa, unificando
la filosofia dell'Accademia su posizioni di moderato fallibi-
lismo, ha contribuito a corroborare la pretesa pirroniana. Tut-
tavia la tesi dell'unità dell'Accademia a partire da Platone
sostenuta da Filone, era propria già di Arcesilao e oggetto di
dibattito lungo tutto lo sviluppo dell'Accademia, in quanto
essa è un punto qualificante dell'interpretazione dello scetti-
cismo. Ma proprio su questo problema le posizioni filosofiche
assunte da Arcesilao, da Carneade e da Filone sono significa-
tivamente differenti, tanto da giustificare le diverse denomi-
nazioni che le fonti antiche hanno attribuito alla storia e
ali' evoluzione dell'Accademia'.

1
Cfr. SE PH I 220, che conosce una periodizzazione in tre e cinque
fasi dell'Accademia. Egli accoglie la divisione in 5 fasi in base alle diffe-
renti posizione filosofiche assunte, come dimostra il resoconto di PH I
226-35. Sulla periodizzazione dell'Accademia le fonti non sono .unanimi;
cfr. DL 1 19, EusEB. PE xxv 4, 16. Per un'opinione diversa, cfr. C. LÉVY,
Cicero Academicus. Recherches sur !es 'Académiques' et sur la philosophie
cicéronienne, Roma 1992, p. 13.
10 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

A complicare la ricostruzione dello scetticismo accademico


ha contribuito il fatto che i rappresentanti più significativi
della scuola, Arcesilao e Carneade, non hanno scritto opere
e che i libri di Clitomaco, che riportavano le argomentazioni
di Carneade, sono andati perduti. La nostra conoscenza è
dunque mediata e indiretta. Le fonti principali, Cicerone e
Sesto Empirico, sono testimoni di parte, l'uno dello scetti-
cismo accademico, l'altro di quello pirroniano. Cicerone non
è un filosofo professionista nel senso che non è stato membro
della Nuova Accademia, anche se ne è stato un seguace
convinto come egli più volte dichiara 2 • La sua posizione filo-
sofica è vicina al fallibilismo epistemologico filoniano "rein-
terpretato'". I Libri Academici sono la fonte principale di
informazione per la conoscenza dello scetticismo dell'Accade-
mia, ma espongono anche la posizione scettica dello stesso
Cicerone. Sussiste tuttavia in una parte della storiografia la
tendenza a mettere in discussione, senza adeguate giustifica-
zioni, l'attendibilità della testimonianza di Cicerone per la
ricostruzione della filosofia di Arcesilao e di Carneade, o in-

' Cfr. A.A. LoNG, Cicero's Plato andAristotle, in].G.F. PoWELL (ed.),
Cicero the Philosopher, Oxford 1995, p. 42 (ora ripubblicato in Io., From
Epicurus to Epictetus. Studies in Hellenistic and Roman Philosophy, Oxford
2006, pp. 285-306), il quale osserva che non si possono prendere alla let-
tera le parole di V arrone negli Academica che alludono a un cambiamento
di scuola di Cicerone dall'Antica Accademia a quella Nuova come se Ci-
cerone ne fosse membro. Già nell'80 a.C. nel de invent. II 9-10, Cicerone si
descrive come un seguace dell'Accademia. Cfr. de fin. m 41, dove egli pre-
senta se stesso come un leale filoniano che si riferisce a Carneade come
Cameades noster. W. GORLER, Silencing the Troublemaker: 'De Legibus' I
39, inJ.G.F. PoWELL (ed.), Cicero the Philosopher, cit., pp. 85-113, ha di-
mostrato come Cicerone abbia sempre sostenuto lo scetticismo accade-
mico anche nella fase antiochea;J. GLUCKER, ree. a C. LÉVY, Cicero Aca-
demicus, cit., «Gnomon», LXVIII (1996) p. 221, sottolinea che Cicerone «is
never tired of proclaiming his adherence to the sceptical Academy and
giving his - entirely sceptical reasons - for it».
' Cfr. J.S. REID (ed.), M. Tuili Ciceronis Academica, London 1885,
rist. anast. Hildesheim-Ztirich-NewYork 1984, p. 3.
INTRODUZIONE 11

vacando che a parlare sono o Antioco, o Filone 4, che pieghe-


rebbero il pensiero dei loro predecessori a sostegno delle loro
posizioni, o a_dducendo la scarsa comprensione filosofica di
Cicerone. Com'è noto, Cicerone dichiara nel Lucut!us' di
non voler discutere di Filone, ma di riferirsi allo scetticismo
di Arcesilao e di Carneade. Ed è anche un dato di fatto che il
contrasto dottrinale che aveva diviso i suoi due maestri, Fi-
lone di Larissa e Antioco d'Ascalona, sull'interpretazione
della filosofia precedente, e in particolare, sulla valutazione
della filosofia di Socrate e di Platone e sulla tesi dell'unità
dell'Accademia, non solo sottostà all'impianto dell'opera ma è
stato causa per Cicerone di attenta riflessione lungo tutto il
corso della sua vita. Pertanto i Libri Academici contengono
vari livelli e stratificazioni del dibattito gnoseologico stoico-
accademico dal III al I sec. a.C. - inclusa la posizione dello
stesso Cicerone -, che si intrecciano e che non è sempre facile
enucleare 6 , ma che è possibile e necessario far emergere. Ad
una lettura attenta di quest'opera si constata infatti che la
filosofia di Arcesilao si distingue da quella di Carneade e di
Clitomaco e soprattutto da quella di Filone e dello stesso
Cicerone e che dunque la nozione di scetticismo all'interno
dell'Accademia ha subito un'evoluzione e trasformazione si-
gnificativa. La testimonianza di Cicerone per la ricostruzione
della filosofia dell'Accademia scettica assume inoltre una rile-

4
Cfr. J.M. COOPER, Arcesilaus: Socratic and Sceptic, in Io., Know-
ledge, Nature and the Good. Essays on Ancient Philosophy, Princeton
2004, pp. 81-103 (rist. diArcesilaus: SocraticandSceptic, in V. KARASMA·
NIS (ed.), Socrates 2400 Years Since His Death - Proceedings, Athens
2004), p. 88, il quale ritiene che il resoconto di Cicerone della storia
dell'Accademia di acad. I 43-6 e Luc. 72-8 sia stato influenzato da Filone
e che non riporti quindi correttamente le motivazioni per cui Arcesilao è
giunto allo scetticismo (ma su questo punto cfr. infra, Appendice 1).
:; Luc. 12: ad Arcesilan Carneadenque veniamus.
6
Cfr. C. BRITTAIN (ed.), Cicero. On Academic Scepticism, Indiana-
polis-Cambridge 2005, p. XXXVI.
12 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

vanza particolare se si riflette sul fatto che, essendo cronolo-


gicamente precedente a quella di Sesto Empitico, permette di
stabilite la provenienza accademica di alcune argomentazioni
di cui Sesto Empitico si appropria senza riconoscerne la pa-
ternità, o di cui preferisce tacere 7 •
Sesto Empitico, testimone principale del neopitronismo,
rivendica infatti lo scetticismo come una posizione del tutto
originale e peculiare dei filosofi pitroniani che, a suo giudizio,
non ha avuto precursori in altre scuole filosofiche. D'altra parte
la Quarta Accademia di Filone aveva abbandonato l'hoxi] nepì
nnv1rov e, pur rifiutando alla rappresentazione catalettica stoica
la funzione di criterio di verità, ammetteva che le cose sono per
narura conoscibili tanto da ridurre la filosofia accademica ad
una critica interna del dogmatismo stoico. Sia le testimonianze
pitroniane che quelle accademiche dipendenti dalla Quarta Ac-
cademia accreditano dunque due conclusioni: il pitronismo è
l'unica manifestazione coerente dello scetticismo; la filosofia
dell'Accademia scettica è caratterizzata da un atteggiamento
aporetico, già proprio di Platone, che sottolinea la difficoltà
di conoscere, ma che ammette in linea di principio la possibilità
di raggiungere la conoscenza. Mentre i Pitroniani propongono
uno stile di vita privo di opinioni, gli Accademici con differenze
poco rilevanti fra loro, attaccano dialetticamente le tesi dei
dogmatici: poiché i dogmatici sostengono la possibilità di
conoscere, gli Accademici oppongono la tesi che nulla può es-
sere conosciuto con certezza, ovvero l' akatalepsia di tutte le
cose. Per questa ragione già Enesidemo 8 aveva rivolto contro

7
Sesto omette di dire che l'attenzione al problema del linguaggio è
propria anche degli Accademici prima di essere tematizzata dal neopir-
ronismo e pertanto non fa alcun cenno al termine èi311A.ov che .è larga-
mente utilizzato dai Pirroniani, ma che fa parte della terminologia filo-
sofico tecnica di Arcesilao: cfr. EusEB. PE xrv 7, 15 che riassume il
punto di vista di Numenio (cfr. infra, cap. II, p. 107 nota 65) e C1c.
Luc. 32 (su cui si veda Appendice!).
• Cfr. PHoT. bibl. cod. 212, 169b.
INTRODUZIONE 13

gli Accademici del suo tempo l'accusa di dogmatismo, che Sesto


Empirico' riprende ed estende a tutta l'Accademia scettica con
l'ecce.zione ambigua di Arcesilao. Gli Accademici quindi sareb-
bero dei dogmatici negativi, mentre i Pirroniani sarebbero gli
autentici scettici. Questa conclusione si può accettare soltanto
se ci si ferma ad una prima lettura di queste testimonianze,
assumendole nel loro valore letterale e apparente. Ma ad un' ana-
lisi storico critica più approfondita che ne valuti gli scopi e
!'attendibilità la pretesa di Sesto Empirico che la filosofia del-
1' Accademia e lo scetticismo rappresentino due filosofie ben
distinte e separate esce piuttosto ridimensionata". D'altra parte
Sesto", attaccando il metodo dialettico utilizzato dagli Accade-
mici che si basa sulle argomentazioni Ku'à µépoç - le quali, a suo
dire, non soltanto contribuiscono ad allungare oltre i limiti la
trattazione, ma finiscono per essere difficilmente distinguibili
da quelle degli avversari -, ha contribuito a giustificare l'inter-
pretazione esclusivamente dialettica e ad hominem della filosofia
di Arcesilao e di Carneade, che è tuttora sostenuta anche da una
parte della storiografia moderna". È necessario dunque sotto-
porre le fonti ad un'analisi critica per comprendere come mai lo
scetticismo rigoroso di Arcesilao sia stato assimilato a uno scet-
ticismo dogmatico"- Che tra le due forme di scetticismo, pirro-

' Cfr. PH r 226-31.


10 J. ANNAS, The Heirs o/ Socrates, «Phronesis», XXXlII (1988) p. 108,
ritiene che l'atteggiamento di Arcesilao nei confronti dell'€:7toxft lo faccia
apparire nonostante tutto un Pirroniano e, in quanto tale, non in per-
fetta continuità filosofica con Socrate e Platone.
ucfr.MIXl.
12
Emblematico di questa interpretazione è il giudizio di P. Coms-
SIN, Le stoi"cisme de la. Nouvelle Académie, «Revue d'histoire de la philo-
sophie>>, m (1929) p. 242: gli Accademici <<n'ont pas inventé, ni enseigné
pour leur propre compte, une théorie de la connaissance ou de l' action:
ils ont emprunté à leur antagonistes les ffiatériaux de leurs discours
contradictoires».
u Cfr. M. PREDE, The Skeptic;s Two Kinds o/ Assentand the Question
o/ the Possibility o/ Knowledge, in R. RoRTY-J. SCHNEEWIND-Q. SKINNER
14 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

niano e accademico, ci siano differenze non si vuole certo qui


negare. Ciò che una lettura attenta continuata e complessiva
della testimonianza di Sesto permette di stabilire è che se I' ac-
cusa di dogmatismo negativò rivolta ali' Accademia di Filone ha
una sua giustificazione, deve certamente essere esclusa per la
filosofia di Arcesilao verso la quale lo scetticismo pirroniano è
seriamente indebitato e al contempo deve essere riconsiderata
nei confronti del probabilismo di Carneade, almeno così come è
stato formulato da una parte della tradizione".

Questo volume nasce dall'esigenza di ricomporre in una


interpretazione unitaria alcuni articoli che ho dedicato nel
corso degli anni allo studio della testimonianza di Sesto Em-
pirico sull'Accademia scettica. Esso è costituito, in parte, di
alcuni studi già pubblicati, ma aggiornati e modificati allo
scopo di evitare ripetizioni e, in parte, di contributi nuovi a
completamento dei paragrafi da me o mai commentati o sus-
cettibili di approfondimento in relazione ad alcuni nodi pro-
blematici significativi"· L'obiettivo è quello di offrire un

(eds.), Philosophy in History, Cambridge 1984, p. 273 (rist. in M. FREDE,


Essays in Ancient Philosophy, Minneapolis 1987, p. 215): «far it seems
that Pyrrhonism is not so much a revival of Pyrrho's philosophy, but
a revival of classica! Academic skepticism under the name of Pyrrho-
nism, to distinguish it from the dogmatism which Aenesidemus and Sex-
tus Empiricus associated with the later skeptical Academy».
14
Condivido il giudizio di G. STRIKER, Ùber den Unterschied zwi-
schen den Pyrrhoneern und den Akademikern, «Phronesis)>, XXVI (1981),
p. 154: «Arkesilaos und Karneades erklarten ausdri.icklich dass sie auch
nicht wissen dass sie nichts wissen (C1c. acad. 1 45; Luc. 28). So liegt es
vielleicht nahezu meinen, dass es den Pyrrhoneern bei ihren Abgrezungs-
versuchen mehr um Schulpolitik als um inhaltliche Differenzen ging».
' J. ANNAS, The Heirs o/Socrates, cit., p. 102, discutendo il mio stu-
1

dio, Opinion~ e scienza. Il dibatti~o tra Stoici e Accademici nel III e II secolo
a.C., Napoli 1986, lamentava che avessi commentato poco il dibattito
epistemologico stoico-scettico riportato da Sesto in M·vrr 150-7; a cui
qui ho dedicato nuove pagine. ·
INTRODUZIONE 15

commentario continuo delle sezioni di PH I e di M VII dedi-


cate da Sesto Empirico ali' Accademia scettica e, nel con-
tempo, di approfondire e precisare alcuni aspetti scaturiti
dal dibattito attorno al mio studio Opinione e scienza nel corso
degli anni. Per una migliore comprensione della interpreta-
zione della testimonianza di Sesto su Arcesilao, mi è parso
utile scrivere una breve not.a su Cic. Luc. 32, che, a mio
parere, ne costituisce un necessario complemento, e ripubbli-
care nella sua versione originaria, larticolo Socrate nelle tradi-
zioni scettico-accademica e pirroniana in G. Giannantoni et al.
(a cura di), La tradizione socratica, Seminario di Studi, Napoli
1995, pp. 89-123.
CAPITOLO PRIMO

LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO


ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I

Sesto fonte attendibile o testimone di parte dell'Accademia scettica?

La personalità di Sesto si presenta enigmatica e contro-


versa. Non si sa pressoché nulla della sua vita 1 e quanto alla
sua posizione filosofica sorprende il suo giudizio sulla scuola
di medicina empirica, allorché in PH I 236-41 afferma che la

1 Per una ricostruzione della biografia di Sesto, cfr. D.K. HouSE,


The Li/e of Sextus Empiricus, «The Classica! Quarterly», xxx (1980) pp.
227-38, che pone la cronologia di Sesto nella seconda parte del II secolo
d.C. A. BAILEY, Sextus Empiricus and Pyrrhonean Scepticism, Oxford
2002, pp. 99-118, invece, propende a collocare la vita di Sesto nella se-
conda metà del III sec. Si tratta di una datazione tarda, che porrebbe il
terminus post quem della vita di Sesto all'incirca nel 236 d.C., ricavata
soprattutto dal silenzio di Galeno, dal fatto che Diogene Laerzio (IX 116)
lo cita per nome e che Ippolito lo avrebbe utilizzato (su cui cfr. J. MANS-
FELD, Heresiography in Context. Hippolitus 'Elenchos' as a Source /or Greek
Philosophy, Leiden 1992, pp. 317-25). Tuttavia da questi elementi non è
possibile trarre conclusioni certe, come prudentemente osserva E. SPI-
NELU, s.v. Sextus Empiricus, in R. GoULET (éd.), Dictionnaire des Philoso-
phes Antiques, in corso di stampa il quale, in base a un'accurata disamina
dei dati in nostro possesso, propone che «piuttosto che rinunciare a qual-
siasi tentativo, è forse possibile azzardare un'ipotesi e porre il./loruit di
Sesto nel periodo 180-220 d.C.». Cfr. anche D. MACHUCA, Sextus Empi-
ricus: His Outlook, Works, and Legacy, «Freiburger Zeitschrift fiir Phi-
losophie und Theologie», LV (2008) pp. 28-63.
18 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

scuola di medicina metodica ha maggiori affinità con lo scet-


ticismo di quanto non ne abbia la medicina empirica. Infatti
egli è un seguace dello scetticismo pirroniano e al contempo un
esponente della medicina empirica 2 . Inoltre, due elementi ren-
dono problematica la sua collocazione filosofica: pur essendo
vissuto all'incirca a cavallo tra il II secolo e il III secolo d.C.,
Sesto non rivolge il suo interesse alle correnti filosofiche con-
temporanee1 a cui non fa alcun accenno nella sua opera, ma fa
terminare il suo resoconto dossografico con l'età ellenistica,
come attestano le citazioni delle fonti che non vanno oltre il I
secolo a.C. Quest'apparente estraneità alla sua epoca sembra
confermata dalla scarsa influenza che ebbe il suo insegna-
mento', dal momento che dopo Saturnino', suo discepolo, del
pirronismo non si hanno più notizie. Tuttavia Sesto è non solo
l'unico filosofo pirroniano di cui ci è rimasta pressoché inte-
ramente l'opera, ma è anche uno dei testìmoni principali dello

2
Sulla sua affiliazione alla setta medica empirica, depone anche il
cognomen "Empirico'', cfr. DLIX 116. Pertanto il giudizio espresso in
PH r 236-41 non è facilmente interpretabile. Sono state avanzate diverse
possibili spiegazioni, ma nessuna suffragata da prove convincenti, come
per es. la spiegazione, avanzata da R. BE'IT (ed.), Sextus Empiricus.
Against the Logicians, Cambridge 2005, p. IX, secondo cui Sesto non in-
tendesse rivolgere la sua critica alla scuola empirica nella sua interezza,
ma soltanto a qualche esponente: ma contra convincentemente argo-
menta D. MACHUCA, ree. a R. BETI, Sextus Empiricus. Against the Logi·
cians, cit., «Bryn Mawr Classica! Review», 2008.01.11. Né è più persua-
siva l'ipotesi di A. BAILEY, Sextus Empiricus and Pyrrhonean Scepticism,
cit., p. 118, secondo cui la preferenza di Sesto per gli Empirici sarebbe
dovuta ai metodi terapeutici e diagnostici e non alla teoria. Per un'accu·
rata disamina della enigmatica relazione di Sesto con entrambe le sette
mediche, si veda D. MACHUCA, Sextus Empiricus: His Outlook, Works,
and Legacy, cit., pp. 49-50.
3 R. BETI, op. cit., osserva: «in the second century there were flou-
rishing Aristotelian and Platonist movements, yet Sextus shows no awa-
reness of them whatever; his focus was invariably on the Hellenistic pe·
riod [... ] and earlier. His immediate influence appears to have been vir-
tually non·existent».
4
Cfr. DLIX 116.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 19

scetticismo accademico: infatti i maggiori rappresentanti del-


1' Accademia scettica, Arcesilao e Carneade, non hanno scritto
nulla., e le opere di Clitomaco, discepolo di Carneade, e i Libri
Romani di Filone di Larissa sono andati perduti. Una ricostru-
zione interna allo scetticismo accademico ci è offerta da Ci-
cerone, il quale negli Academica non solo è portavoce di un
dibattito che ha opposto, sull'interpretazione della filosofia
precedente i suoi due maestri, Filone di Larissa e Antioco
d'Ascalona, ma nel contesto di quel dibattito, riferisce le po-
sizioni di Arcesilao, di Carneade e di Clitomaco. Poiché anche
Sesto fa terminare la dossografia di M vu con l'Accademia di
Carneade e Clitomaco e in PH I si ferma alla critica della
posizione di Antioco e di Filone, si potrebbe concludere che
la vitalità dello scetticismo accademico si fosse ormai esaurita
con la chiusura della scuola platonica, avvenuta nel I secolo
a.C., con l'ultimo scolarca, Filone di Larissa 5 .
Cicerone lascia intendere che Antioco d'Ascalona riuscì a
vincere la sua partita con Filone, quando nel Lucullus (17)
afferma: Philone viva, Academiae patrocinium non defuit 6 . Ma

5
Il problema della sopravvivenza dell'Accademia platonica come
scuola istituzion3.le nel periodo che va da Antioco a Plutarco, è ampia-
mente dibattuto dagli studiosi, a partire dallo studio di J. GLUCKER, An-
tiochus and the Late Academy, GOttingen 1978, pp. 280-93, che sostiene
la tesi secondo cui lAccademia ha cessato di esistere come una scuola
organizzata in Atene fin dall'età di Antioco, mai divenutone scolarca,
e che quindi l'ultimo scolarca fu Filone. H.B. GoTTSCHALK, Aristotelian
Philosophy in the Roman World, in ANR W, II 36, 2, (1987) pp. 1079-174
è scettico su questo punto: cfr. in particolare a p. 1094 e nota 76.
6
Se con questa frase Cicerone· abbia voluto intendere che Filone
non abbia avuto successori, come vuole J. GLUCKER, Antiochus, cit., p.
105, o più verosimilmente, che l'Accademia scettica non abbia più avuto
"a literary defence", come suggerisce D.N. SEDLEY, The End o/ the Aca-
demy, «Phronesis», XXVI (1981) p. 74 nota 3, che interpreta la parolapa-
trocinium nel senso di "difesa'', sta di fatto che, ai fini della sopravvi-
venzà della filosofia dell'Accademia scettica, il significato è lo stesso. Mi
sembra condivisibile l'opinione di V. BROCHARD, Les Sceptiques grecs, Pa-
ris 1887, 1932 2 , p. 221 e sgg., il quale spiega come l'Accademia scettica
20 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

la situazione è più complicata di quanto appare, poiché la


vitalità filosofica dell'Accademia non sembra si sia completa-
mente esaurita dopo lo scioglimento della scuola, nonostante
le sue vicende siano difficili da seguire. Né le condizioni sono
molto più favorevoli per quanto riguarda la storia del neopir-
ronismo, perché la scarsa documentazione doSsografica non
permette di ricostruire in modo soddisfacente levoluzione e
lo sviluppo della scuola dopo Enesidemo, la cui posizione non
è identica a quella di Sesto, ma se ne differenzia in più punti 7 .
Ebbene, il problema della differenza tra Accademici e
Pirroniani è stato posto per la prima volta da Enesidemo che

continuasse la sua tradizione. a Roma con lo stesso Cicerone e i suoi


amici, ma che la sua vitalità era ormai esaurita, poiché non si poteva con-
tare sui Romani per dare uno sviluppo originale a idee greche. Certa-
mente ciò non esclude che esistessero maestri individuali, che si conside-
ravano esponenti dell'Accademia nel periodo che va da Antioco~ Sesto,
come testimonia Favorino d'Areiate, e la corrente dei cosiddetti Accade-
mici veO:rcspot contro i quali polemizza Galeno nel De optima doctrina, su
cui cfr. A.M. lOPPOLO, Gli Accademici ve6J'repoi nel secondo secolo d.C.,
«Méthexis», xv (2002) pp. 45-70.
7
Che il pirronismo abbia percorso una lunga storia da Pirrone a Se-
sto Empirico e che quindi tra il pirronismo di Enesidemo, almeno da
quanto emerge dall'estratto di Fazio, e quello di Sesto ci siano diver-
genze, è un dato. indubitabile: per una forte enfasi sull'evoluzione del
pirronismo e sul suo cambiamento da una fase iniziale caratterizzata
dalla posizione di Enesidemo a quella finale rappresentata dagli scritti
di Sesto: cfr. R. BETT, Pyrrho. His Antecedent and bis Legacy, Oxford
2000 (in part. pp. 189-240); contra M. SCHOFIELD, Aenesidemus: Pyrrho-
nist and "Heraclitean", in A.M. lOPPOLO-D.N. SEDLEY, Pyrrhonists, Patri-
cians, Platonizers. Hellenistic Philosophy in the Period 155-86 B.C., Napoli
2007, pp. 282-3, il quale ritiene che «"the sceptical way of thought" Ae-
nesidemus had in mind was roughly the same as Sextus»; per un ridimen-
sionameUto delle differenze individuate da Bett tra la posizione di Ene-
sidemo e quella di Sesto, cfr. anche L. CASTAGNOU, ree. a R. BETT,
Pyrrho, cit., «Ancient Philosophy» 1 XXII (2002) pp. 443-57. Per una in-
terpretazione equilibrata dell'evoluzione del pirronismo, cfr. ]. BARNES,
Diogenes Laertius IX 61-116: the Philosophy o/ Pyrrhonism, in ANR W u
36, 6 (1992) p. 4247 nota 30.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 21

ha sostenuto con forza la diversità fra le due scuole'. Ma le


due tradizioni si erano intrecciate e scontrate fin dall'inizio,
se è vero che Timone, discepolo di Pirrone, aveva attaccato
Arcesilao, accusandolo di essere un plagiario di Pirrone'. L'in-
tento di Timone era probabilmente di rivendicare a Pirrone il
ruolo di inventore dellò scetticismo, che Arcesilao pretendeva
per la sua scuola. Pertanto il problema della differenza tra
Accademici e Pirroniani si era già posto fin dall'inizio, almeno
due secoli prima di Enesidemo, è stato per la prima volta
tematizzato da Enesidemo e si è prospettato insolubile - e
forse lo è - fin dal suo nascere rn Dopo Enesidemo, soltanto
Plutarco mostra un interesse per questo problema. Non si
conosce con esattezza quale fosse l'interpretazione di Plutarco
dei rapporti tra le due correnti dello scetticismo, perché sfor-
tunatamente le opere che egli dedica esplicitamente a questo
argomento sono andate perdute 11 , ma dalla difesa dello scet-
ticismo di Arcesilao nell' Adversus Colotem si può ipotizzare
che egli non condividesse il giudizio espresso da Enesidemo
sugli Accademici"- Se fosse prevalsa la posizione di Enesi-
demo, che accusa di dogmatismo gli Accademici, almeno quelli
del suo tempo 13 , la tesi della indistinzione tra Accademici e

8 Cfr. PHOT. bibl. 169b e sgg.


9 Cfr. DL rv 33 ( = Pyrrho T 32 Dedeva) e NuMEN. apud EusEB. PE
XIV 5, 11-14 (ibid.) e vedi infra, pp. 48-51.
1
° Cfr. J. BRUNSCHWIG, Introduction: the Beginning o/He!!enistic Epi-
stemo!ogy, in K. ALGRA et a!ii, The Cambridge History o/ He!lenistic Phi-
losophy, Cambridge 1999, pp. 250-1.
11 Plutarco aveva scritto un'opera peduta intitolata Ilepi -i:fiç

81aqiopéiç -i:éòv Ilupproveirov Kaì 'AKa8riµalx&v, elencata al n. 64 del Ca-


talogo di Lampria. Dai titoli di almeno otto opere si deduce che Plutarco
si era occupato diffusamente dello scetticismo. Si tratta delle opere elen-
cate ai nn. 45, 63, 64, 131, 134, 158, 210, 225.
12 Cfr. adv. Col. 26, 1121 F-1122 F. Difficilmente quindi Sesto

avrebbe potuto utilizzare Plutarco come una fonte per ricostruire la po-
sizione dell'Accademia scettica, ma semmai come una fonte a cui con-
trapporsi.
u Cfr. Enesidemo in PHOT. bib!. 170a 14-6, il quale ritiene che «gli
22 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Pirroniani, che si incontra nelle fonti successive non sarebbe


così diffusa.
Il fatto è che nel periodo di tempo che intercorre tra
Cicerone e Sesto la storia dello scetticismo accademico e pir-
roniano ha percorso un lungo cammino che il resoconto di
Sesto lascia intravedere, ma non permette di ricostruire. Una
circostanza di indubbia portata di cui tener conto è che nel
176 d.C., quando Marco Aurelio istituì quattro cattedre di
filosofia ad Atene, non vi figurava lo scetticismo 14 • Inoltre un
altro fattore importante che merita attenzione è che autori del
I e II secolo d.C., quali Seneca, Epitteto, Galeno, Luciano,
non distingùono gli Accademici dai Pirroniani, ma ne parlano
come se fossero un unico gruppo di filosofi accomunandoli, sia
pur genericamente, su posizioni radicali anziché moderate 15 •
Tutto ciò indurrebbe a credere che ormai nel II secolo d.C. la
vitalità dello scetticismo fosse in serio declino, tanto che si era
perduta la differenza tra le due correnti, accademica e pirro-
niana. Infatti, proprio in quel periodo, si assiste al tentativo di
un non meglio conosciuto gruppo di filosofi, denominati Ac-
cademici VEÙJ'CEpot, di far rinascere lo scetticismo accademico
"sotto spoglie neopirroniane". La testimonianza diretta più
cospicua è costituita dalla posizione filosofica assunta da Fa-
vorino d' Arelate 16 , che si considerava a pieno titolo un se-

Accademici suoi contemporanei, µ6.>...1crta tfjç vùv, sembrano essere


Stoici che combattono contro Stoici».
14 P.L. DoNINI, Scetticismo, scettici e cattedre imperiali, in G. GIAN·

NANTONI (a cura di), Lo scetticismo antico (Atti del Convegno di Roma, 5-


8 novembre 1980), Napoli 1981, II, p. 687, osserva come fosse ormai dif-
fusa, «negli strati colti della società imperiale, l'abitudine di acquisire
un'informazione filosofica di base frequentando i maestri delle quattro
sette, platonica aristotelica stoica epicurea [. .. ] Marco Aurelio non fece
dunque altro che sanzionare una situazione di fatto».
15 Cfr. A.M. IoPPOLO, Gli Accademici veWrepoz nel secondo secolo

d.C., cit.
16
Rinvio per un'esposizione più dettagliata e approfondita della fi-
losofia di Favorino, ad A.M. IoPPOLO, The Academic Position o/ Favori-
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 23

guace cieli' Accademia 17 , e che è illustrata dalla polemica di


Galeno contro gli Accademici VEW«pot nel De optima doc-
trina. Favorino aveva studiato in modo approfondito i tropi
di E.nesidemo, proponeva un ritorno a posizioni scettiche ri-
gorose, come quella di «non pronunciarsi in modo certo su
nessuna cosa» 18 e teorizzava apertamente l'identità fra le due
correnti dello scetticismo, pirroniano e accademico, recla-
mando un autentico e rigoroso scetticismo anche per gli Ac-
cademici 19 .

nus of Areiate, «Phronesis», xxxvm (1993) pp. 193-213. Sulla biografia


di Favorino, cfr. A. BARlGAZZI, Favorino d'Areiate, Introduzione, testo
critico e commento, Firenze 1966, e L. HoLFORD-STREVENS, Favorinus:
The Man of Paradoxes, inJ. BARNEs-M. GRIFFIN (eds.), Philosophia Togata
II: Plato and Aristotle at Rame, Oxford 1999, pp. 188-217.
17 GELL. noct. Att. rv 1, 14 = T. 33 Barigazzi: ex nostra[ ... ] phi!o-
sophia; 18: cum philosophia me dedissem. In particolare si legga GELL.
noct. Att. xx 1, 9: scis enim solitum esse me pro disciplina sectae, quam
colo, inquirere potius quam decernere; e la risposta dell'interlocutore al
par. 21 che parla di istis disputationum vestrarum Academicis alludendo
all'appartenenza di Favorino all'Accademia, cfr. T. 47 Barigazzi; Lu-
ciano (Eunuc. 7 = T. 7 Barigazzi) lo definisce «un accademico eunuco,
di nazione celta che poco prima di noi ebbe gran fama presso i Greci», e
Filostrato (vit. Soph. r 8 p. 491 "" T. 6 Barigazzi) lo definisce invece un
sofista e un filosofo.
18 GAL. de opt. doctr. p. 179, 1, 3-10 = p. 92, 1, 1-11: ne pi µ~oevòs

np6:yµatoç 6picracr0a1 µ118' ànocpi\vacr0a1 j3ej3ai<oç.


19
Con ogni probabilità risale a Favorino il giudizio riportato da GELL.
noct. Att. XI 5, 6-8 = fr. 26 Barigazzi, sull'affinità tra le due scuole filoso-
fiche, su cui cfr. infra, nota 35. La posizione di F avarino è infatti stata re-
cepita da Galeno come identica al pirronismo, tanto che nel De optima doc-
trina accomuna più volte Favorino e gli Accademici veffitepo1 ai Pirroniani,
quando ne sottolinea l'identità delle argomentazioni, come l'uso dell'argo-
mento dell'àna.paÀÀa/;la, e l'atteggiamento filosofico di radicale scettici-
smo: cfr. p. 180, 2, 12 = p. 94, 1, 14-8; p. 183, 3, 13-7 = p. 102, 3, 1-
5. Il giudizio di Favorino ha contribuito a rafforzare nei contemporanei la
convinzione che le due correnti dello scetticismo fossero sostanzialmente
identiche. Per l'influenza esercitata su Luciano, cfr. B. ScHWARTZ, Lukians
Verhdltnis zum Skeptizismus, Inaug. Diss. KOnigsberg, Tilsit 1914, p. 39 e
sgg., che ha messo in luce concordanze non solo di contenuto, ma anche
24 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Non solo sul fronte accademico, ma anche su quello pirro-


niano, però, si assiste al tentativo di riconciliare le due correnti
dello scetticismo. Teodosio 20 , medico empirico e scettico, con-
temporaneo di Teodas di Laodicea, scrive, nell'opera intitolata
Sommario scettico, che lo scetticismo non deve essere chiamato
pirronismo, perché non è possibile conoscere il movimento di
pensiero di nessuno. Egli riteneva anche che Pirrone non fosse
stato l'inventore dello scetticismo, né avesse so.stenuto alcun
dogma. Il dubbio che Teodosio avanza sul fatto che Pirrone sia
stato l'inventore dello scetticismo potrebbe rivelare il tenta-
tivo di colmare il divario tra le due correnti dello scetticismo 21 •
Comunque si voglia intendere la sua affermazione, resta il
fatto che Teodosio estende implicitamente lo scetticismo non
solo ai Pirroniani. Sesto Empirico si oppone forse proprio al-
l'interpretazione di Teodosio quando nei Lineamenti Pirro-

formali tra le argomentazioni di Luciano e quelle di Favorino. In partico-


lar«;! è significativo da parte di Luciano l'uso dell'appellativo e.accademico"
e "pirroniano" senza distinzioni, nonostante egli mostri una notevole co-
noscenza delle rispettive posizioni, cfr. Herm. 14, 70, 73-5; vera hist. II 18;
vit. auct. 27 = Pyrrho T 78 Decleva; lcaromen. 25 = T 77 Decleva. Per
l'aspra polemica di Epitteto contro gli Accademici CttaÀ.ainropot, che egli
non distingue dai Pirroniani, cfr. diss. n 20, 20. Argomentazioni analoghe
si troVano in diss. I 27, 15-21, dove Epitteto accomuna genericamente Pir-
roniani e Accademici. Al par. 2 parla di crocpicrµata dei Pirroniani e degli
Accademici contro i quali è necessario trovare un rimedio. Anche Seneca
accomuna genericamente Pirroniani e Accademici (cfr. epist. 88, 5 e 43-4).
20 Su Teodosio, cfr. DLxx-70 = Pyrrho T41 DeclevaeF. DECLEVA

CAIZZI, Pirrone. Testimonianze, Napoli 1981, pp. 201-4.


21 Cfr. A. GOEDECKEMEYER, Die Geschichte des griechischen Skepti-

zismus, Leipzig 1905, p. 264, secondo il quale Teodosio è la fonte di Dio-


gene Laerzio in questo passo e quindi' la lista dei precursori dello scetti-
cismo, a partire da Omero che segue, deriva da lui. L'obiezione di Teo-
dosio infatti potrebbe essere intesa nel s.enso che, poiché la scepsi è an-
tica quanto Omero, Pirrone non può esserne il fondatore. Se così fosse,
Teodosio sosterrebbe una posizione vicina a quella dell'Accademia scet-
tica per la quale la ricerca di predecessori è un tratto caratteristiço - ba-
sti pensare all'uso fatto da Arcesilao dei filosofi del passato, su cui,· cfr.
Crc. Luc. 13-5, PLUT. adv. Col. 26, 1121 E-1122 A.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 25

niani 22 , giustifica e rivendica alla sua scuola l'appellativo di


"pirroniana", sostenendo che «Pirrone ci sembra incarnare la
scepsi in modo più manifesto (bmpav8cnEpov) dei suoi prede-
cessori»". Quando Sesto dunque rivendica l'originalità dello
scetticismo pirroniano rispetto alle altre filosofie, sta reagendo
innanzi tutto a una - ai suoi occhi - pericolosa tendenza dif-
fusasi tra i contemporanei.
Si pone dunque il problema del!' attendibilità storiografica
della testimonianza di Sesto che ha diviso, e, tuttora, divide la
critica. C'è chi pensa che Sesto sia un pedissequo compilatore,
più che altro un copista privo di qualunque autonomia e origi-
nalità", o chi ritiene che, nel fare storiografia, egli sia fonte
attenclibile perché procede con criteri obiettivi, ricorrendo ai
testi originali e citando lungamente le parole stesse degli autori
che vuole combattere". Sia l'una che l'altra interpretazione
peccano per eccesso in un senso e nell'altro. La prima ha a suo
favore il fatto che la dossografia di M VII si conclude con l' Ac-
cademia di Carneade e che PH I si ferma alla critica della
posizione di Antioco e di Filone. Il resoconto dossografico
quindi si interrompe vari secoli prima di quando vive e opera

22 Cfr. PH r 7. Cfr. J. BARNES, Diogenes Laertius IX 61-116, cit., p.

4285. Secondo E. Spinelli, nel commento ancora inedito agli Schizzi Pir-
roniani, è verosimile supporre che Sesto, nel duplice intento di polemiz-
zare nei confronti tanto di coloro che avevano popolato la storia dello
scetticismo di presunti precursori di Pirrone (cfr. DLIX 71 sgg.), quanto
di chi aveva dichiarato illegittimo richiamarsi a lui e definirsi, perciò
"pirroniano", si appoggi a precedenti auctoritates: a Timone e forse an-
che ad Enesidemo (cfr. ad es.DLIX 62, contra Antigono) e a Menodoto
(cfr. GAL sub/ emp. XI 82, 23 sgg.).
23
Cfr. F. DECLEVA CAIZZI, Prolegomeni ad una raccolta delle fonti
relative a Pirrone di Elide, in G. GIANNANTONI (a cura di), Lo scetticismo
antico, cit., I, p. 127.
24
Cfr. H. MuTSCHMANN, Sexti Empirici Opera, recensuit, 1:
lluppcovsicov Un:otuncl:icrscov libros tres continens, Lipsiae 1912, p. XIII;
U. BURKHARD, Die angebliche Heraklit-Nachfo!ge des Skeptikers Aenesi-
dem, Bonn 1973, p. 31.
2
' Cfr. V. BROCHARD, Les Sceptiques, cit., pp. 324 e 326-7.
26 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Sesto. Una domanda alla quale sarebbe utile rispondere per


capire il valore e l'attendibilità della testimonianza di Sesto è
perché le sue fonti si fermano al I secolo a.e. La risposta più
semplice è che egli avrebbe seguito pedissequamente la sua
fonte il cui terminus post quem è il I sec. a.e. Se così fosse, la
fonte di Sesto, almeno laddove affronta il problema della dif-
ferenza tra Accademici e Pirroniani, potrebbe essere Enesi-
demo che aveva per primo sostenuto con forza la differenza fra
le due scuole". Del resto è lo stesso Sesto ad avvalorare la sua
posizione non come originale, ma piuttosto come un fedele
resoconto dello scetticismo, perché tenta di accreditarla come
«l'opera collettiva di una scuola» 27 • Egli si serve di un potente
arsenale argomentativo, patrimonio di tutta la tradizione scet-
tica precedente, accademica e pirroniana, che ordina e dispone
in modo tale da renderlo massimamente efficace per la sua
battaglia contro il dogmatismo. Tuttavia a favore della seconda
interpretazione c'è il fatto che scopo primario di Sesto non è
quello di informare, quanto piuttosto di indirizzare l'interlocu-
tore allo scetticismo. Egli vuole indurre il lettore a conseguire il
fine scettico, che· è «una imperturbabilità rispetto alle cose
soggette ad opinione e una moderazione nelle affezioni che
sono per necessità»". A questo scopo egli si avvale di argomenti
forti, e di ragioni deboli a secondo dell'occorrenza 29 , perché ciò
che soprattutto gli preme è salvare gli uomini dal dogmatismo
generando uno stato di equipollenza che li conduca all' epoche. Il
suo intento precipuo e dichiarato, inoltre, è quello di distin-
guere lo scetticismo pirroniano, come l'unica forma autentica di
scetticismo, non solo dalle filosofie che sono erroneamente ri-

26 Cfr. PHOT. bibl. 169b e sgg.


27
Cfr. V. BROCHARD, Les Sceptiques, cit., p. 322.
28
PH I 25: <paµèv 06 5.xpt vùv téA.oç eìvctt toG crKE1tttKoG Ti]v èv tolç
Kcttò: 86/;ctv à.tapa!;iav Kaì èv tolç KcttavayKctcrµévoiç µetptonét.8eiav. Per
la formula frx.pi vGv in PH, cfr. J.A. PALMER, Skeptìcal Investigations,
«Ancient Philosophy», xx (2000) pp. 352-3.
" Cfr. PH m 280.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 27

tenute affini, ma soprattutto dallo scetticismo accademico. In


questa prospettiva non ci si può aspettare quel sentimento di
imp?rZialità e I' obiettività «che raramente si riscontrano negli
storici della filosofia antica», prerogative di cui gratificava l'o-
pera di Sesto Victor Brochard 30 .
La pretesa di originalità, dunque, rivendicata con forza da
Sesto allo scetticismo pirroniano, mal si presta a definire il
lavoro di un mero e semplice compilatore". Se è vero che Sesto
ricorre ai testi originali, citando lungamente le parole degli
autori, e quindi è una fonte preziosa di informazione, è altret-
tanto vero che spesso opera distorsioni nelle dottrine che vuole
combattere, perché il suo scopo è di parte"- Tuttavia se si
prescinde dai passi in cui egli dichiara esplicitamente di seguire
un autore, non è possibile stabilire fino a che punto egli dipenda
dalle sue fonti. A meno di non individuare con una certa atten-
dibilità la fonte o le fonti a cui egli attinge, quando non le cita,
non si può escludere che egli intervenga direttamente, rielabo-
rando all'occorrenza il materiale di cui dispone".

;o Cfr. V. BROCHARD, Les Sceptiques, cit., p. 326: «Le soin qu'il


prend de recourir aux textes originaux, de citer mème longuement les
propres paroles des auteurs qu'il combat, n'est pas le fait d'un esprit
inattentif qui veut s'épargner la peine de penser et de comprendre; e' est
plutOt le souci d'un historien consciencieux et méthodique, qui ne veut
rien avancer à la légère: e' est le scrupule honorable d'un écrivain qui ne
veut ni affaiblir, ni travestir la pensée de ses adversaires, et met sa gloire
à exposer impartialement leurs opinions».
31
Cfr. K. }ANACEK, Prolegomena to Sextus Empiricus, Olomouc
1948, p. 7 e sgg.; In., Ainesidemos und Sextos Empeirikos, «Eirene», XVlI
(1980), rist. in Studien zu Sextus Empiricus, Diogenes Laertius und zur
pyrrhonischen Skepsis, Berlin-New York 2008, p. 260.
32
Cfr.]. ANNAS, Sextus Empiricus and the Peripatetics, «Elenchos»,
XlJl (1992) p. 204.
33
R. BETT, Against the Logicians, cit., p. xx: «Besides, it is fair to
say that a consistent authorial personality comes through in Sextus'
works; however little we know of Sextus the man, his writings has a cha-
racteristic voice». Sostenitore dell'originalità di Sesto come filosofo è E.
SPINELLI, La distruzione dei valori. Il Pirronismo antico e !'etica come pro-
28 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Il problema quindi che si pone di fronte alla testimonianza


di Sesto relativa ali' Accademia scettica è quello di stabilire
fino a che punto le notizie che egli ci riferisce corrispondano
effettivamente alle posizioni assunte da Arcesilao e da Car-
neade, o non siano piuttosto un resoconto strumentalizzato al
fine di rivendicare lassoluta originalità dello scetticismo pir-
roniano. Tentare di dare una risposta a questo problema com-
porta un esame delle strategie messe in opera da Sesto, vale a
dire un esame del suo linguaggio, delle sue citazioni, delle sue
argomentazioni e soprattutto un confronto con le altre testi-
monianze, che conduca, seppure in via ipotetica, alla indivi-
duazione delle sue fonti.
La questione è complicata dal fatto che Sesto discute la
filosofia di Arcesilao e quella di Carneade sia nei Lineamenti
Pirroniani che in Adversus Mathematicos VII, ma secondo una
prospettiva diversa: in PH I l'interesse di Sesto è quello di
rilevare le differenze tra l'indirizzo accademico e quello pir-
roniano; in M VII egli adotta la prospettiva ellenistica del
criterio di verità dietro a cui si nasconde il tentativo di fare
di Arcesilao e di Carneade dei dogmatici negativi. Lasciando
da parte la vexata quaestio dei rapporti cronologici che inter-
corrono tra PH e M vrr-xr, su cui oggi si torna a discutere con
nuovi argomenti 34 , sorge il problema se Sesto abbia usato le

blema (in corso di stampa): ~<Nei suoi scritti [... ] confluiscono temi, que-
stioni, argomentazioni di tutte le correnti che caratterizzano lo scettici-
smo antico. Troviamo così ovviamente traccia di quella pirroniana, della
quale Sesto sembra voglia farci percepire anche una sorta di evoluzione
interna e che è per lui ancorata essenzialmente ai nomi di Pirrone, di Ti-
mone, ma poi anche di Enesidemo (rispetto al quale egli intrattiene tut-
tavia un rapporto apertamente dialettico, che in molti casi sfocia in
aperto dissenso) e di "scettici più recenti" (fra cui si può sicuramente
porre Agrippa) ... ». Diversamente interpreta J. BARNES, il quale nell'in-
troduzione, a J. ANNAs-J. BARNES, Sextus Empiricus. Outlines of Scepti-
cism, Cambridge 20002 ; p. xv, conclude che il confronto di passi paral-
leli di PH e M «sttongly suggest that Sextus was a copyist». .
34
Cfr. K. JANACEK, Studien zu Sextus Empiricus, cit., Algra, Bett,
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 29

stesse fonti in entrambe le opere e la diversità di approccio sia


dovuta alla diversa prospettiva da cui egli si colloca, o se
inve_ce i resoconti nelle due opere dipendano da fonti diverse.
Ciò non significa, a mio parere, che non si possa o non si
debba cercare di estrarre dal confronto tra le due opere un
resoconto coerente, almeno per quanto possibile, della posi-
zione di Sesto nei confronti dello scetticismo accademico.

La presunta affinità del!' Accademia con lo scetticismo

È un dato di fatto significativo che Sesto Empirico non uti-


lizzi mail' aggettivo mc1mnK6S per rifersi all'Accademia né in PH
1 né in M vn, sebbene ormai laggettivo designasse presso alcuni
autori, immediatamente precedenti, o contemporanei, - come·
Seneca, Epitteto, Plutarco, Favorino, Luciano, Galeno -, tanto
la filosofia accademica quanto quella pirroniana 35 . Sesto invece
riserva laggettivo esclusivamente alla filosofia pirroniana, mal-
grado egli stesso sia poi costretto ad ammettere che «alcuni riten-
gono che la filosofia accademica sia identica allo scetticismo»,._ In
PH I egli, tuttavia, non è disposto a riconoscere ali' Accademia

Brunschwig, Hankinson, Schofield, Spinelli, soltanto per citare alcuni


fra gli studiosi che sono divisi sulla cronologia delle due opere. Per
quanto mi riguarda non ritengo che la questione cronologica abbia un
peso determinante per giudicare la superiorità filosofica, o argomenta-
tiva, dell'una o dell'altra, in quanto le differenze tra le due opere sono
dovute piuttosto alle differenti prospettive da cui affrontano i problemi,
come, a mio parere, risulta limitatamente all'analisi dei resoconti sul-
1' Accademia scettica di PH I e M vn.
35 La questione della differenza tra Accademici e Pirroniani è defi-

nita vetus quaestio da Aulo Gellio; cfr. FAVOR. apud GELL. noct. Att. XI 5,
6 = fr. 26 Barigazzi: Vetus autem quaestio et a multis scriptoribus Graecis
tractata, an quid et quantum Pyrrhonios et Academicos phi!osophos intersit.
Utrique enim <YKS1t'tl.Koi, Èq>SK'tl.Koi, O.nopTl'tl.Koi dicuntur, quoniam utrique
nihi! adfinnant nihilque comprehendi putant.
36 PH I 220: q:iacrì µÉV'tOL 'ttvèç O'tt ii 'AKaOT1µai:Kl\ q:nì..ocroq:iia ii
ctÙ'Ci\ È<Y'tl 'Clj <YKÉlj/Sl.
3Q LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

un'affinità maggiore con lo scetticismo rispetto a quella che


riconosce alle napaKeiµavat qnAocrocpiat 37 , da cui, peraltro,
·pone molta cura di differenziare lo scetticismo: lo scetticismo
è una posizione del tutto originale e peculiare dei filosofi
pirroniani, che non ha avuto precursori in altre scuole filo-
sofiche. Del resto in PH I la distinzione dello scetticismo
dalle napaKdµi:vm (jltA.ocroq>im fa parte del Ka06A.oo Myoç
dell'opera a conclusione del resoconto sulla sua natura e sulle
sue finalità 38 . Sesto, pur non riconoscendo alcun ruolo privi-
legiato ali' Accademia scettica, la inserisce tra le filosofie ri-
tenute affini, ai napaKsiµsvat 0oKoi3crat cptÀocrocpiat 39 1 che
egli illustra allo scopo di far emergere più chiaramente le
differenze tra queste e il pirronismo 40 . Egli incentra dunque
la sua trattazione sulla oiaq>op6. e sulla 8taq>rov(a. A tal scopo
egli distingue la filosofia accademica come uno dei tre indi-
rizzi in cui "probabilmente" 41 si divide la speculazione filo-
sofica, intorno a un nodo centrale, quello della ricerca della
verità. Da un lato egli colloca i dogmatici, Aristotele, Epi-
curo, gli Stoici e alcuni altri, che affermano di aver trovato la
verità, dall'altro, Clitomaco, Carneade e gli altri Accademici
che affermano che è impossibile apprenderla e, in una posi-
zione del tutto particolare, gli Scettici che continuano a cer-

" Cfr. PH I 209.


38
Cfr. ibid.: i'.va craq>écn:epov -ri\v Èq>eK-rtKTjv à.rrorfiv Ka-ravoficrroµev.
" Cfr. PH I 241.
4
° Cfr. PH 1 5 e PH 1 217, in cui Sesto afferma che è possibile mo-
strare la differenza dello scetticismo, Èl;cntÀ.CÙcravteç cruµµé1:proç 1:ò Oo-
KoGv 1:(i) flprotay6pq.. Cfr. su questo punto U. BuRKHARD, Die angebliche
Heraklit-Nachfolge des Skeptikers Aenesidem, Bonn 1973, p. 60.
41
L'avverbio tcrroç è volto a sottolineare il non coinvolgimento scet-
tico nelle asserzioni, su cui cfr. PH r 194-5. J. BARNES, Sextan Scepticism,
in D. ScoTT (ed.), Maieusis. Essays on Ancient Philosophy in Honour o/
Myles Burnyeat, Oxford 2007, p. 34, osserva: «Ìt is the first manifesta-
tion in the Outlines of Sextus' pedantic determination to abstain from
making, or from seeming to make, any positive and unqualified cÌaim
about how things actually are».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 31

carla 42 . Da questa classificazione emergono due elementi im-


portanti: innanzi tutto non si tratta di una tripartizione,
quanto piuttosto di una bipartizione in cui i Dogmatici, po-
sitivi e negativi, sono opposti agli Scettici 4:\ in secondo
luogo, non c'è alcuna menzione né di Platone né di Arcesilao,
di cui poi si parlerà tra le nupuKeiµevm <ptA.ocrn<piat 44 . Da ciò
risulta che per Sesto la filosofia cieli' Accademia e lo scettici-
smo rappresentano due filosofie ben distinte e separate 45 •

42 Cfr. PH I 1-4: frn Sè l:'.t1 ST\•Oi5cn. K. JANAC:EK, Zur Bilanz der grie-
chischen Skeptizismus, in J. BURIAN-L. VmMAN, Antiquitas Grreco-Ro-
mana ac Tempora Nostra, Acta congressus (12-16 mensis Aprilis 1966),
Praha 1968, rist. in Studien zu Sextus Empiricus, cit., p. 167, ritiene «dass
die Dreiteilung am Anfang der PH nur eine einmalige, ad hoc erfundene
ist, damit Sextus liberhaupt die Existenz der skeptischen Schule r.echt-
fertigen kann». Inoltre un aspetto molto controverso dello scetticismo
pirroniano è proprio quello della ricerca della verità che non sembra ca-
. ratterizzare lo scettico così com'è descritto da Sesto, cfr. J.A. PALMER,
Skeptical Investigations, cit., p. 366 sgg., il quale analizza i vari significati
di S11•eiv in Sesto. Sull'abbandono del desiderio di conoscenza da parte
dello scettico, cfr. D. SEDLEY, The Mativation a/ Greek Scepticism, in M.
BURNYEAT (ed.), The Skeptical Tradition, Berkeley 1983, p. 10.
43
Cfr. K. JANACEK, Randbemerkungen zum neuen Pyrrhon-Buch,
«Eirene», xx:rr (1985) p. 80; G. CoRTASSA, Il programma dello scettica:
strutture e forme d'argomentazione nelle 'Ipotiposi Pirroniche' di Sesta Em-
pirico, in ANRW, II 36, 4 (1990) p. 2712.
44 Cfr. J. BARNES, Sextan Scepticism, cit., p. 328, che rileva un'in-
congruenza tra PH I 3 e I 7 a proposito del significato di S11•11tiK6ç: «far
in the opening paragraph of the Outlines 'çT\'tEìv' means 'investigate' ra-
ther than 'be puzzled'. In that case, there is a conflict between Pyr. I 3
and I 7>>, e a p. 329 spiega: «a Sestan sceptic does not continue his phi-
losophical researches. In that case, the general thesis about investigation
with which the Outlines opens cannot introduce that type of philosophy
which forms the subject of the Outlines far none of the three genera!
forms of philosophy which it legitimates is or encompasses Sextan scep-
ticism». Su due diversi significati di çTJ'tEÌV in Sesto ha richiamato l'at-
tenzione K.] ANÀCEK, Vber den Charakter des spiitantiken Skeptizismus, in
Studien zu Sextus Empiricus, cit., pp. 149-53.
45
In., Ai napa1r:elµeval (se. rf; aKétjfel) rpzAoaarpiar. Bemerkungen zu
Sextus Empiricus PH I 210-241, «Philologus», CXXI (1977), rist. in In.,
32 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Ebbene, Sesto, tutto volto a rivendicate l'originalità dello


scetticismo pirroniano rispetto alle altre filosofie, si trova nei
confronti della filosofia dell'Accademia in una posizione sco-
moda. Da un lato, egli non può non prendere in considera-
zione il riconoscimento da patte di alcuni di una quasi identità
tra la filosofia accademica e quella pirroniana 46 ; dall'altro c'è
Arcesilao, che gli pone un problema di collocazione all'interno
dei suoi schemi storiografici, dal momento che egli non può
includerlo in nessuno dei tre indirizzi in cui ha distinto la
filosofia. Ciò non rappresenterebbe un fatto degno di nota se
egli non prendesse in seguito in considerazione la filosofia di
Arcesilao, trattandone diffusamente e in modo selettivo. D'al-
tra patte egli tradisce il suo imbarazzo nei confronti di Arce-
silao non chiamandolo mai "Accademico", come invece fa rife-
rendosi a Carneade, o a Catneade e a Clitomaco insieme, o a
Clitomaco e alla schiera dei restanti Accademici, o a Clitomaco
e a C atmada 47 • «Di fronte ai nomi concreti dei dogmatici e degli
Accademici» 48 , Sesto omette il nome di Arcesilao, ponendolo
indirettamente (o inconsapevolmente?) all'interno del gruppo
degli "scettici anonimi" di PH1 4. Ad Arcesilao la cui filosofia
pure catatterizza una delle fasi dell'Accademia, quella di mez-

Studien zu Sextus Empiricus, cit., pp. 225-31, suppone che ci sia un paral-
lelismo tra il piano di PH I che dovrebbe corrispondere al primo libro dei
Discorsi Pirroniani di Enesidemo: anche la OA.rt àrcortl di Enesidemo, in
quanto corrisponde al Ka.06A.ou A.òyoç in PH I, doveva contenere la
Ota.cpopO: dalle filosofie affini.
46
Sul ruolo di Favorino come autore di una rinascita dello scettici-
smo accademico e per la sua influenza nel determinare la reazione di al-
cuni filosofi contemporanei come Epitteto e Galeno, cfr. quanto detto a
pp. 22-3.
47
L'Accademia è denominata indifferentemente 'AKa.OT[µia, oi ànò
tfiç 'AK0.0T[µiaç, oi 'AKaOT[µatKoL Cfr. PH I 220, in cui la media Acca-
demia di Arcesilao, è distinta dalla nuova di Carneade e Clitomaco; MIX
1, in cui oi. ne.pi KÀ.sttòµaxov KO.Ì 6 À.otnòç téòv 'AKaÙTjµatKéòv xop6ç,
sono accusati di estendere oltre misura le loro controargomentazi6ni.
48
Cfr. K. JANACEK, Randbemerkungen, cit., p. 80.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 33

zo, Sesto ha cura di rivolgersi citandolo esplicitamente per


nome e dedicandogli una discussione a sé nell'ambito delle na-
paKciµevm qn;\,oo-o<pim. Ed è significativo che un problema
analogo ponga a Sesto la collocazione filosofica di Platone, a
cui è ricollegata in vari modi la filosofia di Arcesilao nella trat-
tazione di PH I 232-4.
E ancora, un dato da non sottovalutare è che Sesto rag-
giunge l'obiettivo di sottolineare la differenza tra la filosofia
del!' Accademia e lo scetticismo solo separando Arcesilao dagli
altri Accademici. Con ciò egli mira a recuperare Arcesilao
all'interno della tradizione pirroniana non solo perché Arce-
silao non è in alcun modo coinvolto con il m8av6v e quindi
non può essere giudicato un dogmatico negativo, ma anche
perché Arcesilao non ha mai affermato che la verità sia <ÌKa-
tciA11rctoç, ma, come i Pirroniani descritti in PH I, la cerca
continuamente 49 • Egli mette dunque in atto una strategia dia-
lettica, che, respingendo l'interpretazione scettica di Platone e
accreditando l'immagine di un Arcesilao vicino al pirroni-
smo50, non solo tenta di spezzare l'unità dell'Accademia, ma
ne contesta al contempo la pretesa di "scetticismo". La rot-
tura che Sesto dunque opera all'interno del!' Accademia è sot-
tolineata anche dall'inversione cronologica, che, posponendo
la discussione della filosofia di Arcesilao a quella di Carneade,
al contempo la impone al!' attenzione.

49
È importante tenere presente che l'èu;:ataÀT]o/iO: è il concetto
chiave in base al quale è giudicata la coerenza dello scetticismo e Arce-
silao non è compromesso con questo Concetto da quanto qui emerge con
chiarezza. Del resto come rileva, K. JANÀC:EK, Zur Bilanz der griechischen
Skeptizismus, cit., in Studien zu Sextus Empiricus, cit., p. 167, la distin-
zione tra i Pirroniani e gli Accademici sulla base del fatto «dass sie die
Warheit immer suchen, dagegen halt sie die NA filr Ò.Kat6.ÀT]1ttoç», non
è mantenuta coerentemente da Sesto: «deshalb kann auch der Skeptiker
nichts begreifen: damit ist in dieser Hinsicht jeder Unterschied der bei-
den Schulen verschwunden)). Cfr. anche Io., Ùber den Charakter des spii-
tantiken Skepti:dsmus, ivi, p. 151.
'° Cfr. PH 1 232 e infra, p. 42 e sgg.
34 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Anche al principio di Adversus Mathematicos vn Sesto,


sottolinea che lo scetticismo è stato accuratamente descritto
(EK1UnCù6ctç) sia direttamente, sia KatÙ otaptcrµév rispetto alle
filosofie affini". Egli però adotta qui un procedimento di-
verso da quello assunto in PH I, perché contrappone agli scet-
tici i dogmatici, dividendoli tra coloro che hanno abolito il
criterio e coloro che lo hanno posto 52 e include fra questi
ultimi non solo Carneade, ma anche Arcesilao. A prima vista
sembra quindi che Sesto non esprima un giudizio univoco
. sulla filosofia di Arcesilao, poiché la considera vicina al pirro-
nismo in PH r e un dogmatismo negativo in M VII. Ciò apre il

51
M VIl 1: 6 µèv Ka0ÒÀ.OU 01CE1t't'tKfiç OovétµEroç xapaK't'ÌJp µE't'<Ì 't'fiç
npOcrTJK06aTJç èt;Epyacriaç UnoOéOEtK't'O.t, 't'à µèv npOTJyouµSvroç 't'Ò. Oè Kc.ti
Ka-cà 01op1crµòv -céòv rrapaKEtµévrov qnÀ.oaocpt&v ÈKi:unro0Eiç. Per il signi-
ficato di ÈK-currro0Eiç, cfr. J. BRUNSCHWIG, Sextus Empiricus on the krite-
rion, inJ.M. DILLON-A.A. LONG (eds.) The Question o/'1Eclecticism 11 • Stu-
dies in Later Greek Philosophy, Berkeley-Los Angeles-London 1988, p.
146 nota 1. Cfr. K. }ANACEK, Die Hauptschrift des Sextus Empiricus als
Torso erhalten, «Philologus», cv11 (1963) pp. 271-7. Invece R. BETT, Sex-
tus Empiricus. Against the Logicians, cit., p. XI, ritiene che il riferimento
non possa essere a PH «since PH is not, as a whole, a generai treatment
of Pyrrhonism; the reference must rather be to a 1ost portion that discus-
sed Pyrrhonism in genera! terms, as does book I of PH».
n Cfr. VII 1; 46. Rispetto alla differente classificazione della filoso-
fia degli Accademici adottata da Sesto in PH1 e in MVII 46, K. ]ANÀ<;:EK,
Ùber den Charakter des spiitantiken Skeptizismus, cit., in Studien zu Sextus
Empiricus, cit., pp. 152-3,. esprime un severo giudizio: «Zu denen, die
das Wahrheitskriterium anerkennen, rechnet Sextus auch die Ak:ademi-
ker und polemisiert mit ihnen in gleicher Weise wie mit den Stoik:ern.
Dagegen zahlt er zu denen, die alles filr unfassbar halten, Xenophanes,
Gorgias, Protagoras und andere, keineswegs aber die Akademiker. Sol-
len wir in dieser Betrachtung des Sextus eine weitere Inconsequenz se-
hen? Dies ist eine sehr ernste Frage [... ] Die Fahigkeit des Sextus, seine
Ansichten zu 3.ndern, ist z. B. daraus ersichtlich, dass er in PH als An-
hanger der medizinischen Schule der Methodiker erscheint, wahrend er
in M bereits als Parteiganger der Empiriker auftritt, von deren Ansich-
ten er sich in PH distanzierte. Jedenfalls hielt es Sextus filr unumgang-
lich, die Lehre der Akademiker filr eine andere StrOmung zu erkli:i.ren,
um die Existenz der Skeptikerschule zu rechtfertigen».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 35

problema di comprendere, innanzi tutto, se Sesto esprima


effettivamente un giudizio diverso nelle due opere, oppure, se
esso sia dovuto semplicemente alla prospettiva diversa da cui
egli si pone, o ancora se esso dipenda dall'utilizzazione di
fonti diverse. Un dato comunque è certo ed è che Sesto non
è disposto ad accettare in alcun modo il giudizio, diffuso tra i
contemporanei, di un'identità filosofica tra i Pirroniani e gli
Accademici, tanto da spezzare la tesi dell'unità dell'Accade-
mia, che rappresenta un caposaldo della filosofia accademico-
scettica, a partire da Arcesilao fino a Filone. Soltanto un
esame analitico del resoconto delle rispettive posizioni che
Sesto attribuisce agli Accademici, compreso Platone, permet-
terà, sia pure solo di ipotizzare, se la fonte che egli ha seguito
sia Enesidemo, o Antioco, o Filone, o qualche altro scettico
non meglio conosciuto come Mnasea o Filomelo, ed eventual-
mente in che misura egli stesso sia intervenuto a rielaborarla.

La critica del probabilismo

In PH I 226-31 Sesto illustra alcune differenze tra la po-


sizione della Nuova Accademia e lo scetticismo. La prima
differenza che separa gli Accademici dai Pirroniani è relativa
al problema dell'à:Ka,aÀ.TJ\j/ta.

«Sebbene essi dicano che le cose sono Ò.Ka,6.À.TJ7na, differi-


scono dagli scettici forse (foroç µèv) anche proprio per il dire
che tutte le cose sono Ò:Km6.À.TJ1l"a; (infatti affermano positi-
vamente (oiaj3ej3moùv,at) questo punto, mentre lo scettico
ritiene che sia possibile anche che alcune cose siano comprese
(KamÀ.TJ<p8fj vai))».

Da queste affermazioni di Sesto emergono due elementi signi-


ficativi: che l'à.Ka'taÀT]\j/ia è esclusivamente una posizione ac-
cadelnica perché gli Scettici sostengono che alcune cose pos-
sono essere comprese; che inoltre gli Accademici affermano
con certezza (8taj3ej3atoùvmt) che le cose sono Ò:KmciÀ.TJ>na.
36 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Tuttavia se si esaminano con maggiore attenzione le pa-


role di Sesto, si vede come egli abbia introdotto l' Ò.Kaw:À:rpvia
quasi fosse una terminologia comune agli Accademici e agli
Scettici (Ei Kai àKa-cl:iÀ'fl1t'ta sl:vat nO:vta q>acri., Otaq>époocrt -céòv
aKEnttKéiiv focoç µi:v)". Infatti in PH I 200 Sesto ha ammesso
che lo scettico indica le cose come Ò.KatUÀ.1'Jnta: quando lo
scettico dice che tutte le cose oscure intorno alle quali si
applica la ricerca dei dogmatici sono "incomprensibili" non
lo afferma positivamente con certezza (où 8ta/3E/3atouµi:vou),
ma semplicemente riferisce la sua propria affezione (<ò fouwu
n<i8oç ò.nani:Uovwç). È chiaro quindi che Sesto, volendo
sostenere l'estraneità allo scetticismo delle napaKsiµsvat <pt-
À.oaoqi(at tenti di trovare delle differenze, anche a costo di
nascondere il consenso delle due scuole sul termine Ò.KaW:À.1'J-
\jlta 54. Ma allora la differenza tra Accademici e Scettici ri-
guardo al problema dell'ò.KataÀ.1'J\jlta si manifesta esclusiva-
mente sul piano del linguaggio che per gli Accademici, a detta
di Sesto, esprime una intenzionalità ontologìta, mentre per gli
Scettici è un dire senza credere, ànani:À.À.Etv 55 •
Del resto le parole 8taqii:poum 8è fiµéiiv npo8'1À.coç, con cui
Sesto introduce la seconda differenza che riguarda il giudizio

53 L'avverbio i'.crroç sembra infatti voler attenuare la divergenza su


questo punto dagli Accademici, dal momento che essa non è pienarhente
giustificabile. Diversamente intendono J. ANNAS-J. BARNES, Sextus Empi-
ricus. Outlines of Scepticism, cit., che traducono i'.crroç con "no doubt".
54
Cfr. K.JANACEK, Sextus Empiricus' Sceptica!Methods, Praha 1972,
p. 27 e sgg., che elenca i passi in cui l'impossibilità di KataA.aµj3civc1v è
dichiarata da Sesto senza ambiguità. Cfr. anche lo., Zur Bilanz der grie-
chischen Skeptii:ismus, cit., in Studien zu Sextus Empiricus, cit.·, p. 167, in
cui Jan3.Cek fa rilevare come Sesto utilizzi nella sua opera, con l'ecce-
zione sorprendente di MIX-XI, la parola Ò:KO:t6::X:r17ttov anche per la scuola
scettica: «er lasst es (sci!. ÙKat6:1rpr-cov) aber ganz mit neuakademischen
Terminus zusammenfliessen».
n PH 1 15: èv -cij rrpo<pop~ t&v <pov&v toUtrov tò éautc!l q>atvòµcvov
1éye1 Kai tò n6:9oç à.nayyé11e1 tò É!luto6 à.Oo!;étcrtroç; cfr. anche PH 1
197, 203. Sulle cprovai scettiche, cfr. E. SPINELLI, Questioni scettiche. Let-
ture introduttive al pirronismo antico, Roma 2005, pp. 114-26.
----------~-·-·-·-,

LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH l 37

sui beni e sui mali) indicano che egli è meno imbarazzato su


questo punto. Mentre gli Accademici sono convinti che è
probabile che ciò che essi chiamano bene sia realmente bene,
gli Scettici si astengono dal pronunciare un giudizio, ma nel
descrivere una cosa come bene o male si adattano alle neces-
sità della vita senza dogmi, à8o1;6.crimç, per non rimanere
inattivi. Anche l'espressione à8o1;6.crims marca in modo ine-
quivocabile per Sesto la differenza tra Accademici e Pirro-
niani. Lo scettico quando pronuncia un giudizio) non afferma
nulla circa il mondo esterno: egli esprime ciò che appare a lui e
riferisce la sua propria affezione senza dogmi (PH I 15) "- Gli
Accademici µE't"Ù 't"OG rrerreicr6at O't"t n:i6av6v, attribuiscono una
preferenza oggettiva ad una cosa rispetto ad un'altra.
A questo punto Sesto enuncia la terza differenza. Mentre
gli Scettici dicono che le rappresentazioni sono uguali in base a
credibilità o alla mancanza di credibilità, per quanto riguarda la
teoria (ocrov imì iQ> À.Òycp) 57 , gli Accademici dicono che alcune

56
Mentre ò.Oo<;&cr-croç ricorre frequentemente in PH nelle espres-
sioni "vivere senza dogmi" o "dire qualcosa senza dogmi", è del tutto
assente in M; cfr. a questo proposito, K. JANACEK, Sextus Empiricus, cit.,
p. 61.
57
Questa è l'interpretazione che dell'espressione Ocrov bd -c.À. dàJ.
BRUNSCHWIG, La formule OEON Efll TQJ AOI'QJ chez Sextus Empiricus,
pp. 107-21 di Le Scepticisme Antique, Actes du Colloque International
sur le Scepticisme Antique (Université de Lausanne, 1-3 juin 1988), ed.
par A. VOELKE, Génève-Lausanne-Neuchatel 1990, il quale critica l'in-
terpretazione che della formula ha dato Jan3.Cek, concludendo che ci
sono due modelli alternativi, quello anaforico per cui essa significhe-
rebbe «sur la base determinée fournie par l'enoncé, ou par l'argument,
qui vient d'erre mentionné», e quello non anaforico per cui significhe-
rebbe «pour autant qui s'agit du ÀÒyoç» cioè sia dell'essenza dell'oggetto
di cui si parla, sia del discorso o del tipo di discorso che si tiene su di lui
(p. 114). Già M. BuRNYEAT, Can the Sceptic Live his Scepticism?, in M.
ScHOFIELD-M. BURNYEAT-J. BARNES (eds.), Doubt and Dogmatism. Stu-
dies in He!!enistic Epistemo!ogy, Oxford 1980, p. 47 nota 49 (ristampato
in M. BURNYEAT (ed.), The Skeptical Tradition, Berkeley-Los Angeles:
London 1983), rilevava che ÀÒyoç potrebbe essere trad~tto con "tea-
38 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

rappresentazioni sono probabili, altre sono non probabili (tàç


8è 11t9avàç [... ] tàç 8è Ò.11t9ò.vouç). Il modo in cui Sesto intro-
duce questa distinzione non permette di capire se essa si riferi-
sca a quanto detto prima, e quindi ali' ambito etico, oppure
riguardi una distinzione delle rappresentazioni sul piano gno-
seologico. Infatti mentre la seconda distinzione verteva sul
modo di espressione dei giudizi etici, la terza investe le rappre-
sentazioni in generale. Quindi Sesto espone la classificazione
dei gradi della probabilità operata da Carneade, il quale distin-
gueva le rappresentazioni in 11t9avai, m9avaì Kaì 8rnl;m8suµi.-
vm, Kaì 81s<;m8suµi.vm Kaì ò.nspicrnacrwt. E spiega con due
esempi la distinzione che Carneade poneva all'interno delle
rappresentazioni in base al grado di credibilità. Il primo grado
di credibilità è esemplificato dall'uomo che entrando in una
stanza buia non sa distinguere se l'oggetto attorcigliato sia una
corda o un serpente. Egli ha però la possibilità di acquistare un
grado maggiore di persuasione attraverso un esame accurato e
minuzioso delle condizioni di verità, in modo tale da elevare il
grado di credibilità della rappresentazione, cosicché gli appaia
una rappresentazione 11t9av~ Kaì neplùlOEuµi.v11 di una corda e
non di un serpente. Tuttavia può capitare che pur avendo sot-
toposto ad esame accurato tutte le condizioni di verità, si abbia
una rappresentazione che non sia convincente in quanto non è
irreversibile, Ò.nspicrrramoç, come è il caso di Admeto, al quale
Eracle aveva ricondotto la moglie Alcesti dall'Ade. Ma poiché
egli sapeva che era morta, la sua mente era distolta dall' assen~
tire e non vi prestava fede.
È interessante che l'esempio che Sesto fornisce sia quello di
una rappresentazione ben ponderata ma '1 reversibile", anziché
quello di una rappresentazione ben ponderata e irreversibile.
Ciò depone a favore del fatto che fosse proprio Carneade a
formulare quell'esempio, nel senso che egli se ne doveva servire

ria", «provided we remember what counts as theory and what as evi-


dence is itself part of the dispute between Sextus and his opponent».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 39

per fare apparire come il grado della credibilità della rappresen-


tazione fosse totalmente indipendente dalla verità o falsità og-
gettiva: gli esempi infatti dimostrano che, nonostante la credi-
bilira possa essere elevata, essa non ha alcun rapporto con la
verità o .la falsità dei fatti". Pertanto il m9av6v non è un
criterio che si applica alle rappresentazioni in generale, ma alle
rappresentazioni relative alla condotta della vita, come lo stesso
Sesto lascia intendere quando distingue l'atteggiamento degli
Accademici e degli Scettici riguardo al giudizio sui beni e sui
mali: gli Scettici non dicono che qualcosa è bene con la convin-
zione che è probabile ciò che dicono, ma seguendo la vita senza
dogmi per non rimanere inattivi (àvsvtpyl]-cot). Il m9av6v dun-
que di cui è qui questione riguarda !'ambito etico e pertanto si
configura come un criterio per guidare l'azione. È chiaro dun-
que che Sesto, affermando che gli Accademici preferiscono
(rrpoKpivoucnv) alla rappresentazione semplicemente probabile
quella probabile e ben ponderata e a quest'ultima quella proba-
bile ben ponderata e irreversibile, li vuole fare apparire come
dei dogmatici negativi. Ma questo gli è possibile perché egli ha
omesso di specificare che le rappresentazioni di cui si parla sono
le rappresentazioni che servono a regolare la condotta della vita
e perché introduce al loro interno un motivo di preferenza
oggettivo, come lascia intendere l'uso del verbo rrpoKpivetv.
Infatti Sesto nella sezione dedicata alla discussione delle rrapa-
niµevm cptÀ.ocrocpim ha sottolineato che preferire una cosa ad
un'altra in base a credibilità o a mancanza di credibilità equi-
vale a pronunciarsi sull'esistenza delle cose oscure e quindi a
essere dogmatici".

58
Si noti che in M VII 176-89 l'ordine dei gradi del rn8av6v non
coincide con PH e questo non viene rispettato neanche nei Libri Acade-
mici di Cicerone, in cui una volta viene omesso il grado dell'esame accu-
rato, un'altra quello dell'assenza di contraddizione: cfr. Luc. 33 e .35
(vedi infra, p. 169 nota 118).
59
Cfr. PH I 223. Il verbo npOKpivetv sottolinea la preferenza di una
cosa rispetto ad un'altra e pertanto contraddice la vita senza dogmi pro-
40 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

E Sesto completa il quadro degli Accademici come dog-


matici negativi distinguendo due significati del verbo nei8s-
cr8at che designa !'atteggiamento di approvazione di fronte al
valore conoscitivo delle rappresentazioni:

«nel senso di non contrastare, ma semplicemente seguire senza


una forte propensione e inclinazione (iivsu cr<poopàç npocrKÀi-
crsroç KUÌ npocrnu8Eiuç), come si dice che il fanciullo presta
fede al maestro; nel senso di assentire a qualche cosa (cruyKa-
,u,{8w8ui n vt) con predilezione e per così dire con simpatia
accompagnata da un forte desiderio, come il dissoluto presta
fede a colui che ritiene giusto di vivere una vita in modo
dispendioso».

