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Dispensa scritta da Costanza Marsella

Sistemata da Giorgio Sforza

Apparato locomotore

Tutti gli organi che realizzano una funzione specifica assieme (ad esempio la digestione)
costituiscono un apparato. Nel caso dell’esempio, l’apparato digerente. Nel caso dell’argomento
odierno i tessuti osseo, muscolare e articolazioni andranno a costituire l’apparato locomotore che
quindi sarà quell’insieme dei sistemi ossei, articolari, muscolari che ci consentono di poter
compiere l’attività motoria.

Il contributo al movimento è dato dunque da tutti e tre gli elementi: ossa, muscoli, articolazioni.

L’apparato locomotore è l’insieme di tre sistemi dunque: osseo, muscolare articolare.

Le ossa sono articolate nello scheletro. Possono essere di vario tipo.

- Lunghe, come ad esempio il femore, che forma lo scheletro della coscia. Uno dei tre
diametri sovrasta di gran lunga gli altri due infatti la sua lunghezza è maggiore della sua
larghezza e profondità. In esso descriviamo un corpo e due estremità. Quella superiore può
anche essere definita prossimale in quanto più prossima alla testa. Quella più lontana può
essere anche definita distale. Possono anche essere chiamate epifisi prossimale ed epifisi
distale. La parte più allungata prende il nome di corpo o diafisi.
- Piatte, ad esempio lo sterno che si trova a protezione dei visceri del torace. Anche in questo
caso uno dei tre diametri è di gran lunga inferiore agli altri. Lo spessore è molto ridotto
rispetto alla sua lunghezza ed alla sua larghezza. L’osso piatto è molto “comodo” per poter
accedervi all’interno. Le ossa sono costituite da una parte molto compatta, rigida alla
periferia e spugnosa all’interno. In alcuni casi siamo costretti a perforare l’osso piatto per
recuperare un particolare tessuto che si trova all’interno, il midollo osseo e fare una
diagnosi precisa delle malattie del sangue. Il midollo osseo è infatti il produttore di tutte le
cellule del sangue e quando sono presenti delle patologie importanti (linfomi, leucemie)
bisogna andare a vedere queste cellule che sono in via di sviluppo che caratteristiche
hanno. Nel caso del puntato sternale si fa una puntura e si preleva il midollo.
- Irregolari. Grossomodo i loro tre diametri a livello della struttura ossea quasi si
equivalgono e vengono definite ossa brevi. Possiamo apprezzarle ad esempio all’interno
del carpo, nella mano. Il metacarpo e la falange sono lunghe, il carpo è breve.

Siccome si attaccano ad i muscoli le ossa possono avere delle tuberosità, dei solchi, possono
addirittura avere se un elemento è molto appuntito e spigoloso si fa riferimento ad una spina.
Possono avere un rilievo che è un tubercolo. Se guardiamo l’estremità distale dell’omero questa
struttura arrotondata prende il nome di condilo.

Per quanto riguarda i muscoli, anche in questo caso abbiamo varie forme.

- Fuso
- Dentato

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- Orbicolare ( a livello della bocca o dell’occhio e dà l’idea che costringendosi può
determinare l’apertura o chiusura dello spazio)
- Due capi di inserzione da un versante e un altro capo di inserzione nell’altro versante.
Parleremo quindi di bicipite.
- Tre capi di inserzione: tricipite o quattro capi, come il quadricipite femorale che ha quattro
capi di origine ed uno di inserzione che termina a livello della tibia.
- Muscoli pennati che ricordano una penna o una piuma o semipennato.
- Regione anteriore dell’addome: forma a ventri che viene definito quindi poligastrico.
- Ventre, tendine di inserzione, altro ventre, ne sono solo due e lo chiameremo bigastrico.

Articolazioni

Da un punto di vista funzionale possiamo classificarle in una maniera estremamente semplice:

- Mobili. Se produco una flessione dell’avambraccio sul braccio, questa sarà un’articolazione
mobile.
- Immobili. Nel caso del cranio ci sono le suture, articolazioni che si sono suturate.

All’interno delle due categorie ci saranno molte varietà di funzione ovviamente.

Quelle sostanzialmente immobili si chiamano sinartrosi. Tra i due capi ossei presentano un tessuto
che può essere connettivo, cartilagineo ed in alcuni casi un disco fibrocartilagineo, come nel caso
della colonna vertebrale. A livello dell’osso dell’anca è presente un altro disco, la sinfisi pubica.
Infatti queste articolazioni a forma di disco prendono il nome di sinfisi.

Ve ne sono alcune che si muovono tanto. Prendono il nome di diartrosi ed hanno una caratteristica
diversa. Anzitutto le superfici delle ossa che vengono a contatto sono rivestite di un tessuto
traslucido, la cartilagine articolare. La troviamo esclusivamente nelle diartrosi. Le diartrosi fanno
compiere grandi movimenti: la flessione, distensione, abduzione ed adduzione, possiamo inclinare
il nostro tronco. Addirittura l’articolazione che si stabilisce tra la testa dell’omero con la scapola ci
fa compiere tanti movimenti, addirittura possono compiere un movimento quasi a 360, una
circonduzione, questo perché c’è una sfera all’interno di una cavità (in genere detta cavità
glenoidea) che ha la capacità di compiere tutti e tre i movimenti nello spazio. Questa articolazione
a forma di sfera prende il nome di enartrosi. Poi ci sono delle variabili, anche qui in base alla
forma. Se la superficie articolata è foggiata a condilo sarà una condilo artrosi. Se è foggiata a coclea
sarà un’articolazione trocleare, articolazione a sella. Tra le diartrosi ce ne è una che dà scarsa
possibilità di movimento perché le superfici a contatto sono piane quindi possono solo scivolare
una sull’altra (artrodie).

Affinché a livello delle articolazioni le superfici ossee possano essere unite ma distanziate perché si
possano muovere, vi è un manicotto fibroso che comprende tutta l’articolazione. Questo manicotto
fibroso va a costituire la capsula articolare. Essa al difuori è fibrosa, internamente rivestita dalla
membrana sinoviale le cui cellule producono del liquido. Questo liquido lubrifica le superfici
delle articolazioni ed evita che tra di esse possa formarsi dell’attrito poiché in presenza di attrito le
superfici potrebbero logorarsi e instaurarsi fenomeni patologici di infiammazione come l’artrite e
cronici come l’artrosi.

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Inoltre non sempre le superfici articolari sono adeguatamente conformi l’una all’altra rendendo
quindi il bisogno di dispositivi che possono essere dei dischi, dei menischi, cercini o labbri che
possono meglio accogliere l’osso per essere articolati. La porzione di sfera che viene accolta nella
superficie glenoidea della scapola è maggiore e quindi senza un dispositivo tenderebbe a
fuoriuscire. Invece un labbro che si dispone attorno alla cavità glenoidea che ispessisce la
superficie si va ad ancorare alla testa dell’omero e la tiene bloccata. Ci sono anche elementi di
rinforzo in una diartrosi che ci consentono di effettuare i movimenti. E gli elementi di rinforzo
sono i legamenti che da un osso originano e terminano nell’altro quindi creano un
impacchettamento dell’articolazione ed un blocco dei due elementi che sono ravvicinati.

Tenete presente che le articolazioni sono “furbe”. Ad esempio pensiamo ad un colpo al ginocchio
in cui il ginocchio si gonfia. Questo perché il liquido sinoviale presente nella cavità articolare in
corso di lesioni può aumentare di volume. Addirittura si possono ledere gli elementi circostanti
determinando la fuoriuscita di sangue. Il sangue dapprima viene raccolto in alcune cisterne, le
cosiddette borse, progressivamente si gonfiano poi cominciano ad aumentare la pressione intra-
articolare e si sentono i dolori.

Fatta questa premessa cominciamo a vedere come è organizzato l’organismo umano dal punto
vista dell’apparato locomotore.

La parte ossea è distribuita in tutte le regioni del nostro organismo. Abbiamo la regione della testa,
del collo, del torace, dell’addome, della pelvi, poi vi sono le appendici: arto superiore ed arto
inferire.

Arto superiore: scheletro del braccio, avambraccio e mano. Lo scheletro della mano comprende
carpo, metacarpo e le falangi.

Arto inferiore: costituito nella sua parte libera dal femore (scheletro della coscia), gamba e piede
distinto in tarso, metatarso e falange.

L’elemento cardine di tutte queste appendici che abbiamo citato ovvero la testa e gli arti è la
colonna vertebrale. In alto si articola con testa. All’interno del tronco o busto attraverso diversi
elementi si mette in relazione con l’arto superiore. Inferiormente all’osso sacro, prende attacco
all’osso dell’anca e quindi all’arto inferiore. La colonna vertebrale o rachide è quindi l’elemento
portante del nostro organismo e la maggior parte delle patologie cui si va incontro dal punto di
vista articolare sono dovute alla colonna. La colonna vertebrale è sollecitata molto: oltre a farsi
carico del peso del nostro organismo e della nostra attività motoria deve costantemente bilanciare
la nostra postura e come tale tende ad usurarsi. E’ importante perché crea oltre che queste
caratteristiche di supporto delle attività del nostro organismo anche la protezione al sistema
nervoso centrale ovvero il midollo spinale.

La colonna vertebrale se la guardo in direzione anteriore o anteriore ha un asse decisamente


rettilineo. Se pongo la colonna vertebrale in osservazione laterale, non è assolutamente dritta
perché a seconda delle regioni deve caricare e scaricare le forze dovute al peso. Queste curve sono
quattro e si vengono a realizzare nei vari tratti della colonna.

Possiamo difatti distinguere la colonna vertebrale in vari tratti, che saranno costituiti ciascuno da
un determinato numero di elementi che prendono il nome di vertebre. Avremo pertanto:
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- Sette vertebre cervicali (c1-c7), ovvero del collo.
- Dodici vertebre toraciche o dorsali. (t1-t12)
- Cinque vertebre lombari (l1-l5).
- Cinque vertebre sacrali(s1-s5). L’osso sacro è però un osso unico, non è diviso in vertebre
perché dapprima era costituito da vertebre che si sono ossificate. Al termine dell’osso sacro
vi è un ulteriore elemento:
- Coccige (Co1-4) costituito da tre, quattro o cinque vertebre rudimentali anch’esse ossificate.

Queste curve fisiologiche che si vengono a determinare presentano a livello cervicale e lombare
una concavità davanti, lordosi cervicale e lordosi lombare. Mentre per la concavità verso l’esterno
come nel tratto toracico e sacrale, siamo in presenza di cifosi.

Qualora fossero presenti delle curve in proiezione verticale, posteriormente o anteriormente ci


troveremo in condizioni di patologia (scoliosi).

Le vertebre, una volta che sono sovrapposte mettono in evidenza alcuni spazi. Tra una e l’altra c’è
un disco, il disco intervertebrale. Ci sono poi forellini che mettono in rapporto il contenuto della
colonna vertebrale ovvero il midollo spinale con la periferia poiché dal midollo spinale originano i
nervi spinali che attraversano quei fori intervertebrali e si distribuiscono alla periferia. Tutto
l’organismo è innervato per una regolazione sensitiva e motoria. Se ci bruciamo difronte ad una
sorgente di calore, è perché vi sono questi nervi che raggiungono il dito.

Lo schiacciamento tra una vertebra e l’altra riduce lo spazio di fuoriuscita del nervo che viene
compresso e non funziona più bene. Potrà dare dei dolori che apprezzeremo a livello della colonna
vertebrale anche nel territorio innervato (come nel carso della sciatica, in cui il nervo ischiatico che
fuoriesce dalla regione lombo sacrale, viene compresso. Se viene compresso il dolore lo
determinerà nella regione di innervazione che è l’arto inferiore).

La colonna vertebrale è costituita da elementi che si ripetono che sono le vertebre, differenziantesi
a seconda dei tratti. Dal punto di vista tipico una vertebra è costituita da un corpo robusto,
voluminoso e da un arco. Corpo e arco delimitano un foro, il foro vertebrale. Tutte le vertebre
sovrapposte formano il canale vertebrale.

A livello del corpo possiamo dire che esso cambia nell’estensione della colonna vertebrale
diventando più grande. Dalla regione cervicale e lombare diventa sempre più grande perché dà
stabilita. Di contro il rapporto tra il corpo ed il foro vertebrale è a favore del foro in senso supero
inferiore. Inizialmente è più grande, progressivamente vi è una diminuzione. Questo significa che
il midollo spinale ha una morfologia a livello di cono più espanso superiormente e ristretto
inferiormente.

A livello toracico le vertebre sono articolate con le coste. Ma soltanto a livello toracico, dalla prima
alla dodicesima. Vi sono anche nell’uomo delle varianti perché l’ultima vertebra cervicale potrebbe
avere una costa accessoria, la prima vertebra lombare potrebbe avere una costa accessoria.

L’arco ha tanti elementi: ha dei processi trasversi che vanno in senso orizzontale. Posteriormente
un processo definito spinoso che noi possiamo apprezzare anche macroscopicamente. A livello dei
processi trasversi ciascuna vertebra ha dei processi articolari superiori ed inferiori con cui si

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articola con la vertebra sovrastante e sottostante. E così si realizza lungo tutta l’estensione della
colonna l’organizzazione peculiare delle vertebre.

L’unica anomalia sta nella prima vertebra cervicale a cui manca il corpo ma gli manca il corpo
perché a quel livello si articola la seconda vertebra con un dente che consente il movimento di
rotazione della testa. E’ la prima vertebra che prende il nome di atlante sostiene e si articola con il
cranio. Se noi procediamo verso il basso trovate l’osso sacro e vedere che presenta a livello della
sua faccia superiore un corpo che si articola con l’ultima vertebra lombare. Poi abbiamo delle linee
orizzontali che sono le ossificazioni delle vertebre. Ai lati di queste linee orizzontali ci sono dei fori
cui fuoriescono i nervi spinali, come per i fori intervertebrali. La parte posteriore è molto più
accidentata. Presenta delle creste che non sono altro che le fusioni di tutti quegli elementi che
costituiscono la vertebra. La cresta sacrale media fonde i processi spinosi, quelle laterali i processi
trasversi. Inoltre la faccia posteriore del sacro è sede in inserzioni muscolari importanti e apparati
legamentosi imponenti che sostengono queste articolazioni che mantengono in sede l’articolazione
sacro iliaca che lega osso sacro e osso dell’anca costituita da ileo, ischio e pube.

Questo è importante perché posteriormente si realizza la chiusura di quello che è il bacino osseo,
elemento di contenimento sì dei muscoli ma soprattutto di visceri (anse intestinali, vie urinarie,
genitali come utero e annessi).

A livello toracico le vertebre toraciche sono tutte caratterizzate dall’articolazione con le coste che
sono in numero di dodici. Originano dalla colonna e si portano verso il basso ed anteriormente,
fino a raggiungere anteriormente lo sterno. Da dietro originano si portano verso il basso ed
anteriormente. Anteriormente la costa è ossea (costa vera), successivamente è sostanzialmente
cartilagine (cartilagine costale). Questo è logico perché il torace deve essere flessibile. Deve essere
dotato quindi di robustezza che lo protegga ma che sia anche flessibile. Anteriormente il torace
viene chiuso dallo sterno. Dietro lo sterno c’è il cuore. Quindi è un elemento importante di
protezione dei visceri del torace. Dal torace o meglio dalla porzione anteriore del torace…

Lo sterno si compone di manubrio, corpo e processo xifoideo. Dallo sterno si realizzano alcune
articolazioni. Vi sono le incisure delle coste. Se le contiamo sono sette. Ma le coste abbiamo detto
che sono 12. Le prime sette che dalla colonna si portano allo sterno, prendono il nome di coste
vere. Ottava, nona e decima si uniscono con le loro cartilagini e raggiungono la settimana. Allo
sterno non ci arrivano direttamente, ma per il tramite della settima costa e prendono il nome di
coste false. Ne mancano due. Le ultime due non raggiungono né direttamente né indirettamente lo
sterno. Si trovano all’interno della cavità toracica e prendono il nome di coste libere o fluttuanti.

Posteriormente la gabbia toracica è costituita da dodici vertebre toraciche. Lateralmente e


anteriormente da coste e cartilagine. Anteriormente dallo sterno e dalle coste. Abbiamo tralasciato
un dettaglio importantissimo. La prima delle incisure del manubrio delle sterno (sterno e
clavicole). La prima incisura a livello del manubrio è l’incisura clavicolare. Questa articolazione
mette in relazione il tronco con la parte libera dell’arto superiore. Come le mette in relazione?
Guardate la clavicola. Dallo sterno si porta lateralmente e raggiunge quest’osso con il quale si
articola, è la scapola. La scapola rappresenterà la superficie articolare della testa dell’omero. Un
danno a livello della clavicola mette a repentaglio la funzionalità dell’arto superiore. La clavicola e

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la scapola costituiscono il cosiddetto cingolo toracico cioè un elemento di unione tra due strutture
(cingolo). Il cingolo unirà il tronco alla parte libera dell’arto superiore.

Il cingolo toracico è costituto dalla clavicola e dalla scapola

Lateralmente il muscolo deltoide dà la giusta morfologia alla spalla. Poi ci sono i gleno-omerali.
Cuffia dei rotatori che intervengono nel movimento.

Nella regione del cingolo toracico o scapolare abbiamo l’arto superiore che presenta braccio,
avambraccio e mano. Il braccio è costituito da un osso lungo, l’omero costituito da un corpo e due
estremità, l’estremità prossimale e la distale che si trova a livello del gomito. A Livello del gomito
c’è qualcosa di complesso. La piega del gomito è sempre sollecitata dal movimento che determina
queste funzioni di estensione e flessione nonché rotazione (supinazione e pronazione).

Questo è dovuto a tre elementi importanti a livello del gomito:

Uno è l’estremità distale dell’omero. Presenta due elementi importanti. Un condilo ed una troclea.
Lo scheletro dell’avambraccio, che è costituito da radio e ulna, nelle loro estremità prossimali
presentano degli elementi che si vanno ad articolare con l’omero.

Questo capitello presenterà una fossa, questa fossa è in grado di ospitare il condilo dell’omero.
Mentre a livello dell’ulna abbiamo un processo molto robusto che prende il nome di olecrano.
L’olecrano ospita agevolmente la troclea dell’omero. Anteriormente poi vi è un processo di tipo
coronoideo. Una volta che l’omero si inserisce all’interno di queste due strutture e le superfici
articolate saranno rappresentate, per quanto riguarda l’omero dal condilo e dalla troclea, per
quanto riguarda il radio dal capitello e dall’ulna della sua troclea (coregramo). Potremmo a quel
punto agevolmente svolgere questa funzione di flesso estensione.

Il movimento di pronazione e supinazione potrà essere garantito da due ossa dell’avanbraccio


prossimalmente articolate. A livello del gomito vi è una complessa articolazione che comprende tre
articolazioni:

- Omero radiale (con il condilo)


- Omero ulnare (con la troclea)
- Radio-ulnare prossimale poiché ve ne è un’altra distalmente. Questa potrà definire i
movimenti di rotazione.

Queste tre articolazioni sono provviste di una capsula articolare la cui struttura comprende tutte e
tre le articolazioni. Distalmente avremo l’articolazione del carpo con lo scheletro dell’avambraccio.
Parleremo di articolazione radio-carpica (polso).

A livello dell’arto inferiore troveremo il bacino che è un po’ l’analogo della scapola se vogliamo. Il
bacino anteriormente con le due ossa dell’anca si unisce e posteriormente le due ossa dell’anca
sono unite all’osso sacro. Quindi avremo la possibilità di avere questo bacino osseo pronto per
ricevere i visceri ed articolarsi con la parte libera dell’arto inferiore. Vedete questa parte che vi
indico rivestita per lo più di cartilagine si origina dalla confluenza delle tre ossa dell’anca, ileo,
pube ed ischio ed è una cavità in cui viene accolto il femore con la sua testa. Un po’ come la
scapola accoglieva l’omero.
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Ci troviamo dinanzi ad un’altra di queste articolazioni estremamente mobili. La cavità viene
definita acetabolare. I movimenti sono concessi su tutti e tre i piani dello spazio. Questa
articolazione è una enartrosi.

Dall’osso dell’anca si distacca il femore. Il femore è un osso lungo costituito da un corpo e due
estremità. L’epifisi prossimale presenta notevoli elementi. Proiezione anteriore. Possiamo
apprezzare due grandi e voluminosi processi: grandi e piccoli trocantere uniti da una linea
intertrocanterica. Poi vediamo un restringimento con l’espansione di una testa rivestita di
cartilagine articolare. In anatomia quando sotto una porzione espansa detta testa si trova un
restringimento, la porzione del restringimento viene definita collo. Quindi avremo il collo del
femore con la testa. Questo collo viene definito collo anatomico proprio per la sua forma perché il
femore ha un altro collo tra la diafisi e l’epifisi prossimale detto collo chirurgico perché è la sede
più frequente di fratture dell’osso. Distalmente, anteriormente abbiamo questa superficie che si
articola con la rotula o patella che è un osso definito sesamoide e si trova davanti a livello
dell’estremità distale del femore. Posteriormente sono frequenti due basse robuste rivestite di
cartilagine che sono i condili che si appoggiano sulla tibia che è questo robusto osso che insieme al
perone costituisce lo scheletro della gamba e quindi vi si articola. Abbiamo in sostanza il femore, la
tibia e la rotula, tre ossa che sono giustapposte per determinare alla fine movimenti meno
complessi del gomito. Flessione ed estensione e possiamo anche produrre un minimo movimento
di rotazione. Anteriormente quindi passa il tendine di inserzione del muscolo quadricipite
femorale che poi ancora alla tuberosità della tibia che si trova anteriormente, apprezzabile anche
alla palpazione. Il quadricipite femorale è potentissimo. La tibia poi distalmente insieme alla
fibula o perone si articola con il tarso. L’articolazione prende il nome di tibio-tarsica ed è quella che
conosciamo come caviglia. Dal punto di vista muscolare la situazione è molto complessa per la
ricchezza dei muscoli presenti.

Questa è la rappresentazione schematica che mette in risalto le caratteristiche dei muscoli che
possono trovarsi su più strati, possiamo avere più piani muscolari.

A livello della colonna vertebrale ci sono dei muscoli poderosi che nel loro complesso costituiscono
i muscoli erettori della colonna vertebrale e si giustappongono negli spazi tra le vertebre e ai lati
delle stesse. Vi ricordo che c’è la vertebra con i suoi processi, lo spinoso ed il trasverso e la
muscolatura della colonna è notevole. In queste gocce, questi spazi tra i processi spinosi e trasversi
si applicano tanti muscoli. Soprattutto nella regione lombare poiché a livello toracico c’è
un’impalcatura ossea che garantisce sostegno a tutti i visceri. Anteriormente, a livello toracico,
idem perché c’è la gabbia toracica che dà protezione. Nella regione addominale posteriormente c’è
solo la colonna, anteriormente non c’è niente quindi cosa succede? Una serie di muscoli ad
andamento obliquo, questi muscoli ad andamento obliquo trasverso vanno a costituire una parete
rigida che si inserisce lungo tutta la linea di mezzo, la cosiddetta linea alba. I muscoli ipertrofici
costituiscono anteriormente una parete robusta. Se ben curata questa regione darà sostegno
all’addome con tutto il suo contenuto. Non a caso nell’azione c’è la ptosi la discesa degli organi.
Alcuni organi si trasferiscono verso il basso inesorabilmente. La trachea che normalmente
raggiunge la quarta vertebra in un anziano può raggiungere la sesta. I muscoli sono importanti
perché danno anche la morfologia al nostro corpo. Nella regione anteriore del torace abbiamo i
muscoli estrinseci che si portano dal torace all’arto anteriore e si chiamano toraco-appendicolari.

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Posteriormente abbiamo i muscoli spino-appendicolari e cioè dalla colonna vertebrale si portano a
livello dell’omero, della scapola. Poi vi sono nel torace gli intrinseci, i muscoli respiratori
intercostali, sottocostali, ma si trovano in profondità. La morfologia del nostro corpo viene data dai
muscoli superficiali quindi toraco-appendicolari e spino-appendicolari. Vedete le dentature che si
inseriscono a livello dell’addome e nella persona allenata si vedono molto bene.

Arto superiore: bicipite brachiale anteriormente, posteriormente il tricipite brachiale, poderosi


muscoli proprio per la funzione in parte dell’arto superiore ma non del braccio, dell’avambraccio.
Posteriormente il tricipite brachiale compie un movimento opposto a quello del bicipite. Se il
bicipite è il più grande flessore del braccio, il tricipite è il più grande estensore. Muscoli della spalla
e spino articolari.

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Apparato respiratorio

L’apparato respiratorio è deputato non soltanto alla funzione ben nota della respirazione. La
respirazione, secondo un meccanismo che avviene a livello polmonare, si realizza tra le cellule del
polmone e il sangue che circola. L’obiettivo è quello di fare uno scambio di gas ovvero l’aria
inspirata ricca di ossigeno, raggiunge i più fini distretti di questo apparato, a livello del polmone e,
attraverso uno scambio, l’ossigeno viene ceduto al sangue, l’anidride carbonica viene riversata
all’esterno ed eliminata con l’atto espiratorio. Quello che accade è abbastanza importante perché la
maggior parte delle reazioni biochimiche che avvengono nel nostro organismo devono utilizzare
l’ossigeno. In genere, nelle reazioni, l’ossigeno una volta usato, viene trasformato in anidride
carbonica, estremamente dannosa per il nostro organismo e pertanto deve essere eliminata. A
questi atti respiratori conseguirà l’acquisizione dell’ossigeno e l’eliminazione dell’anidride
carbonica. Questo è l’aspetto che tutti un po’ conosciamo. Poi ve ne sono altri, altrettanto
importanti. L’aria che respiriamo, infatti, ha un certo contingente di umidità e quella che
eliminiamo altrettanto. Pertanto l’apparato respiratorio entra anche in gioco nel mantenimento
dell’equilibrio che si stabilisce tra i liquidi ed i sali minerali all’interno del nostro organismo, cosa
che noi sappiamo avvenire attraverso la respirazione, o meglio, attraverso la traspirazione, la
sudorazione, oppure attraverso l’apparato escretore, il rene e le vie urinarie. Quindi dà un
grandissimo contributo per il mantenimento della omeostasi del nostro organismo.

L’apparato respiratorio, inoltre, deve essere costituito in maniera tale da poter essere utilizzato in
tutti i climi. Tutte le reazioni devono avvenire a temperatura costante, grossomodo a 37 gradi,
quindi devono esistere dei meccanismi importanti che possano trasformare l’aria dal punto di vista
della temperatura, dal punto di vista dell’umidità poiché tutte le reazioni all’interno del nostro
organismo avvengono in ambiente acquoso, anche lo scambio di gas. E soprattutto anche dal
punto di vista immunitario poiché l’aria che normalmente respiriamo è fortemente contaminata
quindi dobbiamo necessariamente depurarla per non assumere elementi patogeni e tutto questo si
realizza all’interno dell’apparato respiratorio. In una maniera estremamente semplice.

L’apparato respiratorio è costituito dal naso, poi abbiamo un organo che si chiama faringe, subito
dietro il naso, composta di tre parti:

• Una che corrisponde al naso;


• Un’altra che corrisponde alla bocca
• Un’altra che corrisponde alla laringe, che è un organo sempre dell’apparato respiratorio
che serve per la fonazione.

La porzione che interessa alle vie respiratorie è quella della rino o naso faringe. Dopodiché è
presente la trachea che conduce l’aria nelle porzioni più profonde dell’apparato mediante la
distribuzione sia a destra che a sinistra dei due bronchi. I bronchi, a loro volta, si ramificano
progressivamente fino a formare le strutture più piccole dell’apparato respiratorio che sono
presenti a livello del polmone e prendono il nome di alveoli polmonari. Quindi, di fatto, questo
apparato respiratorio, non è altro che una serie di organi cavi che progressivamente si dividono

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per andare a costituire delle entità elementari che sono deputate allo scambio gassoso. Il
polmone in realtà non ha una struttura propria, ma si realizza per la fine e sofisticata ramificazione
di questo albero respiratorio che è sempre rigido dal punto di vista dell’impalcatura. Nel naso ad
esempio vi è la componente ossea che ne determina le pareti, a livello della faringe anche in quel
caso della base del cranio, vi è posteriormente la colonna vertebrale che, sostanzialmente rende
rigida la struttura dell’organo. A livello della laringe vi sono delle cartilagini che costituiscono
l’impalcatura dell’organo, la trachea è costituita da degli anelli rigidi che consentono l’apertura
degli organi, lo stesso nei bronchi poiché dobbiamo necessariamente evitare che questi organi con
le relative pareti non collabiscano o il flusso dell’aria diretto ai polmoni sarebbe impedito.
Abbiamo quindi una struttura molto rigida che inizia dal naso, prosegue verso la faringe, la
laringe, la trachea, i bronchi. Alla fine questa struttura rigida scompare poiché deve essere
garantito lo scambio dei gas. Assisteremo dunque alla scomparsa di questa struttura, prima ossea e
poi successivamente cartilaginea, al fine di garantire gli scambi gassosi, che prendono il nome di
ematosi.

L’aria deve raggiungere la temperatura del nostro organismo e questo è dovuto alla presenza del
naso, che ha delle anfrattuosità e l’aria che rimbalza a livello del naso non va direttamente nei tratti
successivi dell’apparato, quindi rimane nelle cavità nasali dove le molecole disperse nell’aria
possono scambiare la temperatura con la mucosa nasale, possono scambiare anche l’acqua. Climi
molto secchi presenteranno un’aria priva di umidità che va umidificata. La mucosa del naso è
sempre umida. Il muco è un miscuglio di sostanza immerse nell’acqua dunque quell’acqua può
beneficare l’aria secca oppure addosso alla parete del naso dov’è presente questo muco, vi si può
depositare l’eccesso di acqua presente nell’aria (vi sono anche dei climi particolarmente umidi).
Questa struttura fa sì che l’aria possa essere respirabile sia dal punto di vista della temperatura che
della umidità.

Didatticamente suddividiamo l’apparato respiratorio in vie aeree e polmoni.

Le vie aeree sono costituite da una serie di organi e possono essere distinte in:

• Superiori: naso, cavità nasali, seni paranasali, rino o naso faringe;


• Inferiori: tutti quegli organi cavi come la laringe, la trachea ed i bronchi,

Attraverso la ramificazione bronchiale si giunge poi all’organo deputato allo scambio gassoso, il
polmone, che è un organo pari, sino agli alveoli. Tutti questi elementi andranno a costituire il
parenchima del polmone, che è un organo pieno, parenchimatoso. E così è articolato l’apparato.

Andiamo ad analizzare questi organi.

Naso

Ha uno struttura posta al centro della faccia, massiccio facciale o splancnocranio o viscero cranio.
Ha la forma di una piramide, costituita per un tratto da una struttura ossea, da un tratto invece
terminale da una struttura cartilaginea. Questa piramide ha una base rivolta verso il basso e un
apice rivolto verso l’alto. La base presenta due fori, le narici. Le cartilagini che costituiscono il naso
sono svariate. Prendono attacco da questo osso pari, piccolino, che dalla radice del naso si porta in
avanti verso il basso per terminare ed articolarsi con le cartilagini principali del naso. Quelle che si
trovano lateralmente sono le cosiddette cartilagini alari. Nella regione mediana è presente un
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setto, lo vediamo molto bene in una sezione longitudinale mediana, passante per la punta del naso.
Internamente c’è una parete nel versante mediale. In parte è osseo e anteriormente cartilagineo.
Medialmente la parete della cavità nasale è sostanzialmente piana. Se invece la vado ad osservare
lateralmente, mi mette in evidenza una struttura, questa parete della cavità nasale laterale, non
piana, ma costituita da ossa che debordano verso l’interno della cavità nasale. Sono tre ossa, i
cosiddetti cornetti o conche nasali, superiore, medio ed inferiore. Tra di essi sono presenti dei
meati, delle aperture. Quindi l’aria una volta che entra attraverso le narici, raggiunge la cavità
nasale e sbatte contro questi cornetti che quando sono intrisi di mucosa prendono il nome di
turbinati. L’aria che quindi dapprima ha un flusso rettilineo, nella cavità nasale ha un decorso
tortuoso, turbinoso, ed è proprio in questa fase che si realizzano lo scambio di temperatura e
l’umidificazione ideale. In questa regione succede qualcosa di ancora più importante che riguarda
la componente immunologica del nostro organismo: batteri, se si vive in città anche
l’inquinamento atmosferico dovuto a particelle carboniose.