Mentre Carneade e Clitomaco aderiscono al secondo significato


di nsi8w8at, in quanto dicono di credere con una forte inclina-
zione che qualcosa è convincente, gli Scettici semplicemente
cedono senza approvare'°. Sesto dunque qualifica il nei8w8at
di Carneade come un cruyKmmi8w8at e questo è indubbia-
mente in contrasto con altre testimonianze relative a Carneade
e in particolar modo con la testimonianza di Clitomaco. Clito-
maco infatti ammette un atteggiamento di assoluta astensione di
fronte al valore conoscitivo delle rappresentazioni come conse-
guenza del fatto che non possiamo sapere, se c'è o non c'è

pria dello scettico. Sesto se ne serve per marcare la differenza tra la fi-
losofia di Platone e di Carneade e lo scetticismo pirroniano, cfr. PH 1
222, 225.
60
Il verbo nsl0scr0a.1 ha due significati in greco: nella forma media
significa "obbedire'', il che comporta una passività del soggetto che ob-
bedisce; in quella passiva significa "essere persuaso", il che comporta
una partecipazione attiva del soggetto. Ma se l'uso grammaticale greco
giustifica la distinzione dei due significati operata da Sesto, non giusti-
fica tuttavia l'attribuzione a Carneade e Clitomaco dell'uso di nsi0scr0a.1
nel senso di "essere persuaso", se ciò è inteso, come Sesto pretende, nel
senso di croyKa1:a.-ri0scr0a.L Sesto infatti non vuole ammettere che ci sia
una differenza tra !'"approvare" di Carneade e Clitomaco e !'"assen-
tire" degli Stoici.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 41

conoscenza, ma non di assoluta astensione da qualunque affer-


mazione o negazione nei confronti di ciò che è persuasivo, come
conseguenza del fatto che è possibile approvare una rappresen-
tazi6ne senza riconoscerla come vera nella condotta della vita 61 •
Sesto pertanto sembra ignorare, o vuole deliberatamente
ignorare, l'interpretazione clitomachea di Carneade, dal mo-
mento che non ammette altre possibili interpretazioni rispetto
a quella da lui presentata, come invece fa nel caso di Platone e
di Arcesilao. Inoltre l'enfasi sulla npocrnii9ota, ovvero sulla
"forte inclinazione)', rende alquanto nebulosa e incerta la
differenza tra le due scuole, dal momento che si fonda su un
sentimento soggettivo e privato, oggetto di un'analisi psicolo-
gica che ha poco a che vedere con una teoria epistemologica 62 •
D'altra parte, che il m9nvòv sia un criterio per guidare la
condotta della vita Sesto lo dichiara, quando rileva l'ultima
differenza fra la filosofia di Carneade e lo scetticismo riguardo
al cÉÀos: gli Accademici si servono di ciò che è probabile nella
vita, mentre gli Scettici vivono seguendo le leggi i costumi e le
affezioni naturali senza dogmi.
L'esposizione di Sesto delle differenze tra la filosofia di
Carneade e di Clitomaco e lo scetticismo rimane tutta interna

61
Crc. Luc. 104: id cum ita sit, alterum piacere ut numquam adsentia-
tur, a/terum tenere ut sequens probabilitatem, ubicumque haec aut occurrat
aut deficiat aut "etiam" aut "non" respondere possit. Ibid. 99: tale visum nul-
lum esse, ut perceptio consequer~tur, ut autem probatio, multa. Etenin contra
naturam esset probabile nihi/ esse, et sequitur omnis vita [... ] eversio. Che
tutta questa parte sia tratta da Clitomaco è dichiarato esplicitamente da
Cicerone, cfr. 98. In ogni caso, pur ammesso che Sesto abbia voluto attri-
buire a Carneade una posizione dogmatica riguardo all'assenso, attribuirla
anche a Clitomaco diventa o un puro arbitrio, o un errore di Sesto, cfr. V.
BROCHARD, Les Sceptiques, cit., p. 134 nota 2. Sulla differenza tra la teoria
della probabilità di Carneade e quella di Clitomaco, cfr. A.M. loPPOLO,
L'assenso in Clitomaco: un problema di linguaggio?) in A.M. loPPOLO-
D.N. SEDLEY (eds.), Pyrrhonists, Patticians, Platonizers, cit., pp. 225-67.
62
L'uso del termine npocrTt<i8e1a è documentato per Enesidemo da
PHOT. bibl. 170b 12-4 quando afferma che coloro che ammettono l'esi-
stenza dei segni sono ingannati da una Kevij 7tpocrna.8e{q..
42 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

al suo obiettivo che è quello di rivendicare l'originalità dello


scetticismo pirroniano anche a costo di distorcerne alcuni ele-
. menti significativi, come la posizione riguardo all'assenso, e di
tacerne altri, come il fatto che la classificazione delle rappre-
sentazioni è introdotta da Carneade per rispondere all'accusa
di à.rrpal;(a da parte degli oppositori dogmatici. E di questo
Sesto è a conoscenza come risulta dal resoconto di M vn (166),
in cui egli scrive che Carneade, richiesto (à.rrmwuµsvoç) di
una norma per dirigere la vita e raggiungere la felicità, virtual-
mente fu costretto (ùuvaµst ÈrravarK<içsrnt) a determinarla,
valendosi sia della rappresentazione probabile sia di quella
probabile insieme e irreversibile e ben ponderata 63 • Inoltre
completa il quadro degli Accademici come dogmatici negativi
l'uso di termini accuratamente definiti in precedenza come
tali da descrivere un atteggiamento inequivocabilmente dog-
matico, quali i verbi ùtaPsPmoùcr8m, crurKatati8ecr9m, rrpo-
Kpivetv64.

La Kozvwvia di Arcesilao con lo scetticismo

La testimonianza su Arcesilao si articola in tre parti che


fanno capo a tre fonti diverse, di cui due anonime, stando alle
citazioni di Sesto. La prima parte che rivendica, almeno in
apparenza, Arcesilao allo scetticismo dovrebbe rispecchiare
l'opinione dello stesso Sesto, il quale se ne assume la paternità.

«Arcesilao, invece, che dicevamo capo e iniziatore dell'Acca-


demia di mezzo, mi sembra davvero (rravu µot ùoKst) che
partecipi dei ragionamenti pirroniani al punto che è quasi
unico il suo indirizzo e il nostro (diç µiav eìvm crxsùòv ii\v
Kat' UUtÒV à.rrori)v KaÌ ti\V fiµstépav)».

63Cfr. M VII 166 e infra, cap. III.


64
Sull'uso della terminologia scettica in Sesto, cfr. K. }ANAè':EK," Sex.
tus Empiricus, cit.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 43

Sesto elenca quindi le affinità: non si esprime né a favore della


realtà né della non realtà di qualcosa; non preferisce una cosa
ad un'altra sulla base della credenza o dèlla mancanza di cre-
denza; identifica il ,,;)coç con l'bwx~ nzpi mivorov. Gli ele-
menti che accomunano la filosofia di Arcesilao allo scetticismo
pirroniano rappresentano anche le differenze che lo separano
dal!' Accademia di Carneade e di Clitomaco. Mentre Sesto ha
attribuito a Carneade affermazioni categoriche circa la aKa-
taÀTJ'l'ia di tutte le cose, circa l'esistenza di valori morali
oggettivi, motivi di preferenza e di scelta tra le rappresenta-
zioni, Arcesilao si comporta da vero Pirroniano.
Quindi Sesto aggiunge che gli Scettici dicono che ali' Énox~
segue l'atarassia. Anche se Sesto non la presenta esplicita-
mente come tale, l'atarassia che accompagna l' epoche dovrebbe
rappresentare una differenza tra le due filosofie, dal momento
che non sembra che Arcesilao abbia mostrato alcun interesse
per il suo conseguimento. Tuttavia la descrizione del modo in
cui lo scettico giunge all'atarassia aiuta anche a comprendere
qual è il senso che egli attribuisce a questa differenza. Sesto,
infatti ben consapevole che altre scuole filosofiche avevano
perseguito l'atapai;ia, aveva posto molta cura nel differenziare
il modo in cui lo scettico arriva al suo conseguimento. Lo
scettico raggiunge l'atarassia tUXtKéùç, in seguito alla sospen-
sione del giudizio di fronte alla uguale forza delle rappresenta-
zioni65. Essa dunque sopraggiunge per caso e segue )'epoche
come l'ombra segue il corpo. Ora l'immagine del corpo e della
sua ombra suggerisce l'idea che l'atarassia dovrebbe conseguire
comunque all' epoche: essa infatti non è perseguita volontaria-
mente né è prevista, ma come il pittore Apelle aveva ottenuto
la schiuma alla bocca del cavallo che stava dipingendo, per
caso, gettando la spugna imbibita del colore sulla tela in un
atto di rabbia così, per caso, l'atarassia è sopraggiunta allo
1

65
Per il significato di 't"OXtK&ç che compare anche in PH I 26 e 29,
cfr. F. DECLEVA CAIZZI, Sesto e gli Scettici, «Elenchos>>, XIII (1992) p. 299.
44 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

scettico attraverso un cammino indiretto 66 . La menzione del-


l'atarassia dunque, pur essendo una differenza filosofica signi-
. ficativa 67 , sembra esserè introdotta come una annotazione
volta a sottolineare piuttosto un aspetto a cui Arcesilao sem-
brerebbe essere poco interessato, dal momento che, per dirla in
termini sestani, era più interessato "al corpo che alla sua om-
bra". In ogni caso la differente posizione sull'atarassia non è
presentata come un tratto volto a distinguere la filosofia di
Arcesilao in senso dogmatico", né sembra infatti che Sesto la
consideri tale. Del resto lo stesso Sesto in M VII 158 riferisce
che Arcesilao indica la felicità come il fine della vita e non

66 Cfr. G. STRlKER, Ataraxia: Happiness as Tranquillity, «The Mo-

nist», LXXIII (1990) pp. 97-110, rist. in EAD., Essays on Hellenistic Episte-
mo/ogy and Ethics, Cambridge 1996.
67
Concordo dunque con quanto scriveva R. HIRZEL, Untersuchun-
gen zu Ciceros philosophischen Schriften, Leipzig 1887, Nachdruck Hildes-
heim 1964, m, p. 158: «Man kann diesen Unterschied fiir unwesentli-
chen halten, und an sich betrachtet ist er es auch: hier aber wo es gilt
Arkesilaos als Sokratiker zu begreifen kommt ihm eine hOhere Bedeu-
tung zu».
68
Cfr. PH 1 26 e sgg. Il rapporto à:rapal;ia-È1toxii non è chiaro per
quanto riguarda gli Scettici più antichi. In PH I 30 Sesto afferma che
ttvi:ç téòv òoKiµrov crKE1t't'tKéòv hanno aggiunto all'atarassia e alla metriopa-
theia l'epoche, in cui sembrerebbe che l'accento sia posto sull'epoche, cfr.
F. DECLEVA CAIZZI, Sesto e gli Scettici, cit. Per l'identificazione degli
"scettici illustri" con Timone ed Enesidemo, cfr. DLIX 107. J. ANNAS,
The Heirs o/ Socrates, cit., p. 107, ritienè che Sesto «adds, after ali, 'that
epoche is followed, as we said, by tranquillity', and seems to be foisting a
Pyrrhonist understanding of epoche and its results onta Arcesilaus».
Mentre secondoJ.A. PALMER, Skeptical lnvestigations, cit., p. 371, Sesto
intende porre come una differenza dogmatica sostanziale il fatto che Ar-
cesilao abbia indicato l' epoche come telos, tanto da rendere la posizione di
Arcesilao incoerente. Diversamente interpreta l'atarassia pirroniana G.
STRIKER, Ùber den Unterschied zwischen den Pyrrhoneern und den Akademi-
kern, cit., rist. in EAD., Essays on Hellenistic Epistemology, cit., p. 148:
«No such promises are known to bave been made by the Akademics~ and
in this respect as well they seem to me to be the more radical skeptics».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 45

l' epoche, lasciando aperta la possibilità che l' epoche non costi-
tuisca il fine della vita nemmeno per Arcesilao 69 .
Né è chiaro se costituisca una differenza con gli Scettici il
fatto che Sesto attribuisca ad Arcesilao l'affermazione che
sono beni le sospensioni particolari (1àç Kmà µ8poç ènoxaç),
mali gli assensi particolari, dal momento che egli sta illustrando
l'affinità e non ha fino a questo momento accennato ad alcuna
differenza fra le due filosofie. Infatti questa affermazione è
inclusa sotto l'autorità del n&vu µot 8onì, che rivendica l'af-
finità tra i due indirizzi. Certamente è una differenza se s1
considera che quanto segue ne faccia parte integrante.

«Tranne che uno potrebbe dire (n1'.iJv ci µiJ Myot nç) che noi
diciamo queste cose in relazione a ciò che ci appare (Kmà 1ò
qimv6µcvov ~µiv) e non recisamente (8taPcPatconKiiiç), egli in-
vece come se si riferisse alla natura (Òlç npòç ÙJV q>Ucrtv), cosic-
ché dice che la sospensione è un bene, l'assenso è un male».

L'anonimo nç avanza l'ipotesi, infatti, che Arcesilao abbia


affermato che l'ènox~ è un bene rrpòç 1iJv qiucnv, nel senso
che egli avrebbe fatto questa affermazione 8taPcPatconKiiiç.
Ma il Myctv 8taPcPatconKiiiç qualifica immediatamente Aree-

69
Le fonti antiche attribuiscono ad Arcesilao tre diverse formula-
zioni del fine: cfr. A.M. IOPPOLO, Opinione e scienza, cit., pp. 157-66.
È significativo inoltre che Cicerone negli Academica affermi che il fine
per Arcesilao sia il verum invenire velie (Luc. 76), mentre presenta I' epo-
che (acad. I 45) come la manifest~zione pratica della difficoltà teorica in
cui ci si viene a trovare di fronte all'aporia che si genera di volta in volta
dall'equipollenza delle tesi contrarie. De fin. 111 31: extremum bonorum et
summum munus esse sapientis obsistere visis adsensusque suos firme susti-
nere, si riferisce più genericamente a quidam Academici. Il f~tto che le
fonti non siano unanimi in relazione al telos di Arcesilao e talvolta indi-
chino la sospensione del giudizio talaltra la ricerca della verità, si com-
prende se si accetta l'argomento che è la ricerca della verità a generare
continuamente la sospensione del giudizio. Per la vicinanza tra la forma
linguistica pirroniana 7tepi 1où E:Jtéxro e il modo di intendere i' epoche di
Arcesilao, dr. PH I 196.
46 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

silao come un dogmatico. Questa interpretazione comunque è


in aperto contrasto con quella che Sesto ha espresso in propria
persona, avendo appena sostenuto che Arcesilao non si pro-
nuncia nè a favore della realtà nè della non realtà delle cose.
Ciò significa che secondo Sesto Arcesilao non dà un giudizio
ontologico-conoscitivo sulle cose e che l'espressione cbç npòç
tÌ]v cpumv non può equivalere a npòç tTjv (mapé,iav né quindi
si contrappone a Katà tòv cpmv6µsvov fiµi:v. A questo punto
egli non può assumersi la paternità di questa interpretazione,
pena il fatto di contraddirsi. Infatti se egli non avesse dubi-
tato, o piuttosto non avesse temuto di essere accusato di ma-
nifesta tendenziosità, avrebbe potuto insistere maggiormente
sull'enunciazione di questo dogma, come fa esponendo le dif-
ferenze tra la filosofia di Carneade e lo scetticismo. Si deve
inoltre. osservare che il punto di vista che le singole sospen-
sioni particolari sono beni è esposto da Sesto nella sezione
volta a mettere in luce le affinità, che egli stesso condivide.
Poiché l'interpretazione dogmatica è posta sotto !'autorità di
un anonimo ttç con cui Sesto in ogni caso non si identifica, si
pone il problema di stabilire chi possa nascondersi dietro la
fonte anonima, o se piuttosto la fonte anonima non sia un
espediente di Sesto che, volendo mitigare l'enfasi del suo
stesso giudizio, introduce un elemento che indebolisca la coe-
renza dello scetticismo di Arcesilao di fronte ai Pirroniani.
Sesto, infatti, illustrando la diversa concezione delle "sospen-
sioni del giudizio particolari" tra i Pirroniani e gli Accademici,
specifica «noi diciamo queste cose in relazione a ciò che ci
appare», ma insinua, senza però fornirne alcuna prova, che
Arcesilao attribuirebbe alle singole sospensioni del giudizio la
caratteristica di essere realmente un bene. È noto che Enesi-
demo argomentava che nulla è realmente, o per natura, bene o
male, ma che relativamente ai singoli individui o alle diverse
circostanze ci sono cose buone o cattive 70 • Il nucleo della

70
Sesto sostiene questa posizione in MXI, dove, secondo R. BETT,
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 47

filosofia di Enesidemo così come ci è trasmessa da Fozio 71 , del


resto, suggerisce che Enesidemo era disposto a fare afferma-
zio~ positive sulle cose, nella misura in cui queste erano re-
lative a circostanze particolari, nel senso che le affermazioni
relativizzate non hanno implicazioni ontologiche 72 • Arcesilao,
considerando le singole sospensioni del giudizio realmente un
bene, sarebbe dunque passibile dell'accusa di dogmatismo ne-
gativo rivolta da Enesidemo agli Accademici del suo tempo.
Tuttavia, resta un dubbio: Enesidemo non attacca Arcesilao
nell'estratto di Fozio ma indirizza la sua critica contro i so-
stenitori del m8uv6v 73 • A questo punto l'ipotesi che la fonte
anonima possa essere identificata in Enesidemo, che Sesto
preferirebbe non citare, perde credito e acquista maggiore
credibilità l'ipotesi che a nascondersi dietro la fonte anonima,
sia o un altro scettico, o lo stesso Sesto, che si opporebbe, se
così fosse, ancora una volta al giudizio di Enesidemo 74 .

Sextus Empiricus. Against the Ethicists, cit., Sesto presenterebbe una ver-
sione più antica del pirronismo che presumibilmente risale a Enesidemo.
71 Cfr. PHOT. bib/. 169b 18-170b 35.
72
R. BETT, How Ethical Can an Ancient Sceptic Be?, in corso di
stampa, p. 12. Cfr. In., Pyrrho, cit., p. 203: «these various assertions to
the effect that knowledge of the nature of the things is not to be had are
not themselves problematic for Aenesidemus (as they are for Sextus); for
to assert that a certain item is beyond our apprehension is not eo ipso to
offer any specification of the item's nature». La conclusione caratteri-
stica dei tropi in PH I è che noi possiamo dire come ciascuno degli oggetti
esterni appare (q>o:iv&'t"o:i), ma non possiamo affermare com'è per natura,
cfr. PH I 87 e]. BARNES, The Belief of a Pyrrhonist, «Elenchos», IV (1983)
pp. 11-3. Sul significato. non epistemico di q>o:iv&'t"O:L nel pirronismo, cfr.
M. BuRNYEAT, Can the Sceptic Live his Scepticism?, cit., pp. 25-6 (en-
trambi gli articoli sono ristampati in M. BURNYEAT-M. FREDE (eds.) The
Origina! Sceptics. A Controversy, Indiana polis 1997); per un resoconto cri-
tico del dibattito sul significato non epistemico di q>aivi.::t:o:t intercorso tra
J. Barnes, M. Burnyeat e M. Frede, si veda M.A. WLODARCZYK, Pyrrho-
nian Inquiry, Cambridge 2000.
7J Cfr. infra, pp. 62-5.
74
Sesto si oppone a Enesidemo per quanto riguarda il giudizio su
Eraclito (cfr. PH r 210). Inoltre ci sono fondati motivi a favore del fatto
48 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Si apre dunque la possibilità che ci sia un'interpretazione


scettica del punto di vista che l'i\11:ox1\ è un bene roç 11:pòç 1~v
cpumv, e che Sesto deliberatamente la taccia"- Essa dipende
ovviame.nte dal significato che si attribuisce a cpumç: in breve
se cpumç designi per Arcesilao la vera essenza delle cose, o se
piuttosto indichi, come per gli Scettici pirroniani, la via per
vivere senza dogmi. La ucpl\yT]crtç cpucreroç che costituisce la
prima parte della osservanza delle norme della vita comune,
gioca un ruolo fondamentale nella filosofia pirroniana, ma
dalla testimonianza di Plutarco, indipendente da quella di
Sesto, siamo informati che anche nella filosofia di Arcesilao
essa· rivestiva un ruolo analogo 76 • Dalla esitazione con cui
Sesto propone l'interpretazione dogmatica dell'i\11:ox1\ di Ar-
cesilao, ci sono forti ragioni per supporre che egli ne fosse a
conoscenza, altrimenti non avrebbe espresso in propria per-
sona un giudizio di quasi identità tra l'indirizzo filosofico di
Arcesilao e quello scettico. Se si riflette inoltre che tra l'enun-
ciazione dell' epoche come bene e l'interpretazione di essa,
Sesto passa dalla prima persona alla terza della fonte anonima,
si capisce come egli si trovi in difficoltà a considerare esposi-
zione del pensiero di Arcesilao la seconda parte piuttosto che
la prima.
Né molto degna di fede è l'interpretazione di alcuni dal
momento che Sesto la introduce con l'espressione, «se poi si

che egli avesse difeso lo scetticismo di Platone; sui rapporti di Enesi-


demo con Arcesilao e Platone, vedi infra, p. 52 e sgg.
n Ciò si evince dal fatto che Sesto lascia aperta la possibilità che ci
sia un senso non dogmatico in cui le singole sospensioni del giudizio siano
dette beni e precisamente se si tratta di un À.É:ye1v oò 01apepa1rot1K&ç.
76 Cfr. PH r 24. J. BARNES, The Toils of Skepticism, Cambridge
1990, p. 137, osserva: «The Pyrrhonists cannot take blanket exception
to any dogmatic appeal to nature; for natural and natural inclinations
playing a leading part in their own Pyrrhonian Comedy». Cfr. inoltre la
notevole affinità tra la risposta di Arcesilao ali' accusa di &npo.çio., ripor-
tata da PLUT. adv. Col. 26 e il resoconto de]Jl azione pironiano in: PH I
23-4, per cui vedi infra, p. 126 e nota 104.
---------·-----------

LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 49

deve prestar fede a ciò che vien detto di lui», come fossero
"dicerie". Si tratta dell'accusa di esoterismo 77 . Apparente-
mente Arcesil.ao è un pirroniano, ma in realtà è un dogmatico
(Katà liè tiJv Ò.1'.iJ8ciav lioyµattKÒç fiv). Il suo pirronismo con-
siste nel mettere alla prova i compagni con l'aporetica per
vedere se sono ben dotati per apprendere i dogmi di Platone
e il suo dogmatismo nel trasmettere a quelli più dotati le
dottrine platoniche.

«Onde anche Aristo ne disse di lui: "davanti (11:p6cr8e) Plato-


ne, di dietro (5m8ev) Pirrone, in mezzo (µfocroç) Diodoro",
perché usava della dialettica di Diodoro, ma era senz'altro
(éivnKpuç) un Platonico».

A questo punto l'accusa di esoterismo acquista maggiore credi-


bilità, in quanto Sesto sembra citare la fonte a sostegno: Ari-
stone di Chio. Ma se effettivamente Aristone, parodiando il
verso omerico della chimera, avesse voluto alludere ad un inse-
gnamento esoterico di Arcesilao, perché Sesto non lo avrebbe
citato fin dal principio, ma avrebbe introdotto l'accusa attri-
buendola a degli anonimi? Inoltre la spiegazione che Sesto fa
seguire alla citazione del verso parla del fatto che Arcesilao si
serve della dialettica di Diodoro, ma è éivttKpuç platonico.
Sesto interpreta l'avverbio di luogo rrp6cr8a nel senso di una
priorità, come se volesse dire che Arcesilao è "in primo luogo"
platonico, e dimentica che la spiegazione sottolinea invece che
Arcesilao è "in pubblico" platonico, come èiV'tlKpuç conferma.
Quindi il verso di Aristone suggerisce esattamente il contrario
di quello che laccusa di esoterismo vorrebbe, perché 11:p6cr8a

77
L'accusa di esoterismo non è in alcun modo supportata dalle fonti
antiche, come ha dimostrato C. LÉvY, Scepticisme et dogmatisme dans
l'Académie: "L'ésotérisme d'Arcésilas", «Revue des Etudes Latines», LVI
(1978) pp. 335-48. Senza alcuna analisi critica e argomentativa la accetta
invece H. TttORSRUD, Cicero on bis Academic Predecessors: the Fallibilism
o/ Arcesilaus and Carneades, «Journal of the History of Philosophy», XL
(2002) pp. 3-4 nota 12.
50 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

ID.<iirov non significherebbe altro che Arcesilao è apertamente


platonico e non pirroniano. La coincidenza di significato tra
n:p6cr0e e iivnKpuç depone a favore della ipotesi che anche la
spiegazione del verso potrebbe derivare dallo stesso Aristone.
Ma allora è poco plausibile che Aristone abbia omesso di spie-
gare il significato di 5m0ev II\Jpprov. A questo punto è legittima
l'ipotesi che l'omissione si debba invece a Sesto o alla fonte che
gli ha trasmesso il verso, dal momento che è Sesto che ha
interesse a mostrare che il pirronismo di Arcesilao è soltanto
apparente, mentre egli di fatto professa la dottrina di Platone.
Ma se è così, le parole n:pécrSe, 5m0ev, µécrcroç, nel verso pa-
rodistico di Aristone non vogliono alludere al posto che occu-
pano le tre componenti nella filosofia di Arcesilao 1 quanto al
fatto che la filosofia di Arcesilao si presenta come una mostruo-
sità eclettica, dal momento che pretende di conciliare ciò che è
inconciliabile, vale a dire, Platone con Pirrone tramite Diodoro.
Il pirronismo dunque per Aristone ne costituirebbe, a tutti gli
effetti, una componente.
Del resto questa interpretazione concorda con le testimo-
nianze più antiche su Arcesilao. Nella Vita di Arcesilao di
Diogene Laerzio 78 , il verso parodistico di Aristone è citato,
dopo che sono stati esposti gli elementi che dovrebbero costi-
tuire il contenuto della filosofia di Arcesilao: Arcesilao ammi-
rava Platone di cui possedeva i libri, ma, secondo alcuni,
imitava (èçT]ÀolKet) anche Pirrone e si serviva della dialettica
della scuola di Eretria, confermando con ciò l'interpretazione
non esoterica del verso. Quindi Diogene Laerzio cita i versi di
Timone, in cui si dice che Arcesilao si serviva del!' eristica di

78 Cfr. DLIV 33 = Pyrrho T 32 Decleva. A.A. LoNG, Arcesilaus in


bis Time and Piace, in In., From Epicurus to Epictetus, cit., pp. 96-114
(rist. aggiornata di Diogenes Laertius, Li/e of Arcesilaus, «Elenchos», VII
(1986)), giustamente sottolinea l'importanza della biografia laerziana a
causa delle sue fonti che risalgono al III secolo a.C. Il verso di Aristone
è riportato anonimo da NuMEN. apud Eus. PE XIV 5 = fr. 25 Des Places
= T 33 Decleva, che riferisce anche il giudizio di Timone su Arcesilao.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'i\CCADEMIA SCETTICA IN PH I 51

Menedemo e ricorreva alla protezione della dialettica di Dio-


doro e della filosofia di Pirrone "tutta carne". Anche Timone
pone. dunque Arcesilao in stretta connessione con Pirrone e
con la dialettica eretriaca, per metterne in luce la scarsa ori-
ginalità del pensiero, ma non fa cenno ad alcuna dottrina
esoterica. Per Timone, fedele discepolo di Pirrone, rivendi-
care lo scetticismo come posizione originaria e propria del solo
Pirrone, di cui Arcesilao si sarebbe proditoriamente appro-
priato, potrebbe essere spiegato con il desiderio di reclamare
la paternità dello scetticismo anche a se stesso. Mancano in-
fatti testimonianze sicure che attestino un collegamento di
Pirrone con una teoria scettica prima dell'arrivo di Timone
ad Atene 79 • Aristone avrebbe potuto costruire il verso pole-
mico sull'immagine di Arcesilao diffusa da Timone per attac-
care il più acerrimo avversario dell'epistemologia stoica, fa-
cendone un plagiario di Pirrone. Comunque sia, ciò che qui
interessa stabilire è che certamente A.ristane non aveva co-
struito il verso per accreditare l'insegnamento esoterico di
Arcesilao. Dunque, anche se le motivazioni per cui Aristone
e Timone hanno rintracciato una componente filosofica pirro-
niana nel pensiero di Arcesilao indubbiamente non sono le
stesse, resta il fatto che di fronte ai contemporanei Aicesilao
si presentava, almeno sotto certi aspetti, come un pirroniano.
D'altra parte, seppure poco degna di fede, la testimonianza di
· Numenio, che cita gli stessi versi di Aristone e di Timone a
sostegno del pirronismo di Arcesilao 80 , può essere comunque
assunta come segno che in una parte della tradizione l'imma-
gine del "pirronismo" di Arcesilao era consolidata.
Tornando alla testimonianza di Sesto, essa appare invece

79
Cfr. F. DECLEVA CAIZZI, Pirroniani e Accademici nel III sec. A.C.,
in "Entretiens sur l' Antiquité Classique", XXXII, Vandhoeuvres-Génève
1985, p. 168.
°8
Cfr. EAD., Pirrone, cit., p. 191, la quale rileva la scarsa affidabi-
lità di Numenio che «raccoglie e rielabora materiale vario senza accura-
tezza storica».
52 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

come un tentativo di connettere le testimonianze relative al


pirronismo di Arcesilao con l'esoterismo in modo da sminuire
o annullare del tutto l'importanza della componente pirroniana
della filosofia di Arcesilao. Si pone quindi il problema di sta-
bilire, nei limiti del possibile, se questo tentativo sia opera
dello stesso Sesto, o delle sue fonti. Se Sesto, come sembra,
non è disposto sinceramente a considerare Arcesilao un pirro-
niano, perché lo fa apparire come tale nella prima parte della
sua esposizione? La risposta più immediata potrebbe essere che
la sua fonte sottolineava le affinità tra la filosofia di Arcesilao e
lo scetticismo pirroniano, fondandosi su argomenti che a Sesto
appaiono come inoppugnabili, tanto da assumerli in propria
persona. Ma poiché il suo obiettivo è quello di rivendicare
l'assoluta originalità dello scetticismo pirroniano, aggiunge,
affidandole ad anonimi senza assumersene la paternità, quegli
elementi che possono fare apparire Arcesilao, prima come un
dogmatico negativo, poi come un vero e proprio dogmatico, in
quanto trasmette segretamente ai discepoli più dotati la dot-
trina di Platone. Un'altra possibile risposta è che Sesto tragga
in blocco tutta la testimonianza su Arcesilao dalla sua fonte,
nella quale trovava anche le interpretazioni in chiave dogma-
tica del suo pensiero. Questa ipotesi non _esclude comunque la
possibilità che Sesto, abbia fatto un uso diverso di quelle in-
terpretazioni rispetto alla sua fonte, come vedremo.

La critica all'interpretazione di Platone uaporetico) 1

Per completare e comprendere il senso della cnt1ca di


Sesto al!' Accademia scettica, non si può prescindere dal giu-
dizio da lui espresso sulla filosofia di Platone. Infatti egli non
ha fin qui mai discusso la posizione di Platone né lo ha incluso
in PH I 3 tra gli i8iroç KO.Àouµevot 8oyµo.nxoi 81 . Dunque,

81
Cfr. K. jANÀCEK, Ai napaKelµevai, cit., in Studien zu Sextus Empi-
ricus, cit., p. 227.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 53

dopo aver appena accennato al giudizio di "alcuni" che consi-


derano la filosofia dell'Accademia identica allo scetticismo,
Sesto, risalendo alle origini della loro pretesa, passa ad esami-
nare raffinità della filosofia di Platone con l'intento di met-
tere in discussione il giudizio di costoro, ovvero il presunto
scetticismo di Platone 82 . Il problema dell'interpretazione scet-
tica di Platone, infatti, ricollegandosi alla più vasta polemica
intorno all'esistenza di una tradizione platonico-accademica,
comporta anche una conseguente interpretazione della tesi
dell'unità della tradizione accademica intorno ad un punto
qualificante, la nozione di "scetticismo" 83 • L'interpretazione
scettica di Platone di matrice accademica, che risaliva ad Ar-
cesilao 84 non contemplava infatti la possibilità che nei Dialo-
ghi fossero contenute affermazioni positive: questa linea di
difesa non è accettata né da Sesto, né dalla Quarta Accade-
mia, la quale attribuisce a Platone uno scetticismo mitigato".

82
Cfr. PH 1 220-1 in cui Sesto elenca le fasi dello sviluppo dell'Ac-
cademia.
83 Il dibattito se Platone sia dogmatico o aporetico percorre infatti da

Antioco in poi la storia dello scetticismo accademico e pirroniano, ma pro-


prio su questo problema le posizioni filosofiche assunte da Arcesilao, da
Carneade e da Filone sono significativamente differenti. Sull'interpreta-
zione scettica di Platone, c'è ampia discussione e dissenso anche fra i mo-
derni, cfr., per esempio, la discussione tra J. ANNAS, P/aton le Sceptique,
«Revue de Métaphysique et de Morale», II (1990) pp. 267-91 e C. LÉVY,
Platon, Arcési/as et Caméade. Réponse à J. Annas, «ivi», pp. 292-306.
84
Cfr. Cxc. acad. I 46: cuius [scii. Platonis] in libris nihil adfirmaturet
in utramque partem multa disseruntur, de omnibus quaeritur, nihil certi di-
citur, che fa risalire direttamente ad Arcesilao l'interpretazione scettica
di Platone. Diversamente interpreta C. BRITTAIN, Philo of Larissa. The
Last o/ the Academic Sceptìcs, Oxford 2001, p. 191; cfr. anche M. Bo-
NAZZI, Academici e Platonici. Il dibattito antico sullo scetticismo di Platone,
Milano 2003, p. 126.
8
~ J. ANNAS, P/aton le Sceptique, cit., p. 290, ritiene che l'attribu-
zione a Platone dell'uso scettico di espressioni di dubbio rappresenti lo
scetticismo mitigato dell'Accademia di Filone, ma non appartenga anche
ad Arcesilao, il quale si sarebbe richiamato soprattutto a Socrate {cfr. an-
che EAD., The Heirs o/ Socrates, cit., p. 104). Ma il problema, a mio P.a-
54 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Ebbene, Sesto è consapevole che la discussione sullo scettici-


smo di Platone è di grande portata, perché travalica lo stesso
·problema della collocazione filosofica di Platone, che non può
essere separata dalla tesi dell'unità dell'Accademia e dalle sue
implicazioni 86 • Egli apre dunque la discussione sullo scettici-
smo di Platone con queste parole:

«Della questione se egli [scii. Platone] sia "puramente scettico"


(eii..tKptvros ITT:B7mK6s) trattiamo più estesamente nei Commen-
tari" (nf.at\nepov µèv l:v wis i\noµvi]µacn), mentre adesso in

rere, non va posto nei termini, se è plausibile o meno che si possano giu-
stificare come scettiche certe posizioni dottrinali di Platone, ma se è
plausibile che Arcesilao fosse fortemente motivato a richiamarsi a Pla-
tone. Del resto J. Annas osserva: «even if we do not accept it (ovvero
la pretesa di Arcesilao di considerarsi all'interno della tradizione dell' Ac-
cademia platonica), it can be made out in its own terms)> (ivi, p. 105).
L'accusa di calumnia che viene lanciata contro Arcesilao dal portavoce
di Antioco, nel Lucullus di Cicerone - che, non a caso, gli rimprovera
il modo in cui si richiama ai filosofi del passato-, è una chiara dimostra-
zione della strategia con cui Arcesilao potrebbe aver giustificato le affer-
mazioni di Platone alla luce dello scetticismo. Come rileva e.A. VIANO,
Lo scetticismo antico e la medicina, in G. GIANNANTONI (a cura di), Lo
scetticismo antico, cit., n) p. 573, «la calumnia di Arcesilao consisteva nel
prendere in considerazione solo osservazioni marginali di questi filosofi.
Simile a Tiberio Gracco egli slealmente approfitta delle dichiarazioni
scettiche di filosofi autorevoli per dare prestigio al proprio scetticismo».
Se Arcesilao tenta questa operazione con i filosofi del passato, a maggior
ragione lo ha fatto nei confronti di Platone, di cui si considerava l'erede
legittimo. Una serie di testimonianze, che non dipendono da Antioco,
compresa quella di Cicerone nel De oratore (III 67), parlano in tal senso;
cfr. PLUT. adv. Coi. 1121 F-1122 A, DLIV 28, e]. GwcKER, Antiochus,
cit., p. 36 e sgg.
86
Del resto l'anonimo dei Prolegomena alla filosofia di Platone (10,
4-12, p. 15 sgg. Westerink) e l'anonimo Commentario al Teeteto di Pla-
tone (LIV 38-43 Bastianini-Sedley) testimoniano di come la discussione
di questo problema si sia mantenuta viva fin nella tarda antichità.
87
L'uso del presente fa pensare che si tratti di un lavoro la cui ste-
sura è contemporanea oppure molto prossima a PH; cfr. F. DECLÉVA
CAIZZI, Aenesidemus and the Academy, «Classica! Quarterly)>, XLII (1992)
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 55

una esposizione sommaria, diciamo 88 (vùv ùè cOç Ev Urcoturccùo-ei


MyoµEv) [... ] e Enesidemo - soprattutto costoro furono infatti
sostenitori di questa posizione (1aon1ç npofon1crav 1fiç crtci-
crEroç) 89 - che quando Platone fa affermazioni (otav 6 ID.énrov
U7'0<p<ltVT]tat) intorno alle idee O alla esistenza della provvi-
denza o intorno al fatto che una vita virtuosa è preferibile a
una vita accompagnata dal vizio, se assente a queste cose come
se esistessero, dogmatizza (i::l'.ti:: cùç Un:Upxouai toUtoiç GD')'KU-
1mi8E1m, 8oyµa1isEt), se aderisce a esse come più probabili
(EÌ1E CÙç m8<1VùltÉpotç 7<pOcrti8Etat), poiché preferisce una
cosa ad un'altra in base a credenza o a mancanza di credenza
(/;nei npoKpivEt n Katà nicrnv ~ li.mcrtiav) si allontana dal
carattere scettico (EKn:Écpi::uya .tòv GKErrttKÒv xapaKtflpa)» 90 .

Il testo è corrotto e non è dato sapere se i due filosofi citati da


Sesto, di cui soltanto il nome di Enesidemo è conservato 91 ,

p. 186 nota 42, J. ANNAS·J. BARNES, Sextus Empiricus. Outlines o/ Scepti-


cism, cit., p. 48 nota 241, ritengono che i Commentari a cui qui Sesto
allude «are the work of which MVII-XI is the torso». Contra R. BETT,
Sextus Empiricus. Against the Physicists (MIX 13-194), in corso di stampa,
il quale _obietta che non ci sia alcuna certezza che si tratti degli Skeptika
Hypomnemata poiché Sesto nomina anche altre due sue opere, Empeirika
Hypomnemata (MI 61) e Iatrika Hypomnemata (M vu 202). Che la parte
perduta delle opere di Sesto fosse considerevole era già stato ipotizzato
daJ. BL0Mov1sT, DieSkeptika desSextus Empiricus, «Grazer Beitr3.ge», rr
(1974) pp. 7-14; cfr. anche R. BETT, Sextus Empiricus. Against the Logi-
cians, cit., pp. X-XII.
88
Oiaf..aµpcivoµev i codici; À.Éyoµev Bekker.
89 Si è discusso sul significato del termine crtO:criç, ma il senso è

quello di posizione filosofica; cfr. J. MANSFELD, Aenesidemus and the


Academics, in L. AYRES (ed.), The Passionate Intellect, Essays /or I. Kidd,
New Brunswick-London 1995, p. 241.
90 PH I 222.
91 Quanto al nome tramandato accanto a quello di Enesidemo, la

maggior parte degli interpreti ritiene che sotto la corruzione Kacanepµn-


Oocov si possa leggere Menodoto. Contra K. DEICHGRABER, Die griechische
Empirikerschule. Sammlungen der Fragmente und Darstellung der Lehre,
Berlin-Zlirich 1965, p. 266 nota 2, seguito ora anche da L. PERILLI, Me-
nodoto di Nicomedia. Contributo a una storia galileiana della medicina em-
pirica, Miinchen-Leipzig 2004, pp. 106-7, il quale ipotizza inoltre che la
56 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sostenessero o negassero lo scetticismo di Platone. Infatti po-


tendo la preposizione Kmét reggere tanto il genitivo quanto
·l'accusativo, gli emendamenti proposti hanno presentato due
soluzioni opposte egualmente plausibili su un piano testuale:
KC:rnÌ <"&iv> rrepi MT]véoowv KCIÌ AÌVT]CTiOT]µov, "contro l'o-
pinione di Menodoto e di Enesidemo", oppure Kmà <wus>
rccpì MT}v68otov KUÌ Aiv11ai8riµov, "secondo l'opinione di
Menodoto e di Enesidemo" 92 • Recentemente le possibilità
di emendazione del testo si sono arricchite della correzione

lacuna potrebbe essere più ampia «di un rigo a fine pagina» o anche più.
Recentemente]. BRUNSCHWIG, Hérodote de Tarse, in R. GouLET (éd.),
Dictionnaire des Phi!osophes Antiques, Suppl., Paris 2003, p. 106, ha indi-
cato la possibilità di un'altra correzione: KCl:tà <i:éòv> ttepi 1-Ip6Soi:ov Kaì.
AÌ.vTjcriSTJµOv, che fino ad oggi, per quanto io ne sappia, non è stata pro-
posta da altri. Anche Pappenheim, e Deichgriiber, avevano suggerito la
possibilità di leggere il nome di Erodoto, e correggevano Kai:à. 'Hp6So-rov.
Ma la correzione Hp6Soi:ov è giustificata più dal fatto che Erodoto è
stato maestro di Sesto che da un punto di vist'a paleografico in quanto an-
che la versione latina di T secundum permindotum fornisce maggiori cre-
dénziali alla correzione MTJv6Soi:ov: cfr. E. SPINELLI, Sextus Empiricus,
the Neighbouring Philosophies and the Sceptical Tradition, in ] . S1HVOLA
{ed.), Essays on Ancient Scepticism and the Sceptical Tradition, Helsinki
1998, p. 38.J. DILLON, ree. di A. BRANCACCI (a cura di), Antichi e moderni
nella filosofia di età imperiale, Napoli 2001, in «Bryn Mawr Classica! Re-
view)>, 2004, rileva che in PH I 222 «a proper name is needed, to go with
Aenesidemus; Menodotus is known to have written a large work on em-
piricism; and this passage would place him among those, such as Aenesi-
demus, who claimed Plato as a sceptic, which would serve to annoy Ga-
len»; contra L. PERILU, Menodoto di Nicomedia e i principi della medicina
empirica, in A. BRANCACCI (a cura di), Antichi e moderni, cit., pp. 267-97;
cfr. anche In., Menodoto di Nicomedia. Contributo, cit., pp. 105-24.
92
Le due lezioni contrapposte sono Kacà. i:oùç nepì MTJv6So-rov KO:Ì
AÌvTJcriSTJµOv proposta da Mutschmann, e Kacà. -réòv nepì MT]v6Soi:ov KO:Ì
AÌ.VTJO'i.ST]µov proposta da Heintz. K. ]ANACEK, Ai napaKeiµeva1, cit., in
Studien zu Sextus Empiricus, cit., p. 228, difende l'emendamento di
Heintz, Kncò. cOOv 7tepì MTjv6Socov Kaì AÌ.vTJcriSTjµOv sulla base del fatto
che poiché Sesto fino a questo momento ha nominato gli oppositori delle
sue opinioni, tra cui lo stesso Enesidemo a proposito di Eraclito, sarebbe
plausibile che lo nominasse anche per Platone nello stesso senso. Tutta-
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 57

suggerita da Emidio Spinelli, Ka86:7rnp <ol napi> Ml]v68owv


KUÌ AìvricriOriµov, ''come Menodoto ed Enesidemo)), che da
un punto di vista paleografico è migliore rispetto a Kcmì
<-roO(;;> 9\ ma che sul piano interpretativo si colloca accanto
a coloro che emendano il testo in Ka1à w6s. Poiché tuttavia
non c'è certezza che il testo fosse così costituito 94, qualsiasi
tentativo di soluzione non può che dipendere dal significato
del contesto in cui il passo è inserito 95 • Esso dipende dunque
da una analisi della struttura logica e filosofica dell'intero
argomento che si estende fino al par. 225.
Sesto dichiara di aver discusso diffusamente nei Commen-
tari della questione se Platone sia 8ÌÀtKptviòs crKannKÒS, e di
riassumere qui le argomentazioni di cui plausibilmente egli si è

via la conclusione che ne trae, non è di per sé sufficiente a dimostrare


questa tesi; vedi infra, p. 70.
93
Per un'analisi esaustiva delle posizioni relative alle varie proposte
di emendamento, cfr. E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the Neighbouring ·
Philosophies, cit., pp. 37-9.
94
Gli argomenti relativi all'usus scribendi di Sesto non hanno un va-
lore conclusivo, perché se è vero che la formula lCll'tÒ. 'toUç + nome pro-
prio compare in MVII 17.3 e 176, mentre lCll'tà 't&v + nome proprio è un
hapax, come rileva Spinelli, non si può escludere la presenza di questa
formula in qualche altro luogo del corpus sestano, che non possediamo
interamente. Qualora il senso del passo poi deponesse a favore della tesi
che Enesidemo si schierava contro l'interpretazione scettica di Platone,
la proposta di correzione di Spinelli, in quanto corrisponde all'usus scri-
bendi di Sesto ed è anche più soddisfacente da un punto di vista paleo-
grafico (cfr. E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the Neighbouring Philosphies,
cit., p . .39), deve essere, a mio parere, preferita alla formula 1Cat6: toOç +
nome proprio. Sulla possibilità che la porzione perduta di M I-V conte-
nesse in buona parte la descrizione del carattere filosofico del neopirro-
nismo, cfr. D. MACHUCA, ree. cit. a R. BETI, Sextus Empiricus. Against
the Logicians, cit., «Bryn Mawr Classica! Review», 2008.
9
' Cfr. W. G6RLER, Àlterer Pyrrhonismus, ]Ungere Akademie, Antio-

chus aus Askalon, in H. FLASHAR (Hrsg.), Grundriss der Geschichte der


Philosophie. Die Philosophie der Antike, IV: Die Hellenistche Philosophie,
Basel 1994, p. 840; P. WcioDRUFF, Aporetic Pyrrhonism, «Oxford Studies
in Ancient Philosophy», VI (1988) p. 167.
58 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

già servito in quell'opera. Ebbene, come ha notato Carlos


Lévy 96 , la logica interna del passo vorrebbe che se Enesidemo
·e Menodoto fossero le autorità a cui Sesto si appoggia, egli li
nominasse quando si riferisce ai Commentari, in cui ha trattato
più diffusamente il problema dello scetticismo di Platone, e
non quando si riferisce alla sua esposizione sommaria, ovvero
dopo la clausola restrittiva (roç f;v o:rwtuncilcret). Questa ipo-
tesi, a mio parere, è rafforzata dall'uso dell,espressione ta.Ut11ç
crtO.creroç, che rinvia nel suo significato più immediato alla tesi
di coloro che ritengono Platone l(puramente scettico,,, poiché
normalmente il dimostrativo outoç si riferisce a ciò che pre-
cede. Se ci attenessimo dunque alla ricostruzione logica più
diretta del paragrafo 222, dovremmo ammettere che Sesto
indicherebbe in Enesidemo e Menodoto (?) coloro che hanno
sostenuto la tesi che Platone è elA.tKptvòìç <JKe1tnK6ç. Poiché,
tuttavia, l'esame della struttura logica del passo non è suffi-
ciente di per sé a stabilire la posizione dei sostenitori dello
scetticismo di Platone, è necessario procedere ali' analisi filo-
sofica.
Ebbene, Sesto attacca la tesi secondo cui Platone sarebbe
eihKptvòìç <rKrnttK6ç con questi argomenti: se Platone as-
sente a tutto ciò che egli ha affermato intorno alle Idee e ad
altre dottrine come se fossero una realtà, dogmatizza (8oyµa-
tiçei), ma «se aderisce a esse come più probabili (e!te roç m-
8avonépoiç npoc:rti8etm), poiché preferisce una cosa ad un'al-
tra in base a credenza o a mancanza di credenza (ÈnEÌ npo-
Kpivei n Katà nicrnv iì àmcrtiav) si allontana dal carattere
scettico». Ora la risposta di Sesto presuppone che coloro che
considerano Platone puramente scettico non accettino il
punto di vista che "preferire una cosa ad un'altra in base a
credenza o a mancanza di credenza" possa qualificare qual-

~ 6 Cfr. C. LÉvY, Pyrrhon, Enésidème et Sextus Empiricus: la question


de la légitimation historique dans le scepticisme, in A. BRANCACCI (a· cura
di), Antichi e Moderni, cit., p. 312.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 59

cuno come "puramente scettico". E questa opinione è certa-


mente condivisa da Enesidemo. A questo punto, però, non è
facile stabilire se questa sia l'argomentazione con cui Enesi-
demÒ e Menodoto confutàno lo scetticismo di Platone, o se,
invece, questa sia l'argomentazione che Sesto oppone alla loro
tesi. A tal fine è necessario seguire lo sviluppo dell'intera
argomentazione che si conclude al par. 225.
Al par. 221 Sesto introduce la discussione sull'affinità della
filosofia di Platone con lo scetticismo, mostrando che su questo
problema c'è un ampio dissenso. Infatti alcuni hanno descritto
Platone come dogmatico, altri come aporetico (àrropljttK6ç),
altri come in parte aporetico e in parte dogmatico".

«E invero nei dialoghi a scopo di esercitazione (i:v µèv yàp wiç


yuµvucrnKoiç 1'.6yo1ç) quando presenta Socrate mentre
scherza con alcuni (i\ro1 nuiçrov np6ç nvuç) o combatte contro
i Sofisti (fì Ùyrov1ç6µevoç rrpòç cro(jlwràç) dicono che egli ha
un carattere esercitatorio e aporetico (yuµva.cri:tK6v ts KUÌ
à.rropljnK6v), mentre un carattere dogmatico quando fa affer-
mazioni parlando seriamente o per bocca di Socrate, o di
Timeo, o di taluni altri».

Al par. 222, Sesto dichiara esplicitamente di non voler discu-


tere l'interpretazione di coloro che attribuiscono un carattere
misto alla filosofia di Platone:

«In merito a coloro che dicono che Platone è dogmatico o


sotto un certo aspetto dogmatico, sotto un altro aporetico,
sarebbe superfluo parlarne ora (nepwcròv èiv etl] À.Éyeiv vilv):
essi stessi infatti ammettono la differenza rispetto a noi».

Al par. 223 Sesto prosegue:

«E anche se [Platone] si esprime alla maniera scettica (KctÌ


crKS1t'ttKcòç rrpocpÉps1a1) quando, come essi dicono, si sta eser-

97
Cfr. DL m 51: noÀÀTÌ crtétcrtç È:crtì KaÌ oi µé:v <pa.cnv aUtòv Ooyµa-
tiçEtV, oi O' oG.
60 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

citando (éhav, roç cpacr(, yuµvaç11tm), non per questo sarà uno
scettico (où napà 10010 fotm crKennK6ç)».

Se ora Sesto si riferisce ad alcuni che hanno difeso lo scettici-


smo di Platone ricorrendo al fatto che egli si esprime alla
maniera scettica quando yuµvàç11tm, non può certo riferirsi
a coloro che ritengono che la filosofia di Platone ha un carat-
tere misto, non solo perché, per loro esplicita ammissione,
costoro riconoscono la differenza con lo scetticismo 98 , ma
soprattutto perché lo stesso Sesto ha dichiarato che sarebbe
superfluo parlarne ora. Non resta dunque che prendere in con-
siderazione l'ipotesi che Sesto voglia aggiungere argomenti
inoppugnabili contro i sostenitori della tesi di un Platone
"aporetico" e, soprattutto, argomenti tali da essere ritenuti
inconfutabili anche da costoro. Si aggiunga che Sesto al par.
221 ha introdotto soltanto tre possibili interpretazioni di Pla-
tone, di cui una è quella di coloro che lo hanno definito
àrrop11nK6ç: dunque costoro e coloro che ritengono Platone
eiA.tKptvéiiç crKeitnK6ç non possono che essere lo stesso gruppo
di persone. È possibile che l'espressione elA.tKptvéiiç crKeitnK6ç
sia la traduzione ad opera di Sesto del termine ÙnOp'lnK6ç 99 ,
che è usato da Enesidemo 100 • Infatti l'espressione eiA.tKptvéiiç

98
Diogene Laerzio (III 49) illustra Una divisione dei dialoghi di Pla-
tone molto vicina all'interpretazione di coloro che scorgono in Platone
due tipi di filosofia, dogmatica e aporetica, ma Diogene Laerzio non col-
lega questa divisione alla tematica su scetticismo o non scetticismo; cfr.
F. DECLEVA CAIZZI, Aenesidemus and the Academy, cit., p. 186 nota 40,
la quale fa rilevare che la loro Posizione in Diogene Laerzio corrisponde
all'osservazione di Sesto che costoro non intendono accostare Platone
allo scetticismo.
99 Cfr. E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the Neighbouring Philosophies,

cit., p. 45 e M. BONAZZI, Academici e Platonici, cit., p. 158 nota, che si


appoggia al parere di Spinelli.
100 A conferma di questa ipotesi c'è il fatto che Sesto in PH non uti-

lizza il termine Ò:noprp:ucoi per indicare gli Scettici, cfr. M. SCHOFIELD,


Aenesidemus: Pyrrhonist and "Heraclitean", cit., pp. 287-8, il quale os-
serva: «the obvious explanation of this is that in Outlines Sextus was
LA CRITICA D! SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEivlIA SCETTICA IN PH I 61

per connotare Platone, se assunta nell'uso tecnico,


GKC1C'tl.K6ç

non può essere di Enesidemo 101 . Sesto avrebbe tradotto


arrop1FtKOS in sihKptviiis <rKrnnKOS, che nel linguaggio di
Sesto sta ad indicare sempre "pirroniano", per enfatizzare
l'enormità dell'errore di giudizio, dal momento che nemmeno
chi lo considera arropTjnKOS potrebbe, o forse vorrebbe, giu-
dicare Platone un "pirroniano" 102 • Inoltre l'ipotesi che Sesto

wishing to give all possible emphasis to epoche as to keynote of scepti-


cism, and considered "aporetic" to be a term too closely implicateci in
refutation of dogmatism for further use in characterising or referring to
the sceptic». Cfr. inoltre, il ricorrere di termini come èuropf]ttKoi, Oto.-
n:ope'Lv, èbtopov nell'estratto di Enesidemo in PHOT. bibl. 169b sgg. Sul-
l'uso di Ò.n:opf]ttKÒç in Enesidemo, vedi anche nota 129.
101 Il termine crKen:-cncòç non compare mai nei Discorsi Pirroniani ri-

portati da Fozio e quindi non dovrebbe essere stato usato da Enesidemo,


cfr. G. STRIKER, Sceptical Strategies, in M. SCHOF1ELD-M. BuRNYEAT-
J. BARNES (eds.), Doubt and Dogmatism, cit. {ora anche in EAD., Essays
on Hellenistic Epistemology and Ethics, cit.). Cfr. D.N. SEDLEY, The Mo-
tivation o/ Greek Scepticism, cit., il quale rileva che il termine scettico
come equivalente di pirroniano emerge verso la metà del II sec. d.C.,
e rinvia a Teodosio in DL IX 70.
102 H. TARRANT, Scepticism or Platonism? The Philosophy o/ the

Fourth Academy, Cambridge 1985, p. 75 e sgg., ha avanzato l'ipotesi che


l'espressione eiÀtKptvcùç crKenttKÒç sia di Enesidemo, dal momento che il
termine d.ÀtKptvcùç compare in PH esclusivamente in connessione con i
tropi di Enesidemo, o con passi che hanno a che fare con lui e sia giunto
a Sesto attraverso la mediazione di Menodoto. R. BETT, Pyrrho, cit., p.
218 e nota 58, oltre a riconoscere che eilikrinos e gli aggettivi correlati
eilikrines si incontrano frequentemente nel v libro della Repubblica di
Platone (cfr. P. WooDRUFF, Aporetic Pyrrhonism, cit.), sostiene che il
V libro della Repubblica costituisce un importante antecedente della po-
sizione dello stesso Pirrone per cui conclude: «it is tempting to infer that
Aenesidemus borrowed this usage from Plato». Inoltre egli ammette che
Enesidemo doveva aver conoscenza della filosofia di Platone, dal mo-
mento che ha fatto parte dell'Accademia. Egli tuttavia respinge l'ipotesi
che Enesidemo possa essere il sostenitore dello scetticismo di Platone in
PH I, perché «despite a similarity between Republic V's conception of
the appearances and that of early Pyrrhonism and Aenesidemus, Plato
certainly does not suggest a practical strategy of following the appearan-
62 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

qualifichi con l'espressione el:\.1Kp1viiis O"KennKÒS il giudizio


espresso da Accademici che avrebbero difeso lo scetticismo di
·Platone sulla base del probabilismo è insostenibile, oltre che
per le ragioni appena esposte, anche per il radicalismo concet-
tuale implicito in quella espressione, che non si addice certo al
modo in cui Sesto riporta, qui e altrove, la posizione filosofica
della Quarta Accademia 1°'.
Tuttavia si potrebbe ancora prendere in considerazione
l'ipotesi che ci sia un accordo tra Enesidemo e Sesto nel
giudicare Platone un dogmatico se i sostenitori dello scettici-
smo di Platone lo difendessero con le argomentazioni dei Fi-
loniani, contro cui polemizza Enesidemo nel riassunto di Fa-
zio 104 • Enesidemo infatti, nel primo libro dei Discorsi Pirro-
niani, era interessato a mettere in luce la differenza tra i
filosofi pirroniani e gli Accademici. E poiché Enesidemo po-

ces». Alla sua conclusione si può obiettare che se il v libro della Repub-
blica può giustificare il richiamo a Pirrone di Enesidemo, non si capisce
perché non potrebbe essere stato utilizzato da Enesidemo anche per
spiegare l'"aporeticità" di Platone. Il Platone scettico nasce con Arcesi-
lao che faceva risalire a Socrate e a Platone l'àKa'tuÀrp.y{a e l'ènoxil; cfr.
PLUT. adv. Col. 1121 F-1122 A, e supra, nota 85. Non si può dunque
escludere che anche Enesidemo, membro dell'Accademia, trovasse una
giustificazione allo scetticismo di Platone con altre argomentazioni fon-
date sull'eraclitismo presente nel Teeteto.' All'ipotesi che l'espressione et-
À.tKptvcòç crKE1t'tUc6ç si debba a Menodoto che trascriverebbe nel suo vo-
cabolario il giudizio di coloro che ritenevano Platone scettico (ora cfr.
anche M. BoNAZZI, Academici e Platonici, cit., p. 157 nota 50), si può
obiettare che mentre della presenza di Enesidemo in Sesto abbiamo
menzioni esplicite, sull'influenza di Menodoto possiamo soltanto con-
getturare.
tO} Cfr. G. BAsTIANINI-D.N. SEDLEY, Commentarium in Platonis
'Theaetetum', in CPF m, Firenze1995, pp. 545-6, in cui Sedley ritiene
probabile che Sesto si riferisca ad una fazione interna alla scuola pirro-
niana, ma che la corruzione del passo non permetta di stabilire se questa
corrente includesse Enesidemo. Ma se si accetta l'ipotesi che si tratti di
Pirroniani, non si capisce perché dovremmo escludere proprio Enesi-
demo di cui viene esplicitamente fatto il nome, pace Sedley! ·
'° 4 Cfr. PHOT. bib/. 170a 17-21.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 63

lemizza con gli Accademici utilizzando l'espressione ol o' ànò


1fiç 'AKaol]µiaç, µuÀtcna 1fiç vuv, è importante stabilire se
l'obiettivo polemico siano tutti gli Accademici, compresi Pla-
tone e Arcesilao, oppure soltanto i sostenitori del m9av6v.
Come è stato rilevato da alcuni, l'espressione usata da Enesi-
demo sembra coinvolgere tutta la tradizione accademica, nel
suo complesso, nessuno escluso 105 . Se si esaminano) tuttavia,
più da vicino gli argomenti addotti da Enesidemo contro il
dogmatismo accademico, si vede come l'obiettivo polemico sia
la Quarta Accademia e la sua .interpretazione moderata del
m9av6v carneadeo. Egli descrive gli Accademici come dogma-
tici, tanto da assomigliare a Stoici che combattono contro
Stoici. Infatti gli Accademici, oggetto della critica di Enesi-
demo affermano l'àKa<aÀT]\jlta, ma poi ammettono che le cose
«sono apprese con evidenza con i sensi o con il pensiero» 106 . Il
pirroniano si caratterizza invece per un atteggiamento oppo-

105 E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the Neighbouring Philosophies, cit.,

p. 54 nota 27, puntualizza l'importanza dell'avverbio µUA.to"'ta che indica


che è la tradizione accademica nel suo complesso a essere oggetto di cri-
tica da parte di Enesidemo, seguito da M. BoNAZZI, Academici e Plato-
nici, cit., p. 153 nota 37 (cfr. ID., I Pirroniani, .l'Academia e l'interpreta-
zione scettica di Platone, i,n M. BoNAZZI·F. TRABATTONI (a cura di), Pla-
tone e la tradizione platonica. Studi di filosofia antica, Milano 2003, p.
193). Anche C. LÉvY, Pyrrhon, Enésidème et Sextus Empiricus, cit., p.
305, sottolinea che l'attacco era rivolto a tutta l'Accademia; così. anche
R. BETT, Pyrrho, cit., p. 192, il quale però riconosce che «in different
ways Philo and Antiochus had effected a degree of rapprochement with
Stoicism far beyond anything countenanced by Arcesilaus and Carnea-
des», e a P·. 208 osserva: «That he (Aenesidemus) has Philo's claim in
mind is already suggested by the fact that at one point he attributes a
number of dogmatic assertions to the Academics, but then be says that
'it is only about the apprehensive impression that they say that they are
in dispute' (170a21-2)».
106 PHOT. bibl. 170a 36-8. Questa descrizione si addice particolar-

mente alla posizione di Filone. Come osserva C. LÉVY, Pyrrhon, Enési-


dème et Sextus Empiricus, cit., p. 115, l'espressione µUA.to"ta "tfiç vùv, po-
trebbe riferirsi a Filone ancora vivo.
64 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sto, perché non afferma né che le cose sono comprensibili o


incomprensibili, né vere o false né probabili o non probabili,
né che sono o non sono, «ma una stessa cosa è per così dire
non più vera che falsa, più probabile che non probabile, più
esistente che non esistente, od ora in un modo ora in un altro,
o per qualcuno in un certo modo e per qualcun altro in un
certo altro» 1°'. Stabilire dunque una distinzione anche fra i
rappresentanti dell'Accademia si spiega con l'interesse di Ene-
sidemo per la categoria della ota<pop<i, che lo spinge ad indi-
viduare affinità e differenze sia tra i Pirroniani e gli Accade-
mici, ma anche tra i rappresentanti della stessa Accademia,
come indica l'espressione oi o' Ò.nò ifjç 'AKaol]µiaç, µ<iA.tcria
-rfjç vUv, intesa a coinvolgere in una valutazione diversa, e
quindi a differenziare, anche i rappresentanti dell'Accade-
mia 108 . Rimangono al di fuori della critica di Enesidemo Ar-
cesilao, alla cui posizione filosofica egli non fa alcun cenno, e
Platone a cui egli non fa alcuna allusione 109 • In ogni caso essa
esclude certamente la filosofia di Arcesilao per la citazione del

107
PHOT. bibl. 170a 6-11.
ios Il termine 810.<popti ricorre due volte nell'estratto di Enesidemo
in Fazio, a p. 169b 36 e 170a 40. Si veda il giudizio equilibrato di F.
DECLEVA CAIZZI, Pirroniani e Accademici nel Ili sec. A.C., cit., p. 148
nota, la quale fa rilevare che la categoria della Oio.q>op6. implicava un' af-
finità· che richiedeva delle precisazioni per mostrare le differenze: «an-
che l'espressione oi O' Ò.1tò 'tfiç 'AKaòriµiaç, µtiì..tcr'to. 'tfiç vUv, mostra che
il giudizio non riguarda egualmente tutti gli Accademici».
109
Cfr. K. ]ANACEK, Ai napaKelµ,evaz, cit., in Studien iu Sextus Em-
piricus, cit., p. 230. Il fatto che Enesidemo non si sia mai richiamato ad
Arcesilao, pur potendolo fare, dimostrerebbe secondo C. LÉvY, Pyrrhon,
Enésidème et Sextus Empiricus, cit., p. 345, che egli ravvisava un'interdi-
pendenza concettuale tra l'Accademia e la Stoa e «qu'il fallait sortir de
ce face à face pour donner un esser nouveau au scepticisme». Tuttavia
questa tesi non è del tutto persuasiva perché se è vero che Enesidemo
ha scelto esplicitamente come precursori Pirrone ed Eraclito, è anche
vero che egli nell'estratto di Fazio non attacca la posizione di Arc~silao
e, soprattutto, come lo stesso Lévy ammette (pp. 311-3), ci sono fondati
motivi a favore del fatto che egli avesse difeso lo scetticismo di Platone.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 65

rrt6av6v, che invece rinvia implicitamente ali' Accademia po-


starcesilea. Se allora i sostenitori dello scetticismo di Platone
sono gli Accademici contro i quali polemizza Enesidemo nel-
l'estratto di Fazio, l'unica alternativa possibile è che essi deb-
bano essere identificati o nei Filoniani, o nei seguaci di Car-
neade e Cli tomaco.
Ma i sostenitori dello scetticismo di Platone in PH I, lungi
dall'affermare che Platone si esprime secondo il linguaggio della
Quarta Accademia, contro il quale avrebbero ragione le con-
troargomentazioni di Sesto, utilizzano le argomentazioni che
Sesto ha esposto al par. 221, per giustificare il carattere apore-
tico della filosofia di Platone, che per i sostenitori del carattere
misto riguardano invece solo un aspetto della filosofia di Pla-
tone. I sostenitori del Platone aporetico, infatti, non ne difen-
dono lo scetticismo con l'argomentazione che preferire una cosa
rispetto ad un'altra sul piano della credenza o della mancanza di
credenza sia sufficiente a qualificare qualcuno come scettico,
bensì fanno leva sul fatto che nei dialoghi yuµvaanKoìç Platone
presenta Socrate "mentre scherza con alcuni o combatte contro
i Sofisti", e quindi non parla seriamente, ovvero non ·dogma-
tizza. Sesto non è disposto ad accettare questa interpretazione,
perché ritiene che nel yuµvétçwem di Platone rientri anche
l'atteggiamento di chi preferisce una cosa ad un'altra in base
alla credenza o alla mancanza di credenza. L'insistenza di Sesto
su questo punto presuppone che coloro che considerano Platone
1
'aporetico'', ovvero ''puramente scettico'', non accettino il
punto di vista che "preferire una cosa ad un'altra in base alla
credenza o alla mancanza di credenza" possa qualificare qual-
cuno come "puramente scettico". E questa opinione è certa-
mente condivisa da Enesidemo.
Ebbene, il fatto che Sesto presenti la posizione di Platone
all'interno della prospettiva auyKma-ti8ca8m / npoKpivetv
KO:tà rricrttv iì à.rrtcrtiav e quindi strettamente connessa a
quella della Quarta Accademia risponde a una ben precisa
strategia dialettica. Sesto sta opponendo alle argomentazioni
66 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

di Enesidemo il fatto che l'unica difesa possibile di Platone sia


. quella di attribuirgli affermazioni sulla base del pròbabile.

«Chi dogmatizza infatti intorno a una cosa sola (6 yàp 11Epì


Évòs ùoyµcn(çrov), o preferisce una rappresentazione ad un'al-
tra in modo assoluto in base alla credenza o alla mancanza di
credenza (iì 11p0Kp(vrov <pnv<ncrfo.v <pnv<ncr(as 6A.ros Kn<à 11(-
0''ttV fi Ò.ntcr'ti.av), o fa affermazioni intorno alle cose oscure
(11Ep( nvos «'iiv iiofiA.rov), è dogmatico quanto al carattere,
come manifesta anche Timone (KnÌ 6 T(µrov) attraverso le
cose che dice su Senofane» 1 "-

Sesto ritiene dunque che il yoµvcisrn0at non escluda né il ùoy-


µn<isEtv 11Epì tv6s né il preferire un'opinione ad un'altra in
base alla credenza o alla mancanza di credenza, né il fare af-
fermazioni intorno a cose oscure, che sono tutte caratteristiche
distintive del dogmatico. Egli, dopo aver enumerato tutte le
caratteristiche negative del dogmatismo sotto cui ricade la fi-
losofia di Platone, richiama il giudizio di Timone su Seno-
fane 111 per spiegare in che cosa consiste la CTKEnwcruvri. Il
senso di questo richiamo sta nel contrapporre il vero significato
di crKE1l<Ocruvri, che consiste nel rifiuto di ogni dogma soppe-
sando le opinioni senza mai inclinare verso l'una o verso l'altra,
alla pretesa dei sostenitori dello scetticismo di Platone che lo
pongono nel yoµvciçrneai. Se Sesto sente dunque la necessità
di riferirsi ora all'autorità di Timone è perché non solo egli non

PH I 223.
llO
111
Tll\IION fr. 59 Diels. Per l'analisi dell'interpretazione fornita da
Sesto della testimonianza di Timone su Senofane, cfr. l'approfondito
commento di E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the Neighbouring Phi!oso-
phies, cit. Per un'analisi linguistica del frammento e per una rassegna
della controversia tra gli interpreti sul valore. tecnico del termine crKB-
1t'tOO"ÒVTJ, cfr. W. LAPINI, La conversione di Senofane (Xenoph. AJ 5
D.K.), in Studi di filologia filosofica greca, Firenze 2003, il quale traduce
01CB7tiocrÒVTJ "capacità di analisi" e sottolinea la spiccata predilezione di
Timone per i vocaboli in -crUvri rinviando ai frr. 20.2, 35, 36, 48.2 Di
Marco, tutti al genitivo singolare.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA [N PH I 67

è d'accordo con la concezione dello scetticismo dei sostenitori


di un Platone scettico 112 , ma evidentemente perché Timone
rappresenta un'autorità anche per loro 10 , altrimenti il ri-
chia~o a Timone avrebbe scarso significato. Non a caso infatti
egli si impegna in una importante digressione nella quale
espone la critica di Timone a Senofane. Senofane è definito
da Timone ùnértucpoç e non perfettamente lhucpoç 114 , perché ha
dogmatizzato sulla struttura della realtà e sulla natura della
divinità. La critica di Timone a Senofane dimostra quale sia
la differenza tra lautentico atteggiamento scettico e la conce-
zione erronea dello scetticismo, inteso come Ènarcopciv, pro-
prio di coloro che ritengono Platone etÀtKptv&ç <JKE1tnK6ç,
come sottolineano le parole con cui Sesto ritiene di aver con-
cluso una volta per tutte la confutazione della tesi dei sosteni-
tori dello scetticismo di Platone al par. 225:

«È chiaro dunque da quanto abbiamo detto che anche se Pla-


tone solleva aporie intorno ad alcune questioni (Kèìv nepi nvrov
émrnopij 6 IIM.1rov), ma poiché in altre egli appare o fare
affermazioni sull'esistenza di cose oscure o preferire alcune
cose oscure ad altre in base alla credenza, egli non sarà uno
scettico (oÙK èìv etl] <JKEitnK6ç)».

Le parole con cui Sesto conclude la discussione della tesi dei


sostenitori dello scetticismo di Platone dimostrano, da un
punto di vista logico, che l'argomento sul quale costoro fon-
davano la loro tesi non era che Platone giustifica le sue opi-

112
Come è stato notato acutamente da E. SPINELLI, Sextus Empiri-
cus, the Neighbouring Philosophies, cit., pp. 46-50, che ne trae però con-
seguenze diverse.
113
Per l'importanza rivestita da Timone nella presentazione del pirro-
nismo di Enesidemo, cfr. F. DEClEVA CAIZZI, Sesto e gli Scettici, cit., p. 300.
114
Gli studiosi non concordano sul significato che Timone attribui-
sce a questo epiteto, ma è significativo che Timone altrove definisca Pir-
rone éi'tucpoç, cfr. fr. 9 Di Marco. Per un'analisi dell'evoluzione del con-
cetto di 'ti3cpoç, cfr. F. DECLEVA CAizZI, Tixpoç: Contributo alla storia di
un concetto, «Sandalion», m (1980) pp. 53-66.
68 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

nioni alla luce del probabile, bensì sul fatto che Platone sol-
.leva aporie (811a1i:opfj) 115 • A giudicare dal tono dell'argomen-
tazione e dal linguaggio non sembra quindi che i sostenitori
dello scetticismo di Platone siano rappresentanti della Quarta
Accademia. Per Sesto non è sufficiente né n và crK•mnxòiç
11po<pépetv né sollevare aporie per essere degli autentici scet-
tici, perché basta una sola affermazione dogmatica per con-
traddire lo scetticismo, come esemplifica latteggiamento di
Senofane. Anzi l'atteggiamento di Timone nei confronti di
Senofane è volto a dimostrare, in opposizione alla tesi di
Menodoto 116 e. di Enesidemo, quale deve essere l'atteggia-
mento del vero scettico nei confronti di Platone. Nel criticare
dunque la posizione di Senofane Sesto non solo afferma un
significato di scetticismo, che si contrappone a quello dei
sostenitori di un Platone "aporetico", ma anche una diffe-
rente interpretazione della tradizione filosofica passata che
non è disposta ad accettare precursori diversi da Pirrone:
Platone non può essere dunque considerato un precursore
dello scetticismo come Pirrone.
È interessante rilevare che nella discussione relativa allo
scetticismo di Platone manca qualsiasi riferimento alla posi-
zione .di Socrate. Mentre infatti nella tradizione accademica,
proveniente da Arcesilao, Socrate-Platone costituiscono un
binomio inscindibile, non vi è traccia di una posizione socra-
tica autonoma nel resoconto di Sesto su Platone, ma Socrate è

11
Cfr. infra, nota 129.
'
116
Se si accetta che il nome da restituire accanto a quello di Enesi-
demo nello spazio corrotto sia quello di Menodoto, si rafforza la tesi che
Sesto si stia opponendo alla loro interpretazione e che quindi costoro
siano i fautori dello scetticismo di Platone. In tal senso deporrebbe il
giudizio negativo espresso da Sesto circa l'affinità tra lo scetticismo e la
medicina empirica in PH I 236. Ma poiché purtroppo l'unica citazione di
Menodoto che ricorre in tutto il corpus sestano è proprio in PH I 222,
non è dato sapere, al di fuori del passo oggetto di controversia, e che
quindi non può essere utilizzato a questo scopo, quale fosse l'atteggia-
mento di Sesto nei suoi confronti.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 69

considerato semplicemente un personaggio dei Dialoghi. L'ap-


piattimento di Socrate su Platone, operato dalla tradizione
pirroniana, per la quale Socrate è semplicemente il portavoce
di Piatone è in netto contrasto con la tradizione accademica a
partire da Arcesilao fino a giungere allo stesso Favorino. L'as-
senza di una discussione sulla filosofia di Socrate in PH I
rafforza la tesi che la fonte di Sesto in questi paragrafi sia
pirroniana e non accademica 1 "- Del resto il dibattito se Pla-
tone sia dogmatico o aporetico, percorre da un certo momento
in poi la storia dello scetticismo accademico e pirroniano us. In
PH I 222 Sesto documenta di aver preso parte in questo di-
battito quando si riferisce a un'opera in cui ha trattato diffu-
samente del problema. L'ipotesi che lo scettico a cui egli si
contrappone sia Enesidemo, il quale ha polemizzato con l' Ac-
cademia del suo tempo, ma non risulta con quella di Arcesi-
lao 119, non può essere esclusa.

117 Cfr. A.A. LoNG, Socrates in Hellenistic Philosophy, «Classica!


Quarterly», xxxvm (1988) p. 156 e sgg., il quale ritiene che l'immagine
di un Socrate scettico sia sta creata per la prima volta da Arcesilao. Le
fonti antiche attestano che Arcesilao, sebbene ponesse una stretta con-
tinuità filosofica tra i due filosofi, distingueva il Socrate storico da Pla-
tone: cfr. PLuT. adv. Col. 1121 E-1122 F, e C1c. de orat. m 67 (su cui vedi
A.M. IoPPOLO, Socrate nelle tradizioni scettico-accademica e pirroniana,
cit., qui ristampato in Appendice II). Cfr. anche A.A. LONG, Cicero's
Plato and Aristotle, cit., in In., From Epicurus to Epictetus, cit., p. 291.
118 Cfr. ANONYM. proleg. in Piat. philos. 10, 4-12, p. 15 sgg. Weste-

rink, e ANONYM. comm. in Plat. Theaet. LIV 38-43 Bastianini-Sedley, che


testimoniano di come la discussione di questo problema si sia mantenuta
viva fin nella tarda antichità. Ho discusso più diffusamente l'ipotesi del-
l'influenza di Enesidemo su questi autori in La critica di Sesto Empirico
al!'interpretazione di Platone ((aporetico"' in F. ALESSE-F. A.RoNADIO-M. e.
DALFINO-L. SrMEONI-E. SPINELLI (a cura di), Anthropine sophia. Studi di
filologia e storiografia filosofica in memoria di Gabriele Giannantoni, Na-
poli 2008, pp. 470-5.
119 Cfr. ANONYM. comm. in Plat. Theaet. LIV 38-43, il quale giudica

tutti gli Accademici dogmatici, tranne pochissimi (Ò1tE1;1JpTJµévoov 1t6:vu


ÒÀiyoov): per una possibile influenza di Enesidemo sull'anonimo com~
mentario, cfr. H. TARRANT, Scepticism or P!atonism?, cit., p. 72' sgg. Sul
70 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

A questo punto si rafforza l'ipotesi di una divergenza tra


Enesidemo e Sesto sulla valutazione della filosofia di Platone,
· come del resto è difforme in alcuni punti il pirronismo di
Enesidemo dal programma dello scettico descritto da Sesto
nei Lineamenti Pirroniani 1'°- E qui si innesta un altro motivo
di contrapposizione con la filosofia di Enesidemo. Non sem-
bra infatti che Enesidemo fosse alieno dal ricercare predeces-
sori dello scetticismo perché oltre che a Pirrone, si richiamava
ad Eraclito. Se è vero che l'argomento diJanacek secondo cui
Sesto sembra riferirsi a Enesidemo, piuttosto per prendere le
distanze dalle sue interpretazioni che per condividerle, e che
quindi nel caso di Platone come in quello di Eraclito egli
criticherebbe Enesidemo, è di per sé debole, perché nel caso
di Platone non è dimostrabile, è anche vero che proprio il caso
di Eraclito esemplifica una diversità nel modo di intendere lo
scetticismo tra Enesidemo e Sesto. L'affermazione di Enesi-
demo che lo scetticismo è una via che conduce all'eraclitismo è
stigmatizzata da Sesto 121 , che in contrapposizione a Enesi-
demo afferma che Eraclito nspì noA.A.&v à81\A.rov ànoqinivsi:ut
SoyµnnK&ç. L'apprezzamento di Enesidemo per Eraclito po-

ricorrere nel Commentario di elementi terminologici inconsueti tipici del


linguaggio enesidemeo, quali KCl.0opicrttKò:iç, icroKpa.i:elç, èl;oµa.ì..içe1v, ha
richiamato l'attènzione Sedley in G. BASTIANINI-D.N. SEDLEY, Commen-
tarium in Platonis 'Theaetetum', cit., p. 545. A favore della presenza di
Enesidemo nell'esposizione del pirronismo in ANONYM. comm. in Plat.
Theaet. LXm 12-3, cfr. F. ÙECLEVA CAIZ+!, Enesidemo e Pirrone. Il fuoco
scalda "per natura" (Sext. Adv. Math. VIII 215 e XI 69), «Elenchos», XVII
(1996) p. 53.
120
Sull'evoluzione del pirronismo, cfr. supra.
121
Cfr. PH I 210-2. Per la controversia interpretativa su questa af-
fermazione, cfr. R. POLITO, The Sceptical Road. Aenesidemus' Appropria-
tion o/Heraclitus, Leiden 2004, p. 27 sgg., il quale fa una breve rassegna
delle interpretazioni. moderne anche dell'enigmatica espressione 'Atvri-
criOriµoç Ka.i:à Hp6.KA.eti:ov, che ricorre più volte in Sesto: a titolo di
esempio, per due spiegazioni divergenti di questa espressione, cfr. R.
BETT, Pyrrho, cit. e, recentemente, M. ScHOFIELD, Aenesidemus: Pyrrho-
nist and "Heraclitean", cit.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 71

trebbe spiegare anche il giudizio a favore dello scetticismo di


Platone nella cui filosofia egli poteva riconoscere alcuni ele-
menti genuinamente scettici. L'eraclitismo che nel Teeteto 122 ,
rivesie un ruolo rilevante nel distruggere le pretese della sen-
sazione di fornire conoscenza ha esercitato un'influenza sulla
filosofia di Enesidemo, così come il contrasto apparenza realtà
delineato da Platone nel v libro della Repubblica ha contri-
buito a determinare la sua interpretazione dell' où µil:A.A.ov 123 .
Agli occhi di Enesidemo l'eraclitismo, dunque, poteva costi-
tuire un buon motivo per includere Platone come un prede-
cessore del pirronismo 124 • L'obiezione che Platone rappresen-
terebbe un predecessore troppo ingombrante per chi, come
Enesidemo, si richiamava a Pirrone che non aveva nulla a che
fare con Platone e a Timone che non era stato certo tenero con
lui 12', non tiene conto che le genealogie filosofiche non si
fondano su un'analisi storico-filosofica che aspira all'obietti-
vità, ma piuttosto alla legittimazione 126 • Inoltre essa si fonda
su un presupposto, in parte, ma non del tutto giustificato,
secondo il quale la tesi di un Platone scettico si è originata

122 Anche Arcesilao si è richiamato a questo stesso dialogo nella sua

polemica antistoica, cfr. A.M. !OPPOLO, Presentation and Assent: a Physi-


cal and a Cognitive Problem in Early Stoicism, «Classica! Quarterly», XL
(1990) pp. 433-49 e infra, p. 91 e sgg.
123 Cfr. P. WoonRUFF, Aporetic Pyrrhonism, cit., seguito da R.

BETI', Pyrrho, cit., p. 217 sgg.


124 La filosofia di Eraclito costituisce nel Teeteto il fondamentale ar-

gomento su cui si fonda il rifiuto della tesi che sensazione è conoscenza;


sull'influenza esercitata dall'eraclitismo su Platone, cfr. AR:rSTOT. me-
taph. A 6. 987 a 32-b 1.
125 Cfr. F. DECLEVA CAIZZI, Aenesidemusand the Academy, cit., p. 188.

126 Cfr. C. LÉVY, Pyrrhon, Enésidème et Sextus Empiricus, cit., p. 313.

DLIX 70-3, che attesta come anche lo scetticismo pirroniano ricercasse


precursori illustri che non fossero soltanto Pirrone e Timone: il caso di
Teodosio è esemplare. Del resto Sesto è molto meno incline a riconoscere
predecessori dello scetticismo di quanto lo fosse Enesidemo: cfr. D.N. SE-
DLEY, Sextus Empiricus and the Atomist Criteria o/ the Truth, «Elenchos}>,
XIII (1992) p. 26.
72 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

nell'Accademia a partire da Arcesilao e che quindi, di neces-


sità, la tesi di un Platone scettico non può che derivare dal-
. lAccademia. Ma anche se così fosse, non si può in ogni caso
sottovalutare l'importanza che ha avuto l'Accademia nella
formazione filosofica di Enesidemo 127 .
Del resto anche lo scetticismo pirroniano ha avuto una
storia e uno sviluppo, che hanno comportato al suo interno
posizioni diverse e variegate. Ebbene, un fatto di cui è neces-
sario tener conto è il mutamento di significato del linguaggio
filosofico e della variazione e costituzione di termini tecnici
nella storia dello scetticismo antico, che corrispondono anche

127
Per la presunta appartenenza di Enesidemo ali' Accademia, cfr.
PHoT. bibl. 169b 30-5, in cui è detto che Enesidemo avrebbe dedicato
i suoi IluppO:ivtot Aòyoi all'accademico Lucio Tub~rone, suo compagno
di setta. F. DECLEVA CAIZZI, Aenesidemus and the Academy, cit., pp.
182-3, in: base ad una analisi terminologica del testo di Fozio, è giunta
alla conclusione che il termine cruvaipccrt<iitT[ç è estremamente raro, che
è usato da Fozio, e non da Enesidemo, con una sfumatura non positiva, e
che significa più genericamente "membro della setta" e non "compagno
di qualcuno". Se così fosse, cadrebbe una delle ragioni principali per ri-
tenere che Enesidemo fosse appartenuto ali' Accademia che avrebbe poi
abbandonato a causa dell'indirizzo dogmatico da essa assunto. Contra
cfr. J. MANSFELD, Aenesidemus and the Academics, cit., che ha dimostrato
che il significato di cruva1pccrtc.OtT[ç è quello di "fellow-member"; cfr. in
aggiunta gli altri argomenti convincenti in tal senso apportati da C.
LÉVY, Enésidème avait-il lu Lucréce?, in K.A. ALGRA-M.H. KoENEN-
P .H. SCHRIJVERS (eds.), Lucretius and bis Intel!ectual Background, Am-
sterdam 1997, p. 115 sgg. A mio parere, pur ammesso che Enesidemo
non sia mai·appartenuto all'Accademia, ciò che non può essere spiegato
senza il ricorso alla filosofia accademica, è il pirronismo di Enesidemo,
alla cui fondazione non è sufficiente presupporre la conoscenza della tra-
dizione pirroniana antica e l'influenza dell'empirismo medico. Mentre
dell'empirismo medico fino all'epoca di Enesidemo si conosce molto
poco, si sa per certo che la tradizione accademica era ancora viva e ope-
rante e che la filosofia di Enesidemo ha certamente attinto molti ele-
menti da essa. In ogni caso a favore di una discussione da parte di Ene-
sidemo-dei presupposti dello scetticismo accademico depone anche la de-
dica del libro all'accademico Lucio Tuberone.
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 73

a un mutamento nelle concezioni filosofiche che essi espri-


mono. L'analisi del linguaggio dei sostenitori dello scetticismo
di Platone conferma la presenza di termini filosofici propri del
vocabolario filosofico di Enesidemo 128 • L'aggettivo lrnopri-
nK6ç che è usato da Enesidemo per designare l'atteggiamento
scettico del pirroniano in contrapposizione al dogmatismo de-
gli Accademici nell'estratto di Fozio 129 , compare in Sesto nello
stesso significato quando illustra le tre possibili posizioni in-
torno allo scetticismo di Platone e soprattutto quando con-
clude la sezione, così come è significativo l'uso del verbo 8oy-
µmisctv che ricorre anche nell'estratto di Enesidemo in Fazio
e che ritorna in altre testimonianze relative allo scetticismo di
Platone 130 . In particolare, è proprio la nozione di "dogmati-
smo" come assenso a ciò che è èiùriAov rn 1 a svolgere un ruolo
fondamentale nella sezione dedicata alla discussione delle "fi-
losofie ritenute affini", tanto che Sesto se ne serve per demo-

128
F. DECLEVA CAIZZI, Sesto e gli Scettici, cit., fa rilevare, tra l'altro,
che anche l'uso dell'aggettivo Iluppcbvioç, che ricorre soltanto nei para-
grafi che Sesto dedica alla discussione delle net.pa.JCe{µevcu q>tA.ocroq>{a.i (se
si esclude il principio di PH dove egli dichiara l'indirizzo filosofico a cui
appartiene), potrebbe deporre a favore del fatto che Sesto avesse pre-
sente un'opera di Enesidemo. Infatti sappiamo dall'estratto di Fazio che
Enesidemo contraddistingueva il proprio indirizzo con il termine
Iluppcbvtoç.
129
Cfr. PHoT. bibl. 169b 40-1. Sull'importanza dell'Ctnopia. in Ene-
sidemo, cfr. F. DECLEVA CAIZZI, Pirrone, cit., p. 199, la quale spiega che
il termine CtnoprrnJC6ç che «Si lega al tema, caro anch'esso a Platone del-
l'Ctnopia., si legge in PHOT. bib!. 169b 40; se il testo riproduce le parole di
Enesidemo, è costui il primo autore che ne attesta l'uso». Cfr. EAn., Se-
sto e gli Scettici, cit. Per due diverse interpretazioni del significato di
Ctnopia. in Enesidemo, cfr. M. ScHOFIELD, Aenesidemus: Pyrrhonist and
"Heraclitean", cit., pp. 287-97, che contesta l'interpret"azione di P.
WooDRUFF, Aporetic Pyrrhonism, cit., pp. 307-13.
00 Sedley in G. BASTIANINI-D.N. SEDLEY, Commentarium in P!atonis

'Theaetetum', cit., p. 539, commentando ANONYM. comm in Plat. Theaet.


LIV 38~Lv 13, osserva che il termine 8oyµatiçsiv forse «fu usato per la
prima volta da Enesidemo nel I sec. a.C.» e rinvia a PHOT. bibl. 170a 17.
m Cfr. PH 1 13-4.
74 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

lire la pretesa di scetticismo accampata sia per Eraclito sia per


Platone. Del resto, la distanza che Sesto prende dalla posi-
. zione di Enesidemo corrisponde al ritratto molto controverso
di Enesidemo che egli delinea nella sua opera perché, se lo
apprezza come autore dei dieci tropi sulla sospensione del
giudizio e degli otto tropi contro i sostenitori della spiegazione
causale dei fenomeni, lo attacca poi per le sue posizioni dog-
matiche 1"- Come è stato ipotizzato, il debito che Sesto sente
di avere verso l'autore dei tropi gli impedisce forse di accusare
apertamente Enesidemo di dogmatismo parziale 133 •

È Enesidemo la fonte di Sesto in PH. I?


Se dunque Enesidemo era un fautore dello scetticismo di
Platone, si pone il problema di capire da dove Sesto tragga le
notizie circa l'esoterismo di Arcesilao. Infatti quest'accusa
presuppone un'interpretazione dogmatica della filosofia di
Platone che certamente non può provenire da lui. Diventa
quindi inevitabile pensare che Sesto o trovasse in un'unica
fonte - che in questo caso non può essere Enesidemo - en-

132
Sesto esprime aperto dissenso per es. nel caso della doxa, ovvero
dell'opinione dogmatica, espressa da Enesidemo nella sezione dedicata a
negare l'esistenza del tempo "a partire dall'essenza", cfr. MX 215 e E.
SPINELLI, Enesidemo e la corporeità del tempo, in G. CASERTANO (a cura
di), Il concetto di tempo, Atti del XXXI!I Congresso Nazionale della So-
cietà !'ilosofica Italiana, Napoli 1997, pp. 159-71.
133 Cfr. C. VIANO, "Enésidème selon Héraclite": la. substance corpo-

relle du temps, «Revue philosophique de la France et de l'étranger»,


cxxvrr (2002) p. 146. Anche R. BETI, Pyrrho, cit., p. 230, sostiene che
Sesto «<loes not consider Aenesidemus a whole-hearted sceptic». Contra
M. ScHOFIELD, Aenesidemus: Pyrrhonistand "Heraclitean", cit., nota 7, il
quale obietta che questa interpretazione «is based solely on references to
theses which should be ascribed to 'Aenesidemus according to Heracli-
tus' (MVII 350, VIII 8, X 38) - and Sextus shows no sign of thinking Ae-
nesidemus's general Pyrrhonism compromised by the ideas he presented
in his version of Heraclitus».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 75

trambe le interpretazioni di Arcesilao, quella scettica e quella


dogmatica, o che abbia unito due fonti diverse, senza esclu-
dere, in questo caso la possibilità che egli abbia rielaborato in
modo autonomo le notizie che trovava nella sua fonte.
A questo punto però non ci sono elementi sufficienti per
ipotizzare quale potesse essere questa fonte unica. Si può
pensare che l'interpretazione esoterica provenga da Filone,
ma difficilmente può provenire da lui l'interpretazione in
chiave pirroniana di Arcesilao. In effetti Filone aveva argo-
mentato contro la KatétÀ:rpviç stoica, ma non accettava l'inter-
pretazione clitomachea in chiave scettica del m0avòv di Car-
neade. Né attaccava la possibilità della conoscenza, ma rite-
neva che il suo punto di vista fosse identico a quello di Platone
e di Arcesilao 134 • Infatti pretendeva che l'Accademia, da Pla-
tone fino a lui, rappresentasse un'unità continua e ininter-
rotta, sia da un punto di vista dottrinale che istituzionale 135 .
L'immagine di Arcesilao come un autentico pirroniano
avrebbe soltanto fatto rovinare la sua tesi dell'unicità del!' Ac-
cademia. Al contrario la costruzione di un contrasto tra un
insegnamento essoterico e uno esoterico gli permetteva di
giustificare lo scetticismo come arma polemica nei confronti
degli Stoici. E sembra che egli abbia percorso questa via 136 .
Tuttavia nel resoconto di Sesto non c'è alcun accenno al fatto
che lo scetticismo di Arcesilao trovasse le sue motivazioni in
una critica al dogmatismo stoico. Il fatto che le motivazioni
dello scetticismo di Arcesilao siano presentate come comple-
tamente autonome rispetto a qualunque polemica antistoica,

134
Cfr. J. GLUCKER, Antiochus, cit., p. 74 e sgg. Sulla posizione di
Filone riguardo a Platone e ad Arcesilao, cfr. J. BARNES, Antiochus of
Ascalon, in M. GRIFFIN-J. BARNES (eds.), Philosophia Togata I: Essays on
Philosophy and Roman Society, Oxford 1997, p. 71 e sgg.
135 Cfr. C1c. acad. 1 13; Luc. 11-2.
136
In tal senso viene interpretata l'allusione ai mysteria in cui vo-
gliono avvolgere la propria dottrina gli Accademici°in C1c. Luc. 60, che
si ritiene rifletta il pensiero di Filone, cfr. Reid, ad !oc.
76 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

che pure Sesto conosce molto bene, stando al resoconto su


Arcesilao di M vn 151-8, significa che nelle intenzioni della
· sua fonte Arcesilao era un pirroniano autentico.
Ma se è così, non si può ipotizzare neanche che fonte di
Sesto possa essere Clitomaco, di cui Sesto certamente doveva
conoscere le opere, da quanto risulta dall'accenno polemico in
M IX 1 137 • Ora Clitomaco apparteneva alla più rigorosa tradi-
zione accademica che rivendicava i suoi precedenti filosofici
in Socrate e Platone, ma ignorava totalmente Pirrone. Tanto
l'interpretazione scettica in chiave pirroniana della filosofia di
Arcesilao, quanto quella dogmatico-esoterica non possono cer-
tamente provenire da lui.
A questo punto un altro candidato potrebbe essere An-
tioco. Ma contro questa ipotesi sta il fatto che al pirronismo di
Arcesilao non viene mai fatto alcun cenno negli Academica di
Cicerone e che laccusa di essere un pirroniano avrebbe potuto
fare gioco nella polemica sorta tra Filone e Antioco. Se que-
st1arma non è stata usata da Antioco, e Cicerone parla di
Pirrone come un moralista e come se la sua filosofia fosse
estinta, è segno che il pirronismo non era lontanamente preso
in considerazione da nessun accademico 138 •
Non rimane altra possibilità che fonte di Sesto in questi
paragrafi sia uno scettico pirroniano. L'ipotesi che questi
possa essere proprio Enesidemo potrebbe spiegare anche per-
ché Sesto non lo abbia nominato nel resoconto su Arcesilao,
pur avendolo citato a proposito di Eraclito e di Platone, dal
momento che lautorità di Enesidemo avrebbe potuto avvalo-
rare il pirronismo di Arcesilao a favore del quale c'era una
parte della tradizione"'. Non è un caso che Sesto usi la te-
stimonianza di Aristone, che si presta più facilmente ad atte-

137
Su Clitomaco come possibile fonte di Sesto, cfr. infra, p. 184.
138
Su questo problema, cfr. A.M. IoPPOLO, Opinione e scienza, cit.,
p. 39 e sgg. Sulla testimonianza di Cicerone su Pirrone, cfr. EAn., Ari-
stone di Chio e lo stoicismo antico, Napoli 1980, pp. 176-81.
139
Si può pensare che la fonte sia un pirroniano del periodo succes"
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH I 77

stare il pirronismo di Arcesilao che il suo platonismo, esatta-


mente in senso contrario, ovvero a conferma del suo insegna-
mento dogmatico segreto.
C'è da chiedersi comunque per quale ragione Enesidemo
avrebbe dovuto sostenere un legame tra il pirronismo e la
filosofia di Platone e di Arcesilao, tanto più che il suo scopo
era quello di presentarsi come il continuatore dello scettici-
smo di Pirrone. Una risposta può venire da un esame del
quadro filosofico del periodo in cui Enesidemo inizia la sua
opera di rifondazione del pirronismo. Da un lato lAccade-
mia aveva abbandonato lo scetticismo ripiegando, con Filone
e poi con Antioco, su posizioni sempre più dogmatiche, dal-
l'altro egli sentiva l'esigenza di riportare lo scetticismo alla
sua purezza originaria. Si presentava la necessità di trovare
dei precedenti filosofici a questa posizione rigorosamente
scettica. Un ritorno a Pirrone poteva garantire una credibi-
lità. Tuttavia si poneva il problema che Pirrone nella tra-
dizione contemporanea era considerato piuttosto come un
moralista 140 e che per accreditare il suo scetticismo era neces-
sario lavorare su una immagine filosofico-letteraria, certa-
mente non ben definita ed univoca. Pertanto era necessario
trovare, accanto a Pirrone, una tradizione solida a cui ricol-
legarsi. Questa poteva essere rappresentata da Arcesilao e da
Platone e offriva il vantaggio di sottrarre ali' Accademia la
componente scettica, privandola anche dell'eredità plato-
nica. Né si deve dimenticare che Arcesilao nella disputa che

sivo, in cui Sesto troverebbe anche il parere di Enesidemo, ma questa


rimane un'ipotesi ancora più vaga e senza sostegno.
140 Se si lasciano da parte le spiegazioni psicologiche, e quindi le in-

tenzioni, e ci si attiene alle testimonianze, il silenzio di Cicerone su Pir-


rone come filosofo scettico ed epistemologo e le reiterate affermazioni
sull'estinzione della dottrina di Pirrone, accomunata a quelle di Ari-
stone, di Erillo e di Dionisio, attestano che all'epoca di Enesidemo Pir-
rone godeva soprattutto della fama di essere un moralista. In tal senso
depone, come già si è detto, anche il silenzio di Antioco.
78 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

opponeva Filone ad Antioco rappresentava lo scetticismo più


radicale 141 e che una parte della tradizione ostile precedente,
rappresentata da Aristone di Chio e dallo stesso Timone,
aveva collegato Arcesilao a Pirrone 142 • È dunque Arcesilao
che poteva suggerire a Enesidemo le ragioni per richiamarsi
nel contempo a Pirrone e a Platone. È improbabile del resto
che Enesidemo non cercasse precedenti filosofici alla rifon-
dazione del suo pirronismo, in altri filosofi che non fossero
Pirrone e Timone. Accusando l'Accademia del suo tempo di
dogmatismo e rivendicando al contempo lo scetticismo di
Platone, in cui egli poteva ravvisare un'anticipazione del
pensiero di Pirrone 14', Enesidemo non solo privava lAcca-
demia del suo fondatore, ma minava alla base la tesi dell'u-
nità dell'Accademia, sostenuta con forza da Filone. Sesto
non condivide questa strategia, non solo perché non cerca
precursori dello scetticismo, ma soprattutto perché vuole
accreditare la netta oia<popa del pirronismo dall'Accademia
scettica, e quindi si contrappone alla tesi di Enesidemo di un
Platone aporetico, riconducendo la posizione di Platone nel-
l'ambito del probabilismo della Quarta Accademia e ridimen-
sionando il "pirronismo" di Arcesilao.
Sesto, dunque, applicando la ben nota strategia della

141
Per l'atteggiamento di Antioco nei confronti di Arcesilao, cfr.
Crc. Luc. 13 e A.M. loPPOLO, Arcési/as dans le 'Lucullus' de Cicéron, «Re-
vue de Métaphysique et de Morale», Lvn (2008) pp. 21-44.
142
Cfr. supra, pp. 48-51.
143
A favore della tesi che Enesidemo abbia considerato la filosofia di
Platone un'anticipazione di quella di Pirrone, cfr. R. BE'IT, Py"ho, cit.,
pp. 217-8. È sorprendente tuttavia che Bett riconoscendo, in base alla sua
ricostruzione della filosofia di Enesidemo, 1) che Enesidemo era stato an-
ticipato da Pirrone, il quale, a sua volta, «either read Plato or became ac-
quainted with Plato's ideas», 2) che «Some acquaintance with Flato would
surely be expected if, as seems to be the case, Aenesidemus began his phi-
losophical life as a member of the Academy», concluda che «he would
have a strong morivation, quite apart /rom strictly philosophical consìdera-
tions, [corsivo mio] to suppress any reference to Plato as an influence».
LA CRITICA DI SESTO EMPIRICO ALL'ACCADEMIA SCETTICA IN PH l 79

Otacpcoviu, mostra a bella posta una immagine contraddittoria


della filosofia di Arcesilao. Arcesilao prima è presentato come
aute~ticamente scettico, quindi come dogmatico negativo, e
infine come segretamente platonico. A prima vista questa ipo-
tesi soddisfa pienamente, perché è in grado di dare anche una
spiegazione alle tre immagini diVerse fornite. Ma rimane aperto
un problema: l'uso da parte di Sesto della prima persona,
quando presenta Arcesilao come un autentico pirroniano. Ora
sappiamo che Sesto usa molto raramente la prima persona e
generalmente in quei casi in cui il suo parere non è oggetto di
òtmproviet 144 . Per quanto dunque lo schema in cui è inserita la
descrizione della filosofia di Arcesilao sia quello di una ÒtCt<pOl-
viu, di fatto poi i tre resoconti di essa non si trovano sullo stesso
piano, dal momento che uno di essi, proprio quello in cui Arce-
silao è assimilato al pirronismo, riceve rautorità dello stesso
Sesto. A questo punto la strategia della Òta<prov(a vacilla, perchè
sembra che anche Sesto non possa non riconoscere in Arcesilao
alcuni elementi autenticamente scettici. Tuttavia egli non è
disposto a riconoscere predecessori allo scetticismo pirroniano.
Se infatti Sesto non usa in tutta la sua potenzialità la stra-
tegia della Òlet<prov(a è perché ne mette in opera una più com-
plessa: attribuisce ad Arcesilao le stesse posizioni dello scettici-
smo pirroniano che invece nega a Platone contro il giudizio di
Enesidemo. Questa operazione rientra nell'intento di rifiutare
qualunque antecedente allo scetticismo pirroniano, dal mo-
mento che Arcesilao viene in qualche modo inglobato all'in-
terno di esso. Nello stesso tempo questa strategia gli permette
di accusare di dogmatismo Platone, vale a dire il caposcuola a
cui si richiama la migliore tradizione dell'Accademia scettica, e,
sempre in polemica con l'Accademia scettica, di rendere plau-
sibile laccusa di esoterismo nei confronti di Arcesilao. Comun-

4
" PH I 237, 239; II 9, 10, 22, 98, 204, 212. Gli ultimi due esempi
non sono significativi perché si riferiscono a modi di dire, o descrivono
un'azione.
80 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

que, secondo Sesto, se si vuol fare di Arcesilao un pirroniano,


bisogna spezzarne il legame con Platone e con tutta la tradi-
. zione della sua scuola. In questo modo Sesto respinge l'inter-
pretazione di Enesidemo che faceva passare il pirronismo at-
traverso la mediazione del binomio Platone-Arcesilao, in breve
attraverso la mediazione dell'Accademia scettica. Risponde in-
vece alla strategia di Sesto la critica che Enesidemo aveva ri-
volto ali' Accademia di Filone, nella quale era stato coinvolto
anche il probabilismo di Carneade, a causa dell'interpretazione
mitigata che ne avevano fornito Metrodoro e Carmada. Sesto la
riprende, quando rimprovera a Carneade di aver affermato la
ÙKataÀ.T]ljlia di tutte le cose, di aver assunto come valori ogget-
tivi il bene e il male, di aver introdotto come criterio il m0avòv.
Dall'estratto di Fazio, come si è visto, sono queste le critiche
che Enesidemo muove all'Accademia del suo tempo. Sesto non
esita ad attribuire delle posizioni dottrinali a Carneade e il fatto
che egli non avanzi il beneficio del dubbio sul suo dogmatismo,
fa pensare che egli concordasse completamente con la sua fonte.
Infatti laddove Sesto non condivide il giudizio della sua fonte,
come nel caso di Platone, prospetta interpretazioni alternative.
È possibile quindi che questo fosse anche il giudizio di Enesi-
demo su Carneade 145 •
Più difficile è invece stabilire se anche l'immagine del
pirronismo, in cui Arcesilao gioca indubbiamente un ruolo
non secondario, sia propria di Sesto o della sua fonte. È abba-
stanza probabile che la prima parte del resoconto su Arcesilao
dipenda da Enesidemo, poco importa se direttamente da lui, o
tramite la mediazione di uno scettico più tardo, e che le altre
due parti che ne ridimensionano lo scetticismo siano opera o
dello stesso Sesto o di uno scettico del periodo tra Enesidemo
e Sesto.

145
La concordanza tra il giudizio espresso in PH re quello espresso
in MVII su Carneade (su cui vedi infra, cap. m), fa pensa!e che i du"e re-
soconti potrebbero dipendere dalla stessa fonte.
CAPITOLO SECONDO

IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO


SU ARCESILAO IN M VII

La critica di Arcesilao al criterio stoico di verità *

Sesto introduce la posizione di Arcesilao sul criterio con


queste parole:

oì 8è itepì tòv 'ApKeo-iÀaov np01nouµévroç µi:v oòOi:v &ptcrav


Kpl.i:Tjp1ov, ot Oè Kaì cDptKéva.1 OoKoUvtEç -coUto Kai:à ò.vi:t7ta.-
pel;ayroyiJv tÌJV Wç itpÒç WÙç LtOltKOÙç C!7tÉOO<SCLV 1.

Il passo è controverso ed è stato diversamente tradotto e


anche emendato 2 . Controversa è l'espressione ot Oè 7tEpÌ i:òv
'ApKEcriÀaov, se si debba tradurre "Arcesilao", oppure "Ar-
cesilao e i suoi seguaci" 3 ; altrettanto discusso è il significato

* Ringrazio Woldemar GOrler per aver discusso con me l'interpre-


tazione di alcuni passi.
1
MVII 150.
2 H. VON ARNIM, s.v. Arkesilaos, in RE II 1 (1896) col. 1168, ha
proposto di emendare O Oè Kai cbptKévui èùòKouv 'ttcriv, 'tofrto [... } à:rcé-
Oocrav. Contra W. HEINTZ, Studien zu Sextus Empiricus, vorgelegt van R.
Harder, Halle 1932, pp. 98-100.
3 Comunemente la formula o{ Oè TCepi + il nome proprio, sta ad

indicare semplicemente il nome proprio, cfr. J. BARNES, Diogenes Laertius


IX 61-116, cit., p. 4266 nota 132; E. SPINELLI, Sextus Empiricus, the
Neighbouring Philosophies, cit., p. 53 note 18 e .19. M. ScHOFIELD, Aene-
sidemus; Pyrrhonist and "Heraclitean", cit., p. 272 nota 3, osserva: «Often
82 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

da attribuire a 11pornouµi:vroç, se debba essere inteso in senso


.temporale: "al principio", "in un primo momento"4, oppure
in senso concettuale: "di sua iniziativa", motu proprio, uprin-
cipalmente", "la prima cosa da dire" 5 . A mio parere il testo
non richiede emendamenti:

«Arcesilao non ha definito alcun criterio in senso stretto


(11pornouµi:vroç) 6 , ma egli, anche se sembrò definirlo, lo fornì
. seguendo una strategia di contrapposizione agli Stoici» 7 .

in phrases of this general kind (oi 1tepi X), despite appearances the writer
intends a reference simply to X, no doubt with the implication that X's
views attraeteci a certain following». In questo caso l'espressione ai. Oè
7tEpi 't"ÒV 'ApKecrilaov 7tporryooµÉvroç µèv potrebbe anche indicare un
soggetto plurale "Arcesilao e i suoi seguaci", nel senso suggerito da Scho-
field. Tuttavia nell'usus scribendi di Sesto la formula oi Oè 7tepi X indica
generalmente solo X: cfr. PH1220: ol Oè xepì 't"ÒV 'ApKecriÀ.aov, PHr 234:
oi Oè nepì <l>ilrova, M vm 8, PH r 210: oi 7tEpl Aivricri011µov, ecc.
4 H. FLUCKIGER, Gegen die Dogmatiker. Adversus Mathematicos 7-
11, Sankt Augustin 1998, traduce: «Arkesilaos und seine Anhanger be-
stimmten zwar anfiinglich kein Kriterium, die aber, die es doch bestimmt
zu haben scheinen definierten es im Zug ihrer Argumentation gegen die
Stoiker)>.
5 M. BURNYEAT, Carneades was No Probabilist, studio non pubbli-

cato, spiega: «The /irst thing to say about him, the chief thing to get clear
about, the guiding principle far understanding him», e traduce «is that the
associates of Arcesilaus did not define any criterion and those of them
who are thought to have defined one in fact, produced it by way of attack
on the Stoics)>; R.G. BuRY (ed.). Sextus Empirìcus, II: Against the Logicians,
London 1935, p. 83: «Arcesilaus did not, to begin with, lay down any
definite criterion and those who are thought to have laid one down pro-
duced it by way of counter-blast to that of the Stoics»; A. Russo (a cura
di), Gli Scettici Antichi, Torino 1978, p. 189: «Arcesilao invece non definì
in senso proprio alcun criterio e quei suoi seguaci che sembrano averne
definito uno, l'hanno fornito per polemizzare contro gli Stoici»; W. GOR-
LER, Àlterer Pyrrhonismus, cit., p. 818: «im strengen Sinne».
6
Per questo significato di 1tpo11youµÉvroç, cfr. LSJ n l; una tradu-
zione-alternativa può essere "principalmente"; cfr. PH n 16; 247 e la tra-
duzione diJ. ANNAS-J. BARNEs, Sextus Empiricus. Outlines o/Scepticis"f, cit.
7
Una traduzione alternativa: «Arcesilao e i suoi seguaci, di propria
iniziativa, non hanno determinato alcun criterio, e coloro che sembrano
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO [N MVII 83

Ebbene, il verbo 6piçe1v è un termine proprio dello scettici-


smo pirroniano 8 . Enesidemo infatti aveva affermato che il
filosofo pirroniano:

<<non determina assolutamente nulla (Kn96AOU yàp OUOèv O


ITupprovws òpiçernt), nemmeno questa pretesa stessa che
nulla è determinato. Pertanto non determinando nulla (Èv
i:<j> µ118i:v òpiçetv), i Pirroniani rimangono assolutamente irre-
prensibili» 9 •

E Sesto in PH I 197 spiega:

«Quando lo scettico dice "io non determino nulla" (ouOi:v


òpiçro), egli dice questo: "io ora mi trovo in uno stato tale
da non affermare dogmaticamente né negare nulla intorno alle
cose che sono oggetto di indagine"» 10 . ·

Si potrebbe obiettare che Sesto intenda limitare il significato


dell'espressione OUOi:V roptGUV Kpm\ptav mediante l'aggiunta
di npornouµévros, differenziandone così il senso rispetto al-
l'ouxi i:ò anA.&s A.éyetv n, proprio dei Pirroniani 11 , dal mo-
mento che la seconda parte della frase spiega che Arcesilao (oi
8i: Kni <ilptKévm OoKoilvi:es i:oiii:o) avrebbe poi determinato un
criterio per motivi dialettici. Ma il significato di npo11you-
µévros è volto comunque a sottolineare che Arcesilao non ha
determinato alcun criterio "in senso stretto". Come in PH I
232, Sesto descrive la filosofia di Arcesilao come quella più

averlo determinato, l'hanno fornito con l'intenzione di attaccare gli


Stoici».
8 Cfr. PH I 14; 197; cfr. anche DLIX 76.
9
PHOT. bibl. 170a 12-3; 22-4.
10
PH r 197: 01av oùv eLtt1J 6 crKett11icòç oùOèv 6piçro, 10616 q>Tjcr1v
Éyò:> oi.\1ro néttov0a v6v <l:iç µ110èv 1&v ònò 1-i}v Sft1ricrtv 1ftvOe nen1roKÒ'rc.ùv
'tt0évat Ooyµa11icé0ç fl ò.va1peiv.
11
lbid.: rtepì Oè 106 "oUOèv 6piçro" 1cilha qiaµév, 6piçe1v eìvat vo·
µiçoµev oùxì 1ò O.nì..éOç f..éye1v 11, àf..f..à 1ò rtpCiyµa éiOTjÀ.ov npoqiépecr0a1
µe1à cruyKa'ta0écreroç.
84 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

affine allo scetticismo pirroniano, distinguendola per questo


.da quella degli altri Accademici, così anche in M VII egli espri-
merebbe lo stesso giudizio, separando nettamente la filosofia
di Arcesilao da quella di Carneade. Ma a tal fine è necessario
verificare se, oltre alla proposizione iniziale, anche il reso-
conto che segue conferma questo giudizio.
Innanzi tutto il procedimento che Sesto adotta nel reso-
conto è peculiare: prima di illustrare la critica di Arcesilao al
criterio, egli espone la dottrina stoica (151-2), a cui fa seguire
le argomentazioni di Arcesilao distinguendole nettamente, in
modo da far emergere il loro carattere dialettico e ad homi-
nem. Egli non adotta lo stesso procedimento nel resoconto su
Carneade". La diversità di procedimento sembra tener conto
della diversa strategia dialettica di Arcesilao e di Carneade.
Arcesilao, a quanto riferiscono le fonti antiche, lasciava par-
lare per primo il suo interlocutore, opponendo, soltanto dopo,
l'argomentazione contraria. Il risultato era che egli parlava,
presentando la tesi contraria, ma senza mostrarsi coinvolto in
alcuna affermazione o negazione"- Sesto presenta infatti le
argomentazioni di Arcesilao come argomentazioni ricavate

12
Cfr. M vn 159 sgg.
13Cfr. Crc. acad. 145: contra omnium sententias dicens; inoltre cfr.
anche de fin. u 2, de orat. iu 67, de nat. deor. I 11. H. THORSRUD, Cicero on
bis Academic Predecessors, cit., p. 5, interpreta de nat. deor. I 11 e de orat.
m 67 in senso dogmatico: «"openly judging" suggests that Arcesilaus
made philoso.Phical judgments, but not openly. If Cicero had meant to
say that Arcesilaus simply made no such judgrnents, he could easily bave
said so. Next the frase "not stating bis own opinion" is more naturally
read as "not stating the opinions that be holds" i.e. he has opinion that he
does not state, rather than "he does not state his opinions because he
does not have any". Thus it seems likely that Arcesilaus concealed wha-
tever views he did bave)>. Ma i passi possono essere così interpretati a
patto che si accettino le aggiunte (il corsivo è dell'A.) che però non
appaiono giustificate dalla lettera del testo, pace Thorsrud. Cicero'ne
inoltre- distingue il metodo praticato da Arcesilao contra. omne quo~ pro-
positum sit disserere da quello aristotelico de omnibus rebus in utramque
partem dicere, in de orat. III 80 e de fin. v 9.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 85

dalla riduzione al!' assurdo della dottrina stoica 14 • Egli inoltre


introduce l'esposizione della dottrina stoica con un yap, che
rende esplicito che tutto ciò che Arcesilao sembra affermare si
riferisce al suo àvrnmps!;aysiv nei confronti degli Stoici 15 :

«Costoro [gli Stoici] infatti dicono essere tre le cose recipro-


camente collegate (ta cruçuyo6vrn ÙÀÀTjÀotç), la scienza, l'o-
pinione e, collocata in mezzo (Év µs8opicp) a queste, la com-
prensione. Di es·se la scienza è una comprensione salda e sicura
che non si lascia mutare da alcuna argomentazione 16 , l'opi-
nione· è Un assenso debole e falso 1 la compfensione, intermedia
tra queste, è assenso a una rappresentazione catalettica. E la
rappresentazione catalettica sarebbe, secondo costoro, quella
vera e tale da non poter essere falsa. Di esse la scienza dicono
sussistere solo nei saggi, l'opinione soltanto negli stolti, e la
comprensione essere comune ad entrambi e affermano che
essa sarebbe criterio di verità» 17 •

14
M vn 153.
15 Cfr. W. HEINTZ, Studien zu Sextus Empiricus, cit., p. 98 e sgg.
16 L'espressione à.µE'tart'tÙYtroç Urcò "A.òyou nella definizione di
scienza ha dato luogo a interpretazioni e a traduzioni discordanti, a
seconda che a "A.òyoç si sia dato il significato di "ragione", o di "argo-
mentazione", «ragionamento". La traduzione di ÀÒyoç con "argomenta-
zione" è per me preferibile, perché permette di distinguere la Kll'ttiÀrt'Vtç
dalla èrcta'tfiµT\. Infatti mentre la ragione è l'elemento qualificante per
entrambe, dal momento che l'assenso non può essere che un assenso forte
anche nella comprensione se questa è criterio di verità, l'inalterabilità di
fronte alle argomentazioni è propria della scienza intesa come patrimonio
esclusivo del·saggio; cfr. a questo proposito A.M. IOPPOLO, ree. di A.A.
LONG-D.N. SEDLEY, The Hellenistic Philosophers, Cambridge 1987, in
«Elenchos», x (1989) pp. 239-41.
17 151-2: 'tpia yàp eìvai cpaa1v ÈKEÌVOL 'tà auçuyoi3v'ta ÙÀÀTjÀotç,

Èrcta'tftµT]V, 06l;,av KUÌ. 'titv ÈV µe0op\.Cf> 'tOl:i'tCOV 'tE'tll)'µéVT]V KU'tétÀT]o/lV,


rov È1ttO"'ti\µ11v µSv EÌVUl 'tftv à.crcpaÀfi Kai ~E~aiav Kai à.µE'tét0E'tOV Urcò
Aò-you Kll'tétÀT]'VtV, Oél;av Oè -cftv à.a0evfi Kaì 'VEuOfi cru-yKa'tti0ea1v, Ka-
'tét.ÀTJ'Vtv Oè -cftv µetal;ù 't06'tOOV, fi'ttç ècr'tÌ KU'tUÀT]1t'ttKftç cpav'taaiaç auyKa-
'tét.8ecrtç. Kct'tUÀTJ1t'ttKit òè cpav'tacria Ka'tò. 'tOU'touç ÈtUyx;avev 1) &.),,.110itç Kaì
'tOtaU'tT] dia OÙK èiv )'ÉVOl'tO o/EU0fiç. còv 't~V <µèv> èrc1a'tfiµ11v èV µòvotç
Uq:iia'taa0at ÀÉ-youcrt 'tOlç aocpoiç, 'tftv OS Oél;,av èv µòvotç 'toiç cpaU"A.01ç,
86 LA TESTIMONIANZA DI SESTO E!v1PIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

La dottrina a cui si riferisce Arcesilao è per ovvi motivi ero-


. nologici quella di Zenone. Per Zenone infatti criterio di verità
è la KataÀ:rl'111ç e non la <pavtacria KataÀrptnKTj, come con-
ferma la testimonianza di Cicerone 18 . Tuttavia un confronto
tra il resoconto di Sesto e quello di Cicerone evidenzia alcune
differenze rilevanti. Innanzi tutto Cicerone riferisce che Ze-
none poneva la comprensione fra la scienza e l'ignoranza e non
tra la scienza e l'opinione. Inoltre mentre Cicerone aggiunge
la precisazione interessante che Zenone non annoverava la
comprensione né tra i beni né fra i mali, Sesto la omette. E
ancora, l'opinione nel resoconto di Cicerone è una conse-
guenza dell' fryvota 19 • Arcesilao deliberatamente sostituisce al-

'CijV Oè Kct'tO.À:rpjltV KOlV1ÌV Ò:µ<po-cÉprov eivcu, Kai -ca.O'tT]V Kpt'tl)ptov Ò:À.T]-


Seia.ç Ka.0ecr't0.va.t. La lezione concorde dei codici f.v µe0opicp, che è stata
corretta da Fabricius in èv µe0opiQ. (cfr. H. Mutschmann, ad !oc.), è un
hapax in Sesto, ed è stata accolta da von Arnim in SVF II 90.
18
Acad. 1 41-2: Quod autem erat sensu comprensum id ipsum sensum
appellabat, et st' i-ta erat comprensum ut convel!i ratione non posset, scientiam,
sin aliter inscientiam nominabat; ex qua existebat etiam opinio, quae esset
imbecilla et cum falso incognitoque communis. Sed inter scientiam et inscien-
tiam comprehensionem illam quam dixi collocabat, eamque neque in rectis
neque·in pravis numerabat sed soli credendum esse dicebat [... } comprehensio
/acta sensibus et vera esse illi et fidelis videbatur. Cfr. G. STR.IKER, Kpn:~pzov
r~ç éJ.),:r1fJeiaç, «Nachrichten der Gesellschaft der Wissenschaft zu GOttin-
gen», Phil.-Hist.-Klasse, II (1974) pp. 47-110, in part. p. 91, rist. in EAD.,
Essays on· Hellenistic Epistemology and Ethics, cit., pp. 22-77; EAD., The
Prob!em of the Criterion, in S. EVERSON (ed.), Epistemology, Cambsidge
1990, pp. 151-2; D.N. SEDLEY, Zeno's Definition of 'phantasia kataleptike',
in T. ScALTSAs-A.S. MAsoN, The Philosophy o/Zeno, Larnaka 2002, p. 151.
19
Ad accreditare la testimonianza di Cicerone, ovvero che per gli
Stoici lo stato cognitivo dello stolto fosse in senso primario l'èiyvota. e non la
ooça, c'è il titolo dell'opera di Crisippo Ilepi Ka'taÀ.rl'Vsror; Kaì èrttITTrlµ11r;
Kaì. àyvoiar;. Ciò rafforza l'ipotesi che la forma di conoscenza dello stolto
dovesse essere designata da Zenone come éiyvoia piuttosto che come 06ça.
dal momento che Oòça. e èiyvota. sono due stati epistemologici strettamente
congiunti nello stolto. È significativo inoltre che l'opera Ilepi Kct'Ca.A.l)'Vero<;
Kaì. Èn1crt~µ11r; Kai ò:yvoia.r; sia elencata in DLVII 201 nel catalogo 'degli
scritti etici di Crisippo, nella sezione intitolata 'H0tKoG -cp6nou nepi tòv
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN M VII 87

l'iiyvota, che per Zenone è lo stato epistemologico dell'ege-


monico dello stolto, la 861',a che è il risultato di singoli atti
percettivi dello stolto. Le implicazioni della sostituzione del-
l'èiyVota alla 86/;a non sono irrilevanti, come emergerà imme-
diatamente dopo dalla confutazione di Arcesilao.
In secondo luogo le espressioni utilizzate per indicare il
posto intermedio occupato dalla KUTÙÀ.TJIJllç da Cicerone (inter
scientiam et inscientiam comprehensionem [... ] collocabat) e da
Sesto (/;v µE8op(QJ TOUTCOV Te<ayµÉVTJV KUTÙÀ.TjljltV) non sono
equivalenti. L'espressione Èv µe9opico 'toO-crov è assai rara e
ricorre nell' Eutidemo di Platone come una citazione ripresa
da Prodico 20 , ed è utilizzata in senso dispregiativo per descri-
vere quelle persone che "stanno a mezza via tra il filosofo e il
politico": costoro tentano ·di esercitare insieme due profes-
sioni, ma sono inferiori in entrambe a coloro che ne esercitano
una soltanto. Nel resoconto di Sesto si parla di tre stati co-
gnitivi reciprocamente connessi, cruçuyoilvm aÀ.À.fiÀ.otç. Il
verbo cruçuye\v ricorre anche in MVIII 11, laddove Sesto ri-
porta la dottrina stoica del À.enov e in cui sono anche tre le
cose che sono "legate le une alle altre" di cui due, il significan-
te e l'oggetto esterno, sono corporee e omogenee, mentre la
terza, la cosa significata, non lo è, in quanto il AeK'tÒV essendo
un incorporeo, sussiste. Se l'immagine veicolata dalla meta-
fora del giogo proviene qui da fonte scettica e non stoica,
come sembra, Arcesilao, richiamando quella immagine, ironiz-
za sulla Ka-cét.Arp.vtç, che, non essendo, proprio come il AeK-c6v,
un'entità dello stesso tipo delle altre due, di fatto non esiste.
E da ultimo la definizione di rappresentazione catalettica
come quella vera e tale da non poter essere falsa, Ti a1'.ri8iìs

lCOtvòv A&yov Ko:ì 1-àç ÈK i:oUi:oo cruvtcri:aµévo.ç -rÉ:x,vo.ç KO.Ì Ùpei:O.ç, nella
!:Uvi:o.l;tç npOOi:ri tra gli scritti che si riferiscono al problema della conoscenza
e sia preceduta dall'opera 'An:o8ei1;s1ç 7tpÒç i:ò µT, 801;6.çe1v i:òv croq:iòv.
°
2 Cfr. PLAT. Euthyd. 305 e: 0Ui:o1 yO.p sìcr1v µÉv, c1 Kpii:rov, otìç Eq:iri

IJp68tKoç µe06p10. q:i1Aocr6q:ioo te àv8pòç KO:Ì noA1i:1Koù, a cui rinvia M.


BuRNYEAT, Cameades Was not Probabilist, cit.
88 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Kaì totaun1 ofo oÙK lìv yÉvotto \j/EU81\ç, privilegia una formu-
lazione che ne omette la caratteristica essenziale di essere una
impressione, ovvero una -rUncoatç 21 • La definizione, che rimar-
rà immutata nella tradizione della Stoa, e che è proposta da
Zenone nel dibattito con Arcesilao, confermata dalla testimo-
nianza di Cicerone nel Lucullus, è che la rappresentazione
catalettica è «un'impressione che proviene da ciò che è e che
è marcata riprodotta e impressa da ciò che è, esattamente
1

come è» (ex eo quod esset sicut esse impressum et signatum et


effictum) 22 . Dal confronto con il passo parallelo di Cicerone si
11
· evince inoltre che Zenone definiva "vera la comprehensio
/acta sensibus per la sua fedeltà all'oggetto e perché la natura
l'ha data quasi normam scientiae 23 • Sembra quindi che Zenone
non abbia utilizzato neanche l'espressione Kpn1\pt0v tfjç Ò:À.t]-
8eiaç per riferirsi alla KataÀ.t]\jltç 24 • È evidente che Cicerone e
Sesto non dipendono dalla stessa fonte e che la fonte di Sesto
è una fonte scettica, la quale riporta la dottrina stoica in modo
tale da poterla più facilmente attaccare e demolire.
Ebbene, la critica di Arcesilao al criterio stoico si divide in tre
parti: la prima parte (153-5) confuta punto per punto la dottrina
del criterio, la seconda parte (156-7) ricava dalla confutazione
delle premesse stoiche tesi contraddittorie che conducono la dot-

21
Cfr. MVII 227-30, 236. G. STRIKER1 Kpn:ffplov 7:f/ç d.J.118elaç, cit.,
p. 83, osserva: «aus der Darstellung der stoischen Lehre bei Cicero und
Sextus geht hervor, dass ein kataleptischer Eindruck zumindest fiir die
alteren Stoiker ein Eindruck im engeren Sinne dieses Wortes war 1 d. h.
ein Sinneseindruck, nicht eine Vorstellung, die sich auch auf nicht vor-
handene oder nicht wahrnehmbare Gegenstande beziehen kOnnte».
22
C1c. Luc. 77 (SVF I 59), in cui manca la terza clausola che è
dovuta alla critica di Arcesilao, cfr. infra, p. 93 nota 38.
23
Cfr. acad. 1 42: comprehensio /acta sensibus et vera esse illi et fidelis
videbatur [... ] quodque natura quasi normam scientiae et principium sui dedisset.
24
Se, come sembra, la testimonianza di Cicerone è più attendibile
di quella di Sesto, perché non proviene da fonte ostile, Zenone avrebbe
indicato la KettÙ:À.T\\jltç come Kavcbv tfiç È1ttcrtiiµ11ç e non lcpttiiptov 'tfiç
Ò.À.118eiaç 1 cfr. G. STRIKER, Kpl7:f/p1ov -r:f/ç d.J.118ela.ç, cit., p. 99.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 89

trina stoica all'assurdo, la terza parte (158), che si occupa del


criterio d'azione, è quella più problematica, perché apparente-
mente non confuta alcuna proposizione stoica precedentemente
enun~iata, seguendo quindi uno schema espositivo diverso.

«Così dunque affermavano gli esponenti della Stoa e Arcesilao


vi si oppose mostrando che la comprensione non rappresenta
alcun criterio intermedio tra la scienza e l'opinione» 25 .

Nella critica al criterio di verità Arcesilao non fa alcuna con-


cessione al criterio stoico 26 • Egli si limita ad opporre alle argo-
mentazioni stoiche a sostegno dell'esistenza della Ka-taÀ:rpjftS
argomenti contrari che ne dimostrino l'interna contradditto-
. rietà e incoerenza. Gli argomenti di cui si serve per ridurre la
posizione stoica all'aKataÀl]\jlta sono di derivazione platonica.
Arcesilao impernia il suo attacco alla Ka-tUÀl]\jltS mettendo per
prima cosa in discussione il suo ruolo di intermediario.

«Quella infatti che definiscono comprensione e assenso a una


rappresentazione catalettica si può trovare sia in un saggio sia
in uno stolto. Ma se si trova in un saggio è scienza, se si trova
in uno stolto opinione, e null'altro si dà al di fuori di queste
due cose se non solo il nome» 27 .

Zenone non aveva annoverato la comprensione né tra i beni


né tra i mali 28 , in analogia con la classificazione delle cose in

25 MVII 153: "tUGtu ori ì...eyòvtrov tOOv 6.nò tfiç LtoO.ç o 'ApKeaiì...o.oç
à.vttKU0ia'tUtO, Oe1Kvùç Ù"tt oÒOÉ.v È:cr"tt µe1a1;ù èntcrtfiµriç Kai Oò1;11ç Kpt"tfi-
p1ov Ti KU"t6.À.T]\jltç.
26
Cfr. la diversa strategia di Carneade, in M vn 164 e sgg., il quale
concede per motivi dialettici agli Stoici che il criterio di verità deve
possedere i requisiti da essi posti per la rappresentazione catalettica.
27 MVII 153: a.U111 yà.p flv <pacrt KU'ttiÀT]\jllV KO.i KU'tUÀT]TC'ttKij <pav-
-rucr{çt cruyKa.-cci8ecr1v, fj-co1 èv cro<p<J> fl Èv <pa.UÀC[J yive1a.1. 6.ì...ì...' È6.v "te lv
cro<pcp yÉ.VT]"tUt, lntcr-cfiµT] la-civ, È6.v Èv <pa.UÀ.cp, Oél;a, KUÌ OÒÒÈV 5.ì...À.o napà
10.G-ca il µévov Ovoµa µet"eiÀTJ1t"tUt.
28
Cfr. Cxc. acad. I 42.
90 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

buone cattive e µi;ta[;u, o indifferenti. In questo senso, e non


. a caso, egli spiegava che la comprensione è comune a saggi e a
stolti, in quanto di per se stessa non può dar luogo né alla
scienza né all'ignoranza, ma come le cose indifferenti - il cui
valore morale dipende dall'uso che se ne fa, tra le quali è
annoverata - essa trae il suo _valore di verità dall'egemonico
di colui in cui si verifica. La critica di Arcesilao, sfruttando
l'analisi platonica dei µi:ta[;u 29 , si incentra sul fatto che, così
concepita, la comprensione non può essere un intermediario
perché è priva di qualunque determinazione reale, è una pa-
rola vuota. Zenone, infatti, dividendo gli uomini in due ca-
tegorie morali, i saggi e gli stolti, non contemplava una cate-
goria di uomini intermedia fra le due a cui corrispondesse
come forma di conoscenza la KatciÀllljltç. Pertanto la com-
prensione non è che un nome· privo di senso, che non corri-
sponde a nulla. Se si pensa che a Zenone la tradizione attri-
buisce di aver coniato parole e concetti nuovi, tra cui quello di
KatciÀlllj/tç 30 , la critica di Arcesilao, minando quel concetto
alle fOndamenta, mira a mostrarne invece l'illusorietà e l'in-
consistenza.
La seconda argomentazione attacca nel merito la KataÀllljltç,
contestandone la definizione per l'uso improprio dei concetti su
cui si fonda, "assenso" e "rappresentazione catalettica":

29
Per la tesi platonica che l'opinione è qualcosa di intermedio tra
l'ignoranza e la scienza, cfr. PLAT. Men. 86 A, 97 A, symp. 202 A, resp. v
477 B-478 n; cfr. C. KAHN, Plato and the Socratic Dialogue, Cambridge
1996, p. 360; cfr. anche J. SouILHÉ, La notion platonicienne d'intermé-
diaire da.ns la philosophie des dialogues, Paris 1919.
3
° Cfr. la famosa metafora della conoscenza con la mano riportata
da C1c. Luc. 14 5: tum cum piane conpresserat pugnumque fecerat, compren-
sionem illam esse dicebat, qua ex similitudine etiam nomen ei rei, quod ante
non fuerat, KO:cét.A.rpvtv imposuit. Inoltre Cicerone (acad. I 40-1) afferma
che Zenone introdusse idee nuove e una nuova terminologia nell'ambito
gnoseologico, come il termine Ka.-ca.A.TJn-cév, da lui tradotto in latinO con
comprehendibile.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 91

«E se la comprensione è assenso a una rappresentazione cata-


lettica, essa è inesistente, in primo luogo perché l'assenso non
si rapporta alla rappresentazione, ma alla ragione (infatti gli
assensi si riferiscono alle proposizioni), in secondo luogo, per-
ché non si trova nemmeno una sola siffatta "rappresentazione
vera" che non sia falsa, come è possibile mostrare con molti e
svariati esempi» 31 .

Contro la pretesa di Zenone che la conoscenza ha il suo fonda-


mento nella sensazione Arcesilao si avvale delle obiezioni sol-
levate contro questa tesi da Platone nel Teeteto 32 , dal momento
che la concezione della rappresentazione come impronta ricalca
proprio una delle definizioni di conoscenza del Teeteto"- Nel
Teeteto si tratta di impro~te non solo sensibili, ma anche con-
cettuali 34, lasciate nell'anima da immagini passate con cui si
devono accordare le percezioni presenti perché si possa dire
che si conosce. E Platone, nel presentare esempi in cui l'opi-

31 MVII 154: ei'.TI:ep -ce il Ka-cétA.nwiç Ka-caAT]1t't'tKij q:iav-cacriq. croyKa-


-cét8ecriç Écr-ctv, àvu7tétpK't'roç Écr-ct, 1tp00-cov µèv O-c1 ~ croyKo:rét8ecr1ç oO 7tpòç
cpo.v't'acrio.v yive-cat Ò:À.À.Ò: TI:pòç ì..6yov ('t'ÒlV yò:p à.ç1roµét't'rov eicrìv ai croyKa-
-ca8Écre1ç), OeU't'epov O-et oùOeµia-cotaU-cn ò:ì..n8~ç cpo.v'tacria eùpicrKE't'llt ola
oÙK èiv yÉ.voi-ro \JfEOÙ~ç, OOç 01ò: 7tOÀ.À.OOv Kai 1tOtKiÀ.rov 1tUpicrul't'Clt.
32
Ciò non significa che Arcesilao sostenesse segretamente la dot-
trina platonica, come una parte della tradizione antica malignamente gli
attribuisce, di cui riferisce anche lo stesso Sesto in PH I 234, su cui vedi
supra, p. 99 e sgg.
33
Riguardo al debito della definizione di rappresentazione di Ze-
none nei confronti del Teeteto di Platone e alle relative controargomen-
tazioni di Arcesilao, ho trattato diffusamente in Presentation and Assent,
cit., pp. 433-49, e qui ne riassumo i punti essenziali; cfr. anche A.A.
LONG, Zeno's Epistemology and the Plato's 'Theaetetus" in T. ScALTSAS-
A.S. MASON, The Phiiosophy o/Zeno, cit., pp. 115-30, rist. in A.A. LoNG,
From Epicurus to Epictetus, cit., pp. 223-35.
34
Cfr. Theaet. 191 D 3-7. Platone non distingue in questo contesto
tra le impronte lasciate nell'anima dalle sensazioni e quelle l~sciate dai
pensieri {che invece prenderà in considerazione nell'immagine successiva
della colombaia), fornendo a Zenone un ottimo modello per la sua con~
cezione della rappresentazione.
92 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

nione falsa è impossibile, aveva dimostrato che era sufficiente


che l'impronta fosse accoppiata con la sensazione attuale corri-
. spandente per impedire qualunque scambio ed errore". Da ciò
Zenone poteva aver dedotto che è impossibile mettere in dub-
bio la veridicità della sensazione se questa riproduce fedel-
mente le caratteristiche dell'oggetto imprimendole diretta-
mente nell'anima al momento presente. Infatti se gli ~ggetti
sono tali quali sono percepiti, l'errore è riservato a casi eccezio-
nali in cui le condizioni di verità non possono essere garantite.
Ma questa eventualità non mette in discussione l'attendibilità
della percezione. A ciò Arcesilao obietta che se la rappresenta-
zione catalettica è intesa in senso fisico come una impressione
nell'anima, l'assenso, in quanto giudizio della ragione, non può
riconoscere la verità di una t6ncoatç, vale a dire di una mera
affèzione. Ma Zenone non separava i processi psicologici da
quelli psicofisici dal momento che, diversamente da Platone nel
Teeteto, non distingueva tra percepire qualcosa con i sensi e
conoscere qualcosa con la mente. Anche se dunque Zenone non
concepiva la rappresentazione come irrazionale - e quindi non
come un'affezione dell'anima senza consapevolezza dell'og-
getto esterno"-, l'obiezione di Arcesilao è ugualmente giusti-
ficata dalla pretesa che la rappresentazione catalettica è «quella
vera e tale che non potrebbe essere falsa» (ii àA.T]6i]s Kaì
totainl] ola ouK ilv y6votto 'lf€UOTJS, MVII 152). Nella formu-
1
lazione zenoniana il termine ' vero" è sinonimo di "reale", di
37
"realmente esistente" , e in questo senso appartiene di diritto

35
Ivi, 192 B 2-c 5: Kù.Ì o oiOe Kù.Ì a.lcr96.ve'ta\ exrov 'tÒ µvT]µeiov
Òp0&ç O oìOev ol:rt0fiva.t à.OUva.'tov.
36
Platone nel Teeteto usa a.lcr0T]crtç laddove gli Stoici usano cpa.v'ta.-
cria.. Tuttavia la terminologia non è significativa perché a.icr~crtç ha una
molteplicità di significati per gli Stoici, cfr. DL Vll 52 (SVF Il 71).
37
L'uso indiscriminato di à.A.ri0éç e di UnO.pxov sembra largamente
documentato per Zenone: cfr. C1c. acad. 1 42; Luc. 77-8, in cui vero e
falso sono applicati tanto agli oggetti esterni quanto alle rappresenta-
zioni: incubuit autem in eas disputationes [ ... ] nu!lum tale esse visUm a
vero ut non eiusdem modi etiam a falso possit esse; cfr. anche de nat.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 93

alla rappresentazione catalettica, poiché proviene da un oggetto


realmente esistente al di fuori, che imprime fisicamente tutte le
sue proprietà nell'anima come caratteristiche della rappresen-
tazione". La Kma1c11'1'1ç è dunque criterio perché è un mezzo
per stabilire la corrispondenza tra la rappresentazione e la realtà
esterna: essa più propriamente è Kprn\pwv '1Ìç (rn:apC,eroç. Ar-
cesilao obietta che se la Kata1c11'1'tç è assenso alla rappresenta-
zione catalettica - la quale per definizione è assenso a una
rappresentazione vera-, essa deve stabilire la verità e la falsità
delle proposizioni, e quindi non può che essere Kpn~ pwv 'iiç
àA.'l eeiaç 39 .
La critica di Arcesilao è molto acuta, perché, innanzi tutto,
esprime le sue riserve .sulla consapevolezza dell'esistenza del-
l'oggetto esterno che, essendo riposta in un giudizio, non può
essere ottenuta tramite la <pavtacr{a, così come è stata descritta
da Zenone: se lassenso è la ragione che riconosce come vera la
rappresentazione, il contenuto della rappresentazione deve es-

deor. I 70 (SVF I 63 ). Le fonti attestano un uso indiscriminato di &.J..:r10ۍ e


di ùn:cipxov anche per Epicuro: cfr. M VIII 9; DL x 32; e si veda G.
STRIKER, Epicurus on the Truth o/ Sense Impressions, «Archiv fil Ge-
schichte der Philosophie>>, LIX (1977) pp. 125-42. Del resto non si può
trascurare il fatto che nel pensiero greco precedente gli stoici "vero" e
"falso" non erano limitati alle proposizioni, ma erano attributi anche
delle cose: cfr. M. FREDE, Die stoische Logik, G6ttingen 1974, p. 41.
}S Cfr. MVII 248. Da Cic. Luc. 77 risulta che l'aggiunta della terza

clausola alla definizione di rappresentazione catalettica sia dovuta alla


critica di Arcesilao, come conferma anche MVII 252: 1:Ò OS ota oÙK Uv
ytvot'l:o àn:ò µii ùrccip:x,ov'l:oç [... ] oi àn:ò 1'Tjç 'AKa811µiaç; cfr. anche VII
402-3, in cui emerge la strategia diversa di Carneade che non è disposto
più a concedere questa clausola agli Stoici. A rafforzare l'ipotesi inoltre
che Zenone non avesse tenuto conto in un primo momento della terza
clausola, depongono le due definizioni di rappresentazione catalettica
riportate in Diogene Laerzio: mentre in VII 46, non compare I' aggiunta,
in vn 50 la definizione è integrata.
) 9 Anche Sesto in MVII 29-31, riferendosi ai dogmatici, parla di
Kpt1:ftpiov 1'Tjç ùn:cipl;eroç e non di Kpt1:ftpiov 1'i;ç &.A..110eiaç, che egli di-
stingue dal criterio d'azione di cui invece si servono gli scettici.
94 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sere espresso prima di tutto in forma articolata, vale a dire in


.una proposizione: «iiv yò.p ò.t;iroµchrov dcrìv ai cruyKata6é-
cratç 40 • In secondo luogo essa colpisce la gnoseologia stoica alle
fondamenta: se si ammette che la rappresentazione deve avere
un contenuto proposizionale anche minimo, ciò che non può
essere giustificato è l'aspetto causale della percezione, data
l'enfasi che gli Stoici pongono sulla corporeità come unica
possibilità di agire e di patire. O la rappresentazione è un'af-
fezione dell'anima, una 'C07t:cocrtç, e l'assenso, in quanto giudi-
zio della ragione, non può riconoscerla come vera; o la rappre-
sentazione è una proposizione, ma in quanto tale, non ha alcun
potere di sollecitare l'assenso. Dopo aver attaccato il ruolo
dell'assenso, come parte costitutiva della definizione di Ka-
«lÀ.Tj\j/tç41, contestandone la possibilità, Arcesilao mette in
discussione lesistenza della rappresentazione catalettica che
dovrebbe costituirne l'oggetto. Sesto non riporta gli esempi
con i quali Arcesilao dimostrava che non si trova alcuna rap-
presentazione vera di tale specie da non poter essere anche
falsa - perché accanto a ogni rappresentazione vera se ne può
trovare una falsa identica indistinguibile -, ma si limita ad
affermare che Arcesilao si serviva di molti e svariati esempi.
A conferma che Arcesilao doveva presentare molti esempi
per dimostrare l'ànapaÀ.À.at;(a delle rappresentazioni, c'è però

40
Dalla critica di Arcesilao si evince che Zenone non aveva elabo-
rato la teoria secondo cui sono vere quelle rappresentazioni di cui è
possibile fare una asserzione vera e false quelle di cui è possibile fare
un'asserzione falsa, posizione che Sesto Empirico (vn 244) attribuisce
agli Stoici in generale. Per quanto riguarda ARlus Dm. apud STOB. ecl. n
88, 1 (SVF m 171), unico altro testo che attribuisce l'assenso alla propo-
sizione, si tratta di un passo di carattere dossografico e controverso per lo
stato del testo non perfettamente integro; cfr. B. INWOOD, Ethics and
Human Action in E.arly Stoicism, Oxford 1985, p. 101 e p. 287 nota
271 e A.M. !OPPOLO, Presentation and Assent, cit.
4
I Questa definizione è ripetuta due volte inM vn 153-4: afrtT) yà.p

fiv cpacrt Ka-cétÀTJ14'tv KaÌ Ka'tUÀT\'lt'ttKfj cpav'tacriq. [Bekk.] cruyKat6.9scr1v [ ... ]


sl1tsp 'CS 1Ì KO.'C6.À.Tj\jltç KU'CO.À.TJ'ltTl.Kf'\ç <pO.V'CUO'iet.ç cruyKa.t6.9scrtç.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 95

la testimonianza di Cicerone nel Lucullus 42 . Arcesilao per-


corre due vie per confutare la pretesa di infallibilità accampata
da Ze.none per il saggio stoico: da un lato, fa leva sui casi di
pazzia, malattia, ubriachezza, sogno, ecc., e quindi sulla ina-
deguatezza del soggetto percipiente 43 , dall'altro, sui casi di
indistinguibilità della nota caratteristica delle rappresenta-
zioni di due o più oggetti simili nella forma, e quindi sulla
inadeguatezza dell'oggetto percepito. Pur ammesso che le cose
siano simili soltanto in apparenza e che quindi due cose iden-
tiche non possano esistere in natura, come pretendono gli
Stoici, è innegabile che cose simili producano rappresenta-
zioni identiche". Arcesilao dimostrava che c'è una differenza
tra gli oggetti esterni e le loro rappresentazioni le quali non li
riproducono secondo il carattere e l'impronta, come confer-
mano i casi di indistinguibilità delle rappresentazioni di due
gemelli o di due uova, dei sigilli dello stesso anello nella cera,
ecc. Così argomentando contro l'esistenza di rappresentazioni
del tipo di quelle catalettiche descritte da Zenone, Arcesilao
giungeva alla completa vanificazione della definizione di KU-
16.ÀTJ'lftç come assenso alla rappresentazione catalettica. È pos-

42
Neppure Cicerone, riportando il dialogo fittizio tra Zenone e
Arcesilao in Luc. 77-8, espone gli esempi a cui Arcesilao ricorreva per
dimostrare la tesi dell'Ò.1tapaAì...al;ia delle rappresentazioni, ma abbrevia
concludendo: incubuit autem in eas disputationes [... ] nullum tale esse visum
a vero ut non eiusdem modi etiam a falso possit esse. Pur non essendoci
pervenute testimonianze che attribuiscono esplicitamente ad Arcesilao le
argomentazioni a favore dell'indistinguibilità delle rappresentazioni dei
gemelli, delle uova, ecc., la polemica intrattenuta con lo stoico Aristone
di Chio, riportata da Diogene Laerzio (VII 162-3), ne conferma implici-
tamente l'utilizzazione.
43
Cfr. Luc. 51-2. Anche l'argomentazione che fonda l'ànapaì...Ao.-
l;io. delle rappresentazioni sull'impossibilità di distinguere la veglia dal
sonno, «perché tutto si succede perfettamente uguale quasi fossero l'una
il contrapposto dell'altro», era già stata proposta da Platone contro il
sensismo di Protagora, cfr. Theaet. 158 B-D.
44
Luc. 40: nihil interesse autem non modo si omni ex parte eiusdem
modi sint sed etiam si discerni non possint; cfr. anche par. 85.
96 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sibile quindi che qui Sesto abbia abbreviato il resoconto della


sua fonte, ritenendo superflua l'esposizione degli esempi ad-
dotti da Arcesilao a sostegno dell'indistinguibilità delle rap-
presentazioni. Infatti è sufficiente la dimostrazione dell'ine-
sistenza della KcmiA.T\IJltS zenoniana a dimostrare l'impos-
sibilità di distinguere le rappresentazioni vere da quelle false,
ovvero a dimostrare la tesi ruivta Ò.Kat6.À:11rrta.

«Ora, se non esiste la rappresentazione catalettica, non esi-


sterà nemmeno la comprensione. Essa infatti è assenso a una
rappresentazione catalettica. E non esistendo la compren-
sione, tutto sarà incomprensibile» 45 .

Al 155, dopo aver dimostrato l'inesistenza della KmaA.T\IJltS,


Arcesilao conclude la prima parte con queste parole:

«E se tutto è incomprensibile ne seguirà che anche secondo gli


Stoici il saggio sospenderà il giudizio» 46 .

L'affermazione: "anche secondo gli Stoici il saggio sospende-


rà" sembra presupporre che Arcesilao si sia avvalso della di-
mostrazione dell'incomprensibilità di tutte le cose non sol-
tanto per condurre il saggio stoico all'l:noxft, ma anche perché
l'l:noxft è un esito che egli condivide. Arcesilao avrebbe dun-
que argomentato fino a questo momento opponendo in pro-
pria persona la tesi dell'àKa'tCLA.T\IJltU di tutte le cose alla pre-
tesa di Zenone che la comprensione è il fondamento della co-
noscenza. Sesto attribuirebbe dunque ad Arcesilao la tesi che
nulla può essere conosciuto, dipingendolo come un dogmatico
negativo, diversamente da come egli lo rappresenta in PH r
dove distingue nettamente la sua posizione da quella di Cli-

J M vn 155: µTi oOcrriç Oè KO:taÀ.T)1tttKi;ç q>avtacriaç oÒÒÈ. Ka.-


4

t6.ÀTl'Vtç ysvftcrc.tat. ftv yàp Ka.-ra.À.TJ7tttKij 'q:ia.vto.criq. cruyKatét.0c.crtç. µii


ol>crT)ç 8è Kato.À.iio/Eroç 11:6.vt' ecrtat Ò.Kat6.À.TJ7tta.
46
TIO:vtcov 8è Ovtcov à.Ka1a.J...ft11:1cov à.Ko1ou0ftcrc.t KO.Ì KO.t~ toùç
:ZtrotKoùç È11:éx.c.iv tòv croq:i6v.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN M VII 97

tomaco, di Carneade e degli altri Accademici, proprio in rela-


zione ali' ÙKa'taÀ:rp.via 47 .
A un esame più attento ci si accorge, però, che questa non è
la conclusione corretta, perché Arcesilao non deduce la tesi
dell'àKUWÀ'llJ!lU dalla dimostrazione dell'inesistenza del crite-
rio in generale, ma la ricava esclusivamente dalla dimostrazione
dell'inesistenza del criterio stoico 48 : la tesi miv'u ÙKmaÀ11nw
coinvolge infatti soltanto gli Stoici, i quali hanno posto come
criterio la KU,clÀ'llJ!lS, a cui, si badi bene, Arcesilao non ha mai
fatto alcuna concessione 49 . Allora, se l'Ènoxil non è una tesi
dialettica e Arcesilao, come sembra, non l'ha ricavata dal-
l'àKUWÀ'llJ!lU stoica, ci devono essere altre premesse da cui egli
l'ha dedotta. Si aggiunga che l'lmoxl\ non è la conclusione ob-
bligata a cui Arcesilao sarebbe costretto a condurre il saggio
stoico, come emerge immediatamente dopo dallo sviluppo del-
l'argomentazione. Se Arcesilao volesse confutare la posizione
stoica, sarebbe sufficiente che egli dimostrasse che, data l'in-
comprensibilità di tutte le cose, l'unica alternativa che resta
al saggio stoico è quella di opinare. È noto che di questa stra-
tegia si servirà Carneade. Arcesilao non ignora quest'argo-
mentazione, ma la utilizza nella seconda parte della confuta-

47 Cfr. PH I 232; cfr. 1-4.


48
Arcesilao lo dice subito dopo con molta chiarezza: ttétv-coov Ov-coov
àKa-caì..rltt-coov Otà -ci]v àvunapSiav -coi5 I:-cootKOÙ Kpt-cnpiou. Si badi che
l'argomentazione di Arcesilao è costruita in modo tale da condurre il
saggio stoico ad ammettere l'à1Ca-caì..riwia, che è la tesi esattamente oppo-
sta a quella stoica di partenza, ma non mira a stabilirne la verità. Come
sottolinea M. PREDE, The Skeptic's Two Kinds o/ Assent, cit., pp. 203-4:
«the sceptic is not committed to its conclusion because be is just trying to
show bis opponent that be is committed to a claim which conflicts with
bis originai claim [ ... ] what I want to suggest is that Arcesilaus and bis
followers thought of themselves as just following Socratic practice [... ]
they not only did not want to be committed to the truth of the premises
and the conclusions of their arguments, they also did not want to be
committed to the validity of their arguments».
49 Cfr. la diversa strategia di Carneade in MVII 164, su cui vedi

infra, cap. m.
98 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

zione come una tappa intermedia prima di convincere il saggio


.stoico che l'unica alternativa percorribile è l'èno;i;il.

«Consideriamo questo (crKo7téiiµev oÈ o\mocri): se tutte le cose


sono incomprensibili per l'inesistenza del criterio stoico, il
saggio, concedendo l'assenso, opinerà. Infatti, non essendovi
nulla di comprensibile, se egli concede l'assenso a qualcosa, lo
concederà a ciò che non è stato compreso e l'assenso a ciò che
non è stato compreso è opinione. Cosicché, se il saggio è tra
coloro che concedono assensi, il saggio apparterrà a coloro che
opinano» 50 •

Le parole crK01Céiiµev OÈ outrocr( segnalano che Arcesilao sta


utilizzando un'altra strategia argomentativa: dal capovolgi-
mento della premessa iniziale - ovvero dalla dimostrazione che
la rappresentazione catalettica non esiste-, discende che se gli
Stoici non vogliono abbandonare le loro assunzioni, saranno
costretti ad accettare tesi incompatibili con esse, ovvero che il
saggio stoico, non potendo evitare di non concedere l'assenso, è
costretto a formulare un'opinione. Ebbene, la tesi "il saggio
opina" costituisce la riduzione all'assurdo del saggio stoico che,
essendo infallibile per definizione, non può assolutamente for-
mulare opinioni. Per comprendere lo sviluppo e il senso dell'in-
tero argomento è importante tenere presente due punti: 1) che
Arcesilao può concludere che "assenso a ciò che è non è stato
compreso è opinione" soltanto dopo aver dimostrato l'inesi-
stenza della KcttUAl]\j/tç zenoniana; 2) che egli propone questa
nuova definizione nell'ambito della riduzione all'assurdo delle
premesse zenoniane. La nuova definizione di opinione, infatti,
non è immediatamente equivalente al significato di opinione

0
' Ivi, 156-7: crKo1t&µev Oè oUtrocri · 1tÙ.Vtrov Ovrrov IÌKataA.ft1ttOOv Otà.
ti\v àvonapl;ia.v toU l:'tOOtKoU Kpt'tTJpioo, ei croyKato:0ftcre'tat 6 cro<p6ç,
Boi!;6.cret 6 cro<p6ç· µ110evòç JÒ.P Ov'toç KatllÀ.TJ1ttOU ei cruyKa'tati0etai
ttvt, tifi àKataA.i\ntq:> cruyKata0ftcretat, Ti Bè tifi àKa-raA.ftni:q:> croyKa't6.0ecrtç
06l;a tcr-riv· OOITTe ei t&v cruyKata-rt0eµÉvrov tcr-rìv 6 cro<p6ç~ 't&v Ool;aé:st&v
[G] 8crtat 6 cro<p6ç.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 99

come assenso debole e falso che caratterizza lo stato epistemo-


logico dello stolto nella gnoseologia zenoniana, così com'è stata
presentata nella prima parte del resoconto, in cui la KatUÀ.T]\j/tS
sembrava coesistere a pieno diritto accanto alla Oéçu. Se il
significato di opinione, che qualifica lo stato epistemologico
dello stolto, fosse di assentire a ciò che non è stato compreso,
Zenone avrebbe espresso il paradosso di condannare tutta l'u-
manità, ad eccezione del saggio, ad assentire soltanto a rappre-
sentazioni non catalettiche. Ma Zenone sosteneva che l'O:yvota
è la forma di conoscenza propria dello stolto e, al contempo, che
la KU,UÀ.T]\j/tS è comune a saggi e a stolti. Qualificando lo stato
epistemologico dello stolto come fryvota, Zenone non intende
dire che ogni singolo atto percettivo dello stolto è un assenso a
una rappresentazione non catalettica e quindi falsa. Arcesilao
abilmente chiede il consenso di Zenone sulla proposizione Ti Oi:
"\i aKamMpm)l crvyKatéteecns 86çu 8crnv, che Zenone non può
negare, perché l'assenso a una rappresentazione non catalettica
è certamente un'opinione; ma non è sempre vero l'inverso,
ovvero che ogni opinione è assenso ad una rappresentazione
non catalettica. Per Zenone esiste infatti qualcosa che può
essere compreso e "questo qualcosa" è la rappresentazione. Si
tratta di un postulato che, ponendo l'esistenza di "ciò che può
essere compreso" come un dato di fatto, è sufficiente ad assi-
curare l'impossibilità di errare del saggio stoico che è infallibile
per definizione e nel contempo ad assicurare che il risultato del
singolo atto percettivo dello stolto quando è corretto, è KU-
-rfiÀ1l'Vt<;, e quindi non è opinione nel senso che è assenso a una
rappresentazione falsa, ma è opinione perché ha la sua origine
nell'ii-yvota. Del resto anche il processo gnoseologico raffigu-
rato da Zenone con!' esempio della mano che progressivamente
si chiude ammette che la comprensione appartiene sia al saggio
che allo stolto e in questo senso è comune a entrambi. Allora la
comprensione può diventare parte integrante dell'èincr,i]µT] se
il singolo atto percettivo è inserito nel corpus organizzato di
verità che possiede il saggio, come esemplifica l'intervento della
100 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

mano sinistra che si chiude sulla destra nella metafora della


conoscenza di Zenone, mentre si può trasformare in ignoranza
. se essa trova posto nell'egemonico disordinato dello stolto. Si
può dunque dire che lo stato epistemologico dello stolto è la
lì61;,a soltanto in senso derivato; perché I' iiyvota, consistendo in
uno stato dell'egemonico debole. e privo di tensione, trasforma
immediatamente per ciò stesso qualunque assenso dello stolto in
un assenso debole e mutevole anche quando è rivolto a una
rappresentazione catalettica". Quando lo stolto assente a una
rappresentazione catalettica, il suo è, al contempo, un atto di
KataÀl]\j/tç e di iiyvoia 52 . Per illustrare questa posizione gli
Stoici a partire da Crisippo infatti distingueranno due significati
di lì61;,a, l'una conseguenza dell'iiyvoia, e quindi di uno stato
vizioso dell'egemonico, l'altra conseguenza di un errore percet-
tivo e, in quanto tale, di un assenso a una rappresentazione
ÙKatclÀ1]7tWç: soltanto quest'ultima specie di opinione può es-
sere definita in senso proprio assenso a Ciò che non è stato
compreso". La testimonianza di Cicerone, che fa scaturire l'opi-

51
Il fatto che per gli Stoici l'opinione, in quanto "segno di stol-
tezza e causa di errori", non si distingue dall'iiyvol.a, si evince più avanti
proprio dalla confutazione di Arcesilao, cfr. M vn 157.
52
Cfr. Luc. 144: nos enim defendimus etiam insipientem multa com-
prendere. At scire negatis quemquam rem nu!!am nisi sapientem.
" Cfr. AR. Dm. apud SToB. II 112, 2-4 W. (SVFm 548): Smàç yàp
eìvat 86/;aç, 'tfÌv µèv àKa'taA.fpt'tcp cruyKa't6.0ecnv, -ci]v 8è U7t6ÀT1\Vl.V à.cr0evf\.
H. MAcoNr, Nova Non Philosophandi Philosophia. A Review of Anna
Maria Ioppolo, Opinione e scienza, «Oxford Studies in Ancient Philoso-
phy)>, VI (1988) p. 240, contesta l'attendibilità di questa testimonianza: ~<I
suspect that it is a farrago of different views, and I am inclined to suppose
that the 'two types of opinion' are the result of confusion: someone had
seen the two formu!as associateci with 86/;a. and rashly assumed that they
denoted two distinct sort of opinion». Ma pace Maconi, a favore del
duplice significato di opinione c'è anche la testimonianza di Cxc. acad. I
41: ex qua [scil. inscientia] existebat etiam opinio, quae esset imbeci!la et cum
falso incognitoque communis. A favore di una concordanza tra la testimo-
nianza di Stobeo e quella di Cicerone, cfr. anche C. LÉVY, Le concépt de
doxa des StoiCiens à Philon d'Alexandrie: essai d'étude diachronique, in J.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN M VII 101

nione dall'ignoranza, riassume correttamente la posizione di


Zenone e la spiega: l'opinione è strettamente connessa al-
l'O:yvota, perché, essendo un assenso debole, è comune a ciò che
è falso e sconosciuto 54 • Quando Arcesilao presenta la gnoseolo-
gia stoica e qualifica lo stato epistemologico dello stolto come
opinione, sostituisce intenzionalmente la òòsa ali' iiyvma. Ciò
gli permette di preparare il terreno per poi ridurre ali' assurdo il
saggio stoico: una volta dimostrata l'inesistenza della Ka-
taÀ-rl'Jltç, lo stato epistemologico dello stolto e quello del saggio
stoico finiscono per coincidere, essendo accomunati nella 06ç,a.
Ma questa conclusione non può essere accettata dagli Stoici
perché

«il saggio di sicuro non è tra coloro che opinano (ciò infatti è
per essi segno di stoltezza e causa di errori)»".