La mucosa presente all’interno del naso, provvede a depurare l’aria. Vi è anzitutto un primo filtro
importante ed è un filtro meccanico: i fastidiosi ed antiestetici peli creano una rete, network,
quindi un filtro attraverso il quale è impedito ad esempio il passaggio ai pollini. Un’altra
caratteristica della mucosa è legata alle cellule che la compongono. Queste producono una grande
quantità di muco. Il muco, depositato sulla parete all’interno della cavità nasale, rivestita di un
film questa mucosa, determina, al passaggio dell’aria l’adesione delle particelle volatili addosso
alla parete, un po’ come la carta moschicida nei confronti degli insetti quindi particelle carboniose,
virus, batteri vanno a depositarsi addossandosi alla parete del naso. Le particelle carboniose
vengono eliminate soffiando il naso. Il muco presente è inoltre dotato di enzimi litici che rompono
le proteine dei virus e dei batteri quindi debellano il rischio infettivo.

La cavità nasale presenterà quindi una faccia laterale fortemente cruentata per la presenza dei
cornetti, una mediale invece liscia. Vi è anche un’altra funzione a livello del naso. Vedete
quest’area localizzata a livello del tetto della cavità nasale? Presenta una mucosa che non ha nulla
a che vedere con la respirazione, dotata di cellule in grado di recepire le sostanze volatili
all’interno dell’aria e queste cellule potranno inviare le informazioni all’encefalo dove viene a
questo punto tradotta la chimica in sensibilità specifica, la sensibilità specifica dell’olfatto.
Posteriormente il limite tra il naso e la faringe, vedete che è addossata alla colonna vertebrale, è
data dalle coane. Nel naso sono presenti anche altri dispositivi che prendono il nome di seni
paranasali. Li abbiamo al livello dell’osso frontale, del mascellare, dello sfenoide, abbiamo delle
cellule definite etmoidali. Queste si trovano scolpite all’interno del cranio ed hanno una duplice
funzione:

• Essendo scavate nell’osso realizzano un minor peso del cranio;


• Di natura legata alla fonetica: fanno da cassa di risonanza per i suoi emessi dalla laringe.

Tant’è vero che in caso di raffreddore, quando si otturano i fori che dai seni paranasali comunicano
con la cavità nasale, gli orifizi, la voce cambia, diviene nasale.

La parte successiva è la rinofaringe in cui c’è un’altra cosa importante. Due aspetti:

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• Orifizio faringeo della tuba uditiva: mette in relazione l’esterno con l’orecchio medio.
All’interno dell’orecchio la pressione deve essere sempre la stessa ergo c’è un forellino con
un condotto che conduce l’aria all’interno dell’orecchio.
• A livello della base cranica in corrispondenza del naso, è presente una di quelle tonsille
molto importanti, la tonsilla faringea che in corso di infiammazioni può proliferare dando
vita alle cosiddette vegetazioni adenoidi. Se proliferano eccessivamente possono ostruire il
passaggio dell’aria, dal naso attraverso la faringe in direzione delle vie aree inferiori.

Una volta era molto frequente l’intervento chirurgico delle tonsille faringee e palatine. Oggi ci sono
terapie molto specifiche che consentono di preservare questi aggregati di cellule in grado di
bloccare agenti patogeni.

Si arriva a livello della laringe, l’organo costituito da un’impalcatura cartilaginea, da una serie di
legamenti e muscoli (corde vocali) e che consente l’emissione di suoni. Ci troviamo a livello della
regione del collo, grossomodo dalla IV alla VI vertebra cervicale e la laringe si trova
anteriormente, si può palpare. C’è la parte più protrudente, può sporgente e si tratta del pomo di
Adamo, non è altro che una cartilagine. La laringe è costituita da:

• Cartilagini pari: questo grande scudo che è la cartilagine tiroide che ha questo sprone che
dà alla palpazione il pomo di Adamo. Più in un basso si articola con una cricoide, a livello
della cricoide inizia la trachea.
• Se la guardiamo posteriormente, possiamo apprezzare una terza cartilagine impari a forma
di foglia, con il picciolo che si impianta nelle cartilagini sottostanti e questa è l’epiglottide.
• Addossata alla cricoide posteriormente abbiamo due cartilagini pari: aritenoide e
corniculare che si trovano l’una sopra l’altra. Le corniculare sovrastano le aritenoidi.
Proprio a livello di queste cartilagini si ancorano dei legamenti e dei muscoli che hanno
come obiettivo quello di far aprire o meno l’adito laringeo per l’emissione dei suoni.
Quando l’otorino fa l’ispezione prende in considerazioni questo distretto. Le corde vocali
prendono la loro origine dalle cartilagini corniculare e aritenoide.

La laringe oltre a far confluire l’aria e inviarla ai distretti più inferiori dell’apparato, determina
l’emissione dei suoni. Dopodiché, vedete dalla laringe si distacca un organo lungo, cavo che è la
trachea. Anch’essa ha una sua impalcatura: anelli posteriormente incompleti di cartilagine. E’ una
C molto ampia. Posteriormente invece non è presente la cartilagine, ma una membrana tracheale
con un muscolo tracheale e muscoli quasi in comune con l’esofago, vedete, il muscolo tracheo-
esofageo.

Durante il suo decorso la trachea è addossata all’esofago. Questa rigidità della trachea però viene
un pochino a diminuire nella regione posteriore ma questo è normale. Il bolo alimentare scorre
agevolmente perché l’esofago può ampliare il suo lume. Se la trachea fosse stata caratterizzata da
una cartilagine completa sarebbe stata incomprimibile e il passaggio del bolo alimentare sarebbe
stato molto difficoltoso. In questa maniera possiamo mangiare e respirare. La trachea si distende
grossomodo dalla sesta vertebra cervicale sino alla quarta toracica. Nell’anziano può discendere un
pochino, come un po’ tutti gli organi. A livello della IV vertebra toracica, si biforcano i bronchi
principali. Vediamo gli anelli tracheali, i legamenti che uniscono gli anelli, la parte membranacea
della trachea posteriormente e per quanto riguarda i rapporti di questo organo, posteriormente

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sarà presente l’esofago, anteriormente alla trachea sarà presente a livello del collo grossomodo la
tiroide, poi sia anteriormente che lateralmente una serie di elementi, i linfonodi, che sono le
sentinelle del nostro organismo: pre-tracheali e para-tracheali. Ci sarebbe anche un altro rapporto:
un organo che incontro alla nostra crescita si va perdendo, si tratta del timo. Il timo si trova subito
dietro dello sterno, prende raccordo con la faccia anteriore della trachea. Nell’adulto non ne
rimane altro che un residuo fibro-adiposo. Lateralmente sono presenti vasi sanguigni che
originano dal cuore e si portano verso collo e testa, vasi che da collo e testa e anche dagli arti
superiori si portano fino al cuore che contraggono rapporti con la trachea. Dopodiché la continuità
con i bronchi.

I Bronchi

A destra ed a sinistra sono diversi. A livello dello sprone tracheale prendono la loro origine. Il
bronco destro è diverso dal sinistro: è corto, tozzo, largo. Il sinistro è più lungo e più stretto. Se
guardiamo come è architettato, il bronco di destra presenta una suddivisione in tre bronchi che
prendono in nome di bronchi lobari: a destra abbiamo un superiore un medio ed un inferiore. A
sinistra avremo un bronco lobare superiore ed un bronco lobare inferiore. A destra la divisione dei
bronchi in bronchi lobari si realizza con bronco lobare superiore medio ed inferiore. A sinistra
avviene in due bronchi lobari. Ciò perché il bronco di destra andrà ad insinuarsi con le sue
ramificazioni in tre lobi polmonari di destra. A sinistra andrà ad aerare soltanto due lobi. Questo
sta a significare che il bronco di destra andrà a portare aria al bronco di destra che sarà molto più
grande rispetto a quello di sinistra. Noi lo vediamo già dal diametro. Ha una portata, ha un calibro
decisamente superiore a quello sinistra perché l’aria dovrà raggiungere tutti i distretti del bronco
di destra. Una buona parte del polmone di sinistra è occupata dal cuore, si insinua all’interno del
parenchima polmonare. Il polmone per ospitare nella sua fossa cardiaca il cuore, deve essere
minore come estensione. Il discorso anatomico corrisponde a quello funzionale.

Vedete poi una serie di diramazioni portano alla formazione di bronchi che possiamo definire
zonali. Questi bronchi zonali corrisponderanno a delle zone precise del polmone. Dai bronchi
principali si sono formati dei bronchi lobari, da cui si formano i bronchi zonari o segmentali e si
viene a costituire una segmentazione del polmone.

Per quanto riguarda i polmoni, sono due organi pari, non sono simmetrici perché abbiamo detto
che uno è più grande dell’altro, sono rivestiti in periferia da una membrana formata da due
foglietti che prende il nome di pleura polmonare. Un foglietto viscerale si attacca al polmone e il
foglietto viscerale è distanziato. Tra i due è presente il liquido pleurico. La meccanica respiratoria
fa sì che il polmone potrebbe usurarsi, questo grazie al liquido pleurico non succede poiché funge
da lubrificante. Se andiamo ad osservare il polmone destro e sinistro, abbiamo detto che il destro
presenta tre lobi. Questi tre lobi sono segnati a destra da due scissure. Una scissura principale ed
una scissura inferiore che formano quindi tre lobi. Il polmone presenta una faccia costo vertebrale
poi ha la forma grossolanamente di un cono quindi presenta una base ed un apice. La base poggia
sul diaframma. L’apice lo riscontriamo a livello del collo, dietro la clavicola (dallo sterno trae la sua
origine e si porta sulla scapola). L’unica maniera per palpare il polmone è proprio a questo livello,
per il resto è ingabbiato dalle cartilagini costali. Grazie a questo alcune patologie sono facili da
diagnosticare. Quando ad esempio viene la polmonite diventano molto fragili gli alveoli. E allora

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premendo in questa regione si sentono scoppiettare questi alveoli. Poi abbiamo patologie a carico
della pleura, le pleuriti.

Il polmone ha anche una faccia mediale, che volge verso il centro, dove sono presenti anzitutto l’ilo
dell’organo. Per ilo si intende quella parte dell’organo ove fanno ingresso e uscita tutti gli elementi
dell’organo stesso. Nel polmone entreranno vasi sanguigni, i bronchi ma è abbastanza complesso
l’ilo del polmone. Dal punto di vista vascolare il polmone presenta una doppia circolazione.
Perché? Uno degli obiettivi del polmone è quello di risistemare il sangue con lo scambio gassoso.
Questa è una circolazione funzionale da parte del polmone. Però anche le cellule del polmone
devono essere nutrite ergo vi provvedono le arterie che decorrono insieme ai bronchi, le arterie
bronchiali che svolgono il ruolo di nutrimento delle cellule. Una doppia circolazione quindi: una
funzionale, l’altra trofica, di nutrimento che riguarda invece le arterie bronchiali che devono
rifornire di metaboliti le cellule del polmone. Di contro dal punto di vista venoso avremo l’uscita
delle vene polmonari che sono implicate nella parte funzionale e raggiungeranno il cuore e le vene
bronchiali che raggiungeranno si il cuore, ma attraverso un sistema diverso.

Dopodiché possiamo vedere delle impronte: l’impronta dell’esofago, una grande impronta
cardiaca che addirittura crea una fossa molto ampia, l’aorta, e altri organi che si trovano in questa
regione di mezzo che comprende una serie di organi delimitati dal polmone e in basso la faccia
inferiore corrisponderà al muscolo diaframma che si interpone tra la cavità toracica e addominale.
Il polmone quindi sia a destra che a sinistra riposa sul diaframma ed è legato ad esso. Le funzioni
respiratorie sono accompagnate dal muscolo diaframma. Con il movimento delle coste si può
ampliare il diametro posteriore: la capacità respiratoria è di 5.5 litri. Il cuore è rivestito da una
doppia lamina, molto simile a quella della pleura che prende il nome di pericardio.

Sono dispositivi molto importanti. Anche a livello delle scissure il foglietto viscerale si impegna
nella scissura, quello parietale non consentendo il passaggio del liquido pleurico quindi tutti i
movimenti del polmone possono beneficiare del liquido pleurico. La distribuzione dei bronchi
all’interno del polmone consente di poter suddividere l’organo in segmenti o zone polmonari. Non
mi soffermo a dirvi quali sono, sono dieci per polmone. A sinistra il lobo superiore con tutte le sue
divisioni in segmenti. Lesioni a livello di una determinata zona o segmento polmonare, se un
tempo richiedevano il sacrificio chirurgico di tutto l’organo, oggi sappiamo che queste zone sono
pressoché autonome ovvero caratterizzate dalla presenza di vascolarizzazione dovuta all’arteria
polmonare e bronchiale, dalla parte aerifera costituita da quei determinati bronchi quindi una
lesione può essere circoscritta e soltanto quel segmento può essere eliminato dal punto di vista
chirurgico. Questa chirurgia consente una invasività minore ed un recupero più rapido.

La pleura è aderente al diaframma quindi il polmone essendo aderente alla pleura seguirà tutti i
movimenti del muscolo stesso. Nella regione costo vertebrale la pleura che si applica fedelmente
ad una membrana che riveste tutti i muscoli interni del torace: membrana endo-toracica, è una
fascia quindi anche in questo caso il polmone, per il tramite della pleura che è adesa alla fascia
endo-toracica seguirà tutte le istruzioni del movimento della gabbia toracica durante gli atti
respiratori.

Nella porzione costo vertebrale la pleura è aderente alla fascia endotoracica quindi tutti i
movimenti dovuti ai muscoli sia intrinseci che estrinseci del torace determinerà il movimento della

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gabbia toracica, delle coste e del polmone. La respirazione è un fenomeno passivo, nel senso, deve
per forza essere così perché c’è una differenza pressoria tra atmosfera ed interno ergo si tende a
compiere un equilibrio mediante l’introduzione di aria. L’aria può entrare nel polmone se il
polmone si può espandere che dipende dalla capacità di aumentare il volume della gabbia
toracica. Maggiore sarà il volume della gabbia toracica, maggiore la quantità di aria nel
parenchima polmonare.

C’è qualcosa di singolare nell’apparato respiratorio: dal naso ai bronchi grossomodo la struttura si
ripete costantemente ovvero c’è una impalcatura rigida, vi sono le caratteristiche degli organi cavi
quindi una divisione in tonache poiché tutti gli organi cavi sono divisi in tonaca mucosa, quando
c’è la sottomucosa, la muscolare, la cosiddetta avventizia e questo apparato le vie respiratorie
presentano grossomodo con le dovute varianti le stesse caratteristiche.

La tonaca mucosa in genere è costituita da un epitelio che poggia su una lamina propria di tessuto
connettivo. Questa qui è una ricostruzione della mucosa respiratoria. Guardate com’è organizzata.
Anzitutto l’epitelio è fornito di cellule che possono essere piatte, cilindriche o cubiche. Queste sono
cilindriche quindi un epitelio cilindrico che è disposto su un unico piano, quindi monostratificato.
Se guardate attentamente ci sono delle cellule che sembra che si trovino su due piani diversi. Ma di
fatto tutte le cellule poggiano sulla stessa membrana basale quindi è un epitelio cilindrico pseudo-
stratificato e l’apice delle cellule presenta delle estroflessioni molto lunghe e dotate di ciglia:
aggiungiamo quindi un altro aggettivo per definire correttamente la mucosa respiratoria che sarà
quindi un epitelio cilindrico pseudo stratificato ciliato. Tra le cellule vi sono delle parti più scure,
sono cellule che producono muco, vere e proprie ghiandole unicellulari che prendono il nome di
cellule caliciformi mucipare. Il muco serviva abbiamo detto come carta moschicida. Se guardiamo
attentamente nella lamina propria sono presente grandi quantità di vasi, ghiandole che anche in
questo caso riverseranno all’esterno muco, grande circolo sanguigno quindi il circolo sanguigno
che corrisponde anche ad una determinata temperatura perché il sangue scorre…(confusione)

La grande quantità di sangue al di sotto delle cellule epiteliali sta a significare che la temperatura è
di circa 37 gradi. Lo scambio di calore con l’aria circolante all’interno dei turbinati è garantito. La
presenza delle ghiandole e delle cellule mucipare è qui rappresentata e giustifica tutte le
osservazioni che abbiamo fatto: scambio di calore, scambio di umidità, agenti patogeni, cellule
carboniose che vi vengono imprigionate. Il muco quando è in corso lo stato infiammatorio di
questo apparato viene iper-secreto ed ostruisce le vie respiratorie però successivamente, qui è
ancora il naso.

Sempre nel naso vi è un’area importante legata alla sensibilità specifica dell’olfatto. Essa si trova
sulla volta della cavità nasale, in corrispondenza dell’osso etmoide che qui vedete indicato dal
punto di vista microscopico. Vi sono tanti forellini attraverso cui si impiantano le cosiddette cellule
olfattive, in grado di carpire le sostanza disperse nell’aria e trasferire le informazioni verso
l’encefalo. Queste cellule si raccordano infatti formando il nervo olfattivo che in un’area specifica
dell’encefalo viene tradotto il significato di sensibilità specifica dell’olfatto. Dopodiché la porzione
che attraverso l’osso, questi prolungamenti vengono riuniti nei nervi cranici. Poi vi sono anche
delle cellule provviste di cilia con funzioni specifiche e cellule molto più piccole che rappresentato
le cellule staminali residenti ovvero ancora non del tutto differenziate e possono differenziare.

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Quando andiamo a fare delle sezioni lungo l’albero respiratorio progressivamente l’impalcatura, la
parte rigida viene a mancare poiché la parte dovrà essere finalizzata agli scambi gassosi. A livello
della trachea abbiamo un anello a forma di C. Andando a vedere i bronchi nei principali c’è questa
struttura, in quelli terminali è molto diluita la componente cartilaginea, dispersa in poche placche
che vengono definitivamente perse quando i bronchi diventeranno elementi per scambiare i gas.

Già al microscopio ottico si possono apprezzare le specializzazioni della membrana plasmatica che
sono queste cilia. Svolgono un ruolo protettivo in quanto anche in profondità i bronchi producono
il muco che però deve essere costantemente rimosso (mezzo litro al giorno) o ostruirebbe le vie
respiratorie. Queste cilia che sono collegate ad uno scheletro proteico hanno un andamento che va
dal basso verso l’alto e da destro verso sinistra. Il muco viene spinto verso l’alto e successivamente
con dei movimenti involontari di deglutizione nell’arco della giornata deglutiamo nell’apparato
digerente tutto il muco che è stato prodotto, quindi è una cosa progressiva e costante nella
giornata. Ci sono delle patologie rare per cui le cilia sono immobili. Alternate alle cellule provviste
di cilia vi sono cellule provviste di elementi più piccoli, microvilli, legati alla produzione di alcune
sostanze come la serotonina o addirittura cellule pronte a secernere qualcosa. Queste sono cellule
caliciformi mucipare che si aprono completamente e rilasciano il muco che si va a depositare su
questo tappeto costituito da cellule ciliate e cellule con microvilli. Per la tipologia cellulare che
rappresenta la mucosa respiratoria prevede la presenza di citozimi molto abbondanti provvisti di
cilia, cellule caliciformi mucipare, cellule provviste di microvilli ricche di inclusi citoplasmatici e
poi anche in questo caso sono presenti cellule molto più piccole che possono differenziarsi nei vari
citodimi che abbiamo citato, quindi una mucosa costituita da elementi cellulari in continuo
rinnovamento. Queste cellule devono avere una vita breve perché vanno costantemente rinnovate
un po’ come avviene nell’apparato digerente. Se andiamo ad osservare al microscopio a
trasmissione queste ciglia, vedete come sono fatte: hanno delle coppiette di proteine costituite da
tubulina, nove alla periferia e una al centro. Creano un legame dovuto alla presenza di ponti di
dineina, che si crea e che si rompe, con un movimento analogo a quella di una cremagliera, una
vinte senza fine, garantendo lo spostamento del muco verso l’alto. Vedete questi ponti di dineina
che legano le coppiette di proteine.

Una volta giunte nelle ramificazioni bronchiali dopo circa dieci generazioni di suddivisioni
dicotomiche di ciascun bronco si arriva ad una struttura di questo genere. Una serie di condotti
che dapprima hanno una loro impalcatura, poi persa costantemente accompagnata da vasi
sanguigni. Al termine si vengono a formare dei dotti, i cosiddetti dotti alveolari, sprovvisti di
impalcatura, che presentano forse qualche rimasuglio di tessuto muscolare liscio che sostituisce la
cartilagine che contribuisce a dare una spinta all’aria che raggiunge questi elementi
rotondeggianti, queste piccole sfere. A quel punto è circondata da vasi sanguigni e può essere
setacciata. Vediamo come.

Progressivamente vengono perse anche le cellule muscolari lisce e quella che si nota è la silhouette
degli alveoli e all’interno di tutto questo spazio vuoto è quello che viene occupato dall’aria. In
genere i tessuti per essere osservati devono essere necessariamente fissati. Il polmone essendo
costituito da elementi molto sottili quando viene immerso nel fissativo rimane a galla quindi una
parte del polmone si fissa con il fissativo, un’altra parte no. Il polmone, visto che galleggia, ci
mettiamo dentro una garzetta sterile e il polmone rimane a contatto con il liquido fissativo e il

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risultato non darà luogo ad artefatti. Dopodiché vedete questi anfratti, l’aria raggiunge questi
sacchetti e deve essere setacciata.

L’aria prende la via dei dotti alveolari fino ad arrivare agli alveoli. Dalla parete estremamente
sottile proprio perché è specializzata nello scambio quindi l’epitelio che costituirà l’alveolo sarà
estremamente sottile. E’ costituito da cellule del polmone che prendono il nome di pneumociti
ovvero cellule del polmone. Proseguiamo. Questo è l’alveolo, questo l’epitelio dell’alveolo che è a
stretto contatto con un capillare. Quindi lo scambio avviene tra l’epitelio dell’alveolo e la parete del
capillare che prende il nome di endotelio che è un particolare tipo di epitelio presente solo nei vasi
sanguigni. Se noi andiamo ad ingrandire l’alveolo, l’epitelio alveolare che abbraccia i capillari e se
ingrandiamo al microscopio a trasmissione ci troviamo difronte a questa situazione: epitelio
alveolare costituito dai pneumociti con la loro lamina basale, l’endotelio del capillare. Le due
membrane basali sia dell’alveolo che dell’endotelio sono sostanzialmente fuse e a questo punto
questa qui che prende il nome di membrana o barriera aria sangue possono scambiare degli
elementi. L’anidride carbonica per motivi di diffusione viene spinta nel lume dell’alveolo e
l’ossigeno invece viene spinto nel lume del capillare, così si realizza lo scambio gassoso. Con la
espirazione l’anidride carbonica contenente nell’alveolo viene eliminata e l’ossigeno prende la
circolazione sistemica. Questa barriera aria sangue è così costituita: pneumocita di primo tipo, la
sua membrana basale, dalla membrana basale dell’epitelio del capillare e dalla cellula dell’epitelio.
Le due membrane sono unite. Questo pneumocita di primo tipo è talmente specializzato nella
diffusione che all’interno del suo citoplasma non c’è nulla, c’è molto poco poiché è destinato allo
scambio gassoso. Gli occorre solo come filtro, barriera.

Se guardiamo attentamente vi sono delle cellule più grandi, oltre a queste destinate allo scambio
gassoso con citoplasma ridotto. Ve ne sono alcune particolarmente che sono grandi che prendono
il nome di pneumociti di secondo tipo il cui citoplasma è ricco di roba, ma non vengono utilizzate
per il meccanismo della diffusione. Secernono una sostanza che abbassa notevolmente la tensione
superficiale all’interno dell’alveolo. Questo palloncino deve essere rivestito di qualcosa che
abbassa la tensione o le pareti si potrebbero appiccicare e gli scambi non avverrebbero. Questa
sostanza prende il nome di surfactante. Sono presenti quindi questi corpi lamellari che vengono
rilasciati da questa cellula e si vanno a depositare intorno a tutto l’alveolo nella parete interna. Il
bambino deve raggiungere nell’immediato l’autonomia respiratoria. Qual è la prima manovra che
si fa? Gli si dà uno schiaffetto poiché il pianto fa scatenare i pneumociti di secondo tipo che
rilasciano il surfactante e a quel punto ha raggiunto la maturità respiratoria. E’ un tipo di apparato
che presenta lo stesso tipo di caratteristiche. Cellule di Clara: umidificano la struttura. A livello
ultrastrutturale abbiamo osservato la secrezione dei pneumociti di secondo tipo.

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APPARATO DIGERENTE

Il canale alimentare inizia a livello della cavità orale e poi a seguito dell’ingestione degli alimenti
nella cavità orale e nella loro prima elaborazione meccanica e iniziale elaborazione chimica, questi
alimenti dovranno percorrere un lungo tratto che vedrà il coinvolgimento della faringe, di un altro
organo cavo importante quale l’esofago, lo stomaco e l’intestino che si classifica in due grossi tratti
chiamati intestino tenue e intestino crasso. Nell’apparato digerente oltre ad entrare in gioco questi
organi rivestono una funzione fondamentale le ghiandole.

Il canale alimentare nella sua interezza quindi a partire dalla cavità orale per arrivare alla cavità
anale è estremamente lungo quindi se immaginiamo di distenderlo ha complessivamente una
lunghezza di più di nove metri. Nei vari tratti presenta un diametro più o meno ampio quindi il
diametro di questo condotto non è sempre il medesimo.

Questa catalogazione vi dice in maniera precisa quello


che vi ho detto grossolanamente prima: il canale
alimentare comprende:

• Bocca o cavità orale che ha un limite ben preciso


rappresentato dall’istmo delle fauci;
• Faringe;
• Esofago;
• Stomaco;
• Intestino tenue: vi distinguiamo le regioni del
duodeno, digiuno ed ileo. Le regioni del digiuno ed ileo
complessivamente prendono anche il nome di intestino
tenue mesenteriale.
• Intestino crasso: distinguiamo la regione del
cieco che porta con sé una propaggine, che prende il
nome di appendice vermiforme, abbiamo poi il colon
che viene distinto in una porzione ascendente (colon
ascendente), colon trasverso, colon discendente ed una
regione del colon che dà ad esso il nome di colon ileo-pelvico o sigmoideo. Infine si passa
al retto, l’ultima porzione dell’intestino crasso.

Come vi ho detto prima descrivendo il canale alimentare dobbiamo necessariamente descrivere


anche delle ghiandole annesse al canale alimentare che qui sono elencate complessivamente e
sono:

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• Ghiandole salivari maggiori rappresentate dalle ghiandole parotidi, sottomandibolari e
sottolinguali. Sono al plurale perché sono organi pari quindi ne abbiamo due per tipologia.
Inoltre la ghiandola più grande del nostro corpo:
• Fegato;
• Pancreas.

Quindi complessivamente le
ghiandole annesse al canale
alimentare sono quelle
rappresentate qui in rosso. In
questa slide sono rapidamente
rappresentate le ghiandole di
cui vi ho parlato adesso. Le
ghiandole salivari sono
localizzate a livello del cavo
orale. Abbiamo qui
rappresentata una regione
addominale dove rileviamo il
fegato e infine in questo schema
sulla destra potete cominciare a
familiarizzare con la morfologia
del pancreas che, come vedete è
abbracciato dalla C del
duodeno, dalla C duodenale.

Diciamo qualcosa adesso del


primo tratto del canale
alimentare rappresentato dalla
bocca.

CAVITÀ ORALE

Svolge una funzione importantissima perché il punto di innesto degli alimenti che vanno
incontro ad una elaborazione meccanica poiché come prima cosa devono essere triturati in
frammenti e a questa elaborazione meccanica si associa una lubrificazione perché, come sapete,
a livello della bocca grazie alla presenza della saliva prodotta dalle ghiandole salivari si ha la
possibilità di umidificare gli alimenti che sono ingeriti. E non è una banale umidificazione
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perché nella saliva vi sono tutta una serie di sostanze importanti, alcune di queste cominciano
ad assolvere ad una prima funzione di digestione enzimatica. In tal senso si fa riferimento
soprattutto alla amilasi che è l’enzima che scinde gli amidi, gli zuccheri. In questa
presentazione avete una sezione sagittale e, in questa sezione sagittale, potete apprezzare la
cavità orale che
ha come limite
anteriore i denti,
le arcate dentarie,
come limiti
laterali le guance
e in fondo,
posteriormente,
finisce a livello
dell’istmo delle
fauci che è questa
regione
posteriore del
cavo orale che ha
come
caratteristica la
presenza di queste due arcate. Complessivamente questa regione che ha al centro l’ugola, che
consente di trattenere gli alimenti e di non farli proseguire nel loro percorso in maniera
precipitosa. Il vestibolo della bocca è la porzione in corrispondenza della quale inseriamo lo
spazzolino quando ci laviamo i denti. E’ quella regione che ha come limiti posteriormente le
arcate dentarie ed anteriormente le labbra. Vedete poi come il cavo orale con la caratteristica
presenza della lingua prosegue in questa struttura cava che è la faringe che avete già avuto
modo di incontrare quando abbiamo parlato dell’apparato respiratorio poiché, in realtà, si
tratta di un organo che è condiviso dall’apparato respiratorio e dell’apparato digerente. Gli
alimenti proseguono dunque il loro percorso nel canale alimentare attraverso la faringe e
vedete che questo organo cavo è in posizione limitrofa alla colonna vertebrale che si trova
posteriormente ma è anche molto vicina alla laringe e da qui capite come sia fondamentale la
presenza di una struttura cartilaginea che è l’epiglottide che, con il suo abbassarsi, impedisce
agli alimenti di intraprendere la via dell’apparato respiratorio piuttosto che quella del canale
alimentare quindi l’epiglottide, abbassandosi, impedisce agli alimenti di entrare a livello della
laringe bensì gli consente di proseguire nella porzione del canale alimentare chiamata faringe.

Faringe che, vedremo tra un po’, ha come naturale prosecuzione l’esofago. Tornando a quelli
che sono gli aspetti della bocca, o cavità orale.

Senza entrare nel dettaglio, si distinguono due arcate dentarie:

• Arcata mascellare;
• Arcata mandibolare

Abbiamo un certo numero di denti. Se contiamo i denti permanenti per arcata sono 32 (16 per ogni
arcata) che sono però preannunciati da un certo numero di denti decidui che sono in numero
20
inferiore: 20. Hanno
nomi diversi (incisivi,
canini) riferiti alle
funzioni diverse che
svolgono nella
masticazione quindi la
funzione di incisione è
tipica degli incisivi
mentre quella di
lacerazione è più
tipica dei canini, i
molari ed i premolari
hanno una funzione
importante nella
masticazione. Non a
caso questi denti, che
hanno funzioni
diverse, hanno forme
diverse legate alla
diversa funzione che
devono svolgere durante il processo di masticazione.

Com’è fatto un dente? Riconosciamo una porzione che sporge, che è quella che chiamiamo corona,
che sporge rispetto alla zona della gengiva ed una porzione che si inserisce a livello dell’osso che
prende il nome di radice. Vi è poi una regione di transizione tra la corona e la radice che si chiama
anche regione del colletto. Nella corona riconosciamo tutta una zona esterna che è qui è colorata in
bianco, che è la regione dello smalto. Lo smalto, non è proprio un tessuto ma vi assomiglia, è una
regione ricca di fosfato calcio. Subito sotto, vi è la regione della dentina, qui rappresentata in
rosso/marroncino. E’ una matrice mineralizzata che assomiglia molto a quella del tessuto osseo. Al
centro poi troviamo
questa regione
indicata con la
presenza di queste
strutture tubulari
che sono i vasi o le
terminazioni
nervose, si tratta
della cavità
pulparia, della
polpa del dente che
è una zona del dente
che riceve vasi e
terminazioni
nervose che arrivano

21
tramite la zona del canale della radice del dente.

A proposito della radice quindi di questa struttura che si approfonda a livello dell’osso alveolare,
serve ad ancorare il dente ed a questo ancoramento contribuiscono anche la presenza di fibre che
vanno a costruire questa regione del legamento periodontale. Per essere precisi a livello
anatomico, il dente che si va ad inserire attraverso la regione della radice nell’osso alveolare forma
tecnicamente una articolazione. Questa articolazione in anatomia si chiama gonfosi. La regione
della radice del dente è rivestita da un rivestimento duro, simile all’osso, che prende il nome di
cemento.

Qui vedete ciò che abbiamo detto, il limite posteriore della bocca rappresentato dall’istmo delle
fauci. In fondo al palato molle, vedete la tonsilla palatina. Le tonsille, queste strutture pari,
presenti in fondo al palato, svolgono una funzione importante nella difesa dalle infezioni ma, allo
stesso tempo, possono andare incontro a dei processi infiammatori che in alcuni casi rendono
necessaria la loro asportazione.

Vedete la lingua, l’arco palatino, le tonsille palatine e in fondo quindi a seguire subito dopo la
cavità orale la porzione della faringe che prende il nome di oro-faringe. Quando abbiamo parlato
di apparato respiratorio, ci siamo occupati della rino-faringe mentre in questo caso parliamo di
oro-faringe, successiva alla cavità orale.