BRUNSCHWIG-M. NussBAUM (eds.), Passions and Perceptions. Studies in


Hellenistic Philosophy o/ Mind, Cambridge 1993, p. 258. Sia la testimo-
nianza di Aria Didimo che quella di Cicerone permettono di spiegare la
coesistenza dei due significati di opinione che emergono dalla testimo-
nianza di Sesto, che nella prima parte del resoconto stoico di M VII 151
definisce l'opinione come à.cr8svfiç KaÌ i.veuOfiç cruyKa'tci8emç, mentre sol-
tanto nella seconda parte, che riporta la critica di Arcesilao, specifica che
Ti Oè -céi) à.Ka'taÀ.ipt•<p cruyKa'tci9scr1ç Oòça ècr-civ. La risposta di Arcesilao
all'accusa di apraxia riportata da PLuT. adv. Col. 26, 1122 e, descrive -cò
Ooçaçsiv Kaì 1tpo1ti1t-csiv -cfiv cruyKa't!i9ecr1v, come una eìl;,1v oòcrav ònò
Ucr8eveiaç 'tép <patvoµé:voo. Trattandosi di una ritorsione dialettica della
posizione stoica zenoniana, è particolarmente interessante che Arcesilao
consideri la debolezza come l'elemento qualificante dell'opinione.
54 Cfr. acad. r 41 cit. Cfr. anche Arcesilao in acad. I 45: ab omni
1
la.psu continere temeritatem, quae tum esset insignis, cum aut falsa aut inco-
gnita res approbaretur. J.S. REID, ed. cit., ad !oc, p. 158, ritiene che inco-
gnita e incerta siano usate indifferentemente da.Cicerone e rinvia a Luc.
16: sed fuerint illa vetera, si voltis, incognita, dove la parola incognita,
«implies, bere, as in I 41 and II§§ 8, 18, 114, 133, 138, and elsewhere
(so to incognita res in I 45), that the doctrines in question rest on no
foundation of sure knowledge}> (p. 189).
'' M vn 157: oùx,ì Oé ye 'téòv Ooçacr-céi>v [G] ècr-civ 6 cro<pòç (-coG•o yàp
àcppocr6vriç ~v Ka't' aù-coUç, Kaì 'téOV 6.µap'tTJµci-ccov at-ciov).
102 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

La precisazione che l'opinione è "secondo gli Stoici segno di


stoltezza e causa di errori", marca la distanza dalla definizione
di opinione come "assenso a ciò che non è stato compreso",
che è stata dedotta dalla inesistenza della KmUÀT]\j/tç. L'àcppo-
crUvrt non deriva infatti da un mero errore percettivo, ma da
uno stato vizioso dell'egemonico. Ed è per questa ragione che
il saggio non può essere annoverato tra coloro che formulano
opinioni ed è sempre per questa ragione che lopinione, quan-
do qualifica lo stato epistemologico dello stolto, è àcr9evi]ç KUÌ
\j/tuOi]ç cruyKa«i9emC:. Tuttavia, una volta che gli Stoici sono
stati costretti dalla confutazione di Arcesilao a riconoscere che
nciv'ta ÙKatciÀrtn:ta, dare l'assenso equivale in ogpi caso a
commettere un errore, e quindi a formulare un'opinione, in
quanto la totale ÙKUWÀT]\j/ta non permette di distinguere tipi
di errore 56 .

«Dunque il saggio non appartiene a coloro che concedono


assensi. Se così stanno le cose, egli dovrà negare l'assenso su
tutto. Ma negare l'assenso non è null'altro che sospendere il
giudizio. Dunque il saggio sospenderà il giudizio su tutto» 57 •

È significativo che Arcesilao utilizzi il verbo àcruyKata9eteiv


per descrivere latteggiamento del saggio stoico e ritenga ne-
cessario precisare che àcruyKata9eteiv où&v Etep6v ècr'tt ii tò
èm\xeiv. Il fatto che Arcesilao distingua l'àcruyKntn9eteiv itepì
itavtrov - a cui si deve attenere il saggio stoico qualora non

:>6 Per questa ragione non ritengo fondata l'obiezione di H. MA- ·


CONI, Nova Non Philosophandi Philosophia, cit., p. 239, il quale obietta
che l'argomentazione di Arcesilao sarebbe una ignoratio elenchi qualora la
definizione di opinione come "assenso a ciò che non è stato compreso" e
la definizione di opinione come à.cr0evijç Kaì weoOTjç cruyKa'til0ecnç, pre-
sente nella prima parte del resoconto, non fossero assunte nello stesso
significato. ·
1
_ . ' .M VII 157: oÒK èt.pa 'téOv croyKa'ta't10eµévrov Ècr't"ÌV 6 crocpéç. ei òè

't~u:o .. ~ept. rc~v'tmv a.Ò'tòv Oeft<Je1 àcroyKa'ta0e""teiv. tò Oè àcruyKa'ta0e1:elv


ouOev E'ttpov ea""t1v lì 'tÒ i:néxeiv· È<péçin èt.pa nepì. nciv""trov 6 cro<péç.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 103

voglia opinare -, dall'irnÉXEtV nEpi n6.v1rov dell'accademico,


evidenzia che egli ritiene che i due verbi indichino - e non
solo linguisticamente -, due atteggiamenti ben distinti. Men-
tre tiell'àcruy1Cma8E1Eiv è racchiuso il concetto stoico di as-
senso, ènéxaiv non richiede come suo oggetto croyKa'tli8acriç.
L'interesse a distinguere i due termini manifesta l'intenzione
di prendere le distanze da una teoria volontaristica dell' as-
senso che non è presente nel verbo ÈnÉXEtV. L'Ènoxi\ nEpi
n6.v1rov, propria del saggio accademico, è ciò che resta dunque
anche al saggio stoico - in cui "anche" sottolinea che è il
saggio stoico che si deve uniformare al comportamento del
saggio accademico, se non vuole formulare opinioni. L'uso di
una diversa terminologia per indicare latteggiamento del sag-
gio stoico e di quello accademico rivela che l' enoxi\ è posi-
zione propria di Arcesilao, che non può essere ridotta a mera
tesi dialettica. Se dunque, come sembra, Arcesilao non ha
dedotto l' Ènoxl\ dall' <ÌKma:I.T\IJ!ta stoica, ci deve essere una
premessa da cui egli l'ha dedotta. Ed è Cicerone a fornirne
una conferma: la premessa, che Arcesilao condivide con Ze-
none e da cui in propria persona potrebbe giungere ali' Ènoxl\,
è "il saggio non è tra.coloro che formulano opinioni". Nella
disputa gnoseologica con Zenone, riportata nel Lucullus, Ar-
cesilao accetta infatti la proposizione che il saggio non può né
deve formulare opinioni". Non solo, ma Cicerone attribuisce
ad Arcesilao lo stesso punto di vista anche quando distingue la
strategia dialettica contra Stoicos di Arcesilao da quella di

' 8 Cfr. C1c. Luc. 77: nemo umquam superiorum non modo expresse-
rat, sed ne dixerat quidem passe hominem nihil opinari, nec solum passe, sed
ìta necesse esse sapienti. Visa est Arcesilae cum vera sententia tum honesta et
digna sapienti. Cfr. anche AuGUST. contra Acad. II 6, 14. È importante
tenere presente che la tesi sapientem nihil opinari è concordata prima che
l'argomentazione dialettica stabilisca che cos'è opinione e quindi presup-
pone che Arcesilao avesse un proprio punto di vista sul significato di
"opinare" quando intraprende la confutazione, contra H. MA.coNI, Nova
Non Philosophandi Philosophia, cit., p. 245.
104 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEtvlIA SCETTICA

Carneade sulla controversa questione nihi! opinari sapientem 59 •


Se si tiene conto della testimonianza ciceroniana, si com-
prende come dalla premessa condivisa con Zenone, "il saggio
non può né deve formulare opinioni", consegua che il saggio
accademico - per il quale non si pone la teoria volontaristica
dell'assenso perché non è lui a porre I' esistenza della Ka-
tUÀl]IJllS - sospende, ovvero trattiene le affermazioni e le
negazioni e, nel contempo, perché Arcesilao non abbandoni
il saggio stoico alla necessità di opinare, ma gli conceda la
possibilità di negare l'assenso. Nel resoconto di Sesto, invece,
l'accordo tra Zenone e Arcesilao su quella premessa non è reso
esplicito perché esso non svolge alcun ruolo nella critica che
Arcesilao rivolge al criterio stoico. Arcesilao infatti confuta il
criterio, utilizzando esclusivamente argomentazioni ricavate
dalla riduzione all'assurdo delle tesi stoiche nessuna delle
quali egli assume in propria persona, tanto meno la defini-
zione di opinione che scaturisce dalla confutazione: infatti la
definizione di opinione come "assenso a ciò che non è stato
compreso" vale soltanto contro gli Stoici, per i quali esiste la
qiavwcria Katafi. 1]7tttK~ 60 . Del resto formulare un'opinione

59 Luc. 67: Si ulli rei sapiens adsentietur umquam, aliquando etiam


opinabitur: numquam autem opinabitur: nulli igitur rei adsentietur. Hanc
conclusionem Arcesilas probabat: confirmabat enim et primum et secundUm.
Carneades non numquam secundum illud dabat, adsentiri aliquando. Ita
sequebatur etiam opinari. Sù questo argomento cfr. A.M. loPPOLO, L'as-
senso in Clitomaco, cit., pp. 225-67.
60
Anche la risposta di Zenone nihil opinaturum, quoniam esset quod
percipi posset in Luc. 77 conferma· che la definizione di opinione come
"assenso a ciò che non si è compreso" è ricavata dalle premesse stoiche. A
proposito di Luc. 77, Long, in A.A. LoNG-D.N. SEDLEY, The Hellenistic
Philosophers, cit., rr, p. 245, osserva che gli elementi di dubbio, introdotti
dallo stesso Cicerone nel riferire il dibattito lfortasse, credo), sollevano
perplessità circa la sua storicità, con l'esclusione dell'aggiunta incubuit
autem in eas disputationes [... ] nullum tale esse visum a vero ut non eiusdem
modi etiam a falso possitesse. A mio parere, non ci sono fondati motivi per
mettere in dubbio il contenuto del dibattito riportato da Cicerone: le
espressioni di dubbio sono un artificio retorico utilizzato da Cicerone per
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 105

per Arcesilao non è altro che affermare o negare, ovvero il


contrario di Ènf:xe1v.
Ebbene, Cicerone nel Varro afferma che Arcesilao giun-
geva all'àno:x;iJ dalla constatazione dell'ugual peso conclusivo
delle tesi opposte, «Cosicché quando ragioni di egual peso
decisivo si trovavano nel medesimo argomento in favore delle
parti opposte, si sospendesse l'assenso più facilmente da una
parte e dall'altra» 61 . E Diogene Laerzio nella Vita di Arcesilao

sottolineare che sta riportando un dialogo fittizio, e non una citazione


testuale, dal momento che, non avendo ovviamente assistito al dibattito
tra i due filosofi, egli non può riportarne verbatim le parole.
61
Cfr. acad. I 45: huic rationi quod erat consentaneum faciebat, ut
contra omnium sententias disserens de sua p!erosque deduceret ut cum in
eadem re paria contrariis in partibus momenta rationum invenirentur, faci!ius
ab utraque parte adsensio sustineretur. L'icrocr9Éveta tà>v ÀÒyrov, attribuita
qui ad Arcesilao da Cicerone, è confermata dalla testimonianza indipen- .
dente di Sesto in PH I 232, che proprio in questo pone la differenza con
Carneade, vedi supra, cap. I. Infatti per Arcesilao l'icrocr9Éveta si fonda
sull'impossibilità di decidere quale delle due tesi opposte è più credibile,
come per i Pirroniani: cfr. PH I 10: icrocr9Évs.ta OS ÀÉ:yoµev ti\v Katà
rricrttv KaÌ cbncrtiav icr6-c11-ca, chç µ118kVa µ118evòç rcpoKs.'ìcr9at téOv µaxo-
µSvrov À6yrov cOç rctcrt6ts.pov. H. THORSRUD, Cicero on his Academic Pre-
decessors, cit., p. 8 e nota 24, accetta l'emendamento di Madvig disserens
in eam che si presta meglio a sostenere «that Arcesilaus led most of bis
student to accept his ratio, which in this context refers to his epistemo-
logica! view that nothing can be known». Nonostante la concordanza tra
la testimonianza di Cicerone e di Sesto su Arcesilao in relazione all' epo-
che, Thorsrud ritiene che I' epoche sia incompatibile con la connessione
più volte affermata da Cicerone tra Arcesilao e Socrate: «But even
though this was clearly Sextus's view, it is unlikely that it was Ciceros',
for it would strain to the breaking point Arcesilaus's connection with
Socrates». Ma, pace Thorsrud, il collegamento di Arcesilao con Socrate
consiste nel metodo dialettico e confutatorio, tanto che, come è stato
suggerito da Long (su cui cfr. supra, cap. I nota 117) l'immagine di un
Socrate scettico è stata costruita proprio dallo stesso Arcesilao. Per un
approccio interpretativo che misura la filosofia di Arcesilao sulla base
della sua vicinanza e coerenza con la filosofia socratica, si veda anche
J.M. CoOPER, Arcesilaus: Socratic and Sceptic, cit. Sul significato dell'ap-
pello a Socrate di Arcesilao, si veda infra, Appendice II.
106 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

informa che «fu il primo a sospendere le affermazioni e le


negazioni a causa dell'opposizione delle argomentazioni» 62 • Di
· fronte a una situazione di aporia, perché l'equipollenza delle
tesi contrarie non può mai essere superata per l'impossibilità
che una delle due tesi acquisti una forza risolutiva, non resta
altro che né affermare né negare. All'equipollenza delle argo-
mentazioni sul piano logico corrisponde la constatazione del-
l'ùnapaÀ.À.n/;in delle rappresentazioni sul piano gnoseologico.
Ed è proprio questa la posizione che anche Sesto attribuisce
ad Arcesilao in PH I:

«Non si trova che Arcesilao affermi né la realtà né la non


realtà di una cosa; né preferisce una cosa ad un'altra sulla
base della credibilità o della mancanza di credibilità, ma so-
spende su tutto» 63 •

Mentre il saggio stoico formula un'opinione qualora dia I' as-


senso, l'accademico per il quale non si pone una teoria volon-
taristica dell'assenso, né l'esistenza della KntétÀ.l]\jJtS, formula
un'opinione qualora non trattenga le affermazioni e le nega-
zioni. Dal confronto dunque con il resoconto di PH I si evince
implicitamente che per Arcesilao formulare un'opinione coin-
cide con l'affermare o il negare la realtà di qualcosa. Pertanto
lungi dall'affermare una posizione o dal configurarsi come una
mossa meramente dialettica e tattica contra Stoicos, l'ànoxii
ncpì nétvtrov di Arcesilao è la manifestazione linguistica del-
!' aporia. Essa è la conseguenza del fatto che le cose sono

62
Cfr. DL IV 28: np&toç è:xicrx.ò:>v tàç ànoq:>étcretç Stà tàç è:vav-
tt6t11•aç 't&v A6yrov. Per l'indubbia parentela del significato pirroniano
di è1ci~xe1v, cfr. PH I 196: Ti ènoxil SÈ eiptp:a1 à.:n:ò toU è:xéxecr0at tftv
Suivo1av <l:Jç µi)te t10éva1 tt µi)'tE àvatpeiv Stà tftv icrocr0évetav -r&v ç11too-
µévrov; cfr. anche PH110.
63
PH 1 232: oOte yàp :n:epì ùnétpçeroç i\ àvunapçiaç 'ttvòç à:n:ocpat-
v6µevoç eùpiO"KEtat, oUte Ka'tà. nicr'ttv i\ à:n:tcr'tiav xpoKpivet tt é'tepov
étépou, 0.A"J...à nepi nétv'tOOV ènéxei. Cfr. acad. Hist. xx 2-4: ànoq:>a1v6µevoç
8' aÒ'tòç oò8è €v, µ6vov 8È 'tà.ç Ù.ÀÀ.aç è:A.f.yx.rov aipécretç.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 107

ii811J.a: ciò comporta che non è possibile né affermare né ne-


gare la loro realtà 64 • A questo proposito particolarmente inte-
ressante è la testimonianza di Numenio che distingue la posi-
zion~ di Arcesilao da quella di e arneade:

«Carneade si servì dello stesso metodo dialettico di Arcesilao


e infatti egli praticava le argomentazioni in un senso e nell' al-
tro e stravolgeva tutte le argomentazioni altrui. Si staccò da
Arcesilao soltanto nella dottrina cieli' epoche, poiché diceva
che è impossibile, essendo uomini sospendere il giudizio su
tutte le cose: infatti c'è differenza tra ciò che è incerto e ciò
che non si è compreso e tutte le cose sono incomprensibili, ma
non tutte incerte (ota<popàv oÈ elvm ò.8i]J.ou icaì ò.ica,aJ.i]ntou
K!li 7tliv-ca µèv t:Ìvat Ò.Ka-cliÀTj7t1:a, oò 7tliv-ca òè CiùflÀU)» 65 .

64
H. MACONI, Nova Non Philosophandi Philosophia, cit., pp. 246-7,
obietta che le fonti antiche, compresa la testimonianza di M VII 150-7,
fanno di Arcesilao un sostenitore dell'à.Ka-ro.À:rpyia, ma non tiene conto
né di DLIV 28, né di PH I 232, che attestano come Arcesilao giungesse
all't7tox+i indipendentemente dalle premesse stoiche. Inoltre egli inter-.
preta C1c. acad. I 45 come una testimonianza a favore del fatto che
Arcesilao fosse un sostenitore dell'6.Ka-ca)..Tl'l'ia. H. THORSRUD, Cicero
on his Academic Predecessors, cit., pp. 6-7, pur riconoscendo che in
acad. I 45 Arcesilao giunge alI'epoche indipendentemente dalle premesse
stoiche, fraintende l'uso dialettico della storia della filosofia precedente
addebitando ad Arcesilao la proposizione omnia latere censebat in occulto.
Ma Come osservano C. BRITTAIN -J. PALMER, The New Academy's Appeals
to the Presocratics, «Phronesis», XLVm (2001) p. 44, in acad. I 44-5 «it is
not clear [... ] how Arcesilaus's appeal to the Presocratics supports the
akatalepsia premise because his appeal is susceptible to both a 'dialectical'
and a 'non-dialectical' reading» e spiegano «On either interpretation,
moreover, the appeal to the Presocratics in support of the akatalepsia
premise would have served the Academics as one way to secure the
premise without endorsing it themselves» (p. 45).
6
~ EusEB. PE XIV 7, 15. È opinione controversa se il passo riporti il
commento dello stesso Eusebio (su cui vedi H. MACONI, Nova Non Phi-
losophandi Philosophia, cit., p. 242 nota 33), o il 11unto di vista di Nume-
nio, che questi avrebbe riassunto abbreviandolo. E comunque a Numenio
che lo attribuisce É. DES PLACES (Numenius. Fragments, texte établi et
traduit, Paris 1973) inserendolo come fr. 26 della sua raccolta.
108 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Il fatto che Sesto non faccia alcun accenno al concetto di


èi8T]A.ov, conferma che le argomentazioni di Arcesilao sono ad
hominem, in quanto utilizzano una terminologia dialettica ri-
cavata dagli avversari senza esporre nessun punto di vista
proprio. La testimonianza di Numenio viene a colmare una
carenza non solo linguistica, ma anche concettuale, lasciata
aperta dalla testimonianza di Sesto, perché informa che Arce-
silao non designava le cose come à.ica-rétì..11n-ra, bensì come
èi8T]A.a 66 •. Per Arcesilao infatti il non affermare né negare la
realtà di qualcosa non equivale ad affermare che le cose sono
ÙKataA.T]itta, perché le cose sono tali soltanto per chi ammette
la KataA.TJ11nç 67 • Ciò presuppone che egli dovesse indicare con
una propria terminologia anche la relazione tra il soggetto
conoscente e gli oggetti esterni. Il termine èi8T]A.ov è partico-
larmente importante in quanto descrive come ò éitéxrov, che
non afferma né nega la possibilità della conoscenza, concepi-
sce la relazione tra il soggetto conoscente e l'oggetto esterno.
Che Arcesilao abbia indicato le cose come ÙKataA.T]it"1, e
l'opinione come t<\i ÙKmaA.i]ittcp cruyKata8ecnç, prendendo in
prestito la terminologia da Zenone, è attribuirgli una carenza
concettuale e linguistica che non è giustificata dalle fonti, né
dallo stesso Sesto. Il silenzio di Sesto sul termine èi8T]A.ov
potrebbe essere dovuto all'indiscutibile significato non dog-
matico che il termine comporta e soprattutto al fatto che esso
diventerà un termine tecnico del pirronismo.

66 È significativo che Crc. Luc. 32, si riferisca a due gruppi di

filosofi, gli uni che assumono la proposizione omnia incerta e gli altri
che, ritenendo che ci sia qualcosa di probabile, distinguono tra incertum
e id quod percipi non possit. Dal confronto con il passO di Eusebio si
evincerebbe una possibile allusione rispettivamente alla posizione di Ar-
cesilao e di Carneade. Ma non tutti gli interpreti concordano. Per una
discussione di questo problema, rinvio a A.M. !OPPOLO, Arcésilas dans le
'Lucullus', cit., e infra, Appendice I.
67 Anche Cicerone nel Lucullus mostra un Arcesilao sovvertitore

delle definizioni di Zenone, in particolare della definizione di Kll-


t<\:\.~'lftç, cfr. Luc. 13-7.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN M VII 109

Il resoconto di Sesto dunque lascia intravedere che Arce-


silao, accanto ad una terminologia ricavata dalla confutazione
del criterio di verità stoico - e che quindi non gli può essere
attribuita -, utilizzava un proprio linguaggio per manifestare
il suo punto di vista. L'uso di verbi differenti per indicare
latteggiamento del saggio stoico e di quello accademico mette
in evidenza che l'i:rroxl\ è posizione propria di Arcesilao, che
non può essere ridotta a mera tesi dialettica. Resta comunque
un'ambiguità intenzionale nel resoconto di Sesto: il fatto che
egli sorvola sulla differenza tra l'uso e il significato di l:m\x8l v
di fucesiJao e J' UO"UyKa,a88'EÌV Stoico non distinguendo COn
chiarezza la strategia dialettica contra Stoicos dalla posizione
dello stesso Arcesilao.

La giustificazione del criterio d'azione

La stessa ambiguità nei confronti della filosofia di Arce-


silao è confermata anche dall'ultima parte del resoconto, che
si riferisce al criterio d'azione 68 .

«Tuttavia, poiché dopo di ciò era necessario (soci) ricercare


(sl]'8tv) anche sulla condotta di vita, che non può darsi per
natura senza un criterio, dal quale anche la felicità, cioè il fine
della vita, riceve la conseguente fiducia, dice Arcesilao che
colui che sospende il giudizio 69 su ogni cosa regolerà (Kavo-
v1ei:) le scelte e i rifiuti e in generale le azioni sulla base
dell' eulogon e che procedendo secondo questo criterio agirà

68
Il resoconto del criterio d'azione ha dato· luogo a interpretazioni
discordanti. Poiché mi sono occupata altrove di questo problema, mi
limiterò qui a richiamare i punti essenziali e ad aggiungere qualche altro
argomento alla luce anche dell'analisi linguistica della testimonianza di
Sesto.
69
Il testo dei codici riporta où 1tt>pi 11:ét.v-crov ènéx.mv. Tuttavia il
testo è stato emendato da Mutschmann in ò 11:EpÌ 11:ét.v-rrov è11:éx.rov, lezione
accolta dalla quasi totalità degli studiosi, tra cui Bury, Fli.ickiger, Long e
Sedley, Brunschwig, Burnyeat, ecc.
11 Q LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

rettamente. In effetti la felicità si consegue attraverso la sag-


gezza (8tà •fiç <ppovl\creroç), la saggezza consiste nelle azioni
che raggiungono il successo (èv wiç Ka•op00iµamv) e l'azione
che raggiunge il successo è quella azione che, dopo essere stata
eseguita, possiede una giustificazione sostenuta da buoni mo-
tivi (i:\nap npux0èv auÀ.oyov sxet 11\v anoÀ.oyiav). Colui dun-
que che si attiene ali' eulogon agirà rettamente e sarà felice» 70 •

La prima cosa che si osserva è l'improvviso mutamento di


tono rispetto alla sezione precedente. Le parole aÀ.),.' èneì µa1à
wilw e8et Kaì !tepì niç wil ~(ou oteé,ayroyfiç ç111eiv presen-
tano il criterio d'azione come una necessità per colui che
sospende dopo che è stato abolito il criterio di verità. Inoltre,
a differenza del procedimento usato nella prima parte, Sesto
introduce direttamente la posizione di Arcesilao sul criterio
d'azione senza richiamare la posizione stoica. E infine, soprat-
tutto il linguaggio usato da Arcesilao (<pTjcrÌv 6 'ApKecriÀ.aoç)
subisce un improvviso mutamento, come attestano tutti i
verbi finiti espressi al futuro, che indicano che egli sta rivol-
gendo un'esortazione piuttosto che argomentando in senso
dialettico. Determinante, dunque, è stabilire se "colui che
sospende" è lo stoico o l'accademico o entrambi. Ma a tal
scopo è preliminare risolvere un problema testuale, recente-
mente riproposto da Richard Bett, che accoglie il testo dei
manoscritti où nspì n<lv-crov Ènéxrov, e traduce: «Arcesilao dice
che non sospendendo il giudizio su tutto, egli regolerà le sue
scelte e rifiuti e generalmente le sue azioni in base all'eulo-

70 M vn 158: (J},:;.,; è1CsÌ µi::'t'à. 't'Ofrto E.Osi Kai 1Cspi 't'fjç 't'Oi.i ~{ou ÙlE-

l;arroyftç Sri't'siv, fl't'tç oU x;ropiç Kpt't'TlPiou Tté<puKEV àrro0i0ocr0ai, Ù<p' oi')


11:ai 1Ì i::ùOOiµovia, 't'OU't'écr't't 't'Ò 't'oi313ioo téA.oç, ilP't"riµévriv Exi::1 't'i}V rricr't'tv,
<l'T\O'ÌV 6 'ApKEcriì..aoç 0't't ò n:i::pi 1t<iV't'OOV èrréxrov KUVOVlEi 't'àç a{pécri::iç Kai
<puràç Kai Koiv&ç tàç 7tp6:çi::iç 't'é!) sòA.6rcg, Katà 't'Oi.it6 ti:: 7tpoi::px;6µsvoç 't'Ò
11:pt't'itp1ov Ka't'op000cri::i· 't'iiv µèv ràp i::ùOaiµoviav 7tEpirivi::cr0ai Oià 't'fjç
<ppovTtcri::roç, 't't)v Oè <pp6vricriv Ksicr0cn èv 't'Oiç Ka't'op0cOµacriv, 't'Ò Oè Ka-
't'6p0roµa i::tvai 57ti::p 1tpax;0èv i::UA.orov Ex;i::1 't't)v Ò:1toA.oyia.v· ò rrpocréXrov
oùv 't'Q) EÙì..6r<p KU't'op0c0cri::i Kai i::ù8aiµovitcrsi.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 111

gon». L'espressione où ncpì rtétvtrov ÈnÉxrov sarebbe dunque


un'annotazione polemica di Sesto che giudica l' eulogon incon-
ciliabile con l'Èrtoxi} 71 • Questa interpretazione, a mio parere,
incoO:tra tre difficoltà. La prima è che Sesto esprimerebbe ex
abrupto, e senza argomentarla, una violenta critica nei con-
fronti di Arcesilao che è tanto più incomprensibile in quanto
al par. 150 egli ha introdotto la sua posizione sostenendo che
Arcesilao non ha stabilito alcun criterio. Se Sesto volesse at-
taccare così duramente Arcesilao, accusandolo di autocontrad-
dirsi, perché non lo direbbe esplicitamente, ma si limiterebbe
a registrare senza commenti l'improvviso mutamento mentale
di Arcesilao dallo scetticismo dell'srro:vì rrepi mivirov al dog-
matismo dell' eulogon? Inoltre anche la struttura sintattica che
fa dipendere dal cpl]criv 6 'ApKecriÀ.aoç il resoconto che segue,
rende altamente improbabile che si possa leggere oò rrepi
nétvtrov ÈnÉx.rov, perché, se così fosse, sarebbe lo stesso Aree-

71 R. BETT, Sextus Empiricus. Against the Logicians, cit., p. 34 nota

71, nella traduzione diM VII 158, commenta: «But the mss. reading could
very well represent a polemical aside on Sextus' part: Arcesilaus talks
about regulating choices by the reasonable, and someone who does this
does not in fact suspend judgment about everything». Contra cfr. W.
G6RLER, Alterer Pyrrhonismus, cit., p. 808, il quale osserva che se si lascia
la lezione dei codici, «freilich vermisst man dann eine Erklarung, wo-
durch das eUÀ.oyov sich als solches zu erkennen gibt und damit den
Handelnden von seiner Pflicht zur énoxii entbindet». D. MACHUCA,
ree. cit. a R. BETT, Sextus Empiricus. Against the Logicians, cit., fra l'altro
obietta: «lf Bett's interpretation were correct, one would expect the
Greek to read something like qrr1criv ò 'AplCscriÀ.aoç oò nepì 1uiv'trov
ènéx;oov Crn, i.e., "Arcesilaus, not suspending judgment about everything,
says that"». Cfr. anche]. BRUNSCHWIG, Définir la demonstration, in In.,
Études sur les philosophies hellénistiques, Paris 1995, p. 225 nota 1. Del
resto già R. HIRZEL, Untersuchungen zu Ciceros philosophischen Schriften,
cit., III, p. 160, commentava: «Ein Blick auf das Vorgehende zeigt indes-
sen das Verkehrte dieser Lesart. Denn wie vertr1igt sich damit 157:
È.<pél;Et éipa 1tEpÌ nétv'trov 6 cro<péiç? Nati.irlich muss 6 ... statt où geschrieben
werden». Si tenga presente inoltre che le altre tre occorrenze della for-
mula 6 nspì n6.v'tOOV è.néx;rov si trovano in M XI (144, 150, 160) e vi
compare sempre e solo larticolo.
112 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

silao e non Sesto a sostenere di non sospendere il giudizio! La


seconda difficoltà è che il linguaggio con cui Sesto introduce la
critica sia al criterio di verità che a quello d'azione appartiene
anche al lessico dello scetticismo pirroniano. All'où8àv 6piçsiv
intorno al criterio di verità della prima parte, fa riscontro lo
çT],EÌV, il ricercare intorno alla condotta della vita della se-
conda parte. Il verbo çT],EÌV è infatti un termine tecnico dello
scetticismo pirroniano, in quanto caratterizza lo scettico che
continua a ricercare a differenza di quanto fanno sia i dogma-
tici che gli Accademici 72 , tanto che nel linguaggio di Sesto uno
dei nomi alternativi per lo scettico è çT],T]nK6ç "- Ma lo çT],EÌV
qualifica anche la filosofia di Arcesilao che si richiamava con
forza all'aspetto del ricercare, dell'indagare, che aveva carat-
terizzato la filosofia socratica 74 • Nel Lucullus 75 Cicerone pone
il fine di Arcesilao proprio nel verum invenire velie, collegan-

72
Cfr. PH I 1-3, 7: è inoltre significativo che proprio in PH I 1-4
Arcesilao non sia nominato tra gli Accademici, i quali affermano che è
impossibile apprendere la verità a differenza degli Scettici che conti-
nuano a cercarla, çrrtoGm Oè oi oicen·tTtcoi, lasciando aperta la possibilità
di una sua possibile inclusione tra questi ultimi, vedi supra, cap. I.
73 Cfr. PH1 7. A proposito dell'uso non univoco in Sesto di çrp:eiv,

cfr. K. JANACEK, Sextus Empiricus' Sceptical Methods, cit., p. 28. Sull'am-


biguità, tuttavia, del significato di çrynp:tKéç in PH, cfr. J. BARNES,
Sextan Scepticism, cit., pp. 322-34.
74
Cfr. il ricorrere nell'Apologia, oltre che di S11-cei:v, di verbi come
oiconei:v, èpeuvav e sostantivi come èl;é'tacrtç: in part., cfr. PLAT. apol. 21
s~23 a; 38 A; cfr. DLII 22. Per la connessione tra Arcesilao e il Socrate
dell'Apologia che gli avversari dogmatici, in particolare Colate, ricono-
scevano ma criticavano aspramente, cfr. PtuT. adv. Col. 1117 D-1119 e e
infra, Appendice II; per il legame con Socrate, cfr. inoltre C1c. de orat. m
67, de nat. deor. I 11, de fin. II 2; LACTANT. div. inst. III 4, 6; MINUC. FEL.
Octav. XIII 3.
75 Cfr. C1c. Luc. 76-7. Il metodo di Arcesilao è ricondotto a quello

di Platone in C1c. acad. I 46: cuius [sci!. Platonis] in libris nihil adfirmatur et
in utramque partem multa disseruntur, de omnibus quaeritur, nihil certi
dicitur .. Nei libri di Platone nulla è affermato: il procedimento dialettico,
ovvero l'argomentare in un senso e nell'altro, è lo strumento della rièerca
continua (de omnibus quaeritur), che si conclude nell'aporia.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 113

dolo al fatto che il saggio non può né deve opinare. Ciò si


accorda bene con lo sTJreìv a cui Sesto riconduce anche la ne-
cessità per Arcesilao di stabilire un criterio d'azione 76 • La
terza difficoltà è che in PH I 232 Sesto dipinge Arcesilao come
un autentico pirroniano, utilizzando la prima persona 77 . Per
quanto si tratti di due resoconti forniti in opere diverse, le due
immagini di Arcesilao sarebbero del tutto inconciliabili. E
sarebbe ancora più incomprensibile che Sesto, proprio in PH
I dove si propone di illustrare le differenze dello scetticismo
rispetto alle napaKeiµevm ÒOKOÙcrat cptÀocrocpim, non faccia
alcun cenno ad una differenza così importante, come quella di
aver introdotto un criterio d'azione fortemente dogmatico.
L'ipotesi più plausibile è che in M VII 158, il copista sia in-
corso in un errore banale e che quindi l' où debba essere cor-
retto in ò 78 • Resta tuttavia il problema di stabilire chi sia colui
che sospende.
Per stabilire a chi Arcesilao si sta rivolgendo svolge un
ruolo importante il verbo éòet 79 , che pone l'accento sul rap-

76
P. ComssIN, Le stofcisme de la Nouvelle Académie, cit., p, 248, a
tal proposito osserva: «Il s' agissait clone pour Arcésilas de faire de recher·
ches, non de professer une doctrine déja découverte». Tuttavia lo stu:.
dioso ne trae la conclusione che il criterio d'azione proposto da Arcesilio :·
è esclusivamente dialettico, anche perché si basa sulla traduzione errata
della frase, èup' oU Kaì eù8a1µovia, 1:0u-récr-r1 i:ò -roù ~iou i:éAoç, ftpi:11µév11v
E.x.e1 i:Tiv nicri:tv, che egli intende nel senso che non è naturale render
conto della condotta della vita indipendentemente da un criterio, «auquel
se rattache la créance que mérite le bonheur, c'est-à-dire, la fin de la vie»;
su questo errore ha richiamato giustamente l'attenzione M. BURNYEAT,
Carneades was No Probabilist, cit.
77 Sesto usa molto raramente la prima persona e generalmente in

quei casi in cui il suo parere non è oggetto di 8iaq>rovia, cfr. supra, cap. I
nota 144.
78 W. G6RLER, À.lterer Pyrrhonismus, cit., p. 808, sottolinea che

«auch aus sprachlichen Grilnden empfiehlt sich elle leichte A_nderung


von où in 6».
79 R. BETT, Carneades' Pithanon: a Reappraisal o/ its Role and Status,
«Oxford Studies in Ancient Philosophy», VII (1989) p. 91, per difendere
114 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

porto necessario che sussiste tra il criterio di condotta e la


felicità. Lo scopo di Arcesilao sembra dunque essere quello cli
mostrare che lo scetticismo non solo è vivibile ma permette il
raggiungimento della felicità. Che la felicità rappresenti il fine
della vita nel senso più ampio del termine connesso al successo
di chi vive e agisce bene è un topos comunemente condiviso
nel!' etica antica e Arcesilao lo identifica in una vita esente da
opinioni. A questo punto ci sono tre possibili alternative: 1)
Arcesilao deve fornire il criterio d'azione per il saggio stoico
che altrimenti non può agire, e, in tal caso, colui che sospende
è' lo stoico e l'eulogon è una proposta esclusivamente dialet-
tica; 2) la pressione degli avversari costringe Arcesilao, e
quindi egli deve fornire un criterio d'azione per rispondere
all'accusa di apraxia, e, in tal caso colui che sospende è Pacca-
demico; 3) Arcesilao stesso ne sente la necessità perché la
condotta della vita non può essere naturalmente giustificata
senza un criterio, da cui dipende la felicità, e quindi egli deve
indicare un criterio, sia per l'accademico che per lo stoico 80 .
La prima ipotesi è sostenibile a condizione che le premesse su
cui Arcesilao fonda l'argomento siano esclusivamente dialetti-
che, in quanto ricavate dalla dottrina stoica.
Ebbene, a prima vista, si osserva che la terminologia tec-
nica usata da Arcesilao, come eGAoyov, K0.0i;Kov, Ka16p0coµa,
è utilizzata anche nella dottrina zenoniana dell'azione, con
l'eccezione di Ka-r6p0coµa, che però è sicuramente un termine
tecnico nella dottrina stoica successiva, a partire da Crisippo.

l'interpretazione dialettica dell'eulogon, è costretto ad attribuire a Sesto


o alla sua fonte un fraintendimento: «the word (scil. E.8El] could be a piece
of misguided editorializing by Sextus or bis source».
80
Un'ulteriore ipotesi è avanzata da H. MACONI, Nova Non Philo-
sophandi-Philosophia, cit., p. 249 nota 49, secondo cui é rtEpÌ rc6.vtrov
èrcÉxrov non si riferisce né allo stoico né ali' accademico, ma «it means
anyone· who hold back in any matter», ma dal momento che Sestçi sta
riportando la critica di Arcesilao al criterio stoico, questa ipotesi appare
piuttosto improbabile.
IL RESOCONTO 0[ SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 115

Ma determinante è soprattutto la definizione di Katòp8roµa di


Arcesilao, che è identica alla definizione di KU8ijKov di Ze-
none: E poiché nella dottrina stoica Ka8ijKOV designa l'azione
dell'uomo comune, mentre Katòp8roµu quella del saggio, si è
concluso che Arcesilao volesse ironizzare dimostrando che il
saggio stoico, privato della sua scienza, è costretto a compiere
l'azione dell'uomo comune, vale a dire l'azione dello stolto.
Questa interpretazione s'imporrebbe se fosse certo che Arce-
silao avesse desunto l' eulogon dalla Stoa. Ma oltre al fatto che
il concetto di eulogon non è nuovo nel pensiero greco, ma è
ampiamente usato in precedenza da Aristotele 81 , non è sempre
facile stabilire nel dibattito tra la Stoa e lAccademia scettica
chi delle due di volta in volta abbia desunto termini tecnici e
concetti dall'altra 82 • L'utilizzazione di una terminologia tec-
nica comune non è dunque sufficiente di per sé a concludere
che Arcesilao ne stia facendo un uso dialettico, a meno che
non si constati un uso stoico di quei concetti.
Si aggiunga che il termine Ka8ijKov non ricorre nella ter-
minologia tecnica utilizzata da Arcesilao. Sappiamo da Dio-
gene Laerzio che fu Zenone ad introdurre il termine", e so-
prattutto che egli fu il primo ad utilizzarlo avvalendosi del suo
senso etimologico:

«Il Ka8ijKov è stato così denominato (Kmrovoµaa8m 8' olhroç)


per la prima volta da Zenone prendendo questa denomina-
zione, dall'espressione "trovarsi in accordo con qualcuno''

81 Cfr. J.M. LE BLOND, Logique et méthode chez Aristate. Etude sur

la recherche des principes dans la physique aristotelicienne, Paris 1939.


82 L'uso di un linguaggio comune da parte di Zenone e di Arcesilao

potrebbe risalire alla frequentazione di comuni maestri, come aveva già


fatto rilevare J. GLUCKER, Antiochus, cit., p. 33 e nota 78. Anche W.
G6RLER, À!terer Pyrrhonismus, cit., p. 817, giustamente osserva: «es ist
nicht leicht festzustellen, welche Schule im Einzelfall 'gab' und welche
'nahm'».
8 ~ DL vn 25: <pacrì Oè Kaì rcp&tov Ka9flKov ÒJvoµaKÉva1 Kaì "A.òyov

7tEpÌ aÙtoG 7tE7t01T\KÉVUl.


116 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

(anò TOÙ KUTci nvaç ijKeiv). Esso è un'attività appropriata alle


disposizioni naturali» 84 •

L'insistenza sul verbo KaTrovoµcicr6at pone l'accento sul fatto


che la novità introdotta da Zenone consiste nell'aver collegato
il termine Ka6ijKOV a quella etimologia, ma non nell'aver in-
ventato una nuova definizione 85 . Del resto la definizione di
Ka6ijKOV è formale perché pone l'accento sulla giustificazione
sostenuta da buoni motivi, sUÀoyoç &:n:oÀoyia, ovvero su una
difesa che consegue a un'azione conclusa, che è già stata com-
piuta, ma che è strettamente legat~ ai principi da cui lazione
discende. La difesa poggia dunque su principi che non sono
enunciati nella definizione.
Sia per la definizione di Ka6ijKOV di Zenone quanto per
quella di Km6p6roµa di Arcesilao, vale dunque la condizione
espressa nella definizione, ovvero la capacità di giustificare
razionalmente l'azione dopo che è stata compiuta. La diffe-
renza tra le due azioni sta nella diversa modalità di giustifi-
cazione. Anche Zenone distingue l'azione dell'uomo comune
da quella del saggio in base alla diversa capacità di giustifica-
zione. Mentre l'uomo comune non è in grado di spiegare il
perché dell'azione, ma solo il che cosa, e quindi segue un com-

84
DL vrr 108: KO:trovoµQcr0at 8' ofrrroç U7tò 7tpÙ:rrou Zftvrovoç tò
Ka0fjKov, à.7tò -roG KCt'tci ttvaç fiKetv tfiç 7tpocrovoµacr{aç eÌ/..flµµévflç.
'Evépyriµa O' aÒtò elvai taiç Katò. cpUcrtv Ka-cacrKeuaiç oiKeiov.
" C1c. de fin. IV 56 (SVF1 232): Postea tuus ille Poenulus [... ]homo
igitur acutus, causam non obtinens repugnante natura verba versari coepit;
tusc. disp. v 34: si Zeno Citieus, advena quidam et ignobi!is verborum opifex.
L'accusa di attribuire le innovazioni concettuali di Zenone a puri giochi
verbali è lanciata anche da Timone di Fliunte, e·quindi certamente da una
tradizione diversa da quella da cui dipende Cicerone: cfr. TIM'.ON fr. 38
Di Marco e M. D1 MARCO (a cura di), Timone di F!iunte. Silfi, Roma 1989,
p. 198. È possibile quindi che Zenone abbia coniato il termine Kct0f\Kov
per adattarlo ad una definizione preesistente; su questo problema cfr.
A.M. IoPPOLO, Il concetto di Ka0~Kov nel dibattito tra Zenone e Arcesilao,
in corso di stampa. Ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi che il termine.Ka0fi.-
Kov facesse parte, all'epoca, di una terminologia corrente.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 117

portamento che gli è stato prescritto dal!' esterno - cosicché la


sua azione può soltanto mirare all'esecuzione e al consegui-
mento di quanto gli è stato prescritto, soltanto il saggio ha la
capa~ità di ricondurre lazione alle sue cause, ovvero ai prin-
cipi, in quanto la sua ragione si adegua perfettamente alla
ragione universale 86 . Com'è noto, nei frammenti degli Stoici
successivi a Zenone, l'azione retta, compiuta esclusivamente
dal saggio perché proviene dalla scienza, è denominata con il
termine tecnico xm6p0roµa 87 . È significativo tuttavia che ne-
gli esempi di xawp0roµma forniti dagli Stoici non siano mai
enunciate regole di condotta, cioè non sia mai determinato il
contenuto dell'azione, ma sia indicata semplicemente per ogni
azione la sua modalità, vale a dire l'aspetto morale". Ciò
spiega come ogni Ka<6p0roµa sia un xa0fjxov, ma non ogni
xa0fjxov un xcn6p0roµa 89 •

86 Su questo problema, cfr. A.M. IoPPOLO, Decreta e praecepta in


Seneca, in A. BRANCACCI (a cura di), La filosofia in età imperiale 1 cit., pp.
15-36.
87 Cfr. STOB. II 93, 14 (SVF m 500).
88
Cfr. SVF m 494, 498, 501.
89 Ho discusso più diffusamente questo problema in Opinione e

scienza, cit., a cui rinvio per l'analisi dei passi. Mi limito qui a riassumere
alcune conclusioni. Diversi argomenti depongono a favore del fatto che
Zenone non avesse utilizzato il termine tecnico KO:t6p8roµa. per indicare
l'azione retta: nessuno stoico prima di Crisippo scrive opere sul KU-
't6p8ooµa, ma tutti ne scrivono sul Ka8ftKov; nella Oiaipecriç dell'etica
stoica in DL vrr 84 c'è una sezione sul Ka.8i;KOV ma nessuna sul Ka.-
't6p8roµa. e, da ultimo, se Zenone avesse denominato l'azione retta Ka.-
i:6p9roµa. sarebbe alquanto strano che le fonti biografiche e dossografiche
non ne facessero alcun cenno, ma che legassero al termine tecnico Ka.9fi-
KOV la sua teoria dell'azione morale. L'unica eccezione, che attribuisce a
Zenone la distinzione tra recte factum e officium è Crc. ·acad. I 37. Tutta-
via il contesto del passo non fa riferimento a un uso tecnico della termi-
nologia, ma anzi quando si tratta di stabilire il termine tecnico, Cicerone
traduce KO:'t6p9cOµa. con perfectum officium, cfr. de off. I 8. Se il K0:8ftKov
includa l'azione retta è problema controverso e ampiamente dibattuto
dalla critica; cfr. P.L. DoNINI, Stoic Ethics, in K. ALGRA et' alii, The
Cambridge History o/ He/lenistic Philosophy, cit., p. 729, che prende po-
118 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Ebbene, anche i termini Kat6p0roµa, Kat6p0(J)(nç, Katop-


0o6v non compaiono per la prima volta nella Stoa, ma sono
· ·frequentemente usati da Aristotele ad indicare il successo di
un'azione. Di qui non sorprende che Arcesilao possa aver
definito l'azione di colui che sospende il giudizio un Ka-
t6p8roµa, tenendo conto del significato originario del termine
di azione buona, ma inscindibile dal successo e dal risultato.
La differenza tra la posizione di Zenone e quella di Arcesilao
sta dunque nei presupposti teorici da cui discende lazione e
quindi nel fatto che l'azione che deve essere giustificata è, nel
caso dell'accademico, l'azione compiuta da chi sospende il
giudizio e quindi da chi non possiede alcuna conoscenza, nel
caso del saggio stoico è l'azione di colui che possiede la
scienza. Nella definizione di Ka8fiKov = Km6p8roµa, il parti-
cipio passato, npax0év, sottolinea per l'appunto che l'eulogon
subentra dopo che l'azione è stata compiuta e non prima 90 •
Pertanto l'EuÀoyoç à.noÀ.oyia connessa al Kat6p8roµa non si
identifica con il giudizio "è ragionevole che p" prima che

sizione a favore della tesi che lazione virtuosa occupa il livello più alto
nella scala delle azioni appropriate ed è distinta soltanto per l'aggiunta a
Ka0fjKov dell'aggettivo -cÉÀBl.OV. Significativo del fatto che all'interno
della Stoa non si era consolidata ancora una terminologia specifica per
distinguere l'azione retta compiuta dal saggio dall'azione appropriata
compiuta dall'uomo comune, è anche l'uso di Cleante del termine non
tecnico è:n:1~6.À.1ov per indicare l'azione retta, cfr. PLUT. de Stoic. rep.
1034 n (SVF1 563). Cfr. anche la critica che Cleante muove ad Arcesilao
di distruggere a parole il Ket0ii.KOV, ma di dimostrarne con i fatti la validità
in DL vn 171 (SVF I 605): 2in6v1:oç Oé -cl.voç 'ApKacriA.aov µTi notaiv -cà
Oéov-ca "naGcra1, E<pTJ, Kai µii 'lfÉya. ei yàp Kai A.6ycp rò Ka0ii.Kov àvcnpai,
-coiç yoGv E.pyotç aÙ'cò -ct0ai". Kaì 6 'ApKacri1aoç "où KOÀaKel>oµal.",
<pT]cri. npòç Ov 6 K1a6.v0T]ç "vai, É<pT], crè KOÀetKal>ro, <pétµevoç 5.11a µàv
1éyetv, E-capa òà no1eiv".
90 H. MACONI, Nova Non Philosophandi Philosophia, cit., p. 252,
osserva che il participio passato n:pax;0év può ii.vere anche un valore
condizionale: «a success is something, which, if it is done, has a reasona-
ble defence». Tuttavia il fatto che l'azione sia condizionale non evit·a che
la giustificazione razionale sia successiva all'azione.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 119

l'azione sia compiuta, perché ciò significherebbe formulare


un'opinione. In quanto l'eulogon è un giudizio che ha più
tendenze a essere vero, ma che non comporta il riconosci-
mento della verità, Arcesilao ne fa la regola di comportamento
per colui che sospende su tutto: l' eulogon non dà infatti alcuna
informazione sul mondo esterno 91 • Arcesilao con ciò dimostra
agli Stoici che, se la loro definizione di Ka9fjKOV sottolinea la
capacità di giustificare razionalmente l'azione dopo che è stata
compiuta - tanto che la differenza tra l'azione compiuta dal-
l'uomo comune e quella compiuta dal saggio sta solo nella
diversa capacità di giustificazione -, ne deriva che quella de-
finizione vale anche per !'azione del!' accademico la quale può
essere giustificata a posteriori da buoni motivi, certamente
migliori di quelli dello stoico. Infatti mentre la giustificazione
del!' azione del saggio stoico si fonda sulla presunta scienza, di
cui questi sarebbe in possesso, la giustificazione del saggio
accademico si fonda semplicemente sulla constatazione del
risultato del!' azione, ovvero del successo raggiunto e quindi
è un Km6p9roµa. Del resto la gnoseologia stoica fornisce come
conferma del!' attendibilità della rappresentazione catalettica
il risultato del!' azione, autorizzando implicitamente a fare
del!' eulogon il fondamento del!' azione appropriata. Zenone
riteneva infatti che la rappresentazione catalettica si facesse
riconoscere a causa di una nota caratteristica, che manifestava
con chiarezza ed evidenza gli oggetti che l'avevano causata.
Ciò comp~rta che non sia necessario un criterio per stabilire la
verità della rappresentazione catalettica, perché essa provoca
nell'egemonico una vera e propria modificazione fisican Noi

91 Cfr. DLVII 76. È interessante notare come Cicerone utilizzi il

termine eulogon in questo significato nelle Lettere ad Attico (cfr. XIII 5, 6,


7), scritte nel giugno-luglio del 45 a.C., proprio quando egli lavorava alla
stesura degli Academica (cfr. anche XIV 22, dell'anno successivo).
92 Cfr. C1c. acad. I 41 e M. PREDE, Stoics and Skeptics oti Clear and

Distinct Impressions, in M. BVRNYEAT (ed.), The Skeptical Tradition, cit.,


pp. 65-93, in part. pp. 83-5. Carneade in M vn 403-5, dimostra contra
120 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

quindi ci accorgiamo che una rappresentazione è catalettica


perché subiamo una modificazione nell'·egemonico e, in se-
guito a questa modificazione, facciamo seguire alla rappresen-
tazione l'azione corrispondente. Ma se è il risultato del-
!' azione che ha raggiunto il suo obiettivo che conferma la ve-
rità della rappresentazione, per vanificare il ruolo dell'assenso
basta dimostrare agli Stoici che le stesse azioni conseguono
tanto alle rappresentazioni catalettiche quanto a quelle che
non lo sono. Soltanto a posteriori è infatti possibile giustifi-
care l'azione in quanto ha raggiunto il suo obiettivo", dal
momento che, relativamente all'assenso, non vi è differenza
tra le rappresentazioni dei sani e quelle dei pazzi.
Se Arcesilao inoltre avesse voluto giocare sull'ironia dello
scambio tra Kn9fjKov e Kn,6p8roµn, le sue argomentazioni
avrebbero dovuto almeno alludere alla differenza che gli Stoi-
ci ponevano tra le due azioni e richiamare in qualche modo la
posiziqne zenoniana, conformemente a come egli ha proce-
duto per confutare il criterio di verità. Ma a differenza della
prima parte in cui dal 155 al 157 ricorre per ben due volte il
riferimento al nome "Stoici" a sottolineare il carattere ad

Stoicos che azioni perfettamente corrispondenti conseguono tanto alle


rappresentazioni catalettiche quanto a quelle non catalettiche e che
quindi è impossibile distinguere la rappresentazione catalettica da quella
che non lo è in base alle caratteristiche di intensità ed efficacia.
93
H. MACONI, Nova Non Philosophandi Philosophia, cit., p. 252,
suggerisce che l'azione dell'accademico potrebbe essere "a failure": «the
point will be then - to put it paradoxally - that even a .failure may be a
success». Ma il punto che Arcesilao ha interesse a stabilire è che, proprio
perché l'azione ha conseguito l'obiettivo, era eulogon che fosse compiuta
e, per questo motivo, essa è un Kcrt6p9roµa. Dalla prospettiva di uno
scettico come Arcesilao, che deve rispondere ali' accusa di apraxia, il
successo dell'azione non può che consistere nel raggiungimento esteriore
e pratico dell'obiettivo: la risposta di Arcesilao all'accusa di apraxia, in
PLUT. adv. Col. 26, 1122 E-F - che afferma che colui che sospende il
giudizio se vuole andare al inercato, esce dalla porta e non va verso il
muro -, è volta a sottolineare il risultato dell'azione e nori l'intenzione, a
differenza di quanto fanno gli Stoici.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 121

hominem delle argomentazioni, nella sezione sul criterio d' a~


zione il nome "Stoici" non ricorre mai. Né Arcesilao vi fa
alcun cenno nelle tre argomentazioni su cui fonda I' eulogon
come. il criterio in base al quale colui che sospende regolerà
(Kavovrnì) le azioni. La prima proposizione "la felicità si con-
segue attraverso la saggezza" si riconnette al fatto che la vita
non può essere naturalmente guidata senza un criterio da cui
discende la felicità e indica il mezzo per conseguirla nella
<pp6vT]crtç. Ebbene questa tesi non è sicuramente stoica, per-
ché per gli Stoici la <pp6vT]crtç non è un mezzo, ma un fine. La
seconda proposizione (jla saggezza consiste nelle azioni rette"
non permette di stabilire che cos'è la <pp6vT]crtç, se non si
apprende che cos'è un Kat6p8roµa. Tuttavia anch'essa diffi-
cilmente può essere considerata stoica, poiché, ponendo la
<pp6vT]crtç nelle azioni rette, fa coincidere l'eccellenza morale
col risultato dell'azione e non con l'intenzione. Entrambe le
premesse dunque si basano su una diversa concezione della
<pp6vT]crtç, che non è ricavata dalla confutazione della <pp6vT]-
crtç stoica. Mentre per Zenone la <pp6vT]crtç è «la scienza di ciò
che si deve fare o non si deve fare» 94 e perciò è la scienza che
nelle diverse situazioni permette di compiere l'azione che il
logos prescrive, per Arcesilao la <ppOVT]crtç non è scienza, bensì
è la capacità di vivere in modo intelligente, perché consiste nel
compiere azioni che raggiungono il successo, e che, in quanto
tali, possiedono una giustificazione eulogon. La terza proposi-
zione che definisce il Km6p8roµa come Zenone definisce il
Ka8fjKOV, è formale perché pone l'accento su una giustifica-
zione a posteriori che è strettamente legata ai principi da cui
l'azione discende. Tuttavia i principi non sono enunciati né
nella definizione zenoniana di Ka8fjKov né in quella arcesilea
di Kat6p8roµa.
Se quest'analisi è plausibile e dunque l'eulogon non ha un
significato puramente dialettico, bisogna prendere in conside-

94
Cfr. SToB. rr 59, 4 (SVF m 262).
122 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

razione o l'ipotesi che la pressione degli avversari costringesse


Arcesilao a fornire un criterio d'azione, oppure l'ipotesi che
egli stesso avvertisse la necessità di indicarlo. Dal resoconto di
Sesto sembrerebbe che fosse lo stesso Arcesilao a sentirne
l'esigenza dal momento che l'indagine sul criterio d'azione
nasce dalla necessità di giustificare naturalmente la condotta
della vita per raggiungere la felicità 95 • Lo scopo di Arcesilao
sembra dunque essere quello di mostrare che lo scetticismo
non solo è vivibile ma permette il raggiungimento della feli-
cità"- Ebbene, la definizione stoica di Ka8fjKOV, estendendosi
alle piante e agli animali, sottolinea l'importanza che la na-
tura, intesa in senso biologico e fisico, riveste nel compimento
dell'atto 97 . Il comportamento delle piante e degli animali, che
si devono conformare per esistere alle esigenze poste dalla

'n Cfr. MVII 158: f:Set KO.Ì. nepì. -cfiç 106 Plou Otel;ayroyfiç S11-celv,
fl-ctç où xcopìç Kpltllpiou rtéqnYKEV àno8t8écr0at. H. FLUCKIGER, Sextus
Empiricus. Gegen die Dogmatiker, cit., traduce: «Doch weil er danach
auch die Lebensftihrung untersuchen muBte, die von Natur aus nicht
ohne ein Kriterium bestimmt werden kann». R. BETT, Sextus. Against
the Logicians, cit.: «But since after this it was necessary also to investigate
the conduct of life, which is not of nature to be accounted far without a
criterion».
96
Che la felicità rappresenti il fine della vita nel senso più ampio
del termine non specifica quale sia il suo contenuto che dunque è oggetto
di disputa, come era già stato chiarito da AR1sToT. eth. nic. A 4. 1095 a
18-22. Arcesilao sembra concepire la felicità come una vita esente da
opinioni; cfr. anche Enesidemo apud PHoT. bibl. 169b 26-9: ò ÒÈ Ka-cà
Il0ppcova <ptÀOO'O<p&v -ca te &A.A.a eù8a1µovei:, Kai cro<péç È:O"tl 106 µCiA.tcJ1a
eìOévat 01t oÙOÈv aÙt(ì'l pepaicoç Ka-ceiA.11n-ca1. Come sottolinea R. BETI,
Sextus Empiricus. ·Against the Ethicists, cit., p. 145, Sesto in PH, diversa-
mente da M XI, che dipenderebbe in parte da Enesidemo, dice che lo
scettico persegue l'ataraxi·a, ma non la identifica con la felicità: «The
reason is presumably that eudaimonia is a contentious philosophical no-
tion, not always connected with ataraxia and Sextus can do well without
it».
97
· DLVII 107: Ka0f\Kòv <pa.cr1v eìvat O npax0Èv e0À.oy6v -ce i'.crxe1
àn:oA.oy1crµ6v, oiov tò àxéA.ou0ov èv -c-ij çcofj. Onep Kai ènì -cà cpu-cà Kai S<Pa
Stateivei.· òpà.cr9at yàp KÒ.ni >toUtrov Ka01)Kov-ca.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESTLAO IN MVII 123

natura, permette ad Arcesilao di spiegare nello stesso modo


anche l'azione umana: se il rn8fjKov è un atto che «possiede
una giustificazione razionale, perché è conforme alla natura
nella Vita», esso non comporta l'assenso. Che la natura rivesta
un ruolo importante nella filosofia di Arcesilao è attestato
anche dalla risposta al!' accusa di apraxia riportata da Plutarco
nell'Adversus Colotem, dove Arcesilao obietta che per agire
non è necessario l'assenso, così come pretendono gli Stoici,
ma sono sufficienti la rappresentazione e l'impulso che con-
duce naturalmente all'azione, perché l'accademico non ha né
la facoltà rappresentativa né quella impulsiva sconvolte"-

98 PLUT. adv. Col. 26, 1122 c: oÙOÈ 10Uco oòv àva1pollcr1v oi nepì
7tclvccov È.7tÉx;ov1eç, à')..}•• à x;p&vca11ij òpµij <pocrtx&ç àyo0cr1J npòç 1ò <pat-
v6µevov ohceìov. 1i oòv cpeUyoucrt µOvov; <fl µòvq:i \jleUOoç ȵcpUeca1 Kai
ànci1ri, 1ò Ool;éLSetv Kaì nponin1e1v cfiv cruyKacéLSecri..v, eì1;1v oùcrav Ò1tÒ
àcr8eveiaç c<{l cpatvoµÉvq>, x.pi]crtµov Oè oòOèv Ex.oucra.v. Cfr. 1121 F-1124 B
per l'intera argomentazione. L'ipotesi che Plutarco utilizzi un arsenale
argomentativo più tardo che appartiene agli sviluppi successivi dello
scetticismo accademico e in parte allo stesso Plutarco è stata sostenuta,
tra gli altri, da P.A. VANDER WAERDT, Colotes and Epicurean Refutation o/
Skepticism, «Greek Roman and Byzantine Studies», xxx (1989) pp. 225-
67; C. LÉVY, Le concept de doxa des Stoi'ciens à Philon d'Alexandrie, cit.; ].
0PSOMER, In Search of the Truth. Academic Tendencies in Middle Plato-
nism, Brussel 1998, p. 84 sgg. Ho difeso più volte l'attendibilità dell'Ad-
versus Colotem per la ricostruzione della filosofia di Arcesilao in altri
studi a cui rinvio: cfr. Opinione e scienza, cit., pp. 121-56; Su alcune
recenti interpretazioni dello scetticismo del!' Accademia. Plutarch. 'Adv
Col.' 26, 1121 F-1122 F: una testimonianza su Arcesilao, «Elenchos», XXI
(2000) pp. 333-60; La posizione di Plutarco nei confronti dello scetticismo,
in I. GALLO (a cura di}, La biblioteca di Plutarco, Napoli 2004, pp. 289-
310. Ali' obiezione di quanti ritengono che la risposta all'accusa di apraxia
contenuta nell' Adversus Colotem non si possa riferire ad Arcesilao, perché
non gli è esplicitamente attribuita, è bene rammentare che la prassi,
normale presso gli antichi, era di rivolgersi ai contemporanei senza no-
minarli, come Plutarco esplicitamente rimprovera a Colate proprio in
adv. Col. 24, 1120 e: yev6µevoç O' oUv ò Kro1001riç à:rrò 1:ffiv rcaÀ.a1&v
1:pérce1:a.1 npòç coùç Ka.0' Sau1òv cp1À.ocr6<pouç, oòOevòç 118eìç Ovoµa· [... ]
~o01e1a1 Oè rcpo1:épouç µÉv, cOç Urcovo&, coùç Kuprivai'.Koùç ÈÀ.Éyx.e1v, Oeu-
-rÉpouç OÈ -roùç rcepi 'ApKecri1aov 'AKa011µalK0Us. OU101 yàp Ì)crav oi rcepì
124 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Inoltre sia che Arcesilao lo avesse proposto perché ne


sentiva l'esigenza sia perché vi fosse sta~o costretto, il criterio
d'azione doveva svolgere la funzione di rispondere alla duplice
obiezione contenuta nell'accusa di apraxia secondo cui l'ènoxfi
7tEpÌ n<ivi:cov non solo comporta l'inattività, ma anche il ri-
schio di commettere azioni assurde e irrazionali rivoltagli da-
gli Stoici e dagli Epicurei". A questo punto non si può esclu-
dere l'ipotesi che Arcesilao abbia accolto la definizione di
KoBiiKov di Zenone, limitandosi a cambiarne il nome in K0-
'6p9roµo proprio per fronteggiare l'obiezione, che proviene
dagli Stoici (e sarà ripresa dagli Epicurei), secondo cui chi
sospende il giudizio non può agire razionalmente, e che Sesto
abbia omesso una parte della risposta. E I' eulogon, almeno da
quanto emerge dalla testimonianza di Sesto, non sembra es-
sere un criterio capace di regolare la condotta, perché, suben-
trando dopo che l'azione è stata compiuta, non può essere un
criterio per guidarla, e quindi è del tutto inadeguato a rispon-
dere all'accusa di inattività rivolta a colui che sospende su
tutto 100 , ma si presenta piuttosto come un tentativo di spie-

nO.v-rrov è:néxov-reç. J,.'espressione oi nepi n6.v't"OOV è:néxov-reç lascia pochi


dubbi che il filosofo preso di tnira da Colate sia Arcesilao, dal momento
che è l'unico accademico ad aver professato un' epoche generalizzata senza
restrizioni. A favore dell'attribuzione ad Arcesilao dell'intero argomento
è anche]. HANKINSON, The Sceptics, London-New York 1995, p. 88, il
quale osserva: «The Stoics would hardly invoke the apraxia-argument
unless they thought they were attacking a positive Arcesilaan position».
Per l'accusa di incoerenza fra la teoria e la prassi che i filosofi dogmatici
contemporanei rivolgevano ad Arcesilao, cfr. anche il rimprovero di
Cleante di "dire una cosa e di farne un'altra", che coinvolge proprio il
Kn0fjKov, in DLVII 171 (SVF r 605), già citato supra, nota 89.
99
Cfr. J. WARREN, Socrd,tic Scepticism in Plutarch's 'Adversus Colo-
tem', «Elenchos», XXIII (2002) pp. 347-9.
100
Significativo a questo riguardo è l'aneddoto dello stoico Sfera
alla corte del re Tolemeo Filopatore, che scambia le melagrane di cera per
quelle vere in DLVII 177, dove I' eulogon ricorre in un significato diverso
rispetto all'uso fattone qui in M vn 158 da Arcesilao. Sfera risporide che
egli non ha dato l'assenso al falso, perché non ha assentite alla rappre-
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN M VII 125

gare la razionalità dell'azione senza assenso. Non si può non


constatare che soltanto se si integra la descrizione cieli' azione
di colui che sospende, riportata da Plutarco nell'Adversus Co-
lotem, con il resoconto di Sesto sull'eulogon è possibile rispon-
dere a entrambe le obiezioni contenute nell'accusa di apraxia e
soprattutto si può cogliere la connessione che Arcesilao po-
neva tra il criterio di condotta e la natura affermata in en-
trambi i resoconti 101 . O Arcesilao si è espresso in maniera
confusa, oppure è Sesto che ha omesso qualche dettaglio ab-
breviandone il resoconto.
Ciò che potrebbe. deporre a favore di questa seconda ipo-

sentazione che era vero che fossero melagrane, ma alla rappresentazione


che era ragionevole che lo fossero, utilizzando 1' eulogon come criterio che
precede l'azione e non nel senso voluto da Arcesilao, ovvero come una
giustificazione che consegue. La risposta di Sfero è ironica perché è volta
a dimostrare che se I'eulogon segue l'azione e non la precede, non adem-
pie alla funzione di essere criterio. Se assunto come criterio d'azione,
infatti, l' eulogon non offre alcuna garanzia che l'azione compiuta rag-
giunga il successo, a differenza del criterio stoico che si fonda sul ricono-
scimento della verità della rappresentazione catalettica. Il sospetto che
Sfero stia quindi utilizzando l' eulogon a scopo dialettico contro Arcesilao
è legittimo, considerata anche la cronologia di Sfero, il quale era certa-
mente coinvolto nel vivace dibattito con gli Accademici sull'argomento
dell'à7tpal;ia! Se avulso dal contesto della polemica stoico-accademi_ca,
non si comprende il significato dell'aneddoto, come accade a H. L0KKE,
Mistakes in Early Stoicism, «Ancient Philosophy)>, XXVII (2007) pp. 351-68
(in part. p. 367), il quale osserva: «I do not think we can get from the
anecdote a Stoic answer to the question of what is rational to do when
one cannot attain cognition, but should not withhold the assent, either.
If the early Stoics discussed this question, their views and arguments on
the subject bave to my knowledge not yet been found)).
101 Non è un caso che, se si esclude MVII 158, dell'eulogon non sia

fatta menzione alcuna né in PH I né in altre fonti di provenienza o


accademica o pirroniana, ma ancora più significativo è il fatto che non
ci sia alcuna traccia che esso sia stato adottato come criterio dagli Acca-
demici successivi. M. ScHOFIELD, Academic Epistemology, in K. A.LGRA et
a/ii, The Cambridge History, cit., p. 333, si chiede, a ragione, perché
Arcesilao «should bave opted for just the Stoic sounding rationale)>, e
perché nessun altro accademico successivo abbia poi adottato l'eulogon.
126 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

tesi, è proprio il totale silenzio di Sesto riguardo all'accusa di


apraxia rivo! ta alla filosofia di Arcesilao dagli E picutei e dagli
Stoici. È piuttosto singolare che Sesto la ignori, non solo
perché !' eulogon acquista un significato molto più chiaro se
è integrato con essa 102 , ma soprattutto perché quell'accusa
rappresenta un nodo problematico con il quale sappiamo con
certezza che Arcesilao si era dovuto misurare, perché investe
la credibilità dello stesso scetticismo, come testimonia l'accusa
del contemporaneo Colote 103 • È possibile vivere una vita
senza opinioni o credenze? E in che senso si può agire e quindi
proporre un criterio d'azione che non sia irrazionale o incom-
patibile con lo scetticismo? Lo stesso Sesto tanto in PH I,
quanto in M XI, propone, per descrivere l'azione del pirro-
niano una spiegazione dell'azione senza assenso, che sottoli-
nea il ruolo decisivo della natuta, molto simile a quella attri-
buita ad Arcesilao da Plutarco nel!' Advenus Colotem 104 . La

102
R. BETT, Carneades' Pithanon, cit., p. 63 nota 10, osserva che
«the discussion of the eulogon becomes extremely bare and unsupported»
e che «Arcesilaus' account of human action falls into two mysteriously
unrelated segments».
103
Cfr. PLuT. adv. Col. 1122 A, il quale testimonia l'importanza
che l'accusa di apraxia rivestiva nel dibattito tra Arcesilao e «quanti
hanno scritto trattati e discorsi per confutare la sospensione del giudizio»
(tra cui proprio il contemporaneo Colore), i quali, «movendo dalla Stoa,
sollevarono contro quelle teorie l'accusa di bloccare ogni attività pratica
come la testa della Gorgone».
104
Se si confronta la risposta di Arcesilao all'accusa di à.npal;la,
riportata da PLuT. adv. Col. 26 con PH I 23-4, si vede come tra i due
resoconti dell'azione ci sia una notevole affinità: cfr. in particolare, PH I
23: ènsi µi] Ouvétµs0a à.vsvÉpys'tOt n:av'tétnacrtv si vai. Cfr. anche MXI 162-
7. L'affinità tra il resoconto dell'azione di Arcesilao e il criterio d'azione
del pirroniano in M XI 162-8 è stata sottolineata anche da E. SPINELU,
Sesto Empirico. Contro gli Etici, Napoli 1995, pp. 325-35, che, a proposito
di M XI 160-1, osserva che Arcesilao potrebbe essere la fonte "tacita"
della conclusione esposta da Sesto in questi paragrafi sia per l'uso dell'e-
spressione ò nspì nétvtrov ÈnÉx.rov, sia per il ricorso al noto verso o~erico
citato da Socrate nell'Apologia.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 127

risposta pirroniana al problema se sia possibile un criterio di


condotta, che prescinda da un criterio di verità in base al
quale. operare le scelte e i rifiuti, si muove infatti nella stessa
direzione, ma Sesto è ambiguo e reticente sulla risposta di
Arcesilao. Anche il linguaggio che Sesto utilizza nei due reso-
conti del criterio di condotta sta a indicare l'affinità dell'ap-
proccio tra le due filosofie: Arcesilao avendo sospeso il giudi-
zio, soci Kaì ncpì 'iiS w\i ~ioo 01c~ayroyfis ç'l'oiv: il verbo
soci, ricorre in M VII 30, dove Sesto esprime, negli stessi
termini, la necessità che lo scettiéo possieda un criterio d' a-
zione per non rimanere inattivo 105 . Inoltre insospettisce anche
il silenzio di Sesto sul criterio cl' azione di Arcesilao in PH I
nella trattazione delle napaKoiµevat <ptÀOCJO<piat, in quanto
egli discute e confuta il criterio d'azione di Carneade e di
Clitomaco in PH I 231, distinguendolo dal criterio d'azione
dei Pirroniani, ma non fa alcun cenno alla proposta di un
criterio cl' azione da parte di Arcesilao. Il sospetto che egli
voglia occultare il ruolo rivestito dalla natura nella filosofia
di Arcesilao 106 , perché lo scetticismo pirroniano ne è forte-

105 MVII 30: KO:t' à.vétyKT]V yà.p éòet tòv à.rtoprittKcòç <ptÀocro<poOv-ca,

µit i::Ì.ç tò rcav-ceÀèç àvevÉ:pyTjtOV Ovt"a KUÌ Èv -caiç Katà. tòv ~iov rcpét~Ecrtv
èircpaK-cov, ÉX.Etv tt Kpttfiptov aiplcre.ooç éiµa Kai <puyf)ç. Sotto un aspetto
diverso, sia pure critico, l'importanza della natura nella filosofia di Ar-
cesilao ricompare anche in PH I 233, quando Sesto avanza l'ipotesi che
per Arcesilao l'epoche sia un bene OOç rcpòç titv <p6crtv. Cfr. DLIV 36:
cpucrtK&ç 8€ rcroç Èv téf> ÒtUÀÉ:yecrSat ÈXPft'to tép <1>11µ' ÈyOO, Kai, oU cruyKa-
ta8ficreta1 to6to1ç ò òei:va, eirccòv t"o6voµa.
106 L'importanza del ruolo della natura nel determinare l'azione

dell'accademico è sottolineata anche da Clitomaco in C1c. Luc. 104. A


conferma della continuità di questo tema all'interno dell'Accademia, cfr.
anche Luc. 99, in cui si dice che sarebbe contrario a natura che nulla fosse
probabile. Il parallelismo con l' Adversus Co!otem di Plutarco e la risposta
di Crisippo in PLUT. deStoic. rep. 47, 1057 A, dimostrano che Clitomaco
lo ha ripreso da Arcesilao. Inoltre mentre il resoconto di Cicerone, che
dipende da Clitomaco, si fonda sul concetto di rappresentazione proba-
bile, quello di Plutarco, che dipende da Arcesilao, non contiene il benché
minimo accenno al probabile. Non è pertanto giustificata l'ipotesi di M.
128 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

mente indebitato, non può essere escluso 107 . Del resto il verbo
s'lteìv con cui Sesto presenta il criterio d'azione sottolinea,
anche linguisticamente, che Arcesilao sta proponendo un cri-
terio di. condotta, l'eulogon, come una risposta aperta e non
definitiva, compatibile con l'i:itoxiì itepi it6.vtOJV. Si aggiunga
che anche lo schema espositivo con cui Sesto lo presenta de-
pone a favore del fatto che l' eulogon non sia una risposta
puramente dialettica e ad hominem, come emerge dal con-
fronto con il resoconto del criterio d'azione di Carneade. Se
si confrontano i due resoconti, infatti, si può notare un paral-
lelismo: come nel resoconto di Carneade dal 159 al 166, al-
l'uso dialettico delle argomentazioni contro il criterio, sotto-
lineato dai verbi Ùvt101at6.necr6m e àvnitape1;6.yetv, Sesto
poi contrappone al 166 le argomentazioni positive di Car-
neade introducendole mediante l'uso del verbo owt6.necr6at,
così l'àvnitapel;6.ye1v dialettico di Arcesilao al 150 si riferisce
alla critica al criterio stoico fino al 157, ma non include il
108
<pl]OÌV ò 'ApKecrifi.aoç del 158 .
A questo punto se si esamina l'intera sezione sul criterio di
M VII, la collocazione di Arcesilao appare incongrua. Fin dal-
l'inizio diM VII 109 Sesto divide i dogmatici tra coloro che hanno

ScHOFIELD, Academic Epistemology, cit., p. 337 nota 39, il quale scrive:


«When Plutarch gives his account of the Academic rejoinder to the
charge of apraxia, he may well be reproducing a more detailed version
of this response by Clitomachus to the problem».
107
Con ciò non si intende affermare che i Pirroniani fondassero il
criterio d'azione esclusivamente sulla ò<piryricrtç cpUcreroç, ma che essa
costituisce una parte molto importante della regola quadripartita della
pirottK1Ì ttlpricrtç pirroniana; cfr. PH r 21-4. Sull'importanza della natura
nella filosofia di Arcesilao concorda J. ANNAS, The Heirs o/ Socrates, cit.,
p. 112, la quale osserva: «Perhaps the Pyrrhonists of the Aenesideman
revival worked out their answer in response to the inadequacies and
dogmatic reliance on nature of the sceptical Academics».
· 1°8 Cfr. MVII 159-66 e W. HEINTZ, Studien zu Sextus Empiriclf's. cit.,
pp. 98-9.
109
Cfr. VII 46.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU ARCESILAO IN MVII 129

abolito il criterio e coloro che lo hanno posto, includendo fra


questi ultimi anche Arcesilao. Ma poi nei fatti il resoconto sul
criterio, fin dalla premessa iniziale nella quale si afferma che
Arcesilao non ha stabilito "in senso stretto" alcun criterio 110 ,
non giustifica né l'inclusione di Arcesilao tra coloro che hanno
posto il criterio, sebbene contra Stoicos né tanto meno il fatto
1

che Arcesilao stia argomentando a favore dell'ltvurmpl;ia del


criterio in generale. Ma se è così 1 ne consegue che Arcesilao
non assume in propria persona la tesi contraria a quella zeno-
niana, ovvero l'iiKataA'l\jlta di tutte le cose e quindi non si
configuia come un dogmatico negativo 111 . Tuttavia, il reso-
conto sull' eulogon è piuttosto insoddisfacente. Sesto non pre-
senta l' eulogon come un criterio di verità, dal momento che non
tenta, nemmeno in chiave polemica, di assimilarlo al criterio di
verità, come egli farà per il nt8av6v di Carneade nei paragrafi
successivi. L' eulogon non informa intorno alla natura delle cose,
ma subentra a posteriori dopo che l'azione è stata compiuta e
quindi è compatibile con lo scetticismo, ma come criterio di
condotta esso è del tutto inadeguato.
Se l'analisi fin qui condotta è corretta, sembra che l'in-
tento di Sesto non sia tanto quello di fare di Arcesilao un

110 Si tenga presente che in PH II 18 Sesto illustra la discordanza

riguardo all'esistenza del criterio di verità fra i filosofi divisi in tre diversi
"partiti": per alcuni il criterio esiste, ovvero secondo gli Stoici e "alcuni
altri", per altri non esiste, mentre lo scettico sospende il giudizio: ftµelç O'
ènécrx.oµev néri:i;;pov écrc1v iì oÙK écr-civ, perché non si può dire se esso
esista oppure no. Tuttavia in M vu 47-8 i partiti sono soltanto due e
manca la posizione degli scettici (accogliendo la proposta di Mutschman
di espungere la frase Bv -coU-co1ç ÒÉ tdcr1 Kcd oi à.nò ct;ç crKÉ'VEroç). In questa
prospettiva, poiché la posizione di Arcesilao descritta in M VII 150 non
può essere inquadrata né tra coloro che hanno posto il criterio né tra
coloro che lo hanno negato, essa risulta essere molto vicina a quella
pirroniana.
111 Si noti che Arcesilao oppone in propria persona lo (rrtelv scet-

tico alla necessità dell'àKa.-ca.ÀY]'Via a cui conduce il saggio stoico; è signi-


ficativo, inoltre, che in PH I 3-4, all'à.Ka-caÀY]'Via che contraddistingue gli
accademici Carneade e Clitomaco, si opponga lo Srici;;lv degli scettici.
130 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

dogmatico negativo, quanto piuttosto quello di distinguere la


sua filosofia dallo scetticismo pirroniano. Si apre però un
evidente contrasto tra lo scopo dichiarato in M VII 46, che
colloca Arcesilao all'interno della otaipsmç dei dogmatici sul
criterio, e l'esposizione del resoconto sul criterio di Arcesilao,
che allora non può che riflettere il giudizio della fonte da cui il
resoconto dipende. Anche qui in M VII il giudizio di Sesto, o
della sua fonte, non è dunque diverso da quello espresso in PH
r dove Arcesilao, comunque, occupa un posto privilegiato ri-
spetto a quello degli altri Accademici 112 • Ciò rende poco pro-
babile l'ipotesi che la fonte di Sesto in questi paragrafi possa
essere Antioco.

112
Di diverso parere H. TARRANT, Scepticism or Platonism?, ~it., p.
113, il quale ritiene che Arcesilao è presentato come virtualmente pirro-
niano in PH I 232, mentre in M vrr 150-8 «his scepticism is played down».
CAPITOLO TERZO

IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO


SU CARNEADE IN M VII

La critica al criterio stoico di Carneade

Sesto introduce il resoconto su Carneade, dopo aver espo-


sto la posizione di Arcesilao con queste parole:

«Carneade non si è contrapposto intorno al criterio (àvnotE-


i;étaae<a rrepÌ <ail Kpnl]piou) soltanto agli Stoici, ma a tutti i
suoi predecessori» 1•

A differenza di quanto aveva fatto per Arcesilao', Sesto non


solleva alcun dubbio sulla possibilità che Carneade abbia so-
stenuto l'esistenza d'un criterio in propria persona, ma espone
subito le due argomentazioni con cui questi attaccava gli altri
filosofi riguardo al criterio di verità:

«Il suo primo argomento indirizzato comunemente contro


tutti è quello con cui stabilisce che nulla è àrr:\.iìiç criterio di
verità, né la ragione, né la sensazione, né la rappresentazione,

1
MVII 159:'0 8È Kapvc6:8riç où µévov roiç :E1:rotKoiç O:;i..A.à Kaì Jtéicrt
toiç 7tpÒ aùtoi3 à.vtt8te'tcicrcreto nepi toG icpttT]piou.
' Cfr.° M VII 150.
132 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

né qualcun'altra delle cose che esistono'. Infatti tutti quanti


insieme ci ingannano» 4 •

Poiché l'intera proposizione dipende dal significato che si at-


tribuisce ali' avverbio an;\,iiiç, la critica di Carneade si può co-
gliere pienamente soltanto dopo aver chiarito il significato
dell'avverbio che ammette più traduzioni non equivalenti: 1eas-
4
solutamente", "senza qualificazioni", ' sèmplicemente'', "sen-
z'altro'', ''incondizionatamente''. Le opzioni possibili si ridu-
cono sostanzialmente a due: Carneade negava che esistesse
assolutamente un criterio, il che equivale a dire che egli diceva
semplicemente che non esiste il criterio di verità, oppure egli
negava che esistesse un criterio di verità senza limitazioni, il
che equivale a dire che ci potrebbero essere condizioni in grado
di soddisfare l'esistenza del criterio'. Per decidere dunque
quale delle due opzioni scegliere è necessario esaminare l'argo-
mentazione nel suo complesso.
Il secondo argomento prende in considerazione la possibi-
lità che esista un· criterio, come i dogmatici pretendono, e ne
esamina le condizioni. Si tratta quindi di una concessione
puramente dialettica:

3 L'espressione oÙK &.>...>...o tt t&v Ovroov lascia intendere che l'a.'la0TJ-

crtç, la <pav't'aaia e il >...6yoç non esaurivano per Carneade tutti i possibili


criteri di verità. Cfr. W. G6RLER, Àlterer Pyrrhonismus, cit., p. 856, che
stabilisce.un confronto con Cxc. Luc. 42, dove accanto alla sensazione e
alla ragione è posta la aovfi0t.l.a.
4
MVII 159: KO.i Oiì rtpòrcoç µèv aòr4'> KaÌ Kotvòç rtpòç rt6.vta.ç ècrtì
A.éyoç Ka0' Ov ri:a.picrra.-rat Ott oùOév èartv 0.rtA.&ç ÙÀ.Tj0t.ia.ç Kpttfiptov, oò
À.Òyoç, OÙK a.tcr0ricrtç, où <pa.v-ra.ai.a. oÒK 0.À.À.o tl r&v 5v-rrov· rc6.vta yàp
tafha O'OÀ.À.ij~OTJV OtawsOOt.tO.t ftµéiç.
5 Cfr. G. STRIKER, Kpzt~pzov r~ç d.J.11fJe.laç, cit., pp. 48-110, in part.

p. 84 nota 1 (ora anche in EAD., Essays on Hetlenistic Epistemology and


Ethics, cit., p. 53 nota 43). Secondo M. BURNYEAT, Carneades Was No
Probabilist, cit., le due traduzioni sono equivalenti perché, anch~ accet-
tando la seconda interpretazione, Carneade dimostra che non ci sono
condizioni tali da soddisfare il criterio.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 133

«Il secondo argomento è quello secondo cui dimostra che,


anche ammettendo che ci sia un qualche criterio, esso non
sussiste separatamente dall'affezione prodotta dal!' evidenza
(où xcopìs wii lmò 1fis èvapycias na8ous)».

Dopo aver constatato che l'essere vivente possiede la capacità


percettiva, l'argomento stabilisce che bisogna ricercare il crite-
rio nell'affezione dell'anima prodotta dall'evidenza. Fino a qui
Carneade utilizza argomenti che non sono peculiari soltanto
degli Stoici, ma di tutti i filosofi che pongono alla base della
conoscenza la sensazione'. Il richiamo all'8vapyEta allude infatti
non soltanto alla dottrina stoica nella quale la rappresentazione
catalettica possiede una nota caratteristica che manifesta con
chiarezza ed evidenza gli oggetti esterni che l'hanno prodotta 7,
ma anche alla dottrina epicurea per la quale 1'8vapyEta è un'af-
fezione nel soggetto conoscente che è provocata dall'esistenza
dell'oggetto esterno'. Qui Carneade usa dunque il termine
8vapy8la in un senso ampio ad indicare tutto ciò che si offre ai
sensi 9 . Quando passa tuttavia a definire questa affezione, egli la
identifica con la definizione stoica di rappresentazione:

«Questa affezione deve essere capace di indicare sia se stessa e


sia l'apparenza che l'ha generata: essa dunque non è altro che
la rappresentazione» io.

6
Ibid.
7 Cfr. Crc. acad. 1 41: id autem visum cum ipsum per se cemeretur,
.comprehendibile.
8 Cfr. M vn 203-10 (, EPICUR. fr. 247 Us.).
9 In questa accezione l'ÈvapyÉç non è altro che la realtà esterna

nella misura in cui è oggetto dei nostri sensi e delle nostre rappresenta-
zioni.
10 MVII 161: -coiho Oè tò nci9oç afrro6 -ce èvOenc-c1KÒV Ò<peiÀ.et -curxci-

ve1v Kaì -co6 èµno1Tjcrav-coç u6-cò <pu1voµÉvou, Onep nci9oç ècr-cìv oùx ihe-
pov -ci'jç qiav-co.crio.ç. Cfr. la definizione stoica di <po:v-cucrio. in A.ET. plac.
IV 12 (SVF II 54): nci9oç èv tij wuxij yivòµevov ÈvOe1KvUµevov o.U-cò -ce KUÌ
tÒ nenotT]KÒç. K.H. HiiLSER, Die Fragmente zur Dialektik der Stoiker,
Stuttgart-Bad Cannstatt 1987-88, ad fr. 268 segue i codici e legge: Èv-
134 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

A illustrare questa definizione, Sesto introduce la spiegazione


che ne forniva Antioco. La spiegazione di Antioco riporta
quasi alla lettera la definizione stoica di rappresentazione
come alterazione, ÙÀÀoicocrtç:

«In base a una tale alterazione noi cogliamo due cose, una la
stessa alterazione, ovvero la rappresentazione, e seconda ciò
che ha prodotto l'alterazione, ovvero l'oggetto visto»u

E segue sempre gli Stoici quasi verbatim quando si serve del


noto paragone della rappresentazione con la luce, la quale
mostra se stessa e tutte le cose in essa. Si distacca invece dalla
descrizione stoica quando osserva che, dal momento che la
rappresentazione

«non sempre indica l'oggetto secondo verità, ma spesso in-


ganna e come i cattivi messaggeri è in disaccordo con le cose
che l'hanno inviata, ne consegue necessariamente che non si
può ammettere ogni rappresentazione come criterio di verità,
ma soltanto quella vera, se mai esiste» 12 .

Il paragone della rappresentazione con i cattivi messaggeri,


infatti, non è stoico e anzi altera sostanzialmente il significato
della dottrina stoica della rappresentazione. Mentre per gli

ùetKvUµevov ·èv a.Ò'tQ:l KO.i K'tÀ.. A favore della lettura di von Arnim sono
A.A. LONG-D.N. SEDLEY, The Hellenistic Phi/osophers, cit., II, p. 239,
sulla base· del confronto proprio con il passo di Sesto (MVII 162). A mio
avviso però il paragone della rappresentazione con la luce al par. 163, in
cui la luce mostra se stessa 'e nétv'ta. èv a.Ù'tql, non esclude la lezione dei
codici Svùe1Kvliµevov èv a.U'tql. Cfr. anche MVII 442.
11
MVII 162: KO.'tà µév'tot 'tijv 'tota.U'tT\V ò:>...>...oioocr1v ùueiv àv'ttÀ.aµl3a.-
v6µe0a, i:vòç µi:v aÙTfiç 'tfjç ò:A.Aoi©creooç, 'tOU'tÉcr'tt 'tfjç <pav'tacr{aç, ÙSU'tÉ-
pou Oe 'tOÙ 'tijv CÌÀ.À.oioocnv èµ11:011)cra.v'toç, 'tOU'tÉcr'tt 'toG épa'toG.
12
MVII 163-4: Ò:À.À.' èneì où 'tÒ Ka't' ò:A.1)8e1av àei no'te èvùeiKVU'tat,
noA.À.6.Ktç Oi: 810.\jfeUèìe'tat Kaì 010.cpoovet 'tOÌç àvanéµwacriv aù'tijv np6.yµa.-
crtv cùç o{ µox0T\POÌ 't&v àyyé>...rov, Ka't' à.vtiyKT\V ~KoÀ.o68ricre 'tÒ µTj néi-
cra.v cpav'ta.criav 0Uva.cr0at Kp1Tftp1ov à.noÀeineiv Ò:À.T\0eiaç, àA.Aà µ6vriv,
ei Ka.Ì Cipa, 'tijv Ò:ÀTJ8fi.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 135

Stoici la rappresentazione, essendo un calco, un'impronta del-


l'oggetto esterno, che essa riproduce con precisione tecnica, fa
sì che il soggetto che conosce colga simultaneamente la rappre-
sentazione e il suo oggetto, come il paragone con la luce sotto-
linea, il paragone della rappresentazione con i cattivi messag-
geri non concede che la rappresentazione abbia un accesso di-
retto all'oggetto esterno, ma la identifica piuttosto con un re-
soconto. Se Antioco è l'autore del paragone, doveva ritenere
che quel paragone rispecchiasse fedelmente la posizione stoica,
dal momento che egli condivideva la dottrina gnoseologica
stoica"- Ma questa conclusione non è l'unica possibile. Il pa-
ragone della rappresentazione con i cattivi messaggeri potrebbe
essere infatti un'intrusione estranea alla dottrina stoica, dovuta
allo stesso Carneade, per costruire un'argomentazione capace
di attaccare più facilmente la dottrina stoica. Il paragone infatti
ponendo un divario tra la rappresentazione e il suo oggetto
ammette la possibilità che quella non rappresenti l'oggetto con
precisione tecnica"- Ciò permette a Carneade di concludere

«che non ogni rappresentazione è criterio di verità, ma, se mai


quella vera se pure ce n'è alcuna» 15 .

13 Cfr. G. STRIKER, Academics Fighting Academics, in B. INwooo-J.


MANSFELD (eds.), Assent and Argument. Studies in Cicero's 'Academic
Books', Leiden 1997, p. 264.
14 È vero che l'immagine dei sensi come messaggeri dell'anima è rife-

rita a Crisippo da CHALC. in Tim. 220 (SVF II 879): totaque anima sensus,
qui sunt eius officia, velut ramos ex principali parte illa tamquam trabe pandit,
futuros eorum quae sentiunt nuntios, ipsa de iis quae nuntiaverint iudicat ut
rex. Ma l'utilizzazione da parte di Crisippo di questa immagine ha un si-
gnificato ben diverso da quello che ha qui in MVII, perché non è intesa a
porre un divario tra la mente e i sensi, bensì a spiegare e a rafforzare la loro
affidabilità, come sottolinea la metafora dell'egemonico raffigurato come
il ragno al centro della ragnatela, che segue. In tal senso depone anche C1c.
Luc. 30: mens enim ipsa quae sensuum fans est atque etiam ipsa sensus est,
naturalem vim habet, quam intendit ad ea, quibus moventur.
15 MVII 163: 1ò µiì n:Ucrav cpav1acr{av òUvacr8at xp11ftp1ov ò:n:oÀe{-

n:eiv CÌÀT\8e{o.ç, Ò:ÀÀÒ. µ6vnv, el Kai Cipa, 1T)v CÌÀT\8fi.


136 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Come è stato rilevato da Schofield, la conclusione di questo


argomento attacca nel contempo la tesi epicurea della verità di
tutte le rappresentazioni, non lasciando altra scelta agli Epicurei
che accettare come criterio la rappresentazione catalettica
stoica. Pertanto il paragone della rappresentazione con i cattivi
messaggeri è usato da Carneade per attaccare nel contempo
Stoici ed Epicurei 16 • Questa interpretazione è in accordo con
il fatto che il primo argomento di Carneade era indirizzato
comunemente, KOt v6ç, contro tutti i dogmatici 17 . Riducendo la
posizione epicurea a quella stoica, Carneade poteva riproporre
l'obiezione accademica dell'ùrcapaA.A.al;ia delle rappresenta-
zioni, rivolta già da Arcesilao alla dottrina stoica 18 . Sesto intro-
duce infatti quella famosa obiezione significativamente con un
rcO.A.tv. Infatti essa ripete letteralmente le parole di Arcesilao:

«E ancora una volta, poiché dunque non vi è nessuna rappresen-


tazione vera tale da non poter essere falsa, ma per ognuna che
sembra vera se ne può trovare una falsa indistinguibile, il criterio
consisterà nella rappresentazione comune al vero e al falso»".

La conclusione però cieli' argomento non è la stessa. Arcesilao


da questa premessa dimostrava l'inesistenza del criterio stoico,
ovvero l'inesistenza della KataAl]lj1tç, nella quale - si badi - è
incluso l'assenso per gli Stoici'°; Carneade dalla dimostrazione
dell'inesistenza della rappresentazione catalettica lasciava sus-
sistere la rappresentazione comune al vero e al falso:

16
Cfr. M. ScHOFIELD, Academic Epistemology, cit., p. 340.
17
Cfr. MVII 159 e supra, nota 4.
18
Cfr. C1c. Luc. 77. Carneade in MVII 402, riprende la disputa allo
stesso punto in cui l'aveva lasciata Arcesilao: 'tOÒtrov Sè tà µèv O.A.A.a. A.é-
youcrtv ol nepì tòv Kapve6.8T]v cruyxrop'ficretv toi'.ç à.nò 'tfi.ç :Etoéi.ç, tò Sè
"oi'.a oÒK èiv yévo1"to 6.nò µft Un&.pxov"toç" ò:cruyxillpT]tov elvat.
19
MVII 164: n6.A.1v oòv Ènei oò8eµia Ècrtiv à.A.TJ0itç tota.6tT] ola. oÒK
èiv yévoi.to 'tfeu8ftç. Cfr. Arcesilao al par. 154: òe6tepov O'tt oùòeµia.
'tOta.6tT] à.A.TJ0itç q:ia.vtacria. eUpicrKe"ta.t ola. oÙK èiv yévot'tb o/EU8Tjç. ·
2
° Cfr. supra, cap. I p. 91 e sgg.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 137

«la rappresentazione comune al vero e al falso non è catalet-


tica, e non essendo catalettica non può essere criterio~> 21 .

La differenza tra la strategia dialettica di Arcesilao e quella di


Carneade sta nel fatto che Arcesilao si limitava a dimostrare
l'inadeguatezza della Km;aÀ.Tj\jllS stoica ad essere criterio, la-
sciando aperta però al saggio stoico la possibilità di non for-
mulare opinioni, sospendendo il giudizio, mentre Carneade
non concede al saggio stoico altra possibilità che servirsi come
criterio della rappresentazione comune al vero e al falso. Poi-
ché infatti nessuna rappresentazione è KptttKft, ovvero è ca-
pace di distinguere il vero dal falso, neppure il À.Òyos che
deriva da essa può essere criterio. La dimostrazione dell'ine-
sistenza del criterio a questo punto sembrerebbe compiuta.
Ma invece Sesto ripropone la medesima conclusione partendo
dalla constatazione dell'irrazionalità della sensazione:

«E naturalmente: per prima cosa infatti è necessario che gli


appaia ciò che è giudicato, ma nulla può apparire separata-
mente dalla sensazione irrazionale. Dunque né la sensazione
irrazionale né la ragione sono criterio» 22 .

A un esame attento si vede come questa conclusione non possa


essere una ritorsione dialettica delle premesse stoiche poiché
gli Stoici non pongono un dualismo tra sensi e ragione 23 • Essa
si riferisce molto più appropriatamente alla dottrina epicurea,

21 M vn 164: Ti Oè. KOtvT] -co0-crov cpav-cacr{a oÙK €cr-c1 Ka-caÀ:rpt-ctKiJ, µT]

oùcra. Oè. Ka-caÀ:rpt-ctKT] oòOè. Kp1-cfip1ov Écr-rat.


22
M vn 165: Kai EÌK6-rroç· n:péòtov µèv yàp Oi>i q>avftvat aÙtQJ tò Kpt-
v6µcvov, <pavftvat Oè. oùòèv 00vatat xropìç tfjç àA.6you aicr8tjcrcroç. oUti>
oUv Tt èi.A.oyoç atcr911cr1ç oG-cc 6 A.6yoç ~v Kptttjptov. Sulla possibile prove-
nienza dell'argomentazione da Enesidemo, cfr. il terzo tropo in PH I
99, 128. Cfr. anche Arcesilao in EVSEB. PE XIV 6, 4: cplivat -yàp n:cpì
Ù1tliVtO)V Èn:ÈXEtV ÒEÌV' clvat yà.p rtlivta ÙKatliÀ.Tjlt'tO KOÌ -coòç ciç ÉKlitcpa
A6-youç icroKpa-ccìç à.AATjAotç, Kaì tà.ç uì.cr8ilcrc1ç Oè. Ò.1ticrtouç g{vat Kaì
rrlivtu A.6yov.
23
Cfr. C1c. Luc. 30. Cfr. J.S. REID, ed. cit., ad loc.: «The Stoics
138 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

che fonda la conoscenza sull'infallibilità della sensazione 24 . A


favore di ciò depone l'inserzione a questo punto dell'O.A.oyoç
afo0ricnç. Ciò sottolinea la diversità di metodo rispetto ad
Arcesilao, che si sarebbe contrapposto soltanto agli Stoici,
mentre Carneade a tutti i filosofi e quindi anche agli Epicurei.
La ùtacpopa tra la strategia adottata da Arcesilao e quella
adottata da Carneade consiste anche nel fatto che Arcesilao
non fa alcuna concessione al criterio stoico 25 , mentre Car-
neade accetta i requisiti posti dagli Stoici per il criterio. La
differenza tra i due Accademici si manifesta inoltre nel me-
todo dialettico: mentre Arcesilao argomenta strettamente ad
hominem, poiché parte dalle premesse stoiche per poi trarne
conclusioni che le conducono all'assurdo 26 , Carneade vuole
opporsi in generale (Kotv6ç) al dogmatismo e quindi costruisce
i suoi argomenti, opponendoli alla pretesa dogmatica che
l'uomo è per natura capace di conoscere, che è comune tanto
agli Stoici quanto agli Epicurei. Sembra quindi che Sesto ab-
bia interesse a costruire fin qui il resoconto più sulla ùtacprovia
che sull'accordo tra i due esponenti dell'Accademia. Quanto
questa differenza argomentativa corrisponda effettivamente
alle posizioni dei due Accademici non è possibile stabilire con
certezza 27 • Se si ammette che Arcesilao giungesse ali' epoche

made the ftyeµovtK6v include all powers, both of thought and of sense,
but they merged sensation in thought, rather than thought in sensation».
24
M. ScHOFIELD, Academic Epistemology, cit., p . .340, osserva che
una volta che gli Epicurei sono stati costretti ad accettare che ci sono
alcune rappresentazioni false «the only way they can sustain belief in
a criterion of truth is in effect to accept the Stoic doctrine of the cogni-
tive impression».
" Cfr. M vn 151-7.
26
È infatti significativo che Arcesilao ricavasse l'àKatO.À.T]'tfiO. dalla
inesistenza della rappresentazione catalettica stoica, e non dalla inesistenza
del criterio in generale, come si deduce dalla proposizione nétvtrov Ovtrov
àKat.aÀfi7ttrov 01à tfiv 6.vurcapl;io.v toG :E1ro1KoG KptiT]pi.ou (MVII 156).
27
Il richiamo alla dottrina epicurea potrebbe fornire qualche indi-
zio sulla fonte fin qui utilizzata da Sesto, che potrebbe essere Enesi-
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 139

indipendentemente dalle premesse stoiche, ne deriva che, so-


spendendo su tutte le cose, anch'egli intendesse argomentare
contro l'esistenza di un criterio di verità in generale 28 . Inoltre
dal Lucullus di Cicerone si evince che gli Accademici discute-
vano con molti e vari argomenti due punti: delle rappresenta-
zioni alcune sono vere altre false; ogni rappresentazione pro-
veniente da ciò che è vero potrebbe provenire tale quale da ciò
che è falso. La prima proposizione si oppone alla posizione
epicurea, la seconda a quella stoica 29 . Il parallelismo tra il
passo di Cicerone e il resoconto della critica al criterio di
verità di Carneade in Sesto è stato più volte sottolineato da
altri studiosi e non è il caso qui di soffermarcisi. Ma non vi è
dubbio che questi due punti erano già ampiamente sviluppati
dalla strategia dialettica di Arcesilao, come risulta dalla di-
sputa gnoseologica intercorsa tra quest'ultimo e Zenone 30 .
Poiché è noto dall' Adversus Colotem di Plutarco che Arcesilao
non si è contrapposto soltanto agli Stoici, ma anche agli Epi-
curei 311 non è chiaro se Sesto sia all'oscuro della polemica

demo: questi, infatti, esponendo le aporie sul vero all'interno della


Ota.<provia che lo oppone agli Epicurei (cfr. M vm 43), considera la sensa-
zione come 0.À.oyoç.
28
Ciò è confermato dal fatto che ci è nota dall' Adversus Colotem di
Plutarco l'aspra polemica intercorsa tra Arcesilao e gli Epicurei, su cui
cfr. J. WARREN, Socratic Scepticism in Plutarch's 'Adversus Colotem', cit.,
pp. 333-56.
29
Cfr. C1c. Luc. 40-2.
°3
Cfr. ivi, 77, su cui vedi supra, pp. 103-4.
31 Si veda la replica epicurea a favore dell'evidenza in PLUT. adv.
Col. 1123 A: 'AÀ.À.à àOUvatov -cò µt) auyKata.-ci0ea0at toìç èvapyécnv· tOÒ
yàp àpveìa0ai tà nentcrteuµéva tò µ~te àpveìa0at µfite tt0évat 1tapa-
À.oycùtepov. L'uso del termine 1tetpaÀ.oyCÙ•epov allude in senso ironico al-
l'eulogon, che implicitamente critica, come suggerisce De Lacy, in Plu-
tarch's Moralia, XIV, translated by B. EINARSON-P. DE LACY, Cambridge
1986, p. 178: «The Epicurean objector here (probably Colotes himself)
has this criterion (se. eulogon) in mind as his term "unreasonable" (pa-
ralogos) would indicate». Cfr. la replica di Arcesilao in adv. Col. 1123 B
sgg. che, confuta, a sua volta, il concetto epicureo di èvapyéç: gli Epicu-
140 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

intercorsa tra Colote e Arcesilao, oppure se deliberatamente la


ignori", mettendo così in atto la strategia della 810.<provia allo
scopo di contrapporre le posizioni dei due Accademici 33 •
Sviluppando dunque i due argomenti, Carneade giungeva
alla conclusione che non esiste un criterio di verità, poiché la
rappresentazione catalettica non è Kpt ttKtl, ma non lo sono né
la sensazione irrazionale, né la ragione. Ma se è così, &nA&ç
nel primo argomento di Carneade, significa assolutamente nel
senso che «nulla è assolutamente, criterio di verità». Sesto in-
fatti afferma a conclusione del resoconto:

«Carneade esponeva dettagliatamente questi argomenti per


l'inesistenza del criterio (dç titv àvu11:apçiav), contrapponen-
doli (àvtrnapsçuyrov) agli altri filosofi»".

È significativo che Sesto utilizzi, a conclusione della pars de-


struens del resoconto su Carneade, il verbo àvtrnctpsçciyoiv,
che richiama il sostantivo àvn11:apsçayroyiJ con cui aveva in-
trodotto al par. 150 la critica di Arcesilao alla KataÀ.T]\Jllç
stoica". Come nel caso di Arcesilao, tutto ciò che questi sem-

rei ritengono ugualmente veritiere e affidabili tutte le rappresentazioni


anche quelle di coloro che delirano e dei pazzi, le illusioni ottiche, ecc.
che gli altri uomini ritengono false e dalla 8to.<provio. conclude: &. toivuv
Ecrtt µèv à.vo.tpetv écrtt 8' <hç oÙK écrttv, oÙK Scr1tv Ènéx.etv nepì o.Ùt&v, ei
µ118èv O.A.A.o, Tllv ye 010.cprovio.v to.UtTJV Aa~6v10.ç a.l:tio.v à.nox.p&crav Uno-
voiaç npòç tO. rtp6:yµa1a KO.Ì oÙOè oOtroç &ç Òytèç oùòév, Ò:crét<petav Oè KO.Ì
10.pa.x;tìv Ex.ov1a nacra.v.
32
Per la reticenza di Sesto sul criterio d'azione di Arcesilao e per le
implicazioni che essa ha sul criterio d'azione pirroniano, vedi supra, p.
123 e sgg.
33
Un esempio dell'uso da parte di Sesto della strategia della 010.cpco-
via per confutare le dottrine filosofiche è M vn 228 (cfr. anche vm 400),
che enfatizza il dissenso all'interno dei singoli rappresentanti della
scuola stoica sulla definizione di rappresentazione.
3.4 M vn 166: 10.ùta µèv Ò:vtino.pe<;étyrov toiç i:i.AÀ.otç <p1Aocr6<potç 6

Kapveét811ç elç titv à.vunap<;ia.v toù KpttT]pioo Siet;~px.eto.


" Cfr. MVII 150.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 141

bra affermare si riferisce al suo àvrnmpEl;ayEtV nei confronti


degli Stoici, così anche tutte le argomentazioni di Carneade
hanno esclusivamente un valore dialettico. A ben guardare la
ota<pOJVlct fra i due Accademici consiste dunque nel fatto che il
primo si sarebbe contrapposto soltanto agli Stoici e il secondo
a tutti i filosofi, ma la strategia usata da entrambi è esclusi-
vamente dialettica.

La proposta di un criterio d'azione

Alla luce dell'analogia con Arcesilao è presentata invece la


posizione di Carneade riguardo al criterio cl' azione:

«essendo richiesto anch'egli 36 di fornire un qualche criterio


per la condotta della vita e per il raggiungimento della felicità,
per quanto lo riguardava, fu costretto virtualmente a stabi-
lirlo, prendendo come suo criterio sia la rappresentazione pro-
babile sia la rappresentazione probabile e al contempo irrever-
sibile e ben ponderata»"-

Così come per Arcesilao, anche per Carneade il criterio d'a-


zione è presentato come una necessità. Per entrambi i filosofi
accademici il criterio deve regolare la condotta della vita e
deve permettere il conseguimento della felicità. Dal modo in

36 Mi sembra preferibile tradurre Ò:rcatteicr0at "essendo richiesto"

perché rende il significato passivo del verbo, come sottolinea M. BuR-


NYEAT, Cameades Was no Probabilist, cit.; nello stesso senso anche H.
FLÙCKIGER, Sextus Empiricus. Gegen die Dogmatiker, cit., p. 42: «weil
man van ihm [... ] fordert>>, mentre R.G. BuRY, Sextus Empiricus, rr:
Against the Logicians, cit., p. 91 traduce Ò:rcattelcr0at «he, tao,[ ... ] requi-
res», seguito ora da R. BETT, Sextus Empiricus. Against the Logicians, cit.
n M VII 166: Ò.rcan:oUµevoç 0€ Kai aùtòç tt Kpttfiptov rcpòç tE tfiv
toG ~i.oo 01el;a:ywyiiv KO:Ì rcpòç tTiv ti\ç eù00:1µoviaç rccpi.KtTlcrtv, Oov&µei
èrco:vayK&çetat Keti K0.0' aÙ'tÒ rcepì. 10U1ou 81a1&11ecr8a1, rcpocrÀ.aµ~&vwv
tfiv tE rc18avTiv <pav1acriav KUÌ 't1ÌV n10avfiv éiµa. Kaì Ò.rccpicrrcacrtov Kai
Otel;wOeoµévriv.
142 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

cui Sesto presenta il problema non è chiaro, tuttavia, se Car-


neade proponesse il criterio d'azione in propria persona, dal
momento che da esso dipende la felicità, o se fosse la pres-
sione degli avversari ad imporglielo, o se egli lo fornisse per
motivi dialettici contra Stoicos, o, come alcuni ritengono, per il
saggio stoico che ne aveva bisogno".
Se si esamina tuttavia il linguaggio con cui Sesto presenta
il criterio d'azione, si può notare come egli lo proponga in
termini diversi rispetto al modo in cui aveva presentato il
criterio di verità. All'uso meramente negativo del verbo ètvn-
òtai:6.necr0at con cui egli aveva introdotto la posizione di
Carneade circa il criterio di verità al par. 159, e dell'analogo
àvrnmps!;6.ys1v del par. 166 con cui l'aveva concluso 39 , verbi
che esprimono entrambi una contrapposizione, sceglie qui
l'uso positivo del verbo òiai:6.necr0at che esprime invece un
atteggiamento costruttivo. Per risolvere quindi la questione
controversa di quale fosse realmente l'atteggiamento di Car-
neade nei confronti del criterio d'azione, è necessario stabilire
se il criterio d'azione qui offerto sia compatibile con lo scetti-
cismo gnoseologico, espresso nella critica al criterio di verità.
Carneade dunque prospetta come criterio «sia la rappre-
sentazione probabile (m0av1jv) sia la rappresentazione proba-
bile e al contempo irreversibile e ben ponderata (éiµa xai
èt11spicr11acri:ov xaì ò1s<;roòsuµtv11v)» 40 •

«Quale sia la differenza fra queste (1j i:oui:rov Òta<pop6.) deve


essere mostrato brevemente (cruvt6µcoç)» 41 .

A questo scopo Carneade distingue due relazioni (crxfostç)


che la rappresentazione intrattiene, l'una con l'oggetto ester-

38 Lo stesso problema si presenta nel resoconto di Sesto del criterio

d'azione di Arcesilao (cfr. MVII 158), di cui si è già detto.


39
Cfr. W. HEINTZ, Studien zu Sextus Empiricus, cit., pp. 98-S!.
" MVII 166.
41
MVII 167.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 143

no, npòç i:ò cpa.vi:acri:Ov, in quanto rappresenta ciò da cui essa


proviene, l'altra con il soggetto che prova la rappresentazione,
npòç -çò cpavi:acrtoUµcvov, in quanto è rappresentazione di ciò
in cui essa avviene, ovvero l'uomo.

«Secondo la relazione con ciò che è rappresentato, essa è vera


o falsa, vera se concorda con ciò che è rappresentato, falsa se
ne discorda; secondo la relazione con il soggetto che ha la
rappresentazione vi è quella che appare vera e quella che
appare falsa. Quella che appare vera è chiamata dagli Accade-
mici manifestazione (8µcpacnç), e probabilità e rappresenta-
zione probabile» 42 .

Due elementi sono degni di rilievo nel resoconto fornito qui


da Carneade: lanalisi della rappresentazione e la concezione
del probabile. Se è vero, come è stato notato da molti inter-
preti 43 , che Carneade riprende dagli Stoici il concetto di pro-
babile, è pur vero che egli analizza la rappresentazione se-
con.do due relazioni differenti, che gli Stoici tendevano a non
distinguere e che quindi modificano profondamente la natura
del significato stoico di rappresentazione 44 .

«Gli Stoici ritenevano che la rappresentazione catalettica è


capace di cogliere precisamente (liKpcoç [ ... ] Ò:VttATJ7tttKT\v)
gli oggetti e ne porta impresse con precisione artistica tutte

42
M vn 168-9: Katà µèv oùv -cliv ttpòç tò <pavtaatòv ax.écr1v ìì.
étì..:r10Tiç yivstat ìì. wsuOTjç, KUÌ étì...T]0itç µèv Otav crUµ<provoç ~ tq'> <pav-
'CQO't{!?, \jlSuOTtç Oè Otav Oui<provoç. Katà. Oè tlÌV ttpòç tò <pavtacrtoUµsvov
crxécrtv ii µév ècrt1 Ò.ì...TJ0iiç ii Oè oU q>aivoµévTJ ò.ì...n0iJç, cbv ii µèv <pa1vo-
µévn Ò:À.TJ9iiç Eµq>acrtç Kaì...sirat napà toiç 'AKaOT]µa1Koic; Kai n10avòtT]c;
Kaì. n10avii <pavtacr{a.
43
Cfr., soltanto per citarne alcuni, P. Cou1ss1N, Le stoi"cisme de la
Nouvelle Académie, cit., pp. 241- 76; G. STRIKER, Sceptical Strategies, cit.;
M. BURNYEAT, Cameades Was no Probabilist, cit.
44
W. GORLER, Àlterer Pyrrhonismus, cit., p. 856, afferma: «Diese
Unterscheidung, die sich bei den friihen Stoikern nicht findet, ist ftir
Karneades' W ahrscheinlichkeitslehre von Bedeutung».
144 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

le caratteristiche: essi dicono che essa ha ciascuna di queste


come attributo (<:rnµPsPriKoç)» 45 .

Come ha messo in luce Michael Prede 46 , ciò che distingue la


rappresentazione catalettica dalle altre è una caratteristica
causale che provoca nel soggetto una reazione mentale capace
di discriminare le differenze tra le cose senza che ciò comporti
la consapevolezza della caratteristica distintiva. In questo
senso la relazione che gli Stoici stabilivano tra la rappresenta-
zione e l'oggetto è tale che l'aspetto oggettivo coincide in
qualche modo con quello soggettivo. A questo punto acquista
maggiore credibilità l'ipotesi che sia lo stesso Carneade e non
Antioco a paragonare la rappresentazione ai cattivi messag-
geri. Una volta acquisita la distinzione fra le due O"XÉo"Stç della
rappresentazione e dimostrato che noi abbiamo accesso sol-
tanto ad una delle due relazioni, quella della rappresentazione
con il soggetto, la caratteristica di persuasività che per gli
Stoici appartiene alla rappresentazione catalettica perde di
qualunque significato ai fini di una conoscenza infallibile.
Infatti essa diventa una caratteristica meramente soggettiva
e non più soggettiva e oggettiva insieme, come testimonia il
termine sµ(jlnmç utilizzato da Carneade e anch'esso ripreso
dagli Stoici:

«Le rappresentazioni includono anche manifestazioni (sµ(jla-


O"Stç), che sono quasi prodotto di ciò che è (a[ ÙJO"UVSÌ an:Ò
Utrapx6vtrov yt v6µevat)» 47 .

4
~ MVII 248; cfr. anche VII 251-2. Si tratta di Stoici più tardi, ma
che mantengono l'esigenza posta da Zenone in C1c. acad. I 41, cfr. infra,
p. 194 nota 9.
46
M. PREDE, Stoics and Skeptics on Clear and Distinct Impressions, cit.
47
DLVII 51: cicrì OS téòv <pavtacrtéòv Kaì ȵ<pO:crcu; ai. fficravcì àrcò
òrcapxév'rrov y1v6µcva1. Ho seguito la traduzione di A.A; LoNG-D.N.
SEDLEY, Hellenistic Philosophers, cit., I, p. 237: «btit impressions also in-
clude appearances which are quasi products of what is»; la traduziOne di
R. Goulet, in M.-0. GOULET-CAzÉ (éd.), Diogène Lairce. Vies et doctri-
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 145

L'eµ<pacrtç, pur implicando un rapporto con l'oggetto esterno,


intrattiene una relazione imprecisa con esso e comporta la
conseg:uente possibilità che essa inganni, nella misura in cui
è un quasi-prodotto di ciò che è. In breve il termine rende in
modo appropriato l'idea che il nostro accesso al mondo
esterno è mediato esclusivamente dalla crxécnç npòç <Ò <pav-
ta.crtoUµcvov, perché la <JXÉ<Jtç rrpòç tÒ cpaV'tO.<J'tÙV è inacces-
sibile alle capacità sensoriali umane. Carneade quindi assume
il termine anche per il significato di riflesso di un'immagine in
uno specchio a cui esso allude. Egli chiama invece à.m':µ<pacrtç e
rappresentazione non persuasiva ciò che ha di per sé l' appa-
renza del falso (<ò au<6ecv <pmv6µcvov 1Jlcu8éç) e ciò che, pur
essendo vero ma non apparendoci tale, per natura non ci
persuade (µiJ [... ] nciectv iJµiiç m':<puKcv) 48 • Per questa ragione
la rappresentazione chiaramente falsa (i\ µi:v <petvep&ç 1Jll':OÒ1Ìç)
e quella che non appare vera (i\ oè µiJ <pmvoµévri à.1'.rieiJç)
devono essere respinte e non sono criterio 49 . Ma anche della
rappresentazione che appare vera ce ne sono due specie:

«quella che è poco pregnante (à.µuopci), com'è il caso di quelli


che a causa della piccolezza della cosa osservata o della note-
vole distanza, o anche a causa della debolezza della vista la
percepiscono in modo confuso e indistinto (Kaì ouK ènunroç) e

nes des philosophes illustres, Paris 1999, p, 824: «mais il y a aussi parmi le~
représentations des illusions qui surviennent camme si elles provenaient
d'objets existants», sottolinea maggiormente la possibilità dell'inganno,
connessa con il termine €µ<pa.crtç.
48
MVII 169.
q
9
Seguo Heintz che ha eliminato i::a.v 't'E ,,. 'EptvUrov, cfr. H.
MuTSCHMANN, ed. cit., ad !oc.; e la spiegazione di A.A, LONG-D.N. SE-
DLEY, Hellenistic Philosophers, cit., II, p, 446, che intendono l'intrusione
qui di questo passo come una nota marginale, basata su passi successivi.
Tuttavia anche le rappresentazioni che hanno l'apparenza della verità
possono ingannare qualora provengano da ciò che non è, oppure se, pur
provenendo da ciò che è, sono discordanti con l'oggetto esterno e non ne
riproducono le caratteristiche. In breve non soddisfano due dei requisiti
posti dagli Stoici per la rappresentazione catalettica, cfr. MVII 248.
146 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

quella che insieme all'apparire vera, possiede fortemente la


caratteristica di sembrare vera» 50 .

È interessante constatare come Carneade accetti, apparente-


mente in accordo con la gnoseologia stoica, le condizioni di
verità poste a garanzia della veridicità della rappresentazione
catalettica 51 , ma, ancora una volta diversamente dagli Stoici,
le trasformi in condizioni di una certezza meramente sogget-
tiva poste a garanzia della maggiore intensità persuasiva di
rappresentazioni che rimangono confinate ali' ambito fenome-
nico e soggettivo di ciò che appare. Avendo lasciato sussistere
come criterio la "rappresentazione che appare vera", l'evi-
denza non può che essere una caratteristica soggettiva della
rappresentazione perché non riguarda in alcun modo la con-
formità della rappresentazione con l'oggetto". In base alla

50
M V1I 171: -cfjç Oè cpa.1voµSvTJç Ò.À.TJ0oGç Ti µSv tir; Èa11v àµu0p6., cbç
Ti Èni -c&v na.pà µ1Kp61rp:a. -coG 0eropouµSvou Tì na.pà iKa.vòv 616.crtTJµa. Tì
Kai na.pà à.cr0Sve1av tfjç Oweroç aoyKexuµSvroç Ka.i oUK ÈK16nroç -ci A.aµpa.-
v6v'trov, ii SÉ 'ttç aòv -ccfi cpaivecr0a.t àf..TJeiir; €'11 Ka.Ì aq>oSpòv éxoucra. -cò
cpa.ivecr0at aÙ'tftv Ò.ì..TJ0fi. Si tenga presente che in DL VII 46 (SVF II
53), gli Stoici definiscono la rappresentazione àxa-c6.À.fJ7t'tOç come -cl)v µ1)
-cpa\/fi µ1'j6è éK'tU7tOV.
'1 Cfr. M vn 257.
52 Che l'evidenza sia per Carneade una caratteristica delle rappre-

sentazioni percepibili, e quindi catalettiche, e che non abbia alcun rap-


porto con le rappresentazioni probabili è confermato da C1c. Luc. 99:
1
duo placet esse Cameadi genera visorum, in uno hanc divisionem: 'alia visa
11
esse quae percipi possint, <alia quae non possint>", in altero autem: alia
visa esse probabilia; alia non probabilia". ltaque, quae contra sensus contra-
que perspicuitatem dicantur ea pertinere ad superiorem divisionem: contra
posteriorem nihil dici oportere; qua re ita piacere: tale visum nullum esse, ut
perceptio consequeretur, ut autem probatio, multa. Carneade respinge in-
fatti la prima divisione nella quale sola è possibile parlare di perspicuitas.
A proposito di questo passo A. Graeser {A. BA.cHll-A. GRAESER, Marcus
Tullius Cicero. Akademische Abhandlungen, Hamburg 1995, p. 218 nota
96) Commenta: «ln diesem Bericht ist von der angeb.lichen perspicuitas
der Sinneswahrnehmungen die Rede, gegen die Akademiker argumen-
tiert; und soi wie Cicero den Bericht formuliert, mti.Bte - dies zeigt sich
IL RESOCONTO DI' SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 147

descrizione qui fornita da Carneade dei due tipi di rappresen-


tazione cpcnvoµÉvl] ÙÀT]8i]s, anche la caratteristica di "sem-
brare ~ortemente vera", vale a dire di essere più intensamente
m8avi], rimane confinata all'ambito soggettivo".
L'argomentazione successiva è introdotta significativa-
mente da un nétÀtv a sottolineare che Carneade non sta pre-
sentando un nuovo argomento, ma sta riproponendo un punto
di vista già precedentemente espresso 54 :

«E ancora una volta (nétÀtv), tra queste due specie di rappre-


sentazioni, quella che è poco pregnante e senza vigore non
sarà criterio, poiché, non mostrando distintamente né se stes-

an dem Konjunktiv dicantur - die negative Auffassung beztiglich der


perspicuitas Teil der Argumentation des Karneades sein»; cfr. anche p.
261 nota 282 e p. 269 nota 304. Non mi sembra invece trovi sostegno
nel testo di Cicerone la spiegazione di J. ALLEN, Cameadean Argument in
Cicero 1s 'Academic Books', in B. lNWOOD-J. MANSFELD (eds.), Assent and
Argument, cit., p. 240: «this way of putting the matter is perhaps a little
confusing, but Cicero's meaning is clear enough. Tue Academy's argu-
ment counts against the senses and perspicuity or evidence only if they
are conceived as the Stoics insist they must be, i.e., defined with refe-
rence to the cognitive impression». Ma da Luc. 99 risulta che la proba-
bilità e l'evidenza sono per Carneade due caratteristiche incompatibili in
quanto concernono ambiti di specie diversa. In tal senso depone anche
Luc. 105 in cui si dice che la difesa stoica dell'evidenza è crollata dopo
che è stato introdotto il probabile. Per il significato stoico di evidenza,
cfr. Luc. 45: perspicuitas Zlla [... ]. Satis magnam habetvim, ut ipsa per sese
ea, quae sint, nobis ita, ut sint, indicet.
'} Ciò significa che per Carneade non è possibile, né giustificato il
passaggio dalla proposizione ''x appare evidente'' all'altra ''x è evidente''.
E inoltre degno di nota che Galeno nel De optima doctrina (181, 2, 14-8
"" 96, 217-8), non solo afferma che le argomentazioni di Carneade sono
ancora in c~colazione alla sua epoca, ma sostiene che questi attaccava
l'evidenza delle verità matematiche e geometriche: ò yoGv Kapveét.Oriç
oòOf:: •OG•o •Ò nét.V"trov ÈvapyÉcr'ta'tov cruyx;ropei n1cr•EUElV, O'tt i:à •éfi aÙ•éfi
icra µeyÉBri Kaì àì...ì...TjA.oic; icra y{yvc•a1· Kaì µèv oùv À.Òyouç, oìç Èn1xe1pei
À.Ueiv Kaì 'taG'ta Kai 0.À.À.a nét.µnoÀ.À.a 't:CÒV Èvapy&ç 't:l EÌ.vai crot cpaivo-
µÉvrov •E Kai n1cr•EuoµÉvrov, S'tt Kaì eì.ç •60c crroçoµÉvouç Ex,oµev.
54 Cfr. M vn 164 e supra, p. 136.
148 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sa né ciò che l'ha prodotta, per natura ·non ci persuade né ci


induce all'assenso (OÙ mecpUKEV fjµiiç 7tei8etV OÙ8' GÌç tTJV
cruyKmét6eow i:ntcrrréi.cr6at). Ma la rappresentazione che ap-
pare vera e che manifesta se stessa con sufficiente chiarezza
(KaÌ iKaviìiç i:µcpatvoµév11) è criterio di verità (Kpnfi ptov tfjç
àJ..118eiaç) secondo Carneade e i suoi seguaci»".

Tuttavia la conclusione.dell'argomento è piuttosto sorpren-


dente. Ciò che sconcerta è che Carneade, affermando che la
rappresentazione àµu8pét non ha la forza di spingerci all' as-
senso, implicitamente ammetta che la rappresentazione che
appare vera con sufficiente chiarezza ci induca ad assentire,
come dimostra il fatto che è definita criterio di verità. Inoltre
questa affermazione è in aperta contraddizione con il reso-
conto della filosofia di Carneade fornito fin qui da Sesto 56 ,

" M vn 172-3: <1v nétA.1v Tt µèv à.µuOpà Kaì EKA.u'toç cpav-racria oÙK èiv
et11 Kp1-rftptov· téfl yà.p µftte alni]v µi}te 'tÒ 7tot.fjcrav aònìv i:pavéòç Èv-
OeiKvucr0at où né:<puKev 'ftµàç 7tei0et.v oòO' eiç 'ti]v crUyKai:ét0ecrtv È1tt.crnà-
cr0at. Ti Oè q>at.voµé:vri à.A.ri0T]ç Kaì ÌKavéòç ȵq>atvoµé.vri Kpttfip16v Ècrtt
tfjç ~Ari0eiaç Kai:à toùç 7tepì tòv Ka.pveét011v. W. GORLER, Àlterer
Pytrhonismus, cit., p. 861, indica il verbo èµcpaivecr8a1 come un termine
tecnico del vocabolario di Carneade: a mio parere, Carneade potrebbe
servirsi utilmente di ȵcpaivccr0at, se inteso nel senso di essere riflesso
in uno specchio, che allude piuttosto all'apparire che non all'essere vero.
56 R. BETT, Cameades' Pithanon, cit., p. 72 nota 31, pur ricono-

scendo che l'affermazione che il 1tt0avòv induca all'assenso «would be


curious, gÌven Carneades' general opposition to assent», ritiene tuttavia
che qui si parli di assenso in un significato debole «as equivalent to what·
is elsewhere referred to as 'approvai'», e conclude che Carneade non sta
parlando «in a sceptical spirit bere», rinviando a C1c. Luc. 104 (su cui
vedi infra, nota 89). Ma questa spiegazione non può essere accettata per
due ragioni: 1) il contesto del passo parla chiaramente di assenso in re-
lazione al criterio di verità, contro il quale Carneade ha fin qui argomen-
tatOj 2) la cura con cui Carneade e Clitomaco utilizzano una terminolo-
gia differente per descrivere l'atteggiamento epistemologico dell'accade-
mico e quello dello stoico (cfr. i passi raccolti da W. GORLER, Ein Sprach-
licher Zufall und seine Folgen 'Wahrscheinliches' bei Kan:ieades und bei Ci-
cero, in C.W. MDLLER-K. SIER-J. WERNER (Hrsgg.), Zum Umg~ng m#
/remden Sprachen in der griechisch-rOmischen Antike, Stuttgart 1992 (rist.
[L RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 149

perché conferisce alla rappresentazione, che Carneade nella


parte destruens ha dimostrato di non poter essere KptnK1j in
quanto comune al vero e al falso, addirittura la funzione di
criterio di verità e quindi la capacità di discriminare il vero dal
falso! A meno di non attribuire a Carneade una così grave
incongruenza, o a Sesto di aver travisato il pensiero di Car-
neade, è necessario indagare se è possibile trovare un'altra
spiegazione 57 .
Una spiegazione potrebbe essere che Carneade, dopo es-
sersi opposto, come è detto nella prima parte, a qualunque
criterio di verità - e non solo a quello stoico - argomenterebbe
poi, per motivi esclusivamente dialettici) a favore del rct8av6v,
come criterio di verità: egli quindi starebbe disputando in
utramque partem. Contro questa ipotesi tuttavia si possono
avanzare due considerazioni: innanzi tutto il fatto che il m-
8av6v non costituisce l'argomentazione contraria sullo stesso
tema a quella degli avversari dogmatici tale da condurre all' e-

in W. GORLER, Kleine Schriften zur hellenistisch-rOmischen Philosophie,


Leiden 2004, pp. 65-7), impedisce di ricondurre l'"approvazione", sic et
simpliciter, all"'assenso"; su questo argomento, cfr. A.M. IoPPOLO, L'as-
senso in Clitomaco, cit., pp. 225-67.
'7 Che Sesto attribuisca a Carneade la tesi che la rappresentazione
probabile è criterio di verità, mentre poco prima ha riportato le argo-
mentazioni di Carneade contro l'esistenza del criterio, è riconosciuto
come un fatto problematico anche da S. 0BDRZALEK, Living in Doubt:
Carneades' Pithanon Reconsidered, «Oxford Studies in Ancient Philoso-
phy», XXXI (2006) p. 260 nota 40, la quale, però, respinge le possibili
spiegazioni, offerte dagli studiosi, che attribuiscono a Sesto e non a Car-
neade questa incongruenza: «Wbat troubles me [... ] is tbat tbey render
the text internally inconsistent. Sextus does not attribute tbese contra-
sting positions to different Academic sources, and wbere it bis intention
to accuse Carneades of sucb glaring self-contradictions, surely be would
bave made bis explicit». Questa spiegazione non mi sembra sostenibile
per due ragioni: 1) Sesto non ha l'abitudine di citare le sue fonti; 2) come
la stessa studiosa ammette, egli ha uno scopo di parte nel rife'rire la po-
sizione degli Accademici, e certamente, non sorprende che qui egli non
lo dichiari apertamente!
150 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

quipollenza e quindi ali' epoche. Alla tesi stoica che pone la


rappresentazione catalettica come criterio di verità si oppone
la tesi che non esiste alcun criterio di verità, già prospettata da
Arcesilao in seguito alla dimostrazione dell'inesistenza della
KcttaÀrpytç, e non la tesi che la rappresentazione probabile è il
criterio. Infatti la dimostrazione dell'inesistenza del criterio
di verità è dedotta dall'àm:ipaUai;ia delle rappresentazioni,
da cui è a sua volta dedotta la posizione assurda che il criterio
consiste nella rappresentazione che è comune al vero e al falso.
Ma la rappresentazione che è comune al vero e al falso, non
essendo Kpt't'tK~, non può essere criterio di verità, perché non
è in grado di discriminare. È soltanto dopo questa dimostra-
zione che Carneade introduce la rappresentazione probabile
come çriterio di condotta". E che la rappresentazione proba-
bile non possa essere criterio di verità è lo stesso Carneade a
confermarlo introducendone una caratteristica determinante:

«essendo criterio la rappresentazione probabile aveva un'am-


pia estensione (nÀatoç dxev ÌKav6v)" e poiché è estesa, una
ha un'apparenza che è più persuasiva ed efficace nella forma
di un'altra» 60 •

" Cfr. MVII 166.


59
MVII 173: Kp1tTJpiov OÈ oùcra n16:toç elxev hcav6v. Le traduzioni
correnti danno a elxev il valore del presente. Tuttavia a mio parere deve
essere conservato l'imperfetto ''aveva", perché Carneade al par. 166, pren-
dendo come criterio di condotta non solo la rappresentazione probabile
pura e semplice, ma anche la rappresentazione probabile e al contempo ir-
riversibile e ben ponderata (npocrÀaµpUvrov 'ti]v 'te n10av'fÌv cpav1aoiav Kaì.
'tfiv n10avTiv éiµa Kaì ò.nepicrnaITTov Kai 01el;roOEuµé.vriv), ammetteva che il
criterio potesse variare, e quindi che la rappresentazione probabile avesse
una estensione in quanto la probabilità può essere elevata.
60 Ibid.: Kaì. Èn11e1voµé.vriç a.Ù1fjç li.ÀÀTJ 6ÀÀT]ç Sv e10Et rn0avro1é.pav

'tE KaÌ. nÀT]K'ttK©'tÉ.pav icrX,EL cpav1acriav. È questo il testo dei manoscritti,


che è di difficile interpretazione, tanto che alcuni studiosi, consideran-
dolo grammaticalmente scorretto, l'hanno diversamente emendato. A.A.
LONG-D.N. SEDLEY, Hellenistic Philosophers, cit., II, p. 447 (69 n), pro-
pongono: Kaì. Èn11E1voµé.vri aù1Ti li.ÀÀTJ éiÀÀT]ç Sv Ei'.Os.1 n10av©'té.pav 'tE Kaì.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 151

Il senso della frase non è immediatamente comprensibile 61 se


non si collega alla distinzione precedente che distingue due
specie di rappresentazioni che appaiono vere 6', quella poco
pregnante, àµuopà e senza vigore, eKÀ.u,oç, e quella che pos-
siede fortemente la proprietà di sembrare vera: le due rappre-
sentazioni, pur sembrando entrambe vere, hanno un valore
persuasivo che varia di intensità a causa della loro forma,
ovvero dell'apparenza o impressione con cui ciascuna di esse
si manifesta. La capacità di persuasione, scissa totalmente dal
valore di verità della rappresentazione, ovvero dal rapporto
della rappresentazione itpòç "ò q>avw.m6v, è determinata e
varia soltanto in base al puro manifestarsi itpòç "ò q>avw.mou-
µEvov". Ma se la rappresentazione probabile è estesa, perché

1tÀ.T\K-C:tKOYtépav Lcrx.et q>av-c:acriav, e traducono: «as the criterion, it has a


considerable breadth; and by admitting of degrees, it includes some im-
pressions which are more convincing and striking in their form than ano-
ther». La traduzione di Bury «and, being the criterion, it has a large ex-
tension, and when extended one presentation reveals itself as a more
probable and more vivici than anothen> non si accorda con il testo greco
dei codici, come giustamente rilevano Long e Sedley. La correzione di
W. HEINTZ, Studien zu Sextus Empiricus, cit., p. 103: Kai È:Tn-c:e1voµévriç
a.ò-c:ftç li.À.À.11 li.ÀÀ.T\ç <-cò:iv> èv ei"Oe1 n18avro-c:épa -ce Kai 7tÀ.TJK"ttKro-cépa €cr-cat
q>av-tacr1&v «ed essendo estesa, è più convincente (n18avro-cépa) ed effi-
cace (nÀ.T]K"ttKOYtépa) nella sua forma rispetto alle altre rappresenta-
zioni)>, non sembra compatibile con la teoria dei gradi della probabilità;
vedi infra, p. 160 e sgg.
61 R. BETT, Sextus Empiricus. Against the Logicians, cit., p. 36 nota

75, osserva: «But unless Sextus or his source is extremely confused, so-
mething must be wrong with this text; it makes no sense to speak of an
apperance having an apperance»; tuttavia egli preferisce non emendare il
testo del manoscritto e traduce: «and, being the criterion, it has a sizea-
ble breadth, and since it is extended one has an appearance that is more
persuasive and more striking in form than anothen>.
62 M vn 171: cftç &~ q>atvoµévriç ÒÀT]8oUç Ti µév ·tiç È:crt1v àµu0p6. [. .. }

Ti &é -ctç ftv crùv -c<P q>a.ivscr8a1 0.À.ri8Tiç E-c1 Kai crq:ioOpòv Ex.oucra cò q>aive-
cr0a1 aò-n)v 0.À.TJ0fi.
6 > Cfr. Crc. Luc. 58: Ut etiam itlud absurdum sit quod interdum sole-

tis dicere, cum visa in animis inprimantur, non vos id dicere, inter ipsas in· .
152 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

ha una diversa intensità che ne accresce la ca:Pacità persuasiva,


non può essere utilizzata come criterio di verità. Un criterio
infatti non può variare di intensità 64 •
Una possibile soluzione è che Carneade stia proponendo
il 1t16nv6v non come criterio di verità, di cui ha dimostrato
l'inesistenza nella prima parte, ma come criterio di condotta
contra Stoicos 65 . Infatti è per gli Stoici che il criterio di
condotta non può esistere in assenza di un criterio di verità.
A questo scopo potrebbe essere fatta valere l'utilizzazione
da parte di Carneade di concetti stoici, come dimostra pro-
prio il concetto di 1t16nv6v. Per gli Stoici il probabile è "un
giudizio che conduce all'assenso", che convince, ma che
può essere tanto vero quanto falso. E l'esempio che essi
fanno per illustrarlo è quello di un giudizio convincente,
ma falso:

pressiones nihil interesse, sed inter species et quasdam /ormas eorum. Sul si-
gnificato da attribuire al termine species si discute tra gli studiosi: cfr.
H.J. KRAMER, Platonismus und hellenistische Philosophie, Berlin-New
York 1980, pp. 66-7, che attribuisce a species di Luc. 58 lo stesso signi-
ficato di µop<p~ di M vn 409, nel senso dell'identità della specie e del
genere sotto al quale le differenze effettive tra gli individui identici
scompaiono; cfr. anche G. STRIKER, Academics Fighting Academics, cit.,
p. 271; C. LÉVY, Cicero Academicus, cit., pp. 235-6.
64
Cfr. W. GORLER, .À!terer Pyrrhonismus, cit., p. 862. La rappresen-
tazione probabile non può essere criterio di verità perché accanto ad una
rappresentazione probabile se ne può trovare sempre un'altra più persua-
siva. Cfr. anche M vn 180-1, dove Carneade ammette che anche la rap-
presentazione :ru0a.vTt Ka.i Ò.1tepicrna.m:oç ha un'estensione e ne spiega la
ragione: -ro1a.Ut11 yoGv ÈO"tt KO.Ì ti à.nepicrrra.cr-coç c:pa.vtacria.· fl't'tç x:a.ì a.Ù't'1Ì
n:ì..ét't'oç Exe1v ilotKe Sià 't'Ò èiÀ.À.TJv èiì..A:riç µaì..J..ov à.nepicrrta.cr-cov eòpicrKe-
cr0a.1. Inoltre l'argomentazione soritica di Carneade in M Vll 421-3, con-
tro la possibilità che si incontri una rappresentazione incomprensibile
più o meno incomprensibile di un'altra, offre una conferma indiretta che
il criterio di verità non può variare (cfr. 423: à.nÀ.avÈç yàp eìxe Kpttitptov
Kat' a.ùtoùç ò croq:>òç), mentre la rappresentazione probabile, non es-
sendo criterio di verità, varia di intensità.
6
~ Cfr. R. BETT, Carneades' Pithanon, cit.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 153

«"se qualcuno ha generato qualche cosa costei è la madre di


quella cosa". Questo è falso perché la gallina non è la madre
cieli' UOVO» 66 •

Anche la rappresentazione catalettica, in quanto ci persuade


più di qualunque altra e ci spinge ad assentire, è probabile. Ma
noi le diamo l'assenso, e quindi la riconosciamo come vera per
il fatto che essa ci colpisce, è rrÀl]KnKi], e produce in noi
l'effetto di trascinarci per i capelli ad assentire. La rappresen-
tazione probabile invece produce un movimento lieve. Quando
gli Stoici parlano di assenso debole o precipitoso si riferiscono
allo stato fisico dell'egemonico di colui che assente, la cui
tensione pneumatica è debole, e che perciò risponde al movi-
mento lieve che gli imprime la rappresentazione probabile
come se fosse il movimento impressogli dalla rappresentazione
catalettica 67 • L'assenso debole quindi consiste in un cattivo
funzionamento del logos che non dipende dalla rappresenta-
zione, ma dal soggetto che accoglie la rappresentazione 68 .
Una volta che Carneade ha escluso che si possa giudicare
la crxéo-1ç della rappresentazione rrpòç 'ò ((lnvwcr,6v, l'im-
patto che la rappresentazione fa sul!' anima non è determinato
dalle caratteristiche dell'oggetto esterno, ma dipende soltanto
dalla forza persuasiva che essa possiede. Quindi Carneade
trasforma la caratteristica oggettiva che gli Stoici attribuivano
alla rappresentazione catalettica in quanto rcÀ1lK'tLKij, in una
1

caratteristica soggettiva che di diritto appartiene alla rap-


presentazione probabile, in quanto ci convince inducendoci
all'assenso. Il criterio sarà quindi la rappresentazione che
appare vera e che manifesta se stessa con sufficiente chiarez-

66
Cfr. DLVII 75.
67
Su questo problema, cfr. A.M. IoPPOLO, Presentation and Assent,
cii., pp. 433-49.
68
Può accadere infatti che si neghi l'assenso, in casi particolari, an-
che alla rappresentazione catalettica; cfr. M VII 254-7.
154 LA TESTIMONIANZA Dl SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

za 69 , ovvero quella che oltre ad apparire vera, possiede anche


fortemente la caratteristica di apparire vera 70 •
Per comprendere la natura di questo tipo di rappresenta-
zioni è necessario richiamare il concetto stoico di rappresenta-
zione hormetike. La rappresentazione hormetike è definita da-
gli Stoici ciò che muove l'impulso 71 • Carneade sfrutta, da un
lato, il significato di rappresentazione hormetike 72 , che pone
una connessione immediata tra la rappresentazione e l'impulso
ad agire e utilizza, dall'altro, la capacità di persuasione della
rappresentazione probabile. Così concepita, la rappresenta-
zione probabile racchiude in sé una forza naturale capace di
condurre di per sé all'azione. Ma il rapporto che si instaura tra
la rappresentazione probabile e il soggetto che la sperimenta è
un"'approvazione" 73 che consiste in una reazione automatica
allo stimolo ad agire fornito dalla rappresentazione impulsiva.
Esso si manifesta in uno stato passivo come un semplice se-
guire. La rappresentazione probabile impone dunque la sua
forza persuasiva sull'anima e conduce necessariamente all'a-
zione se nessun ostacolo si frapponga ad impedirglielo 74 •

69
M VII 173: i\ òè <patvoµévri à/..:r19T\ç Kat tKav&ç èµ<paivoµévri
Kpn:'ftp16v Ècr'rt 'rfi.ç ùArieci.aç Ka'Cà 'Coùç ncpì 1:Òv Kapvcét.òriv.
70
M vn 171: Ti [... ] aùv 1:4'.> <paivca9at àATI0ftç É'Ct Kaì. a<poòpòv Ex.ou-
aa 'CÒ q:>aivca0at ctò'Cftv àAri0fi.
71
Cfr. SVF m 169.
72
Per una esauriente trattazione della rappresentazione honnetike
nella dottrina stoica, cfr. B. INWOOD, Ethics and Human Action in Early
Stoicism, cit., il quale a p. 76 puntualizza: «Por it seems certain that no
hormetic presentation, whether rational or non-rat,ional, is cataleptic».
" Cfr. Crc. Luc. 99, 104, 108.
74
Cfr. Clitomaco in Luc. 104. Nel concetto di rappresentazione im-
pulsiva rientrano tanto le rappresentazioni che spingono ad agire quanto
quelle cui si può rispondere "sì" o "no" in ragione della loro persuasività
o mancanza di persuasività. D'altra parte anche la risposta a una do-
manda può essere considerata alla stregua di un'azione. Cfr. anche M.
BURNYEAT, Antipater and Selfrefutation, in B. INwoon-J. MANSFELD
(eds.), Assent and Argument, cit., p. 303: «]ust follow probabilia irl. a pas-
sive sort of way does not involve assent. It does not involve assent even
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 155

Se dunque, come sembra) è Carneade a porre la connes-


. sione tra la rappresentazione probabile e il criterio di verità,
egli sta argomentando per motivi dialettici, e quindi non può
che riferirsi al concetto stoico di assenso. Non ha senso quindi
cercare di giustificare l'uso da parte di Carneade del termine
"assenso)) ipotizzando che egli si riferisca ad un assenso im-
plicito 75 , o ad un assenso debole. Il punto è che Carneade non
sta usando il termine assenso in propria persona) bensì contra
Stoicos. Egli parte dall'esigenza stoica che per agire è necessa-
rio riconoscere qualcosa come vero e quindi è necessario dare
l'assenso"- È sufficiente sostituire al vero il probabile, per

when 'Yes' and 'No' answers are given to questions». Che già Arcesilao
avesse anticipato latteggiamento attribuito al filosofo accademico in
Luc. 104, risulta da DL IV 36: «Nella conversazione egli si serviva per
così dire in modo naturale, <pocr1KCòç Oé Jtcoç, di espressioni come, 'Dico
io, <p11µ' èyW, e non assentirà il tal dei tali e ne pronunciava il nome».
L'uso di cp11µ' èycl:i è spiegato come un impulso naturale che lo spingeva
a parlare senza che ciò comportasse alcuna pretesa di verità circa il con-
tenuto delle sue parole, liberando l'espressione da qualunque significato
assertivo; cfr. anche SUDA s.v. <priµi. Il ruolo svolto dalla natura nella
spiegazione dell'azione di Arcesilao risulta anche da PLUT. adv. Col.
1122 B-D, come già si è più volte rilevato.
75 Per gli Stoici non esiste un assenso implicito che possa essere di-

stinto da quello volontario, cfr. M vm 397: écr't'1 µÈv oùv ft Ka.'t'6.ÀT]\jltç [... ]
Ka.Àa.ÀTj1t't'tKftç cpa.v't'a.cria.ç croyKa.-c6.8scnç, frnç 017tÀOùv éo1Kc.v e.Iva.i
1tpéiyµa., KO.i -i:ò µév 11 éxc.1v Ò.Ko6criov -i:ò ÙÈ éK06cr1ov Kai èrd 't'ij ftµe't'épq.
Kpicrc.1 KE.iµsvov. 'tÒ µÈv yàp cpav't'a.cr1co8fjva.1 àpoUÀTj't'OV ~v, KO.i OÒK bti
1q:. rc6.crxov1i Ì::KE.t't'o, ò.>._>._' .è1ti 1'0 <pa.v-i:a.cr1oùv't'1 1ò oU't'cocrì 01a.'t'c.0fjva.1 [ ... ]
't'Ò ÙÈ cruyKO.'t'a0écr0a.1 't'OÒ't'Q> 't'Q:l Ktvftµa.'t't Ì::KE.t't'O èrd 't'c{l Tta.pa.Oexoµév<µ 't'i\v
<pav't'a.cria.v. R. BETT, Cameades' Distinction between Assent and Approva!,
«The Monist», LXXID {1990) p. 11, ritiene che la distinzione tra l'appro-
vazione e l'assenso non sia altro che «a mere terminologica! quibble».
Tuttavia le testimonianze su cui Bett si basa per attribuire agli Stoici la
tesi dell'assenso implicito sono tutte molto tarde, come egli stesso rico-
nosce. Non si può dunque escludere un'evoluzione della dottrina stoica
dell'assenso proprio in seguito al dibattito con gli Accademici_.
76
Cfr. Cxc. Luc. 108: Primum enim videri oportet, in quo sit etiam
adsensus; dicunt enim Stoici sensus ipsos adsensus esse, quos quoniam adpe-
titio consequatur actionem sequi - tolli autem omnia si visa tollantur.
156 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

concludere che il saggio stoico, il quale se vuole agire non può


non assentire 77 , riconoscerà come vero ciò che è invece pro-
babile e quindi formulerà un'opinione.
Tuttavia anche se così fosse, ovvero· che Carneade si fosse
riferito alla nozione di criterio di verità nell'ambito della po-
lemica antistoica, resta il fatto che Sesto non facendone qui
alcuna menzione, rende del tutto incoerente la posizione di
Carneade. Del resto, tornando al resoconto di Sesto, le tre
accezioni di probabile che fornisce Carneade, ribadiscono che
la rappresentazione probabile non è in grado di discriminare:

«Il probabile, al momento presente, si intende in tre signifi-


cati: in un primo modo, quello che è vero e appare vero, in un
secondo modo, quello che è falso e appare vero, in un terzo
modo ciò che è comune ad entrambi. Onde il criterio sarà la
rappresentazione che appare vera, denominata anche proba-
bile dagli Accademici»"-

Soltanto il primo significato di probabile come ciò che è vero e


appare vero potrebbe essere criterio di verità, in quanto si

77 Cfr. PLUT. de Stoic. rep. 47, 1057 A.


78 MVII 174: tò Of; ttt9avòv &ç npòç tò napòv A.éyetat tptxc'òç, Ka0'
Eva µf:v tp6rrov tò àì..Tj0É:ç te Ov Kai <patv6µevov Ò.ÀT\0É:ç, Ka.0' Stepov Of;
-èò 'VtuOf;ç µf;v Ka0ecrt©ç <patv6µevov Of; ÙÀT\0É:ç, Katà Of: tpitov tò [ÙA.Tj0Èç]
Kotvòv à.µ<potéprov. 00ev tÒ Kpttftptov Écrtat µf;v Ti <patvoµévT\ à.A.Tj0Tjç
<pav-racria, ftv Kai rrt0avi]v rrpocrftyopeuov oi Ò.1tò tfjç 'AKaOTjµiaç. Seguo
il testo di Mutschmann che espunge Ò.ÀT]0Éç. Il testo è stato variamente
emendato, perché il termine ÙÀT\0éç altera il senso del terzo significato.
Come suggerisce Long in A.A. LoNG-D.N. SEDLEY, Hellenistic Philoso-
phers, cit., n, p. 447 (69 o), è necessario o espungere Ò.ÀTJ0É:ç, oppure inte-
grare il testo: tò à.ATJ0É:ç <<patv6µevov 01tep i:crti> KOtv6v. R. BETI, Sextus
Empiricus. Against the Logicians, cit., accetta l'integrazione di Long e tra-
duce: «in the third way, to what is <apparently> true, <which is> com-
mon to both». Tuttavia se si espunge ÙÀTJ0É:ç, il testo diventa sufficiente-
mente chiaro, in quanto Carneade sta riprendendo la classificazione
stoica delle rappresentazioni probabili di cui, accanto a quelle vere e a
quelle false, una specie è per l'appunto quella delle rappresentazioni al
contempo à.ì.:r10elç Kai 'VEOOelç (cfr. M vn 244 e Carneade ivi, 405-6).
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 157

identifica con la verità della rappresentazione catalettica


stoica 79 , ma Carneade lo ha già escluso dal momento che il
prob.abile può essere collegato tanto al vero quanto al falso,
senza alcuna possibilità di distinzione: per Carneade, infatti,
probabilità e falsità non sono concetti opposti. Quindi se la
rappresentazione probabile è comune al vero e al falso 80 , non
può essere criterio di verità 81 •

«Ma accade talora che essa pur apparendo vera, sia falsa,
cosicché è necessario qualche volta servirsi della rappresenta-
zione comune al vero e al falso. Tuttavia a causa del presen-
tarsi raramente di questa, dico di quella che imita il vero, non
si deve negare la fiducia a quella che per lo più dice il vero;
perché accade che i giudizi e le azioni sono regolati da ciò che
avviene per lo più» 82 .

Avendo Carneade dimostrato l'inadeguatezza della rappresen-


tazione a stabilire la sua concordanza con loggetto esterno,
diventa determinante stabilire che cosa egli intenda quando si

79 Cfr. MVII 152.


8° Che Carneade sostenesse questo punto di vista è confermato da
C1c. Luc. 33: visio veri/alsique communis. Cfr. D.N. SEDLEY, On Signs,
inJ. BARNES-J. BRUNSCHWIG-M. BuRNYEAT-M. SCHOFIELD (eds.), Science
and Speculation. Studies in Hellenistic Theory and Practice, Cambridge
1982, p. 250 nota 27: «The list is given by Carneades, but that be is bor-
rowing it from the Stoics is clear not only because that is bis standard
method [... ] but also because ali three senses are found in Stoic usage but
only the third in Carneades' own».
81 Cfr. C1c. Luc. 103: multa falsa probabilia sint.
82 M vrr 175: èµnin<ei 8€: Écr0' O<e Ka.Ì iveu8fiç, éOcrte àv6:yKTJV Éx;e1v

KUÌ Tij KOtVfj 1tOt€: toU Ò:/l.T]0o6ç KC1.Ì 'lfCU8o6ç cpav<a.cri(f x;pfjcr0a.1. OÙ µÉ:v-
't'Ol 81à t~v crrcétviov <a.0<nç rcapÉ:µn<rocrtv, Af.yro 8€: tfjç µlµouµévnç tò
à.ì..ri8f.ç, à.rc1crtTJ<É:ov écrti <U chç <èni> <Ò noì..ù Ò.À.TJ9euo0crl]· tc'fl yàp chç èni
tò noAù <étç té Kpicretç Kaì <Ò.ç npO.çetç Ka.voviçecr8ai cruµ~É~T\KéV. È si-
gnificativo l'uso dello stesso verbo Kavov{çecr0at a proposito del criterio
d'azione di Arcesilao in M VII 158: Ù<t 6 nEpÌ nétv'l:rov ènf.x;rov Ka.vovtEÌ
'tà.ç atpf.cretç KUÌ cpuyà.ç KaÌ KOtv&ç 'l:Ò.ç rcp6:~Etç 'l:<P el>A6ycp, KU'l:Ù 1:061:6 'l:é
npoepx;6µevoç 'l:Ò KptTi1p1ov Ka.1:op0c0cr<:t.
158 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

riferisce alla "rappresentazione che per lo più dice il vero":


infatti egli ha dimostrato che la relazione della rappresenta-
zione con il soggetto è l'unica a cui il percipiente ha accesso 83 •
L'introduzione del "per lo più" all'interno della giustifica-
zione del criterio, potrebbe indicare che per Carneade la rap-
presentazione probabile è quella rappresentazione che più si
avvicina al vero, in quanto gli assomiglia 84 • In breve Carneade
avrebbe anticipato il significato di probabile nel senso della
probabilità statistica basato sul calcolo delle frequenze". In
un certo senso proprio il significato di verisimile che si riscon-
tra in alcuni passi della testimonianza ciceroniana, corrispon-
derebbe a quest.o modo di intendere il probabile". Ciò che

8) Cfr. M Vll 168-9.


84
Cfr. C1c. Luc. 36: cum dicant passe accidere sapienti ut, cum omnia
fecerit diligentissimeque circumspexerit, existat aliquid quod et veri simile vi-
deatur et absit longissime <a> vero, <ne> si magnam partem quidem, ut so-
lent dicere, ad verum ipsum aut quam proxime accedant confidere sibi pote-
runt. Cfr. anche Luc. 7-8, 66 e R. Hirzel, V. Brochard, C. Stough, a cui si
affianca recentemente S. 0BDRZALEK, Living in Doubt: Carneades' Pitha-
non, cit., p. 247 nota 9, che dichiara: «I argue that the pithane phantasia is
not merely whichever impression causes usto assent, but that it is which-
ever·impression we take to best approximate the truth, and that it can be
deliberately employed to justify our beliefs. This might call into question
how I understand vividness: if to be vivici is merely to compe1 assent,
then this would weigh against me». Ma contra si pone M VII 169-72, da
cui si evince che Carneade chiama 1tl0avfi la rappresentazione che appare
vera, perché per natura ci persuade, attribuendole un ruolo causale.
85 Cfr. W. GORLER, Àlterer Pyrrhonismus., cit., pp. 862-3: «Bei Ci-

cero ist das 'Wahrscheinliche' noch starker an das 'Wahre' angenahert


[... ] Auch er [Cicero] hat die 'statistische' Wahrscheinlichkeit im Sinn».
Contra M. BuRNYEAT, Cameades Was No Probabilist, cit; Io., Eikos mu-
thos, «Rhizai», II (2005) pp. 145-6.
86 Per la differenza tra· la concezione del 1tL0av6v di Carneade e il

probabile ciceroniano, cfr. W. GORLER, Ein Sprachlicher Zufall, cit., rist.


in Kleine Schriften, cit., p. 61 e sgg.; cfr. anche C. LÉVY, Cicero Acade-
micus, cit., p. 290. S. 0BDRZALEK, Living in Doubt: Carneades' Pithanon,
cit., pp. 243-79, respinge l'interpretazione debole del 1tt0av6v carrleadeo
come ciò che è convincente, a cui aderisce la maggior parte degli stu-
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 159

tuttavia rende problematica questa interpretazione è che Car-


neade ha prospettato l'eventualità che la rappresentazione
probabile, pur possedendo la caratteristica di apparire forte-
mente vera (cfr. 171) e manifestando se stessa con sufficiente
chiarezza (cfr. 173), sia talvolta falsa (cfr. 175), anche se que-
sto caso si verifica raramente. Infatti .egli ha fin qui descritto
la rappresentazione probabile come quella che convince, non
in quanto è conforme a una realtà esterna indipendente dal
soggetto che la sperimenta, ma perché conquista la fiducia del
soggetto in base a motivazioni scaturit.e dalla valutazione di
ciò che a lui appare 87 • Per questa ragione essa comporta oscil-
lazioni e gradi maggiori o minori di credenza, come dimostra il
fatto che essa include sia la rappresentazione che imita il vero,
sia quella che per lo più dice il vero:

«Tale è dunque il primo e comune criterio secondo Car-


neade»88.

diosi, e accoglie quella forte, ma minoritaria, che lo definisce come ciò


che as_somiglia al vero sulla base del fatto che è maggiormente adeguata a
rispondere ali' accusa di apraxia.
87 La domanda polemica rivolta da Lucullo agli Accademici in Crc.

Luc. 44: qualis est istorum oratio qui omnia non tam esse quam videri vo·
lunt?, conferma che il probabile si manifesta come "ciò che appare".
Cfr. ivi, 105: sed ea quae vos percipi comprehendique eadem nos, si modo
probabilia sint, videri dicimus. Non si tratta qui della distinzione episte·
mologica essere·apparire, propria del neopirronismo, ma del significato
fenomenologico di <po.ivsi:o.1, nel senso che lo scettico accademico, fon·
dando l'ò.7to.paÀ.À.al;ia delle rappresentazioni sul piano di una relazione
meramente soggettiva (cfr. ivi, 40: nihil interesse autem non modo si omne
ex parte eiusdem modi sint sed etiam si discerni non possint), limita il suo
discorso a ciò che appare. Sul significato non epistemico di <po.ivsi:o.1 nel
pirronismo, cfr. M. BVRNYEAT, Can the Sceptic Live his Scepticism?, cit.,
pp. 25-6; J. BARNES, The Belief of a Pyrrhonist, cit., pp. 11-3 (entrambi gli
articoli sono ristampati in M. BuRNYEAT·M. FREDE (eds.), The Origina!
Sceptics. A Controversy, cit., su cui si veda M.A. WLODARCZYK, Pyrrho·
nian lnquiry, cit.).
88 MVII 175: i:ò µèv oùv ttp(i:nov KO.Ì KOLVÒV Kpti:'llptov KO.Cà. i:oùç

7tEpi i:òv Kapvsét.Oriv È.cri:ì i:o10Gi:ov.