Tornando alle funzioni svolte a livello


della bocca, abbiamo già detto la
questione del rimescolamento di
questi alimenti che sono sminuzzati
dai denti. Questi alimenti oltre ad
essere sminuzzati vengono
rimescolati. La saliva è ricca di
elementi che sono importanti a
determinare la digestione di alcuni

22
principi nutritivi, abbiamo parlato dell’amilasi, non da poco è anche la funzione sensoriale che
viene svolta a livello della cavità orale grazie alla presenza della lingua che presenta una serie di
papille. Le papille hanno una funzione sensoriale oltre a svolgere una funzione molto importante
poiché svolgono una funzione meccanica, determinando attrito rispetto al materiale che viene
ingerito e se ne riconoscono tipologie diverse:

• Nella regione centrale, mediale della lingua ci sono le papille fungiformi. Esistono papille con
nomi diversi, localizzate nelle diverse porzioni
• Vallate;
• Foliate.

Riconosciamo la regione del


corpo della lingua e la regione
più profonda prende il nome di
radice. Papille con funzione da
un lato sensoriale, dall’altro
meccanica, contribuiscono con il
loro attrito all’elaborazione degli
alimenti. Poco fa abbiamo
anticipato che tra le ghiandole
annesse al canale alimentare ci
sono le ghiandole salivari che
sono in numero di due per ogni
tipo (pari):

• Ghiandole parotidi con il


loro particolare dotto parotideo.
La parotide contribuirà alla
produzione della saliva. Questa saliva deve essere rilasciata a livello del cavo orale grazie alla
presenza del dotto.
• Ghiandola salivare sottomandibolare con il suo dotto;
• Ghiandola salivare sottolinguale.

Queste ghiandole, volendole definire, sono ghiandole di tipo esocrino perché producono un
secreto che viene rilasciato localmente, non è un secreto che entra nella circolazione sanguigna (o si
sarebbero chiamate endocrine). Volendo essere più precisi, possiamo dire che la parotide si trova
sostanzialmente tra l’arcata zigomatica e il muscolo sternocleidomastoideo. Il suo secreto, tramite
il relativo dotto, viene rilasciato nella regione del vestibolo della bocca in corrispondenza del
secondo molare superiore.

Per quanto riguarda la ghiandola sottolinguale ha uno sbocco che va a livello del pavimento della
bocca in corrispondenza del frenulo linguale. Infine la ghiandola sottomandibolare si trova sulla
faccia interna della mandibola ed ha uno sbocco simile a quella della ghiandola sottolinguale. Cosa
dovete sapere oltre ai nomi delle ghiandole e la localizzazione dello sbocco dei loro dotti?
Complessivamente tutte queste ghiandole dovranno contribuire alla produzione della saliva e
quindi la saliva sarà un mix del secreto della sottomandibolare, della parotide e della sottolinguale.

23
Il contributo
maggiore lo dà la
sottomandibolare,
per il 70% la saliva
è prodotta dalle
sottomandibolare,
a seguire dalle
parotidi e della
ghiandola
sottolinguale. Non
di poco rilievo è il
fatto che nella
saliva oltre ad
essere prodotti
enzimi con
funzione digestiva
(prima vi ho citato
l’amilasi per la
digestione degli
zuccheri) c’è anche
il lisozima, che è una sostanza ad azione antibatterica. Quindi la saliva svolge una prima funzione
di difesa contro agenti patogeni di natura batterica tramite la presenza del lisozima. Queste
ghiandole, se le andiamo a guardare dal punto di visto istologico, come dettaglio di anatomia
microscopica, si colorano in maniera diversa con i vari coloranti che si utilizzano comunemente
con i preparati. Le ghiandole parotidi si colorano più intensamente, il vetrino appare di un rosa
intenso a differenza delle ghiandole sottomandibolari che presentano aree piuttosto incolori che
sono incolori per una grande quantità della superficie del vetrino nel caso delle sottolinguali e
questo è dovuto al fatto che mentre le ghiandole parotidi sono di natura sierosa, le ghiandole
sottolinguali sono
perlopiù di natura
mucosa e le
sottomandibolari sono
miste. Le ghiandole
salivari sono diverse
per la loro percentuale
in termini di natura
mucosa o sierosa.

Nella saliva c’è il


lisozima che ha
funzione antibatterica,
vi è l’amilasi che serve
alla digestione degli
zuccheri. Ci sono

24
tuttavia nella saliva tante altre cose. Ci sono le
immunoglobuline che sono anticorpi e poi ovviamente
una certa quantità di acqua oltre che la presenza di un
contenuto di natura proteica e di natura mucosa,
quindi vi saranno le mucoproteine.

FARINGE

La faringe è qui
rappresentata molto
schematicamente.

Abbiamo fatto finta di


aprirla praticando una
sezione della tonaca
muscolare esterna. È un
organo che ha una
struttura che possiamo
paragonare ad una sorta di
pera con l’apice rivolta
verso il basso. È compresa
tra le narici interne e il
limite superiore della
laringe, che è un organo condiviso dall’apparato respiratorio e digerente. Come vedete, nella
parete di questo organo c’è una forte componente muscolare. Nella faringe troviamo uno strato
profondo muscolare con fibre muscolari orientate longitudinalmente, ovvero con fibre il cui asse è
disposto parallelamente rispetto all’asse dell’organo e abbiamo uno strato più superficiale circolare
con fibre orientate perpendicolarmente rispetto a questo asse. Cosa c’è da sapere oltre ai nomi dei
muscoli? Si classificano in due famiglie:

• Muscoli costrittori: costringono l’organo, danno un contributo meccanico nello spingere il


bolo alimentare verso l’esofago.
• Muscoli elevatori: entrano in gioco durante l’atto della deglutizione perché quando
ingoiamo questo organo si solleva un po’ e a questo sollevamento contribuiscono i muscoli
elevatori della faringe.

ESOFAGO

Passiamo all’esofago, il tratto successivo del canale alimentare. Ha una struttura tubulare, questa
struttura tubulare complessivamente è tipica di un organo cavo con una parete muscolare molto
importante, come era stata importante a livello della faringe. L’esofago è un condotto muscolare
cavo. Il fatto che sia un condotto muscolare in generale nel canale alimentare volendo essere
piuttosto semplicistici nella descrizione, più o meno tutte le porzioni del canale alimentare hanno
una funzione importante. Normalmente si riconoscono involucri muscolari diversi che sono, per
l’appunto, quello longitudinale e quello circolare. È una regola piuttosto generale che accomuna

25
tutte le porzioni con delle piccole varianti a seconda dei tratti. L’esofago è lungo circa 25 cm ed ha
un diametro di circa 2 cm. Lo troviamo posteriormente alla trachea leggermente spostato rispetto
alla linea mediana e di importante c’è da sapere che inizia in corrispondenza della sesta vertebra
cervicale (le vertebre
cervicali sono sette) e
termina a livello della
decima vertebra toracica.

In questo esofago si
riconoscono diverse
regioni.

- Una regione iniziale che


è quella più
propriamente cervicale.

- Una regione più


propriamente toracica

- Piega e penetra
attraverso un importante
foglietto septo, il diaframma, che, come sapete, separa la cavità toracica dalla cavità
addominale.

Questo esofago penetra attraverso una fessura che c’è a livello del diaframma che prende il nome
di iato esofageo. Vi faccio notare che nel suo decorso prende rapporti importanti con questo altro
organo cavo che non sarà altro che la aorta. Quindi prende contatti con la regione della aorta che
va incontro ad un arco, arco aortico. E poi, successivamente, con il suo decorso. La parete
dell’esofago ha sicuramente una componente muscolare importante e, quindi, in analogia alle altre
porzioni del canale alimentare, si riconosce un involucro rappresentato da muscolatura con
andamento longitudinale e un altro da muscolatura circolare. Si va da strato circolare interno e
strato longitudinale esterno. Nella porzione iniziale dell’esofago, quindi quella più craniale, c’è
anche un po’ di muscolatura striata. Muscolatura volontaria perché quando si parla di muscolatura
striata si ha in mente che è una muscolatura di tipo volontario. Inoltre, cosa importantissima,
l’esofago ha una parete che deve essere il più possibile resistente alle abrasioni di tipo meccanico
legate al passaggio degli alimenti e quindi l’epitelio dell’esofago non potrà essere fatto da un solo
strato di cellule ma sarà un epitelio pluristratificato pavimentoso. Tutto finalizzato alla resistenza
alle abrasioni meccaniche. Inoltre sempre con l’obiettivo di resistere alle abrasioni meccaniche,
nella sottomucosa, quindi nello strato di tessuto connettivo che c’è sotto l’epitelio è possibile
trovare delle ghiandole che producono il muco, che contribuisce anch’esso a lubrificare il bolo ed a
proteggere la superficie epiteliale che andrebbe incontro a degli insulti eccessivi.

STOMACO

Come sapete tutti, lo stomaco è una sorta di sacco che si dovrà riempire di cibo, si accumulerà
questo cibo che segue il transito lungo il canale alimentare. Qui avverrà gran parte della sua
26
elaborazione meccanica e della sua digestione chimica quindi dobbiamo immaginare la possibilità
di un rimescolamento quindi la presenza di una parete muscolare molto importante, capace di
muoversi e quindi di rimescolare questo bolo che ormai è diventato, a livello dello stomaco, chimo,
e nello stesso tempo ci sarà un’importante attività di secrezione di sostanze che servono per la
digestione chimica.

Vi anticipo, enzimi
importanti per la
digestione delle
sostanze, per
esempio delle
proteine e quindi
pepsinogeno ed
acido cloridrico
perché gli acidi
contribuiscono alla
digestione chimica.
Per quanto
riguarda il tratto iniziale dello stomaco e quindi il confine tra l’esofago e lo stomaco dobbiamo
riconoscere una regione caratteristica che è la regione del cardias, che è la regione di passaggio
dall’esofago allo stomaco. A livello dello stomaco sono presenti nella parete una serie di pieghe,
pliche. Il fatto che abbia delle pliche rende possibile che possano distendersi e quindi che lo
stomaco possa riempirsi ed ospitare quanto più possibile gli alimenti. Queste pliche, volendo
essere precisi, hanno una forma che è diversa da quella delle stesse pliche che c’erano nell’esofago.
Ci sono pliche che consentono un decorso veloce degli alimenti anche liquidi e pliche con una
morfologia più complessa laddove gli alimenti devono essere rimescolati. Quindi pliche con una
morfologia diversa a seconda dei tratti dello stomaco che si prendono in considerazione e anche
pliche diverse sicuramente rispetto a quelle presenti a livello dell’esofago.

Cos’è questa struttura qui? E’ quella che abbiamo nominato prima il diaframma e questo è il punto
che segna il passaggio dell’esofago attraverso questo iato esofageo. Vedete, lo stomaco ha questa
forma a sacco
ripiegato. Dal punto
di vista anatomico si
distingue una
grande curvatura
dello stomaco e
piccola curvatura.
Vedete qui la
presenza dei diversi
strati di
muscolatura. Fate
caso che a parte lo
strato longitudinale e quello circolare qui ce ne è un terzo che è lo strato obliquo, tutto finalizzato a
rendere l’organo capace di andare incontro a contrazioni per facilitare il rimescolamento degli
27
alimenti. Lo stomaco è in naturale continuazione con il primo tratto dell’intestino che è il duodeno
e questa regione caratteristica di transizione prende il nome di sfintere pilorico, o, genericamente,
piloro. È la regione che segna il passaggio dallo stomaco al primo tratto dell’intestino tenue, il
duodeno.

Vi ho detto che si distingue una grande curvatura ed una piccola curvatura. Le diverse regioni
dello stomaco hanno nomi diversi. La regione iniziale, quella più vicina all’esofago, all’accesso del
canale alimentare prende il nome di fondo. Questa regione centrale invece prende il nome di
regione del corpo dello stomaco. La porzione terminale che è più vicina al piloro prende il nome di
antro e canale pilorico. Quindi fondo, corpo, antro e canale pilorico. Vi faccio nuovamente notare
la presenza di queste pliche che qualora siano longitudinali rappresentano una via veloce di
scorrimento di materiale liquido, dove hanno una morfologia più complessa sono regioni facili alla
dilatazione e quindi
al riempimento
dell’organo.

Lo stomaco è rivestito
da una sorta di
foglietto, questo
foglietto che riveste lo
stomaco è un
foglietto viscerale di
natura sierosa che
rende l’organo a tutti
gli effetti un organo
che è completamente
rivestito dal peritoneo. Deriva dalla parete addominale e proseguendo si adagia sullo stomaco e lo
riveste completamente.

L’attività
principale dello
stomaco è di
tipo secretorio.
In sintesi cosa
dobbiamo
sapere? In
mezzo a queste
pliche, è
possibile
trovare delle
fossette quindi
delle zone che
si
approfondano
nel foglietto successivo a livello del tessuto connettivo e sono popolate da ghiandole. Sono delle

28
regioni deputate all’attività di secrezione di sostanze deputate alla lubrificazione (muco), acidi
(HCl) e di enzimi che servono alla digestione delle proteine (pepsinogeno). Queste cellule è
possibile distinguerle a livello di queste regioni ghiandolari che si trovano in corrispondenza delle
fossette.

Ripeto. Ci sono delle pliche. Immaginate che in corrispondenza delle stesse vi sia ogni tanto una
fossetta che si continua in profondità. Questa regione è popolata di cellule che devono secernere
sostanze importanti per la digestione. Immaginando di ingrandire questa fossetta, possiamo dare
un nome a queste cellule. Quindi avremo:

• Cellule mucose poiché producono muco.


• Cellule che chiamiamo parietali che producono HCl
• Cellule ancora più in profondità che chiamiamo cellule principali che producono
pepsinogeno. Il pepsinogeno è un enzima che, in presenza di HCl, si trasforma in pepsina
che è capace di digerire le proteine.

INTESTINO

Si distingue in intestino tenue e intestino crasso. L’intestino tenue a sua volta si distingue in:

• Duodeno
• Digiuno
• Ileo

29
Se immaginiamo di aver davanti una cavità addominale aperta possiamo notare la presenza delle
anse intestinali, caratteristiche dell’intestino tenue. Il primo tratto dell’intestino tenue ha
grossolanamente la forma di una C, lo chiamiamo duodeno. E’ il tratto più breve, è lungo circa
25cm. Vi ho fatto vedere
all’inizio della lezione che
questa C abbraccia
letteralmente una ghiandola
importante annessa al canale
alimentare che è il pancreas.
Cosa fa il duodeno? Essendo
il tratto immediatamente
successivo allo stomaco,
riceve gli alimenti
parzialmente digeriti dallo
stomaco che chiamiamo
chimo. Qui a livello del
duodeno avviene qualcosa
di importante: siccome
abbraccia il pancreas, capite
bene che è in stretta
relazione con esso al punto che il pancreas rilascia a livello del duodeno i succhi pancreatici. Ed
arrivano anche le secrezioni del fegato, in particolare la bile prodotta dal fegato. Quindi nel
duodeno continua l’azione di digestione grazie al fatto che arrivano i secreti del pancreas e la bile
prodotta dal fegato.

Il digiuno si chiama così perché nel cadavere il più delle volte lo si trova vuoto perché post
mortem continuano i movimenti peristaltici e quindi nella maggior parte dei casi lo si trova vuoto.
Ed è un tratto molto più lungo del duodeno. E’ dieci volte più lungo del duodeno. Qui a livello del
digiuno avviene la maggior parte della digestione chimica e dell’assorbimento perché ancora
beneficia dei succhi che sono stati liberati a livello del duodeno ed avviene il processo
dell’assorbimento fondamentale nell’intestino: i principi nutritivi degli alimenti devono in qualche
maniera entrare a far parte della circolazione sanguigna quindi deve avvenire il processo
dell’assorbimento e, affinché il processo dell’assorbimento sia il più possibile efficiente, la natura
ha fatto in modo che l’intestino tenue nei tratti sia del duodeno che del digiuno sia provvisto di
tutta una serie di strutture finalizzato all’assorbimento. Avrete sicuramente sentito parlare dei villi
intestinali ed al livello del digiuno abbiamo non proprio dei villi ma delle estroflessioni della
parete che chiameremo pliche. Quindi nel digiuno e nell’intestino tenue sono attivate tutte le
strategie finalizzate a rendere il processo dell’assorbimento il più efficiente possibile.

30
L’ultimo tratto
dell’intestino tenue è
l’ileo che con le sue
circonvoluzioni e pieghe
è il tratto più lungo
dell’intestino. Esso è
lungo circa 3,5m e
termina con il primo
tratto dell’intestino
crasso, il cieco. La regione
di transizione tra la fine
dell’ileo e l’inizio del
cieco prende il nome di
regione ileo ciecale,
valvola ileo-ciecale che,
essendo uno sfintere,
servirà a regolare il
transito dei materiali, per lo più digeriti, parzialmente assorbiti, nel tratto successivo dell’intestino.

Schematicamente in questo intestino tenue vediamo le pieghe caratteristiche soprattutto nella


prima metà del digiuno e poi vedere la presenza dei villi intestinali. I villi intestinali sono
particolarmente grandi a livello del duodeno e per fare in modo che l’azione dei villi sia ancora più
efficiente, ciascun villo intestinale – visibile al microscopio ottico- è rivestito di cellule epiteliali.
Ciascuna di queste cellule si dota di estroflessione dette microvilli, che si vedono solo al
microscopio elettronico. Anche l’intestino è provvisto di ghiandole. Alla base dei villi è possibile
trovare il dotto che consente l’emissione del secreto di ghiandoline localizzate sotto il tessuto
epiteliale che riveste la superficie dell’intestino. Queste ghiandole, senza entrare nel dettaglio,
dovete imparare che sono soprattutto ghiandole note come ghiandole di Brunner. Servono a
produrre il bicarbonato, lo ione bicarbonato per fare in modo che il PH che era molto molto acido
nello stomaco diventi più vicino alla normalità. Serve a neutralizzare il PH fortemente acido che
era presente nello stomaco ed era causato dalla produzione dell’acido cloridrico.

Non so se vi ricordate, quando c’era la classificazione nella prima slide delle varie porzioni
dell’intestino tenue. Il digiuno e l’ileo venivano chiamati insieme intestino tenue mesenteriale. Il
mesentere è una sorta di foglietto a forma di ventaglio che si stacca dalla parete posteriore
addominale e da essa va ad attaccarsi a queste porzioni dell’intestino tenendole in qualche modo
nella loro posizione. E’ una regione dell’intestino tenue tenuta fisicamente legata alla parete
addominale posteriore attraverso una tonaca sierosa a forma di ventaglio che prende il nome di
mesentere.

31
Dentro un villo intestinale vedete
quante strutture vascolari ci sono?
Vasi sanguigni e vasi linfatici.
Perché questo? Abbiamo detto che
il villo intestinale assorbe i
nutrienti. Questi nutrienti devono
entrare nel circolo sanguigno.
Quindi capite che il villo deve
essere popolato al suo interno di
vasi che servono a ricevere
nutrienti assorbiti a livello
intestinale. In alcuni casi le
strutture vascolari sono strutture
linfatiche e prendono anche il
nome di vasi chiliferi perché
portano dei complessi proteici e
lipidici che prendono il nome di
chilomicroni. Gli alimenti
assorbiti finiscono nei vasi
sanguigni o nei vasi linfatici che
sono atti a ricevere complessi
molecolari di complessi di
natura proteica e lipidica detti
chilomicroni per cui queste
strutture prendono il nome di
vasi chiliferi.

Anche a livello dell’epitelio


intestinale viene prodotto muco,
anche in questo caso con funzione lubrificante per cui si possono notare delle cellule molto chiare
sulla superficie del villo intestinale che sono le cellule mucipare caliciformi che sono delle piccole
ghiandole unicellulari che servono a produrre il muco.

Nell’ileo invece se uno lo guardo al


microscopio ottico può capitare di vedere
sotto i villi delle strutture tondeggianti
molto particolari che sono, dal punto di
vista funzionale, come delle piccole
tonsille. Sono tessuto linfoide, che
abbonda di cellule del sistema

32
immunitario deputato alla difesa dalle infezioni perché siamo in una porzione terminale e più
facile alle infezioni di tipo batterico. Queste strutture prendono il nome di placche di Peyer.

33
Due cose sul pancreas. Abbiamo detto che è
abbracciato dalla C duodenale. Vi ricordate
quando ho detto che nel duodeno finiscono
i secreti pancreatici e questa cosa la
dovreste vedere molto bene in questa slide.
Vedete come finiscono nel lume del
duodeno due grossi dotti che derivano dal
pancreas. Quello più grande si chiama
dotto pancreatico principale, quello più
piccolo dotto pancreatico accessorio. Questi
dotti fanno sì che i succhi pancreatici,
prodotti dal pancreas, possano entrare nel
duodeno, ma nel duodeno arriva anche la
bile prodotta dal fegato. Cosa succede allora? Alla fine di questo tratto terminale del dotto
pancreatico, se guardate bene gli si inserisce un altro dotto. Si uniscono i due, quest’altro dotto è
quello che deriva dal fegato. Questa porzione terminale la chiamiamo coledoco. Il coledoco
convoglia i succhi pancreatici e la bile del fegato. Anatomicamente la regione di sbocco del
condotto pancreatico maggiore prende il nome di papilla duodenale maggiore, l’altra,
corrispondente al dotto più piccolo, papilla duodenale minore. Dotto principale pancreatico, gli si
innesta quest’altro condotto
epatico. Insieme formano il
dotto coledoco che dove
sfocia nel duodeno crea una
regione un po’ prominente
che prende il nome di
papilla duodenale.
Dobbiamo sapere un’altra
cosa importante. Il pancreas
non solo svolge la sua
funzione esocrina di
produzione di succhi
pancreatici, ma nel pancreas
ogni tanto, nel suo
parenchima, ci sono degli
isolotti di cellule che sono
un po’ diversi dalla regione
che gli sta intorno. Queste isole si chiamano isole di Langerhans e sono la porzione endocrina del
pancreas, cioè quella deputata alla produzione degli ormoni endocrini del pancreas. Sicuramente
avrete sentito parlare dell’insulina. L’insulina è un regolatore importante della glicemia quindi dei
livelli del glucosio nel sangue insieme ad un altro ormone prodotto dal pancreas che si chiama
glucagone. Proseguendo nel nostro percorso, abbiamo detto qualcosa del duodeno, del digiuno
dell’ileo e abbiamo fatto questa parentesi del pancreas poiché è abbracciato alla C duodenale.

34
Dell’intestino tenue dovete sapere che ovviamente sarà un organo che dovrà essere intensamente
vascolarizzato in quanto vi avvengono i processi di assorbimento. La vascolarizzazione
dell’intestino tenue avviene soprattutto grazie a questo vaso importante che prende il nome di
arteria mesenterica superiore che è una diramazione dell’aorta e la vascolarizzazione avverrà
grazie a questo vaso e dalle sue ulteriori diramazione che sono arterie che prendono il nome di
arterie intestinale, per essere più precisi le chiamiamo digiunali ed ileali. E la terza diramazione si
chiama arteria ileo colica perché va a vascolarizzare un po’ l’ileo e un po’ il colon quindi una
porzione dell’intestino crasso.

INTESTINO CRASSO

Nell’intestino crasso distinguiamo


una prima regione che si chiama cieco
perché è una sorta di sacchetto a
fondo cieco. A questa prima regione è
caratterizzata da una propaggine che
è questa appendice vermiforme che
spesso va incontro a processi
infiammatori per cui ci ammaliamo di
appendicite.

Passiamo poi al colon. In questa


immagine abbiamo aperto la parete
addominale e l’operatore ha sollevato
questa regione del colon. Questo
colon intanto ha un diametro più grande rispetto al diametro delle regioni precedenti. Ma
soprattutto ha di caratteristico di avere una regione ascendente (colon ascendente), poi c’è una
ripiegatura, una plica dell’organo che continua con una regione trasversa (colon trasverso) e il
tutto continua con una regione discendente. Il tratto ultimo a forma di S è il tratto sigmoideo o
pelvico.

Vi ho detto prima che quasi tutte le porzioni del canale


alimentare hanno degli involucri di muscolatura e si distingue,
più o meno, uno strato longitudinale ed uno strato circolare,
volendo essere semplicistici. Vi avevo detto che ci sono poi
delle varianti importanti nel canale articolare. Uno di questi
casi si ha nel colon. Non ci sono delle pareti muscolari continue
rappresentate da involucri continui che proseguono lungo tutta
la parete, ma ci sono delle strie di muscolatura che qui potete
apprezzare. Sono fasce muscolari dette tenie del colon che non
sono altro che dei nastri di muscolatura liscia che non
tappezzano tutta la parete, ma formano dei nastri separati.
Inoltre la parete del colon ha delle regioni un po’ più
35
consistenti di volume, le chiamiamo gibbosità, che si possono distendere completamente
consentendo il riempimento dell’organo. Quindi tenie del colon e regioni caratteristiche più grosse
che prendono il nome di gibbosità che consentono l’ulteriore distensione dell’organo ed il suo
riempimento.

Vedete, questo sacchetto iniziale è il cieco che ha questa appendice vermiforme e poi abbiamo il
colon ascendente, il colon che si piega, che fa la caratteristica flessura sul lato destro, il colon
trasverso, un’altra piega rappresentata dalla flessura colica sinistra, il colon discendente e poi
sigmoideo o ileo colico. Arriviamo al tratto finale che è il retto.

Prima di arrivare al retto, vi devo dire com’è vascolarizzato l’intestino crasso e quindi le cose più
importanti da sapere sono: andando a guardare la vascolarizzazione del crasso – e la porzione su
cui ci focalizziamo è quella più abbondante rappresentata dal colon – questi vasi arteriosi e lo
stesso nome ce lo avrà la controparte venosa, che vanno ad irrorare l’intestino crasso, nella
fattispecie del colon, derivano, nella metà di destra dell’individuo dall’arteria mesenterica
superiore. Quindi l’arteria mesenterica superiore con le sue diramazioni andrà a vascolarizzazione
la regione del colon di destra. La regione del colon di sinistra viene vascolarizzata da un altro vaso
e dalle sue diramazioni, che ha lo stesso nome, arteria mesenterica, ma siccome è più caudale
rispetto all’altro vaso che si distacca dell’aorta, la
chiamiamo arteria mesenterica inferiore.

Che fine fa il sangue venoso che lascia l’intestino


crasso? Questo sangue venoso deve transitare per il
fegato e quindi entra nel cosiddetto circolo portale
epatico. Ultimo tratto dell’intestino crasso, il retto.

Se ci fate caso, questo retto è una struttura che ha quasi


la forma di un’ampolla. Anch’essa ha delle pieghe
perché si deve poter riempire per ospitare le feci prima
che queste vengano eliminate. Il retto si continua con il
canale anale che ha uno sfintere, quindi una struttura
di regolazione dell’eliminazione delle feci all’esterno
che avrà una componente di muscolatura liscia ed una
componente di muscolatura striata. C’è uno sfintere
interno che è involontario e uno sfintere esterno che
invece è caratterizzato dalla presenza di muscolatura striata e quindi volontaria. Il retto è perlopiù
rappresentato da una sorta di
ampolla che ha delle pliche perché
deve potersi riempire per ospitare le
feci, vengono eliminate attraverso la
regione del canale anale che è
soggetto ad un controllo sia
involontario, ma anche un controllo
volontario.

FEGATO

36
E’ la ghiandola più importante del nostro corpo che è il fegato. E’ una ghiandola molto importante
annessa al canale alimentare e in questa immagine lo vede rappresentato. In anatomia si dice che
ha la forma di un ovoide. E’ localizzato in una regione caratteristica che prende il nome di loggia
epatica e in anatomia si dice che occupa la maggior parte dell’ipocondrio destro cioè in anatomia si
immagina di disegnare dei quadranti. Il quadrante presente nella regione addominale sulla destra
si chiama ipocondrio destro, quello sinistro si chiama ipocondrio sinistro e in seguito vi è una
regione mediale che si chiama epigastrio. Quando si parla del fegato si dice che occupa soprattutto
la regione dell’ipocondrio destro. Ha la forma di un ovoide e per la sua localizzazione avrà dei
rapporti con il rene, lo stomaco e così via. Però dobbiamo sapere che dal punto di vista funzionale
è una ghiandola sia endocrina che esocrina. In questi casi si definisce anficrina. Da una parte
produce la bile che emulsiona i grassi e li rende più facili poi alla digestione. Il fegato svolge delle
funzioni importanti di controllo metabolico. Vi ricordate che vi ho detto che il sangue proveniente
dall’intestino crasso transita per il fegato? Perché? Perché il fegato svolge una funzione di
depuratore, ci detossifica e, nello stesso tempo, se abbiamo una ingestione di alimenti eccessiva,
una parte di questi principi nutrivi viene immagazzinata nel fegato come materiale di riserva come
forma di glicogeno. Questo vi fa capire perché il sangue proveniente dall’intestino transiti per il
fegato - e lo fa attraverso un vaso importante, che si chiama vena porta e quindi si parla di circolo
portale- e vi fa capire perché abbia una funzione metabolica. Per non dire che il fegato produce
anche delle proteine importanti presenti nel plasma, per esempio l’albumina. E’ una ghiandola che
ha sia una funzione importante nella digestione (vedi la bile), sia con una importante funzione
endocrina e metabolica (vedi accumulo dei nutrienti, protezione di proteine plasmatiche).

Vedete dov’è localizzato? Giace subito sotto il diaframma ed è rivestito in gran parte dal peritoneo.

Guardiamo com’è fatto il fegato. Sul versante anteriore appare perlopiù liscio. Sulla superficie
posteriore presenta le impronte degli organi con cui viene a contatto. Ritorniamo alla superficie
anteriore. C’è una regione anteriore che prende il nome di lobo destro ed una regione più piccola
che prende il nome di lobo sinistro. Se poi lo rovesciamo questo fegato e lo andiamo a vedere
posteriormente, oltre a vedere il lobo destro e il lobo sinistro vediamo anche in basso il lobo
caudato e quadrato. Inoltre vi ho detto che è in rapporto quasi completamente con il diaframma, vi
dico questo. Vedete questi due lobi, destro e sinistro, sono separati da una struttura connettivale
che si chiama legamento coronario che serve fisicamente a legare il fegato, a sospenderlo alla
superficie inferiore del
diaframma. Questo legamento
coronario prosegue con una
struttura sempre legamentosa
denominata legamento falciforme
che nella propaggine ultima
prende il nome di legamento
rotondo.

Importantissimo è una regione del


fegato sulla superficie posteriore
che prende il nome di ilo epatico o

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porta del fegato perché in corrispondenza di questa regione decorrono i vasi che convogliano il
sangue al fegato. L’ilo epatico è quella regione che ha una importante componente vascolare che
corrisponde all’accesso dei vasi portanti che sono l’arteria epatica e la vena porta (che porta il
sangue retto intestinale). Grazie all’accesso consentito dall’accesso di questi vasi arriva al fegato
una grande quantità di sangue, quello che dovrà essere sezionato ed eventualmente detossificato, e
reso disponibile all’accumulo di sostanze di riserva in particolare glicogeno.

Nel fegato ogni tanto è


possibile trovare delle
cellule di natura
fagocitaria che si
chiamano cellule di
Kuppfer che servono a
rimuovere microrganismi
e ematocriti invecchiati,
svolgono una funzione di
pulizia. La funzione
esocrina del fegato è
esercitata mediante la produzione della bile, che è un
mix di sostanze, come ad esempio la bilirubina. La
bilirubina è contenuta nella bile così come sono
contenuti i Sali biliari, ioni vari. Tutte queste sostanze
contribuiscono ad emulsionare i lipidi ad esempio,
rendere possibile la ulteriore degradazione dei lipidi e
in particolare la bilirubina deve il suo colore alla
rimozione dei eritrociti. Se noi ce lo guardiamo il
parenchima epatico schematicamente, abbiamo delle
strutture poligonale che sono i caratteristici lobuli
epatici. Ogni lobo è diviso in lobuli che sono insieme
ben organizzati di epatociti (cellule del fegato)
organizzati con una struttura radiale intorno ad una
regione centrale, e questi epatociti dovranno svolgere
tutte le funzioni che vi ho elencato prima. Sono
organizzati sotto forma di lamine un po’ come i raggi
di una bicicletta. Tra questi epatociti c’è
un’abbondante presenza di sangue perché vi sono i
sinusoidi epatici che si riempiono di sangue –
arrivato al fegato tramite l’ilo epatico che ha portato il

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sangue proveniente dalla vena porta e dall’arteria epatica.

Vedete in microscopia ottica in sezione trasversale i lobuli epatici ed in seguito come viene
convogliata la bile. La bile secreta finisce in una rete di canalicoli che sono canalicoli biliari,
presenti tra le membrane degli epatociti adiacenti e tramite questo sistema di canali estremamente
piccoli, viene convogliati in corrispondenza nei dotti biliari che in ultima battuta andranno a finire
in quella struttura cava che viene a ricevere sia il contenuto ricco in bile di derivazione sia i succhi
pancreatici, ovvero il coledoco. Questa bile prodotta dagli epatociti non è detto che venga rilasciata
subito a livello del duodeno ma può essere temporaneamente accumulata in un sacchetto che
prende il nome di cistifellea. La cistifellea funge da temporaneo accumulo della bile a anche da sua
ulteriore concentrazione.

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Sistema circolatorio
Si distingue in apparato circolatorio linfatico e apparato circolatorio sanguifero, o sanguigno.
L’apparato circolatorio si occupa di veicolare all’interno del nostro organismo i due grandi fluidi
liquidi corporei:
- La linfa: per quanto concerne l’apparato circolatorio linfatico;
- Il sangue per quanto riguarda il sistema circolatorio sanguifero.
Questo ultimo implica una serie di organi – tra cui il cuore, che è il più importante- che hanno il
compito di distribuire il sangue all’interno del nostro organismo, ed è importantissimo questo
aspetto perché ovviamente il sangue è il veicolo di tutti i metaboliti utili al sostentamento del
nostro organismo ed, in condizioni di crescita, all’accrescimento. Il sangue inoltre viene utilizzato
anche per il trasporto dei gas quindi verrà utilizzato nello scambiare i gas a livello del polmone. Al
nostro organismo occorre recuperare l’ossigeno, utile per tutte le reazioni biologiche, la
trasformazione dell’ossigeno dopo le reazioni biologiche da luogo all’anidride carbonica, tossica
per il nostro organismo quindi abbiamo la necessità di eliminarla la cui eliminazione provvede il
sangue perché è in grado di legare questi gas a livello polmonare, far acquisire al nostro organismo
l’ossigeno e liberare l’anidride carbonica.
Il sangue e quindi l’apparato circolatorio non si limita solo ed esclusivamente al trasporto di
metaboliti, ma è importante perché veicola liquido corporeo anzitutto, rappresentato
prevalentemente dall’acqua che fa si che il volume di sangue sia sempre idoneo per tutti gli scambi
quindi svolge un ruolo importante per l’ ambito della osmolarità. Se il liquido corporeo con il
sangue aumenta notevolmente, il risultato sarà un aumento della pressione sanguigna che
ovviamente, se elevata, gli scambi e tutto ciò che riguarda il metabolismo all’interno del nostro
organismo, verranno alterati. Il sangue è quindi in grado di veicolare le sostanze metaboliche, è in
grado come apparato circolatorio di eliminare le sostanze di rifiuto, è in grado di legare i gas, è in
grado di traportare gli enzimi che sono particolari molecole proteiche in grado di stimolare,
accelerare le reazioni all’interno del nostro organismo. Il sangue si occupa della distribuzione
degli ormoni che sono in grado di far avvenire determinate reazioni. Gli ormoni girano infatti
liberamente all’interno del nostro organismo ma soltanto in determinati distretti, ove trovano un
recettore in grado di legarli, fanno avvenire le reazioni. Il sangue è di fondamentale importanza
con un apparato circolatorio integro, sano.
Il sistema è sostanzialmente abbastanza semplice perché è caratterizzato dalla presenza di un
organo centrale, il cuore, che spinge il sangue alla periferia. Il sangue viene spinto alla periferia da
una potenza contrattile della muscolatura cardiaca. Quando il cuore si contrae si svuota del suo
contenuto che fuoriesce dall’organo e prende la via dei vasi sanguigni. I vasi sanguigni potranno
distribuire in tutto il corpo il sangue stesso. I vasi sanguigni si distinguono in:
- Arterie: quelle che dal cuore portano il sangue alla periferia
- Vene: quelle che lo riportano, una volta utilizzato, dalla periferia al cuore
L’unione tra questi due sistemi, arterioso e venoso è dato dai capillari sanguigni che sono
sostanzialmente idonei allo scambio delle sostanze e dei gas poiché sono molto piccoli, hanno
pareti sottili, presentano fenestrature, pori, o possono essere uniti, saldati a cellule epiteliali e per
diffusione i metaboliti liquidi possono essere scambiati. E’ quindi un sistema che possiamo
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fondamentalmente considerare come un sistema chiuso. Le vene e le arterie, unite in un letto
capillare, non lasciano disperdere il sangue ma lo lasciano scambiare i metaboliti con i tessuti.
Questo succede in tutti i distretti del nostro organismo, tant’è vero che ci produciamo una lesione
a livello di un polpastrello delle dita, fuoriesce il sangue . Il sistema è chiuso poiché senza traumi
non abbiamo perdite ematiche. E lo possiamo rappresentare in questa maniera, grossolana ma
chiara. Al centro c’è il cuore, dal cuore si dipartono le arterie (sempre colorate in rosso sui testi).
Dopodiché si forma un letto capillare che scambia metaboliti e liquidi e si ricostituiscono le vene
che portano al cuore. Al cuore giungeranno le vene che portano il sangue e partiranno le arterie.
La circolazione sanguifera può essere suddivisa in due circolazioni diverse perché, vedete già, il
cuore possiamo dividerlo in una parte destra, in blu, una parte sinistra in rosso. Questo perché in
effetti il cuore è costituito da quattro cavità ( atrio e ventricolo di destra ed atrio e ventricolo di
sinistra). Destra e sinistra non hanno elementi di comunicazione, vi è un setto che divide la parte
destra e la parte sinistra e da esse emergono vasi diversi. Possiamo pertanto introdurre le due
circolazioni cui facevano riferimento:
- Piccola circolazione o circolazione polmonare;
- Grande circolazione o circolazione sistemica.
Capiamo già da come le abbiamo denominate come siano diverse. La circolazione polmonare o
piccola circolazione sarà quella diretta ai polmoni. Cosa deve avvenire a livello polmonare? A
livello polmonare attraverso la respirazione si realizza lo scambio, quindi la prima circolazione è
specifica per la funzione di scambio gassoso. Vi provvede un’arteria che esce dal cuore e si dirige ai
polmoni. Essa prende il nome di arteria polmonare. Una volta che esce dal cuore si dividerà tra
polmone di destra e polmone di sinistra dando luogo a due arterie: l’arteria polmonare di destra e
l’arteria polmonare di sinistra. Capillarizzano all’interno del polmone, si realizza lo scambio
gassoso, si costituisce la parte arteriosa di questo circolo con le vene polmonari che giungono di
nuovo al cuore con questo sangue ricco di ossigeno, scarsamente rappresentato a livello di
anidride carbonica e che quindi può essere usato dal cuore per la circolazione sistemica. Infatti la
circolazione polmonare termina a livello dell’atrio di sinistra in cui il sangue ricco di ossigeno
riempie l’atrio, dall’atrio passa nel ventricolo e a questo punto il ventricolo, contraendosi e
spremendosi, spinge il sangue da tutte le parti del corpo per andare a vascolarizzare organi per la
nutrizione, metaboliti. Può raccogliere i prodotti elaborati dalle cellule, li mette in circolo e quindi
nel sangue ci sarà tutto. Il sangue che arriva al pancreas, che serve per la digestione, riversa nel
sangue gli enzimi de pancreas, quelli che dividono le macromolecole (lipasi, proteasi, amilasi che
intervengono nella rottura dei legami di grandi molecole di lipidi, proteine, carboidrati o non
potremmo assorbirle, possiamo assorbire a livello del canale alimentare solo molecole molto
piccole). Possiamo valutare lo stato di salute del pancreas saggiando i prodotti che elabora. Poi il
pancreas produce anche degli ormoni come insulina e glucagone che intervengono nel
metabolismo degli zuccheri quindi ne valutiamo la quantità del sangue per valutare che l’assetto di
ormoni nell’individuo sia normale. Questa cosa può essere fatta ugualmente per il fegato,
andando a valutare, ad esempio le transaminasi alterate. Sono tutti i prodotti del lavoro che
compie il fegato che vengono paragonati a degli standard per capire se l’organo sta bene o meno.
Si possono valutare ad esempio i Sali minerali perché il sangue presenta tutti i Sali minerali
presenti in natura: il ferro, il calcio, il sodio, potassio, manganese, magnesio, zinco.

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Il sangue quindi, dal punto di vista sistemico, attraverso il grande vaso sanguigno che origina dal
ventricolo di sinistra, prende la via generale, della circolazione generale, si distribuisce in tutti gli
organi, capillarizza, viene setacciato, dopodiché ritorna al cuore nella parte destra dove tornerà a
livello dell’atrio di destra. Dall’atrio di destra e ritornerà nel ventricolo di destra e da qui potrà
riprendere di nuovo la piccola circolazione. Quindi due circolazioni, la piccola e la grande
circolazione.
La piccola origina con l’arteria polmonare dal ventricolo di destra e termina a livello dell’atrio di
sinistra con il sangue ricco di ossigeno. La grande circolazione o circolazione sistemica origina dal
ventricolo di sinistra per ritornare con il sangue sfruttato a livello dell’atrio di destra. Sistema
chiuso, caratterizzato da vasi che sono estremamente robusti all’inizio (le arterie che emergono
dal cuore sono molto robuste, hanno un’impalcatura spessa, hanno un calibro grande) che però
progressivamente si ramificano, diventano sempre più piccole per divenire capillari sanguigni e da
lì le vene che dapprima sono molto piccole, poi diventano sempre più grandi fino a raggiungere il
cuore con due grandi vasi all’atrio di destra: le vene cave superiore ed inferiore.
A livello del ventricolo di sinistra vediamo dipartirsi quindi la grande circolazione che vascolarizza
tutti gli organi ( encefalo, arti superiori, organi toracici, addominali come i reni, il fegato, canale
alimentare, milza, apparato genitale maschile e femminile) mentre la piccola circolazione che
ovviamente è destinata allo scambio gassoso quindi si dirige ai polmoni dove il sangue depurato
torna al cuore. Questo apparato veicola tutto quello che c’è a disposizione del nostro organismo
che viene trasportato dal sangue attraverso questo apparato, arterie, vene e capillari. Da semplici
Sali minerale, all’acqua, agli ormoni, alle proteine, vitamine e così via.
Per apprezzare lo studio anatomico la prima cosa che dobbiamo fare è individuare dove sta il
cuore: si trova nel torace ma dobbiamo definire dal punto di vista dell’anatomia di superficie qual
è il torace. Il torace è quella regione anatomica compresa tra il collo e l’addome (testa, collo,
torace, in seguito addome, pelvi perineo). Dal punto di vista superficiale per individuarla dobbiamo
tracciare delle linee che ci aiutano quindi a comprendere i limiti delle varie regioni corporee. In
alto il torace, abbiamo detto, è distinto dal collo attraverso una linea virtuale che possiamo
chiamare linea cervico toracica. Già alla palpazione anteriore ci rendiamo infatti conto della
presenza dello sterno. Iniziamo a tracciarla dal margine superiore del margine superiore dello
sterno dove è presente il manubrio quindi ci portiamo lateralmente lungo il margine superiore
delle clavicole, dopo la clavicola abbiamo l’articolazione con la scapola quindi posteriormente
individuiamo la spina della scapola e il processo spinoso dell’ultima vertebra cervicale quindi
l’ultima vertebra cervicale a questo livello traccia il limite posteriore. Inferiormente avremo la
linea che divide il torace dall’addome, la linea toraco-addominale. Da dove possiamo tracciarla?
Dalla regione di mezzo, mediana a livello sempre dello sterno, abbiamo un processo a punta, il
processo xifoideo quindi possiamo tracciare la linea che origina da esso, si porta verso il basso
tangente all’arco costale, indietro, sempre a livello dell’arcata costale, raggiunge la 12T ( l’ultima
vertebra toracica, la dodicesima). Il cuore quindi si trova all’interno del torace che, dal punto di
vista dell’anatomia di superficie, è delimitato da queste due linee: la cervico-toracica e la toraco-
addominale. Andiamo in profondità.
Se facciamo una dissezione anatomica togliendo cute, il sottocutaneo e muscoli del torace,
resechiamo anche lo sterno con le coste, ci troviamo questa situazione. Apriamo il torace e ci

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troviamo all’interno di una cavità che prenderà il nome di cavità toracica ed è diversa
dall’anatomia di superficie poiché difficilmente possiamo trovare delle linee di orientamento
superficiali, ci troviamo all’interno di un grande spazio che, se lo guardiamo attentamente, è a sua
volta diviso in tre altri spazi che dal punto di vista anatomico in genere prendono il nome di logge.
Quanti sono gli spazi presenti all’interno di questa cavità? Uno di mezzo e due lateralmente.
Quindi la cavità toracica, di fatto, è costituita da tre spazi, tre cavità ulteriori che lateralmente
sono rappresentate dalle logge pleuropolmonari (chiamate così perché sono degli spazi che
contengono le pleure, che sono questi rivestimenti chiari, ed i polmoni). Queste due logge, destra
e sinistra, pleuropolmonari delimitano in mezzo un ulteriore spazio, che prende il nome di
mediastino (ovvero spazio di mezzo). All’interno della cavità toracica distinguiamo le due logge
pleuropolmonari ed il mediastino al centro. Nel mediastino vediamo la silhouette del cuore.
Questo mediastino, che è compreso nel torace, possiamo paragonarlo ad un parallelepipedo
anche se ha un restringimento al centro. Un parallelepipedo ha sei facce quindi dobbiamo
descrivere sei facce nel mediastino: una è anteriore, l’altra posteriore, due saranno laterali in
corrispondenza delle altre logge, una inferiore ed una superiore, abbiamo quindi descritto
grossolanamente le sei facce. Vediamo a cosa corrispondono.
La faccia anteriore del mediastino corrisponderà alla faccia posteriore dello sterno. La faccia
posteriore del mediastino corrisponderà al margine anteriore della colonna vertebrale. Le due
facce laterali saranno in corrispondenza delle due logge pleuropolmonari. In particolare, gli
elementi saranno le pleure polmonari. Quindi sia a destra che a sinistra la faccia è rappresentata
dalle pleure. Poi abbiamo la faccia inferiore e quella superiore. La faccia inferiore corrisponderà al
cosiddetto muscolo diaframma (la parola stessa indica come sia l’elemento di divisione di
qualcosa, in questo caso divide la cavità toracica superiormente e la cavità addominale,
inferiormente). La faccia superiore è un po’ un problema perché vedete? Tra la cavità toracica, il
mediastino, ed il collo non c’è un elemento divisorio. Vi è un’apertura che continua nel collo quindi
in anatomia ci inventiamo qualcosa. Se dal punto di vista dell’anatomia superficiale abbiamo
immaginato di tracciare delle linee, in questo caso ci inventiamo un piano trasversale che passerà
a livello dello sterno, in prossimità dell’articolazione dello sterno con le clavicole (articolazione
sterno clavicolare) e questo rappresenta l’apertura toracica superiore.
Ricapitoliamo: dopo aver rimosso tutti gli elementi di superficie, cute, sottocutaneo, muscoli,
coste sterno ci troviamo all’interno della cavità toracica. La cavità toracica pertanto andrà divisa in
tre grandi spazi: due lateralmente, le logge pleuro-polmonari, la terza rappresentata dal
mediastino, che ha la forma di un parallelepipedo con sei facce. Una faccia anteriore che
corrisponde alla faccia posteriore dello sterno, una faccia posteriore che corrisponde al margine
inferiore della colonna vertebrale, una faccia inferiore che corrisponde al diaframma, due facce
laterali che corrispondono alle pleure polmonari ed una faccia superiore che si realizza mediante
un piano trasversale virtuale e che corrisponde invece all’apertura toracica superiore. In questo
parallepipedo sono contenuti molti organi tra cui il cuore ed i grandi vasi che emergono dallo
stesso e che prendono complessivamente il nome di organi mediastinici, cioè che stanno nel
mediastino. Vi appartengono anche la trachea, i bronchi, l’esofago eccetera.
Per individuare in maniera precisa la posizione del cuore all’interno del mediastino, gli anatomici
hanno introdotto ulteriori suddivisioni. Il mediastino si può dividere in anteriore e posteriore.
Anche in questo caso consideriamo un piano virtuale che passa al di dietro del cuore e al davanti
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della trachea. Quindi un piano frontale che si pone al davanti della trachea e colloca alcuni organi
nel mediastino anteriore, altri invece posteriormente, nel mediastino posteriore. Visto che il piano
è collocato al davanti alla trachea e al di dietro del cuore, il cuore si trova nel mediastino anteriore.
A questo punto nel mediastino anteriore possiamo individuare anche un mediastino superiore ed
un mediastino inferiore. Per stabilire che una porzione si trova superiormente ed un’altra
inferiormente, utilizzeremo un piano trasversale. Se io questo piano lo lascio passare a livello della
base del cuore, il cuore si troverà, di conseguenza, nel mediastino inferiore. Ad una domanda
precisa come dove sta il cuore, risponderemo: il cuore è situato nel mediastino anteriore
inferiore.
Guardando attentamente l’immagine, desumiamo che al di sopra del cuore, nel mediastino
superiore c’è il timo, un organo che con il tempo si ridurrà, andrà in contro ad una atrofia. Del
timo nell’adulto rimane soltanto un residuo fibro (connettivo) adiposo retro sternale, al di dietro
dello sterno.
La silhouette cardiaca è rivestita da una struttura biancastra che prende il nome di pericardio. Il
pericardio vuol dire che sta intorno al cuore. E’ importante questa struttura del pericardio per
svariati motivi. Il cuore non ha elementi di fissità, non è fisso a qualcosa, non ha legamenti che lo
ancorano ad ossa o a muscoli o addirittura ad organi vicino. Però sarebbero estremamente utili
perché non avendo questi legamenti, se volessi fare una capriola, il cuore libero si ribalterebbe ma
questo, grazie al pericardio, non succede. Il pericardio, come una busta di Domopak riveste il
cuore e si ancora con dei legamenti propri alle strutture circostanti. Tra pericardio e muscolo
diaframma vi è un apparato legamentoso che fissa il cuore al diaframma quindi il cuore rimane
adeso al diaframma per mezzo del rivestimento pericardico e non si può ribaltare. Questo
legamento è il legamento freno pericardico o pericardico frenico. Il pericardio è anche unito allo
sterno ed alle coste quindi il cuore non si muove poiché è imbustato nel pericardio.
Posteriormente il pericardio ha altri legamenti che si legano alla colonna vertebrale. Quindi per il
tramite del pericardio con i sui legamenti Freno pericardici, sterno e costo pericardici e vertebra
pericardici, il cuore rimane nella propria sede, nella stessa posizione. L’unica cosa a cui è
sottoposto il cuore è a tutte le escursioni del muscolo diaframma che compie delle escursioni in
relazione alla respirazione. Muovendosi si porta con sé anche il pericardio che di conseguenza
sposta il cuore. Il cuore è un organo che inizia la propria attività già dalle prime settimane di vita
intrauterina, dalla sesta-settima settimana di vita intrauterina con le sue sistole e diastole e lo fa
per circa ottanta volte al minuto per mediamente ottanta anni. Se non ci fosse un dispositivo come
un pericardio sarebbe un problema poiché andrebbe incontro ad usura. Si infiammerebbe si
ammalerebbe, invece il pericardio svolge un ruolo importantissimo in quanto è costituito da due
foglietti. Questi foglietti sono del tutto caratteristici: uno va a costituire il pericardio fibroso, più
esterno, quello che si ancora con i legamenti a diaframma, sterno, colonna vertebrale. Un altro
foglietto, che prende il nome di pericardio sieroso, riveste intimamente il cuore. Quindi due
foglietti, fibroso e sieroso. Addirittura, il pericardio sieroso è formato da due ulteriori foglietti. Uno
più esterno che si attacca al fibroso e che prende il nome di parietale. L’altro invece, quello che si
attacca al cuore e che lo circonda, prende il nome di viscerale.
Ricapitoliamo. Pericardio, utile per ancoraggio e fissità del cuore. E’ costituito da due foglietti: uno
più esterno, quello più robusto, il pericardio fibroso ed il pericardio sieroso meno robusto.
Quest’ultimo si divide a sua volta in due, uno più esterno applicato al fibroso ovvero il parietale,
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l’atro invece che si adagia fedelmente alla struttura cardiaca, prende il nome di viscerale. Tra i due
foglietti parietale e viscerale vi è uno spazio, questo spazio scuro, che è la cavità pericardica.
Questo spazio è riempito da pochi cm cubi di liquido pericardico. Questo liquido pericardico,
quindi il pericardio con la sua struttura, è un dispositivo che elimina l’attrito che si verrebbe a
creare per lo sfregamento del cuore con gli organi circostanti, quindi il cuore non si logora.
Vedremo che questo rappresenta una delle tre sierose del nostro organismo, sierose perché
producono il siero. In pratica questo liquido pericardico, ricco di proteoglicani ed acqua annulla
sostanzialmente l’attrito ed infezioni o infiammazioni a livello pericardico sono notevolmente
gravi, le pericarditi perché per diffusione si trasferiscono al muscolo cardiaco. Ricapitoliamo.
Esternamente il pericardio fibroso che costituisce un vero e proprio sacchetto, più internamente il
pericardio sieroso con un foglietto viscerale adeso al cuore ed un foglietto parietale adeso al
pericardio fibroso. Tra i due foglietti, parietale e viscerale, è presente il liquido pericardico.
Passiamo al cuore. Il cuore non è al centro del torace ma è rivolto a sinistra, infatti ha un asse di
circa 45 gradi che va dal dietro all’avanti, da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. Del
cuore noi possiamo descrivere, in questa visione, la cosiddetta faccia anteriore. Se mi giro,
sicuramente il cuore avrà un’ulteriore faccia, che è la faccia posteriore. Poi il cuore presenta una
base che io vedo quasi per niente in proiezione anteriore perché abbiamo detto che
l’orientamento è dal dietro all’avanti quindi non posso vederla. Per vederla dovrei osservarlo da
dietro. Quindi, faccia anteriore, posso osservare dei margini a stretto contatto con i polmoni:
margine destro, margine sinistro che confluiscono verso la punta o l’apice del cuore. Il cuore come
forma ricorda grossolanamente quella di un cono con la base rivolta all’indietro e l’apice rivolto in
avanti a sinistra. A questa osservazione posso apprezzare superficialmente dei solchi. Questi due
grandi solchi dividono la struttura del cuore in tre parti: partendo da destra, il solco che vi sto
tracciando, divide l’atrio di destra dal ventricolo di destra quindi prenderà il nome di solco atrio
ventricolare destro. La parte centrale, carnosa, è rappresentata dal ventricolo di destra. E il
ventricolo di destra è delimitato dal ventricolo di sinistra da un ulteriore solco che potremmo
chiamare solco interventricolare anteriore. Questa tripartizione della faccia anteriore del cuore
fornita dalla presenza del solco atrioventricolare e interventricolare anteriore mette in evidenza
che la struttura più grande e più rappresentata a forma di cono è quella del ventricolo destro.
Sempre in questa proiezione noi abbiamo descritto un pezzetto di atrio di destra, ventricolo di
destra e un pezzetto di ventricolo di sinistra ma non abbiamo citato un altro elemento ovvero
l’atrio di sinistra. Da questa proiezione si vede molto poco perché l’atrio di sinistra è piccolino e si
trova subito al di sopra del ventricolo di sinistra, come una piccola linguetta piccola, ed è questa
porzione. L’atrio di destra si vede anch’esso molto poco e, anche in questo caso, è come se fosse
una manina che abbraccia il ventricolo. Cosa sono queste due piccole porzioni che si apprezzano?
Queste due piccole porzioni sono le auricole, sono delle propaggini che si distaccano dall’atrio di
sinistra e dall’atrio di destra e vanno un po’ ad abbracciare i ventricoli. Quella di destra si apprezza
abbastanza bene ed è di forma triangola, quella di sinistra si apprezza meno perché è piccolina.
Tenete presente che questa porzione ridotta dell’atrio di sinistra è divisa dal ventricolo
corrispondente a sinistra sempre dal solco atrio ventricolare. A seconda dei libri di testo sia a
livello destro che a livello sinistra è indicato come solco coronario perché lungo questo solco vi
decorrono le arterie coronarie che sono le arterie che portano nutrimento al cuore.

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Il solco interventricolare anteriore su alcuni testi viene anche indicato con il termine di solco
discendente anteriore. Questo perché lungo questo solco vi decorre un ramo delle coronarie che
prende il nome di discendente anteriore. Quindi sono sinonimi. Margine destro e margine sinistro
confluiscono nella punta del cuore che si può apprezzare a livello grossomodo della quinta costa a
sinistra, lungo le linee del torace. Se uno ci appoggia la mano sente il cosiddetto itto della punta, il
battito cardiaco.
A livello del ventricolo destro, come vedete, origina l’arteria polmonare, quella che è diretta ai
polmoni per lo scambio gassoso. A livello del ventricolo sinistro l’aorta, che è il più grande vaso
arterioso, da cui originano tutti i rami destinati alla vascolarizzazione dell’intero corpo mentre in
questa proiezione della faccia anteriore potete vedere come a livello dell’atrio di destra giunge
dall’alto una vena importante perché porta tutto il sangue refluo della circolazione sanguigna da
parte del torace, arto superiore collo e testa, fino al cuore: vena cava superiore. In tale proiezione
non si può apprezzare che l’atrio di destra è raggiunto anche dalla vena cava inferiore che drena il
sangue refluo della circolazione di addome ed arti inferiori. A livello del peduncolo cardiaco
apprezziamo aorta che origina dal ventricolo di sinistra, l’arteria polmonare che origina dal
ventricolo di destra, vena cava superiore ma non vediamo vena cava inferiore come del resto non
vediamo anche le vene che giungono al cuore provenienti dalla piccola circolazione, ovvero le
vene polmonari che portano il sangue ossigenato. Sono in un numero di quattro e raggiungono
l’atrio di sinistra.
Giriamo il cuore, a questo punto apprezziamo la faccia posteriore. La faccia posteriore del cuore,
anteriormente, in base a quello che ci siamo detti sull’organizzazione del mediastino, si trova
subito al di dietro dello sterno e delle coste quindi può anche essere definita faccia sterno costale.
La faccia posteriore è quella che in qualche maniera abbiamo dedotto perché il cuore è
comodamente appoggiato sul diaframma e ne segue tutte le escursioni durante gli atti respiratori.
Questa faccia viene definita faccia diaframmatica del cuore. A questo punto possiamo riconoscere
e dedurre le varie caratteristiche. Qui è come se lo guardassimo da dietro. In alto apprezziamo gli
atri, in basso i ventricoli. Prima osservazione da fare, finalmente vediamo gli atri, vediamo che
sono globosi. Ora qui ci sono i vasi sanguigni.
All’atrio sinistro giungono le vene polmonari, destra e sinistra, all’atrio destro le vene cave
inferiore e superiore che non vedevamo anteriormente. Tra atrio destro ed atrio sinistro, troviamo
il solco inter-atriale. Se prima vedevamo in proiezione anteriore bene il ventricolo destro e meno
bene il ventricolo sinistro, nella faccia posteriore o diaframmatica del cuore, quello che appare
maggiormente rappresentato è il ventricolo sinistro. Poi vediamo il solco interventricolare
posteriore, perché ci troviamo dietro, e vediamo la presenza del ventricolo destro. Riconosciamo
pertanto il margine destro, il margine sinistro, e la punta o apice del cuore. In questo schema sono
ben rappresentate le strutture vascolari: arteria coronaria di destra, arteria coronaria di sinistra,
decorre poi anche lungo il solco atrioventricolare di sinistra e la parte venosa. Posteriormente
apprezziamo una grande vena, che prende il nome di seno coronario, che è responsabile del
trasporto del sangue refluo della circolazione cardiaca. La circolazione cardiaca è data dalle arterie
coronarie e dalle vene coronarie che, scambiato il sangue a livello tissutale, lo riportano al cuore.
In analogia alla vena cava superiore ed inferiore, anche esse sfociando all’interno dell’atrio destro
che riceve: vena cava superiore, vena cava inferiore e seno coronario.

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L’atrio sinistro riceverà le quattro vene polmonari provenienti dalla circolazione polmonare, dal
ventricolo destro parte l’arteria polmonare, dal ventricolo sinistro parte l’arteria aorta. Questi
sono tutti i vasi implicati a livello cardiaco.
Riassumendo dal punto di vista dell’emergenza dei vasi sanguigni possiamo dire che a livello
dell’atrio di destra giungeranno la vena cava superiore, la vena cava inferiore e seno coronario
(vena che trasporta il sangue refluo della circolazione coronarica a livello cardiaco). A livello del
atrio sinistro giungeranno le quattro vene polmonari provenienti dai polmoni, implicate nella
piccola circolazione dove si scambiano i gas. A livello dei ventricoli invece partono i vasi: a destra
emerge l’arteria polmonare, a sinistra si distacca l’arteria aorta.
Una volta che abbiamo l’organizzazione generale della superficiale del cuore, apriamo il cuore e
andiamo a verificare tutte le strutture in esso contenute. A livello dei solchi troviamo in
profondità elementi che vi corrispondono: per esempio, tra i ventricoli avevamo visto il solco
interventricolare che in profondità diventa un setto. Ventricolo destro e ventricolo sinistro quindi
non possono comunicare. Il setto sarà presente anche a livello degli atri (setto inter-atriale che
corrisponde al solco inter-atriale visto in superficie) quindi anche a livello dell’atrio possiamo
definire due parti del cuore che non comunicano assolutamente mentre sia a destra che a sinistra,
atrio destro, ventricolo destro, atrio sinistro, ventricolo sinistro comunicano grazie alla presenza di
strutture valvolari, le cosiddette valvole cardiache. Queste valvole sono tre a destra (tricuspide) e
due a sinistra (bicuspide). In sezione quindi osserviamo gli atri destro e sinistro, i ventricoli destro
e sinistro, le valvole e vediamo anche la parete cardiaca.
La parete cardiaca sinistra è tre volte superiore alla destra. Qui c’è logica. A destra c’è la piccola
circolazione e il sangue deve arrivare ai polmoni. A sinistra invece la gittata cardiaca deve portare
il sangue sino alle estremità degli arti inferiori e superiori quindi è necessaria una potenza
maggiore e ciò è realizzata con una fitta coltre di muscolatura. Se tutto questo circolo non viene
ben organizzato e ben fatto, le alterazioni si possono avere in pochissimi minuti a livello del nostro
organismo. Nel caso di alterazioni a livello dell’encefalo o del midollo spinale si possono avere
morte o invalidità perenne quindi la pressione deve essere molto alta.
La diffusione a livello dei tessuti, l’imbibizione di tutti i tessuti, la permeazione a livello cellulare va
fatta a bassa pressione, così si ha il tempo si scambiare, secondo dei principi fisici che si possono
applicare ai nostri sistemi biologici. Il sangue esce a fortissima pressione da un vaso sanguigno,
questo poi progressivamente si dirama, il calibro diminuisce sempre di più ma il letto aumenta e la
pressione cala moltissimo a livello capillare. Quindi circa un terzo a livello del ventricolo di destra
la riduzione dello spessore della parete. Possiamo osservare oltre questo aspetto strutturale
quindi la presenza delle valvole a destra ed a sinistra che sono del tutto particolari, hanno la forma
di un paracadute. Esse traggono la loro origine a livello dell’orifizio atrio ventricolare ovvero quel
foro che delimita la porzione atriale dalla porzione ventricolare. Lungo questo foro ed in
profondità si impiantano i lembi delle valvole. Questi lembi delle valvole, una volta che sono
impiantati, si dirigono al ventricolo ed attraverso delle corde, dei tiranti, si vanno ad attaccare ai
muscoli del ventricolo, che prendono il nome di muscoli papillari e sono tre a destra, in
corrispondenza delle tre cuspidi valvolari, e due a sinistra in corrispondenza delle due cuspidi
valvolari. Se guardate attentamente sono presenti anche altre valvole.