160 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Carneade si pone dunque dalla prospettiva di colui che agisce e


che sulla base dell'esperienza soggettiva può rassicurare che la
rappresentazione che imita il vero si presenta raramente. Ma
"soggettivo" non significa i.arbitrario", bensì significa "con-
vincente" nel senso di ciò che si guadagna il sentimento più o
meno grande di fiducia; infatti la nostra stessa rappresenta-
zione non può condurci all' 44 oggettivo", ovvero non può con-
durci al di là di ciò che appare". Non sono dunque gli oggetti
che svegliano in noi la persuasione della probabilità, ma siamo
noi che per natura siamo portati a credere 90 • Allora la rappre-
sentazione che "per lo più dice il vero" è quella che sulla base
delle esperienze passate si è dimostrata capace di discriminare
in quanto ha raggiunto l'obiettivo, ed è su di essa che si rego-
lano i giudizi e le azioni. Sembra dunque che Carneade intenda
porsi in stretta continuità con la descrizione dell'azione dell'ac-
cademico come xm6p0coµu, proposta da Arcesilao, in quanto la
rappresentazione che per lo più dice il vero può essere giudicata
tale soltanto dal risultato, ovvero a posteriori 91 •

L'estensione del probabile

Dunque il primo e generale criterio è la rappresentazione


che è comune al vero e al falso, che però non offre alcuna
garanzia che l'azione raggiunga l'obiettivo, perché si tratta di
una rappresentazione che è isolata. Carneade quindi spiega

89
Cfr. Clitomaco in C1c. Luc. 104-5: relinquiteius modi visa quibus
ad actionem excitemur, item ea quae interrogati in utramque partem respon-
dere possimus sequentes tantum modo quod ita visum sit, dum sine adsensu
[... ] sed ea quae vos percipi comprehendique eadem nos, si modo probabilia
sint, videri dicimus.
9
° Cfr. M VII 169 e 172 in cui Carneade ribadisce che la rappresen-
tazione che non appare vera µTt [... ] nsif)stv ~µO.ç néq>oK:ev. In questo
senso il ttt0av6v è secondo natura; cfr. C1c. Luc. 99: etenim contra natu-
ram esset <si> probabile nihil esset. Si veda anche L. CR~ARO, Lo .scetti-
cismo degli Accademici, Milano 1889-93, 1985 2 , p. 89.
91 Cfr. M VII 158 e supra, pp. 118-20.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 161

perché la rappresentazione probabile e insieme irreversibile (fi


m8avTj éiµa Kaì anspicrna<noç) sia un criterio in grado di
discriminare maggiormente:

«Poiché non esiste mai una rappresentazione che sia isolata


(µovoet8T]ç) 92 , ma al modo di una catena l'una dipende dall'al-
tra, si aggiungerà come secondo criterio la rappresentazione
probabile e insieme irreversibile. Per esempio, chi ricava la
rappresentazione di un un uomo, di necessità riceve anche una
rappresentazione delle cose che lo riguardano e di quelle che
sono al di fuori di lui: di quelle che lo riguardano, come colore,
statura, figura, movimento, modo di parlare, vestito, scarpe;
di quelle che sono al di fuori, come aria, luce, giorno, cielo,
terra, amici e tutte quante le altre cose» 93 •

La maggiore estensione della rappresentazione probabile e


insieme irreversibile dipende dunque dal fatto che, essendo
costituita da un gruppo di rappresentazioni, nessuna di esse cj
appare falsa e ci distoglie dal credere (mms0stv) e guadagna
così la nostra maggiore fiducia:

«Qualora dunque nessuna di queste rappresentazioni ci di-


stragga con lapparire falsa, ma tutte concordemente ci ap-
paiano vere, noi prestiamo maggiormente fiducia» 94 •

Per esempio noi crediamo che l'uomo che ci si fa incontro è


Socrate quando concordano tutte le sue caratteristiche abituali
e tutte le circostanze ambientali che sono collegate alla sua
esistenza.
In effetti già Crisippo aveva fondato la conoscenza non su
una singola rappresentazione catalettica isolata, ma sulla coe-

92 Il termine µovoEt8fiç è stato tradotto in più modi: "simple in

form" Bury; "never stands in isolation" Long-Sedley; "monadic" Bett;


"uniforme" Russo; "einzige" Fhickiger.
93 MVII 176-7.
94 M VII 177-8: 5'CO.V oUv µ118&µ{av 'tOÒ'troV 't&v cpav'to.cr1&v tcEptÉÀ.Kl:J

ftµàç '!:0 cpo.ivEcr0at. 'lfEU8f]ç, Ò.À.À.Ò. rcO.cro.t cruµcpOOvroç cpo.ivcov'tat. Ò.À.T]8Eiç,


µàÀ.À.ov rc1cr-rE.:Uoµev.
162 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

renza della rappresentazione attualmente percepita con il com-


plesso delle rappresentazioni passate". La conoscenza non si
costituisce infatti attraverso comprensioni isolate e staccate le
une dalle altre, ma ogni nuova comprensione deve essere con-
frqntata con quelle precedenti per esaminare se essa sia in
contraddizione con esse. Non è dunque sufficiente che la
rappresentazione abbia certi caratteri, ma per essere accolta,
essa non deve entrare in conflitto con le altre rappresentazioni
che .si possiedono. Così il rifiuto di una nuova rappresenta-
zione, che per qualche ragione è incomprensibile, coincide con
la conservazione di quelle catalettiche che già si possiedono. È
necessaria perciò un'analisi adeguata che permetta di valutare
tutte le circostanze presenti e passate relative alla percezione e
stabilire l'intrinseca coerenza o contraddittorietà delle rappre-
sentazioni. Dunque anche nel caso della descrizione del pro-
babile come cruvopoµl\ di più rappresentazioni connesse le une
alle altre come maglie di una catena, Carneade riprende an-
cora una volta l'analisi del processo conoscitivo elaborata dagli
Stoici"-
Ad illustrare come e perché la rappresentazione probabile
e irreversibile si guadagna una maggiore fiducia, Sesto pre-
senta l'esempio del medico che non riconosce il febbricitante
da un solo sintomo, ma dal concorso di .vari sintomi, come la
temperatura, il polso, il rossore, la sete, ecc. E conclude sta-
bilendo un'analogia fra il procedimento del medico e quello
dell'Accademico:

«così anche !'Accademico con il concorso delle rappresenta-


zioni forma il giudizio di verità (<i'Jv Kpimv <f\s u'.l..ri9das) e se
nessuna delle rappresentazioni concorrenti lo distrae come

" Cfr. PHerc. 1020 (SVFII 131) e H. VON ARNIM, Ubereinen stoischen
Papyrus der herculanensischen Bib/iothek, «Hermes», xxv (1889) p. 473.
96
Cfr. Crc. Luc. 40: conponunt igitur primum artem quandafft de his
quae visa dicimus [... ] totidem verbis quot Stoicis.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 163

falsa, afferma che quello che cade sotto i suoi sensi (•Ò npoa-
ninwv) è vero (à1'.116éç)» 97 •

È significativo che nel!' argomentazione precedente di Car-


neade a sostegno del fatto che la rappresentazione probabile
non è µovoetùiv;, ma è costituita da un concorso di rappre-
sentazioni, non compaia il verbo auyKmciti6Ea6at per descri-
vere la relazione tra la rappresentazione e colui che la speri-
menta, bensì il verbo rttcr'tEDEtv 98 , ovvero il "credere", che
indica una credenza soggettiva, mentre nell'esempio del me-
dico si parla di "giudizio di verità" e di "vero", termini che
si riferiscono alla conoscenza oggettiva di ciò che è. Il so-
spetto che l'esempio del medico sia il commento di Sesto
piuttosto che parte integrante dell'argomentazione di Car-
neade, non può essere escluso 99 : innanzi tutto l'esempio è
congeniale a Sesto in quanto è tratto dalla medicina; in se-
condo luogo si riferisce in modo impersonale all'"Accade-
mico", indicando che colui che commenta è esterno all' Ac-
cademia. Inoltre è in palese contraddizione sia con il linguag-
gio utilizzato precedentemente sia con gli esempi che se-
guono, come vedremo tra poco. A smentire il fatto che
Carneade potesse essersi riferito a concetti come "giudizio
di verità" e "vero", è infatti l'esempio di Menelao. Questi,
avendo lasciato sulla nave il simulacro ('tÒ ii8ro1'.ov) di Elena,
che conduceva da Troia come se fosse realmente Elena, vede
sull'isola di Faro la vera Elena

97 M vu 179: oOtro Kaì ò •AKa8TJµalKòç TU cruv8poµij téùv <pav-cacriéùv


ttOl&itat t'JÌV Kpicr1v tfjç à/..TJ9&iaç, µTJ8&µtàç t& "téùv Èv "tij cruv8poµij <pavta-
crtéùv rc&ptcrttcOcrT]ç a&ròv OOç \jl&U8oGç À.i:y&l à/..ri9i:ç &Ìva1 tò ttpocrxix"tov.
98
178: µCi?i../..ov xtcr"t&Uoµ&v; 179: Ott yàp oUt6ç E:crtt LroKpét"tT]ç, x1-
0""t&u6µgv. W. GORLER, Ein Sprachlicher Zufall, cit., p. 71, osserva come
il verbo tt1crt&U&1v indica piuttosto uno stato che un'attività.
99
Cfr. anche A.A LoNG-D.N. SEDLEY, Hellenistic Philosophers, cit.,
rr, p. 448 (69 E).
164 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

«e sebbene ricavasse da essa una rappresentazione vera, non


.prestava fede a tale rappresentazione per il fatto di essere
distratto dall'altra per la quale sapeva di aver lasciato Elena
sulla nave: tale è dunque la rappresentazione irreversibile» 100 •

Ci si può chiedere perché Carneade, per spiegare in che senso


una rappresentazione è detta irreversibile, abbia scelto l' esem-
pio di una rappresentazione non irreversibile - dal momento
che la rappresentazione della vera Elena recepita da Menelao
è di fatto ostacolata dall'altra della falsa Elena lasciata sulla
nave. La scelta dell'esempio di una rappresentazione vera che
appare falsa non è perciò casuale, ma risponde alla logica
argomentativa di Carneade che, avendo lasciato sussistere
soltanto la relazione della rappresentazione con il soggetto
percipiente, affida il potere discriminativo interamente alla
forza persuasiva con cui si impone la rappresentazione sul
soggetto che la sperimenta 101 • Non è un caso che Carneade
anche in PH 1 227 fornisca sempre l'esempio di una rappre-
sentazione non irreversibile, al posto di una irreversibile, ov-
vero proponga la rappresentazione della vera Alcesti alla quale
Admeto non voleva credere perché era ostacolata dalla rap-

100
M vn 180-1: crrc&v -es &:n:' aù-cfjç Ù.À:r1Gfj <pav'tacriav Oµroç où tt1-
cri:s6st -cij 't"Ota6't1J <pavtacriq. Otò. -cò Utt' O.>..>.:r1ç ttsp1crttacr8a1, Ka0' i\v ijùs1
Ù.ttOÀ.EÀOttt©ç èv ·'tij VTli tTiv 'EAév11v. -co1al><Tj yoi3v ècrti Kai Tt &.nspi-
crnacr-roç <pavtacria.
101
In tal senso Carneade proponeva anche l'esempio di Ercole che
uccide i-suoi figli scambiandoli per i figli di Euristeo (cfr. M vn 405-8).
Ercole recepiva nel contempo la rappresentazione dell'arco che era vera,
mentre quella dei figli era falsa, ma entrambe costituivano un'unica rap-
presentazione (in quanto la rappresentazione è una cruv8poµfi nella quale
le singole rappresentazioni non possono essere isolate) e dunque Ercole
si trovava nella sua relazione con la cruv8poµfi nella medesima condi-
zione: µia yò.p Kaì Ti aùtTi npouttÉKEtto Kai &cra6-rroç éxovtt <pavtacria.
Ma se è così, la conclusione di Sesto in M VII 179, ò 'AKa011µalKòç tij
cruvòpoµfj t&v qiav'tacr1&v ttotsita1 't"Tiv Kpicr1v -rfjç Ò:À.T)0Eiaç, non esprime
fedelmente il pensiero di Carneade (vedi infra, nota 105), bensì la' con-
clusione di Sesto o della sua fonte.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 165

presentazione di Alcesti morta, anch'essa vera 102 . A ben guar-


dare, si vede come entrambi gli esempi siano volti a dimo-
strare che la certezza, in quanto stato soggettivo, è completa-
mente indipendente dalla verità o falsità dei fatti 103 • Con ciò
Carneade non solo affermava che non è possibile distinguere
la rappresentazione vera da quella falsa, perché entrambe
hanno lo stesso valore persuasivo, ma implicitamente esclu-
deva che la rappresentazione probabile e irreversibile è ade-
guata a pronunciare il giudizio di verità, come poco prima Sesto
ha invece affermato 104 . Del resto anche la rappresentazione
irreversibile ha un'estensione, come è attestato dalla eventua-
lità che se ne può trovare un'altra probabile e irreversibile in
misura maggiore della prima 105 •

102 Utilizzando infatti il concetto di rappresentazione ànepiunau't'oç

introdotta da Carneade e gli stessi esempi, gli Stoici recenti (cfr. M vn


255-6) dimostrano che la rappresentazione di Elena sull'isola di Faro, e
di Alcesti ricondotta dall'Ade, pur essendo catalettiche, non inducevano
né Paride né Menelao ad assentire perché erano ostacolate e quindi non
erano ànÀ&ç criterio di verità. Il fatto che essi si servano degli stessi
esempi, ma intendano UrcÀ&ç nel senso di "senza limitazioni", sta a indi-
care la preoccupazione di neutralizzare e contestare l'affermazione di
Carneade, che non esiste "assolutamente", ànÀ&ç, un criterio di verità.
Del resto il differente uso semantico di termini comuni è uno degli aspetti
qualificanti e più eloquenti della polemica stoico-accademica, cfr, A.M.
lOPPOLO, Opinione e scienza, cit.
103 Cfr. L. RoBIN,- Pyrrhon .et le Scepticisme grec, Paris 1944, p. 97.
104 Infatti la rappresentazione probabile e irreversibile è introdotta

dalla cqnsiderazione Kaì O-et ti ànepiunau't'6ç ÈCJ'tl uov0poµ1) -coU nicr-ctv


ȵnoteiv q:iavep6v, confermando che Carneade si riferisce alla rappresen-
tazione probabile come quella che nicr't'tV ȵnoteiv e non come quella che
esprime il giudizio di verità. Come sottolinea R. BETT, Sextus Empiricus.
Against the Logicians, cit., p. 37 nota 79 (che però segue il testo mano-
scritto, 't&V niu'ttV ȵnotoou&v)· «the overall train of thought is not ob-
scured, since this clause is clearly supposed to be recapitulating the pre-
vious few sentences».
10 ~ M vrr 181: fp:1ç Kaì aU-cit 1tÀét.'toç eìxev BotKe Otà 't'Ò &.À.ÀTJV CiÀÀTJç

µàÀÀov Ò.7tppiunacr-coç eUpicncecr0a.t. .


166 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

«E più degna di fiducia e più completa a pr~durre il giudizio


(7ttcHOtÉpa µéiÀ.À.OV fon KUÌ tEÀEtotUtTJV 7lOtoilcra tijv Kpicrtv)
è infatti la rappresentazione che oltre a essere irreversibile si
trova a essere anche ben ponderata (lht KUÌ iìtel;roiìeuµÉvTJ)» 10'.

La differenza tra le due rappresentazioni consiste nel fatto che


la rappresentazione irreversibile e ben ponderata acquista un
grado maggiore di" credenza non solo dalla constatazione che
non ci siano altre rappresentazioni che ne contraddicano I' at-
tendibilità 107 , ma anche da un esame dettagliato e accurato di
tutte le circostanze che concorrono a determinarla. L'esempio
che fa Carneade è quello della dochimasia ateniese, ovvero
dell'esame a cui era sottoposto il candidato che aspirava a una
carica nella magistratura in modo da stabilire se costui avesse
le qualità necessarie a svolgere quella data carica. Si tratta
quindi della fiducia che il candidato riesce a guadagnarsi di
fronte àl popolo 108 • Così, anche nel caso della rappresenta-
zione, debbono essere sottoposti a un esame accurato sia l' og-
getto intorno al quale si vuole pronunciare il giudizio, sia il
soggetto che giudica, sia ciò attraverso cui avviene il giudizio,
in modo da stabilire che tutte le condizioni percettive siano
rispettate e siano le più favorevoli 109 • Carneade quindi spiega

106
Ibid.
107
182: É1tÌ µÈv yò.p tiiç ò.nepi.cr1t6.crtoo 1.jltÀÒv Sritei'tat 'tÒ µriSeµiav
'té1Jv Èv 'tij crov8poµij q>avta.crt&v ©ç weuSii fiµO.ç nepi.crrcàv, n6.craç 8È elvat
à1ri0eiç te [Ka.ì del. Heintz] q>ai.voµÉvaç Kaì µTi Ò.nt06.vouç.
108
Ibid.: O'tav 6 8flµoç [... ] É.!;etciSu ei à:l;i6ç Écrtt 'toi.S <il> nuneu-
0flvai. t'JÌV àpxTiv ii t'JÌv Kpicrtv. R. BARNEY, Appearances and lmpressions,
«Phronesis», XXXVII (1992) pp. 283-313, a p. 308 sottolinea come la me-
tafora dello scrutinio pubblico dei candidati politici utilizzata da Car-
neade in MVII 182 per mettere alla prova le rappresentazioni del gruppo
appartenga al linguaggio fenomenologico dello scettico: «severa! terms in
the sceptical vocabulary have political or legal connotations, and the
sceptic's judgemental process can find counterparts in processes of legai
and pOlitical deliberation». Sul significato delle espressioni scettiche,
cfr. J. BARNES, The Belief of a Pyrrhonist, cit., pp. 13-5.
109
Cfr. MVII 188-9. Si tenga presente che queste sono le condizioni
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 167

in che senso la rappresentazione probabile e quella probabile e


irreversibile e inoltre quella probabile e irreversibile e ben
ponderata sono una per una (Kue' ev) criterio l " . Sono infatti
le diverse circostanze a determinare quale rappresentazione si
deve, o si può, seguire. Se quando indaghiamo nella vita ordi-
naria intorno a fatti di scarsa importanza ci accontentiamo di
un solo testimone, a mano a mano che la cosa ci tocca più da
vicino, interroghiamo testimoni più numerosi, fino a che nelle
cose di massima importanza

«sottoponiamo ad esame anche ciascuno dei testimoni in base


alla concordanza reciproca degli uni con gli altri, così, dice Car-
neade, nelle cose di scarsa importanza ci serviamo (:tproµe0u)
come criterio della rappresentazione solo probabile, in quelle
di maggiore importanza della rappreseutazione irreversibile, e
in quelle che concorrono alla felicità della rappresentazione
ben ponderata» 111 •

Non sempre, però, possiamo scegliere di_quale rappresentazione


servirci, bensì sono le differenti circostanze a determinarlo:

«Ma come a seconda della differente importanza delle cose


dicono di assumere (nupuÀuµ~aveiv) una rappresentazione
diversa, così a seconda delle diverse circostanze dicono di
non seguire la stessa (µTj ti'.\ m\tij KutuKOÀoo0Ei:v)» 112 •

Quando per mancanza di tempo la circostanza impedisce una


113
valutazione accurata dei fatti, non ci si può che attenere alla
rappresentazione solo probabile. Questo è il caso di un tale

di verità poste dagli Stoici a garanzia della veridicità della rappresenta-


zione catalettica: cfr. VII 258-9, ma che per Carneade costituiscono le
condizioni perché io "presti fiducia", "segua", o "creda" ciò che mi ap-
pare vero.
110 M vn 184: 10.frta yàp nét.v1a Ka0' Ev "(iVE'tO.t Kpi-cftpiov.

111
Ibid.
112
M VII 185.
113 Ibid.: -cij µèv yàp aù-cò µévov nt0avij npocrÉ:X,EtV À.Éyoocnv.
168 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

inseguito dai nemici che dinanzi a un fossato non ha il tempo


di stabilire se si tratta di un'imboscata oppure no:

«quindi trascinato via da quella rappresentazione come proba-


bile devia e fugge dal fossato, seguendo la persuasività della
rappresentazione (én6µEvoç 1ij 1tEpÌ 1i]v <pav1acriav m0a-
V011]1t), prima di aver considerato con precisione se realmente
in quel luogo vi è un agguato dei nemici oppure no» 114 •

La pura e semplice rappresentazione probabile non consente


dunque al fuggitivo di stabilire quale delle due azioni alterna-
tive sia giusto scegliere, se restare o fuggire. Se egli dispone
del tempo sufficiente per esprimere il giudizio, può estendere
la probabilità a un grado più elevato:

«Seguono (enonat) invece la rappresentazione probabile e pon-


derata nei casi in cui è concesso il tempo per usare con cura e
con ponderazione il giudizio (µs1à èmcrnicroroç Kaì orni;rooou
xpficr0at 1ij KpicrEt) su ciò che si presenta loro davanti» 11 '.

Fin qui Sesto ha usato verbi quali 8"Ecr0at, KaWKOÀ.ou0oiv,


XPf\cr0at, 7ttCf'tÉUEtV, OÙK Ò.7ttCTtEiV 116 ,
ecc., che indicano da
parte di Carneade la ricerca di una terminologia tecnica ca-
pace di esprimere lo stato di distacco epistemologico implicito
nell'adesione al probabile. Carneade ha argomentato che, per
quanto si possa elevare il grado di persuasività della rappre-
sentazione, non ci sono motivi per considerare una rappresen·
tazione più vera del!' altra, ma solo maggiormente convincente.
Quindi Sesto passa ad esemplificare il grado più elevato di
persuasività, che consiste nella rappresentazione probabile e
ben ponderata. L'esempio è quello di un uomo che, vedendo

114
M VII 186.
"' MVII 187.
116
Cfr. W. GORLER, Àlterer Pyrrhonismus, cit., p. 871; G. STRJKER,
Sceptical Str~tegies, cit., p. 61 nota 21.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 169

una corda attorcigliata in una stanza buia, a prima viSta ha


l'impressione che sia una serpe e prova l'impulso di fuggire 1"-

«Ma .dopo voltasi indietro esamina ciò che è vero (à~atétcrn!


taA.ri9éç) e trovando che è immobile egli già è incline a pensare
che non sia un serpente. Tuttavia ragionando che anche i
serpenti talvolta sono immobili quando sono resi rigidi dal
gelo invernale, percuote con il bastone quella cosa attorcigliata
e allora, avendo ben esaminato la rappresentazione che gli si è
offerta, assente (crnyKatUtieetm) che è falso che sia un ser-
pente il corpo rappresentatoglisi come tale» 118 •

Qui c'è un deciso mutamento nel linguaggio di Sesto, che dopo


aver utilizzato una terminologia fenomenologica e anassertiva,
EJWvtm, xpficr9m t'Q Kpicrat, passa poi a descrivere l'esempio
che, per Carneade, si riferisce al grado più elevato di rappre-
sentazione probabile, servendosi di termini come "vero" e ·"as-
sentire" che hanno una connotazione fortemente dogmatica.

«E di nuovo, come ho detto prima, vedendo qualche cosa molto


chiaramente, assentiamo che questa è vera (6p&vt8ç ti 1tE-
ptcpav&ç cruyKatan9éµa9a on toùte <iA.ri9tç fon), dopo aver
prima constatato con un esame accurato che abbiamo i sensi

117
Lo stesso esempio ricorre in PH I 227.
118
M vrr 188. In PH I 228 i gradi della probabilità sono invertiti, in
quanto l'ultimo grado è costituito dalla rappresentazione irreversibile e
non da quella ben ponderata. Si badi che Cicerone nel Lucullus non di-
stingue gli ultimi due gradi della probabilità, cfr. Luc. 3.3 e 35. La descri-
zione dei due gradi della rappresentazione probabile, quella non di-
stratta e quella ben ponderata, come sostiene M. ScHOFIELD, Acr:idemic
Epistemology, cit., pp. 349-50, non sembra individuare due possibili sta-
ges nell'esame di una rappresentazione «but simply two sorts o/ testing».
Cfr. anche J. Au.EN, Academic Probabilism and Stoic Epistemology,
«Classica! Quarterly)>, xuv {1994) pp. 97-9. Come rilevava L. RonIN,
Pyrrhon, cit., p. 98, le divergenze nell'ordine dei momenti successivi
della certezza non hanno importanza perché ciò che conta «c'est que la
certitude, loin de résulter d'un acte unique et d'une saisie immédiate, est
au contraire quelque chose de très complexe)>.
170 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

integri, che vediamo mentre siamo svegli e non in sogno e che al


contempo l'aria è limpida, la distanza è proporzionata, l'oggetto
che cade sotto i nostri sensi è immobile, cosicché per tutti
questi fattori la rappresentazione è degna di fiducia (!tt<HTJV),
avendo avuto noi avuto un tempo sufficiente per l'esame delle
cose osservate nell'ambito della rappresentazione» 119 •

Ma come si concilia questa analisi della rappresentazione pro-


babile irreversibile e ben ponderata con. quella precedente-
mente esposta? E, soprattutto, perché Sesto ne riferirebbe
due volte? Il resoconto sull'estensione della rappresentazione
probabile si potrebbe considerare infatti concluso alla fine del
par. 185, con la descrizione della rappresentazione probabile
irreversibile e ben ponderata come "quella più compiuta a
formulare il giudizio". Non ci sarebbe infatti necessità di
ritornare a spiegare come si articolano i vari livelli di proba-
bilità - dal momento che ciò è già stato diffusamente illustrato
da Sesto -, se non per apportare una differenza significativa.
Nella seconda descrizione della rappresentazione probabile
irreversibile e ben ponderata dei parr. 187-8, infatti, non si
parla più di "seguire" la rappresentazione probabile, ma di
uassentire a ciò che è vero" 120 • A questo punto il resoconto
sul criterio di Carneade si presenta come intrinsecamente in-
coerente, in quanto Carneade, eliminando la distinzione fra
"ciò che appare vero" e "ciò che è vero", proporrebbe non più

119 MVII 188-9.


120
S. 0BDRZALEK, Living in Doubt: Carneades' Pithanon, cit., p. 247
nota 6, dichiara di non voler mantenere una distinzione linguistica stretta
tra "assenso" e "approvazione" perché: «Though both Sextus and Cicero
frequently employ specialized terms for non-dogmatic assent such as ad-
probari (Acad. 2. 104) and eXEcr0a1 (M. 7. 187) [... ] they are notatali ri-
gorous in their usage - Sextus, for example, frequently describes the Aca-
demics as assenting (cruytca'ta:ri0Ecr0a1, MVII 172, 188)». Tuttavia,· forse,
lo scarso rigore linguistico potrebbe essere messo a carico di Sesto, piut-
tosto che di Carneade, se è vero, come la stessa Obdrzalek ammette (p.
242), che: «as a Pyrrhonist, Sextus was critica! of the Academy and may
bave exaggerated what he took to be Carneades' dogmatism)>.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN M VII 171

il probabile come ciò che è psicologicamente convincente ma il


probabile come ciò che è epistemologicamente certo.

La critica di Sesto e l'uso delle fonti in M VII 150-89

Dall'esposizione di Sesto non è facile dunque stabilire se


le incoerenze riscontrate siano da attribuire allo stesso Car-
neade o se piuttosto non siano un fraintendimento da parte
di Sesto. Se è vero, infatti, che Carneade dimostrava che
anche la probabilità, nella sua massima estensione, è indi-
pendente dalla verità, perché si basa sulla certezza sogget-
tiva, è pur vero che per elevare il grado di probabilità, è
necessario un esame di tutte le circostanze relative alla per-
cezione e di tutte le rappresentazioni del gruppo 121 • Ebbene,
gli esempi dimostrano che l'estensione della rappresenta-
zione probabile è frutto di un ragionamento ricavato dalla
propria esperienza soggettiva, com'è il caso di Paride nei
confronti di Elena o di Admeto nei confronti di Alcesti, e
quindi concerne una riflessione su rappresentazioni senso-
riali passate e conservate nella memoria 122 . In effetti il caso
di Admeto esemplifica molto bene come il fattore che lo
induce a respingere la rappresentazione vera di Alcesti viva,
non sia una caratteristica connessa al tipo di rappresenta-
zione recepita, ma piuttosto sia un ragionamento che si
fonda su un'opinione precedente. Egli ragionava che Alcesti
era morta e che i morti non resuscitano: manca infatti di

"' Cfr. MVII 176-83.


122
La polemica stoico-accademica sulla memoria è bene attestata
dallo stesso Cicerone nel Lucullus: cfr. Cicerone al par. 106: aut memo-
riam mihi remittas oportet et fateare esse ei locum etiam si comprehensio per-
ceptioque nulla sit, che risponde all'obiezione stoica del par. 22. Si veda
anche il gustoso aneddoto su Lacide e i furti dei discepoli dalla dispensa,
riportato da NuMEN. apud EusEB. PE xiv 7, 1-13 = fr. 26 Des Places, in
cui sembra che Lacide sostenesse appunto che la memoria è una ò6l;a:
cfr. A.M. IOPPOLO, Arcésilas dans le 'Lucullus' de Cicéron, cit.
172 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

ragionevolezza che un morto possa resuscitare 123 . La proba-


bilità può essere dunque elevata dal ragionamento che ela-
bora le rappresentazioni sulla base delle esperienze passate.
Ma non è la ragione a decidere. che una rappresentazione
considerata in connessione con le altre di un gruppo è più
credibile perché è più simile al vero di quanto lo sia una
rappresentazione probabile isolata dalle altre, ma piuttosto
è la credenza soggettiva, basata sulle esperienze passate che
viene accresciuta, perché è estesa ad un campo più vasto.
Non è un caso che Carneade fornisca esempi di rappresenta-
zioni puramente sensoriali 12 4, in cui è l'esperienza a giocare
un ruolo determinante mentre la ragione esercita semplice-
mente un controllo 125 • Si tratta di uno stato mentale che. per
natura è incline a credere alla rappresentazione che «oltre ad
apparire vera, possiede anche fortemente la caratteristica di
apparire vera» 126 • Dunque lo scettico di fronte alla rappre-
sentazione probabile si trova in uno stato puramente passivo
che non comporta alcuna scelta e, che, a maggior ragione,
esclude lassenso. Ma se il rapporto tra la rappresentazione
probabile e colui che la sperimenta è un lasciarsi andare
passivamente di fronte ali' apparire di ciò che naturalmente
ci persuade, si pone il problema se sia possibile sottoporre ad
un esame accurato le rappresentazioni, come invece accade
nel caso della rappresentazione 8teé;ro8euµÉvl] o 1tEptOlÒEÒ-
µav11. La capacità di estensione della rappresentazione pro-
babile poggia, come si è detto, su un'analisi razionale delle
rappresentazioni facenti parte del gruppo. E se è così, può

123
Cfr. M VII 256: O 'tE yàp ''.A.SµTJ'tOç i:Aoyiçe-ro é'tt -rÉ0VTJlC8V fl
"AAK11cr-r1ç lCa.Ì O'tt 6 O.n:o0a.vffiv oÙKÉ'tt O.vicr'ta.'tct.t: si tratta della risposta
degli Stoici recenti, che replicando a Carneade ne riprendono l'esempio.
124
Cfr. R. HIRZEL, Untersuchungen zu Ciceros philosophischen Schrif-
ten, cit., III, p. 150 nota 3.
125
V. BROCHARD, Les Sceptiques, cit., p. 111.
126
MVII 171.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 173

quest'esame essere descritto come un seguire la rappresenta-


zione, nel senso di una approvazione passiva 127 ?
Sesto si oppone a questa interpretazione quando in PH I
interpreta, come si è visto, il n:ei8ecr0ai. come un assentire. a
qualche cosa (cruyxarnii0w9ai nvt) con predilezione e con
simpatia accompagnata da un forte desiderio (rniù iò mpoopa
~ooA.wSat). Ed è significativo che, proprio in PH r 227-8,
dove Sesto descrive la posizione di Carneade e di Clitomaco
come dogmatica, si serva degli stessi esempi di MVII 187-9 128 •
Ma la critica di Sesto diventa più esplicita in M VII 435-8,
quando contesta la possibilità che la rappresentazione proba-
bile possa essere criterio e ne spiega la ragione con un discorso
che mira alla brevità, cruvwµoç A.6yoç 129 • Le rappresentazioni
probabili non possono essere utilizzate né come criterio di
condotta né per la scoperta della verità (ifjç év wiç oiicrtv
Ò.A.l]Seiaç), dal momento che nessuna di queste rappresenta-
zioni è utile npòç iùç wil ~iou 8tcl;ayroyé.ç 130 • Infatti prima di

127 W. GORLER, Àlterer Pyrrhonismus, cit., p. 871, ritiene che l'unico


caso che esemplifica un lasciarsi andare piuttosto che un comportamento
attivo sia quello del fuggitivo di fronte a una probabile imboscata in MVII
186 e poiché la distinzione tra assenso e approvazioi:ie non è mantenuta
con rigore nei testi, conclude che sia perciò giustificato il rimprovero ri-
volto a Carneade dai Pirroniani in PH I 230 sull'uso dogmatico di ttei0e-
cr0a.L Tuttavia, a mio parere, esiste un ragionevole dubbio che lo scarso
rigore terminologico piuttosto che allo stesso Carneade possa essere attri-
buito alle fonti. Ciò non esclude che il carattere dialettico delle argomen-
tazioni di Carneade contenesse anche alcune ambiguità linguistiche.
128 Si tratta dell'esempio della rappresentazione della fune scam-

biata prima per un serpente e poi attraverso un esame accurato ricono-


sciuta come una fune, che illustra la rappresentazione irreversibile e ben
ponderata.
129 Anche in PH r 230 Sesto conclude il resoconto su Carneade ri-

chiamandosi alla necessità di cruv•oµia.; ed è significativo che egli


esprima la stessa esigenza di brevità quando in M VII 167 passa ad illu-
strare il criterio d'azione di Carneade. Cfr. PH I 163 in cui Sesto, illu-
strando il decimo tropo di Enesidemo, ricorre a un cr&vtoµoç À.éyoç.
130 La stessa espressione è usata da Sesto in M VII 166.
174 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

agire è necessario sottoporre ciascuna di esse a una verifica


osservativa e questo significa che bisogna avere un criterio di
verità in base a cui giudicare la loro probabilità 131 • Proprio per
evitare questa obiezione Clitorilaco, da quanto si desume da
Cicerone, non fonda più la rappresentazione probabile e priva
di ostacolo su un gruppo di rappresentazioni internamente
coerente, come Carneade, ma semplicemente sulla condizione
che la sua probabilità non sia contraddetta dalle altre rappre-
sentazioni che la circondano. Ma ciò comporta una riformu-
lazione della capacità di estensione che Carneade attribuisce
alla rappresentazione probabile 132 • Non è un caso infatti che
Clitomaco proponga la rappresentazione probabile e non osta-
colata anche come criterio per regolare la condotta della vita, e
quindi come un criterio costante e valido in ogni circo-
stanza 133 , mentre Carneade, riteneva che ''nelle situazioni che
concorrono alla felicità" bisognasse attenersi alla rappresenta-
zione 1t10aVJÌ KUÌ anep(cma<noç KUÌ Otei;rooeoµéV'l, che rap-
presenta un grado più elevato 134 •

131
Cfr. in part. MVII 435·6 e vedi infra, nota 147.
Di La condizione aggiuntiva, "che non sia ostacolata", può essere
stata richiesta dal dibattito intercorso tra Carneade e gli Stoici più re·
centi, che avrebbero replicato all'affermazione di Carneade secondo cui
non esiste llnÀOOç alcun criterio, ponendo come criterio di verità la rap-
presentazione catalettica con la limitazione "purché non presenti alcun
ostacolo"; cfr, M vn 253 e 257 (vedi supra, nota 102). A favore di questa
interpretazione è il caso della rappresentazione vera, ma non convincente
presa in considerazione dagli Stoici più recenti in MVII 254. Per questa
ragione anche Clitomaco potrebbe aver adottato la ''rappresentazione
probabile e non ostacolata", pi~ttosto che quella semplicemente "proba·
bile". La critica di Enesidemo - ammesso che questi ne sia l'autore (vedi
infra, p. 177 e sgg.) - tuttavia, non prende in considerazione la soluzione
proposta da Clitomaco, come si evince anche dall'estratto di Fazio.
i.n Cfr. Luc. 99: quicquid acciderit specie probabile si nihil se offeret
quod sit illi probabilitati contrarium; 104: neque tamen omnia eius modi
visa adprobari sed ea quae nulla re impedirentur; 108: quid impediet actio-
nem eius, qui probabilia sequitur, nulla re impediente?
134
Ivi, 184. Sul significato dialettico contra Stoicos dell'ultimo gra-
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 175

Tuttavia il giudizio di Sesto si basa in buona parte su un


fraintendimento deliberato della posizione di Carneade'"·
Sesto_ trascura completamente il fatto che Carneade propone
il probabile come criterio di condotta dopo aver demolito il
criterio di verità 136 . È comunque nell'ambito della discussione
sul criterio d'azione e non del criterio di verità, che Carneade
prospetta come criterio "la rappresentazione probabile (m-
0avi]v) e la rappresentazione probabile e al contempo irrever-
sibile e ben ponderata (éiµa Kaì èmepicrnacnov Kaì 81at,ro8eu-
µévTj)" m. Quindi è illegittimo parlare di assenso al proba-
bile 138 , anche se Carneade è responsabile di non aver chiarito

do del probabile di Carneade, cfr. A.M. IOPPOLO, Carneade e il terzo libro


delle 'Tusculanae', «Elenchos», I (1980) pp. 76-91.
"' Cfr. MVII 173.
136 Contro il 7tl0av6v come criterio di verità si esprime chiaramente
Clitomaco in Crc. Luc. 103-4. R. BETT, Carneades' Pithanon, cit., p. 82,
suggerisce che la distinzione tra il criterio di verità e quello d'azione non
appartenga a Carneade: «even i/ the text does talk as i/ there are two sepa-
rate types o/ criteria - the distinction between the two types may very
well be Sextus' own» (il corsivo è mio). Questa conclusione però non
trova sostegno né nel testo di Sesto, come lo stesso Bett ammette, né
tanto meno nelle altre testimonianze: basti pensare all'accusa di apraxia
rivolta già prima ad Arcesilao che comporta necessariamente una rifles-
sione sulla separazione tra i due criteri: cfr. PLUT. adv. Col. 26, 1122 B-D;
de Stoic. rep. 47, 1057 A. Inoltre la testimonianza di Cicerone che, pre-
cedendo cronologicamente quella di Sesto, acquista particolare impor-
tanza per gli Accademici, attesta con chiarezza la separazione tra il cri-
terio di verità e quello d'azione: cfr. Luc. 32, 99, 104, 110. Per la distin-
zione posta da Sesto tra il criterio di verità e il criterio di condotta, cfr.
PH I 21-2; MVII 29 e sgg.; per le molteplici accezioni-del criterio di ve-
rità in Sesto, cfr.J. ANNAS, Stoic Epistemology, in S. EVERSON (ed.), Epi-
stemology, cit., p. 189 nota 18.
07 MVII 166. Come osserva J. GLUCKER, 'Probabile Veri Simile',

and Relates Terms, in J. POWELL (ed.), Cicero the Philosopher, cit., p.


139: «to accuse the Academic of trying to find the truth of sense-objects
as they are would be to ignore ali bis argument from èucapaÀÀal;ia, which
occupy so much of the debate in Cicero's Lucullus».
138 Cfr. Crc. Luc. 59, 67, 78, 112. Tuttavia Carneade sostiene per

motivi dialettici la tesi sapientem adsentiri aliquando, che è la diretta con-


176 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

in modo esauriente la natura del rapporto che l'aécademico


istituisce con la rappresentazione probabile. ·
È stato ipotizzato da alcuni studiosi che la fonte dell'in-
tera sezione di M VII relativa alla critica al criterio di verità
dell'Accademia scettica potrebbe essere Antioco. Antioco non
solo è citato esplicitamente al par. 162 per spiegare il punto di
vista di Carneade, ma a suo favore deporrebbe l'attacco alla
Ka,O.A.rJ\j/tç che è introdotto come un attacco limitato allo
stoicismo e non alla possibilità di conoscere in generale 139 , in
linea con la posizione della Quarta Accademia. Inoltre il modo
in cui è presentato il criterio d'azione sottintenderebbe la
convinzione, anch'essa propria della filosofia della Quarta
Accademia, che uno scettico non possa vivere il suo scettici-
smo 140 . Si aggiunga che la dossografia di M VII si conclude con
l'Accademia di Carneade interrompendosi vari secoli prima di
quando opera Sesto, come attesta la citazione delle fonti che
non vanno oltre il I secolo a.C.
Le ragioni cronologiche non sono evidentemente conclu-
sive perché sono compatibili anche con l'ipotesi di altre pos-
sibili fonti oltre Antioco, così come la menzione di Antioco al

seguenza della tesi che l'assenso va alla rappresentazione probabile. Egli


ricava infatti la tesi sapientem adsentiri aliquando, che costituisce la se-
conda premessa dell'argomentazione di Luc. 67, dalla riduzione all'as-
surdo della tesi stoica che il saggio non può non assentire alla rappresen-
tazione catalettica. Quindi si tratta di una tesi dialettica difesa contra
Stoicos; cfr. Luc. 59, 99, 108 e A.M. IoPPOLO, L'assenso in Clitomaco, cit.
139
H. TARRANT, Scepticism or Platonism?, cit., p. 89, sostiene che la
fonte siano i Canonica di Antioco nel periodo in cùi Antioco, ancora
scettico, professava la sua fedeltà alla posizione fallibilista di Filone; cfr.
anche pp. 106 e 114.
140
D.N. SEDLEY, Sextus Empiricus and the Atomist Criteria o/Truth,
cit., p. 45 sgg., avanza anche l'ipotesi che Antioco sia la fonte della se-
zione dossografica 141-260. H. TARRANT, Scepticism or Platonism?, cit.,
p. 93, osserva: «If Antiochus continues to be the source at 166 ff, as I
think must be the case, then he is surely just presenting the officia!
Fourth Academy view of the carneadean probabile (ni0av6v) as a con-
structive criterion».
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 177

162 potrebbe essere spiegata, come è stato sostenuto convin-


centemente da Jonathan Barnes 141 , nel senso che Sesto cite-
rebbe. Antioco soltanto per quello specifico intervento esege-
tico e non perché questi sia la sua fonte. Ma soprattutto, come
è gi~ stato notato da altri, il resoconto di Sesto sul criterio 142 è
condotto sulla base della diaphonia tra gli Accademici e gli
Stoici e anche tra i due Accademici: Arcesilao si differenzia
da Carneade perché non avrebbe fatto alcuna concessione al
criterio stoico mentre Carneade sarebbe partito dal!' assunto
che, se esistesse un criterio di verità, questo dovrebbe essere
la rappresentazione catalettica stoica. Questo modo di proce-
dere non è conforme alla strategia di Antioco che consisteva
nel dimostrare che tra i dogmatici ci fosse consenso 143 e non
diaphonia. Se inoltre I' analisi fin qui condotta è corretta e
quindi l'intento di Sesto non è tanto quello di fare di Arcesi-
lao un dogmatico negativo, quanto piuttosto quello di distin-
guere la sua filosofia dallo scetticismo pirroniano, l'ipotesi più
probabile è che l'autore del resoconto non sia un Accademico,
ma un pirroniano. Il candidato più probabile potrebbe essere
Enesidemo, che procederebbe come in PH I, riconoscendo ad
Arcesilao la patente di scettico 144 . Si potrebbe obiettare che,

14 ' Cfr. J. BARNES, Antiochus of Ascalon, cit., pp. 64-5.


'" Cfr. M vn 151-89.
"' Cfr. Crc. de fin. v 22 e 72. Cfr. A.A. LoNG, Ptolemy 'On the Cri·
terion': an Epistemology /or the Practising Scientist, in J.M. DILLON-A.A.
LONG (eds.), The Question of"Ecleticism". Studies in Later Greek Philoso-
phy, cit., p. 198: «As a reformed Academic Skeptic, Antiochus had had
the strongest of reasons for playing up consensus in the philosophical
tradition, as a foundation for defending his positive doctrines in ethics
and epistemology». Cfr. anche J. BARNES, La Oiatpwvia PyrYhonienne, in
A. VoELKE (éd.), Le Scepticisme Antique, cit., p. 198.
144 Si potrebbe ipotizzare che fonte di Sesto possa essere un pirro-
niano più tardo, intermediario tra Enesidemo e Sesto, come per esempio
Mnasea o Filomelo, di cui ci parla Numenio (apud EuSEB. PE XIV 6, 4-6
= Pyrrho T 34 Decleva) e che chiamavano Arcesilao crKC1t'ClKÒç «come
essi stessi erano, poiché anch'egli ha tolto di mezzo, il vero, il falso, il
178 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

mentre in PH I Sesto espone la posizione di Arcesilao indi-


pendentemente da quella stoica, in M vrr egli presenta la po-
sizione accademica partendo dalle premesse degli Stoici per
poi mostrarne le contraddizioni. E questo modo di procedere
corrisponde piuttosto al metodo accademico che lo stesso Se-
sto dice essere proprio di Carneade e di Clitomaco. Questi
Ultimi, secondo Sesto, combattono punto per punto le argo-
mentazioni degli avversari, ritorcendole contro di loro e così
estendono oltre misura la àv-rippTJ<nS, a differenza degli scet-
tici, che attaccano i fondamenti della dottrina dei dogmatici,
facendo rovinare tutto il loro edificio dottrinale 145 • Ciò tutta-
via non esclude ancora che la fonte possa essere proprio Ene-
sidemo, delle cui µaKpaì cnoixairocrEtS parla esplicitamente
Aristocle 146 • D'altra parte a favore di una dipendenza da Ene-
sidemo del resoconto sul criterio testimonia MVII 435-8, al-
lorché Sesto spiega le ragioni per le quali le rappresentazioni
probabili non possono essere criteri' 47 . In particolare, se si

probabile». Ma non sapendo di essi nulla all'infuori di questa notizia di


Numenio, dobbiamo limitarci alla semplice enunciazione dell'ipotesi.
'" Cfr. MIX 1-3.
146 Cfr. Aristocle apud EUSEB. PE XIV 18, 16 e F. DECLEVA CAIZZI,

Sesto e gli Scettici, cit., p. 292. Non è estraneo al modo di argomentare di


Enesidemo trattare le singole questioni Katà µépoç, come riferisce PHOT.
bibl. 170b e sgg.
147
MVII 435: 7tpòç Oè "toùç "tàç ttt0avàç à7toOe:x.oµévouç cpavtacriaç
cr6v"toµoç ò A.6yoç. "t<lU"tÌ yàp "tà Kpt"ti\pta, éìueiv 06."tepov, f1 chç n:pòç tftv
toG Biou éì1eè;ayroyftv x.pi\cr1µa aÙ"toiç Uxe{ÀT]nttat i\ chç rcpòç Ti1v eUpecrtv
"tflç iv "tOiç oòcrtv àA.T]0eiaç [ ... ]. oùOeµia yàp "to6"trov "téòv cpavtacrtéòv
S6vata1 Kat' iOiav x.petoUv ttpòç "tàç toU Piou Ote:è;ayooy6.ç, <ÌÀA.à x.peia
icr'tÌV ÈKclO"tlJ Kaì 'tflç 'tTIPftcre:ooç, Ka0' iìv fléìe µèv éì1à t60e ècr'tì. n:10o.vi\.
Cfr. MVII 371 in cui Sesto argomentando contro il criterio Si' oò, ovvero
contro la rappresentazione, pone sullo stesso piano la rappresentazione
catalettica e la rappresentazione probabile. Per la possibile dipendenza
della sezione polemica contro il criterio di verità (M vn 262-446) da Ene-
sidemo, cfr. K. }ANACEK, Ainesidemos und Sextos Empeirikos, cit., in Stu-
dien zu Sextus Empiricus, cit., pp. 251-64. Che l'obiettivo polemicO sia la
dottrina di Carneade è confermato dal fatto che il criterio in discussione è
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 179

esaminano più da vicino gli argomenti addotti da Enesidemo


nell'estratto di Fozio contro il dogmatismo accademico, ci si
accorge che lobiettivo polemico è la Quarta Accademia e la
sua interpretazione moderata del m9av6v carneadeo. Enesi-
demo, infatti, descrive gli Accademici suoi contemporanei
(µàÀ.tcri:a 'tfjç vilv) come dogmatici, che più che ad Accademici,
assomigliano a Stoici che combattono contro Stoici 148 : «essi
dicono di dubitare soltanto sulla rappresentazione catalet-
tica 149 [ ... ] affermano l'àxa'taÀT]\jfta, ma poi ammettono che
le cose sono apprese con evidenza con i sensi o con il pen-
siero» 150. Non è dunque un caso se Sesto, riprendendo le
argomentazioni di Enesidemo, ricorda ai sostenitori delle rap-
presentazioni probabili che l'argomento dell'àimpaÀ.Àal;ia
delle rappresentazioni con cui essi attaccano la rappresenta-
zione catalettica stoica si rivolge altrettanto bene contro la
rappresentazione probabile 1n Tuttavia Sesto trascura il fatto

precisamente la cpavtacria rtt0aviì Kaì Ò:rtepicrrtacrtoç Kaì Ote~roOeuµÉVT].


Tuttavia, mentre nel resoconto su Carneade Sesto parla di rtt0aviì <pavta-
cr{a, in MVII 435 si riferisce a Kpttilpia al plurale. J. GLUCKER, 'Probabile
Veri Simile', cit., p. 139, ipotizza <(that Sextus' source- and, possibly, its
source at first or at second remove - was stili aware of two aims of the
Carneadean 1tt0avòv, and that it was that source which called them 'cri-
teria' in the plural».
148 Cfr. PHOT. bibl. 170a 14-6: rtepì 7toA.A.éòv Ooyµatiçoucriv [... ] Kaì

ò:ra9òv KaÌ KaKÒV Urcoti0evtal., KaÌ 0.Ail9eiav Kai weGOoç, KctÌ ori KaÌ 1tl.-
9avòv Kaì àni0avov.
149 Ivi, 170a 17-21: O.A.A.a OÈ 7toA.ì..à. j3ej3airoç 6piçoucr1, OiaµqncrJ3T\-

te'ìv Ot cpacrt nepì µ6vT]ç tfiç KataÀTI7tttKflç <pavtacriaç.


150
Questa descrizione si addice particolarmente alla posizione di
Filone: cfr. PHOT. bibl. 170a 36-8. Cfr. anche M. BURNYEAT 1 Can the
Sceptic Live his Scepticism?, cit., p. 31nota22; «This corresponds not to
Carneades' sceptical outlook, but to the distinctive innovation of Philo,
according to whom it is not that in their own nature thingS cannot be
grasped but that they cannot be grasped by the Stoics' cataleptic impres-
sion (PH I 235)».
1 1
' M vu 438: &ç yàp 01aj36.ì..ì..ovteç tTiv KatctÀT]1tttK1Ìv cpav-racriav
EcpacrKov·µÈv eìvat Kpl.'t~ptov ta0'tT\V tfiç 0.AT]9e.iaç t<{l Kaì éiA.ì..aç Ò.7tapa.A-
À6.K"touç napaxe'ìcr0ai alnij 'lfSUOe'ìç, oOtroç oÙK Ò:7tÉOtKe Kaì to'ìç 01eçroOeu-
180 LA TESTIMONIANZA-DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

che questa critica non coinvolge la concezione carneadea del


probabile che si fonda sulla verità e falsità apparenti, ma si
addice piuttosto ali' Accademia dei tempi di Enesidemo, in
particolare a Filone il quale riteneva che la caratteristica della
"apprensibilità" facesse parte della natura delle cose 152 • An-
che l'esigenza di fronte alla quale Carneade è posto, ovvero la
necessità di stabilire un criterio di verità per regolare la con-
dotta della vita, è ancora una volta compatibile con l'ipotesi
che la fonte sia Enesidemo, il quale però rivolgeva questa
obiezione soprattutto all'interpretazione del m8av6v carnea-
deo della Quarta Accademia"'. Inoltre, se la fonte del reso-
conto di Sesto fosse Enesidemo, troverebbe una giustifica-
zione anche lesclusione in M VII delle epistemologie di Filone
e di Antioco, a cui Enesidemo avrebbe potuto non ritenere
necessario dedicare una trattazione specifica sul criterio.
Sul piano del linguaggio, è degno di attenzione che Sesto
accanto all'espressione ti èv -rolr; oùcrtv ètA.i}0etct utilizzata più
volte da Enesidemo 154 , si serva anche del termine 1tpocrm\8etct

µSvotç npO.yµacrtv Tiµlv èv tép Ota0eropelv t'ijv n10av'ijv <pav-cacriav O.A.A.a


ti và. \j/8t.J0ii napaKelo0at.
L.5 2 Cfr. PH I 235 e G. STRIKER, Academics Fighting Academics,·cit.,
p. 259 nota 2. È comunque singolare che Sesto insista in MVII 435 a.far
passare la rappresentazione probabile come criterio di verità, dal mo-
mento che in MVII 33 egli ritiene che il criterio d'azione si distingue dal
criterio di verità: iOtaitepov OÈ rcav µé-cpov Ka-caA.fp.yecoç àOf]À.oo rcp<iy-
µatoç, Ka8' Otà. µév ~trottKà. oÒJCéti À.éyetat KptTfipta, µ6va Oè tà. A.oy1Kà.
Kai éircep oi Ooyµa-ciKoì téòv qnA.ocr6<prov rcapeicrO.yoocrt rcpòç tTiv tfiç àA.n-
0sio.ç sUpscrtv.
'" Cfr. PHoT. bib!. 170b 12-4.
l.5 4 M. BURNYEAT, Can the Sceptic Live his Scepticism?, cit., p. 29,
osserva: «Aenesidemus' more particular target is the idea, which he at-
tributes to the Academy (whether rightly or polemically), that one has a
satisfactory enough criterion of action in taking to be true that which is
persuasive in the sense that it appears true». Probabilmente è da vedere
sempre Enesidemo dietro all'attacco rivolto all'identificazione accade-
mica di i:ò neiSov i;µaç con -cò nt0o.v6v in M VIII 51. Si aggiung'a che,
come osservaJ.A. PALMER, Skeptical Investigations, cit., p. 364, «the ten
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 181

- che ricorre anch'esso nell'estratto di Enesidemo in Fozio 155 -,


e che egli adotta proprio e soltanto in PH I 230 per sottolineare
la differenza tra due significati del verbo 11:ei8w8m, quello
dogmatico accademico e quello fenomenologico pirroniano "'.
L'ipotesi che la fonte di questi paragrafi possa essere Enesi-
demo è avvalorata anche dalla presenza di alcuni termini in-
consueti: nel resoconto di M vrr su Carneade, compare
aµu8p6ç per indicare uno dei due tipi di rappresentazione
apparentemente vera, quella oscura, che è poco pregnante e
senza vigore, SKÀ.uwç. Il termine aµu8p6ç ricorre nell'anonimo
Commentario al Teeteto di Platone in un passo che porta il
marchio di Enesidemo 157 , il quale negava ogni differenza tra

modes of Aenesidemus are in fact an elaborate apparatus for ensuring


that the Pyrrhonian Skeptic will bave no reason to prefer one impression
to another as more convincing or more indicative of how things really
are» e che quindi l'obiettivo polemico è il ni.8av6v. Sull'interpretazione
del ni8a.v6v carneadeo da parte della Quarta Accademia, C. BRITTAIN,
Philo of Lariss.a, cit., p. 95 nota 32, osserva: «The Philonians/Metrodo-
rians believed that conditions could be identified under which the recep-
tion of a persuasive impression could indicate the truth (or its approxi-
mation), and hence construed impressions of this sort as warranting ra-
tional assent under those conditions; Carneades (in the Clitomachian in-
terpretation) did not: see M 7 169-73».
155 Cfr. Enesidemo apud PHOT. bibl. 169b 21-2. L'espressione Ti Bv
'tOiç oùcr1v Ò:À.:fi8c1a. è utili.zzata tre volte da Sesto in MVII (89, 114, 435),
cfr. K. ]ANACEK, Ainesidemos und Sextos Empeirikos, cit., in Studien zu
Sextus Empiricus, cit., p. 260.
"' Cfr. PHOT. bibl. 170b 12-4.
157 Inoltre il fatto che Sesto tanto in PH I quanto in MVII esprima lo

stesso giudizio di dogmatismo negativo nei c;onfronti della filosofia di


Carneade potrebbe deporre a favore dell'utilizzazione della stessa fonte.
K. ]ANACEK, Ainesidemos und Sextos Empeirikos, cit., in Studien zu Sextus
Empiricus, cit., p. 260, commenta: «Als Quelle der skeptischen Argu-
mente in M VII nennt er (Sextos) einfach die Skeptiker. Den ftir Aine-
sidemos bezeugten Terminus Ti Sv 'tOÌ:ç oùcrtv 6.À.ft0e1a. benutzt Sextos
dreimal. Innerhalb des MVII fand ich keine stilistisch unterscheidbaren
Unterlagen. Es ist fiir mich deshalb wahrscheinlich, dass dei: unselbstiin-
dige Sextos nach der besten skeptischen Quelle griff. Dies ist nur eine
182 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

ciò che è persuasivo e ciò che non lo è 158 , in contrapposizione


agli Accademici. La stessa considerazione vale per il termine
eKÀ.Uwç che sembra ricorrere in connessione ad à.µulìp6ç sol-
tanto in questo passo 159 • In effetti la terminologia che Sesto
usa nei parr. 150-89, dedicati alla discussione dello scetticismo
accademico, anche se in larga parte appartenente al periodo
ellenistico, rivela la presenza di termini che sono hapax e che
quindi, più che a Sesto, potrebbero appartenere alla sua fonte.
Sappiamo che E.nesidemo amava servirsi di una terminologia
filosofica inconsueta 160 • Il termine ·à.vnnapeé,ayroyl\ che com-
pare al par. 151 nel resoconto della critica di Arcesilao al
criterio di verità, non solo è hapax in Sesto, ma sembra essere
addirittura hapax assoluto 161 , mentre il verbo corrispondente,
à.vmmpeé,éiyro, ricorre solo due volte nel corpus sestano e, pre-
cisamente; al par. 166, sempre nella sezione dedicata all'Acca-
demia scettica e al 441. Anche l'espressione èv µe0op(qi 16', che
si trova al par. 151 è un hapax in Sesto. E da ultimo il riferi-
mento a o( 'AKalì11µatKoi e a o( à.nò 'fiç 'AKalìT]µiaç, che si

gundsatzliche Erkllirung». Come rileva F. DECLEVA CAIZZI, Sesto e gli


Scettici, cit., p. 290 nota 24, è impensabile un elemento comune tra Sesto
e Fozio che non sia l'opera stessa di Enesidemo. A favore della dipen-
denza di Sesto dalla sua fonte è anche J. GLUCKER, 'Probabile Veri Si-
mile', cit., p. 140, che a proposito della critica conclusiva alla rappresen-
tazione probabile e irreversibile e ben ponderata di MVII 438, conclude:
«The whole passage is far below Sextus' intelligence; but copying it out
of a source which already was corrupt, and being faithful to it because it
was a Pyrrhonian predecessor, is another matter».
In Cfr. F. DECLEVA CArzz1, Pirrone, cit., p. 279.
u 9 Cfr. ANONYM. in Theaet. LXI 10-46 ad 151 E, in cui compare il
termine àµuOpòç. Per un confronto con la terminologia di Enesidemo,
cfr. PHoT. bibl. 170a 7.
° Cfr. MVII 172, mentre àµu0p6ç ricorre anche in VII 258.
16
161
Cfr. H. TARRANT, The Date o/ Anonymus 'in Theaetetum', «Classi-
ca! Quarterly», xxxm (1983) p. 168 nota 65; G. BASTIANINI-D.N. SEDteY,
Commentarium in Platonis 'Theaetetum', cit., p. 547.
162
Ciò potrebbe essere un probabile indizio che Sesto dipendé dalla
sua fonte, al punto da riportarne verbatim alcune espressioni.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 183

incontra due volte, rispettivamente al 169 e al 174, sempre nel


resoconto su Carneade, potrebbe deporre a favore di una fonte
che si colloca da un punto di vista esterno ali' Accademia, ciò
che rion esclude, naturalmente, anche lo stesso Sesto. Si ag-
giunga che in PH r le differenze evidenziate da Sesto tra lo
scetticismo accademico e quello pirroniano riguardano soprat-
tutto il grado di intenzionalità ontologica del linguaggio, tema
particolarmente caro a Enesidemo 163 , senza considerare che lo
scettico, che cronologicamente prima di Sesto, ha posto I' en-
fasi sul problema della differenza tra Accademici e Pirroniani è
stato sempre Enesidemo. Sembra dunque che l'ipotesi di Ene-
sidemo come fonte privilegiata di questi paragrafi possa essere
supportata sia da un'analisi linguistica che interpretativa e non
sia incompatibile con i limiti cronologici degli autori citati da
Sesto. Naturalmente si tratta di una ipotesi che, tuttavia, a
mio parere, non esclude un intervento dello stesso Sesto il
quale rielabora ali' occorrenza il materiale di cui dispone 164 .
D'altra parte l'ipotesi della dipendenza da un'unica fonte
non spiega alcune- incongruenze che si riscontrano nel reso~
conto su Carneade di M VII e che possono essere verosimil-
mente attribuite al tentativo, non completamente riuscito, da
parte di Sesto 16', di integrare e fondere fonti diverse. Le due

Cfr. PHOT. bibl. 169b 40 e 170a 29 in cui Enesidemo accusa gli


163

Accademici di fare asserzioni Ò:vaµqn~6ì..roç; cfr. R. BETT, Pyrrho, cit., p.


195 sgg. Cfr. anche PH I 232-3, su cui vedi supra, p. 63 sgg.
164 V. BROCHARD, Les Sceptiques, cit., p. 324 sgg., pensa che fonte

della maggior parte delle argomentazioni di Sesto possa essere Enesi-


demo, «mais ce qui nous semble difficile, e' est d' admettre que Sextus se
soit attaché au texte mème d'JEnésidème. Il faut songer que, dans l'inter-
valle qui sépare les deux philosophes, bien des écrits sceptiques avaient
été publiés, dont le dernier venu a dli faire son profit. Peut-ètre, il est
vrai, le livre d' JEnésidème avait-il servit de modèle à tous ces écrits scep-
tiques, et formait-il camme le thème auquel ils ajoutaient des variations».
16 s Non si può escludere che le incongruenze appartengano già alla

fonte a cui Sesto attinge, anche se il resoconto lascia trasparire chiare


tracce dell'intervento dello stesso Sesto. Si veda a questo proposito la
184 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

descrizioni della rappresentazione probabile, infatti, che


emergono dal resoconto, potrebbero piuttosto rinviare all'uti-
lizzazione di due fonti, l'una che propone la rappresentazione
probabile come criterio d'azione compatibile con lo scettici-
smo, che potrebbe .essere mutuata da Clitomaco, l'altra che
presenta la rappresentazione probabile come criterio di verità
in linea con il fallibilismo epistemologico, mutuata da Metro-
doro e Filone e fortemente criticata come dogmatica da Ene-
sidemo e dallo stesso Sesto 166 • Del resto Sesto .mostra di cono-
scere molto bene gli scritti di Clitomaco non solo perché ne
critica il metodo di argomentare ma anche perché si serve
ampiamente di alcune sue argomentazioni 167 • Cicerone nel
Lucu!lus dichiara di concordare con l'interpretazione rigoro-
samente scettica di Carneade 168 , ricavata dal De sustinendis
adsensionibus di Clitomaco che egli considera come l'introdu-
zione basilare e fondamentale alla epistemologia accade-
mica 16 '. Ma le due interpretazioni di Carneade, quella di Cli-
tomaco, da un lato, e quella di Metrodoro e Filone, dal!' altro,
si dividono il campo anche nel Lucullus senza che Cicerone
riesca a offrirne u~'immagine univoca 170 .
Nel presentare come dogmatica la posizione di Carneade
Sesto, o la sua fonte, trova dunque sostegno nella divergente
interpretazione che gli immediati discepoli di Carneade forni-
vano della filosofia del maestro e sfrutta questo dissenso fon-

difficoltà (già segnalata, cfr. pp. 129-30) di conciliare l'inclusione di Ar-


cesilao nella Otaipecriç dei dogmatici sul criterio in MVII 46 e il resoconto
sul critet;io di Arcesilao in M vn 150-8.
166
Sesto è ben consapevole che la posizione di Filone, Metrodoro e
Carmada è diversa da quella di Carneade e di Clitomaco, cfr. PH I 220 e
226-35.
167
Cfr. MII 20 e 43, da cui risulta che Sesto si serve cieli.e argomen-
tazioni di Clitomaco e Carmada contro i retori.
168
Cfr. Luc. 78 e 108.
169
Luc. 102: earum ipsarum rerum de quo agimus prima institutio et
quasi disciplina. ilio libro continetur.
°
17
Cfr. A.M. IoPPOLO, L'assenso in Clitomaco, cit.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 185

dendo le argomentazioni volte a confutare il dogmatismo con


quelle che invece sono costitutive della posizione dello stesso
Carneade. Carneade è presentato come uno scettico coerente
che argomenta contro tutti i dogmatici dal par. 159 al par.
165, al 166 egli è posto di fronte al problema della giustifica-
zione dell'azione in assenza di un criterio di verità, dal 167 al
170 egli fornisce come criterio d'azione il m0nvòv che si con-
figura come una risposta compatibile con lo scetticismo, al 172
egli assume il itt0avòv come un criterio di verità che comporta
l'assenso, dimostrando con ciò di essere, a dir poco, un dog-
matico negativo. Si aggiunga che al 164 egli ha concluso che la
rappresentazione comune al vero e al falso, ovvero la rappre-
sentazione probabile, non è capace di discriminare 171 ! Ma
ecco che al par. 173, quando passa a spiegare in che senso la
rappresentazione probabile è criterio, Carneade vanifica il
concetto stesso di "criterio di verità", in quanto gli assegna
la caratteristica del!' estensione, e quindi della variabilità, pro-
ponendo tre significati di probabile che non hanno alcun rap-
porto con la verità e la falsità oggettive. Oltre a ciò, la descri-
zione dei tre gradi della probabilità, dal 176 al 189, alterna
una insistita terminolc;>gia priva di intenzionalità ontologica a
un linguaggio dogmatico di derivazione tipicamente stoica. Si
potrebbe obiettare che quando Sesto espone la critica distrut-
tiva al criterio di verità ai parr. 159 e 166 si riferisce a Knp-
VEaÒl]ç, mentre parla di ol itcpì <Òv KnpvcaÒl]v ai parr. 173,
175, 184, quando espone la teoria dei gradi della probabilità.
Se così fosse, la proposta di un criterio d'azione, che chiama in
causa il criterio di verità, sarebbe piuttosto una posizione
assunta dai seguaci di Carneade. Questa ipotesi tuttavia non
è del tutto persuasiva, non solo perché Sesto non distingue la
posizione di Carneade da quella dei suoi discepoli né qui né in

171
MVII 164-5: yevftcre-cat 'tÒ Kp1-cftp1ov Èv KOtv"tj <pav-cacriq -coG -ce
Ò.l\.T\0oGç Kaì o/Ct>ùoGç [ ... ] µJ\Ùeµiaç OÈ oUcrl"]ç <pav-cacriaç Kp1-c1Kfjç. Cfr.
anche 175.
186 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

PH, ma anche perché egli utilizza la perifrasi oi 8è rtEpÌ iòv


'ApKE<JtÀetov, per riferirsi esclusivamente ad Arcesilao 172 •
In ogni caso è significativo il fatto che l'utilizzazione di
termini come "assentire", "vero", "giudizio di verità", si in-
contra nella sezione che denuncia in particolare l'intervento
diretto di Sesto, ovvero il caso dell'analogia tra il procedi·
mento del medico per stabilire che un paziente è febbricitante
e quello dell'accademico che segue la rappresentazione proba-
bile dopo averne constatato la concordanza con le altre rap-
presentazione del gruppo (cfr. 179).
Sia che la fonte possa essere Enesidemo, o Antioco o
Filone, dall'ambiguo resoconto di Sesto, comunque, ciò che
si può concludere è che lo scetticismo accademico si trova di
fronte a due difficoltà, una intrinseca alla sua stessa strategia
argomentativa, l'altra propria di qualunque forma di scettici-
smo. Si deve infatti all'uso della strategia dialettica di argo-
mentare strettamente ad hominem se, dall'antichità fino ai
nostri giorni, a Carneade è stato attribuito tanto di aver di-
sputato soltanto dialetticamente, perché uno scettico coerente
non può servirsi delle premesse dell'avversario 17 ', quanto di
aver sostenuto la tesi contraria a quella degli avversari e
quindi di aver dogmatizzato 174 • Sono le stesse fonti antiche,

172
Cfr. MVII 150 e C1c. Luc. 77. Sull'uso di ot nepi in Sest.o, cfr.
supra, p. 81 nota 3.
l7) Il capostipite dei moderni sostenitori dell'interpretazione dialet-

tica è P. Cou1ss1N, Le stofcisme de la Nouvelle Académie, cit.; cfr. M.


BuRNYEAT, Antipater and Selfrefutation, cit., p. 308 nota 87. Soltanto
per citare alcuni altri fautori dell'interpretazione dialettica - natural-
mente con sottili divergenze interpretative fra loro-, cfr. D.N. SEDLEY,
The Motivation o/ Greek Scepticism, cit.; M. FREDE, The Skeptic's Two
Kinds o/ Assent, cit., p. 213 e A.A. LoNG-D.N. SEDLEY, The He/lenistic
Philosophers, cit., I, pp. 457-60; R. BETI', Carneades' Pithanon, cit.; J.
HANKINSON, The Sceptics, cit.; J. ALLEN, Carneaden Argument in Cicero's
'Academic Books', cit., pp. 85-113; C. BRITI'AIN, Philo o/ Larissa, cit.
174
Cfr. H. THORSRUD, Cicero on his Academic Predecessors, cii., pp.
1-18, le cui conclusioni però non si fondano su un'analisi complessiva
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 187

infatti, che non permettono di distinguere con chiarezza


quando egli sostenga un'argomentazione per motivi dialettici
oppure la assuma in propria persona, tanto più perché il reso-
contO è indiretto 175 •
La seconda difficoltà è la ricerca di un linguaggio non
assertorio, propria di ogni forma di scetticismo, che permetta
allo scettico di comunicare con gli altri senza essere coinvolto
nelle sue proprie asserzioni. Che Carneade dovesse affrontare
questo problema è testimoniato dal dibattito con Antipatro
contro il quale egli sostiene che il saggio non percepisce nem-
meno la proposizione che "nulla può essere percepito", in
quanto essa include anche se stessa 176 . Lo sforzo di giustificare
il linguaggio è testimoniato anche da Clitomaco, quando di-
fendendo la necessità per l'accademico di non assentire, riven-
dica con forza !'esigenza che sia permesso allo scettico di
esprimere il suo punto di vista, rispondendo se interrogato 177 •

delle testimonianze, come egli stesso dichiara: «A full consideration of


the evidence regarding Arcesilaus and Carneades it is beyond the scope
of this paper» (p. 3 nota 22). S. 0BDRZALEK, Living in Doubt: Cameades'
Pithanon, cit.
17
~ Lo stesso Clitomaco dichiarava di non aver mai potuto compren-
dere esattamente quale fosse il punto di vista di Carneade sul sommo
bene, cfr. C1c. Luc. 139; e Metrodoro sosteneva che tutti, ad eccezione
di lui stesso, avevano frainteso il maestro, riferendosi alla comprensione
complessiva della sua dottrina, cfr. Acad. hist. col. XXVI 8.
176
Cfr. C1c. Luc. 28. Sulla legittimità di escludere che la proposi-
zione con cui io affermo si applichi anche a se stessa, c'è ampia discus-
sione: un esempio è il dibattito tra Antipatro-Carneade-Antioco ripor-
tato da C1c. Luc. 28-9, 109-10, su cui cfr. il commento di M. BuRNYEAT,
Antipater and Sel/-re/utation, cit., p. 280 sgg.
177
Luc. 103-4: quae cum exposuisset, adiungit dupliciter dici adsensus
sustinere sapientem, uno modo cum hoc intellegatur, omnino eum rei nulli
adsentiri, altero, cum se a respondendo ut aut approbet quid aut improbet
sustineat [... ] etenim cum placeat eum qui de omnibus rebus contineat se ab
adsentiendo movere tamen etagere a!iquid, relinquit eius modi visa quibus
ad actionem excitemur, item ea quae interrogati in utramque partem respon-
dere possimus sequentes tantum modo quod ita visum sit, dum sine adsensu;
neque tamen omnia eius modi visa adprobari sed ea quae nulla re impediren-
188 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Del resto la ricerca di un linguaggio tecnico che si differenzi


da quello dei dogmatici, propria già di Arcesilao, traspare dalla
ricerca di termini capaci di esprimere lo stato di distacco
epistemologico implicito nell'adesione al probabile, che carat-
terizza la filosofia di Carneade 178 . Lo stesso Sesto incentra
proprio sulle espressioni linguistiche la differenza tra lo scet-
ticismo pirroniano e il dogmatismo negativo degli Accademici,
opponendo all'àna-yyéÀÀ.Etv pirroniano il 8ta~e~moucr0m dog-
matico 179 • Il compito di differenziare nettamente lo scettici-
smo accademico da quello pirroniano si conclude alla fine del
resoconto di PH I quando Sesto, dopo aver interpretato il
pensiero di Carneade e di Clitomaco in chiave apertamente
dogmatica, dichiara che vi sarebbe ancora molto da dire sulla
differenza che sussiste fra il vero scetticismo, quello pirro-
niano, e il probabilismo carneadeo 180 • Ma il confronto tra il
resoconto su Carneade di PH I e quello di M VII permette di
intuire che Carneade, distinguendo l'uso tecnico accademico di
nei0ecr0m di contro all'uso stoico di cruyica~a·ti0ecr0m, sottoli-
neava anch'egli il distacco epistemologico dell'atteggiamento
mentale dell'accademico insito nella rappresentazione proba-
bile. Si può discutere se il tentativo di Carneade sia riuscito,
ma è anche un dato di fatto che Sesto tenta di occultarlo.
La risposta alla domanda se la testimonianza sull'Accade-

tur. Contra R. BETI, Carneades' Distinction between Assent and Approva!,


cit., pp. 6-7: «For it is contrary to the spirit of ancient scepticism, whe-
ther Academic or Pyrrhonian, to devise a theoretical terminology of
ones own; instead, one adopts ones opponent's». Ma se così fosse, ciò
che comunque rimane oscuro nell'interpretazione di Bett sono le impli-
cazioni dello scetticismo sul piano della comunicazione interpersonale.
178
Cfr. M vu 157 e quanto detto supra, p. 168.
"' Cfr. PH 1 4.
°
18
Cfr. PH 1 231. La diversa sequenza dei gradi della probabilità
che in PH 1 pongono la rappresentazione non distratta come l'ultimo li-
vello della probabilità e in M vn quella ben ponderata non hanno un va-
lore conclusivo ai fini dell'individuazione della fonte di Sesto nei due re-
soconti.
IL RESOCONTO DI SESTO EMPIRICO SU CARNEADE IN MVII 189

mia scettica di PH I e M VII sia opera di Sesto o meno, dipende


dal valore che si attribuisce a Sesto come interprete: se lo si
consi~era un mero compilatore e un copista, o se gli si attri-
buisce autonomia e originalità 181 . Ciò che comunque emerge
da quest'analisi, necessariamente parziale e limitata, è come,
al di sotto di un resoconto, apparentemente onesto e informa-
tivo, operino strategie complesse in cui la verità storica non è
certo il primo degli obiettivi.

181 D. MACHUCA, Sextus Empiricus: His Outlook, Works, and Legacy,


cit., p. 57, dopo aver considerato complessivamente l'opera di Sesto,
giunge alle seguenti conclusioni: «Sextus drew on different sources
which expounded different varieties of Pyrrhonism, and he seems to
have confined himself to reproducing what he found in them without
trying to integrate those different types of Pyrrhonism. If this were so,
he would bave been a mere copyist as far bis use of those sources is con-
cerned [... } although he heavily relied and drew on earlier sources, at
least in some cases be reworked the materia! he took from them, possibly
in order to adapt it to various purposes». Tuttavia, per un giudizio equi-
librato sulla testimonianza di Sesto, non si può trascurare il fatto che nei
resoconti su Platone e Arcesilao di PH I sembra che Sesto ci tenga ad
esprimere il suo parere: nel caso di Arcesilao a favore di una Kotvrovia,
nel caso di Platone a favore di una differenza.
APPENDICI
I
CICERONE LUC. 32 *

Al par. 32 del Lucullus Lucullo dichiara di non riuscire a


capire quale sia il disegno di coloro che negano che qualcosa
possa essere percepito 1 :

«A volte (interdum) quando facciamo loro un'obiezione di questo


tipo: ".se quel che sostenete nelle vostre argomentazioni è vero,
allora tutto sarà incerto (si ea quae disputentur vera sint tum omnia
1
/ore incerta,)", rispondono: 'che cosa ce ne importa? Che è colpa
nostra? Prenditela con la natura che, come dice Democrito, ha
nascosto profondamente la verità in un abisso". Ma altri invece
si comportano in modo più raffinato (elegantius): essi si lamen-
tano perché noi li accusiamo di dire che tutte le cose sono incerte
(omnia incerta), e tentano di spiegare quanta differenza c'è tra ciò
che è incerto e ciò che non può essere percepito e di distinguere
questi concetti gli uni dagli altri (quantumque intersit inter incer-
tum et id, quod percipi non possit, docere conantur eaque distin-
guere). Discutiamo dunque con questi che distinguono questi due
concetti, e lasciamo perdere, come persone per le quali non c'è
più speranza, quelli che dicono che tutte le cose sono incerte allo
stesso modo in cui è incerto se il numero delle stelle è pari o
dispari (qui omnia sic incerta dicunt, ut stellarum numerus par an
impar sit, quasi desperatos aliquos relinquamus)».

* Ho discusso questo passo per lettera con Woldemar G6rler, che


ringrazio vivamente ma che non è responsabile delle conclusioni da me
raggiunte.
1
Luc. 32: nec vero satis constituere possum quid sit eorum consi!ium
aut quid 11elint.
194 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Sono state fatte diverse ipotesi per identificare chi siano i soste-
nitori delle due posizioni. Coloro che ritengono che c'è qualcosa
di probabile e che distinguono tra incertum e id quod percipi non
possit sono stati quasi unanimemente identificati con Carneade e
i suoi seguaci 2 • Più controversa è l'identificazione dei filosofi del
primo gruppo, perché alcuni hanno pensato che Cicerone alluda
ad Arcesilao, altri ai Pirroniani. Altrove ho esposto le ragioni
che, a mio parere, convergono nell'indicare Arcesilao come l'au-
tore della proposizione omnia incerta 3 . Qui vorrei aggiungere
alcuni elementi che scaturiscono soprattutto da un'analisi in-
terna dell'argomentazione di Cicerone. A questo scopo è oppor-
tuno seguire lo sviluppo del discorso a partire dal principio.
Nella storia dell'Accademia, delineata da Lucullo/Antioco, al
principio del Lucullus, Arcesilao è dipinto come un filosofo sov-
versivo, che ha sconvolto la filosofia ormai consolidata, così come

2 Una posizione particolare difende}. AilEN, Cameadean Argument


in Cicero's 'Academic Books', cit., il quale argomenta a favore dell'ipotesi
che tutte le tesi presentate in Luc. 32-4 sarebbero state sostenute di volta
in volta da Carneade. In tal senso, fra l'altro, potrebbe deporre l'interdum
con cui Cicerone introduce la testimonianza (per l'uso di interdum in
relazione a Carneade, cfr. Luc. 59 di cui ho discusso in L'assenso in Cli-
tomaco, cit.). Tuttavia, come lo stesso Alleo ammette (pp. 219, 238, 244),
parti delle sue argomentazioni sono piuttosto speculative.
3 Cfr. Opinione e scienza, cit., pp. 65-70, in cui ho discusso le ragioni

per le quali ritengo che Cicerone identifichi Arcesilao nei filosofi del
primo gruppo e non conosca, o, comunque, non voglia prendere in consi-
derazione il neopirronismo di Enesidemo. Per l'identificazione dei soste-
nitori della tesi omnia incerta con i Pirroniani, cfr. M. DAL PRA, Lo
scetticismo greco, Milano 1975, II, p. 352 , il quale ritiene che Cicerone
non li citi esplicitamente perché in quel periodo la scuola di Enesidemo
non si era ancora affermata; cfr. anche A.A. LONG-D.N. SEDLEY, The
Hellenistic Philosophers, cit., II, p. 441. C. LÉVY, Cicero Academicus,
cit., p. 270 nota 81, spiega: «il n'est question nulle part d'une opposition
d'inspiration arcésilienne à Carnéade et, par ailleurs, le pluriel employé
par Cicéron interdit de considérer qu'il s'agissait d'une attitude propre à
Arcésilas seulement». Tuttavia questa obiezione può essere faci.lmente
superata se si pensa che Lacide si è attenuto strettamente all'insegna~
mento di Arcesilao (di qui il plurale: cfr. Luc. 16 e qui nota 7).
CICERONE LUC. }2 195

Tiberio Gracco la tranquillità dello stato 4 • Arcesilao fa un uso


fazioso dei filosofi del passato richiamandosi ai veteres physici,
Empedocle, Anassagora, Democrito, Parmenide, Senofane, oltre
che a Platone e a Socrate', come i seditiosi cives si appellano agli
uomini illustri del passato a sostegno delle loro posizioni 6 . La sua
azione sovversiva si manifesta con un poderoso attacco alla dot-
trina cli Zenone 7 . Senza entrare nei dettagli dell'argomentazione,
ciò che qui interessa rilevare, è che Arcesilao, demolendo le
definizioni di Zenone, è accusato di rendere oscuro ciò che in-
vece è chiarissimo: conatus est clarissimis rebus tenebras obducere.