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Il ventricolo di destra si continua superiormente con l’arteria polmonare e sia a livello dell’arteria
polmonare che a livello dell’aorta sono presenti ulteriori dispositivi valvolari, le semilunari
aortiche e semilunari polmonari, che ricordano molto i nidi delle rondini. Anche in questo caso le
semilune sono ancorate al perimetro dell’aorta e dell’arteria polmonare e si aprono nel momento
in cui il sangue presente all’interno del ventricolo viene spinto verso la periferia: dacché sono
chiuse, si attaccano alla parete dei vasi e poi si riaprono. Se il sangue dovesse ritornare, queste
valvole a nido di rondine si aprono e il sangue si ferma e non ritorna al cuore. Sono dei seni, dei
veri e propri seni contenitori.
L’organizzazione delle valvole dunque è questa: i due muscoli papillari anteriore e posteriore,
corde tendinee, i lembi valvolari che si attaccano ai contorni dell’orifizio atrio ventricolare e
apprezziamo sia a destra che a sinistra le valvole semilunari, a destra polmonare a sinistra aortica.
Dal punto di vista dinamico, funzionale una volta che il sangue raggiunge gli atri, essi si riempiono
di sangue, aumenta un po’ la pressione e le valvole bicuspide e tricuspide si aprono. Aprendosi il
sangue è trasferito nel ventricolo che si riempie fino a non farcela più, le valvole si portano
gradualmente verso l’alto e si aprono a paracadute, chiudendosi, e il sangue viene contenuto, sia a
destra che a sinistra, interviene poi la sistole ventricolare, il ventricolo si spreme, il sangue deve
uscire dal ventricolo, molto volentieri ritornerebbe verso l’atrio, ma i paracaduti si aprono verso
l’alto e non si possono aprire totalmente perché sono tenuti dalle corde tendinee quindi l’unica via
d’uscita per il sangue a seguito della sistole ventricolare è quella dei grossi vasi, l’arteria aorta e
l’arteria polmonare.
Vedete bene la struttura del cuore internamente: verso il basso i muscoli papillari, intrecciati con
trabecole di diverso ordine e vedete le valvole semilunari. Vedete come sono fatte, sono costituite
da tre seni, destro, sinistro e posteriore, che nel momento in cui il sangue dal ventricolo si porta
nell’aorta, si attaccano con i loro lembi alla parete e il sangue fluisce verso l’esterno del cuore. Nel
momento in cui il sangue dovesse tornare indietro, e succede, perché la grande pressione fa si che
il sangue rimbalzi indietro. Nel momento in cui il sangue torna indietro, i seni si aprono e
intrappolano il sangue che non può più tornare indietro e questo succede sia a livello aortico che a
livello polmonare. Come vedete vi sono due orifizi a destra ed a sinistra che sono per il cuore, sono
quelli delle coronarie. Quando il sangue fuoriesce dal cuore a forte pressione, determina la
vascolarizzazione sistemica, di tutto l’organismo. L’unico organo che non viene vascolarizzato è
invece il cuore perché a livello dei seni aortici ci sono gli orifizi delle coronarie che vengono occlusi
da questi seni quindi non hanno la possibilità di essere permeati, attraversati dal sangue, mentre
nella diastole si aprono, contengono il sangue che lentamente fluisce attraverso gli orifizi delle
arterie coronarie nel cuore che è l’unico organo che viene vascolarizzato durante la diastole
ventricolare.
Devi sapere bene bene bene il cuore.

48
CUORE, PARTE II

Il cuore si trova all’interno della cavità toracica, nel mediastino, compreso tra le due logge
pleuropolmonari ed è situato nel mediastino anteriore inferiore. Ha un orientamento che va da
destra a sinistra, dall’alto verso il basso e dal dietro all’avanti. In questa maniera possiamo
distinguere una faccia anteriore o sterno costale, una faccia posteriore o diaframmatica, due
margini uno destro ed uno a sinistra, la punta è l’apice e, siccome abbiamo conferito al cuore una
forma grossolanamente conica, avrà anche una base. La base, in proiezione anatomica non
possiamo vederla perché si trova posteriormente.

Anteriormente lungo la faccia sterno costale possiamo vedere due solchi:

- Coronario o atrio ventricolare che divide gli atri dai ventricoli;


- Un solco grossomodo perpendicolare al coronario che prende il nome di discendente
anteriore o longitudinale anteriore o interventricolare che divide il ventricolo destro dal
ventricolo sinistro.

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Anteriormente gli atri sono un po’ nascosti ma quello che riusciamo a vedere sono due piccole
porzioni, le auricole, maggiormente a destra, in maniera leggermente minore a sinistra.
Posteriormente possiamo apprezzare anche le gibbosità degli atri. Agli atri giungono vasi, in
particolare la vena cava superiore ed inferiore al destro, a sinistra invece vedremo l’arrivo delle
quattro vene polmonari. A livello dei ventricoli si dipartono invece i due grandi vasi arteriosi:

- Arteria polmonare per quanto riguarda il ventricolo di destra, destinata alla piccola
circolazione;
- Aorta dal ventricolo di sinistra, destinata invece alla circolazione sistemica.

Abbiamo visto che il cuore è rivestito da una struttura fibrosa esternamente (pericardio fibroso),
più in profondità il pericardio sieroso (che rappresenta una delle tre sierose del nostro organismo),
secernente, tra i due foglietti pericardici sarà presente il liquido pericardico. Il foglietto viscerale
del pericardio prende anche il nome di epicardio e lo troviamo a livello della parete esterna.
Essendo un organo cavo potremmo distinguere, come avviene per tutti gli organi cavi, una
distinzione di tonache.

- Più esternamente sarà quindi presente l’epicardio.


- La cavità cardiaca, a livello degli atri e dei ventricoli, sarà caratterizzata dalla presenza di
endotelio particolare simile a quello dei vasi sanguigni ma che prende il nome di
endocardio.
- Questi due foglietti periferici ed interno, epicardio ed endocardio sono sottili e
comprendono la parte più robusta e muscolare del cuore, il miocardio.

Il miocardio è quindi la parte più abbondante del cuore, sarebbe la tonaca media (volendo porla in
analogia con gli altri organi cavi) ed è costituita da tessuto muscolare specifico del cuore: tessuto
muscolare striato cardiaco. Il tessuto muscolare cardiaco è striato come il tessuto muscolare dei
muscoli scheletrici ma ha caratteristiche differenti.

Iniziando dalla periferia vedete l’epicardio, con un mesotelio molto sottile con cellule piatte, al di
sotto delle cellule troviamo invece la lamina sottomesoteliale, costituita da tessuto connettivo
ricco di grasso e questo grasso fa molto bene a livello cardiaco. Funge da ammortizzatore nel
momento in cui il cuore lavora, quindi durante le sue rivoluzioni il cuore attutisce gli urti
attraverso la presenza di tessuto adiposo. Poi vede questa lamina di tessuto sottomesoteliale è ricca
di vasi sanguigni. I vasi sanguigni non sono altro che i vasi che andranno a vascolarizzare il cuore
quindi provengono dalle arterie
coronarie. Subito al di sotto
dell’epicardio vedete, dal punto di
vista della colorabilità molto colorato
e ben stipato, è presente il miocardio
costituito da tanti fasci di cellule
muscolari cardiache che per la loro
caratteristica bandeggiatura, striatura,
entrano a far parte dei tessuti
muscolari striati. Come però è
possibile vedere con particolari

50
colorazioni, oltre alla bandeggiatura, alla striatura, ci troviamo difronte a delle strutture più
robuste e colorate diversamente.

Questi non sono altro che i limiti di demarcazione tra una cellula e l’altra e sono rappresentate dai
cosiddetti dischi intercalari ovvero si intercalano tra le cellule, ma non si tratta di elementi diversi
dalle cellule del miocardio, sono ispessimenti della membrana cellulare che determina una
giunzione molto stretta tra una cellula e l’altra. Queste cellule sono estremamente caratteristiche da
un punto di vista morfologico perché si possono sfioccare a ipsilon o addirittura ad x, quindi
ciascuna cellula prende contatti con un’altra cellula o più cellule. Di conseguenza l’impulso
contrattile, presente all’interno di queste cellule, viene trasferito attraverso questi sistemi di
giunzione, da una cellula all’altra. Da un punto di vista funzionale è molto raro, un po’ come le
cellule del tessuto striato muscolare striato scheletrico. Le cellule del muscolo scheletrico sono del
tutto particolari. Hanno la loro striatura ma durante l’accrescimento non raggiungono mai la
divisione cellulare. Nel muscolo quadricipite, ad esempio, ci troviamo con delle cellule con
all’interno centinaia di nuclei. Questo perché l’informazione contrattile, a livello della cellula, è
molto più rapida se non ci sono interruzioni. Si parla di un sincizio anatomico, ovvero un insieme
di tante strutture collocate all’interno di un’unica cellula.

Nel cuore questo non succede perché le cellule sono molto più piccole (a livello di un micrometro)
e sono mononucleate ovvero hanno un solo nucleo. Però vi sono queste interruzioni ma queste
interruzioni sono del tutto particolari, perché consentono, mediante la loro funzione, alle
membrane plasmatiche, di trasferire dal punto di vista chimico, l’informazione alla contrazione
alle proteine coinvolte in questa funzione in maniera estremamente rapida. Quindi è un sistema di
comunicazione molto rapido che preserva le cellule perché se su un muscolo scheletrico rompiamo
una cellula ovviamente questa cellula non funzionerà più. Questo lusso non possiamo
concedercelo a livello del cuore quindi le cellule sono più piccole e se pur vengono lesionate
gruppi di poche cellule non succede niente. E’ un sistema di difesa del cuore.

Qui osserviamo in disposizione longitudinale a forte ingrandimento, vediamo la caratteristica


bandeggiatura. Circa il 90-95% del miocardio è costituito da queste cellule con un’abbondante
striatura dovuta alla presenza di proteine contrattili che sono molto ben organizzate e la funzione
di questo miocardio è quella di produrre sostanzialmente la contrazione cardiaca quindi è un
lavoro continuo. Vi ricordo che il cuore, già nelle prime settimane di vita intrauterina inizia a
funzionare, quindi queste cellule devono funzionare tanto, la contrazione deve venire settanta
volte al minuto per ottant’anni. Per questo motivo la maggior parte del cuore viene indicata come
miocardio comune, su alcuni testi si trova anche miocardio da lavoro. Se andiamo ad osservare al
microscopio elettronico l’organizzazione ultrastrutturale vediamo subito come il citoplasma delle
cellule, dei miocardiociti, sia occupato totalmente da queste strutture che stiamo osservando
caratterizzate da tante proteine lineari con un’alternanza di chiari e scuri. E’ evidente che queste
proteine, coinvolte nella contrazione muscolare, a seconda della loro sovrapposizione, più saranno
sovrapposte più saranno elettrondense, scure. Più saranno distanziate e più appariranno zone più
chiare. Possiamo apprezzare questa bandeggiatura di chiari e scuri e sono presenti anche a zig zag
queste strutture molto elettrondense e queste sono le strutture che si pongono tra una cellula e
l’altra e consentono il passaggio dell’informazione contrattile da una stessa cellula a quella che gli
sta vicino. Vedete come i mitocondri vengano stipati lateralmente, all’interno sarà presente una

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grande quantità oltre che di mitocondri anche di elementi in grado di acquisire tutto ciò che è
contenuto nel sangue. Essendo un tessuto che ha bisogno di metaboliti è chiaro che dovranno
essere presenti tante pompe ioniche in grado di consentire il passaggio dei metaboliti dal sangue
alle cellule.

Andando ad analizzare attentamente questo zig zag che si viene a costituire tra le cellule, vedete
sono elementi di giunzioni come fascia aderens e desmosomi. Questa caratteristica l’abbiamo vista
nei tessuti epiteliali. Queste caratteristiche giunzioni erano tipiche dei tessuti epiteliali. Da un
punto di vista embriologico il tessuto cardiaco ha un’origine diversa dal tessuto epiteliale così
come il tessuto muscolare, così come il tessuto nervoso quindi è una specificità del tessuto
muscolare che prevede dispositivi molto simili a quelli del tessuto epiteliale.

Se lo osserviamo diciamo in senso longitudinale vediamo questi miocardiociti in stretto rapporto


con i vasi sanguigni che devono portare costantemente il nutrimento, il sostegno alle cellule, senza
alcuni elementi fondamentali il muscolo non può funzionare.

Se noi guardiamo la stessa immagine


tagliata trasversalmente, vedete ogni
cellula è a stretto rapporto anche in
questo caso con i vasi sanguigni.
Questo ci fa capire di quanto apporto
nutritizio abbia bisogno la cellula.
Lesioni a livello del muscolo
comportano una copiosa perdita di
sangue poiché ogni fibrocellula
muscolare è circondata da una grande
quantità di capillari sanguigni.

Alla microscopia elettronica vediamo


i mitocondri e tutti questi puntini che
vedete non sono altro che delle
proteine molto lunghe che vengono
sezionate trasversalmente e quindi la
loro sezione assume una forma a
puntino. A livello dell’organizzazione
di queste proteine contrattili, le stesse
sono ben organizzate ed ordinate. Ce
ne sono alcune che si sovrappongono
e vanno a costituire delle zone più
scure, altre che sono meno
sovrapposte e costituiscono zone più
chiare ma esiste un limite, vedete
questi limiti molti scuri e ramificati
che non sono altro che l’estensione di questa unità al limite della quale queste proteine lunghe,
filamentose si ancorano quando si allargano. Queste sono le cosiddette linee Z. Le proteine
raggiungono le linee Z e si attaccano.
52
Vediamo schematicamente come sono organizzate. Questo vale sia per il muscolo scheletrico sia
per il cuore. L’organizzazione delle proteine all’interno del tessuto muscolare striato è
sostanzialmente la stessa. C’è la porzione muscolare. All’interno della cellula sono presenti tutte le
caratteristiche che abbiamo elencato: i mitocondri, le proteine contrattili che sono realizzate un po’
diversamente. Se le analizziamo attentamente, sono diverse per lo spessore. Alcune vengono
definite proteine spesse, altre sottili. Questi elementi si ravvicinano e vanno costituire quella che è
una miofibrilla che consta della sovrapposizione di tanti “spaghetti”. All’osservazione possiamo
individuare le linee Z alla periferia di questo elemento. All’interno una serie di legamenti spessi e
legamenti sottili che si sovrappongono.

La linea di mezzo qui indicata il nero, la linea M, indica il mesoframma, diaframma che riesce a
suddividere questa unità in due parti uguali, speculari. Ai lati del mesoframma vediamo un’area
in cui la parte più periferica è scura, la parte in prossimità della linea è più chiara. Se guardate
attentamente vedete però che a livello della banda A vi sono alcuni punti in cui le proteine a

53
filamento spesso e le proteine a filamento sottile si sovrappongono e danno luogo ad una parte
molto scura in microscopia elettronica mentre vi sono punti in cui il filamento spesso non è
sovrapposto dal filamento sottile. E se andiamo alla periferia possiamo osservare che il filamento
sottile non è sovrapposto al filamento spesso fino al raggiungimento della linea Z. Quindi
troveremo intorno alla linea Z un’ulteriore banda più chiara perché non vi è la sovrapposizione tra
queste proteine. Di conseguenza le due bande, A e I, sono quelle che dal punto di vista della
microscopia elettronica presentano la colorazione più scura. Banda A o anisotropa, banda I o
isotropa. Quindi lo scorrimento di queste proteine ovviamente determina dal punto di vista
morfologico ed ultra strutturale la possibilità di avere aree A o I più o meno grandi, più o meno
corte a seconda delle sovrapposizione delle stesse. Questa sovrapposizione è fondamentale e
dovuta al legame che possono contrarre i filamenti sottili ed i filamenti spessi. Abbiamo filamenti
sottili che sostanzialmente sono costituiti dalle proteine che in questo caso possono essere
organizzate in maniera particolare. Abbiamo il coinvolgimento di due proteine. Abbiamo una
sorta di filo di ferro al quale si attaccano le molecole dalla forma sferica. La tropomiosina lega le
perle e quindi si realizza una sorta di collana di perle che viene attorcigliata. Dal punto di vista
macroscopico li apprezziamo come filamenti, ma, dal punto di vista biomolecolare, la caratteristica
è questa. Per quanto riguarda la miosina, il filamento più spesso, andando ad analizzarla a più
forte profondità questi filamenti vediamo che sono costituiti da una struttura che si ripete tante
volte e si avvicina. La miosina è costituita da una mazza con una testa, ricorda un po’ una mazza
da golf. La possibilità del movimento si deve a dei legami che si formano tra la molecole lineare
della testa di miosina che può addentare, quindi tutte queste molecole di miosina sono attaccate
l’una all’altra e vedete che emergono le teste. Le teste sono quelle che si potranno legare con
l’actina. Una volta che si legano con l’actina potranno spostarsi e determinare lo spostamento della
molecola.

Quando le molecole
si contraggono, le
linee che abbiamo
osservato come la
banda A e la banda I,
riducono la propria
estensione,
diventando più corte
si realizza la
contrazione. Questa è
l’unità funzionale di
tutti i muscoli, il
sarcomero. Il
sarcomero non è altro
che la
sovrapposizione di
tante fibre
filamentose, alcune
spesse, altre sottili che possono scorrere una sull’altra, grazie a dei legami importanti che

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avvengono tra actina e miosina. Poi ci sono tantissime altre proteine che avvengono su questo
aspetto della contrazione ma le più importanti sono queste, l’actina e la miosina. Vedete il
sarcomero quando è rilasciato ha una sua estensione. Se andiamo a verificare l’estensione delle
varie bande, nel momento in cui il sarcomero si contrae, le linee Z si avvicinano, avvicinandosi si
assiste alla sovrapposizione dei filamenti spessi e dei filamenti sottili quindi un notevole aumento
della banda A e una notevole riduzione della banda I. Affinché tutto questo possa avvenire è
importante e fondamentale la presenza dello zucchero e del calcio. Il glucosio viene sottoposto ad
un ciclo di trasformazione che porta alla formazione di una molecola di ATP, che è l’energia per
tutte le funzioni della cellula, questa energia viene recuperata grazie alla rottura dei legami
dell’ATP che può rilasciare uno o due fosfati. Quando si realizza questa reazione si libera energia
chimica che viene utilizzata da tutte le cellule ma in particolare dal sarcomero quindi dalle cellule
muscolari.

Il secondo elemento importante è il calcio. Senza gli ioni calcio non si realizza la contrazione
muscolare. Quelle malattie che presentano alterazioni al metabolismo del calcio si riflettono sulla
vita cardiaca. Pensate al tetano, che è una malattia che colpisce i muscoli che vanno incontro a
paralisi perché vengono bloccati i canali del calcio.

Le teste presenti a livello della miosina hanno la possibilità di legarsi alla actina, in presenza
dell’ATP c’è tutta l’energia per far scorrere le molecole una sopra l’altra. Quindi la sommatoria di
tutti questi accorciamenti a livello del sarcomero di tutte le cellule muscolari, alla fine,
complessivamente, diventa la contrazione del muscolo. Il muscolo diviene più tozzo proprio per
maggiore sovrapposizione di queste proteine contrattili.

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La cellula muscolare, affinché possa
beneficiare dei metaboliti necessari alla
contrazione, è organizzata in maniera
del tutto particolare. Intorno alla cellula
è presente un involucro che prende il
nome di sarcolemma. Internamente si
vengono a costituire una serie di tubuli
che vengono denominati T poiché sono
a decorso trasversale rispetto alle
miofibrille, all’interno di questi tubuli
viene veicolato tutto quello che serve
alla cellula stessa quindi sono delle
cisterne che accumulano gli ioni calcio
che si portano a stretto contatto con la
membrana plasmatica e con i capillari
quindi viene acquisito il calcio, lo
zucchero sotto forma di glicogeno che va
ad imbibire tutto l’ambiente. Nel
momento in cui attraverso queste cisterne viene riversato anche lo ione calcio si realizza la
contrazione che quando il citoplasma non può beneficiare del calcio, cessa.

Nel miocardio possiamo trovare anche altri tipi di cellule. Si tratta sempre di cellule muscolari che
però si sono organizzate per altre funzioni. Qui ci troviamo difronte ad una cellula particolare.
Riconoscete il nucleo. Questi cosa sono? Dove c’è alternanza di chiari e di scuri? I sarcomeri però
vedete la cellula dà spazio anche ad altri elementi. Di solito ha bisogno di una grande quantità di
granuli. Queste cellule ricchi di granuli non hanno come funzione la contrazione, pur possedendo i
sarcomeri ma hanno quella di produrre queste vescicole all’interno delle quali è presente il peptide
natriuretico atriale. Questo è importantissimo perché viene riversato nel sangue e svolge la
propria azione a livello del rene. L'ANP è coinvolto nel controllo omeostatico di acqua, sodio,
potassio e grasso presenti nell'organismo. Quando un organo o una ghiandola elaborano qualcosa
e lo riversano all’interno del sangue questa ghiandola o quest’organo vengono detti endocrini.
Quindi queste cellule vanno a costituire il cosiddetto cuore endocrino. Quindi una attività del
cuore di tipo endocrino che si manifesta con la produzione del peptide natriuretico atriale che è
coinvolto nella regolazione della produzione dell’urina. Queste cellule sono studiate inizialmente a
livello dell’atrio di destra perché sono molto abbondanti ma è stato dimostrato che sono anche a
sinistra ed in quantità ancora minore sono presenti a livello dei ventricoli.

C’è una parte del cuore invece che è destinata ad una funzione diversa. Abbiamo visto che il
miocardio comune è destinato al lavoro contrattile. Una piccola componente del miocardio è
rappresentano dalle cellule de granuli preposte alla produzione dell’ANP. Questo ultimo citodimo
va a costituire un raggruppamento di cellule posizionate in maniera ordinata destinate invece ad
una funzione di conduzione dell’impulso contrattile, che prende il nome di cellule specifiche
proprio perché in maniera specifica si occupano di questa funzione di conduzione e nel loro
insieme questi raggruppamenti di cellule disseminate in aree specifiche del cuore, andranno a
costituire il sistema di conduzione del cuore. Si tratta di raggruppamenti di cellule localizzate in
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punti specifici che però non possiamo definire cellule diverse. Sono tutti miocardiociti ciascuna
delle quali si è specializzata in un tipo di mestiere: una per la contrazione, una per la secrezione
endocrina e l’altra per la conduzione. Sono abbastanza piccole, presentano una piccola
componente di striatura quindi all’interno le proteine contrattili sono presenti, non sono
abbondanti ma si apprezzano. Svolgono un ruolo un po’ come le cellule del tessuto nervoso, una
sorta di conduzione. Cosa fanno queste cellule? Pur rimanendo cellule muscolari cardiaco, hanno
perso all’interno del citoplasma grande componente di proteine contrattili, quindi ne hanno molto
poche, ma hanno acquisito una capacità diversa, che si esercita a livello della membrana
plasmatica. Sono in grado di depolarizzare facilmente la propria membrana perché posseggono
una grande quantità di pompe ioniche superiori a quelle del miocardio comune. Quindi ricordano
per questi aspetti le cellule nervose, i neuroni, che hanno la possibilità di trasmettere l’impulso
dalla periferia al centro e dalla periferia al centro perché sono dotati di tantissime pompe ioniche e
grazie a queste il flusso di ioni attraverso la membrana crea costantemente una differenza di
potenziale.

Il rivestimento interno del cuore, la tonaca più intima, è rappresenta da un endotelio che
chiameremo endocardio. L’endocardio sarà costituito da cellule endoteliali piatte che poggiano su
una lamina di tessuto connettivo, che è una membrana basale sostanzialmente. L’endocardio
all’interno delle cavità cardiache, riveste le pareti comprese le valvole. Le valvole sono tutte
rivestite di questo endocardio.

Dal punto di vista strutturale un altro elemento importante è il cosiddetto scheletro fibroso del
cuore. Fibroso
sottolinea
l’aspetto della sua
costituzione, di
tessuto connettivo
fibroso. Da esso
traggono origine
tutti i muscoli del
cuore stesso. A
livello dei
ventricoli i
muscoli
ventricolari e
papillari a livello
degli atri la
muscolatura
atriale, e come è
organizzato
questo scheletro
fibroso? Ciascuna
apertura
atrioventricolare e
ciascuna valvola
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semilunare è tonda quindi avrà un anello molto grande a sinistra, un altro anello molto grande a
destra, canali più piccoli destinati all’aorta ed alla polmonare quindi a livello di questi anelli fibrosi
si ancorano a sinistra le due cuspidi o lembi valvolari, a destra le tre cuspidi mentre a livello
aortico e polmonari i lembi della aorta e polmonare che si ancorano alla periferia di questi anelli,
anelli fibrosi molto robusti. Inoltre questo apparato scheletrico è unito da tessuto connettivo
fibroso. Non sono sparpagliati questi anelli all’interno del cuore ma sono uniti come vedete da
tessuto connettivo fibroso che unisce ventricolo sinistro e ventricolo di destra, vedete c’è unione tra
gli osti atrioventricolare e quelli delle valvole semilunari aortica e anche la valvola semilunare
aortica, attraverso lo scheletro fibroso è unita a quella polmonare da un semplice legamento che
prende il nome di legamento del cono. Questo legamento o tendine del cono tiene uniti vasi
arteriosi che emergono, l’arteria aorta e l’arteria polmonare. Si vengono a costituire dei legacoli a
sinistra e destra che costituiscono questo apparato scheletrico. Questo è molto importante perché
darà attracco a tutti i lembi laterali ed anche ai muscoli cardiaci.

Qui abbiamo privato il tessuto muscolare, vedete molto bene lo scheletro fibroso. L’anello fibroso a
sinistra, quello a destra l’unione con l’anello fibroso dell’aorta. Se guardo in proiezione anteriore e
mi pongo su un piano vedete come gli anelli fibrosi, destro e sinistro, possano giacere sullo stesso
piano, così come l’anello fibroso dell’aorta, mentre, se osserviamo l’anello fibroso polmonare, esso
è posizionato più in alto rispetto agli altri. Anche in questa proiezione possiamo vedere come
questo apparato sia attraversato da questo elemento giallo, andiamo a capire di che si tratta.

Andiamo a vedere quali sono i vasi che vascolarizzano il cuore. Studiando l’anatomia interna del
cuore abbiamo potuto apprezzare gli atri, i ventricoli, abbiamo visto che a livello ventricolare
quello di sinistra presenta una parete molto più ampia di quello di destra, abbiamo visto che i
muscoli papillari si ancorano ai due lembi della valvola tricuspide a destra, a sinistra si collegano
alla bicuspide
dopodiché anche
le valvole
semilunari
aortica e
polmonare.
Come ricorderete
dal punto di vista
morfologico si
tratta di quelle
che abbiamo
chiamato anche a
nido di rondine,
che si applicano
agli angoli dei
lembi quindi
avremo queste
tre strutture a
forma di seni sia
a livello
58
dell’aorta che a livello dell’arteria polmonare.

Io mi soffermerei a livello dell’aorta. Vedete questi tre seni, destro, sinistro e posteriore, non sono
tutti uguali. Il seno aortico superiore, con la sua costituzione, è molto simile ai seni presenti a
livello della polmonare mentre il seno aortico di destra e di sinistra presentano un orifizio. Vi
avevo già anticipato che era importante perché da lì prende origine la vascolarizzazione del cuore
attraverso le arterie coronarie. Quindi a livello di questi orifizi, in corrispondenza del seno aortico
di destra, l’arteria coronaria di destra, in corrispondenza del seno di sinistra, l’arteria coronaria di
sinistra. Queste sono le due arterie responsabili della vascolarizzazione del cuore. Originano
direttamente dal primo tratto dell’aorta che è l’aorta ascendente, ed è in questo modo la prima
vascolarizzazione del cuore. Il cuore è egoista quindi prima di dar luogo alla vascolarizzazione
degli altri organi, pensa a se stesso mediante l’arteria coronaria di destra e l’arteria coronaria di
sinistra quindi trae origine a livello dell’orifizio dell’arteria coronaria, dopodiché si porta a
vascolarizzare il cuore.

L’arteria coronaria di destra emerge dall’aorta ascendente, si impegna a livello del solco atrio
ventricolare o coronario destro, e procede nel suo decorso lungo questo solco. Potrà pertanto
fornire rami per l’atrio destro e rami per il ventricolo destro. Uno dei rami al quale dobbiamo fa
riferimento, è un ramo per il nodo senoatriale. Dopodiché si porta in prossimità del margine
destro del cuore dove potrà fornire il ramo marginale, vedete che si porta verso il basso per
vascolarizzare il ventricolo di destra. Gira, proseguendo il suo decorso lungo il solco coronario o
atri
o
ven
tric
ola
re.
Gir
a,
pro
ced
e
nel
suo
dec
ors
o e
si
im
peg
na
nel
sol

59
co longitudinale posteriore o discendente posteriore. In questa maniera discendendo da luogo al
ramo discendente posteriore o interventricolare che potrà fornire rami per il ventricolo sinistro e
rami per il ventricolo destro.

Ricapitoliamo. L’emergenza decorre lungo il solco atrio ventricolare anteriormente, fornendo rami
per l’atrio destro ed il ventricolo destro, anche un ramo nodale, a livello del margine fornisce il
ramo marginale destro, prosegue il suo decorso posteriormente sempre nel solco atrioventricolare,
si impegna nel solco longitudinale posteriore o discendente per dare l’arteria […] quindi la
vascolarizzazione del ventricolo di sinistra ed il ventricolo di destra. Bisogna aggiungere anche che
l’arteria coronaria destra, con il suo ramo interventricolare posteriore, dà anche rami perforanti,
profondi, quelli che vanno a vascolarizzare il setto interventricolare. Quindi anche il setto
interventricolare è vascolarizzato. Chi se ne occupa? La discendente posteriore.

Passiamo all’arteria coronaria di sinistra. L’arteria coronaria di sinistra, subito dopo la sua
emergenza, dopo circa 1cm, si divide in due parti. Qui ci troviamo nella sua porzione anteriore.
60
Emerge dall’aorta e si divide da un tronco comune in discendente anteriore o interventricolare
anteriore che potrà fornire rami per il ventricolo sinistro, per il ventricolo destro e rami per la
punta del cuore. Torniamo al tronco comune che darà anche un altro ramo, il cosiddetto ramo
dell’arteria circonflessa. L’arteria circonflessa decorre lungo il solco atrio ventricolare a destra,
emette un ramo marginale lungo il margine sinistro, si porta posteriormente, e finalmente si
risolve terminando [nel ramo ventricolare posteriore?]…diversi danno
luogo…destra…discendente posteriore. Nella norma…

Dobbiamo aggiungere che a livello dell’arteria discendente anteriore o interventricolare anteriore


anche in questo caso verranno emessi dei rami perforanti, sempre per il setto. Quindi il setto potrà
essere vascolarizzato in parte dal discendente posteriore e in parte dal discendente anteriore.

Il sangue refluo della circolazione coronarica attraverso le vene cardiache che svolgono lo stesso
decorso delle arterie che abbiamo descritto andranno a confluire posteriormente a livello del seno
coronario per sfociare all’interno dell’atrio di destra. Abbiamo detto che l’atrio destra riceva la
vena
cava
superi
ore, la
vena
cava
inferi
ore e
il seno
coron
ario.
La
circol
azion
e
reflua
coron
arica è
garant
ita
dalle
vene
cardia
che.
Le vene cardiache si risolvono in confluenza con il seno coronarico all’interno del ventricolo di
destra. Il seno coronarico si viene a realizzare dalla confluenza di tutti i rami venosi provenienti
dalla circolazione reflua coronarica.

61
62
SISTEMA DI CONDUZIONE CARDIACO

Il sistema di conduzione cardiaco si realizza grazie a quel tessuto specifico che abbiamo prima
osservato che si avvale di agglomerati di cellule specifiche che dovranno condurre l’impulso
contrattile lungo tutte le varie vie del cuore. Il primo sistema che interviene nella conduzione è
dato dal nodo seno atriale. Alla base della vena cava superiore vi è questo nodo seno atriale, quello
che è vascolarizzato dall’arteria coronarica di destra. In esso è localizzato il pacemaker cardiaco, il
contapassi, quello che da via alla contrazione. Vedete, questo pacemaker è collegato ad un secondo
nodo, il nodo atrioventricolare. Viene raggiunto, questo secondo nodo, grazie alla presenza di tre
fasci internodali: anteriore, posteriore e medio e ha lo scopo di formare la conduzione del cuore. Il
nodo atrioventricolare è posizionato nella fascia mediana dell’atrio di destra in prossimità
dell’orifizio atrio ventricolare. Quindi quasi a livello dell’apertura tra atrio e ventricolo. Da questo
cosa succede? Si distacca un fascio e quindi il sistema procede nel fascio, il fascio di His o fascio
interventricolare. Si porta verso il basso e si divide in due parti: una porzione destinata al
ventricolo destro, una porzione destinata al ventricolo di sinistra. Poi queste due porzioni, le

63
branche, si risolvono in una fitta rete, rete di Purkinje. Questa rete, con le sue terminazioni, ha lo

64
scopo di raggiungere i muscoli papillari e non solo, anche il resto della muscolatura ventricolare

65
poiché, in questa maniera, arriva l’indicazione alle cellule del miocardio che devono contrarsi,
dando luogo alla sistole ventricolare. Schematicamente, nodo senoatriale, tre fasci, che
raggiungono il nodo atrio ventricolare. Il nodo atrioventricolare, il fascio di His, siamo in
corrispondenza del setto, perfora lo scheletro fibroso del cuore e si dividerà in una branca destra e
una branca sinistra. Quell’elemento in giallo quando abbiamo spiegato lo scheletro del cuore è
proprio questo, il fascio di His che sostanzialmente ha come compito quello di sollecitare tutta la
muscolatura ventricolare. A quel punto si ha la possibilità di far spremere il ventricolo per far
uscire il sangue al di fuori del cuore. Vedete, non vi ho citato un fascio che dall’atrio di destra si
porta all’atrio di sinistra. L’atrio di destra grazie a questo sistema, si depolarizza, i ventricoli si
depolarizzano, l’atrio di sinistra sarebbe rimasto povero di sistema di conduzione. Invece no, c’è
un fascio, chiamato fascio di Bachmann che si porta direttamente all’atrio di sinistra. Questo
passaggio determina un rallentamento […] questi fenomeni sono dei fenomeni che possiamo
registrare con l’elettrocardiogramma. Ponendo degli elettrodi si registra la polarizzazione e
depolarizzazione di tutte le porzioni del cuore. C’è una progressiva polarizzazione, attività che si
trasferisce dall’atrio di sinistra e di destra ai ventricoli di sinistra e di destra, che dà luogo alla
sistole ventricolare. Possiamo realizzare la registrazione del suono seno atriale a livello della
muscolatura dell’atrio, a livello del nodo atrioventricolare e del fascio di His, a livello della branca
destra e sinistra nonché a livello delle fibre del Purkinje. A quel punto abbiamo […] quello che
vediamo in questo grafico dove la prima porzione rappresenta la contrazione degli atri, che è
abbastanza lunga, dopodiché si impenna la registrazione. L’eccitazione passa a livello ventricolare
con questa QRS. In alcuni questi Q non esiste proprio, da P si passa direttamente ad RS, ed infine
la ripolarizzazione di tutto il sistema ventricolare. L’elettrocardiogramma registra tutti i fenomeni
che si realizzano a livello della muscolatura cardiaca e anomalie a carico di questo sistema
andranno a causare una cattiva contrazione o a livello atriale o a livello ventricolare o un ritardo
della ripolarizzazione.

66
Apparato urinario

L’apparato urinario è fondamentalmente per l’eliminazione e la produzione, funzione questa necessaria per
eliminare dal nostro organismo dei composti che se acculati potrebbero divenire tossici e si allude con ciò
soprattutto ai composti azotati, frutto del metabolismo delle proteine perché nella struttura delle proteine
che sono fatte di unità monomeriche chiamate amminoacidi, sono presenti i gruppi amminici che si
uniscono ai gruppi carbossilici mediante legame peptidico. La presenza di questi gruppi amminici determina
la produzione di metaboliti che sono il frutto del metabolismo delle proteine che devono essere eliminato.
Una delle funzioni dell’urina è eliminare questi composti. Quando parliamo in realtà dell’apparato urinario
noi intendiamo diverse componenti, diversi organi. Gli elementi più importanti che contraddistinguono
questo apparato sono i reni, gli ureteri, anch’essi in numero di due, due condotti che consentono all’urina
di lasciare il rene ed essere convogliata ed avviata verso la vescica dove viene temporaneamente
accumulata e l’uretra che consente lo sbocco dell’apparato all’esterno e l’eliminazione all’esterno
dell’urina. Ora cerchiamo di entrare nel merito. Intanto volendo entrare nel merito, sono stata un po’
superficiale nella definizione della funzione dell’eliminazione dell’urina in termini di eliminazione dei
composti azotati perché in realtà la funzione è piuttosto complessa perché si tratta di svolgere un’azione di
filtrazione del sangue quindi una funzione di filtrazione finalizzata si all’eliminazione di questi composti, ma
anche ad un controllo accurato della quantità di liquidi. Inoltre la funzione dell’apparato è anche quella,
andando a regolare ad esempio il PH del sangue e la concentrazione di ioni, di mantenere un certo
equilibrio nell’ambito del sangue che si traduce anche in una fine regolazione della pressione sanguigna.

• Filtrazione, Escrezione, eliminazione di composti azotati ed acqua


• Regolazione della concentrazione ionica
• PH del sangue
• Pressione sanguigna

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Oltre a questo c’è anche la produzione di ormoni di sostanze con funzione ormonale o comunque che
svolgono una funzione endocrina tra cui per esempio la renina entra in gioco nella regolazione della
concentrazione ionica e della pressione sanguigna e l’eritropoietina che regola la produzione degli
eritrociti. Quali sono gli elementi che contraddistinguono l’apparato urinario?

• I reni
• Si parla in genere di vie urinarie che sono:
▪ Calici che distingueremo in calici minori e calici maggiori
▪ Pelvi renale anche chiamata bacinetto renale ed anche in questo caso in numero di
due:
▪ Ureteri;
▪ Vescica
▪ Uretra

Questo è l’elenco di tutti gli organi che fanno parte di questo apparato. Volendo dare una definizione di vie
urinarie esse iniziano in corrispondenza dei reni e in corrispondenza dei reni ci sono i calici, la pelvi o
bacinetto renale e poi gli ureteri che abbiamo detto vanno a sboccare nella vescica dove l’urina viene
accumulata in attesa di essere messa all’esterno tramite l’uretra. Cerchiamo adesso di localizzare queste
componenti che vi ho elencato. Qui vediamo le componenti nell’ambito di un individuo di sesso maschile.
Sono presenti i reni e parte degli ureteri in una posizione che possiamo definire addominale. A livello
dell’addome troviamo i due reni e parte degli ureteri. A livello invece della cavità pelvica troviamo la
restante porzione dell’uretere, la vescica, e troviamo una parte dell’uretra che prosegue nella regione
perineale, a livello del perineo. Volendo arrivare a localizzare tutte queste componenti che genericamente
abbiamo localizzato o nella cavità addominale o nella regione perineale o nella cavità pelvica, diciamo che i
reni sono localizzati a lato della colonna vertebrale quindi si trovano nella parte superiore e posteriore della
cavità addominale e in posizione retroperitoneale. Si fa riferimento alla sierosa, al peritoneo che è un
foglietto che delimita la parete del nostro corpo, la parete interna del nostro corpo e che si sdoppia in un
foglietto viscerale ed uno parietale. In termini generali i reni si trovano dietro al peritoneo parietale quindi
si dice che i reni occupano una posizione retroperitoneale. Dietro il peritoneo. Ora i due reni, non si trovano
alla stessa altezza. Anche se indicativamente il rene si trova a livello del margine inferiore di 11T e il
margine superiore della 3L però al di la di ciò il rene destro è un pochino più basso del rene sinistro perché
c’è l’ingombro notevole di un organo che è il fegato che con il suo lobo destro occupa un volume
consistente e determina la posizione del rene destro più bassa rispetto al rene sinistro. Il rene destro è circa
più in basso di 2cm rispetto al rene sinistro in virtù del suo rapporto con il fegato.

In questo schema si vuole far notare quello che potremmo apprezzare se andassimo ad operare una
dissezione ed a togliere una serie di elementi che si trovano davanti ai reni. Qui vediamo cosa c’è dietro al
peritoneo, gli organi retroperineali e quindi vediamo rene destro e rene sinistro e quello che apprezziamo il
rapporto che intessono con quello che gli sta dietro che sono elementi muscolari e vedete il rapporto che
intessono, soprattutto il rene destro con il duodeno, la C duodenale che abbraccia il pancreas e quindi il
rapporto che viene instaurato tra il rene sinistro e la coda pancreatica. In questa immagine quello che
abbiamo fatto è simulare una dissezione, asportato il peritoneo parietale e andiamo a vedere quello che c’è
dietro apprezzando la posizione dei reni ed i rapporti di questi reni con una serie di strutture anatomiche e
quindi duodeno, pancreas, vediamo anche elementi vascolari: l’aorta, la vena cava e tutte le strutture
limitrofe ai due reni.

Visto che i due reni intessono dei rapporti con una serie di altri organi, schematicamente potremmo
utilizzando dei colori diversi andare a riconoscere nel rene destro e nel rene sinistro le regioni che
intessono il loro rapporto con altri organi. In dettaglio non dovete saperlo, ma in linea di massima vi dovete

68
ricordare che a livello del rene destro c’è una regione consistente in rapporto con il fegato, responsabile
anche della posizione del rene destro, c’è un’area importante in rapporto per esempio con il duodeno, per
esempio con il colon mentre a livello del rene sinistro una zona importante è quella in corrispondenza della
quale il rene contatta la milza.

Cominciamo a prendere familiarità con queste strutture tubulari che fuoriescono ciascuna del suo rene che
abbiamo chiamato ureteri, familiarizziamo con la vescica e ricordiamo che dalla vescica l’altra struttura si
chiama uretra che conduce l’urina all’esterno. Se ci fate caso i due reni che hanno sostanzialmente una
forma a fagioli hanno una sorta di regione incavata e queste due porzioni si guardano. Queste due regioni
corrispondono a due regione caratteristiche di ciascun rene detta ilo renale. In corrispondenza di questo ilo
renale c’è una insenatura ed un accesso all’interno del rene.

Sicuramente dovete ricordare che a livello dell’ilo il fatto che ci siano queste strutture tubulare che
fuoriescono dall’ilo deve far pensare che a livello dell’ilo ci sia sede di transito di vasi sanguigni, linfatici,
nervi e in corrispondenza dell’ilo c’è l’ingresso di una struttura con una forma che semplicisticamente
chiamiamo ad imbuto che è la pelvi renale o bacinetto renale, regioni in corrispondenza della quale viene
convogliata l’urina prima di entrare negli ureteri. Altro schema. Sicuramente qui rivediamo i due reni,
quindi abbiamo la possibilità di apprezzarli ai lati della colonna vertebrale, in questa immagine nella quale
immaginiamo di aver fatto una sezione trasversale a livello dell’addome, qui riconoscete posteriormente la
presenza di una vertebra, questi muscoli che sono quelli che determinano il rapporto con ciò che c’è dietro
ai reni, ma dovete notare che ciascun rene è delimitato da una sorta di capsula fibrosa, colorata di rosso.
Immaginiamo questo involucro di tessuto connettivo e questo foglietto continua anche all’interno
dell’invaginazione, il seno renale o ilo renale. Diamo anche qualche idea delle dimensioni. Un rene

69
mediamente misura sui 12cm di
lunghezza, 6.5 di larghezza e
circa 3 di spessore e pesa sui
150gr quindi la coppia dei due
reni determina un peso di 300gr
e vi ricordo che in
corrispondenza dell’ilo renale e
del seno renale abbiamo la
possibilità di ingresso e di uscita
di vasi sanguigni. Un accesso
sanguigna e l’uscita del sangue
refluo in quantità abbondante
vedono come sito di ingresso e di
uscita dei vasi il seno renale. Ora
cerchiamo di immaginare quello
che succede in presenza di una
sezione longitudinale. Lungo
questa insenatura si entra in una
sorta di cavità che è scavata
all’interno del rene e in questa
cavità, dobbiamo notare la
presenza di questa struttura che
raccoglie urina detta pelvi o bacinetto renale, questa vede la confluenza di una serie di diramazioni che
sono i calici renali. Un’altra cosa importante da notare è che questa regione incavata è letteralmente
riempita nei suoi spazi vuoti dove non c’è la pelvi, che non è altro che tessuto adiposo. Quindi possiamo
dire che sicuramente il seno renale accoglie i calici, queste diramazioni che proseguono e che vedono la
loro confluenza a livello
della pelvi renale. In
corrispondenza dell’ilo
entrano o escono vasi
sanguigni ma dovete
ricordare che tutto lo spazio
è riempito da tessuto
adiposo. E vedremo che si
continuerà con del tessuto
adiposo che sta anche
intorno a formare una
capsula adiposa intorno al
rene, perirenale. Inoltre già
notate in questa immagine,
se ci fate caso a livello del
seno renale le pareti del
rene sono piuttosto
irregolari, presentano delle
sporgenze, sporgenze che
trovano come naturale
prosecuzione il calice
renale. Queste sporgenze della parete interna del seno renale prendono il nome di papille renali. Vi ho

70
detto che il seno renale, all’interno del rene, qui
non è rappresentato ma qui dentro c’è del
tessuto adiposo, dentro troviamo del tessuto
adiposo che si continua con del grasso
perirenale. Vi faccio notare la presenza di questo
materiale giallino che è il tessuto adiposo
perirenale. Questo colore è diverso da
quest’altro, si tratta di due strutture diverse.
Questo qui sopra, questa struttura qui sopra è la
ghiandola surrenale. Sopra ciascun rene c’è una
sorta di cappuccio che è la ghiandola surrenale.
Vi faccio anche notare che il fatto che ci siano
queste strutture vascolari in ingresso ed uscita
dal rene in un certo oltre ad avere una funzione
importante per le attività del rene (accesso e
uscita del sangue) contribuiscono a formare una
sorta di peduncolo, una sorta di struttura che
fisicamente aiuta il posizionamento del rene, la
sua posizione corretta cominciamo a capire che
c’è la necessità di strutture che aiutino il rene a
mantenere la sua posizione. Una di queste strutture è il cosiddetto peduncolo renale cioè l’insieme delle
formazioni vascolari in ingresso ed in uscita. Sicuramente però gioca un ruolo importante anche la capsula
adiposa che sta intorno a ciascun rene. Ma tutto questo non sarebbe sufficiente. Allora cosa dobbiamo
imparare di importante? Ciascun rene si dice che si trovi localizzato in una loggia renale. Questo
alloggiamento del rene lo possiamo capire da una immagine del genere. Abbiamo in questo caso operato
una sezione trasversale dell’addome in maniera tale da localizzare la presenza dei due reni e dovete fare un
po’ di attenzione ai colori. Se ci fate caso, in tenue celestino, uno di qua ed uno di là per ciascun rene vi
hanno voluto rappresentare un foglietto. Dovete immaginare che ci siano questi due foglietti di tessuto
connettivo.

71
Sono rappresentati in azzurro ed abbracciano il rene insieme alla capsula adiposa che gli sta intorno. E
questi due foglietti in realtà derivano da un unico foglietto che sta qui dietro, adeso alla parete addominale,
che nel suo sdoppiarsi genera un foglietto anteriore che passa davanti al rene ed un foglietto posteriore.
Questi due foglietti insieme derivanti dallo sdoppiamento del peritoneo, quel foglietto che è importante in
quanto delimita la parete addominale e in virtù del quale si determina anche la posizione degli organi,
questo foglietto si sdoppia e determina la formazione di una caratteristica fascia di tessuto connettivo che
chiamiamo fascia renale. Ciascun rene è avvolto da questa loggia di natura fibrosa per cui alla fine
concludiamo che ciascun rene si trova all’interno di una loggia renale. Altro schema, per dirvi la stessa cosa.
Vi ho detto che i reni si trovano in posizione retroperitoneale. Per sugellare questo concetto, in questa
immagine il peritoneo è stato colorato in tratteggio blu. Tutto ciò che sta dietro compresi i due reni sta
dietro il peritoneo, in posizione retroperitoneale, questa è una vertebra. Ciascun rene ha intorno una
capsula di tessuto adiposo perineale e ciascun rene è avvolto da due foglietti che derivano da un unico
foglietto di derivazione peritoneale che si è sdoppiato e questi due foglietti sono colorati in rosso.

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Se ci fate caso il foglietto anteriore, quello che delimita il rene anteriormente, passando davanti al rene,
passa anche davanti a queste due strutture vascolari in posizioni addominali rappresentate da aorta e vene
cava. Gli passano davanti e di fatto quindi il foglietto di uno dei due reni ha come naturale prosecuzione il
foglietto analogo controlaterale che passa davanti all’altro rene. Cosa fa invece il foglietto posteriore?
Delimita posteriormente il rene e poi va ad aderire al corpo vertebrale. Quindi di fatto possiamo dire che il
foglietto anteriore si congiunge al davanti della colonna vertebrale e dei grossi vasi con l’analogo foglietto
controlaterale. Il foglietto posteriore si va a fissare alle vertebre. Abbiamo posizionato i due reni e
localizzandoli in relazione a questi foglietti che determinano la costituzione della loggia renale che
contribuisce a fissare la posizione dei reni insieme alla capsula di tessuto adiposo ed al peduncolo renale.
Questa è un’immagine invece vera. Qui abbiamo fatto una tac con un mezzo di contrasto. Non siamo in
grado di andare a vedere i foglietti ma possiamo riconoscere delle strutture.

73
Vediamo varie anse intestinali, le coste e queste strutture qui dietro, i muscoli. Quelle strutture che
abbiamo cercato di
riconoscere in quella
tac qui possiamo
vederle e
riconoscerle più
facilmente.

Qui vediamo l’aorta


addominale, vediamo
la vertebra, notiamo
la presenza del
fegato, lobo destro
del fegato e della
milza, quindi
ritroviamo più o
meno tutte queste
strutture. I foglietti di
tessuto connettivo
però non si vedono
bene. Aggiungiamo
un dettaglio.
Abbiamo fatto
sezioni trasversali per
capire come passano questi foglietti anteriormente e posteriormente e quindi abbiamo individuato questa
struttura, la loggia renale. Qui abbiamo il rene colorato in arancione, vediamo i foglietti colorati di blu e
vedete che i due foglietti. Se noi questa loggia renale, questo alloggiamento del rene lo volessimo vedere in

74
una sezione longitudinalmente. Abbiamo visto la loggia con sezione trasversale, se immaginiamo di vederla
in sezione longitudinale è chiusa superiormente: i due foglietti si uniscono e si vanno a congiungere al
muscolo diaframma quindi la loggia renale è chiusa superiormente perché i due foglietti si congiungono e
vanno ad unirsi al muscolo diaframma. Inferiormente i due foglietti non si uniscono quindi inferiormente la
loggia è aperta quindi ciascuna loggia è chiusa lateralmente, è chiusa superiormente perché i due foglietti si
uniscono al muscolo diaframma mentre inferiormente è aperta. Vi ho già spiegato cos’è la capsula adiposa
che abbraccia il rene. E quindi complessivamente possiamo dire che i reni sono mantenuti nella loro
posizione anatomica dalla presenza della fascia renale ( i due foglietti che delimitano la formazione di una
loggia renale) la presenza di una capsula adiposa e dal peduncolo vascolare che tramite i grossi vasi
contribuisce a fissare i reni nella loro posizione.

In generale abbiamo rappresentato per sommi capi le dimensioni del rene, la forma di ciascun rene,
ciascuno dei due reni è sormontato da una ghiandola surrenale che si spinge sul margine mediale di ciascun
rene. Inoltre vi ricordo che a livello del rene destro dobbiamo ricordare il rapporto con il fegato, a livello del
rene sinistro con la milza, ci sarà una regione del rene che individua la regione in cui il rene tocca la milza. E
tutti questi organi li possiamo vedere in questa immagine: due reni, il lobo destro molto ingombrante del
fegato che spinge il rene destro più in basso rispetto al rene sinistro, a sinistra vediamo la milza,
intravediamo il pancreas, il duodeno.

Per quanto riguarda i rapporti


che i reni hanno
75
posteriormente con altre strutture fino ad adesso vi ho parlato genericamente dei muscoli della cavità
addominale. Un’altra regione importante è un’area di contatto con il muscolo di diaframma che vi ho
nominato quando vi ho parlato della chiusura della loggia renale superiormente. A livello del rene inoltre
troviamo una regione che è una sorte di proiezione della 12 costa in corrispondenza troviamo alla stessa
altezza la 12 costa. Ciascuno dei due reni dista di un po’ dalla corrispondenza cresta iliaca. La distanza sarà
diversa a destra e sinistra siccome il reno destro è un po’ più basso sarà più vicino alla cresta iliaca
corrispondente. E poi vi ricordo che il peduncolo renale, strutture vascolare e in corrispondenza di uno dei
due reni abbiamo l’aorta, in corrispondenza dell’altro rene abbiamo la vena cava inferiore. A destra il
rapporto con l’aorta, a sinistra il rapporto con la vena cava inferiore. Ovviamente siccome da ciascuno dei
due reni fuoriesce il corrispondente uretere, ci sarà anche una regione di ciascun rene in rapporto con il
corrispondente uretere. Ora, aggiungiamo qualcos’altro. E’ importante l’apporto ematico per la funzione di
filtrazione che svolge il rene e di produzione dell’urina che parte comunque dal sangue che una volta
lavorato, filtrato, selezionato uscirà dal rene con i corrispondenti vasi venosi. Circa il 20% della gittata
cardiaca, quindi del sangue che esce dal cuore fluisce attraverso i reni e lo fa attraverso una struttura di
natura arteriosa colorata di rosso, che entra in ciascun rene che prende il nome di arteria renale. Il grosso
vaso arterioso che entra nel rene in corrispondenza dell’ilo si chiama arteria renale e non è altro che la
diramazione dell’aorta addominale. I vasi in uscita dal rene, quelli che portano il sangue dopo il rene ha
esercitato la sua attività, questi vasi di uscita sono le vene renali. Le vene renali confluiscono nel grosso
vaso che troviamo parallelamente all’aorta che è la vena cava inferiore.

L’unica cosa che ho aggiunto qui perché è abbastanza importante da sapere è che ciascuna arteria renale
origina dall’aorta addominale ma prende origine in una posizione limitrofa a quella dell’arteria mesenterica
superiore. L’arteria renale ha origine a livello dell’aorta addominale all’altezza dell’arteria mesenterica
superiore. Cosa dobbiamo imparare? Quello che succede una volta che questo vaso, che abbiamo chiamato
arteria renale ha fatto il suo ingresso nel rene. Questo vaso si dovrà diramare poiché dovrà arrivare a
vascolarizzare tutto il rene e quindi in linea di massima dobbiamo imparare che ciascuna delle due arterie
renali si ramifica in arterie piccole che prendono il nome di arterie segmentali perché è come se ognuna di
essa andasse a vascolarizzare un segmento del rene. A loro volta ciascuna arteria segmentale si ramifica per
dare origine a delle arterie interlobari perché passano tra un lobo e l’altro.

76
Questa più grande sarà l’arteria renale. Le prime diramazioni che vedete qui saranno le arterie segmentali.
Queste arterie segmentali a loro volta si ramificano e daranno origine alle arterie interlobari. Ciascuna
arteria interlobare dà origine ad una regione che ha un andamento arcuato, tanto che si chiama arteria
arcuata. Da essa si diramano tutta una serie di arterie più piccole che chiamiamo arterie interlobulari
perché passano tra un lobulo e l’altro. Infine ciascuna arteria interlobulare si ramifica e forma dei vasi
piccoli piccoli che andranno a formare la struttura più importante del nefrone, andranno a formare quel
gomitolo di vasi arteriosi che contraddistingue il glomerulo del corpuscolo renale. Dobbiamo arrivare a
capire alla fine l’unità morfofunzionale del rene che è il nefrone che ha un gomitolo di vasi arteriosi e
questo gomitolo dobbiamo capire da dove origina. Origina da una serie di diramazioni successive di vasi
arteriosi. Per fortuna i nomi delle vene sono gli stessi quindi il sangue refluo che si formerà a livello del
nefrone lo farà prendendo via via tutte le diramazioni successive dei vasi di natura venosa che prendono lo
stesso nome dei corrispondenti vasi arteriosi: vene interlobulari, vene arcuate, vene arcuate e così via fino
a confluire a livello della vena cava inferiore.

Ciascuno dei due reni, in virtù della vascolarizzare, lo possiamo andare a suddividere in porzioni colorate
differentemente perché è come se ciascuna di esse venisse vascolarizzata in prima battuta da una specifica
arteria segmentale che via via si ramifica quindi varie regione a cui non dobbiamo necessariamente andare
77
a dare un nome rappresentano aree diverse corrispondenti alle regioni vascolarizzate dalle corrispondenti
strutture vascolari.

Andiamo a guardare il rene in dettaglio andando a scoprire quello che c’è che servirà a capire quello che
faremo la prossima volta. Guarderemo l’unità funzionale del nefrone. Anche a occhio nudo se io prendo un
rene e lo seziono, sostanzialmente si riconoscono due grosse regioni: una regione più periferica che
chiamiamo corticale ed una regione più centrale che appare con un aspetto più striato rispetto alla regione
periferica che chiamiamo zona midollare. Impariamo che perifericamente abbiamo la zona corticale, che
appare un po’ più chiara, al centro la zona midollare più scura e di aspetto striato. Cosa c’è nella regione
corticale e midollare? In linea di massima nella midollare ci sono queste strutture che hanno una forma
piramidale che non a caso si chiamano piramidi renali. Le piramidi si trovano nella regione midollare. Tra
una piramide e l’altra abbiamo la regione corticale. Ciascuna piramide va a comprimere in qualche modo, a
fondersi a immettersi nelle strutture che vi ho raccontato prima: questa punta arrotondata della piramide
renale tocca il calice corrispondente e dalla piramide renale si formerà l’urina che andrà ad essere immessa
in questa struttura che poi continua naturalmente con la pelvi e l’uretere. Questa struttura arrotondata che
prima abbiamo chiamato papilla renale dovete immaginare che abbia tutta una serie di tubicini, dotti
papillari, che fanno fuoriuscire l’urina e la immettono a livello del calice e della pelvi renale. Zona corticale,
zona midollare, nella midollare abbiamo le piramide, lungo esse ci saranno una serie di strutture tubulari
che vedranno il passaggio dell’urina raccolta poi a livello del calice e della pelvi renali.

Quante sono le piramide renali anche chiamate piramidi di Malpighi? Sono di numero compreso tra 6 e 18.
Abbiamo detto
che hanno una
punta che è
arrotondata e
questa zona è
quella della papilla
renale. Queste
regioni di zona
corticale che si
trovano tra una
piramide e l’altra
sono state
chiamate colonne
renali. Tra una
piramide e l’altra
c’è un po’ di zona
corticale che ha
una forma
grossolanamente
a colonna. Lungo
le piramidi
transitano dei
condotti che
conducono l’urina,
che si aprono a
livello della papilla
renale, dobbiamo immaginare dei forellini che formano l’area cribrosa, a livello dei forellini si ha lo sbocco
di una serie di dotti che vedremo la prossima volta, i dotti papillari. Quindi siccome prima vi avevo parlato

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di lobi, volendo essere precisi il lobo del rene, ciascun lobo è l’insieme di una piramide più quello che gli sta
intorno ovvero un’area corticale che gli sta sopra ed una metà di colonna renale. Quindi il lobo sarà la
regione corrispondente alla piramide e ciò che gli sta intorno: zona corticale sovrastante e un po’ di colonna
renale a destra ed a sinistra. Tutto ciò lo vede in quest’altra immagine. Questa è la regione dell’ilo con il
seno renale, qui dentro ci saranno i calici e queste sono le piramidi renali. La piramide si va ad insinuare a
livello del calice per riversare l’urina che deve esservi convogliata.

Cerchiamo di localizzare il nefrone in base a quello che stiamo facendo oggi. Abbiamo capito cos’è una
piramide renale, il lobo sarà questo pezzo che qui è delimitato dal tratteggio. Quindi prende la piramide, un
po’ di zona corticale sovrastante e un po’ di colonna renale a destra ed a sinistra. Se mi andassi a
concentrale su un pezzo di piramide e lo vado ad ingrandire, ho quello che corrisponde al lobulo delimitato
per sua natura dalle arterie interlobulari. In questo lobulo ci sono due sostanzialmente regioni. Una regione
che ha tutte queste strutture disposte parallelamente l’una all’altra che non a caso è stata chiamata zona
radiata, perché è come se avesse tanti raggi che sono i condotti che contribuiscono a far sfociare l’urina nel
calice e poi nella pelvi. Queste strutture rettilinee sono strutture tubulari, condotti. Tutto il resto ha una
struttura completamente diversa che è stata chiamata zona convoluta, ha delle strutture tondeggianti ed
arrotolate. Queste strutture non sono altro che i nefroni. Il lobulo è una porzione più piccola che
riconosciamo immaginando di prendere un pezzo di piramide nel quale riconosciamo una zona radiata ed
una convoluta. La parte radiata presenta strutture rettilinee che si chiamano raggi ed andranno a confluire
a livello del papilla e che percorrono quindi radialmente la zona corticale e poi proseguono all’interno della
piramide fino ad arrivare al calice ed alla pelvi. La parte convoluta si trova dove non ci sono i raggi quindi
negli spazi tra i raggi e quindi di fatto la troveremo anche in queste regioni bianche che non sono altro che
le colonne renali. In linea di massima al di là della struttura generale del rene dovete capire che ci sono una
zona midollare ed una corticale. Nella midollare ci sono le piramidi renali, tra una piramide e l’altra ci sono
le colonne, dovete capire cos’è il lobo, cosa il lobulo e nella regione convoluta troviamo la porzione
tondeggiante del nefrone. Queste strutture tondeggianti devono far pensare al nefrone.

Abbiamo cercato di capire dove è localizzato il rene e come è fatto senza andare a vederlo dal punto di vista
microscopico, ma abbiamo tralasciato le vie urinarie. Abbiamo detto che l’apparato urinario è fatto dai reni
e dalle vie urinarie, tutte quelle strutture che fanno si che l’urina prodotta a livello dei reni possa andare
all’esterno.

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Le vie urinarie sono i calici (minori e maggiori), abbiamo poi le pelvi o bacinetti renali, gli ureteri, uno per
ciascun rene, uno che esce dal corrispondente rene, un’unica vescica, e poi l’uretra e quindi incominciato a
descrivere un concetto su cui torneremo, cioè il fatto che l’uretra è differente nell’ambito dell’apparato
urinario tra il maschio e la femmina. Le altre componenti sono analoghe ma l’uretra sia come struttura sia
morfologicamente sia funzionalmente ha degli elementi di diversità tra il maschio e la femmina.

Per essere precisi diciamo che calici pelvi ed uretere rappresentano le vie urinarie superiori. Le vie urinarie
inferiori per via della posizione inferiore sono la vescica e l’uretra. Perché l’uretra nel maschio è diversa
funzionalmente dall’uretra della femmina? L’uretra maschile è condivisa con l’apparato genitale infatti
l’uretra, nel maschio, consente anche il passaggio dello sperma. E’ un elemento che anatomicamente è
condiviso l’apparato genitale cose che non avviene nella femmina in cui l’uretra consente semplicemente il
transito dell’urina.

Cosa sono le vie urinarie, ci mettiamo i reni? No. Fanno parte dell’apparato urinario, ma le vie urinarie sono
vie urinarie superiori (calici minori e maggiori, le due pelvi o due i bacinetti, due ureteri), l’unica vescica e
l’unica uretra che ha una diversità nel sesso maschile e femminile sia anatomica sia funzionale perché
nell’ambito del sesso maschile rappresenta la via di transito durante l’eiaculazione dello sperma mentre
nella femmina solo la via attraverso la quale l’urina viene rilasciata all’esterno.

Immaginando di riprendere questo rene, immaginiamo di guardarlo in corrispondenza dell’ilo, dentro


questa insenatura detta seno renale e qui dentro si approfonda questo imbuto che non è altro che il
bacinetto renale. Quindi nell’ambito di questa insenatura vediamo il bacinetto, intravediamo queste
strutture che confluiscono nel bacinetto e che sono i calici. Possiamo dire globalmente che calici e pelvi
occupa lo spazio che c’è nel seno renale. A cosa servono? A raccogliere l’urina che proviene da quelle
piramidi che avevano un margine arrotondato, la
papilla renale che si andava ad inserire a livello
del calice. Infine questo bacinetto o pelvi renale
prosegue in un’altra struttura tubulare che è
l’uretere. Questo è vero per uno rene e per
l’altro. Che relazione numerica c’è tra la papille e
i calici? In linea di massima di solito ciascuna
papilla renale andrà a toccare e ad inserirsi nel
rispettivo calice. Ciascuna papilla renale andrà
ad inserirsi nel corrispondente calice che
chiameremo calice minore. Ciascuna papilla
renale si inserisce nel corrisponde calice minore.
Qualche volta può succedere che siano due
papille che insieme vanno a finire in un unico
calice minore. Più calici minori confluiscono in
un unico calice maggiore. Quindi calici minori
vengono in contatto con la papilla o con due
papille per ciascun calice. Più calici minori
confluiscono in un unico calice maggiore. Ora
però si possono verificare varie situazioni. Vi
ricordate vi ho detto quante erano le piramidi
renali? 6-18. Più o meno lo stesso numero lo
avremo anche nei calici minori. E quindi il calice
minore tecnicamente è quella struttura di
collegamento tra la papilla renale e il calice
maggiore che si continua con la pelvi. I calici maggiori per ciascun rene sono circa 3 ma la situazione è
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abbastanza variabile anche perché si possono avere dei casi in cui la pelvi renale è talmente grossa che
quasi toglie spazio al calice maggiore, quasi non si vede il calice maggiore perché c’è una pelvi voluminosa.
In altri casi la pelvi è molto piccola perché invece sono invece molto sviluppati i calici maggiori. Sono
situazioni anatomiche differenti che sono equivalenti dal punto di vista funzionale. Ci può essere un
notevole sviluppo dei calci maggiori oppure si può avere una pelvi talmente grande da prendere la forma di
un’ampolla che si chiama pelvi ampollare perché è molto voluminosa.