«In un primo momento» - prosegue Lucullo - «la filosofia di


Arcesilao non incontrò grande consenso, sebbene egli brillasse
sia per acutezza di intelletto sia per un certo ammirabile fascino
nel parlare; immediatamente dopo il suo metodo filosofico fu
conservato dal solo Lacide (cuius primo non admodum probata
ratio [... ] proxime a Lacyde solo retenta est); in seguito fu perfe-
zionato da Carneade (post autem confecta a Carneade)»'.

4
Luc. 15: tum exortus est <ut> in optima re publica Ti. Graccus qui
otium perturbaret sic Arcesilas qui constitutam philosophiam everteret... 14:
cum perturbare ut il!i rem publicam, sic vos philosophiam bene jam constitu-
tam velitis.
' Ibid.
6
Cfr. la risposta di Cicerone al par. 72: nos autem ea dicimus nobis
videri quae vosmet ipsi nobilissimis philosophis placuisse conceditis.
7
Luc. 16: Sed fuerint i/la vetera, si voltis, incognita. Nihilne est igitur
actum, quod investigata sunt, postea quam Arcesilas Zenoni, ut putatur, obtrec-
tans nihil novi reperienti, sed emendanti superiores immutatione verborum, dum
huius definitiones labefactare volt, conatus est clarissimis rebus tenebras obdu-
cere? Per le possibili traduzioni e interpretazioni del passo, rinvio a A.M.
IoPPOLO, Arcésilas dans le 'Lucul!us' de Cicéron, cit. Come fanno notare C.
BRITTArN-J. PALMER, The New Academy's Appeals to the Presocratics, cit., p.
49 nota 12, «these passages [sci!. Luc. 13-6] show [... ] that there is solid
evidence for taking Arcesilaus himself to bave introduced the app.eal to the
Presocratics (i.e. his name is not just a metonym far 'the Academics')».
8
Ibid.: Cuius primo non admodum probata ratio quamquam floruit
cum acumine ingeni tum admirabili quodam lepore dicendi.
196 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Cicerone non spiega le ragioni per le quali la filosofia di Arce-


silao non fu unanimemente accettata, ma si può supporre, dalla
sequenza argomentativa, che Lucullo ne ravvisi le cause nel fatto
che egli fa calare le tenebre su cose chiarissime. Zenone riteneva
infatti che la rappresentazione catalettica dichi!lta di per se
stessa la sua evidenza ed efficacia senza richiedere alcun criterio
che lo dimostri', dal momento che essa si impone all'egemonico
in modo da provocarne una modificazione fisica. La tesi che
l'evidenza non ha bisogno di essere dimostrata è un punto cru-
ciale del dibattito tra gli Stoici e Arcesilao, come dimostrano gli
aneddoti riportati da Diogene Laerzio 10 nella Vita di Aristone.
Negare l'evidenza delle rappresentazioni equivale, per gli Stoici,
ad ammettere la non integrità dei propri sensi. Soltanto la cecità
può giustificare la risposta oÌJòèv Kn,aÀaµ~avstv data dall'acca-
demico allo stoico che sostiene la assoluta validità dei sensi
qualora siano integri e sani. Non solo Aristone, ma anche gli
immediati discepoli di Zenone hanno difeso contro Arcesilao il
concetto di evidenza 11 . Non è dunque un caso se, come attesta

9
C1c. acad. 1 41: visis non omnibus adiungebat fidem, sed eis solum,
quae propriam haberent declarationem earum rerum, quae viderentur: id autem
visum, cum ipsum per se cerneretur, comprehendibile. Cfr. la nota di Reid, ad
!oc., il quale traduce declarationem «clear evidence concerning those objects
from whlch the impressions come. 'Evétpyeta is the characteristic of those
impressions called Ka'taì..:ipve1ç or Ka'taÀ.Tttt'ttKaì cpav'tacriat».
IO Cfr. DL vn 162-3 (SVF I 346): àne"'ive<a oè [6 'Apicm>lv] npòç
'ApKecriA..aov· 5'te 0eacrétµevoç 'taGpov 'tepa'tcù&ri µi}'tpav Ex.ov'ta oì'.µot,
écpri, Oi:So'tat 'ApKecrtA.étq:> 8.rnx.eip11µa Ka'tà. Tfjç Èvapyeiaç. Ilpòç &è 'tÒV
cpétµevov 'AKa011µalKòv oùSèv Kai:Ò.ì..aµpétvetv àp' oùòè 'tÒv 1tÀ.Ttcriov croo
Ka0i}µevov òpQ.ç; ei'.7tev· &.pv11craµévou Si:· 'tiç cr' È'tUcpA..rocrev, (écpTJ), i:iç
&.cpeiì..e'tO ì..aµnét&oç aùyétç;
ll Cfr. A.A LONG, Diogenes Laertius. Li/e o/ Arcesilaus, cit., p. 442,

che attribuisce un ruolo rilevante ad A.ristane nel difendere la dottrina


zenoniana contro l'attacco di Arcesilao. Anche Apollofane, discepolo di
Aristone, era un sostenitore della Èvét.pyeta, cfr . .ANoN. de sens. col. 15
(Fragmenta Herculanensia, ed. Scott, p. 271) " SVF I 407; cfr. F. LONGO,
Lo stoico Apollofane nei Papiri Ercolanesi, «Rendiconti dell'Accademia di
Archeologia di Napoli», xu (1967) p. 267. Per il ruolo svolto dagli imme-
CICERONE LUC. 32 197

Cicerone, gli Stoici discutevano animatamente ancora all'epoca


di Antipatro sul problema se 1'6vapye1a abbia bisogno di essere
dimostrata. Particolarmente significativa a questo riguardo è la
premessa che fa Lucullo prima di intraprendere la confutazione
della posizione accademica:

«Ciò che noi ci accingiamo a fare, ad aprire un dibattito con


gli Accademici, alcuni filosofi e per giunta non mediocri'',
non ritenevano che si dovesse fare assolutamente ifaciendum
omnino non putabant): ed erano del parere che non ci fosse
alcuna ragione di mettersi a discutere con coloro che non
approvano nulla (nec vero esse nullam rationem disputare cum
his qui nihil probarent") e criticavano lo stoico Antipatro per-
ché aveva perduto molto tempo in tali discussioni» 14 .

diati discepoli di Zenone nel difendere la dottrina della rappresentazione


catalettica, cfr. A.M. IoPPOLO, Fidelity to Zeno's Theory, in E. MoUTso-
POULOS (éd.), Chypre et !es origines du StoiCisme, Actes du Colloque (Paris
12-13 Mai 1995), Paris 1996, pp. 62-73.
12 C. LÉvY, Cicero Academicus, cit., p. 161 nota 90, ritiene che non

sia possibile identificare chi siano questi filosofi che non vogliono discu-
tere il concetto di evidenza con gli Accademici, ma che questo sarà l' at-
teggiamento di Epitteto (diss. I 27, 15). I. LUDLAM, Antipater ofTarsus, A
2
Critica! Edition with Commentary, Tel Aviv 1997, 1999 , p. 383, avanza
l'ipotesi, dopo aver esaminato i possibili candidati, che si tratti di Arche-
demo e rinvia a Luc. 143 in cui, a proposito di Antipatro ed Archedemo, è
detto: opiniosiisimi homines nonne multis verbis dissentiunt? e a p. 385
conclude: «what does seem certain is that the critic or critics must bave
been contemporary Stoic teachers, and most probably Stoic teachers spe-
cializing in Stoic dialectic or logie».
13 Secondo A. BA.cHU-A. GRAESER, Marcus Tullius Cicero. Akade-
mische Abhandlungen, cit., ad !oc., p. 200 nota 26, probare si deve inten-
dere qui "im alltagsprachlichen Sinn", ma, a mio parere, non può essere
escluso invece un uso tecnico del verbo e, in tal caso, il rifiuto di discutere
non coinvolgerebbe coloro che hanno introdotto il probabile; ma su ciò,
cfr. infra, p. 199. J.S. REm, ed. cit., ad !oc., osserva: <<probarent: taken of
course in the strict sense, whereby absolute and unreserved Sanction is
implied» e rinvia al par. 104.
14
Luc. 17.
198 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Quindi enuncia le strategie proposte dagli Stoici sostenitori


della KmaÀYJljltç e dell'evapyeta volte a fronteggiare lattacco
degli avversari raccomandando o di rifiutarsi assolutamente di
definire l'evidenza, oppure di parlare in difesa dell'evidenza
soltanto dopo che essa è stata attaccata. Esse sembrano mirare
a neutralizzare soprattutto la critica di Arcesilao, perché con chi
non definisce alcun criterio è impossibile discutere. Arcesilao è
stato infatti descritto, da quanto è fin qui emerso nel Lucullus,
come un filosofo che ha attaccato violentemente la KmaÀ. YJljltç
zenoniana senza proporre alcunché in propria persona 15 .
Al par. 31 Lucullo rivendica con forza la centralità della
Km<lÀYJljltç e stigmatizza coloro che negano che qualcosa possa
essere percepito, perché privano gli esseri viventi degli instru-
menta e degli ornamenta vitae: anzi - Lucullo incalza - «costoro
privano l'essere vivente dell'anima, tanto che è difficile parlare
della loro avventatezza (de temeritate eorum), come l'argomento
richiederebbe»". Che il bersaglio dell'accusa di temeritas sia qui
ancora principalmente Arcesilao è avvalorato dal fatto che questi
rivolgeva l'accusa di temeritas contro gli Stoici. Mentre per Ar-
cesilao la temeritas degli Stoici consiste nell'approvare una cosa
falsa o che non poggia su alcuna conoscenza e quindi oscura 17 (aut

15Che Arcesilao non abbia mai definito alcunché risulta anche dalla
testimonianza di Sesto sia in M vn 151, sia in PH 1 2.32, di cui si è già
ampiamente trattato.
16
Ergo ei, qui negant quicquam passe comprehendi, haec ipsa eripiunt
ve! instrumen-ta ve! ornamenta vì-tae ve! potius etiam totam vitam evertunt
/unditus ipsumque animai orbant animo, ut difficile sit de temeritate eorum
perinde ut caussa postula!, dicere. È qui sottintesa anche la ben nota accusa
di apraxia rivolta dagli Stoici contro Arcesilao, su cui cfr. PLUT. adv. Col.
26, 1122 A·B e C. LÉVY, Cicero Academicus, cit., p. 166.
17
Crc. acad. I 45: ab omni lapsu continere temeritatem, quae tum esse!
insignis, cum aut falsa aut incognita res approbaretur, neque hoc quicquam
esse turpius quam cognitioni et perceptioni adsensionem approbationemque
praecurrere. Cfr. anche Luc. 66: Sapientis autem hanc censet Arcesilas vim
esse maximam, lenoni adsentiens, caVere ne capiatur, ne fal!atur videre; nihil
enim ab ea cogitatione quam habemus de gravitate sapie'ntis, errore' levitate
temeritate diiunctius. Per un'analisi più dettagliata di questi passi e per la
CICERONE LUC. 32
199

falsa aut incognita 18), per gli Stoici, che replicano, la temeritas di
Arcesilao consiste nel mettere in dubbio la possibilità di cono-
scere, tanto da rendere incerte tutte le cose e invivibile la vita
stessa. Né si può sottovalutare il fatto che Arcesilao è stato
presentato da Lucullo fin dal principio come un filosofo che
vuole sovvertire la filosofia (Arcesilas qui constitutam philoso-
phiam everteret, cfr. 15), rendere oscure le cose luminose ed evi-
denti (conatus est clarissimis rebus tenebras obducere, cfr. 16) e,
implicitamente, privare gli uomini della luce della conoscenza
(qui lucem eripere conetur, cfr. 30): a lui si addice quindi più di
ogni altro l'accusa di temeritas.
È a questo punto che Lucullo dichiara di non comprendere
quale sia il disegno di questi filosofi che negano che qualcosa
possa essere percepito, dividendoli in due partiti, i sostenitori
della tesi omnia incerta e coloro che distinguono tra ciò che è
incerto e ciò che non può essere percepito. Tuttavia, la conse-
guenza di rendere tutte le cose incerte minaccia anche coloro che
distinguono inter incertum et id quod percipi non possit, cosicché
l'obiezione di Lucullo si rivolge a tutti gli Accademici senza
distinzioni (cum adhibemus ad eos orationem eius modi, si ea quae
disputentur vera sint tum omnia /ore incerta) 19 • Ebbene, se non è
Arcesilao il difensore della tesi omnia incerta Lucullo dovrebbe
includerlo nell'altro partito. A questo punto restano due ipotesi:
o che tutti gli Accademici siano identificati nel secondo gruppo e
che quindi anche Arcesilao sostenesse la distinzione tra ciò che è
incerto e ciò che non può essere percepito; oppure che Lucullo,
pur avendo richiamato costantemente fin qui lo scetticismo ra-
dicale di Arcesilao, non ne voglia poi discutere le conseguenze,

distinzione operata da Arcesilao contra Stoicos tra l'opinione e la precipi-


tazione del giudizio, cfr. A.M. IoPPOLO, Opinione e scienza, cit., pp. 31-4.
18 J.S. REID, ed. cit., ad !oc., p. 158, ritiene che incognita e incerta

siano usate indifferentemente da Cicerone: vedi supra, p. 101 nota 54.


19 Cfr. A. HALTENHOFF, Kritik derakademischen Skepsis. Ein Kom-

mentar zu Cicero, 'Lucullus' 1-62, Frankfurt a.M. 1998, p. 177 (ringrazio


W. GOrler che mi ha segnalato questo studio).
200 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

ma all'improvviso introduca la posizione di uri gruppo di filosofi


neopirroniani, Ovvero sostenitori della tesi omnia incerta,, che
però non vuole nominare né qui né altrove. Tuttavia, se si
esamina lo sviluppo dell'argomentazione entrambe le ipotesi si
rivelano insostenibili. Coloro che sostengono la distinzione sono
anche coloro che ritengono che ci sia qualcosa di probabile
(volunt enim [... ] probabile aliquid esse et quasi veri simile eaque
se uti regula et in agenda vita et in quaerendo ac disserendo) e questa
affermazione esclude senz'altro Arcesilao. Infatti un dato è
certo, ed è che nessuna delle testimonianze superstiti attribuisce
ad Arcesilao di aver sostenuto il probabile sia pure per motivi
dialettici. È opportuno dunque richiamare le risposte che i due
gruppi danno all'obiezione loro rivolta da Lucullo.
I difensori della tesi omnia incerta rifiutano di assumersi la
responsabilità delle conseguenze della loro posizione attribuen-
dole alla natura e chiamano Democrito a sostegno (naturam
accusa quae in prafundo veritatem, ut ait Democritus, pinitus ab-
struserit). Il richiamo a Democrito compare sia in acad. 1 che nel
Lucullus in stretta connessione con la filosofia di Arcesilao: in
acad. I 44-5 l'epoche di Arcesilao (45: Itaque Arcesilas nel!flbat [...]
sic omnia latere censebat in occulta neque esse quicquam quod cerni
aut intellegi posse, ... ) è anticipata dal richiamo a Democrito,
citato per ben due volte al 44. Non solo, ma anche in Luc. 14
alla calumnia di Arcesilao si contrappone la verecundia di Demo-
crito"- D'altra parte l'appello alla natura dei difensori della tesi
omnia incerta concorda con l'importanza che la natura riveste
nella filosofia di Arcesilao 21 : non sono gli Accademici che con-

20
Luc. 14: nec Arcesilae calumnia con/erenda est cum Democritì ve-
recundia. Cfr. anche 73. Come acutamente osservano C. BruTIAIN~J. PAL-
MER, The New Academy's Appeals to the Presocratìcs, cit., p. 56, il signifi-
cato non dogmatico dell'appello a Democrito di Arcesilao è reso chiaro in
Luc. 73: «Arcesilaus is willing to appeal to Democritus as if to say to the
Stoics [... ] and yet he wants to mantain the requisite distance between his
own non-dogmatic and Democritus's dogmatic scepticism».
21
In base alla ricostruzione della filosofia di Aicesilao che in questo
CICERONE LUC. 32 201

fondono tutte le cose ma è la natura che rende omnia incerta. Se


si tiene presente che il contesto polemico e argomentativo è
quello del dibattito intercorso tra Zenone e Arcesilao sulla pos-
sibilità di conoscere, la risposta dei difensori della tesi omnia
incerta è particolarmente appropriata nei confronti di Zenone
che riteneva che la natura avesse dato agli uomini la KCt<UÀl]'lftç
quasi normam scientiae et principium sui 22 . E, come si è visto,
Lucullo ha stigmatizzato poco prima Arcesilao per aver attac-
cato con particolare violenza la Katét.Arp.jftç e, con essa, 1'6v0.p-
yeta 23 • Del resto gli aneddoti riportati da Diogene Laerzio nella
Vita di Aristone, che si riferiscono al dibattito tra Aristone e
Arcesilao sulla p9ssibilità di Ket<aÀaµ~avetv, concludono con
!'accusa di cecità rivolta agli Accademici 24 , che non sembra
essere la conseguenza del fatto che le cose siano Ò.Ket<UÀ7]7t<Cl,
quanto piuttosto iiÙl]ÀCt. Inoltre anche il confronto tra l' atteg-
giamento degli Stoici del par. 32, i quali non vogliono discutere
con i sostenitori della tesi omnia incerta e quello degli Stoici del
par. 17, che non vogliono assolutamente discutere con coloro .
che non approvano nulla (qui nihil probarent), in quanto demo-
litori dell'èvapyeta 2 ', depone a favore dell'identificazione dei
sostenitori della tesi omnia incerta con coloro qui nihil probarent.

studio si è tentato di offrire, si veda, a titolo di esempio, la giustificazione


dell'azione dell'accademico riportata da PLUT. adv. Col. 26, 1122 e: oùùS
•OG'to oòv 6.va.1p0Gcr1v ol nepì nétv"trov Ènéx;ovteç, òJ.,J.ò. x;p&v"ta.1 "tij òpµij
cpucr1K©ç 6.yoUcrl] npòç 'CÒ cpa.1v6µevov oÌKeiov. "ti oòv cpefryoucr1v µòvov; cfl
µ6vcp \jleUùoç ȵcpòe"ta.1 Kai &.n6."tfl, tò 8oçaçe1v KO.i nponitt"tetv 't1ÌV cruyKa-
"t6.9ecr1\I, elçiv oùcra.v Uttò àcr0eveia.ç "tép cpatvoµévcp, x;pijcr1µov ùS oùùSv
éx;oucrav. Cfr. anche DLIV ~6 e A.A. LoNG, Arcesilaus in his Time and
Piace, cit., p. 111.
22
Acad. I 41: comprehetisio /acta sensibus et vera esse illi et fidelis
videbatur [... ] quodque natura quasi normam scientiae et principium sui de-
disset unde postea notiones rerum in animis imprimerentur.
23
Cfr. Luc. 16, cit.
24
Cfr. DL vrr 162-3, cit. supra, nota 10.
25
Poiché coloro qui nihil probarent del par. 17, per ovvi mot1v1
cronologici, non possono essere Pirroniani, in quanto sono. contemporanei
di Antipatro, devono essere necessariamente Accademici. Varie testimo~
202 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Al par. 54 Lucullo prospetta a quegli Accademici che non


vorrebbero rendere tutto incerto 26 , che, non distinguendo tra
le rappresentazioni dei sani e quelle dei pazzi, tra quelle dei
dormienti e quelle di coloro che sono svegli, ecc., essi si com-
portano, pur non volendo, come i sostenitori della tesi omnia
incerta. Ed è in questo contesto che Cicerone ha cura di tra-
durre in latino il termine greco éi8111'.ov con incertum. Ma se è
così, il termine deve certamente appartenere al linguaggio di
una scuola filosofica di cui egli sta trattando e quindi non può
essere inteso in un significato generico. D'altra parte non è
credibile che Cicerone alluda a un concetto chiave apparte-
nente al lessico di filosofi neopirroniani, di cui non solo non fa
alcuna menzione nella sua opera, ma che per giunta sono del
tutto ignorati dalle sue fonti, Filone e Antioco. Che il termine
liòf]À.OV sia un termine tecnico dello scetticismo accademico,
oltre che dall'impegno con il quale Cicerone lo traduce in
latino, è attestato dalla testimonianza di Numenio che, distin-
guendo la terminologia filosofica di Arcesilao da quella di
Carneade", conferma e completa la testimonianza di Cice-
rone. Numenio spiega infatti la distinzione tra ii8111'.ov e à.xn-
tét.À.rpttov come conseguenza di una diversa concezione del-
[' epoche: l' epoche generalizzata di Arcesilao. (i:noxii m;pì

nianze giustific~no, da un punto di vista dogmatico, l'accusa lanciata con-


tro Arcesilao in Luc. 16! conatus est c!arissimis rebus tenebras obducere: cfr.
NuMEN. apud EUSEB. PEx1v 6, 5: «Gli scettici Mnasea Filamelo e Timone
lo chiamavano scettico come loro stessi perché anch'egli distruggeva il vero
e il falso e il probabile (à.vatpoGv~a KUÌ aÙtÒv 'tÒ Ò.À:r]0Èç Kai 'tÒ \j/€G0oç KUÌ
'tÒ nt0av6v)»; PH I 232 non si esprime né a favore della esistenza né della
non esistenza di qualcosa; né preferisce una cosa ad un'altra sulla base della
credenza o della mancanza di credenza; Acad. hist. Herc. col. xx 1-4:
ànocpa1v6µevoç O' alnòç oÒOè év, µ6vov Oè tàç &:>..:>..a.ç é:>..éyxrov a.ipécretç.
26
Luc. 54: ne hoc quidem cemunt, omnia se reddere incerta, quod
nolunt (ea dico incerta quae éiOri:>..a Graeci?).
27
Cfr. EusEB. PE xiv 7, 15: 010.<popàv Oè eìva.1 à.Oft:>..oo Kai à.Ka.-
ta.:>..ftntoo Kcti 11:6.vta. µèv eìva.1 à.Kn16.:>..t17r1a, oò rc6.vta Oè 0.0ri:>..a., su ·cui vedi
supra, p. 107 e nota 65.
CICERONE LUC. 32 203

miv<rov) si fonda sulla constatazione che le cose sono ii811Àa,


quella qualificata di Carneade sulla constatazione che le cose
sono à1m<<iÀ11nrn. Ed è significativo che Cicerone introduca il
termine iio11Àov proprio a proposito di coloro che, non distin-
guendo nel loro apparire le rappresentazioni dei sani da quelle
dei pazzi, tendono incerte tutte le cose, omnia se reddere in-
certa28. Non è un caso che questa conseguenza sia presentata
come temibile per coloro che ammettono il probabile" e che
proprio costoro, al par. 32, si lamentino di essere accusati di
sostenere che tutte le cose sono incerte e si difendano energi-
camente da quest'accusa. In breve gli Accademici che distin-
guono inter incertum e id quod percipi non possit rivendicano la
pretesa che anche coloro che sospendono il giudizio possano
agire e discutere, che viene loro negata dai dogmatici'°.
Al par. 110 infatti Cicerone difende l'accademico dall'ac-
cusa di voler rendere tutto incerto facendo ricorso al probabile.
All'obiezione rivolta a Carneade da Antioco, che il sapiente
non può professare alcun principio che non sia percepito com-
preso conosciuto e che egli quindi avrebbe dovuto riconoscere
che almeno il principio mina IÌKmaÀ11nrn è percepito, Car-
neade replica che quel principio è probabile non perceptum.

«E così» - prosegue Cicerone - «il sapiente non teme di ap-


parire come uno che confonda e renda tutto incerto (itaque
non metuit ne confundere omnia videatur et incerta reddere).
Infatti egli non direbbe di non sapere se fosse interrogato
sul!' azione appropriata o sulle altre cose di cui ha pratica ed

28
Cfr. Luc. 54. Sulla tecnica di traduzione di Cicerone, cfr. J.G .F.
PowELL, Cicero's Translationfrom Greek, in Cicero the Philosopher, cit.
29
Le conseguenze minacciose che scaturiscono dal voler rendere
tutto non-evidente in Luc. 53: quamquam totum hoc, sapientem aliquando
sustinere adsensionem, contra vos est, si rivolgono infatti alla posizione di
Carneade; cfr. 59: Cameaden autem etiam heri audiebamus solitum esse
<eo> dela bi interdum ut diceret opinatu rum, id est peccaturum esse sapientem.
Cfr. 67, 78.
30
Cfr. Luc. 43-4.
204 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

esperienza, allo stesso modo in cui direbbe di non sapere se


fosse richiesto se il numero delle stelle è pari o dispari. Infatti
nelle cose incerte non vi è nulla di probabile (in incertis [... ]
nihil est probabile). Invece dove il probabile c'è non mancherà
al saggio né ciò che deve fare né ciò che deve rispondere (nec
quid faciat nec quid respondeat)».

La distinzione tra "ciò che è incerto" e "ciò che non può essere
percepito" lascia spazio al probabile in campo morale perché il
saggio, interrogato sull'azione morale, non risponde di non sa-
pere «come se gli venisse chiesto se il numero delle stelle è pari o
dispari>>' 1 . Aver introdotto il itt8av6v come criterio d'azione
comporta, dunque, la rinuncia a considerare le cose come
UOr]Àa. Ma se la risposta ali' accusa di voler rendere tutto in-
certo è difesa con l'introduzione del probabile, la filosofia di
Arcesilao è inadeguata a fronteggiare quest'accusa perché l' eu-
logon non permette di distinguere le rappresentazioni'', né

H È inoltre importante sottolineare che in M VII 24 3 le proposizioni


"il numero delle stelle è pari", "il numero delle stelle è dispari", costitui-
scono per gli Stoici esempi di rappresentazioni né probabili né improba-
bili. Lo stesso esempio è ripreso proprio in Cxc. Luc. 32 e 110, ad indicare
cose classificate come oscure, ovvero 0.0T{A.a. Il termine ii011?...ov compare
in Pr.UT. adv. Col. 1124 B, quando Plutarco, nel contesto della polemica
epicurea contro Arcesilao, difende l' epoche definendola «un atteggia-
mento critico, una disposizione propria di veri uomini che preserva dal-
l'errore e rifiuta di abbandonare il giudizio alle sensazioni così screditate e
instabili e di essere ingannata da coloro che pretendono çhe le apparenze
(•à <pa1v6µEva) testimonino le cose oscure (•&v ò.OfiA.rov), malgrado essi
vedano che le apparenze siano così poco degne di fede e prive di chia-
rezza». Per l'uso di <pa1v6µEvov nella filosofia accademica, cfr. supra, p.
159 e nota 87.
3z Pace H. THORSRUD, Cicero on his Academic Predecessors, cit., p. 3
nota 12, il quale prende alla lettera anche l'esoterismo attribuito ad Arce-
silao in PH 1 233: «Sextus's basic complaint against the Acadernics is that
they actively go along with impressions, preferring one as more plausible
than another. This is enough to qualify one as dogmatist (PH I 223). In
particular, Arcesilaus qualifies because he allowed for the regulation of
choice and avoidance and action in general in accordance with to eulogon».
CICERONE LVC. 32 205

Arcesilao ha mai parlato di probabile ed è questa la ragione per


cui Sesto Empirico lo accomuna allo scetticismo pirroniano 33 .
Ma ciò conduce inevitabilmente all'enoxiJ nepi miv"Dv con
tutte le conseguenze che essa comporta, prima fra tutte la dif-
ficoltà di rispondere all'accusa di ànpaé,ia. Si è già discussa
l'inadeguatezza della risposta di Arcesilao a controbattere fino
in fondo quest'accusa, ed è questa la ragione per cui coloro che
distinguono tra ciò che è incerto e ciò che non può essere
percepito al par. 32, si difendono ricorrendo al probabile 34 . Il
probabile infatti, a differenza dell' eulogon, ammettendo dei
gradi, consente di operare una distinzione tra le rappresenta-
zioni (m0uvTj, m0uvTj KUÌ ànepicmao-wç, meuvTj Kai ànepi-
anacnoç Kai 8teé,rooeuµév11)". L'introduzione del probabile
dunque autorizza gli Accademici a rivendicare la pretesa che
anche quelli che sospendono il giudizio possano agire e discu-
tere". Questa pretesa è giustificata, come spiega Clitomaco al

H Cfr. PHr 232. Anche C1c. acad. I 45, cit., conferma che Arcesilao
riteneva che bisognasse trattenere le affermazioni e le negazioni perché è
segno di grande temeritas approvare aut falsa aut incognita res.
14
Luc. 32: volunt enim [... ]probabile aliquid esse et quasi veri simile
eaque se uti regula et in agenda vita et in quaerendo ac disserendo.
35
Sull'insufficienza del criterio d'azione di .Arcesilao a rispondere
all'accusa di apraxia, rinvio al cap. II p. 124 e sgg.
36 A. HALTENHOFF, Kritik der akademischen Skepsis, cit., p. 179,

commenta: «Zu behaupten nihil passe percipi bedeute nicht, alles ftir unsi·
cher zu halten: dies muB das explizite Argument gewesen sein, das sich
mit der U nterscheidung als solchen von incertum und quod percipi non
potest verband (die tautologisch anmutende Formulierung quantumque
intersit [... ] docere conantur eaque distinguere mag zwei Aspekte dieser
Unterscheidung bezeichnen: den Unterschied als sochen und die Bestim·
mung der beiden Begriffe, die ihn erzeugt). Nun hiitten wohl die Dogma·
tiker "unsicher" (0.8riì...ov) und "unerkennbar" (à1Ca-t0AT]1tt'ov) nicht syno·
nym gebraucht (s.o.); sie waren freilich davon ilberzeugt daB das objektiv
Unerkennbare notwendig auch subjektiv unsicher sein milsse (und darin
sahen sie auch die Stringenz ihres Einwandes). Dementsprechend war ffu
die Akademiker, mit denen sich Lucullus im Folgenden befassen will,
nicht die begriffliche Unterscheidung als solche kennzeichnend (qui
haec distingunt), sondern der Versuch, dem prinzipiell Unerkennbaren in
206 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

par. 104, dall'apparire di rappresentazioni quibus ad actionem


excitemur, item ea quae interrogati in utramque partem respondere
possimus sequentes tantum modo quod ita visum sit, dum sine
adsensu. Ma per fare ciò Clitomaco è costretto a spiegare che
sospendere l'assenso si dice in due significati. Il primo modo di
sospensione del giudizio, inteso nel senso che non si assuma
nulla come vero o come falso, non comporta necessariamente il
secondo, che riguarda la sospensione delle affermazioni e delle
negazioni, ut neque neget aliquid neque aiat. Clitomaco accoglie
il primo modo e respinge il secondo e ne spiega le ragioni.
Mentre il primo modo si riferisce all'atteggiamento mentale di
distacco epistemologico proprio dello scettico di fronte alla
realtà, il secondo riguarda la vita pratica e i rapporti intersog-
gettivi. Lo scettico accademico si attiene rigorosamente al
primo modo e respinge il secondo che comporta l'impossibilità
di agire. Clitomaco, dunque, è costretto a respingere il secondo
modo di sospensione del giudizio, vale a dire l'ènoxi] nepì
rrUvtrov di Arcesilao per evitare lemarginazione a cui sono
condannati coloro che ritengono omnia incerta giudicati dai
dogmatici come gente con cui non c'è più speranza (quasi de-
speratos atiquos relinquamus) e con cui non è possibile discutere.
Si potrebbe ancora obiettare che in acad. I 4 5 Arcesilao
assume in propria persona la tesi dell'ciK<HaÀ:rl'l'ia, e che per-
tanto anch'egli potrebbe essere incluso in Luc. 32 tra coloro
che distinguono tra ciò che è incerto e ciò che non può essere
percepito. Tuttavia un'analisi dei passi del Lucuttus relativi ad
Arcesilao suggerisce che lappello ai Presocratici è un modo di
assicurare contra Stoicos la premessa che nulla può essere cono-
sciuto senza per questo assumerla in propria persona 37 • D'altra
parte ci sono chiari indizi che l'appello ai Presocratici rientra

vielen Fallen gleichwohl einen gewissen Grad subjektiver Gewi.Bheit bei-


zumessen».
37
Su questo punto, cfr. C. BRITIAIN-J. PALMER, The New Acade-
my's Appeals to the Presocratics, cit., pp. 44-6, 63-7. Cfr. anche C. ÌlRIT-
TAIN) Cicero. On Academic Scepticism, cit., p. XXXVI.
CICERONE LUC. 32 207

nella metodologia accademica di opporre ad ogni punto di vista


uno contrario di ugual peso persuasivo e che in quest'ambito
essi richiamavano le diverse opinioni dei filosofi per opporle le
une alle altre 38 . A tal proposito è fondamentale che la confu-
tazione della pretesa di conoscenza zenoniana da parte di Ar-
cesilao inluc. 77 si concluda con l'impossibilità di giudicare se
una rappresentazione sia vera o. falsa: incubuit autem in eas
disputationes ut doceret nullum tale esse visum a vero ut eiusdem
modi etiam a falso possitesse 39 . Anche se da questo passo non si
può trarre alcuna conclusione su quale fosse!' atteggiamento di
Arcesilao di fronte alla natura delle cose, non si può neanche
dedurre che egli condividesse la tesi dell'aKaWÀ.T]'lfta. Dal-
l'a7tapa1'.1'.al;ia delle rappresentazioni non consegue infatti che
Arcesilao definisse le cose aKa"'tÀ.T\7tW, dal momento che nulla
autorizza a concludere che egli condividesse la tesi opposta a
quella stoica, ovvero la tesi che non è possibile conoscere.
L'unica conclusione che si può trarre è che non si può essere
certi né di aver raggiunto la verità né di essersi ingannati.
Inoltre, se è corretto interpretare le argomentazioni di Arcesi-
lao in MVII 151-7 come una ritorsione dialettica della posi-

38 Per la Otct<provia tra i filosofi, cfr, la terza parte del discorso di

Cicerone in Luc. 116-46, che, come osserva W. GORLER, Cicero's Phi!oso-


phica! Stance in the 'Lucu!lus', in B. !Nwoon-J. MANSFELD, Assent and
Argument, cit., p. 50, «might be entitled 'Philosophical disagreements'.
Its principal aim is not to furnish doxographical information but to de-
monstrate that in matters philosophical no reasonable decision can be
made: all arguments for a given doctrine are 'counter-balanced', as it
were, by arguments advocating the apposite view)>. C. BRI'ITAIN-J. PAL-
MER, The New Academy's Appea!s to the Presocratics, cit., pp. 66-7, hanno
inoltre convincentemente richiamato l'attenzione su un passo 'di Lattan-
zio (div. inst. III 4, 10-1) che depone a favore della possibilità che gli
Accademici per primi si siano serviti del tropo della dissensio per scardi-
nare la pretesa di conoscenza dei dogmatici.
39 Anche W. GORLER, Cicero's Phi!osophica! Stance, cit., p. 46, sep-

pure con argomenti diversi, giunge alla conclusione che «Cicero has no
great devotion to rhe more radical type of Academic scepticism», rappre-
sentato da Arcesilao.
208 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

zione zenoniana, ne consegue che le cose sono indicate come


ÙKmUÀl]nrn soltanto da chi, avendo sostenuto l'esistenza della
KataÀl]ljltç, è costretto ad ammettere che la KataÀl]lj/tç non
esiste, ovvero da Zenone e dagli Stoici. Ma se è così, sorge
spontanea una domanda: perché Arcesilao dovrebbe ricorrere
a una terminologia ricavata dalla filosofia degli avversari indi-
cando anch'egli le cose come ÙKataÀl]nrn? Luc. 32, distin-
guendo i sostenitori del probabile da coloro che ritengono
omnia incerta/ii81]Àa permette di includere Arcesilao tra que.sti
ultimi, colmando così un'importante lacuna nella terminologia
filosofie.o-tecnica di Arcesilao, che le fonti antiche, Cicerone 40
e Sesto, per motivi diversi hanno preferito occultare.

4
° Cicerone più volte distingue la posizjone di Arcesilao da quella di
Carneade in relazione alla controversa questione nihil opinari. sapientem
(cfr. 67), andie se dice di non essere particolarmente interessato a questo
problema, in quanto lo ritiene un semplice corollario della 6.Ka:taÀTJl.lfia
(cfr. 78). Tuttavia la tesi nihil opinari. sapientem rappresenta un nodo
centrale nella storia dell'Accademia scettica e Cicerone lo avverte acuta-
mente. Egli infatti rivendica per il saggio la libertà di opinare, «special-
mente perché neppure Carneade si opponeva con molto vigore a questo
punto di vista» (praesertim nec Carneade quidam buie loco valde repugnante,
112), ma non nomina A.rcesilao. Del resto l'affermazione che la filosofia di
Arcesilao in un primo momento incontrasse poco seguito, ma fosse man-
tenuta dal solo Lacide e fosse perfezionata da CarneadC (cuius primo non
admodu1n probata ratio [... ] proxime a Lacyde solo retenta est, post autem
con/ecta a Carneade, 16) potrebbe alludere a un tratto comune tra la
filosofia di A.rcesilao e di Lacide che, al contempo, le distingue dalla
filosofia di Carneade. Ebbene, poiché l'unica testimonianza rilevante
che abbiamo sulla filosofia di Lacide è quella di Numenio (apud EUsEB.
PE xiv 7, 1-13 = fr. 26 Des Places), che gli attribuisce la tesi del saggio
ò:061;acr'toç e per questo anche à.µVTJµ6vso'toç in quanto la µvfiµTJ è una
061;,a, l'ipotesi che il solo Lacide mantenne l'ò.Ool;a.cr'tia. che Caratterizza la
filosofia di A.rcesilao rispetto a quella dell'Accademia sllccessiva non può
essere esclusa.
II
SOCRATE NELLE TRADIZIONI
ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA

Socrate è già una figura emblematica e un modello per i


suoi immediati discepoli, che gli attribuirono tratti e dottrine
spesso molto distanti le une dalle altre. Questa caratteristica di
indecifrabilità è presente nello stesso Socrate platonico, che
nel corso dei dialoghi non soltanto sostiene punti di vista di-
versi, ma anche talvolta antitetici sotto molti rispetti. Già negli
anni immediatamente successivi alla morte i Socrate era diven~
tata oggetto di polemiche e discussioni, che pur investendo la
legittimità della condanna a morte inflittagli, tenevano vivo e
alimentavano il dibattito sulla sua filosofia. I A6yoi :EroKpan-
Ko( scritti dai discepoli contribuivano senza dubbio a creare
una pluralità di ritratti di Socrate. Questa pluralità di imma-
gini legittimò anche in età ellenistica il tentativo di alcune
scuole filosofiche di fare di Socrate il precursore delle proprie
dottrine. Cicerone ci informa della pretesa da parte delle varie
scuole filosofiche di essere ognuna l'unica vera interprete del
pensiero del maestro, allorché nel De oratore afferma:
«molti ebbero, per così dire, origine da Socrate, nel senso che
alcuni presero una parte, altri un'altra delle sue varie e differenti
conversazioni; si generarono così quasi delle sette dissenzienti fra
loro assai lontane e diverse, benché poi tutti questi filosofi voles-
1
sero essere chiamati socratici e ritenessero altresì di esserlo» .

1 Crc. de orat. m 61 = SSR r H 4.


210 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Fu così che gli Stoici, richiamandosi al Socrate di Senofonte


filtrato attraverso la mediazione di Antistene, dettero vita a
un Socrate moralista, dogmatico, in possesso di una cono-
scenza certa e infallibile, mentre Arcesilao, scolarca dell' Ac-
cademia nel Ili secolo a. e., sviluppò il lato aporetico presente
nel Socrate dei dialoghi giovanili di Platone. Gli Stoici, con-
dividendo la polemica antiplatonica di Antistene, tentavano
di separare nettamente Socrate da Platone; Arcesilao, pur
considerando Socrate distinto da Platone, riteneva che ci
fosse una continuità di pensiero tra i due, tanto da consentir-
gli di affermare che egli stesso non professava altra dottrina
che quella platonica e, che, nello stesso tempo, era un seguace
di Socrate. Si confrontano dunque due immagini antitetiche
di Socrate, l'una dogmatica, l'altra scettica, che giocano un
ruolo molto importante non soltanto nel dibattito gnoseolo-
gico svoltosi tra gli Stoici e gli Accademici, ma anche succes-
sivamente all'interno della stessa Accademia nel corso della
polemica sorta tra Filone e Antioco.
Ora la tradizione dossografica ha fatto di Socrate il fon-
datore dell'etica, ma non sa nulla del suo pensiero'. Tuttavia
essa ci fornisce un'immagine più vicina a quella proposta dalla
tradizione cinico-stoica piuttosto che a quella scettico-accade-
mica. Si pone dunque il problema di stabilire se sia stato
Arcesilao l"'inventore" di un Socrate "scettico", o se sia pos-
sibile rinvenire tratti scettici nelle raffigurazioni di Socrate
dei filosofi precedenti o contemporanei 3 • Come ha ben messo
in luce G. Giannantoni, la storia della fortuna di Socrate si
intreccia con quella di Platone, al punto che il Socrate perso-
naggio dei dialoghi di Platone progressivamente viene ad iden-
tificarsi con la figura storica di Socrate, rendendo con ciò

2
Cfr. DLII 45 = SSR ID I e XENOPH. mem. I I, 16.
3
Questo problema è stato sollevato da A.A. LONG, Socrates in the
'Hellenistic Philosophy, cit., p. 155, il quale conclude che fuori dell'Acca-
demia la tesi di un Socrate scettico non è mai stata presa in seria' consi-
derazione.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 211

molto difficile distinguere e separare la fisionomia filosofica


dell'uno e dell'altro 4 • La storia delle interpretazioni della fi-
losofia di Socrate coinvolge dunque anche la discussione sullo
scetticismo di Platone, che oppone Accademici e Pirroniani, a
partire dal I secolo a.C.
Ma per identificare limmagine di Socrate a cui Arcesilao
si richiama e la sua legittimità, è necessario partire innanzi
tutto da!Ie testimonianze che la giustificano. Inoltre essa ri-
chiede di essere confrontata con quella che i Pirroniani, inte-
ressati alla stessa problematica filosofica dello scetticismo,
elaboravano, e nello stesso tempo chiama in causa le immagini
di Socrate opposte dalle scuole rivali, come Stoici ed Epicurei.
Le fonti principali di informazione sull'interpretazione
della filosofia di Socrate di parte accademica sono Cicerone e
Plutarco. Un dato di fatto di cui è necessario tenere conto però
è che Cicerone non ci informa soltanto sulla posizione di Ar-
cesilao, ma è allo stesso tempo portavoce di un dibattito che ha
opposto, proprio sull'interpretazione della filosofia prece-
dente, e in particolare sulla valutazione della filosofia di So-
crate e di Platone, i suoi due maestri, Filone di Larissa e An-
tioco d'Ascalona. Pertanto la testimonianza ciceroniana, in~
centrata negli Academica sulla disputa tra una interpretazione
dogmatica della storia della filosofia e una scettica, deve essere
vagliata con molta cura, perché l'interpretazione della storia
del!' Accademia in chiave moderatamente scettica fornita da
Filone potrebbe riflettersi anche sulla valutazione di Socrate
e quindi non coincidere perfettamente con quella di Arcesilao.
Per quanto riguarda la testimonianza di Plutarco nell' Ad-
versus Colotem, essa è certamente di provenienza accademica,
sia per la posizione filosofica di Plutarco stesso che, pur essendo
un platonico, aderiva e difendeva le posizioni dell'Accademia
scettica, sia perché riporta l'attacco dell'epicureo Colate contro

4 Cfr. G. GIANNANTONI, Socrate e i Socratici in Diogene Lamio,


«Elenchos», VII (1986) pp. 199-200.
212 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Arcesilao e le argomentazioni di Arcesilao per difendersi dal-


!' accusa di èinpa!;ia. È molto probabile inoltre che la sua fonte
possa essere Io stesso Arcesilao'. Essa comunque presenta la
difficoltà, dato il carattere polemico dello scritto, di dover enu-
cleare la posizione di Arcesilao nei confronti di Socrate in ma-
niera indiretta dalle annotazioni critiche di Colote.
Nel De finibus Cicerone, disapprovando I' oratio continua in
uso nell'Accademia del suo tempo, esprime il suo gradimento
per il metodo di discutere di Arcesilao che egli ricollega a quel-
lo socratico. Egli presenta Socrate come un filosofo che non ha
mai fatto lezione, ma che ha messo in ridicolo coloro che face-
vano lezioni, ovvero i sofisti 6 •

«Socrate ricercando e interrogando, era solito far emergere le


opinioni di coloro con i quali discuteva, in modo da esprimere
il suo punto di vista in riferimento a ciò che essi risponde-
vano. Questo metodo non fu mantenuto dai filosofi che se-
guirono, ma Arcesilao Io riprese e stabili che coloro che vole-
vano ascoltarlo, non gli ponessero domande, ma esprimessero
essi stessi le loro opinioni. E dopo che essi avevano parlato,
egli argomentava contro. Ma i suoi ascoltatori difendevano la
loro opinione finché potevano» 7 .

5
Su questo problema cfr. A.M. loPPOLO, Opinione e scienza, cit., p.
48 e nota 81. Bisogna inoltre tenere presente che la data probabile dello
scritto di Colote contro cui polemizza Plutarco è da collocarsi all'incirca
intorno al 260 a.C. (cfr. J.P. HERsHBEll, Plutarch and Epicureanism, in
ANR W II 36, 5 (1992) p. 3367), e quindi nel periodo di piena attività di
Arcesilao.
6
Crc. de fin. n 1: deprecar ne me tamquam philosophum putetis scho-
lam vobis aliquam explicaturum [... ] Quando enim Socrates, qui parens phi-
losophiae iure dici potest, quicquam tale Jecit? 2: sophis"tas, ut e Platone
intellegi potest, lusos videmus a Socrate.
7
C1c. de /in. II 2: Is enim percontando atque interrogando elicere
solebaieorum opiniones quibuscum disserebat, ut ad ea quae ii respondissent,
si quid videretur, diceret. Qui mos cum a posterioribus non esset retentus,
Arcesilas eum revocavi! instituitque ut ii, qui se audire vellent, non de se
quaererent, sed ipsi dicerent quid sentirent; quod cum dixiSsent, ille Contra.
Sed eum qui audiebant, quoad poterant, defendebant sententiam suam.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 213

Cicerone quindi da un lato pone uno stretto collegamento tra il


metodo dialettico di Arcesilao e quello socratico, ma dall'altro
fa emergere il carattere innovativo della posizione di Arcesilao.
Infatti il metodo socratico è stato abbandonato dai filosofi
successivi. Ciò concorda anche con la testimonianza di Diogene
Laerzio nella Vita di Arcesilao, che afferma che Arcesilao «per
primo ha modificato il discorso tramandato da Platone, renden-
dolo più adatto alla controversia per mezzo di domanda e ri-
sposta» 8 • A prescindere dal problema piuttosto controverso se
fonte di questo passo sia Antigono di Caristo, la testimonianza
di Diogene Laerzio acqùista un peso, perché sottolinea una
diversità tra il metodo dialettico platonico e quello di Arcesilao.
Ciò avvalora la tesi espressa da Cicerone nel De /inibus secondo
cui il metodo dialettico socratico non fu mantenuto dai filosofi
che seguirono, ma fu ripreso da Arcesilao. Senza voler negare il
fatto che lo scetticismo di Arcesilao derivi da una particolare
interpretazione della filosofia platonica, come del resto Arcesi-
lao stesso ammetteva, ciò che qui viene rivendicato è una dif-
ferenza nel metodo dialettico per il quale Arcesilao si riconnet-
terebbe piuttosto a Socrate che a Platone 9 • Questa distinzione
tra la posizione scettica di Arcesilao e il procedimento dialettico
da lui usato per manifestarla mi sembra che si possa cogliere
anche da un noto passo del De oratore di Cicerone 10 :

8
DLIV 28.
9 A.A. LoNG, Diogenes Laertius. Li/e of Arcesilaus 1 cit., pp. 428-49,
ritiene che la testimonianza di Diogene Laerzio nelle prime righe (IV 28)
non dipenda da Antigono di Caristo, tuttavia la testimonianza di Diogene
Laerzio ha il pregio nelle prime righe di riferire correttamente la posizione
di Arcesilao sulla sospensione del giudizio, che non fa dipendere dalla
polemica cOn la Stoa (npéi:rcoç È:ntcrx_ò:iv i:àç ànocpO.cre1ç Oià t'Ùç È:vavi:1éi:rrcaç
i:&v f..òyrov).
°
1 C1c. de orat. m 6 7: Arcesilas [... ]ex variis Platonis libris sermonibus-

que Socraticis hoc maxime arripuit nihil esse certi quod aut sensibus aut animo
percipi possit; quem ferunt [... } primumque instituisse, quamqudm id fuit
Socraticum maxime, non quid ipse sentiret ostendere, sed contra id quod
quisque se sentire dixisset <dis> putare.
214 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

«Arcesilao [... ] dai libri di Platone che hanno tanta varietà fra
loro e dalle discussioni socratiche trasse soprattutto questo, che
non vi è nulla di certo, che possa essere percepito o coi sensi o
con l'anima. E dicono[ ... ] che stabilì per primo 11, sebbene ciò
fosse proprio di Socrate, di non esprimere il proprio punto di
vista, ma di argomentare contro ciò che ciascuno opinava».

Non vi è dubbio che il passo afferma che Arcesilao traeva il


suo scetticismo dalla lettura dei libri di Platone nei quali erano
anche contenute le conversazioni socratiche (ex variis Platonis
libris sermonibusque Socraticis). Quindi esso pone tanto So-
crate quanto Platone come antesignani dello scetticismo di
Arcesilao; ma non vi è dubbio altresì che in esso viene affer-
mato che il metodo di Arcesilao era proprio soprattutto di
Socrate". Questa specificazione non sarebbe necessaria se il
metodo di. Socrate e quello di Platone fossero considerati
identici. La caratteristica del metodo di Arcesilao infatti è

11
Cfr. ibid.: primumque instituisse, con DL rv 28: 7tp©toç •Òv ì..6yov
llciv11cre 'CÒV Urcò ITì..6.'Crovoç rta.paòeòoµévov.
12
Questo passo del De oratore è stato oggetto di interpretazioni
diverse a partire da R. HIRZEL, Untersuchungen zu Ciceros phi!osophischen
Schriften, cit., m, p. 159, il quale lo prendeva a sostegno, fra gli altri (cfr. p.
36 sgg.), della sua tesi che Arcesilao avrebbe derivato il suo scetticismo da
Socrate e non da Platone. Contro la tesi di Hirzel già L. CREDARO, Lo
scetticismo degli Accademici, cit., rr, pp. 263-7, faceva rilevare che la deri-
vazione socratica non può essere separata da quella platonica, perché le
testimonianze annoverano Socrate e Platone come antecedenti della scepsi
accademica. Così anche M. DAL PRA, Lo scetticismo greco, cit., r, p. 121 nota
25 e J. GLUCKER, Antiochus, cit., p. 37 nota 89, il quale ritiene che l'e-
spressione ex variis Platonis !ibris sermonibusque Socraticis debba essere in-
tesa sempre come riferimento a Platone, nel senso che il pensiero di Socrate,
che non aveva scritto nulla, è affidato agli scritti di Platone. Tuttavia a me
sembra che non si sia colta a sufficienza la differenza tra la derivazione
platonico-socratica della posizione scettica di Arcesilao e quella esclusiva-
mente socratica del suo metodo, messa in luce dal passo di Cicerone. Cfr. a
questo proposito anche Crc. de nat. deor. 1 11: ut haec in philosophia rati.o
contra omnia disserendi nullamque rem aperte iudicandi profecta a Socrate
repeti-ta ab Arcesila con/irma"fa a Carneade usque ad nostram viguit ae"fatem.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 215

quella di non esprimere mai per primo il proprio punto di


vista, ma di esporre soltanto la tesi opposta a quella sostenuta
dall'interlocutore n Confutando sempre il punto di vista del-
l'interlocutore e quindi parlando soltanto per opporre la tesi
contraria, Arcesilao 1 come Socrate, evitava di mostrarsi coinM
volto in qualunque affermazione o negazione. Che Arcesilao
stesso con ciò pretendesse di restaurare il metodo socratico
risulta da numerose testimonianze.
L'epicureo Colate, suo contemporaneo, lo accusava di
scarsa originalità e di voler conferire importanza alle sue dot-
trine, facendole risalire a filosofi illustri del passato. Plutarco
nell'Adversus Colotem lo difende affermando:

«Arcesilao tanto poco aspirava ad una qualche fama di origi-


nalità, e di appropriarsi di soppiatto di qualche dottrina degli
antichi (1Ìitoitotdcr8ui n t&v itu:l.m&v), che i sofisti del suo
tempo lo accusavano di avere addossate a Socrate, a Platone, a
Parmenide e a Eraclito le dottrine dell'ènoxfi e Ò:KataÀ11'1fia
non perché ne avessero bisogno, ma perché egli voleva dare
credito e conferma alle sue dottrine attribuendole a uomini
illustri. E a questo proposito rendiamo grazie a Colate e a ogni
altro di coloro (navti) i quali affermano che Arcesilao abbia
desunto la dottrina dell'Accademia dagli antichi (iivro8sv)»"-

Due elementi importanti si ricavano dal passo dell' Adversus


Colotem: che Arcesilao si richiamava a Socrate (oltre che,

13 Cicerone costantemente sottolinea il fatto che Arcesilao parla

sempre contro la tesi sostenuta dall'interlocutore, cfr. de orat. III 6 7: contra


id, quod quisque se sentiret dixisset, disputari; 80: contra omne quod propo-
situm sit, disserat; de fin. V 9: ut non contra omnia semper sicut Arcesilas
diceret; de nat. de or. I 11: quod cum dixissent, ille contra; acad. r 45: ut contra
omnium sententias disserens.
14 PLUT. adv. Col. 1121 E. Una conferma di quale fosse l'atteggia-

mento di Arcesilao nei confronti dei filosofi antichi si ricava dalle accuse
che Lucullo gli muove, quando lo paragona a Tiberio Gracco perché si
nasconde sotto l'autorità di filosofi famosi del passato per sovvertire la
filosofia, cfr. Crc. Luc. 15.
216 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

nell'ordine, a Platone, Parmenide ed Eraclito), e che non sol-


tanto i non meglio identificati sofisti del suo tempo, ma molti
altri 15 , lo accusavano di plagio rispetto ai filosofi a cui egli
pretendeva di richiamarsi e di addossare la sua dottrina della
sospensione del giudizio e della non comprensibilità. In questo
senso l'attacco di Colo te nei confronti di Arcesilao non è del
tutto ingiustificato, poiché si fonda, sulle affermazioni dello
stesso Arcesilao. Poiché Colote, oltre ad Arcesilao, attaccava
nella sua opera alcuni filosofi del passato tra cui Socrate, è
molto plausibile che il Socrate oggetto dei suoi attacchi, fosse
il Socrate nella interpretazione di Arcesilao. Socrate nella de-
scrizione di Colote, infatti, è un Socrate che, accanto ad al-
cuni tratti propri del Socrate storico, possiede alcuni caratteri
inequivocabili del filosofo accademico.
Il ritratto di Socrate tracciato da Colote si incentra essen-
zialmente su tre punti: il responso dell'oracolo, la critica alle
sensazioni, la ricerca dell'uomo. I tre punti non sono apparen-
temente connessi, dato che Plutarco alterna alle accuse di Co-
lote la sua difesa di Socrate, ma è probabile che essi lo fossero,
essendo funzionali al ritratto di Socrate fornito da Arcesilao.
Arcesilao infatti doveva considerare fondamentale nella filoso-
fia di Socrate l'episodio dell'oracolo di Delfi da cui si originava
la confessione di ignoranza, da un lato, e l'esigenza del 8taA.é-
yecr0m come ricerca costante, dall'altro. Procedendo dunque
dalla posizione socratica, Arcesilao argomentava contro la tesi
dell'interlocutore e stabiliva l'esatta equipollenza delle tesi con-
trarie. Di qui egli traeva anche giustificazione all'impossibilità
di fare qualunque affermazione o negazione sul!' esistenza del
mondo esterno, giungendo all'èrrnxl\ e alla ÙKa-i:aÀ.TJ'Jfia 16 •
L'episodio dell'oracolo viene tacciato da Colo te di essere
una narrazione del tutto sofistica e grossolana (croqncr-i:tKÒV

1
' Ibid.: rra.v1L
16 Sul significato dialettico, contra Stoicos, della tesi dell'àKa.-ca.À:r1-
\jfia. di tutte le cose nella filosofia di Arcesilao, cfr. A.M. loPPOLO; Opi-
nione e scienza, cit., pp. 65-70 e supra, cap. rr.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO.SCETTICA E PIRRONIANA 217

KUi cpopnKÒV 811'ry-riµa), che bisogna lasciare da parte 17 • Alla


luce del ruolo da esso svolto nella filosofia di Socrate e del-
l'importanza che esso rivestiva nell'interpretazione di Arcesi-
lao, si' capisce perché Colate lo giudicasse un racconto sofi-
stico e grossolano, destituito di qualunque attendibilità. In
effetti l'oracolo aveva proclamato Socrate il più sapiente
(crocpo:nmoç) per la sua consapevolezza di non sapere, almeno
secondo l'interpretazione dello stesso Socrate nel!' Apologia.
Socrate aveva con ciò capovolto il significato comune e
più accreditato di sapienza, trasformandolo nella professione
di ignoranza. Colate giudica grossolana e sofistica questa in-
terpretazione, perché la professione di ignoranza non può
essere coerentemente assunta senza incontrare enormi ostacoli
nella sua realizzazione pratica. Non sorprende dunque che
Colate attribuisca a Socrate di respingere l'evidenza delle
sensazioni, nonostante questa tesi non si rinvenga in nessuna
fonte socratica da Platone a Senofonte. Mentre l'episodio
dell'oracolo, infatti, era talmente noto, come lo stesso Plu-
tarco afferma, da non far dubitare che la sua menzione alluda
al Socrate storico nella descrzione che ne fa Platone nel!' Apo-
logia (21 A) 18 , il disprezzo delle sensazioni non è un tratto che
immediatamente gli si possa attribuire, stando alla medesima
descrizione. È possibile che Colate avesse presente il Socrate
del Teeteto 19 , ma ad esso non si addice l'accusa di incoerenza
tra la teoria e l'azione. Più avanti questa accusa è rivolta ad
Arcesilao 20 ed è certamente quest'ultimo l'obiettivo polemico
che Colate ha di mira anche quando attacca Socrate. Agli

17
PtuT. adv. Col. 1108 E·F.
18
Ibid.: cpop'ttKÒç oOv 611À.6:'trov 6 'tOÙ'tov àva-ypénvaç 'tÒv xp11crµév.
19 Cfr. R. WEST.MAN, Plutarch gegen Kolotes. Seine Schrift 'Adversus

Colotem' als philosophiegeschichtliche Quelle, Helsingfors 1955, p. 63, il


quale rileva che Colote può aver avuto presente Theaet. 186 E o Phaed. 83
A, ma che in ogni caso egli <<hat dem geschichtlichen Sokrates diese An-
sicht nur irrtumlich zugeschrieben}}.
20 Cfr. PLUT. adv. Col. 1122 A·B.
218 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

occhi di Colate il motivo della professione di ignoranza, del


resto ripreso e approfondito da Arcesilao mediante la riserva
della non consapevolezza di sapere di non sapere 21 , si combi-
nava con la critica che Arcesilao rivolgeva alle sensazioni. È
plausibile quindi che più che al Socrate storico, o all'immagine
letteraria di Socrate ricavata dai dialoghi di Platone, Colate si
rifacesse all'immagine di Socrate a cui Arcesilao si richiamava
con insistenza, come Colote stesso rileva, quando lo accusa di
plagio. Ciò è confermato sia dal fatto che l'accusa di disprez-
zare le sensazioni, che Colote rivolge a Socrate, acquista un
senso, se si tiene conto della pretesa di Arcesilao di "addos-
sare" ai filosofi precedenti, e quindi a Socrate, la sua propria
posizione filosofica, sia dal fatto che Plutarco si muove sullo
stesso terreno di Colate, senza contestare l'analogia tra la
posizione che questi attribuisce a Socrate e quella che attri-
buisce ad Arcesilao. Prova ne è il fatto che Plutarco difende
Socrate con le stesse argomentazioni con cui Arcesilao si di-
fendeva dall'accusa di ànpal;ia.
Plutarco riporta infatti testualmente gli insulti che Colate
lanciava contro Socrate: «le tue argomentazioni, o Socrate,
erano ciarlatanerie (àJ,,aç6vaç); tu dicevi a coloro in cui ti im-
battevi nella discussione alcune cose, ma ne facevi altre di-
verse»22. A causa di questa ciarlataneria «Socrate dava al pane
l'apparenza dell'erba e all'erba l'apparenza del pane» 23 • L'in-
coerenza tra la teoria e il comportamento si rifletterebbe nel
fatto che Socrate pur dicendo di non sapere, agisce come se
sapesse: attraversa a piedi i fiumi se non sono profondi, si tiene
lontano dagli animali pericolosi, invece di mangiare il fieno

21
Cfr. C1c. acad. I 45.
22
Adv. Col. 1117 D, dove per ben tre volte Plutarco ricorda che
Colate rimproverava a Socrate di dire alcune cose, ma di farne altre
completamente diverse; cfr. 20, 1118 D, in cui Socrate è detto sofista e
ciarlatano.
2) Cfr.19, 1118A.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 219

mangia pane, invece di portare il cibo alle orecchie, lo porta alla


bocca 24 .
A questo rimprovero Plutarco obietta che il comporta-
mento di Socrate non è dettato da una ferma convinzione
che ciascuna cosa è tale quale appare, ma «è guidato in cia-
scuna azione da ciò che appare» (Kmà tò cpaivòµevov). Infatti
d'opinione intorno alle sensazioni (1\ nepì t&iv aìcr9Ticrerov
8òl;a) non gli impediva di servirsi delle apparenze allo stesso
modo» di tutti gli altri uomini 25 . Non vi è dubbio che qui
sembra di sentire descrivere la posizione di Arcesilao o di un
pirroniano, a cui legittimamente può essere attribuita ~ ttepi
t&iv aìcr9Ticrerov 8òl;a, e non certamente quella di Socrate!
L'ultimo punto, bersaglio delle critiche di Colate è l'im-
pulso a filosofare a cui Socrate sarebbe stato spinto dall'iscri-
zione di Delfi.

«Ma laddove motteggia e deride (cpA.uapiçct) 26 Socrate perché


ricerca che cos'è l'uomo e perché confessa con giovanile bal-
danza (vcavtcuòµsvov) - come Colate sostiene - di non cono-
scere nemmeno se stesso, mostra chiaramente di non aver
riflettuto affatto»"-

24
Cfr. 2, 1108 B. La stessa accusa Colate lancia contro Arcesilao,
cfr. 27, 1122 E.
25 Cfr. le indiscutibili analogie con la difesa di Arcesilao nei capp.
26 e 27.
26
<DÀ.uapiçsiv è termine che nei dialoghi di Platone Socrate talvolta
usa nei confronti di se stesso, per esempio nell'Apologia (19 c), e mai dei
suoi avversari, perché troppo scortese, cfr. E. Dooos, Flato. Gorgias,
Oxford 1959, p. 312, il quale rileva come invece venga usato frequente-
mente dagli avversari di Socrate, quali Callicle (Gorg. 490 E 4, 489 B 7
ecc.), Trasimaco (resp. II 336 B), lppia (Hipp. ma. 304 B).
27
Adv. Col. 20, 1118 c; quanto al termine vsavisu6µsvov, esso
compare nel Gorgia (482 c 4), quando Callide rimprovera a Socrate, che
ha confutato anche Polo, di parlare con giovanile baldanza come un ora-
tore del popolo, e nel Fedro (235 A 6) è significativamente usato da Socrate
nei confronti di Lisia ad indicare l'abilità dei giovani a ripetere le stesse
cose ora in un modo ora in un altro.
220 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Colote quindi accusa Socrate di parlate sconsideratamente come


un giovinetto, e nelle sue parole si può cogliere una reminiscenza
del fatto che Socrate nell'Apologia si rifiuta di forgiare per la sua
difesa bei discorsi come un oratore giovinetto 28 • Colate infatti
considera ridicola e assurda la ricerca socratica. In questo conte-
sto Plutarco richiama il famoso detto di Eraclito è81s11miµ11v
eµerom6v 29 , cbe il filosofo avrebbe dato come risposta all'impe-
rativo delfico "conosci te stesso", e da cui anche avrebbe avuto
origine la ricerca socratica intorno all'uomo. E per avvalorare la
notizia, egli invoca la testimonianza di Aristotele:

«come attesta Aristotele nei suoi scritti platonici (i.v -coiç


ID.cnrovtKoìç) 30 , da qui presero avvio il dubbio e la riceréa
di Socrate».

È piuttosto sorprendente che, dopo aver posto esplicitamente il


responso dell'oracolo delfico all'origine della ricerca filosofica di
Socrate, secondo il racconto di Platone nell'Apologia, Plutarco ne
individui qui invece l'origine nel motto delfico yviii8t craui;6v.
Inoltre la citazione di Aristotele rende improbabile che si possa
trattare di una confusione tra il responso dell'oracolo e l'iscrizione
delfica, a meno che si metta in dubbio la fedeltà del riferimento 31 •

28
Cfr. apol. 17 e 5: -cijOe -cij filtKiq. &0"1tEp µe1paKiqi nÀét't''t'OV't't
léyouç eiç Uµaç Èu:névat, in cui pur non comparendo il termine veavieu-
òµevov, è presente lo stesso concetto espresso nel Gorgia. Del resto Cal-
licle nel Gorgia (485 s-486 s) contrappone all'ideale socratico della ricerca
filosofica la vita del retore, rispondendo al Socrate dell'Apologia.
29
22 B 101 D.-K. = 15 Marcovich. Marcovich, ad !oc., pp. 38-9,
traduce "ho interrogato me stesso", contestando l'interpretazione tradi-
zionale che intende "ho cercato me stesso", nel senso di una risposta
all'imperativo delfico, o come richiamo alla autoconoscenza. Tuttavia
mi sembra che il contesto in cui la citazione è inserita qui da Plutarco
non lasci dubbi sulla validità dell'interpretazione tradizionale.
30
L'ipotesi è che il riferimento sia al lle:pì qnÀocrocpi.aç (fr. 1 Ross),
cfr. TH. DEMAN, Le témoignage d' Aristote sur Socrate, Paris 1942, p. 44.
31 Di questo parere è TH. DEMAN, ivi, p. 48: «nous conservon.S notre

incertitude sur la fidélité de cette rapide référence».


SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 221

Ma anche in questo caso ciò che conta è che dal punto di vista di
Plutarco il riferimento ad Aristotele ha certamente l'intento di
conferire autorità a questa interpretazione.
S(potrebbe pensare che Plutarco, la cui religiosità delfica
è molto nota, abbia introdotto egli stesso il motivo dello yv&8i
crau,6v. Infatti egli aveva dedicato ai problemi cl elfici più di
uno scritto 32 , tra cui un Ilepi toU yv&St craut6v, ora per-
duto"- Dal sottotitolo, e dalle varie annotazioni fatte da Plu-
tarco altrove, possiamo ricostruire che in esso egli doveva
probabilmente trattare il tema dello yv&8i crau,6v in chiave
religiosa, come una ricerca dell'anima, in quanto vera essenza
dell'uomo. In tal senso infatti depongono i rilievi polemici
rivolti subito dopo nei confronti di Epicuro, il quale, secondo
Plutarco, non sarebbe stato in grado di trovare l'anima, pur
avendola cercata"- Tuttavia il tema dello yv&8i crau,6v è
introdotto, al principio, nel contesto della descrizione della
ricerca socratica intorno all'uomo condotta in chiave scettica,
contro cui Colate polemizza. La critica di Plutarco contro
Epicuro, invece, appartiene alla risposta di Plutarco a cui si
deve anche il collegamento tra il motivo dello yv&8i craur6v e
quello religioso della ricerca del!' anima. Quindi lo stesso mo-
tivo è richiamato in due contesti diversi, una volta nell'ambito
cieli' attacco di Colate, un'altra nel!' ambito della difesa di So-
crate ad opera di Plutarco. Questa diversità di contesto è
sottolineata dalle parole "Colate trova ciò ridicolo", che se-
gnano un chiaro passaggio dalla esposizione della posizione di

32 Cfr. K. ZIEGLER, Plutarco, trad. it., Brescia 1965, pp. 34-7, il

quale sottolinea l'importanza del rapporto di carattere religioso che legò


Plutarco al santuario di Apollo a Delfi di cui fu sacerdote; cfr. quaest. conv.
VII 2, 2. Plutarco non si limitò ad accennare frequentemente nei suoi
scritti a questioni delfiche, ma dedicò a questi problemi più di uno scritto,
tra cui De E apud De!phos, De Pythiae oracu!is, De defectu oraculorum.
33 Si tratta del IIepì -coG yv&0t cra.uròv ei [fl propone K. ZIEGLER, ivi,

p. 232, in forma dubitativa] 0:0Qvo:toç ft \jlUX.ft, elencato al n. 177 del


catalogo di Lampria.
" Adv. Col. 20, 1118 D.
222 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Socrate all'esposizione della opinione propria di Plutarco".


Ma allora se il primo richiamo al motto delfico si deve a
Colate, e quindi alla fonte scettica, ci troviamo di fronte a
due versioni differenti circa l'origine del filosofare socratico.
A gettare qualche luce su questo problema viene un passo
del Fedro in cui Socrate, dopo aver tacciato di inutilità le
ricerche intorno alle storie o ai miti che rappresentano gli dèi
sotto forma antropomorfica, dice di non aver tempo per tali
occupazioni:

«ed eccone la ragione, mio caro, che non riesco ancora a cono-
scere me stesso come vuole il motto delfico (où ùuvaµai ''°'
Ka'à 'ò ùsA.cptKÒV ypaµµa yv&vat éµau,6v). Mi sembra proprio
ridicolo che io, mentre sono ancora all'oscuro di questo, mi
ponga ad indagare problemi che mi stanno al di fuori. Donde,
lasciando perdere queste storie, e pago dell'opinione comune
su di esse, lo ripeto, vado indagando non quelle, ma me stesso,
per scoprire se per caso sono un mostro molto più complicato e
fumigante di Tifone, o una creatura più amabile e semplice,
partecipe per natura di una qualche sorte divina e mansueta»".

La citazione del motto delfico che compare anche qui nel


passo del Fedro avvalora l'ipotesi che la sua menzione in Plu-
tarco si debba effettivamente alla fonte scettica contro cui
Colate polemizza. Inoltre la dichiarazione di Socrate di voler
indagare se è un mostro più complicato o fumigante di Tifone
può alludere alla ricerca su "che cos'è l'uomo", di cui parla
anche Plutarco, confermando l'ipotesi dell'utilizzazione pro-
prio di questo passo. Nel passo del Fedro il motto delfico è
chiamato in causa per il comando di conoscere se stessi, ma

' Giustamente M. !SNARDI PARENTE, Plutarco contro Colote, in I.


3

GALLO (a cura di), Aspetti dello stoicismo e dell'epicureismo in Plutarco,


Ferrara 1988, p. 80, sottolinea come la difesa di Socrate ad opera di
Plutarco sia condotta «all'insegna del più schietto delfiçismo».
36 PLAT. Phaedr. 229 E-230 A. La traduzione italiana del passo.è di P.

Pucci, in Plat?ne. Opere, a cura di G. GIANNANTONI, I, Bari 1966.


SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 223

nulla è detto circa la relazione tra questo celebre motto e la


domanda socratica ,( iiv6pcoit6ç 8cnt. Socrate lo richiama per
legittimare la tesi che prioritaria su qualunque altra ricerca è
quella che ha come scopo di cono.scere se stessi. L'immagine di
un Socrate che respinge l'indagine sulla natura e si occupa
soltanto di problemi morali ha invece un autorevole rappre-
sentante in Senofonte, il quale conferisce all'iscrizione delfica
certamente un ruolo più importante nello spingere Socrate a
filosofare, di quanto non emerga qui nel passo del Fedro"- A
Senofonte forse si è ispirato Aristotele, se Plutarco riporta
correttamente la citazione"- Tuttavia né il passo del Fedro né
quello dei Memorabili di Senofonte rispecchiano pienamente il
senso del passo di Plutarco. Infatti nel passo del Fedro l'iscri-
zione delfica non è posta all'origine del filosofare socratico,
come lo è qui in Plutarco, e nel passo di Senofonte essa non è
posta in relazione alla domanda socratica "che cos'è l'uomo".
È possibile anche che Arcesilao, pur facendo derivare la
genesi del filosofare socratico dal responso dell'oracolo, se-
condo il resoconto del!' Apologia, svolgesse poi il tema dell'i-
gnoranza socratica che investiva anche la domanda che cos'è i'

l'uomo", appoggiandosi ad alcuni passi platonici tra cui quello


del Fedro. A favore di questa ipotesi sta anche la citazione di
Eraclito, che proprio dal!' Adversus Colotem è posto tra i filo-
sofi a cui Arcesilao pretendeva di ricollegarsi 39 . Arcesilao si
richiamava infatti, nell'ordine, a Socrate, Platone, Eraclito e
Parmenide, senza seguire l'ordine cronologico, a sottolineare
la derivazione della sua filosofia dalla linea diretta Socrate-
Platone, e nominava Eraclito e Parmenide probabilmente per
l'influenza da essi esercitata sulla filosofia dei suoi maestri'°.

J7 Cfr. XENOPH. mem. I 1, 11-3 per il rifiuto della filosofia naturali-


stica; IV 2, 24 sgg. per la connessione tra l'iscrizione delfica e il filosofare
socratico.
38 Cfr. AluSTOT. metaph. A 6. 987 b 1-3 = SSR I B 24.
39 Cfr., qui supra, nota 14.
40
Eraclito non è mai nominato tra i precursori dello scetticismo di
224 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

La citazione di Eraclito dunque, in relazione al motto delfico,


potrebbe provenire dallo stesso Arcesilao, così come la cita-
zione del passo del Fedro. Infatti Colate se ne serve per met-
tere in luce ancora una volta l'incoerenza della posizione di
Socrate, il quale "confessa con giovanile baldanza di non co-
noscere neanche se stesso e poi pretende di ricercare che cos'è
l'uomo". Più avanti, Plutarco cita testualmente il passo del
Fedro e conclude che Socrate, ricercando se è una bestia più
complicata di Tifone, non ha distrutto la possibilità della vita
stessa, come pretende Colate, ma «ha estirpato dalla vita la
follia, l'illusione, la presunzione opprimente e smisurata e la
superbia» 41 • L'analogia con la posizione di Arcesilao è evi-
dente: che anche Arcesilao si proponesse proprio questo scopo
è più volte ripetuto da Cicerone 42 • Per concludere, oggetto
degli attacchi di Colate e della relativa difesa di Plutarco è la
tendenza scettica di Socrate, per la quale questi, agli occhi di
Colate - e forse anche a quelli di Arcesilao - più che essere un
precursore, professa la stessa dottrina di Arcesilao, coerente-
mente ali' accusa di plagio 43 .

Arcesilao in Cicerone (cfr. acad. I 44; Luc. 14-5). Tuttavia l'influenza della
filosofia di Eraclito su Platone, basti pensare per es. al Teeteto, giustifica
ampiamente la pretesa di Arcesilao. Su questo problema cfr. A.M. loP-
POLO, Presentation and Assent, cit., pp. 433-49. e.A. VIANO, Lo scetticismo
antico e la medicina, cit., II, p. 574, avanza l'ipotesi che «Arcesilao abbia
fatto leva soprattutto sui due grandi metafisici ai quali, come ai poli
fondamentali, si riferiscono le discussioni platoniche, Eraclito e Parme-
nide».
41
Adv. Col. 1119 B: 'tijv Oè èvppovtricria.v èK 'tOG Piou Kc:tì 'tÒV 'ti3<pov
è1;ft:X.auve Kc:ti. -rà.ç èrcax.0etç Kc:ti. lncep6yKouç Kc:t'totftcretç Kai. µeyaA.aux.iaç.
42
Cfr. Cxc. Luc. 66: nihil est enim ab ea cogitatione quam habemus de
gravitate sapientis errore levitate temeritate diunctius; acad. I 42: errorem
autem et temeritatem et ignorantiam et opinationem et suspicionem et uno
nomine omnia quae essent aliena firmae et constantis adsensionis, a virtute
sapientiaque removebat; cfr. ivi, 45.
43
L'accusa di plagio era rivolta contro Arcesilao anche da Timone e
dallo stoico A.ristane di Chio, che la estendevano anche nei conf!onti di
Pirrone, cfr. DL rv 33; NUMEN. apud EusEB. PE XIV 5, 12 sgg.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 225

A questo punto è interessante rilevare che l'uso dello stes-


so passo del Fedro ricorre anche nelle fonti pirroniane. Sesto
Empirico allude chiaramente a esso quando in PH afferma:

«noi se.ntiamo che in Platone Socrate confessa apertamente di


44
non sapere se è un uomo o qualche altra cosa» .