Il bacinetto è una struttura ad imbuto che ha una porzione in continuità con i calici maggiori e invece la
porzione più stretta andrà a finire nell’uretere e quindi dovrà sporgere in quella sorta di insenatura che
abbiamo chiamato seno renale in corrispondenza dell’ilo renale. Come vediamo queste cose dal vivo? Se
facessimo una radiografia dopo aver iniettato un mezzo di contrasto, vedremo molto bene queste strutture
cioè a livello del seno renale, l’imbuto corrispondente alla pelvi o bacinetto ed i calici perché abbiamo
utilizzato un mezzo di contrasto che consente di seguire il percorso dell’urina.

Tutto questo veramente rappresentato in un’immagine radiografica. Due reni all’interno del seno renale,
troviamo la pelvi, i calici maggiori e le loro diramazioni in calici minori. Dalla pelvi fuoriescono gli ureteri
corrispondenti. Anatomicamente cosa sono gli ureteri? Sono questi condotti che hanno una componente
importante di tipo muscolare perché devono consentire il passaggio dell’urina, sono simmetrici e pari che
tecnicamente collegano la pelvi con la vescica e quindi dobbiamo immaginare che ci sia un punto di
ingresso in vescica e ci sia nello stesso tempo un punto nel quale l’uretere parte dalla pelvi del bacinetto
renale. Abbiamo i meati dell’uretere cioè il punto di inizio e il punto di fine che nel caso del punto di fine
segna l’ingresso in vescica quindi meati dell’uretere anche detti meati ureterali. Il rapporto dell’uretere
della vescica è quindi importantissimo poiché vanno a sboccare nella vescica in corrispondenza del
corrispondente meato. La vescica la immaginiamo come un sacchetto che può essere pieno o vuoto, ha una
forma rispondente allo stato funzionale dell’organo che si trova nella cavità peritoneale. La vescica si trova
sotto questo foglietto quindi è un organo che si trova inferiormente al peritoneo quindi sotto peritoneale.
Anche la vescica ha una parete con una componente muscolare importante.

La vescica ha una componente muscolare importante perché la contrazione della vescica sarà importante
quando dobbiamo eliminare all’esterno l’urina quindi componente muscolare sia a livello degli ureteri che
della vescica. Se coloriamo con una sostanza radioattiva, qui vediamo una vescica parzialmente riempita. La
vescica è delimitata dal bacino quindi a livello della regione pelvica. Ed eccola schematicamente: questo
sacchetto vedrà in due punti lo sbocco dei due ureteri e avrà anche un punto di uscita in corrispondenza del
quale l’urina viene convogliata all’esterno e corrisponde al punto di inizio di questo altro condotto che si
chiama uretra. Quindi possiamo dire gli ureteri sono rappresentati dal meato in corrispondenza dalla
vescica, due meati perché sono due ureteri e collegano la pelvi alla vescica, e l’ultima porzione dell’uretere,
siccome confluisce nella vescica, si insinua nella parete della vescica convogliando l’urina nella vescica.
Questa è una vescica maschile, lo capiamo dal fatto che ci sia la prostata, questa struttura ghiandolare che
nella prima porzione dell’uretra la abbraccia al punto che l’uretra gli passa in mezzo, non a caso si chiama
uretra prostatica perché attraversa la prostata. Questa vescica, vi ho fatto tutto il discorso su come i reni
sono posizionati. Anche per la vescica ci sono delle strutture finalizzate al suo posizionamento corretto. Vi
sono legamenti, strutture connettivali che la tenga fissata nella posizione corretta. Impariamo il legamento
ombelicale che si va ad inserire sull’apice della vescica.

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Vi ho detto che gli ureteri vanno a
confluire nella vescica in corrispondenza
dei meati, degli ureteri che abbiamo
chiamato meati ureterali. Dobbiamo
immaginare a un certo punto la presenza
di due pori, meati, di accesso dei due
ureteri. Ma dobbiamo anche immaginare
un altro foro che servirà a far uscire nel
condotto che abbiamo chiamato uretra
quindi sarà il meato uretrale interno
perché siamo ancora a livello della
vescica. Se ci fate caso questi tre pori
sono disposti a segnare come gli angoli di
un ipotetico triangolo. Non a caso si parla
di trigono vescicale cioè questa regione
della vescica, a forma più o meno
triangolare se prolungassimo i meati
l’uno con l’altro, l’accesso dell’uretere e
vediamo la presenza del punto di inizio
dell’uretra che andrà poi a sfociare
all’esterno in un altro meato che
chiameremo meato esterno dell’uretra.
Il trigono vescicale è quella regione che presenta sulle superficie interna della vescica dove abbiamo
un’area triangolare che è come un po’ scavata, si approfonda in corrispondenza del meato uretrale come se
fosse una sorta di struttura ad imbuto dovendo convogliare l’urina in questa regione. L’urina quindi viene
convogliata nella vescica con un flusso pressoché continuo, via via si va ad accumulare e depositare nella
vescica e quindi questa vescica è come un sacchettino che presenta una serie di pieghe per cui quando è
vuota queste pieghe sono evidenti, quando è piena questo sacchetto si distende e queste pieghe
permettono alla parete dell’organo di distendersi. Questa regione del meato uretrale interno è la porzione
più bassa della vescica e questa parte che le è intorno prende il nome di collo vescicale. C’è qui intorno una
struttura muscolare che prende il nome di sfintere uretrale che con le sue contrazioni regola l’ingresso
dell’urina nell’uretra. La vescica deve avere una componente muscolare importante perché le sue
contrazioni sono importanti per far uscire l’urina per cui se noi immaginassimo dopo aver sezionato la
vescica di togliere la tonaca superiore, il connettivo superficiale, più in profondità notiamo fibre muscolari
che formano tre strati. In vescica è presente un muscolo detto detrusore. La sua contrazione determina
durante l’atto della minzione l’accesso dell’urina in uretra e l’eliminazione dell’urina all’esterno.

Due cose sulla localizzazione della vescica. In questo schema ovviamente è uno schema nell’ambito del
sesso maschile, vediamo la vescica e subito sotto la prostata che vede l’attraversamento di una prima
porzione di uretra e la vescica del maschio è in stretto rapporto con il retto, la prostata e superiormente ci
sono le anse dell’intestino e questa sorta di foglietto allude proprio a questo peritoneo sotto il quale sta la
vescica.

I reni sono invece dietro al peritoneo, sono organi retroperitoneali. Studieremo che ci sono organi
completamente avvolti da questi foglietti e li chiamiamo intraperitoneali. Un organo può essere sotto-
peritoneale, retroperitoneale o completamente avvolto da questo foglietto e in questo caso li chiamiamo
intraperitoneali. Nella femmina la vescica invece la riconosciamo, l’uretra nella femmina è un elemento
soltanto dell’apparato urinario perché poi l’apparato genitale dall’utero si prosegue con la vagina e avremo
uno sbocco diciamo così nel testicolo della vagina che è separato per l’apparato genitale ed urinario. Ci sarà

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uno sbocco a livello del testicolo della vagina per quanto riguarda l’apparato genitale quindi nella femmina
la vescica è nella regione pelvica, dietro la sinfisi pubica ma al davanti dell’utero la cui posizione però varia a
seconda della gravidanza e lo stato dell’individuo e posteriormente come nel maschio abbiamo il retto.
L’uretra è l’ultimo tratto delle vie urinarie, si diparte a livello della vescica con il meato uretrale e all’esterno
con un meato uretrale esterno. Nel maschio la prima parte attraversa la prostata quindi c’è una regione di
uretra che chiamiamo uretra prostatica perché attraversa la prostata. Subito dopo c’è una porzione che
chiamiamo uretra membranosa che si stringe un pochino e poi c’è tutta un’altra parte che si estende
ulteriormente, che attraverso il pene e che vede lo sbocco con il meato uretrale esterno. A livello
dell’uretra troviamo lo sbocco dei dotti eiaculatori che consentono lo sbocco dello sperma. E’ un organo
che vede quindi a livello della sezione prostatica lo sbocco dei dotti eiaculatori e vede anche la possibilità di
accesso di tutta una serie di secrezioni prodotta dalla prostata che sono importanti per la funzionalità degli
spermatozoi. Sicuramente capite bene che per questo percorso che fa è una struttura più lunga del
maschio, nel maschio è 20 cm dal collo della vescica fino all’apice del pene e quindi uretra prostatica,
membrana e poi l’uretra peniena che vede lo sbocco con il meato uretrale esterno. Anche nell’uretra ci
sono delle pieghe che assicura la possibilità di distensione dell’organo. Gli sbocchi eiaculatori sboccano
nell’uretra prostatica nel collicolo seminale. Infine uretra femminile. L’uretra della femmina è sicuramente
più corta, è di 3cm, anche nel caso della femmina vediamo una serie di pieghe longitudinali quindi c’è la
possibilità di uno stato di diversa distensione dell’organo. Il meato uretrale esterno a livello del vestibolo
della vagina. La vagina ha un altro sbocco relativo all’apparato genitale. In entrambi i sessi ovviamente ci
dovrà essere un controllo muscolare anche del meato uretrale esterno, una possibilità di regolare lo stato
di conformazione dell’organo che è sotto il controllo della volontà e dovete immaginare che ci sia una
componente importante di muscolo scheletrico che volontariamente controlla l’atto della minzione.

Tutte le vie urinarie hanno un epitelio caratteristico che si chiama epitelio di transizione cioè un epitelio che
può essere piuttosto esteso in spessore come in questo caso oppure può diventare sottilissimo: un epitelio
che cambia di estensione ed altezza a seconda dello stato funzionale dell’organo. Se la vescica è piena
l’epitelio deve essere sottile e consentire la distensione massima, quando l’organo è vuoto l’epitelio può
estendersi in altezza. Questo epitelio tipico delle vie urinarie si chiama epitelio di transizione e molti testi lo
chiamano urotelio essendo specifico delle vie urinarie.

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APPARATO GENITALE MASCHILE E FEMMINILE
APPARATO GENITALE MASCHILE
L’apparato genitale maschile comprende anzitutto le gonadi. Le gonadi sono i testicoli, organi deputati
alla produzione degli spermatozoi, ovvero i gameti. Questi gameti, durante l’eiaculazione, devono
essere in grado di raggiungere i genitali femminili e questo richiede la presenza di una serie di
condotti che complessivamente chiamiamo vie spermatiche. Le vie spermatiche consentono agli
spermatozoi prodotti a livello del testicolo – nei tubuli seminiferi – di percorrere tutta la strada
necessaria e lo faranno percorrendo le vie spermatiche - tubuli retti e rete testis- confluendo poi
negli epididimi che, come vedremo, sono organi importanti perché consentono una ulteriore
maturazione degli spermatozoi. Gli spermatozoi -prodotti a livello del testicolo nel tubulo seminifero-
hanno infatti bisogno di acquisire una motilità e questa verrà acquisita a livello degli epididimi, in
queste due strutture che vanno ad abbracciare il testicolo. Successivamente, dopo essere stato prodotti
nel testicolo, ed essere stati accolti a livello dell’epididimo, gli spermatozoi percorrono questo
condotto molto lungo, il canale deferente presente sia a partire dal testicolo di destra che dal
testicolo di sinistra e fanno un percorso spingendosi superiormente a livello della cavità addominale,
percorrendo un tratto in stretta prossimità della vescica. Questi condotti deferenti dovranno ad un
certo confluire con un’altra struttura importante che sarà la vescichetta seminale. Le vescichette
seminali saranno quindi due e questo consentirà agli spermatozoi di acquisire una serie di componenti
importanti che contribuiscono alla piena funzionalità del liquido seminale. Una volta che il canale
deferente va a confluire con le vescichette seminali si origina una struttura che è il condotto
eiaculatore che attraversa la prostata, una ghiandola che fa parte dell’apparato genitale maschile
insieme ad altre ghiandole che sono le vescichette seminali e le ghiandole bulbo uretrali. Infine il
condotto eiaculatore si va ad innestare a livello dell’uretra. L’uretra è una porzione dell’apparato
urinario che è condivisa con l’apparato genitale nel maschio, tant’è che si chiama pure uretra comune.
Questa uretra comune percorrerà un tratto all’interno della prostata –uretra prostatica – dopodiché
avrà un tratto molto ampio a livello del pene –uretra peniena- e quindi, a livello dell’apice del pene, si
avrà lo sbocco dell’uretra e la possibilità dell’eiezione non solo dell’urina ma anche del liquido
seminale.

Quando si parla di genitali esterni, relativamente all’apparato genitale maschile, si parla del pene ma
anche la borsa scrotale, la struttura nella quale è alloggiato il testicolo.
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Il testicolo durante lo sviluppo embrionale, soprattutto nell’ultima fase dello sviluppo, quindi quasi in
prossimità del parto, inizia la discesa dalla cavità addominale fino a scendere all’interno di questa
struttura che prende il nome di borsa o sacco scrotale quindi nella classificazione dei genitali maschili
esterni inseriamo sia il pene che la borsa scrotale.
Gli spermatozoi vengono prodotti quindi a livello del testicolo. Vengono immessi nell’epididimo,
dopodiché l’epididimo che abbraccia il testicolo come una sorta di cappuccio – e nel quale
riconosceremo anche diverse porzioni, una porzione che chiamiamo testa ed una che chiamiamo coda
– acquistano la loro motilità, dopodiché vanno a percorrere questa lunga formazione tubulare che
risale superiormente verso l’addome. Passa in posizione limitrofa alla vescica e si va ad innestare alla
vescichetta seminale dando origine al dotto eiaculatore. Il canale deferente inizia in corrispondenza
della coda dell’epididimo, sale, si va ad innestare sulla vescichetta seminale, la vescichetta seminale
riversa del secreto – è una ghiandola esocrina – in maniera tale che il liquido seminale si arricchisca di
componenti importanti e questo arricchimento continua anche a livello della prostata perché a questo
punto il dotto eiaculatore entra nella prostata in cui secreti di natura varia contribuiranno a formare il
liquido seminale. Dopodiché il dotto eiaculatore si va ad inserire nell’uretra ed a questo punto
riconosciamo la zona comune sia al transito dell’urina che al liquido seminale. Successivamente, la
porzione successiva alla prostata prosegue all’interno del pene sotto forma di uretra peniena. In
prossimità della prostata c’è anche un’altra ghiandola, la ghiandola bulbo uretrale che produce
sostanze importanti per il liquido seminale. Questo molto sinteticamente.

Nel testicolo, contenuto nella borsa scrotale, vengono prodotti i gameti e gli ormoni sessuali – questo è
vero anche per la controparte femminile, nell’ovaio. Le gonadi sono importanti sia per la funzione
gametogenica quindi per la produzione dei gameti ma anche per la produzione degli ormoni che

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servono a regolare questa funzione gametogenica. Nel caso del maschio i testicoli sono importanti per
la produzione degli ormoni androgeni, ad esempio il testosterone.
Per quanto riguarda l’epididimo, dovendolo definire, è un organo che si trova addossato al testicolo.
Tecnicamente anche l’epididimo è contenuto nel sacco scrotale, è capace di raccogliere
temporaneamente gli spermatozoi prodotti. Nell’epididimo gli spermatozoi acquisiscono la propria
motilità. Il dotto deferente è questa lunga componente che inizia in corrispondenza della coda
dell’epididimo, che si riunisce alla vescichetta seminale. Ogni canale si riunirà alla sua corrispondente
vescichetta seminale ed al dotto eiaculatore, i dotti eiaculatori percorrono il parenchima ghiandolare
della prostata fino alla loro terminazione. Terminano in corrispondenza della uretra che da questo
punto in poi chiamiamo uretra comune perché è comune all’apparato urinario e genitale. E questa è
una differenza importante tra il maschio e la femmina poiché nella femmina l’uretra svolge soltanto la
funzione relativa allo sbocco esterno dell’urina. I due apparati sono quindi separati fino alla fine.
Anatomicamente possiamo dire che il dotto deferente attraversa il canale inguinale che è quel canale
che ha consentito al testicolo, durante lo sviluppo fetale, di discendere nella borsa scrotale. E questo
canale viene attraversato dal lungo deferente che dopo aver attraversato il canale inguinale potrà
passare posteriormente alla vescica, potrà poi raggiungere prima la vescichetta seminale quindi a
seguito dell’unione con la vescichetta seminale si formerà il dotto eiaculatore che percorre il
parenchima prostatico e si va ad unire all’uretra prostatica.
Quando si parla del dotto deferente, si sottolinea anche l’aspetto istologico. E’ caratterizzato da una
parete con una componente muscolare liscia che contribuirà alla progressione degli spermatozoi. C’è
anche un epitelio pseudostratificato e provvisto di stereociglia che contribuiscono ad assecondare
il movimento degli spermatozoi che percorrono il canale.
L’apparato genitale maschile è complessivamente collocato a livello della regione pelvi perineale ma
con la sua borsa scrotale che questa propaggine esterna alla cavità addominale. Notate la presenza del
testicolo. All’interno del testicolo ci sono tutte queste formazioni colorate in rosa che mostrano la
presenza, in sezione sagittale, dei tubuli seminiferi che sono essenziali per la produzione degli
spermatozoi, perché abbia luogo la spermatogenesi. Questa porzione centrale corrisponde al
mediastino, o ilo del testicolo. Apprezzate la presenza di una serie di formazione vascolari e vedete
questo lungo canale che abbiamo descritto fino ad adesso, il canale deferente, che risale verso la cavità

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addominale e passa posteriormente alla vescica. Dopodiché si va ad unire alla vescichetta seminale, ne
deriva un altro condotto che chiamiamo condotto eiaculatore che si va ad innestare sull’uretra che
prima chiamiamo prostatica, poi diventa uretra membranosa in una piccola regione posta alla base
della prostata e infine uretra peniena che va a sboccare con il suo meato uretrale esterno a livello del
glande del pene. Da notare la stretta prossimità dell’apparato genitale maschile con il retto. Notiamo il
rapporto con l’intestino retto, posto posteriormente all’apparato genitale maschile.
Il testicolo è contenuto nel sacco scrotale. Non vi è contenuto solo il testicolo ma anche l’epididimo. Si
apprezzano le varie porzioni: c’è una porzione un po’ più rigonfia che sovrasta il testicolo che è stata
denominata testa del testicolo. C’è una regione prima che chiamiamo corpo, immediatamente a seguire
la testa e in seguito la coda dell’epididimo.

Da questa immagine notiamo anzitutto la spessa parete della borsa scrotale. E’ una parete nella quale
possiamo riconoscere sia una componente di tessuto connettivo sia una componente muscolare. Il
fatto che ci sia della muscolatura consente che questo a seconda della temperatura corporea possa
essere avvicinato o allontanato al corpo. Gli spermatozoi a differenza delle altre cellule del nostro
corpo, prediligono temperature più basse di 37 gradi (circa 34) e il fatto che ci sia la possibilità di
regolare, tramite un rivestimento muscolare, l’allontanamento del testicolo, consente a seguito
dell’avvicinamento di determinare un innalzamento della temperatura, a seguito dell’allontanamento
un abbassamento della temperatura. Il muscolo più importante è il muscolo cremastere e la
componente di tessuto connettivo che esiste a livello della borsa scrotale si ripiega e va ad avvolgere lo
stesso testicolo che risulta quindi avvolto da una tonaca di connettivo che prende il nome di tonaca
albuginea, chiamata così perché ha un colore biancastro. Questa tonaca riveste il testicolo e da essa si
dipartono una serie di setti, parti di connettivo, che dividono il testicolo in tante logge. Queste logge
sono occupate da una formazione tubulare tutta ripiegata che non è altro che il tubulo seminifero.

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Rivestimento di tessuto connettivo, setti di tessuto connettivo che entrano nel parenchima testicolare
e lo dividono in tanti lobi e all’interno di essi formazioni tubulari che non sono altro che i tubuli
seminiferi.
Se consideriamo una sezione trasversale del testicolo, possiamo notare all’interno di un singolo tubulo
seminifero una parete con tanti tipi cellulari diversi. Si parla di un epitelio particolare chiamato
epitelio seminifero. Questi tubuli seminiferi hanno come naturale prosecuzione altri condotti un po’
più dritti. Per questo motivo i condotti che si formano a valle del tubulo seminifero sono stati chiamati
tubuli retti. Questi tubuli retti proseguono in un’altra porzione dove sono altamente stipati tra di loro.
Questa regione prende il nome di rete testis. Dopodiché dalla rete testis partono questi altri tubuli che
si dirigono verso la testa dell’epididimo. Questi condotti prendono il nome di condottini efferenti.
Questi tubuli collegano la rete testis ed il testicolo con l’epididimo nel quale riconosciamo la testa, il
corpo e la coda. Quindi testicolo, logge, all’interno delle logge i tubuli seminiferi, a seguire i tubuli retti,
la rete testis e infine l’epididimo.

Questi sono i tubuli seminiferi al microscopio ottico. Ho detto poco fa che il testicolo ha una funzione
gametogenica ma anche di produzione di ormoni che sono ormoni androgeni tra cui il testosterone.
Questi ormoni sono prodotti da cellule che si trovano negli spazi vuoti tra un tubulo seminifero e
l’altro, si dice cioè che si trovano nell’interstizio e prendono il nome di cellule di Leydig. Le cellule del
Leydig si trovano negli interstizi e producono gli ormoni. Gli spermatozoi si intravedono al centro del
tubulo seminifero perché lungo questa parete del tubulo che abbiamo sezionato – e che si chiama
epitelio seminifero – le cellule maschili germinali gradatamente fanno le loro divisione prima
mitotiche e poi meiotiche per diventare cellule aploidi genitali che saranno gli spermatozoi che
verranno poi rilasciati nel tubulo seminifero e da qui finiranno nella rete testis e così via per iniziare
questo percorso di maturazione ed accesso all’esterno. E’ essenziale questa porzione del tubulo
seminifero perché vi avviene la spermatogenesi. Queste cellule genitali maschili per essere prodotte

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hanno bisogno di essere assistite da un altro tipo cellulare che prende il nome di cellula di Sertoli. Qui
in mezzo alla base di ogni tubulo, tra un cellula germinale e l’altra, ci sarà una cellula che non è
germinale ma somatica e questa cellula che ha un aspetto piriforme con un citoplasma che si
approfondo e raggiungere il lume del testicolo, assiste gli spermatozoi nella loro maturazione.

Questa è una sezione di tubulo seminifero, una porzione. L’obiettivo finale è produrre spermatozoi che
devono finire nel lume del tubulo. All’inizio, quando i maschi nascono, hanno delle cellule che non sono
del tutto mature, queste cellule rosse che chiamiamo spermatogoni e prima delle pubertà non sono
ancora cellule aploidi. Nei maschi queste cellule continuano ad esserci fino alla morte, questo è il
motivo per cui i maschi si possono riprodurre anche in tarda età. Prima della pubertà abbiamo gli
spermatogoni. Con la pubertà il maschio è capace di effettuare le divisioni meiotiche, durante le quali
vengono prodotti prima spermatociti primari, poi spermatociti secondari. Alla fine vengono prodotti in
un primo luogo, prima degli spermatidi rotondeggianti, cellule che sono quasi spermatozoi ma non
hanno flagello, sono ancora tonde. E poi attraverso un processo di differenziamento che prendo il
nome di spermiogenesi, la cellula rotondeggiante diventa provvista di flagello, acquista una testa che
consente di bucare le membrane cellulari della cellula uovo e fecondarla–acrosoma. Lungo l’epitelio
seminifero avviene la spermatogenesi quindi le fasi delle divisioni cellulari. All’inizio, prima della
pubertà solo divisioni mitotiche, poi divisione meiotiche. Vengono prodotti gli spermatidi che sono
cellule aploidi e in seguito attraverso la spermiogenesi gli spermiogenesi. Tutto questo processo dura
circa nove settimane ma siccome avviene in continuazione a partire da cellule mitotiche sempre
presenti c’è una produzione continua per tutta la vita. Siccome ciò richiede le cellule del Sertoli queste
cellule sono quelle rappresentate in grigio. Hanno un citoplasma molto complicato che deve
abbracciare le cellule germinali che si differenziano. Accompagnano fisicamente le cellule germinale
nel loro processo germinativo. Gli spazi bianchi sono gli spazi occupati dalle cellule germinali. Si dice
che le cellule del Sertoli siano capaci di formare una barriera ematotesticolare: siccome con la
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pubertà il maschio diventa capace di fare divisioni meiotiche, acquisisce delle cellule diverse rispetto
alle cellule del proprio corpo che potrebbero potenzialmente essere riconosciute come estranee ed
essere attaccate dal sistema immunitario. Queste cellule vengono quindi segregate in questi spazi
bianchi perché questi spazi bianchi sono fisamente separati dalle cellule del Sertoli dallo spazio che si
trova alla base del tubulo seminifero dove passano i vasi sanguigni, dove potrebbero passare i linfociti
capaci di aggregare queste cellule. Le cellule del Sertoli formano una barriera che separano le cellule in
formazione dai linfociti che possono transitare nei vasi sanguigni dell’interstizio.

In questa immagine si vedono gli spermatozoi nella tuba uterina. Gli spermatozoi non sono
completamente maturi finché non hanno raggiunto le vie genitali femminili perché anche nelle vie
genitali femminili avviene un altro processo importante –dopo l’acquisizione della motilità avvenuta
nell’epididimo – che prende il nome di capacitazione e consiste nell’acquisizione della capacità di
fecondare. Finché non hanno raggiunto le tube questi spermatozoi non sono capaci di fecondare.
La produzione ormonale dei testicoli è sotto il controllo dell’asse ipotalamo-ipofisario. C’è un ormone
che si chiama LH e comanda alle cellule di Leydig di produrre testosterone. Il testosterone non agisce
direttamente sulle cellule germinali ma per intermediazione delle cellule del Sertoli le quali
controllano la maturazione degli spermatozoi quindi controllano la spermatogenesi a seguito della
secrezione del testosterone da parte delle cellule del Leydig.
Le arterie che vascolarizzano il testicolo sono arterie genitali che si sono originate da questo grosso
fascio con decorrenza longitudinale ovvero l’aorta addominale. Questa vascolarizzazione prevede una
formazione di un plesso vascolare molto complicato che prende il nome di plesso pampiniforme, che è
presente per entrambi i testicoli.

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Nel sacco scrotale, oltre alla componente muscolare ed alla tonaca connettivale è presente anche la
tonaca Dantos. Sono componenti muscolari essenziali per l’allontanamento o l’avvicinamento del
testicolo.

La prostata in posizione anatomica è sotto la vescica. Apprezziamo tutti questi condotti, queste
formazioni ghiandolari poiché si tratta di una ghiandola esocrina. Questi due tubuli bianchi sono i dotti
eiaculatori – che si formano dopo che il canale deferente si è andato ad unire alla vescichetta seminale.
Queste ghiandole di cui abbiamo parlato contribuiscono a formare il liquido seminale che sarà quindi
formato in parte dagli spermatozoi e in parte dal secreto di queste ghiandole. La ghiandola che
contribuisce di più – il 60% del secreto del liquido seminale – sono le vescichette seminali. La prostata
contribuisce per il 30% ed il restante 20% è prodotto dalle ghiandole bulbo uretrali. Qualcosa relativa
ai genitali esterni. Trattasi del pene e della borsa scrotale. Nel pene si riconosce una pozione che
chiamiamo radice, una regione del corpo, un apice del pene o glande provvisto dell’orifizio uretrale
esterno. Ricordiamo l’importanza del muscolo cremastere e della tonaca Dantos. Le cellule germinali
devono permanere ad una temperatura di 34 gradi e ciò è garantito dalla contrazione di queste
componenti muscolari che volta in volta allontanano o avvicinano il testicolo all’addome. Se guardiamo
la struttura in proiezione longitudinale del pene, apprezziamo la presenza di colonne cilindriche che
sono tre e disposte parallelamente all’asse del pene. Sono formate da tessuto erettile: all’interno di
questo tessuto c’è un labirinto di canale vascolari che consentono un apporto vascolare che consente a
seguito dalla vasodilatazione di queste componenti vascolari l’erezione. Queste formazioni vengono
chiamate corpi cavernosi del pene e centralmente il condotto dell’uretra. Ci sono tutta una serie di
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spazi apparentemente vuoti dove a seguito della vasodilatazione sostanzialmente si accumula il
sangue consentendo il meccanismo dell’erezione. Vi sono quindi due corpi cavernosi ed il corpo
spugnoso che, con questo meccanismo, accumulano sangue e si crea un rigonfiamento che determina il
meccanismo dell’erezione. Questo ovviamente implica una vascolarizzazione consistente.

Nell’apparato genitale femminile osserviamo la presenza delle gonadi che producono i gameti cioè le
cellule uovo. Questi gameti sono prodotti nelle ovaie. Anche in questo caso abbiamo le vie genitali che
sono rappresentate dalle tube uterine che si chiamano anche trombe di Falloppio o salpingi. Esse
comprendono anche l’utero e la vagina. Tutto questo si trova a livello della regione pelvica e perineale
che si trova tra la radice delle due cosce. Quando si parla dei genitali esterni nella femmina si parla del
monte di Venere, grandi labbra e piccole labbra, il vestibolo della vagina. Gli organi erettili sono
rappresentati dal clitoride e dai bulbi del vestibolo e infine dalle ghiandole vestibolari che si trovano
nel vestibolo della vagina e producono delle sostanze lubrificanti.
L’utero si appoggia sulla vescica. Si continua con il collo dell’utero, la cervice uterina e poi con la vagina
che si va ad aprire con il suo meato che è separato e differente dal meato uretrale che si apre
all’esterno a partire dal meato della vescica. Via urinaria e vita geniale sono separate, entrambi i canali
si vanno ad aprire a livello del vestibolo della vagina.
A livello dell’utero arriva, al momento della fecondazione, una cellula uovo non fecondata. Questa
cellula uova si è formata nell’ovaio, è stata raccolta nella tuba uterina che ha queste braccette che
servono ad abbracciare l’uscita dell’ovulo dopo l’ovulazione e percorre la tuba uterina per raggiungere
l’utero dove avviene l’impianto dell’embrione. La vagina è l’organo sia della copula sia per consentire
la fuoriuscita del feto. Questo lo vediamo in sezione sagittale e abbiamo imparato a riconoscere l’utero
che si appoggia nella posizione più comune di antiversione sulla vescica. Utero che prosegue con il suo
collo o canale o cervice e sia va ad inserire nella vagina che si apre all’esterno nel meato vaginale.
Diversamente la vescica, tramite l’uretra, convoglia l’urina all’esterno grazie al meato uretrale
presente a livello del vestibolo.
Vi faccio notare la presenza del retto e notiamo la prossimità dell’apparato genitale all’ultima porzione
del canale alimentare.

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Qui apprezziamo le due ovaie abbracciate dalle fimbrie ovariche, tube che vanno ad innestarsi a livello
dell’utero. Queste vie,
se ci fate caso, sono
tenute insieme da
questa sorta di
ventaglio fibroso,
questa tonaca che
riveste l’utero le tube e
le ovaie che non è altro
che il legamento largo
dell’utero. Si tratta di
un foglietto di
derivazione
peritoneale. Abbiamo
imparato a riconoscere
l’utero, i suoi rapporti
con le tube e le due
ovaie e questo utero
con il suo collo si va ad
inserire a livello della
vagina. Le cellule
germinali femminili, gli
ovociti, vengono
prodotte a seguito di un lungo processo che prevede divisioni mitotiche e divisione meiotiche. C’è una
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differenza importante tra maschio e femmina a questo proposito. Nella femmina l’ovogenesi inizia di
fatto prima della nascita e resta latente fino alla pubertà. Il maschio prima della pubertà ha cellule che
fanno divisioni mitotiche. Nella femmina al momento della nascita ci sono cellule che hanno intrapreso
la divisione meiotiche, sono ferme nella profase della prima divisione meiotica. Al momento della
pubertà la meiosi va avanti, mentre nel maschio inizia dopo la pubertà. A ogni ciclo, con l’ovulazione, si
ha il proseguimento di questo processo. Dopo la pubertà ogni mese, alcuni follicoli che sono strutture
che si trovano nell’ovaio e che contengono la potenziale cellula uovo continuano queste processo. Ogni
mese si completa la prima divisione meiotica. Il completamento anche della seconda divisione
meiotica avviene al momento della fecondazione. Al momento della nascita quindi l’ovaio della
femmina presenta delle strutture che si chiamano follicoli che sono strutture che ospitano una
potenziale cellula uovo. Dalla pubertà in poi viene prodotto in genere un ovocita e si completa la prima
divisione meiotica. Il completamento della seconda divisione meiotica avviene al momento della
fecondazione.
Dobbiamo immaginare nell’ovaio tanti follicoli che sono quelli con i quali nasce la femmina che sono
follicoli primordiali che possono crescere. Ed ogni mese ce ne sarà uno predominante e si completa la
divisione meiotica, il follicolo scoppia, la cellula viene ovulata e viene accolta nelle braccine delle tube.
A fine ovulazione il follicolo forma una specie di cicatrice che è rappresentata dal corpo luteo, che è
una struttura che si forma a seguito dell’ovulazione che è destinato a deperire e diventare corpo
albicante.