Il riferimento, ampliato, è addirittura esplicito nella versione


di M VII, in quanto cita testualmente il passo del Fedro:

<~tra quanti hanno cercato di concepire l'uomo, Socrate ·era nel


dubbio (Tj11:6p11crn) e rimaneva nella scepsi (µsivaç Èv 'ÌÌ crKÉ'lfSl)
dicendo di ignorare chi fosse egli stesso e in quale rapporto si
trovasse con l'universo. "Io davvero non so - egli afferma - se
per caso sono un uomo o un mostro molto più complicato di
Tifone» 45 •

Un elemento che scompare completamente nella citazione di


Sesto è proprio l'iscrizione delfica che nel passo di Plutarco
gioca invece il ruolo decisivo nello spingere Socrate a indagare
che cos'è l'uomo. Da questo punto di vista la citazione di
Sesto sembra senza dubbio più fedele al significato del passo
platonico. Poiché tuttavia nel Fedro la menzione dell'iscri-
zione delfica è presente, anche il passo di Plutarco mostra per
questo la sua dipendenza e fedeltà al testo platonico, anche se
di fatto lo reinterpreta. A questo punto non è però immedia-
tamente evidente, come invece è ·stato ipotizzato, che la fonte
di Plutarco e di Sesto sia la stessa 46 . Innanzi tutto nel passo di
PH non si fa alcuna distinzione fra Socrate e Platone, ma si
parla di Socrate 11:apà ID.àHùVt, alludendo piuttosto al Socrate
personaggio dei dialoghi. Nel!' Adversus Colotem Platone è in-

44
PH II 22.
4} MVII 264.
46 Cfr. R. WESTMAN, Plutarch gegen Kolotes, cit., pp. 65-6, e K.

DORING, Die sog. kleinen Sokratiker und ihre Schulen bei Sextus Empiricus,
«Elenchos», xm (1992) p. 84 sgg.
226 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

vece nettamente distinto da Socrate, come dimostra il fatto


che Colate critica la dottrina delle Idee di Platone, mentre
attacca Socrate per la sua tendenza scettica 47. Se dunque, per
le ragioni fin qui esposte, è legittimamente ipotizzabile una
fonte accademica per l' Adversus Colotem, non lo è immediata-
.mente per i passi di Sesto, anche se non è esclusa la sua
utilizzazione da parte di Sesto o della sua fonte.
Socrate è citato tanto in PH quanto in M nei paragrafi
relativi alla critica al criterio di verità per la sua ignoranza
sulla natura dell'uomo. In PH dopo aver accennato alla posi-
zione del Socrate platonico, Sesto passa a criticare nell'ordine
le posizioni di Democrito, di Epicuro, degli Stoici e dei Peri-
patetici per concludere con la definizione di uomo di Platone
- «animale senza ali, bipede, dalle unghie larghe, capace di
scienza politica» - che egli difende in quanto Platone non
l'avrebbe affermata 3w.PePmronKòiç, in modo categorico, ma
«parlando come al solito secondo probabilità»". Ciò che col-

47
Cfr. R. WESTMAN, Plutarch gegen Kolotes, cit., p. 63 nota 1. Ciò
non significa comunque che Platone sia considerato un dogmatico. Infatti
l'interpretazione scettica della filosofia di Platone è assicurata dal fatto
che Plutarco ne sottolinea la continuità con la filosofia di Arcesilao, in
quanto entrambe conducono un attacco contro la 861;0., considerata fonte
di wcUOoç e àx6:i:ri (cfr. 1122 E). Si aggiunga che Plutarco giudica I' Èxoxii e
1'0.Kai:cù..riwio. di Arcesilao perfettamente in linea con l'ortodossia plato-
nica (cfr. 1122 A).
48
PH n 28: oòOè a.òi:òç àl;ioi 01a!kj30.tùYtt1céòç i:oUi:o ÈKi:i0ccr0ai [... ]
à'A.')...' &cr7tEp c\'.ro0cv Kai:à i:ò 1n€1avòv ')...éyrov. Il linguaggio usato da Sesto per
descrivere la posizione di Platone è lo stesso con cui egli descrive quella
dei Pirroniani, come attesta l'uso negativo di Otaj3cf3aHo1:tKéòç (si veda a
questo proposito K. ]ANAè':EK, Sextus Empiricus' Sceptical Methods, cit., p.
87). Quanto all'uso di 7tt0o.v6v, si veda la difesa dello scetticismo di
Platone in ANoN. proleg. in Plat. phil. 10, 4-12, p. 15 sgg. Westerink.
PH I 222, che probabilmente costituisce una risposta a quanti sostengono
che Platone avrebbe usato espressioni dubitative per marcare il suo atteg-
giamento scettico (cfr. anche .ANoN. comm. in Plat. Theaet. 150 e 4-7, coll.
54, 38-55, 7 Bastianini-Sedley, il quale riferisce che, secondo alcuni,
Platone è un "accademico" perché non dogmatizza).
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 227

pisce è che la posizione assunta in questi paragrafi da Sesto,


sia nei confronti di Socrate che di Platone, è piuttosto pecu-
liare e non corrisponde al giudizio che egli esprime sulla loro
filosofia altrove, tanto in PH, quanto in M. Sembra quindi che
egli in questi paragrafi riporti il parere della sua fonte. Ciò
sarebbe confermato dal fatto che, quando Sesto parla in pro-
pria persona, attacca in PH la tesi di coloro che ritengono
Platone puramente scettico (dA.tKptvtliç GKo7mK6ç), poiché
egli ritiene che Platone dogmatizzi 49 • E in M Sesto modifica
radicalmente il suo giudizio sulla definizione platonica di
uomo, dicendo addirittura che Platone ne dà una definizione
peggiore degli altri 50 •
Lo stesso discorso vale per il Socrate storico che Sesto non
considera certamente uno scettico. Tratti scettici invece ven-
gono attribuiti da Sesto al Socrate personaggio dei dialoghi di
Platone, che però in quanto tale, ricade nella più generale
valutazione della filosofia platonica. Se il Socrate scettico è
un personaggio dei dialoghi, la sua posizione non può essere
legittimamente separata da quella di Platone, nel quale sono
presenti anche elementi dogmatici:

«Alcuni hanno descritto Platone come dogmatico, altri come


aporetico, altri in parte aporetico, in parte dogmatico: infatti
nei ragionamenti a scopo dialettico, dove Socrate è introdotto
a scherzare con alcuni (naiçrov np6ç nvnç), o a combattere con
i Sofisti dicono che [Platone] ha un carattere dialettico e apo-
retico, ma dicono che ha un carattere dogmatico, quando parla
in modo serio per bocca o di Socrate o di Timeo o di qualche
altro personaggio simile» 51 .

49 Cfr. PH I 221-2 e supra, p. 52 e sgg.


" Cfr. MVII 281.
51 PH I 221. Cfr. anche DL m 51-2, in particolare 52: Étn:ì Kaì 'tÙ

LroKp<l'touç Kai 'CÙ Tiµaiou ÀÉyrov flÀ<l'troV Ooyµa'tiç&:i. Le indubbie analo-


gie di contenuto e di espressione tra il passo di Diogene Laerzio e quello di
Sesto inducono a credere che entrambi gli autori attingano dalla stessa
228 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Quindi Sesto attribuisce a Socrate gli stessi "caratteri" della


filosofia di Platone: anche Socrate è in parte aporetico e in
parte dogmatico. Coerentemente Sesto non ha incluso infatti
la filosofia di Socrate nella trattazione delle irapaKeiµevm
qnÀ.ocroq>iat, né lo ha menzionato tra i filosofi appartenenti
a uno dei tre indirizzi in cui al principio di PH egli ha diviso la
speculazione filosofica 52 .
Per quanto riguarda il Socrate storico, Sesto, richiamandosi
alla testimonianza di Senofonte, dice che egli si è occupato esclu-
sivamente di etica (wil 3è i]9tKoil µovov éireµeÀ.eìw) 53 • A soste-
gno, egli riporta alcuni versi di Timone in cui è attestato il
volgersi di Socrate dalla fisica éirì ti]v i]9tKijv 9eropiav. Per que-
sta ragione Timone critica Platone che, attribuendogli compe-
tenza in ogni parte della filosofia, lo ha imbellettato di cognizioni
scientifiche, «perché non voleva che restasse solo un discettatore
di etica (tòv oÙK é9éÀ.oVta µeìvm i]9oMyov)» 54 • Il verso di Ti-
mone, citato in modo incompleto da Sesto, suona così:

«da questi si discostò lo scalpellino ciancia-legalità (évvoµo-


À.Écrxriç), incantatore dei Greci, maestro di precisione nell'uso
della parola, schernitore forbito dai retori (µUKti]p priw-
p6µuKwç), non propriamente attico nel praticare l'ironia
(uirantKòç elproveutftç)»".

fonte, anche se ne filnno un uso diverso; cfr. J. GLUCKER, Antiochus, cit.,


p. 38 nota 94.
" PH I 1-4.
53
M vm 8, in cui è citato XENOPH. mem. I 1, 11 sgg., sul rifiuto di
Socrate della fisica.
54
M vrr 8-10 = SSR I e 465. Per il significato di Ti0oA.6yoç nel senso
di "discettatore di etica/buffone", cfr. M. DI MARCO, Timone di Fliunte.
Silli, cit., p. 260, il quale si rifa al parere di Wachsmuth: «Timone usava
Ti0oA.6yoç, che normalmente vale mimo, scurra L.. ] nel significato di colui
che ragiona di etica; o più esattamente, conoscendo l'arte ambigua e
sottile di Timone si potrà supporre la compresenza nel vocabolo di en·
trambi i significati».
55
Cfr. fr. 50 W. = 25 Di Marco. La traduzione dei versi è di"M. Di
Marco, di cui seguo l'interpretazione.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 229

L'espressione Una-rttKÒç eiproveu-rfiç non vuole sottolineare


nell'ironia l'aspetto della derisione, quanto piuttosto «l'idea
di una attività da Socrate svolta con invadenza e insi-
stenza», che Timone attribuisce a «mancanza di misura e di
grazia»"- A prescindere dunque da un'analisi sottile delle
sfumature di significato delle parole usate da Timone, sem-
bra di poter escludere che questi facesse di Socrate un filo-
sofo scettico 57 • In ogni caso Sesto considera Socrate certa-
mente un filosofo dogmatico in MXI, dove ne fa il fondatore
dell'etica e implicitamente polemizza contro di lui, come
contro tutti gli altri dogmatici, in quanto pretendono di
stabilire una teoria etica che verte sulla possibilità di distin-
guere i beni dai mali 58 . Anche se la fonte di questo passo
non è più Timone, Sesto accoglie la tradizione che fa di
Socrate colui che ha introdotto l'etica in filosofia, come
riferisce Diogene Laerzio nel Proemio delle Vite dei Filo-
sofi". Infatti cita il noto verso dell'Odissea (8 392) che ri-
corre in molte testimonianze dossografiche ad esemplificare
«l'esclusivo interesse per l'etica sia di Socrate sia di alcuni

6
' Così M. D1 MARCO, ivi, p. 169. Non mi sembra che si possa
ricavare dal tono complessivo di questi versi il giudizio che «Timone
apprezzava lo spirito ironico e pungente di Socrate», come ritiene F.
DECLEVA CA1zz1, Pirroniani e Accademici nel III sec. a.C., cit., pp. 173-4.
Del parere che il giudizio di Timone su Socrate non sia positivo, sono
anche G. G1ANNANTONI, Socrate e i Socratici in Diogene Laerzio, cit., p. 197
e G. CoRTASSA, Note ai 'Silfi' di Timone di Fliunte, «Rivista di Filologia e
di Istruzione classica», CVI (1978) p. 140 sgg.
~ 7 È significativo inoltre che non soltanto Timone non lo includa tra
i precursori dello scetticismo (cfr. A.A. LONG, Socrates in the Hellenistic
Philosophy, cit., pp. 151-2) ma che non compaia nella lista dei precursori
dello scetticismo tramandata in DL IX 71.
" Cfr. M x1 2 = SSR 1 e 464.
59
Cfr. DLI 14; n 16, il quale tuttavia non condivide pienamente
questa asserzione, come dimostra n 45, in cui critica le affermazioni di
Senofonte e di Platone; cfr. a questo proposito, G. GIANNANTONI, Il se·
condo libro delle 'Vite' di Diogene Laerzio, in ANR W, II 36, 5 (1992) p.
3612 nota 26.
230 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

Socratici» 60 . E più avanti in M Sesto, ancora una volta ci-


tando Io stesso verso dell'Odissea, include Socrate tra coloro
che nella tripartizione della filosofia danno il primo posto
all'etica, «in quanto più necessaria e capace di condurci alla
felicità» 61 •
Indubbiamente la testimonianza di Sesto su Socrate mo-
stra di dipendere da fonti diverse: accoglie, da un lato, la
tradizione dossografica che fa di Socrate essenzialmente un
filosofo moralista e dogmatico, dall'altro però utilizza fonti
che trasmettono un'immagine di Socrate difficilmente taccia-
bile di dogmatismo.
Tornando infatti al Socrate del Fedro, la fonte di Sesto 62 lo
descrive con tratti propri del filosofo scettico: «era nel dubbio
(rpt6ptjoe) e rimaneva nella scepsi (µeivaç èv 'ij crKÉ\jfei)» sul
problema della conoscibilità dell'uomo. Inoltre, elemento im-
portante, il suo lato aporetico non è attribuito a ironia: infatti
non è "aporetico" perché "scherza" con qualcuno, come av-
viene per il Socrate nella valutazione di coloro che in PH I 221
giudicano Platone in parte aporetico in parte dogmatico. Se,
come sembra, il Socrate di questo passo è il Socrate personag-
gio dei dialoghi di Platone, sembra essere personaggio dei dia-
loghi di un Platone giudicato esclusivamente èmoptjnK6ç. In-
fatti nell'ambito della discussione sull'affinità della filosofia di
Platone con lo scetticismo, Sesto ha distinto tre posizioni tra
cui quella di alcuni che considerano Platone àrroptjnK6ç. Co-
storo non sono disposti ad ammettere che accanto ad elementi
aporetici in Platone siano presenti elementi dogmatici, ma

60
Cfr. DLII 21 = SSR ID 1 e le testimonianze SSR re 464, 466; per
Aristippo cfr. IV A 166, per Diogene v B 368.
61
M VII 21: oi òè &.nò -céòv ~0tKéòv Ka-cftpl;av-co &ç &.vayKato'tÉpcov
Kaì. npòç eùòcnµoviav ÈxtcrxcOv-crov. È stato ipotizzato da A. BoYANCÉ,
Cicéron et !es parties de la philosophie, «Revue des Etudes Latines», XLIX
(1971) pp. 136-8, che fonte di Sesto in questi paragrafi potrebbe essere
Antioco.
62
Cfr. MVII 264.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 231

considerano Platone scettico, anzi ciÀtKptvéùç crKE7t'ttK6ç 63 • Se-


sto non solo non condivide questa posizione, ma ha dedicato
uno scritto specifico, perduto, a confutare più estesamente la
tesi dello scetticismo di Platone 64 • È possibile quindi che la
fonte del giudizio di Sesto sul Socrate del Fedro sia la stessa
fonte che Sesto attacca in PH r. A favore di questa possibilità
sta il fatto che proprio nella sezione in PH in cui si allude al
Fedro e viene espresso il giudizio sulla definizione di uomo di
Platone ricorra il termine EÌÀtKptvcòç 65 , così come in PH I a
proposito del giudizio su Platone. Come è stato messo in luce
da Tarrant, questo termine compare in PH esclusivamente in
connessione con i tropi di Enesidemo, o con passi che hanno a
che fare con lui ed è probabilmente giunto a Sesto attraverso la
mediazione di Menodoto M Ma se è così, la fonte di questi
passi non è accademica, dal momento che sarebbe da identifi-
care con Enesidemo. Ciò spiegherebbe il fatto che la posizione
di Socrate non sia trattata autonomamente né nella discussione
sulle :n:apaKEiµsvm qn'.\.oaocpim di PH 1, né nei paragrafi sul
criterio di verità di PH n 67 . Infatti mentre per Arcesilao, So-
crate e Platone sono due personalità filosofiche ben distinte,
per Enesidemo, Socrate non può essere separato da Platone

63
Sul problema della valutazione dello scetticismo di Platone in
Sesto, cfr. supra, cap. I. È possibile comunque che se è Enesidemo l'autore
del giudizio su Platone come CÌÀtKptv©ç crKcn:-rucòç, potrebbe aver desunto
il termine dalla lettura dei dialoghi, dal momento che EÌÀtKptvfiç-cÌÀ.tK-
ptvéOç è frequente in Platone, cfr. Pedone, Simposio, Filebo, Repubblica
(cfr. in particolare, resp. v 477 A 7, 478 D 6, 479 B 5; Menex. 245 D 1).
64
Cfr. PH I 222.
" Cfr. PH II 24.
66 Cfr. H. TARRANT, Scepticism or Platonism?, cit., p. 75 sgg., il

quale rileva che in PH II 22 e 28 c'è la tendenza a rintracciare elementi


antidogmatici tanto in Platone quanto in Socrate, tendenza che deve
appartenere piuttosto alla fonte di Sesto, se si confronta con il giudizio
negativo espresso da Sesto su Platone in MVII 281-2.
67 Per quanto riguarda l'ipotesi che sia Enesidemo la fonte di Sesto

nei paragrafi dedicati alla discussione delle napaKciµcvo.t <ptÀocroq:iio.1, cfr.


H. TARRANT, ivi, p. 72 sgg.
232 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

perché è parte integrante della sua filosofia. La spiegazione di


questo atteggiamento diverso assunto nei confronti della filo-
sofia socratica da parte di Enesidemo potrebbe essere indivi-
duata nella "storia" delle interpretazioni di Socrate che si sono
avvicendate nel periodo che separa Enesidemo da Arcesilao.
Il Socrate storico è stato oggetto di contesa nella disputa
tra Arcesilao e gli Stoici, che ne rivendicavano la paternità
tramite lascendenza cinica di Cratete, è stato oggetto degli
attacchi degli Epicurei per la sua ironia, e da ultimo, in un'e-
poca molto prossima a Enesidemo, ha qualificato la disputa
tra Filone e Antioco sull'interpretazione della filosofia prece-
dente. Ma la "storia" di Socrate in questo periodo ha una
forte coloritura dogmatica. Se si vuole far prevalere il lato
scettico della posizione socratica, bisogna affidarsi esclusiva-
mente al ritratto di Socrate che emerge dai dialoghi di Pla-
tone. Ma in questo caso Socrate non è più il Socrate storico,
ma è il Socrate di Platone, ovvero Platone stesso.
In effetti questo spostamento dell'interesse da Socrate a
Platone si manifesta nella scelta del metodo dialettico, che
consiste nell'argomentare non più ad hominem, vale a dire,
partendo dalle premesse dell'avversario, come faceva Arcesi-
lao, ma presentando su ogni questione argomenti opposti di
ugual forza persuasiva 68 •
Per questa ragione Sesto, differenziando il metodo usato
dai Pirroniani rispetto a quello degli Accademici, respinge le
argomentazioni KaTà µépoç, le quali non soltanto contribui-
scono ad allungare oltre i limiti la trattazione, ma finiscono
per essere difficilmente distinguibili da quelle degli avversari.
Infatti poiché esse muovono dalle premesse degli avversari per
poi mostrarne le contraddizioni, il rischio latente, è che lo

68 Secondo Enesidemo (cfr. PHOT. bibl. !69b 40-!70a 11) il pirro-


niano non afferma «che le cose stiano in un certo modo piuttosto che in un
altro, o che siano ora in un modo ora in un altro, oppure che per qualcuno
siano in un certo modo per qualcun altro in un altro [... ] E non esiste né
vero né falso [... ] nia una stessa cosa non è più vera che falsa».
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 233

scettico, che così argomenta, possa essere scambiato per l'as-


sertore della tesi opposta, e quindi per un dogmatico nega-
tivo". Non è un caso che una delle principali strategie dello
scetticismo pirroniano contro i dogmatici sia proprio la messa
in opera della otacprovia, che si basa infatti sulla discordanza
insanabile tra le opinioni dei dogmatici 70 , di cui si dimostra
l'ìcrocr0évcia per giungere coerentemente all'Èn:oxil 71 . Com'è
noto anche Arcesilao aveva posto l'equipollenza delle tesi con-
trarie, che conduceva inevitabilmente a Èn:éxciv 1:Ùç àn:ocp<i-
crttç. Infatti l'ìcrocr0évcia, comunque si prosegua la discus-
sione, non può mai essere superata per l'impossibilità che una
delle due tesi acquisti una forza risolutiva. Ma Arcesilao otte-
neva l'equipollenza delle tesi contrarie, parlando dopo che
l'interlocutore aveva esposto la sua tesi e quindi partendo
dalle premesse di questo. Questo procedimento è illustrato
molto bene dalle argomentazioni da lui impiegate per attac-
care la dottrina gnoseologica stoica"- L'impressione però che.
questo modo di procedere poteva generare, come si è visto,
era quella di un coinvolgimento, seppure negativo, nei con-
fronti della tesi difesa. Questa era la conclusione a cui molti
erano giunti infatti a proposito dell'ironia di Socrate.
Ora Arcesilao vedeva in Socrate strettamente connessi il
dialogare incessante e la professione di ignoranza che lo fon-
dava e giustificava. Pertanto egli non soltanto aveva esplicita-
mente derivato il suo metodo dal 8taÀéyrn9m socratico, ma ne
aveva sottolineato in particolare la professione di ignoranza. E

69 Cfr. MIX 1-3.


7
° Cfr. J. BARNES, La 01atpcovla Pyrrhonienne, cit., pp. 97-106, il
quale osserva che questa strategia si traduce nel presentare spesso disac-
cordi reali, dibattiti, come per esempio il dibattito storico tra gli Stoici e la
Nuova Accademia a proposito della rappresentazione catalettica.
71
Cfr. DL rv 28: rcpéi:rtoç èrcicrx_ffiv tètç àrcoqi<icrelç Stà tàç èvav-
tt6trp:aç t&v ì..6ywv. K. JANÀCEK, Sextus Empiricus' Sceptical Methods,
cit., p. 85, rileva come ci sia una stretta relazione tra Stacprovia, icrocr0é-
veia. ed èrcox.Ti .
n Cfr. M vn 151-7; Crc. Luc. 76-7.
234 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

per non incorrere nella nepttponfi, aveva dichiarato che non


vi è nulla che si possa sapere, nemmeno ciò che Socrate aveva
lasciato a se stesso, il sapere di non sapere 73 • Poiché Arcesilao,
dunque, pur oltrepassandola, sottolineava nella sua interpre-
tazione dell'ironia socratica, essenzialmente la confessione di
ignoranza, l'ironia, in quest'accezione ristretta, diventa l'a-
spetto più criticato e controverso della filosofia di Socrate
anche in età ellenistica 74 .
Accade così che per gli Epicurei, avversari di Socrate, ma
anche acerrimi nemici di Arcesilao, l'ironia diventi un mar-
chio infamante di insincerità e ipocrisia, mentre per gli Stoici,
interessati tanto quanto Arcesilao a ricollegarsi a Socrate,
questo tratto sia completamente assente nel Socrate storico
e appartenga esclusivamente al Socrate platonico 75 • L'ironia di
Socrate, intesa unicamente nell'accezione di dissimulazione di
ignoranza, si manifesta nella sua inevitabile conseguenza di
ostentazione della propria superiorità, accompagnata a di-
sprezzo per gli altri. Comunque lo si consideri, o come il
filosofo del dubbio, o come il filosofo delle certezze, Socrate
è un ipocrita, perché non è coerente: la professione di igno-
ranza è una finzione perché non si traduce in azioni conse-
guenti: "invece di mangiare il fieno, mangia il pane''. Se si
elimina l'ironia, come vogliono gli Stoici, Socrate per gli Epi-

73 C1c. acad. I 45.


74
Per quanto riguarda la valutazione e l'interpretazione di Socrate
in età ellenistica, cfr. K. DORING, Exemplum Socratis, Wiesbaden 1979.
Per il disprezzo degli Epicurei nei confronti di Socrate, cfr. K. KLEVE,
Scurra Atticus. The Epicurean View o/ Socrates, in EYZHTHELE. Studi
sull'Epicureismo greco e romano offerti a M. Gigante, Napoli 1983, I, p. 247.
n In questo senso può essere interpretato il ritratto dell'elprov So-
crate in Filodemo (De vitiis X, coli. XXI-XXIII Ranocchia) attribuito a un
non meglio identificato Aristone. Per la sua identificazione con lo stoico
Aristone di Chio, cfr. A.M. loPPOLO, Il flepì ooU Kovqii(e1v Vnept]cpaviaç: una
polemica antiscettica in Filodemo?, in G. GIANNANTONI-M. GIGANTE (a cura
di), L'Epicureismo greco e romano, Napoli 1996, pp. 715-34.
SOCRATE NELLE TR.>\DIZIONI ACCADEMICO-SCETTICA E PIRRONIANA 235

curei resta, comunque un arrogante, perché pretende che la


sua professione di ignoranza sia la forma più alta di sapere 76 •
A partire dal dibattito tra Arcesilao, da un lato, e le scuole
rivalrdegli Epicurei e degli Stoici, dall'altro, la storia delle
interpretazioni di Socrate ruota infatti intorno all'ironia nel-
r accezione di dissimulazione di ignoranza, considerata ora
sincera ora insincera a seconda delle prospettive, scettica o
dogmatica, da cui ci si pone. Ormai all'epoca di Cicerone
sembra generalmente accettato che Socrate è prima facie scet-
tico, ma il suo apparente scetticismo viene spiegato dai dog-
matici come una manifestazione di ironia 77 . Così Antioco
contrappone al Socrate scettico di Filone l'immagine di un
Socrate che, ben lungi dal non sapere nulla, ha affermato che
sapeva, e attribuisce la modestia di Socrate nelle discussioni a
pura ironia. Da questo punto di vista risulta quindi partico-
larmente interessante il tentativo messo in opera da Antioco
cli interpretare in chiave dogmatica tanto l'episodio dell'ora-
colo, quanto il passo del Fedro che, come si è visto, erano i
luoghi platonici su cui Arcesilao faceva leva a sostegno della
sua interpretazione di Socrate. Illuminante a tal proposito è
un passo degli Academica priora di Cicerone, in cui Varrone-
Antioco traccia una storia della filosofia come progresso nella
conoscenza a partire dai tentativi incompleti dei fisici, pas-

76
Già in Platone e Senofonte è possibile trovare la genesi di quel-
l'immagine negativa dell'arroganza di Socrate che si ripresenta poi nella
tradizione epicurea. Senofonte (apol. 1) sostiene che la µeya>...rryopio. di
Socrate durante il processo sembrerebbe piuttosto insensata se non si
spiegasse con il desiderio di voler porre fine alla sua vita, cfr. 6 e 23;
mem. IV 4, 4. Alcibiade nel Simposio {216 o-217 B} dice che Socrate
all'apparenza ignora tutto e non sa nulla, ma che, in realtà egli, eìpoove~-
6µevoç KO.Ì n:aiçcov, trascorre tutta la vita a prendersi gioco della gente. E
interessante anche rilevare che nel Simposio {175 E) viene lanciata contro
Socrate l'accusa di essere O~pLO"tiJç proprio per questo atteggiamento.
Aristone in Filodemo tratta l'ironico come una manifestazione del vizio
dell'On:epTJ(fletvi.a.
77
Cfr. J.S. RErn, ed. cit., p. 264.
236 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

sando attraverso Socrate, fino a giungere alla dottrina quasi


perfetta di Platone e dell'Antica Accademia 78 .

«Mi sembra che Socrate, e su ciò tutti concordano (id quod


constat inter omnes), sia stato il primo ad allontanare la filosofia
dalle cose occulte e avvolte nell'oscurità dalla stessa natura
- cose in cui tutti i filosofi prima di lui erano stati impegnati - e
ad avviarla allo studio della vita comune degli uomini, cioè a
investigare sulle virtù, sui vizi, e in generale, sul bene e sul
male (ut de virtutibus et vitiis omninoque de bonis rebus et malis
quaereret) 79 , sia che pensasse che le cose celesti fossero lontane
dalla nostra conoscenza, sia che, se anche fossero conosciute
perfettamente, tale conoscenza non avrebbe alcuna impor·
tanza per vivere bene. E in quasi tutti i suoi discorsi, che
sono stati trascritti con varietà e abbondanza di particolari
dai suoi discepoli (perscripti varie copioseque sunt), argomenta
in modo tale da non affermare niente in propria persona (ita
disputat ut nihil adfirmet ipse), confuta gli altri, dice di non
sapere niente se non di essere migliore degli altri, perché quelli
credono di sapere cose che non sanno, ed egli invece sa questa
cosa sola, che non sa nulla; e dice ancora di credere di essere
stato proclamato da Apollo il più sapiente di tutti gli uomini
proprio per questo motivo, dal momento che questa è l'unica
sapienza dell'uomo: non credere di sapere ciò che uno non sa 80 •
E poiché diceva costantemente queste cose e rimaneva sempre
fermo in questa opinione, ogni suo discorso si esauriva soltanto
nel lodare la virtù e nell'esortare gli uomini a ricercare la virtù
(omnis eius oratio tamen in virtute laudanda et in hominibus ad
virtutis studium cohortandis consumebatur), come si può vedere
dagli scritti dei Socratici e soprattutto di Platone» 81 •

78
Cfr. C. LÉvY, Cicero Academicus, cit., p. 147.
79
A. BoYANCÉ, Cicéron et !es parties de la. philosophie, cit., p. 137,
scorge nella formula che Socrate cercava generalmente "le cose buone e le
cose cattive" una precisa eco del verso dell'Odissea (8 392), più volte citato
dalle fonti dossografiche per sottolineare l'interesse di Socrate esclusiva·
mente per i problemi morali, e che egli ritiene sia stato messo in connes·
sione per la prima volta con Socrate da Antioco.
80
Cfr. PLAT. apol. 21 A-23 E.
" Cfr. Crc. acad. r 15-6.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO.SCETTICA E PIRRONIANA 23 7

Ciò che, a prima vista, è sorprendente è che Antioco non


consideri qui la professione di ignoranza come una posizione
puramente ironica, diversamente dalla sua abituale valuta-
zione". Si è tentato di dare una spiegazione di questa diversa
interpretazione di Antioco, riconducendola alla fase scettica
della sua speculazione filosofica, quando egli non aveva ab-
bandonato ancora le posizioni di Filone". Tuttavia questa
spiegazione non soddisfa pienamente. A ben guardare, non si
tratta tanto di un mutamento nell'atteggiamento di Antioco,
quanto di un tentativo di spiegare in chiave dogmatica proprio
quei testi, come lApologia e il Fedro, citati dalla tradizione
scettico-accademica a sostegno dello scetticismo di Socrate.
Cicerone infatti parla di multi sermones, riferendosi non sol-
tanto ai dialoghi di Platone, ma con ogni probabilità a scritti
socratici, in cui era diffusa un'immagine di un Socrate scettico
e che dovevano essere in circolazione 84 • Antioco quindi am-
mette che Socrate disperava di giungere a una conoscenza
della natura, come emerge dal passo del Fedro, e che dubitava
di tutto, come è affermato nell'Apologia, ma lascia intendere
che tutti i suoi discorsi avevano lo scopo di promuovere la
virtù 85 . È significativo che l'affermazione che Socrate "esau-
riva ogni suo discorso nel lodare la virtù", secondo Antioco, si

82
Cfr. Crc. Luc. 15: Socrates autem de se ipse detrahens in disputatione
plus tribuebat is quos volebat refellere; ita cum aliud diceret atque sentire!,
libenter uti solitus est ea dissimulatione quam Graeci Eiproveiav vocant.
83 Di questo parere è A.A. LoNG, Socrates in the Hellenistic Philoso-
phy, cit., p. 157 e nota 28. Mentre Reid, ad !oc., la giustifica con il fatto
che Varrone era più incline allo scetticismo di quanto non lo fosse An-
tioco.
84
Cfr. C1c. Luc. 74: ita multi sermones perscripti sunt e quibus dubi-
tari non possit quin Socrati nihil sit visum sciri posset. Acad. I 16: in omnibus
/ere sermonibus, qui ab eis qui illum audierunt perscripti varie copioseque
sunt.
85 Reid, ad !oc., infatti commenta che è quite untrue descrivere in

questo modo il magistero socratico e porta come esempio XENOPH. mem.


m 11, 1, in cui l'argomento non riguarda problemi morali.
238 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

trovi nei multi sermones messi per iscritto dai suoi discepoli,
ma soprattutto in quelli di Platone (maximeque Platonis). In
questa informazione traspare chiaramente il tentativo di dare
un'immagine dogmatica del Socrate platonico. La professione
di ignoranza socratica, che nell'Apologia consiste nella consa-
pevolezza dei limiti della conoscenza umana, è sviluppata nel
Fedro nel tema dell'ignoranza circa la natura dell'uomo, ac-
compagnata dalla necessità di abbandonare le inutili interpre-
tazioni allegoriche dei miti. Lo stesso tema del Fedro, sia pure
elaborato in modo diverso, si ritrova in Senofonte, il quale
motiva il rifiuto socratico della scienza della natura con il
disinteresse per le cose divine, quando non si conoscono a
sufficienza ancora le cose umane 86 , e, come si è visto dall'Ad-
versus Colotem, è stato ripreso e sviluppato da Arcesilao. An-
tioco, abilmente, risolve il tema della necessità cli indagare
prima di tutto se stesso a favore di un impegno totale verso
l'indagine morale, in modo da riempire di un contenuto posi-
tivo la professione di ignoranza, rifiutandosi con ciò di fare di
Socrate un vero scettico. Dai predecessori dello scetticismo
bisogna dunque rimuovere Socrate e Platone".
A mano a mano che nell'Accademia lo scetticismo perde
terre~o, prende sempre più consistenza un Socrate in cui l'i-
ronia diventa piuttosto un modo di conversare elegante e
piacevole. È la dissimulazione che anche l'epicureo Attico,
riabilitando il giudizio negativo su Socrate della sua scuola,
definisce elegante:

«lo reputo fine ed elegante quell'ironia che dicono fosse pro-


pria di Socrate, e che usa nei libri di Platone, di Senofonte e di
Eschine. È tipico infatti di persone niente affatto prive di tatto
e di spirito, discutendo sulla sapienza, non riconoscerla a se
stessi ·e attribuirla ironicamente a coloro che se l'arrogano,
come fa appunto Socrate in Platone, quando leva fino al cielo

86
Cfr. ivi, I 1, 11-2.
87
Cfr. C1c. Luc. 15.
SOCRATE NELLE TRADIZIONI ACCADEMICO.SCETTICA E PIRRONIANA 239

le lodi di Protagora, di Ippia, di Prodico, di Gorgia e degli altri,


e, quanto a sé, finge di essere ignorante di tutto e rozzo» 88 .

Tuttavia più o meno nello stesso periodo lAnonimo commen-


tatore del Teeteto di Platone attacca il punto di vista di alcuni
che consideravano Platone un accademico, in quanto non
avrebbe professato alcuna dottrina". Costoro ritenevano che
1
l'affermazione di Socrate ' non possiedo sapienza" dovesse
essere intesa in senso assoluto. Anche l'Anonimo dunque sem-
bra riferirsi ad alcuni che non distinguendo tra Socrate e
Platone, sostenevano che Platone è un accademico per l'am-
missione fatta da Socrate nel Teeteto iò µT]oèv EXEtv cro<p6v 90 •
. È interessante rilevare che già il comico Aiesside, contempo-
raneo di Arcesilao, metteva in luce lo scetticismo di Platone
ironizzando con il verso: 11:Ep11m10ìlcr' &cr11:Ep TIJ..0:1rov / croq>Òv
oùoi;v EUpT]KU (fr. 147 K.), che allude chiaramente allo stesso
passo del Teeteto. È significativo che già qualche secolo prima
dell'Anonimo commentatore del Teeteto un comico si richia-
masse al medesimo passo, prendendolo come esempio dello
scetticismo di Platone.
Se quindi in età ellenistica prevale un'immagine di un
Socrate dogmatico, questo è dovuto non tanto al fatto che
·non circolasse un'immagine di un Socrate scettico, quanto al
fatto che, al di fuori cieli' Accademia, le scuole rivali avevano
tutto l'interesse a negarne gli elementi di scetticismo. Una

88 C1c. Brut. 85, 292 = SSR IC 438: cfr. anchedeorat. u67, 270 =
SSR I e 4 38: urbana etiam dissimulatio est cum alia dicuntur ac sentias.
89 Cfr. ANON. comm. in Plat. Theaet. 150 E 4-7, coll. 54, 38-55, 7

Bastianini·Sedley. H. TARRANT, Scepticism or Platonism.? cit., p. 129 sgg.,


ritiene che l'autore dell'anonimo Commento al Teeteto, che, pur non
potendo identificarsi con certezza con Eudoro, appartiene allo stesso
periodo (che egli data «in the third quarter of the first century B.C.»,
p. 4), personalmente aderiva al punto di vista che Platone fosse in parte
dogmatico, in parte scettico, cfr. anche PH I 221.
9° Cfr. ANON. comm. in Plat. Theaet. 150 E 4-7, coll. 54, 15-43

Bastianini·Sedley.
240 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

prova è il tentativo di trasformate la professione di ignoranza


in ironia e l'ironia in una dissimulazione in cui si vuole inten~
dere il contratio di ciò che si dice, urbana o no~ a seconda che
Socrate sia considerato un modello positivo o negativo. Il
ruolo di Antioco nel trasmettere l'immagine di un Socrate
dogmatico, che privilegia esclusivamente letica, mediante I' e-
laborazione della professione di ignoranza come manifesta-
zione puramente ironica non è irrilevante.
Si capisce quindi come in questo periodo Enesidemo, se è
sostenibile l'ipotesi di una sua identificazione con coloro che
ammettevano lo scetticismo di Platone, abbandoni il Socrate
storico, recuperando invece un Socrate scettico personaggio
dei dialoghi di Platone, da contrapporre al Socrate di Antioco.
Se così fosse, la polemica condotta da Enesidemo contro I' Ac-
cademia del suo tempo si atricchirebbe di un altro elemento:
l'interpretazione del Socrate platonico. Mentre dunque il
tema del Fedro della necessità di indagare se stessi è sviluppato
da Antioco nel senso di un impegno totale verso l'indagine
morale, la tradizione pirroniana mutuandolo da quella accade-
mica, che, come si è visto dall'Adversus Colotem, fa capo ad
Arcesilao, lo elabora nel motivo dell'inconoscibilità della na-
tura dell'uomo, caro allo scetticismo.
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INDICI
INDICE ANALITICO

Accademici vsO:rtEpoi, 20-3 105 e n, 106, 107 e n, 108 e nn,


Agrippa, 28 n 109, 110 e n, 111en,112 e nn,
Anassagora, 195 113 e n, 114 e n, 115 e n, 116,
Antigono di Caristo, 25 .n, 213 e n 118 e n, 119, 120 e n, 121, 122
Antioco.d'Ascalona, 11, 19 e n,'20 e n, 123 e n, 124 e nn, 125 e nn,
n, 25, 35, 53 n, 54 n, 76, 77 e 126 e nn, 127 e nn, 128 n, 129 e
n, 78 n, 130, 134, 135, 144, nn, 130 e n, 131, 136 e nn, 137
176 e nn, 177 e n, 180, 186, e n, 138 e n, 139 e nn, 140 e n,
187 n, 194, 202, 203, 210, 141, 142 n, 150, 155 n, 157 n,
211, 230 n, 232, 235, 236 n, 160, 175 n, 177 e n, 178, 182,
237 e n, 238, 240 184 n, 186, 187 n, 188, 189 n,
- interpretazione della storia 194 e n, 195 e nn, 196 e nn, 198
dell'Accademia, 194, 232, 237 enn, 199en,200enn,201en,
- interpretazione dell'ironia so- 204 e nn, 205 e nn, 206, 207 e
cratica, 2.35-40 n, 208 e n, 210, 211, 212 nn,
- fonte di Sesto, 76, 130, 176, 213 e nn, 214 e n, 215 e nn, 216
177, 180, 186, 230 n e n, 217, 218, 219 e nn, 223,
Antipatro, 187 e n, 197 e n, 201 n 224 e nn, 226 n, 231-5, 238,
Antistene, 210 239
approvare, approvazione, 41n,146 - interpretazione della filosofia
n, 148, 154, 155, 170 n, 172 e precedente, 24 n, 193, 195 e
n, 173 n, 174 n, 187 e n, 198 n n, 200 e n, 206, 207 n, 215,
Apollofane, 196 n 216
Arcesilao, 9, 10, 11enn,12 n, 13 e - interpretazione della filosofia
n, 14 e n, 15, 19, 21, 24 n, 28, di Eraclito, 215, 216, 220,
31, 32 e n, 33 e n, 34, 35, 41-3, 223 e n, 224 e n
44 e nn, 45 e n, 46, 47, 48 e nn, - interpretazione della filosofia
49, 50 e n, 51, 52, 53 e nn, 54 di Socrate, 53 n, 62 n, 68, 69,
n, 62 n, 63 e n, 64 e n, 68, 69 e 105 n, 112 n, 212-20, 225,
n, 71 n,)2, 74, 75 e n, 76, 77, 226, 232-6, 240
78 e n, 80, 81, 82 e on, 83, 84 e - interpretazione della filosofia
n, 85-7, 88 e n, 89 e n, 90, 91 e di Platone, 9, 53, 54 n, 62 e
nn, 92, 93 e n, 94 e n, 95 e n, n, 78, 213-8, 232
96, 97 e n, 98, 99, 100 n, 101 e - riprende il metodo dialettico
nn, 102 e n, 103 e n, 104 e nn, socratico, 69 n, 97 n, 212-8
258 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

- accusato di essere plagiario di 34, 38, 4Ò e n, 41 e n, 42, 43,


Pirrone, 49-52 46, 53 n, 63 n, 65, 75, 80 e n,
- argomenta contro il criterio 84, 89 n, 93 n, 97 e n, 104 e nn,
stoico di verità, 85-101, 104, 105 n, 107, 108 n, 119 n, 127,
119, 120, 136, 137, 140, 195, 128, 129 e n, 131 e n, 132 e nn,
196, 198, 200, 207, 208 133, 135, 136 e n, 137-9, 140 e
argomenta contro la rappre- n, 141, 142, 143 e n, 144, 145,
sentazione catalettica, 87-96, 146 e n, 147 e nn, 148 e nn,
98, 100, 120 n, 125, 136, 149 e n, 150 e n, 152 e n,
139, 207, 208 153, 154 e n, 155, 156 e n,
- argomenta contro gli Epicurei, 157 e n, 158 e nn, 159 e n,
139, 140 160 e n, 162, 163, 164 e n,
- è1tox;r) 1tcpi 7t6.vtrov, 12, 1.3 n, 165 e nn, 166 e n, 167 e n,
43-6, 48, 62 n, 96-8, 102-7, 168, 169, 170en, 171, 172e
109-12, 114 n, 124 e n, 126 n, 173 e nn, 174 e n, 175 e nn,
n, 127, 128, 129 n, 137 n, 176, 177, 178en, 179nn, 180,
138, 139, 149, 201 n, 202, 181 e nn, 183, 184 e n, 185,
204, 207,208, 215,218 186, 187 e nn, 188, 194 e nn,
- risponde ali' accusa di <l7tpal;ia 195, 202, 203 e n, 208 n, 214 n
(vedi anche cUì..oyov, Ka'tép0ro- argomenta contro ogni criterio
µa), 114, 119-27 di verità, 131-40, 156, 157,
- la natura come guida dell' a- 165 n, 185
zione, 109, 110, 113-5, 121-8, - argomenta contro il criterio
154 n, 155 stoico, 93 n, 133-41, 149-52,
Archedemo, 197 n 156, 176, 177, 185
Aristippo, 230 n - la rappresentazione probabile
Aristocle, 178 e n (vedi anche 7tt0av6v) è criterio
A.ristane di Chio, 49, 50 e n, 51, di verità, 80, 141-50, 152-5,
77 e n, 78, 95 n, 196 e n, 201, 177, 185
224 n, 234 n, 235 n - la rappresentazione probabile
- polemizza contro Arcesilao, è criterio di condotta, 39-41,
49-51, 76, 78, 196 e n, 201, 127, 128, 141-3, 149-52, 156,
224 n, 234 n, 235 n 157, 165 n, 173-6, 180, 185,
Aristotele, 30, 115, 118, 220, 221, 202
223 - la rappresentazione probabile
assenso, 73, 85 e n, 89-104, 125, per natura ci persuade, 145-8,
126, 153-5 154, 155, 158 n, 160 e n, 172
- debole, 85, 99-102, 153, 155 - la rappresentazione probabile
- a ciò che non è stato compreso, varia di intensità, 147, 150-4,
98-102, 104, 108 158-60, 171, 172 e n
- la rappresentazione probabile
Carmada, 32, 80, 184 nn ammette gradi, 38, 39, 141-
Carneade, 9, 10 e n, 11en,13, 14 52, 159-70, 175, 185, 203
e n, 19, 25, 28, 30, 32 e n, 33, - probabile (m0av~), 141, 142,
INDICE ANALITICO 259

149, 150, 160, 163, 165 n, 217 e n, 218 e n, 219 e n, 220-


166-8, 172 e n, 175 2, 224, 226
- probabile e irreversibile (nt- - polemizza contro Arcesilao,
9avTi KaÌ ànepicrnacr-coç), 38, 112 n, 124 n, 126 n, 140,
39, 141, 142, 152 n, 161-7, 211-26
169 n, 173-5, 188 - polemizza contro il Socrate
- probabile e irreversibile e ben scettico, 216-26
ponderata (ni9avTi Kaì ànepi- Crisippo, 86 n, 100, 114, 117 n,
crnacr-coç Kaì 8tel;ro8euµi:vri), 127 n, 135 n, 161
38, 39, 141, 142, 150 n, 165- criterio di verità (vedi anche
72, 173n, 174en, 175, 179n Kpi-cftptov -cijç àf.:r18eiaç)
Cicerone, 10 e n, 11 e n, 19 e n, 20 - suoi significati, 34, 82, 83, 93,
n, 22, 39 n, 41n,45 n, 54 n, 76 127-9, 131, 132, 140, 147-9,
e n, 77 n, 84 n, 86 e- n, 87, 88 e 152 e n, 164 n, 165 n, 166,
nn, 90 n, 95 e n, 100 e n, 101 174 n, 175 n, 178 n, 179 n
nn, 103, 104 n, 105 n, 108 n, criterio d'azione
112, 116 n, 117 n, 119 n, 127 - in Arcesilao, 109-30, 140 n,
n, 139, 146 n, 147 n, 158 n, 204, 205 n
169 n, 171 n, 184, 194 e nn, - in Carneade, 39-41, 127, 128,
195 n, 196, 197, 199 n, 202, 141-3, 149-52, 156, 157, 165
203 e n, 207 nn, 208 n, 209, n, 173-6, 180, 184, 185, 205
211-3, 214 n, 215 n, 224 e n, - nei Pirroniani, 41, 126-8
235,237
Cleante, 118 n, 124 n Democrito, 193, 195, 200 e n, 226
Clitomaco, 10, 11, 19, 30, 32 e n, Diodoro Crono, 49-51
40 e n, 41 e n, 43, 65, 76 e n, Diogene Laerzio, 17 n, 24 n, 50,
97, 104 n, 127 n, 128 n, 129 n, 60 n, 93 n, 95 n, 105, 115,
148 n, 154 n, 160 n, 173, 174 e 196, 201, 213 n, 227 n, 229,
n, 175 n, 178, 184 e nn, 187 e 230 n
n, 188, 205, 206 Dionisio d'Eraclea, 77 n
- è accomunato a Carneade, 30,
32, 40, 41, 43, 65, 97, 127 e n, Empedocle, 195
129 n, 148 n, 173, 177, 184, Enesidemo, 12, 14 n, 20 e n, 21 e
187 e n, 188 n, 23, 25 n, 26, 28 n, 33 n, 35,
interpretazione di Carneade, 41 n, 44 n, 46, 47 e nn, 48, 55
184, 187 e n, 56 e nn, 57 e n, 58-60, 61 e
- interpretazione del probabile, nn, 62 e nn, 63 e n, 64 e nn, 65,
174 66, 67 n, 68 e n, 69 e nn, 70 e
- due significati di E:noxii, 40, nn, 71 e n, 72 e n, 73 e nn, 74 e
41,204 nn, 76en, 77en, 78en, 79,
- fonte di Sesto, 76, 177, 178, 80, 82 n, 83, 122 n, 128 n, 137
184 e n n, 138 n, 173 n, 174 n, 177 e n,
Colote, 112 n, 123 n, 124 n, 139 178enn, 179, 180en, 181 e
n, 140, 211, 212 e n, 215, 216, nn, 182 e nn, 183 e nn, 184,
260 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

186, 194 n, 231enn,232 e n, e nn, 76-8, 80, 176 n, 179 n,


240 180, 184 e n, 186, 202, 210,
- Discorsi Pirroniani, 32 n, 61-4, 211, 232, 235, 237
72, 73, 174 n, 180 - sua posizione filosofica, 9, 12,
- accusa di dogmatismo gli Acca- 53 n, 63 e n, 75, 78, 106, 114,
demici, 13, 21, 47, 63, 69, 73, 116 n, 179 e n, 180, 183, 184 e n
78, 80, 178-83 - sostiene la tesi dell'unità del-
;- distingue gli Accademici dai l'Accademia, 9, 35, 53, 75,
Pirroniani, 20-2, 26, 29 n, 62- 78,232
5, 73, 182 - interpretazione di Socrate in
- interpretazione di Eraclito, 47 chiave scettica, 211, 232, 235
n, 56 n, 64 n, 70, 71, 74 e n, 76 - fonte di Sesto in PHr, 75, 185
- interpretazione di Socrate, Filostrato, 23 n
231, 232 Fozio, 20 n, 47, 61n,64 n, 65, 72
- interpretazione di Platone, 47 n, 73 e n, 80, 174 n, 179, 181,
n, 55-74, 77, 78, 230-2, 240 182 n
- interpretazione di Arcesilao,
Galeno, 17 n, 20 n, 22, 23 e n, 29,
47, 64 n, 65, 69, 72, 76-8, 80
32 n, 56 n, 147 n
- fonte di Sesto in PH I, 74-80
Gorgia, 34 n, 239
- fontediSestoinMvn, 177-82,
185 incertum, 193, 194, 200
Epicurei, 124, 126, 136, 138 e n, Ippolito, 17 n
139 e n, 211, 232, 234 e n, 235
Epicuro, 93 n, 221, 226 Lacide, 194 n, 195, 208 n
Epitteto, 22, 24 n, 29, 32 n, 197 n Luciano di Samosata, 22, 23 nn,
equipollenza (vedi anche lcrocr0É- 24 n, 29
veta), 45 n, 105, 106, 233 Lucio Tuberone, 72 n,
Eraclito, 47 n, 56 n, 64 n, 70 e n,
71 n, 74 e n, 76, 215, 216, 220, Marco Aurelio, 22 e n
223 e n, 224 e n Menodoto, 25 n, 55 n, 56 e nn, 57-
Erillo, 77 n 9, 61 n, 62 n, 68 e n, 231
Erodoto, 56 n Metrodoro, 80, 184 e n, 187 n
Eudoro, 239 n Mnasea, 35, 177 n
Eusebio di Cesarea, 107 n, 108 n
evidenza (vedi anche èvét.pyeta), Numenio, 51 e n, 107 e n, 108,
177 n, 178 n, 202, 208 n
63, 109, 119, 133, 147, 179,
196n, 197, 198n Omero, 24 n
opinione
Favorino d'Areiate, 20 n, 2:2·,e n, - in Zenone, 85-9, 99-102, 104,
23 e nn, 24 n, 29, 32 n, 6~ 108
Filodemo, 234 n, 235 n '. - in Arcesilao, 103-8
Filomelo, 35, 177 n, 202 n
Filone di Larissa, 9, 11 e n, 12, 14, Parmenide, 195, 215, 216, 223,
19enn,25,35,53nn,63n, 75 224 n
INDICE ANALITICO 261

Pirrone, 14 n, 20 n, 21, 24 e n, 25 rappresentazione probabile (vedi


e n, 28 n, 49-51, 61 n, 62 n, 67 anche n10avév), 38, 55, 58,
n, 68, 70, 71 e n, 76, 77 e n, 78 141-70, 175, 176 n, 179, 181
e n, 224 n n, 183-5, 188
Platone, 9, 11, 12, 13 n, 31, 33, - critica di Sesto, 173, 178 n, 179
35, 40 n, 41, 48 n, 49, 50, 52,
53 e nn, 54 e nn, 55, 56 e nn, saggio
· 57 e n, 58, 59, 60 e n, 61 e n, 62 - per Zenone, 98-104, 106, 186
e n, 63, 64 e n, 65-7, 68 e n, 69 - per Arcesilao, 97, 98, 103-6,
e n, 70, 71 e n, 72, 73 e n, 74, 113
75 e n, 76, 77, 78 e n, 79, 80, - per Lacide, 171 n, 194, 195,
87, 91enn,92 e n, 95 n, 112 n, 208 n
181, 195, 189 n, 210, 211 e n, - per Carneade, 97, 103, 104,
213 e n, 214 e n, 215, 216, 217 137, 142, 155, 175, 208 n
n, 218, 219 e n, 220, 223, 224 e Saturnino, 18
n, 225, 226 e nn, 227 e nn, Seneca, 22, 24 n, 29
228, 229 e n, 230, 231 e nn, Senofane, 34 n, 66 e n, 67, 68, 195
232, 234, 235 n, 236, 237, Senofonte, 210, 217, 223, 228,
238, 239 e n, 240 229 n, 235 n, 238
- nell'interpretazione di Arcesi- sequi, 154, 155 n, 174n
lao, 53 e n, 69 n Sesto Empirico, 10, 12en, 13, 14e
- nell'interpretazione di Eneside- n, 15, 17 e n, 18 e n, 19·, 20 e
mo, 47 n, 56-74, 231, 232, 240 nn, 21 n, 22, 24, 25 e n, 26, 27
- nell'interpretazione di Sesto, e n, 28 e n, 29, 30 e n, 31 e nn,
52-62, 65-8, 70, 78, 79, 225- 32, 33 e n, 34 e n, 35, 36 e n,
8, 230, 231 37, 38 e n, 39, 40 e nn, 41 e n,
Plutarco, 19 n, 21 e nn, 29, 48, 42 e n, 43, 44 e n, 45, 46 e n, 47
123 e n, 125, 126, 127 n, 128 e nn, 48 e n, 49-52, 53 e n, 54,
n, 139 e n, 204 n, 211, 212 n, 55 e n, 56 nn, 57 e n, 58, 59, 60
215-7, 218 e n, 219, 220 e n, e nn, 61en,62 e nn, 65, 66 e n,
221 e n, 222 e n, 232-5, 226 n 67, 68 en, 69, 70en, 71 n, 73 e
Predico, 87 e n, 239 n, 74 e nn, 75, 76 e nn, 78-81,
Protagora, 34 n, 95 n, 239 82 n, 83, 84, 86 e n, 87, 88 e n,
Quarta Accademia 91 n, 93 n, 94 e n, 96, 101 n,
- interpreta in chiave moderata 104, 105 n, 106, 108, 109 e n,
il rt10a.vév carneadeo, 63, 65, 110, 111en,112 e n, 113 e n,
68, 78, 176-80 114 nn, 122 e n, 124, 125, 126
e n, 127 e n, 128, 129 e n, 130,
rappresentazione catalettica, 12, 131, 134en, 136, 137, 138en,
87-101, 119, 120, 125, 133, 139, 140 e nn, 142 e n, 148,
139, 143-6, 149, 153, 156, 149 e n, 151 n, 156, 162, 163,
161, 162, 166 n, 174 n, 175 n, 164 n, 165, 168, 169, 170 e n,
177, 178 n, 179, 205, 206 171, 173 e nn, 175 e n, 176,
- in Crisippo, 161, 162 177 e n, 178 e n, 179 e n, 180
262 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

e n, 181 nn, 182 e nn, 183 e nn, Teodas di Laodicea, 24


184 e nn, 185, 186 e n, 188 e n, Teodosio, 24 e nn, 61 n, 64 n
189 e n, 138 n, 204 n, 205, 208, Tiberio Gracco, 54 n, 195, 215 n
225, 226 e n, 227 e n, 228, 229, Timone di Fliunte, 21, 25 n, 28 n,
230 e n, 231 e nn, 232 44 n, 50 e n, 51, 66 e n, 67 e
Sfera, 124 n, 125 n nn, 68, 71 e n, 78, 116 n, 202
Socrate, 11, 13 n, 53 n, 59, 62 n, n, 224 n, 228 e n, 229 e nn
65, 68, 69 e n, 76, 105 n, 112 - giudizio su Senofane, 66-8
n, 126 n, 161, 163 n, 195, 209, - giudizio su Socrate, 228, 229
210 n, 211, 212 e n, 213 e n, - giudizio su Arcesilao, 21, 50,
214 e n, 215, 216, 217, 218 e 51, 78, 202 n, 224 n
n, 219 e nn, 220 e n, 221, 222 e
n, 223-6, 227 e n, 228 e n, 229 Zenone di Cizio, 86 e n, 87, 88 e n,
e n, 230, 231 e n, 232, 233, 89, 90 e n, 91 e nn, 92 e n, 93 e
234 e nn, 235 e n, 236 e n, n, 94 n, 95 e n, 96, 99-101,
237 e n, 238, 239 103, 104 e n, 108 e n, 115 e
- professione di ignoranza, 216- n, 116 e nn, 117 e n, 118,
8, 233-40 119, 121, 124, 139, 144 n,
- ironia, 230, 232, 235-40 195 e n, 196, 197 e n, 198 n,
- nell'interpretazione di Arcesi-
201, 208
lao (vedi Arcesilao)
- definizione di Kat6.À:rp.vtc;, 85-
- nell'interpretazione di Colate,
90, 91 n, 93, 94 e n, 95, 97, 99,
216-24
- nell'interpretazione pirroniana, 100, 108 n, 199
68, 69, 225-32 - rappresentazione come impron-
Stobeo, 100 n ta (vedi anche t0nrocr1ç), 88, .91-
Stoici, 22, 30, 40 n, 6J, 75, 86 n, 93
89 n, 92-8, 100-2, 117, 119-24, - definizione di opinione, 85-9,
126, 129 n, 132-46, 152-5, 98-104
162, 164 n, 166 n, 171n, 174 - definizione di azione appro-
n, 176, 177, i79, 198-204, 208, priata (vedi anche Ka0fjKov),
210, 211, 225 n, 228, 234-7 114-7, 119, 121, 122, 124
INDICE DEI TERMINI GRECI

fryvota, 86 e n, 87, 99, 100 e n, 101 éµ~acriç, 143, 145


èiOrtÀov, 12 n, 73, 83 n, 107, 108, È.vétpye1a, 63, 120, 133 e n, 137 n,
202-5 139 n, 196-8, 201
Ò.lca't6:Àrptt'oç, 33 e n, 35, 36, 96 e enecr9ai, 167-9, 170 n
n, 97, 100, 102, 106 n, 107, 8rcéxe1v, èxoxft, 12, 13 n, 26, 43-6,
108, 137 n, 146 n, 201, 202 e 48, 61 n, 96-8, 102-7, 109-12,
n, 203, 205 n, 207, 208 114 n, 124 e n, 126 n, 127, 128,
Ò.KCl"tOÀT]'Via, 12, 33 n, 35, 36, 43, 129 n, 139, 149, 150, 199 n,
62 n, 63, 80, 89, 96, 97 e n, 200, 202, 204 n, 215, 216,
102, 103, 107 n, 129 e n, 138 226, 233 e n
n, 179, 206-8, 215, 216, 226 n eG).oyov, 109, 110, 114-29
àµoopòç, 145, 146 n, 148 e n, 151 - in Zenone, 114-7
e n, 181, 182 e n - in Arcesilao, 110, 118-29
Ù7tayyéÀÀ.Stv, 36 e n, 188 - in Sfere, 125 n
Ò'.1tapaÀÀal;ia, 23 n, 94, 95 e n,
106, 136, 150, 159 n, 175 n, ç~<€lv, 31 n, 109, 110, 112, 113,
'179,209 121, 122, 127-9
anMiç, 83, 131, 132, 140, 164 n,
174 n icrocr9Év<ta, 105, 106, 233
ànop~n<òç, 29 n, 52, 53, 59-61,
Ka9~KOV, 114-24
65, 68, 69, 73 e n, 78, 230
ànpaé,ia, 42, 48 n, 114, 120 n, 123 - in Zenone, 114-7, 119, 121,
e n, 124-6, 128 n, 175 n, 198, 122, 124
KatOÀ~jlLç, 75, 85-102, 104, 108,
205 e n, 212, 218
Ò.cruyKO.'ta0e'teiv, 102 e n, 103, 109 136, 137, 140, 155 n, 176, 198,
201, 208
OtaPe~o.toùcrBat, Ota~e~atro't1Kéòç, KO:t(lKOÀ000eiv, 167
35, 36, 42, 48 n, 188 <atòp9roµa, 110, 114, 115, 117 e
ota~rovia, 30, 78, 79, 113 n, 138- n, 118, 119, 121, 124, 160
41, 176, 177, 207 n, 233 - nello Stoicismo, 114-7
Ooyµa'dçe1v, 55, 66, 73 e n - inArcesilao, 114, 115, 118-24,
oòé,a, 85-7, 89 n, 98-101, 171 n, 160
219, 226 n Kp1-cfip1ov 'tftç àì..riBeiaç, 86, 88 e
n, 93, 132 n, 134 n, 135 n, 137
ÉKÀowç, 148, 151, 181, 182 n, 148, 179n
264 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

napa1aµP6.vstv, 167 cruyJCata:d0scr0at, 40 e n, 42, 65,


nsi0scr0ai, 40 e n, 172 n, 173 e n, 127 n, 139 n, 163, 169, 170 n,
181, 188 173, 188
1tt9avév, 33, 37, 39 e n, 41, 47, 62
n, 63, 64, 66, 68, 75, 78-80, tUncocriç, 88, 92, 94, 135
129, 148 n, 149, 152, 158, 159
n, 160, 175 n, 176 n, )79, 180, cpa1v6µsvov, 36 n, 45, 46, 123 n,
181 n, 185, 202, 204, 226 n 156 n, 159 n, 160, 199 n, 202 n,
- distinzione dei suoi significati 217
in Carneade, 63, 143, 156, 157, <pa.V'Cacria KatUÀTJ1ttucft (vedi rap-
171, 185, 198, 203, 204 presentazione catalettica)
- distinzione dei suoi significati cpavtacrl.a 6pµT)ti.JCft, 154 e n
negli Stoici, 144, 152 e n, 153 cpavtacria nt0avft, 38, 141-3, 147,
1tt<Ttcòctv, 139 n, 147 n, 149 n, 150, 151, 156 n, 158 n, 167 n,
161-4, 166 n, 168
175, 178-80 e nn, 205
niITTtç, n1crt6ç, 55, 58, 65, 66, 105
cpavtacria rc10avfi JCai àncpi-
n, 106 n, 166, 170
crnacrtoç, 141, 142, 152 n,
nporryouµÉvcoç, 81-3
np0Kpivs1v, 39, 40 e n, 58, 65-7 161, 205
cpa.V'Cacria nt9avl} Kai à.ncpicrnacrtoç
npocrnét0cta, 41 e n
Kaì 1he~ro~euµtv~, 141, 142,
crxcnttKéç, 29, 54, 57 e n, 58, 60- 150, 174, 175, 179 n, 205
2, 67, 68, 177 n, 227, 231 e n
cruyJCat6.0scrtç (vedi assenso) xp~craai, 157 n, 168, 169
INDICE DELLE FONTI

ACADEMICORUM HISTORIA ARlSTOTELES


col. xx 1-4: 202 n Ethica Nicomachea
col. xx 2-4: 106 n
A 4. 1095 a 18-22: 122 n
col. XXVI 8: 187 n
Metaphysica
AfTIUS A 6. 987 a 32-b 1: 71 n
A 6. 987 b 1-3: 223 n
Placita
IV 12: 133 Il
Aruus D1nYMUS
apud STOB. Eclogae
ALEXIS (ed. Kock)
II 88, 1: 94 Il
fr. 147: 237 n II 112, 2-4: 100 Il

ANONYMUS AUGUSTINUS

Commentarius in Platonis Theaete- Contra Academicos


tum (ed. Bastianini-Sedley) II 6, 14: 103 Il
LIV 15-43: 239 Il
LIV 38-43: 54 n, 69 nn CHALCIDIUS
LIV 38-Lv 7: 227 n, 239 n In Timaeum
uv 38-Lv 13: 73 n
LXI 10-46: 182 Il 220: 135 n
LX1Il 12-3: 70 n
CrcERo
ANONYMUS Academica priora
Pro!egomena philosophiae platoni- 13: 75 n
cae (ed. Westerink) 15-6: 236 n
10, 4-12, 15 sgg.: 54 n, 69 n, 16: 237 n
226 n 37: 117 n
40-1: 90 n
41: 100 n, 101n,119 n, 133 n,
AruSTOCLES
144 n, 196 n, 201 n
apud EusEB. Praeparatio evangelica 41-2: 86 n
XIV 18, 16: 178 Il 42: 88 n, 89 n, 92 n, 224 n
266 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

43-6: 11 n 12: 11 Il
44: 200, 224 n 13-5: 24 Il
44-5: 107 n, 200 13-6: 195 Il
45: 14 n, 45 n, 84 n, 101n,105 n, 13-7: 108 Il
107 n, 198 n, 200, 205 n, 206, 14: 195 nn, 200 n
215 n, 218 n, 224 n, 234 n 14-5: 224 Il
46: 53 n, 112 n 15: 195 n, 199, 215 n, 237 n,
238 Il
Brutus
16: 101 n, 194 n, 195 n, 199,
85, 292: 239 n 201 n, 202 n, 208 n
De finibus 17: 19, 197 n, 201
n 1: 212 n 18: 101 n
n 2: 84 n, 112 n, 212 n 22: 171 Il
m31: 45 n 28: 14 n, 187 n
m41:10n 28-9: 187 Il
IV 56: 116 30: 135 n, 137 n, 199 n
V 9: 84 n, 215 Il 32: 12 n, 15, 108, 175 n, 193 e
V 22: 177 n n, 201, 203, 204 n, 205 e n,
v72:177n 206, 208
32-4: 194 Il
De inventione 33: 39 n, 157 n, 169 n
Il 9-10: 10 Il 35: 39 n, 169 n
36: 158 Il
De natura deorum 40: 95 n, 159 n, 162 n
I 11: 84 n, 112 n, 214 n, 215 n 40-2: 139 Il
I70:93n 42: 132 Il
De officiis 43-4: 203 Il
44: 159 Il
I8'117n 45: 147 Il
De oratore 51-2: 95 n
Il 67, 270: 239 Il
53: 203 Il
m 61: 209 n
54: 202 n, 203 n
m 67: 54 n, 69 n, 84 n, 112 n, 58: 151 nn
213 n, 214 n, 215 n 59: 175 nn, 194 n, 203 n
m 80: 84 n, 213 n 60: 75 Il
66: 158 n, 198 n, 224 n
Epistulae ad Atticum 67: 104 n, 175 n, 203 n, 208 n
xm 5, 6, 7: 119 n 72-8: 11 Il
XIV 22: 119 n 73: 200 Il
74: 237 n
Lucullus 76: 45 Il
7-8: 158 Il 76-7: 112 n, 233 n
8: 101 Il 77: 88 n, 93 n, 103 n, 10.4 nn,
11-2: 75 Il 136 n, 139 n, 186 n, 207
INDICE DELLE FONTI 267

77-8: 92 n, 95 n IV 36: 127 n, 201 n


78: 175 n, 184 n, 203 n, 208 n VII 25: 115 n
85: 95 n VII 46: 93 n
98:.41 n VII 50: 93 n
99: 41 n, 127 n, 146 n, 147 n, VII 51: 144 n
154 n, 160 n, 174 n, 175 nn VII 52: 92 n
102: 184 n VII 75: 152 n
103: 157 n VII 76: 119 n
103-4: 174 n, 187 n VII 84: 117 n
104: 41n,127 n, 148 n, 154 nn, VII 107: 122 n
170 n, 174 n, 175 n, 197 n, VII 108: 116 n
206 VII 162-3: 95 n, 184 n, 201 n
104-5: 160 n VII 171: 118 n, 124 n
105: 147 n vn 177: 124 n, 125 n
106: 171 n VIII 201: 86 n
108: 154 n, 155 n, 174 n, 175 n, IX 62: 25 n
184 n IX 70: 24 n, 61 n
109-10: 187 n IX 70-3: 71 n
110: 175 n, 203, 204 n IX 71: 229 n
112: 175 n, 208 n IX 71 sgg.: 25 n
114: 101 n IX 76: 83 n
116-46: 207 n IX 107: 44 n
133: 101 n IX 116: 17 n, 18 nn
138: 101 n X 32: 93 n
139: 187 n
143: 197 n EPICTETUS
144: 100 n Dissertationes
145: 90 n
184: 174 n I 27, 15-21: 24 n
II 20, 20: 24 n

DIOGENES LAERTIUS
EPICURUS (ed. Usener)
Il4:229n fr 247: 133 n
I 19: 9 n
Il 16: 229 n EusEBius
Il 21: 230 n
II 22: 112 n
Praeparatio evangelica
II 45: 210 n, 229 n XIV 4, 15: 106 n
III 49: 60 n XIV 4, 16: 9 n
III 51: 59 n XIV 5, 12: 224 n
III 51-2: 227 n XIV 6, 4: 137 n
III 52: 227 n XIV 7, 15: 12 n, 107 n, 202 n
IV 28: 54 n, 106 n, 107 n, 213 n,
214 n, 233 n FAVORINUS (ed. Ba.rigazzi)
IV 33: 21 n, 50 n, 224 n T 6: 23 n
268 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

T 7: 23 n LUCIANUS
T 26: 23 n, 29 n Eunuchus
T 33: 23 n
T 47: 23 n 7: 23 n
Hermotimus
FRAGMBNTA HERcULANENSIA (ed. 14: 24 n
Scott) 70: 24 n
73-5: 24 n
217: 196n
Icaromenippus
GALENUS 25: 24 n
De optima doctrina (ed. Barigazzi) Vera historia
86, 217-8: 147 n n 18: 24 n
92, 1, 1-11: 23 n Vitarum auctio
94, 2, 14-8: 23 n
27: 24 n
102, 3, 1: 23 n
Subfiguratio empirica Mrnucrus FELIX
XI 82, 23 sgg: 25 n Octavius
xm 3: 112 n
GELUUS
NuMENrus
Noctes Atticae
IV 1, 14: 23 n
apud EusEB. Praeparatio evangelica
XI 5, 5-8: 23 n XIV 5: 50 n
XI 5, 6: 29 n XIV 5, 11-4: 21 n
XXI 1, 9: 23 n XIV 5, 12 sgg: 224 n
XXI 1, 21: 23 n XIV 6, 4-6: 177 n
XIV 6, 5: 202 n
XIV 7, 1-13: 171n,208 n
HERACUTUS
XIV 7, 15: 12 n, 108 n
fr. 15 Marcovich 22 B 101
D.-K.: 220 n NUMENIUS (ed. Des Places)
fr. 26, apud. EusEB. Praep.
HOMERUS evang. XIV 7, 1-13: 12 n, 50
Odyssea n, 108 n, 171 n, 208 n
o 392: 229, 236 n PHERc. 1020 (ed. von Arnim)
col. IV n: 162 n
LACTANTIUS

Divinae institutiones PHILODEMUS

m 4, 6: 112 n De vitiis (ed. Ranocchia)


m 4, 10-1: 207 n coli. XXI-XXIII: 234 n
INDICE DELLE FONTI 269

PHILOSTR.ATUS Gorgias
Vitae sophistarum 482 e 4: 219 n
485 B-486 B: 220 Il
I 8p. 491: 23 n
489 B 7: 219 Il
490 E 4: 219 Il
PHOTIUS
Hippias minor
Bibliotheca 304 B: 219 Il
cod. 212
Menexenus
169b sgg.: 12 n, 21 n, 26, 61 n
169b 18-170b 35: 46 n 245 D 1: 231 Il

169b 21-2: 180 n Meno


169b 26-9: 122 n 86 A: 90 n
169b 30-5: 72 n 97 A: 90 n
169b 36: 64 n
169b 40: 73 n, 183 n Phaedo
169b 40-1: 73 n 83 A: 217 n
169b 40-170a 11: 232 n
170a 6-11: 64 n
Phaedrus
170a 7: 182 n 229 E-230 A: 222 n
170a 12-3: 83 n 235 A 6: 219 n
170a 14-6: 21 n, 179 n Respublica
170a 17: 73 n II 336 B: 219 Il
170a 17-21: 62 n, 179 n v447 A 7: 231 n
170a 21-2: 63 n V 477 B-478 D: 90 Il
170a 22-4: 83 n v478n6:231n
170a 29: 183 n V 479 B 5: 231 Il
170a 36-8: 63 n, 179 n
170a 40: 64 n Symposium
170b: 178 n 175 E: 235 Il
170b 12-4: 41 n, 181 202 A: 90 n
216 D-217 B: 235 n
FLATO Theaetetus
Apologia Socratis 158 B·D: 95 n
186 E: 217 n
17c5:220n
191 D 3-7: 91 Il
19c:219n
192 B 2-c 5: 92 n
21A:217
21 A-23 E: 236 n
PLUTARCHUS
21 B-23 B: 112 Il
38 A: 112 Il Adversus Colotem
2, 1108 B: 219 Il
Euthydemus 3, 1108 E·F: 217 Il
305 e: 87 n 18, 1117n:218n
270 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

18, 1117 n-1119 e: 112 n II 20: 184 n


19, 1118 A: 218 n II 43: 184 n
20, 1118 e: 219 n VII 1: 34 nn, 129 n
20, 1118 n: 218 n, 221 n VII 8: 82 n
21, 1119 B: 224 n VII 8-10: 228 n
24, 1120 e: 123 n VII 21: 230 n
26, 1121 E: 215 n, 216 n VII 29-31: 93 n
26, 1121 E-1122 A: 24 n VII 29 e sgg.: 175 n
26, 1121 E-1122 F: 69 n, 120 n VII 30: 127 e n
26, 1121 F-1122 A: 54 n, 62 n VII 33: 179 n
26, 1121 F-1122 F: 21 n VII 46: 34 nn, 129 n, 130, 184 n
26, 1121 F-1124 B: 123 n VII47-8: 129n
26, 1122 A: 126 n, 226 n VII 51: 180 n
26, 1122 A-B: 198 n, 217 n VII 89: 181 n
26, 1122 B-D: 155 n, 175 n VII 114: 181 n
26, 1122 e: 101 n, 123 n, 201 n VII 150: 81n,111n,129 n, 131
27, 1122 E: 219 n, 226 n n, 140 e n, 186 n
27, 1123 A: 139 n VII 150-7: 14 n, 107 n, 128
27, 1123 B: 139 n VII 150-8: 130 n, 184 n
29, 1124 B: 204 n
VII 150-89: 182
De Stoicorum repugnantiis VII 151: 101 n, 182, 198 n
7, 1034 D: 118 n VII 151-2: 84, 85 n
47, 1057 A: 127 n, 155 n, 175 n VII 151-7: 138 n, 207 n, 233 n
VII 151-8: 76, 176 n
Quaestiones conviva/es VII 152: 92, 156 n
VII2, 2: 221 Il VII 153: 85 n, 89 nn
VII 153-4: 94 n
PYRRHO (ed. Decleva Caizzi) VII 153-55: 88
T 32: 21 n, 50 n VII 154: 91 n, 136 n
T 33: 50 n VII 155: 96 e nn, 120
T34:177n VII 156: 138 n
T41:24n VII 156-7: 88, 98 n, 128
T 77: 24 n VII 157: 100 n, 101 n, 102 n,
T 78: 24 n 120, 188 n
VII 158: 44, 89, 110 n, 111 n,
SENECA 113, 122 n, 125 nn, 128, 142
Epistu!ae ad Lucilium n, 157 n, 160 n
VII 159: 84 n, 128, 131n,132 n,
88, 5: 24 n
136 n, 142, 184, 185
88, 43-4: 24 n
VII 159-66: 128 n
VII 161: 133 n
SEXTUS EMPIRICUS
VII 162: 134 nn, 176
Adversus Mathematicos VII 163: 134 n, 135 n
161:55n VII 163-4: 134 n
INDICE DELLE FONTI 271

VII 164: 89 n, 97 n, 136 n, 137 VII 202: 55 n


n, 147 n, 184 VII 203-10: 133 n
VII 164-5: 185 n VII 227-30: 88 n
VII 165: 137 n, 184 . VII 228: 140 n
VII 166: 42 e n, 128, 140 n, 141 VII 236: 88 n
n, 142 e n, 150 n, 173 n, 175 VII 243: 204 n
n, 182, 184, 185 VII 244: 94 n, 156 n
VII 167: 142 n, 173 n, 184 VII 248: 93 n, 143 n, 145 n
VII 168-9: 143 n, 157 n VII 251-2: 143 n
VII 169: 145 n, 160 n, 182 VII 252: 93 O
VII 169-72: 158 n VII253: 174n
VII 169-73: 181 n VII 254-7: 153 n
VII 170: 184 VII 255-6: 164 n
VII 171: 145 n, 151 n, 153 n, VII 256: 171 n
159, 172 n VII 257: 146 n, 174 n
VII 172: 160 n, 170 n, 182 n, VII 258: 182 n
184 VII 258-9: 166 n
VII 172-3: 148 n VII 262-446: 178 n
VII 173: 150 nn, 153 n, 159, 174 VII 264: 225 n, 230 n
n, 185, 186 n VII 281: 227 n
VII 174: 156 n, 182 VII 281-2: 231 n
VII 175: 157 n, 159 e n, 185 e n, VII 350: 74 n
186 n VII371: 178n
VII 176: 185 VII 402: 136 n
VII 176-7: 161 n VII 402-3: 93 n
VII 176-83: 171 n VII 403-5: 119 n
VII 176-89: 39 n VII 405-6: 156 n
\'II 177-8: 161 n VII 405-8: 164 n
VII 178: 163 U VII 409: 151 n
VII 179: 162 n, 163 n, 164 n, VII 421-3: 152 n
185 VII 423: 152 n
VII 180: 163 n VII 435: 178 nn, 179 n, 181 n
VII 180-1: 152 n VII 435-6: 173 n .
VII 181: 165 nn VII 435-8: 173, 178
VII 182: 166 nn VII 438: 179 n, 181 n
VII 184: 166 n, 167 n, 185, 186 n VII 442: 134 n
vn 185: 167 nn vm 8: 74 n, 228 n
VII 186: 168 n, 172 n VIII 9: 93 n
VII 187: 168 n, 170 n VIII 11: 87
VII 187-8: 170 vm 43: 139 n
VII 187-9: 173 VIII 397: 155 n
VII 188: 169 n VIII 400: 140 n
VII 188-9: 166 n, 169 n IX 1: 13 n, 32 n, 76
VII 189: 185 IX 1-3: 178 n, 233 n
272 LA TESTIMONIANZA DI SESTO EMPIRICO SULL'ACCADEMIA SCETTICA

X 38: 74 n I 220: 9 n, 29 n, 32 n, 53 n, 82
X 215: 74 n n, 184 n
XI 2: 229 n I 221: 59, 60, 65, 227 n, 230
XI 144: 111 n I 221-2: 227 Il
XI 150: 111 n 1 222: 40 n, 55 n, 56 n, 58, 59,
XI 160-1: 111 n, 126 n 68 n, 69, 226 n, 231 n
XI 162-7: 126 n I 223: 39 n, 59, 66 n, 204 n
XI 162-8: 126 n I 225: 40 n, 57, 59, 67

Pyrrhoniae Hypotyposes I 226-31: 13 n, 35


I 226-35: 9 Il
I 1-3: 112 n I 227: 164, 169 Il
I 1-4: 31n,112 n, 228 n I 227-8: 173
I3:31n,52 I 228: 169 Il
I 3-4: 129 n I 230: 172 n, 173 n, 181
I 4: 32, 188 n I 231: 127, 188 Il
I 5: 30 n
1232: 33 n, 83, 97 n, 105 n, 106
I 7: 25 n, 31 n, 112 nn n, 107 n, 113 n 1 130 n, 198 n,
I 10: 105 n 202 n, 205 n
I 13-4: 73 n
I 232-3: 183 n
I 14: 83 n
I 232-4: 33
I15:36n,37 1 233: 127 n, 204 n
I 21-2: 175 n I 234: 82 n, 91 n
I 21-4: 128 n I 235: 179 nn
I 23: 126 n I 236-41: 17, 18 n, 68 n
1 23-4: 48 n, 126 n I237: 79n
I 24: 48 n
I 239: 79 n
I 25: 26 n I 241: 30 n
I 26: 43 n, 44 n
n 9: 79 n
I 29: 43 n u10:79n
I 30: 44 u 16: 82 n
I 87: 47 n u 18: 129 n
199: 137 n II 22: 79 n, 225 n, 231 n
I 128: 137 n II 24: 231 n
1163: 173n II 28: 226 n, 231 n
I173:57n n 98: 79 n
I176:57n n 204: 79 n
I 194-5: 30 n n 212: 79 n
1 196: 45 n, 106 n II 247: 82 n
I197:36n,83enn IU 280: 26 Il
I 200: 36
I 203: 36 Il SocRAns ET SocRATICORUM RELI-
1 209: 30 nn QUIAE (ed. Giannantoni)
1 210: 47 n, 82 n I B24: 223 n
I 210-2: 70 Il 1e 464: 229 n, 230 n
1217:30n 1e465: 228 n
INDICE DELLE FONTI 273

re 466: 230 n rn 501: 117 n


ID 1: 210 n, 230 n rn 548: 100 n
I H 4: 209 n
IV A 166: 230 n SUDA
VB 368: 230 n
Lexicon
. s.v. ~~µi: 155 n
STOBAEUS
Ecloga e TIMON (ed. Di Marco)
II 59, 4: 121 n fr. 9: 67 n
II 93, 14: 117 n fr. 20.2: 66 n
fr. 25: 228 n
STOICORUM VETERUM FRAGMENTA fr. 35: 66 n
(ed. von Arnim) fr. 36: 66 n
fr. 38: 116 n
I 59: 88 n fr. 59: 66 n
!63: 93 n fr. 48.2: 66 n
I 232: 116 n
1346: 196n XENOPHON
1407: 196n
I 563: 118 n Apologia Socratis
I 605: 118 n, 124 n 1: 235 n
II 54: 133 6: 235 n
II71:92n 23: 235 n
II 90: 86 n
II 131: 161 n Memorabilia
II 878: 135 n r 1, Il sgg.: 228 n
III 169: 154 n I 1, ll-2: 238 n
III 171: 94 n I 1, 11-3: 223 n
m 262: 121 n I 1, 16: 210 n
m 494:.117 n m 11, 1: 237 n
rn 498: 117 n rv 2, 24 sgg.: 223 n
m 500: 117 n IV 4, 4: 235 n

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