Qui al microscopio ottico vediamo follicoli che sono i follicoli primordiali che possono crescere, uno
prevarrà sugli altri e nel follicolo pieno di liquido l’ovulo si proietta finché il follicolo non si apre e
rilascia la cellula uovo, pronta ad essere fecondata. Il follicolo si rompe, l’ovocita viene rilasciato.
Questo succede in corrispondenza di un picco ormonale di LH scatenato anche dagli estrogeni prodotti
dal follicolo. In questa situazione avviene l’ovulazione. L’ovulazione avviene circa a 14 giorni del ciclo e
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si chiama fase follicolari (periodo di crescita del follicolo fino al momento dell’ovulazione). Questo
follicolo rottosi a livello dell’ovaio libera una cellula uovo che viene raccolta da una delle fimbrie e
percorre la tuba uterina. Queste tuba uterina ha varie porzioni e quindi c’è una porzione più vicina
all’ovaio che prende il nome di infundibolo, c’è poi l’ampolla ovarica e la regione dell’istmo che si va ad
inserire nella parete uterina. Quando avviene l’ovulazione rimane la posto del follicolo ovulato il corpo
luteo che serve a sintetizzare il progesterone. Il progesterone serve letteralmente a preparare l’utero
ad una eventuale gravidanza. E’ l’ormone post ovulatorio che serve a preparare l’utero alla gravidanza.
Ovviamente se questa gravidanza non avviene, questo corpo luteo degenera. A seguito della sua
degenerazione ci sarà il crollo dei livelli di progesterone e degli estrogeni e quindi si forma il corpo
albicante.
Una volta che l’ovocita è stato ovulato, cerca di raggiungere l’utero ma fanno prima gli spermatozoi a
risalire lungo la tuba uterina. La fecondazione avviene a livello delle tube, soprattutto a livello
dell’ampolla. Avvengono le prime divisioni mitotiche embrionali, la formazione del blastomero, finché
questo embrione si impianta nella parete uterina. La fecondazione avviene nelle
tube, soprattutto a livello dell’ampolla, e l’impianto avviene a livello dell’utero.
Non ci deve stupire il fatto che lungo la tuba uterina ci sia una parete muscolare perché queste
contrazioni peristaltiche accompagnano il movimento della cellula uovo e poi eventualmente
dell’embrione. Ci devono essere contrazioni peristaltiche che accompagnano questo movimento. C’è
anche una presenza di ciglia e di un epitelio secernente muco la cui composizione varia a seconda del
momento del ciclo. Dal momento della fecondazione per fare la strada fino all’utero l’ovulo
impiegherebbe 3-4 giorni. Siccome la fecondazione, se avviene, deve avvenire entro 24 ore
dall’ovulazione, di fatto la fecondazione non avviene nell’utero ma a livello dell’ampolla della tuba.

La posizione più comune dell’utero è quella in cui è ripiegato sulla vescica. A proposito dell’utero si
dice che i due terzi superiori rappresentano il corpo dell’utero, e la porzione inferiore rappresenta il
collo o cervice uterina che si va ad indagare soprattutto quando si fa il pap test. Tra collo e cervice c’è
poi una regione che prende il nome di istmo. La posizione più comune dell’utero è quella di
antiflessione però vi è anche una posizione retroflessa in cui l’utero si solleva dalla sua posizione

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comune al punto da piegarsi all’indietro. Si chiama anche utero retroverso. Il fatto di avere l’utero in
questa posizione non crea nessun tipo di problema.

L’utero è l’organo che consente l’impianto e lo sviluppo dell’embrione. Ha grande elasticità ed è


intensamente vascolarizzato. Questa vascolarizzazione si fa molto ricca quando l’utero cresce durante
la gravidanza. C’è da dire che questo implica anche una crescita della parete uterina e quindi ci sarà
una crescita del tessuto connettivo e dei muscoli che sono contenuti nella parete uterina, muscoli che
sono fondamentali durante il parto perché ci devono essere tutte queste contrazioni muscolari che
consentono l’uscita del feto.
La prete uterina è sottoposta ad un controllo ormonale. Nella parete dell’utero si riconosce
fondamentalmente un endometrio, quella tonaca mucosa che riveste l’utero, è provvista di ghiandole.
Nell’endometrio si riconosce uno strato basale ed uno strato funzionale. Inoltre riconosciamo un
miometrio che è la componente muscolare dell’utero ed una serie di tonache. E’ possibile trovare
nell’utero uno strato circolare, longitudinale ed obliquo nella muscolatura uterina. Ricapitolando,
l’endometrio è una tonaca mucosa provvista di ghiandole ed il miometrio è la componente muscolare.
Nell’utero riconosciamo un fondo che è quello che è rivestito dalla sierosa peritoneale. Esattamente
come lo sviluppo dei gameti femminili è sotto un fine controllo ormonale, anche la mucosa uterina va
incontro a delle modificazioni all’interno di un fine controllo ormonale. Quello che succede è che la
mucosa dell’utero, questa parete che riveste internamente l’utero, non è sempre uguale ma va incontro
a delle modificazioni. Questo perché si deve poter preparare ad una eventuale gravidanza che
potenzialmente ci potrebbe essere ogni mese. Nel caso in cui l’impianto non si dovesse verificare,
questa mucosa va incontro ad una desquamazione ed a questo punto si ha perdita del sangue, poiché la
mucosa è intensamente vascolarizzata, e si ha la mestruazione. Questa mucosa uterina la dovete
immaginare come una mucosa che cambia nel tempo e lo fa ciclicamente esattamente come
ciclicamente si verifica la maturazione dell’ovocita. La mucosa uterina – e si chiama ciclo uterino - va
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incontro ad una fase di proliferazione ad una fatte secretiva e ad una fase mestruale o desquamativa. Ci
sarà una fase in cui le cellule epiteliali andranno incontro ad una fase di proliferazione per prepararsi
ad una eventuale gravidanza. Successivamente una fase nella quale le ghiandole che compongono
l’endometrio pure esse si preparano in qualche modo, proliferano, producono secreto ed infine una
fase, nel momento in cui non si verificasse l’impianto dell’embrione, la mucosa desquama.
Esattamente come lo sviluppo della cellula uovo è sotto un fine controllo ormonale, la stessa cosa
succede per la mucosa uterina per cui di fatto si ha un incremento degli estrogeni durante questa fase
proliferativa mentre nella fase secretiva si ha anche un incremento del progesterone poiché
contemporaneamente si ha la formazione del corpo luteo. Insomma, quello che c’è da sapere è che
l’endometrio si trasforma durante il ciclo ed esattamente come esiste un ciclo ovarico, esiste un ciclo
uterino che è sottoposto ad un fine controllo ormonale.
La vagina è un organo estensibile, si deve poter dilatare per tutte le caratteristiche della sua parete ed
è in una stretta prossimità con il fondo dell’utero il cui collo si va ad inserire nel canale vaginale. Il
canale vaginale che si apre all’esterno nel cosiddetto orifizio vaginale che si trova in prossimità
dell’orifizio uretrale a livello del vestibolo della vagina. E’ un organo intensamente vascolarizzato,
innervato. A livello del vestibolo vediamo lo sbocco di due meati distinti e in questo caso è importante
sottolineare come il rivestimento epiteliale sia idoneo al tipo di funzione. Abbiamo un epitelio
sottoposto ad un turnover, pluristratificato pavimentoso perché c’è continua perdita degli strati
superficiali che vengono rimpiazzati dalle cellule nuove proliferanti a partire dagli strati basale ed
essendo un organo estensibile ci sarà una componente muscolare importante con fasci di muscolatura
sia longitudinali che circolari.
Esattamente come nel maschio abbiamo parlato di tessuto erettile a proposito del pene, abbiamo
parlato dei corpi cavernosi del pene, anche la femmina è dotata di un tessuto erettile, il clitoride. Sia il
clitoride sia i muscoli bulbo-cavernosi sono delle strutture che sono fatte di tessuto erettile quindi
simili come meccanismo di funzionamento al corpo spugnoso dell’uretra e quindi il clitoride per
esempio lo troviamo anteriormente all’orifizio uretrale e troviamo questi due ammassi di tessuto
erettile che si chiamano muscoli bulbo-cavernosi che si trovano accanto all’orifizio vaginale.

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Istofisiologia del rene

Il rene è un organo pari, posto nella cavità addominale, è, più precisamente, nello spazio retroperitoneale a
lato della colonna vertebrale. E’ collocato all’interno della loggia renale, che è una dipendenza della fascia
trasversale dell’addome. La loggia renale è delimitata da due foglietti:

- Foglietto pre-renale che si porta anteriormente ai reni;


-
- Foglietto retrorenale che si porta posteriormente e si addossa, si inserisce a livello dei corpi

vertebrali

Superiormente la fascia renale prosegue in alto comprende anche la ghiandola surrenale e si applica al
muscolo diaframma quindi la fascia renale rappresenta l’elemento di sostegno del rene mentre
inferiormente la fascia renale si disperde all’interno del tessuto connettivo quindi non si ancora
inferiormente, tant’è vero che se il grasso presente tra la fascia renale ed il rene dovesse andare incontro
ad utilizzo da parte del nostro organismo, il rene potrebbe scendere, cadere, aptosi renali con gravi
conseguenze sia vascolari che urinarie.

Il rene ad una prima osservazione macroscopica è rivestito da una capsula di tessuto connettivo che si
presenta estremamente lucida, al di sotto alcuni descrivono delle fibrocellule muscolari lisce [Fra la capsula
98
e il parenchima renale si trova un esile strato di miocellule lisce variabimente intrecciata (tonaca muscolare
del rene) cit, Anastasi] che ancorano la capsula al parenchima renale e potrebbero rappresentare una
tonaca muscolare del rene. Mentre facendo una sezione sagittale passante per l’ilo renale potremmo
apprezzare l’architettura esterna. Dal punto di vista macroscopico vediamo come a livello dell’ilo renale –
che è posto in quella cavità del rene indicata come seno renale – siano presenti le vie urinarie caratterizzate
dai calici minori che confluiscono a formare i calici maggiori, che a loro volta confluendo costituiranno il
bacinetto o pelvi renale. Da qui l’urina sgocciola e prosegue lungo l’uretere per essere raccolta a livello
della vescica. Come vedete, da questa sezione possiamo apprezzare dal punto di vista della tintorialià,
elementi diverse, zone diverse.

Alla periferia del parenchima renale abbiamo una colorazione diversa da quella che si trova più
profondamente e infatti la porzione periferica, per l’organizzazione e gli elementi che sono in essa
compresi, presenta questa tintorialià che la distingue dalla parte più profonda che sembrerà quasi isolata
ma di fatto così non è poiché anche la midollare è in continuazione che la regione corticale.

La regione midollare non è continua: è costituita da strutture che, per la loro morfologia, ricordano una
forma piramidale e, proprio per questo motivo, prendono il nome di piramidi renali. Ciascuna piramide
renale è circondata sia perifericamente che medialmente o lateralmente dalla regione corticale quindi
troveremo la parte corticale più prospiciente verso l’esterno dell’organo e la parte corticale che invece si
insinua tra le piramidi. Questa porzione che si insinua nelle piramidi prende il nome di colonna renale o
colonna del Bertin. Quindi i primi elementi che appaiono all’osservazione strutturale saranno:

- Una regione corticale periferica;


- Una regione midollare profonda.

La regione corticale si insinua tra gli elementi a forma di piramide che caratterizzano la midollare. Zona
corticale, piramide renali e più in profondità avremo l’origine delle vie urinarie. Ciascuna delle piramidi
presenta l’apice rivolto verso la profondità del rene. Questo apice corrisponde alla cosiddetta papilla
renale. E’ un elemento caratterizzato da tanti forellini attraverso i quali l’urina che viene prodotta del rene
– a livello delle regioni corticali e midollari – sgocciola all’interno dei calici minori dopodiché proseguirà il
suo decorso all’interno delle vie urinarie.

Il rene filtra circa 200l di plasma al giorno ma soltanto l’1% di plasma che viene filtrato andrà a costituire
l’urina definitiva quindi deve esserci un meccanismo importante nel rene che da un lato filtra per produrre
urina primitiva, dall’altro invece ci sarà il riassorbimento idrico pari circa al 99% che consentirà di trattenere
l’acqua. Se questo bilancio non si venisse a realizzare, andremo incontro ad una insufficienza del rene. Il
rene deve quindi essere sempre a posto dal punto di vista osmotico, della filtrazione del plasma, deve avere
tante caratteristiche che possano determinare la eliminazione solo delle sostanze di cui non abbiamo
bisogno cioè il prodotto del metabolismo delle proteine. La parte azotata delle proteine è estremamente
tossica per il nostro organismo. Una concentrazione di sostanze ammoniacali all’interno del circolo
sanguigno porta al coma quindi vanno necessariamente eliminate.

Se andiamo ad osservare poi schematicamente, ritornerà tutto più semplice. Possiamo apprezzare la
capsula fibrosa, al di sotto di essa le due zone corticale e midollare con la forma in sezione triangolare delle
piramidi dove l’apice della piramide si trova in profondità del rene mentre la base più periferica. Tra le
piramidi sono presenti le colonne di Bertin e proseguono con la regione corticale. All’apice delle piramidi
saranno presenti le papille renali, elementi bucherellati che consentono lo sgocciolamento dell’urina che
viene raccolta dai calici minori corrispondenti ciascuno ad una piramide renale. I calici minori si raccordano
per formare calici maggiori, e i calici maggiori a loro volta si riuniscono per costituire il bacinetto o pelvi
renale.

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A livello del seno renale vediamo una gran quantità di tessuto adiposo com’è normale che sia presente a
livello dell’ilo di tutti gli organi ma anche la presenza di elementi importanti che sono le sentinelle dello
stato di salute dell’organo, che sono i linfonodi. I linfonodi a livello dell’ilo degli organi fanno parte del
sistema linfatico che serve a verificare che tutto sia a posto. Quando diventano ipertrofici vuol dire che
qualcosa non va a carico dell’organo.

Avevamo introdotto un concetto di lobi a livello del rene. All’atto della nascita questi lobi sono già persi. Nel
periodo di vita fetale il rene è fatto un po’ a palloncini e ciascun palloncino corrisponde al lobo ma
perifericamente alla nascita già questa forma lobata viene persa. Quello che resta di ciascun lobo del rene è
la struttura interna. Ciascuno degli elementi lobati corrisponderà ad una piramide circondata dalla regione
corticale. Ciascuno di questi era un vero e proprio lobo, anche dal punto di vista morfologico superficiale.
Poi il rene assume questa morfologia a fagiolo e i lobi superficialmente non si osservano più. Solo
internamente si possono evidenziare andando a prendere in considerazione una piramide circondata dalla
corrispettiva sezione di zona corticale.

Dal punto di vista vascolare i rami dell’arteria renale andavano a comportarsi in maniera lobare. Dai vari
segmenti del rene l’arteria prendeva il nome di arteria interlobare proprio perché si andava a disporre dai
lobi. In prossimità della base delle piramidi curvava prendendo il nome di arteria arcuata. Procedeva quindi
parallelamente alla base delle piramidi e da qui dava dei rami: alcuni andavano ad aderire qui, altri
approfondivano all’interno delle piramidi renali. Una vascolarizzazione quindi che rispecchia in qualche
maniera l’organizzazione lobare del rene.

Andiamo a focalizzare l’attenzione aumentando l’ingrandimento e quello che possiamo vedere questo
aspetto. Abbiamo un prelievo effettuato nella regione corticale ed un prelievo effettuato nella regione
midollare.

Nella zona corticale notiamo dei corpuscoli, cosa che nella regione midollare non vediamo. Se poi andiamo
ad osservare l’organizzazione del parenchima, oltre alla presenza di questi corpuscoli, troviamo questi
elementi che a seconda della sezione del taglio possono essere un po’ più allungati, arcuati, a forma di

100
pallino. Questo sta a significare che il rene è costituito da una serie di dotti che hanno un andamento
irregolare, tortuoso e prendono il nome di tubuli contorti e sono tutti in continuità.

Nella regione midollare, invece, vedete che i tubuli, i dotti hanno un andamento molto più regolare. Sono
disposti uno accanto all’altro e vanno in direzione della papilla renale dove ovviamente sgoccioleranno
progressivamente l’urina che si viene a formare. Già da queste immagini possiamo capire come a livello
della regione corticale avvenga la produzione dell’urina mentre a livello della regione midollare, l’urina
viene condotta al di fuori del rene in corrispondenza della papilla del rene. Il grosso lavoro a carico del rene
si realizza nella regione corticale. Nella midollare ci saranno piccole modificazioni ma condurrà l’urina fuori
dal rene, soprattutto. A questo punto andiamo a vedere in maggior dettaglio il contenuto della regione
corticale.

Possiamo apprezzare gli elementi che abbiamo visto precedentemente. Quei corpuscoli abbastanza scuri e
circondati da una serie di tubuli che assumeranno una morfologia diversa in relazione alla superficie di
taglio.

A piccolo ingrandimento apprezziamo i tubuli o il corpuscolo renale. E’ di forma grossomodo


rotondeggiante. E’ caratterizzato da una lamina che vedete colorata in blu di tessuto connettivo con questa
colorazione che è una tricromica. Mette in evidenza il tessuto connettivo. Il corpuscolo renale o di Malpighi
è circoscritto da questa lamina in blu. Questa lamina che se la guardiamo attentamente lo circoscrive
completamente ma ad un certo punto lo abbandona. Questa sta a significare, proprio dal corpuscolo
renale, ha origine il sistema dei tubuli. La lamina periferica abbandona il corpuscolo. Le cellule a questo
punto sono abbastanza evidenti e vanno a costituire i tubuli contorti. Quest’immagine mette in evidenza

101
che il corpuscolo renale o di Malpighi presenza un polo urinario. Attraverso il tubulo, l’urina che produce,
viene inviata al di fuori del corpuscolo stesso quindi inizia il suo ciclo di produzione. Se guardiamo
attentamente il corpuscolo renale, nella porzione centrale fortemente colorato, presenta un groviglio. Un
vero e proprio groviglio di capillari sanguigni il quale si presenta rivestito di un altro foglietto. I capillari sono
avvolti in un foglietto molto sottile che non è in diretto contatto con la lamina più periferica del glomerulo
ma tra il foglietto che riveste i capillari (foglietto viscerale) e il foglietto più esterno (foglietto parietale)
esiste uno spazio.

Attraverso questo spazio viene raccolta l’urina che è rappresentata dalla filtrazione del plasma e quindi
viene immessa in questo spazio che prende il nome di spazio capsulare perché corpuscolo renale è
costituito complessivamente da:

- Un glomerulo profondo;
- Una capsula esterna costituita da due foglietti: un foglietto viscerale addossato al glomerulo ed un
foglietto parietale più esterno.

L’urina prodotta a questo livello è un’urina che possiamo definire “provvisoria”, fa parte di quei 180-200l di
plasma che viene filtrato. Altri elementi del rene provvederanno a recuperare l’acqua quindi questa
preurina viene raccolta nello spazio capsulare ed inizia il suo percorso all’interno dei tubuli contorti. Se
guardiamo attentamente l’ultima delle tre immagini, alcuni elementi già li conosciamo: riconosciamo il
glomerulo renale rivestito dalla sottile lamina viscerale della capsula di Bowman, riconosciamo lo spazio
capsulare e il foglietto parietale della capsula di Bowman. Il polo urinario non lo vediamo ma vediamo un
altro elemento importante. A questo livello possiamo distinguere un ulteriore polo dove sono presenti vasi
sanguigni. Queste sono sostanzialmente un’arteria che entra all’interno del corpuscolo renale e che si
sfiocca ripetutamente per formare tutto questo gomitolo. Una arteriola afferente si sfiocca, costituisce una
rete di capillari molto abbondanti. Dopodiché gli stessi capillari fuoriescono dal corpuscolo renale
attraverso un’altra arteria. Siamo presenza quindi di qualcosa di particolare: un’arteria, che per le
dimensioni prenderà il nome di arteriola, entra all’interno del corpuscolo e prendere il nome di arteriola
afferente. Dopo aver capillarizzato ed aver svolto un ruolo filtrante, si ricostituisce un’altra arteriola, che

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chiameremo efferente perché esce, e pertanto questa vascolarizzazione desta un po’ di meraviglia perché
in genere siamo stati abituati, studiando gli organi, che entra un’arteria e dopo aver effettuato gli scambi
fuoriesca sotto forma di vena. In questo caso entra un’arteria e fuoriesce un’altra arteria e quindi la
circolazione all’interno del corpuscolo renale la possiamo definire come circolazione mirabile arteriosa,
proprio perché non è comune.

All’osservazione strutturale del rene possiamo vedere che nella regione corticale sono presenti sia i
corpuscoli renali o di Malpighi sia i tubuli contorti. Il corpuscolo renale è costituito da due elementi: un
glomerulo renale all’interno ed una capsula esterna che prende il nome di capsula di Bowman.
Quest’ultima è divisa in un foglietto viscerale che aderisce fedelmente al glomerulo renale. Un foglietto
parietale che detta il limite esterno del corpuscolo. Tra i due foglietti è presente lo spazio capsulare dove
viene riversata l’urina che viene filtrata dai capillari sanguigni con la parte viscerale della capsula di
Bowman. Il glomerulo renale presenta invece un groviglio di capillari che hanno la loro origine con una
arteriola afferente, dopodiché dopo aver filtrato ritornano al di fuori del corpuscolo renale sotto forma di
arteriola efferente. Si crea così una rete di natura arteriosa. Abbiamo potuto individuare due poli
importanti: un polo urinario in grado di raccogliere la preurina che viene filtrata a livello glomerulare, l’altro
polo lo chiameremo polo vascolare ed identifica l’ingresso e l’uscita dei vasi arteriosi.

Andiamo a guardare il corpuscolo renale al microscopio elettronico a scansione.

Possiamo notare
che la parte
centrale
predominante
che ci viene
all’occhio è
rappresentata dal
glomerulo renale.
I capillari hanno
un andamento
irregolare,
formano un
gomitolo. Alla
periferia
possiamo notare
il limite della
capsula di Bowman, il foglietto parietale. Il foglietto viscerale è quello che è adeso ai capillari sanguigni che
noi vediamo in maniera subliminale, li immaginiamo perché si trovano al di sotto di questi elementi che
sono le cellule del foglietto viscerale della capsula di Bowman. Queste cellule hanno un corpo tondo e dei
prolungamenti. Queste cellule prendono il nome di podociti. Questi sono gli elementi che aderiscono
fedelmente ai capillari sanguigni che si trovano al di sotto. Notiamo la morfologia dei capillari sanguigni
all’interno del glomerulo che però sono rivestiti da questo epitelio caratteristico del foglietto viscerale della
capsula di Bowman. Possiamo poi osservare lo spazio capsulare ed il foglietto parietale della capsula di
Bowman. Il plasma contenuto all’interno dei capillari sanguigni attraversa il capillare e i podociti per
immettersi nello spazio capsulare. L’elemento su cui si fonda la filtrazione del plasma sanguigno e la
produzione della pre-urina.

I podociti, le cellule epiteliali che costituiscono il foglietto viscerale della capsula di Bowman, sono
caratteristici. Hanno un corpo e hanno dei prolungamenti. I prolungamenti sono di primo tipo (abbastanza
grandi), di secondo tipo e di terzo tipo. Questi ultimi sono decisamente più piccoli e si affiancano l’uno

103
all’altro interdigitandosi quindi lasciano piccoli spazi. I piccoli spazi daranno un contributo alla filtrazione del
plasma sanguigno che dovrà essere immesso nello spazio capsulare quindi creano una maglia, un filtro.
Vedete bene il corpo. A più forte ingrandimento gli elementi di terzo tipo prendono il nome di pedicelli.
Creano degli spazi attraverso il quale è consentito il passaggio parziale delle cellule contenute all’interno
del sangue. Una cellula del sangue, un globulo rosso di 7 micron non potrà mai oltrepassare questi spazi
quindi la filtrazioni sarà destinata esclusivamente al plasma, con all’interno alcune molecole che possono
attraverso questi spazi.

Vediamo il lume del vaso ed i


prolungamenti terziari dei podociti
che abbiamo detto prendono il
nome di pedicelli. Riconosciamo la
cellula endoteliale con il nucleo e
questo citoplasma molto sottile con
una membrana basale, all’interno il
lume. Ad una prima osservazione la
membrana basale del capillare
sanguigno apparirà non continua
ma avrà delle interruzione. Il plasma
potrà attraversale il capillare per
aggettarsi nello spazio capsulare. Il
ruolo importante della filtrazione è
dato dall’endotelio del capillare
glomerulare e dall’epitelio dei
podociti con i pedicelli.

I pedicelli sono caratterizzati dalla


lamina basale e tra un pedicello e
l’altro vi è uno spazio. L’elemento
filtrante sarà data da una
membrana di ultrafiltrazione
costituita dall’endotelio del capillare
e dall’epitelio dei podociti. Saranno
presenti degli spazi molto ridotti che
consentiranno il passaggio del
plasma dal sangue verso lo spazio
capsulare. Proprio per motivi di ingombro e di dimensioni il passaggio sarà consentito solo a quelle
sostanze che possono infondere dal capillare verso l’epitelio di podociti e solo se saranno più piccole di
questi spazi ovvero:

- Inferiori a 7 nanometri;
- Peso molecolare minore di 40000 dalton

Con un sistema così ben organizzato possiamo fare delle deduzioni diagnostiche estremamente importanti.
Immaginate se io nelle urine dovessi riscontrare la presenza di proteine. Le proteine sono molto più grandi
di 7 nanometri. Oppure cellule del sangue, linfociti, globuli rossi. Questo starebbe a significare che tutto
questo sistema a livello del corpuscolo renale non funziona quindi in maniera estremamente semplice
possiamo dimostrare lo stato di salute del rene. La presenza di grandi molecole, peptidi di dimensioni
superiori ai 7 nanometri, la presenza di cellula significa che questo sistema di ultrafiltrazione non funziona
quindi ci troviamo difronte ad una glomerulo nefrite quindi un’infiammazione a carico del glomerulo.

104
Vediamo schematicamente il polo urinario, il polo vascolare. Vediamo il glomerulo rivestito dai podociti, lo
spazio capsulare, il foglietto parietale della capsula di Bowman.

Abbiamo visto l’organizzazione e la funzione del corpuscolo renale ora diamo un’occhiata al sistema
tubulare. Dobbiamo distinguere i tubuli perché abbiamo lungo il loro decorso di effettuare una distinzione
morfologia e funzionale. I tubuli che originano dal corpuscolo renale possono essere divisi in:

- Tubulo contorto prossimale ovvero più vicino al corpuscolo renale;


- Tubulo contorto distale che è unito dalla ansa di Henle con il tubulo contorto prossimale.

Il tubulo contorto distale è l’ultimo tratto del sistema glomerulare e confluisce nei dotti collettori. Quelli
che determinavano nel loro insieme la costituzione delle piramidi renali. A differenza della capsula di
Bowman che ha un epitelio piatto, nei tubuli varia da cubico a cilindrico, sono tutti stipati uno affianco
all’altro. Sezionati assumono una morfologia diversa e quindi vediamo anche da un punto di vista
ultrastrutturale.

Vediamo un tubulo contorto, le cellule sono caratterizzate da una superficie non lisca ma ricca di microvilli.
Questi microvilli sono molto importanti. Li abbiamo visti anche nell’intestino in cui specificavano una
funzione di assorbimento. Questa grande quantità di microvilli sta a significare riassorbimento: tutta quella
urina che era stata prodotta bisogna privarla del 99% di acqua. I tubuli in diverse concentrazioni avranno il
compito di riassorbire l’acqua. Al di sotto della superficie apicale delle cellule dei tubuli c’è una grande
quantità di mitocondri che supportano il notevole lavoro di queste cellule. Questa organizzazione
mitocondriale è del tutto tipica perché la membrana plasmatica li va anche a circondare nella loro porzione
basale e diciamo decreta le condizioni per una morfologia diversa. I mitocondri sono impilati ed i primi
osservatori di queste immagini al microscopio ottico, chiamarono questo tipo di epitelio epitelio bacillare
perché la morfologia di questi mitocondri ricordava dei batteri. In seguito si è notato che non erano batteri
ma mitocondri di forma diversa ed organizzati diversamente.

In stretto contatto con un tubulo contorto prossimale vediamo un tubulo contorto distale che è meno
rappresentato dalla presenza di microvilli. Ha un aspetto globoso e presenza di mitocondri ma il fatto che
presenza una quantità di microvilli sta a significare che assorbe meno acqua.
105
La caratteristica morfologia di una papilla renale: al termine della sostanza midollare della regione
midollare è presente una papilla. Tutti i dotti connettori gli arrivano, rilasciano le gocciole di urina che
possono fuoriuscire da questi forellini ed impegnarsi all’interno delle vie urinarie. E’ una struttura
caratterizzata da un rigonfiamento, cribrata per la presenza di forellini e ricorda uno scolapasta.

Riassumendo: corpuscolo renale, polo urinario, origine, direttamente dalla capsula di Bowman, del tubulo
contorto prossimale. Caratterizzato da cellule cubico cilindriche ricche di microvilli con una grande quantità
di mitocondri impilati. Dopo il tubulo contorto prossimale assistiamo ad un restringimento con l’ansa di
Henle caratterizzata da un epitelio piatto che pur essendo piatto riesce ad assorbire qualche cosa, è un po’
una cosa anomala. Poi dall’ansa di Henle origina il tubulo contorto distale il quale sempre aggrovigliato
sempre contorto si raccorda con il dotto collettore. Il tubulo contorto distale per la sua rappresentazione è
caratterizzato di cellule con una quantità minore di microvilli rispetto al prossimale quindi il tubulo contorto
distale raggiunge il dotto collettore e da lì l’urina raggiunge la papilla renale. A questo livello apprezziamo
che il tubulo contorto distale prima di andare a confluire e raggiungere il dotto collettore si fa un giretto in
corrispondenza del polo vascolare del proprio corpuscolo renale. Adesso vediamo perché. Tutta questa
organizzazione: corpuscolo renale costituito da glomerulo renale e capsula di Bowman, tubulo contorto
prossimale, ansa di Henle e tubulo contorto distale vanno a rappresentare l’unità morfofunzionale del rene
cioè il nefrone. Quindi ciascun rene ha più di un milione di nefroni, la sommatoria dei nefroni costituisce il
rene.

Nel momento in cui il tubulo contorto distale raggiunge il polo vascolare del corpuscolo renale, c’è qualcosa
che cambia. L’epitelio diviene nel versante del corpuscolo renale modificato: le cellule sono più piccole e
costituiscono la macula densa che è una regione in cui sono presenti dei recettori per la pressione a livello
di questo distretto. Variando la pressione del liquido, potrà variare la velocità di filtrazione di ciascun
106
corpuscolo renale. Attraverso la regolazione della pressione sanguigna, il rene con gli osmocettori, cellule
endoteliali dell’arteriola afferente che fungono da meccanocettori e cellule mesangioglomelurale
determinano una reazione a cascata che porta ad informare i gruppetti di cellule di questo apparato che
prende il nome di apparato iuxtaglomerulare, porta alla formazione di un ormone, la renina, in grado di
vasocostringere o vasodilatare i capillari del glomerulo. Se si costringono i capillari, da tutte quelle
fenestrature che abbiamo visto, zampilla il filtrato plasmatico. Quindi aumenta la pressione all’interno del
glomerulo e aumenta la velocità di filtrazione renale. Vi è un’informazione tra osmocettori e
meccanocettori che determina una variazione della pressione perché viene rilasciata la renina, implicata in
questo procedimento di filtrazione renale. Se ricordate, quando abbiamo studiato il cuore abbiamo visto il
cuore endocrino, localizzato a livello dell’atrio di destra che versa all’interno del sangue il peptide
natriuretico atriale che entra nel circolo sanguigno, ha i suoi recettori a livello dei renali, e varia la velocità
di assorbimento dell’acqua.

In condizioni normali, nell’urina vi sono sostanze molto piccole oltre che l’acqua. Sali minerali, urea, acido
urico, creatinina, ammoniaca, sono molecole eliminate sotto forma di urina e i composti azotati danno il
caratteristico odore all’urina stessa. In condizioni patologiche si trovano urine rosse, a significare che
un’abbondanza di globuli rossi si trova nell’urina. Con il diabete mellito si ha la presenza dello zucchero.

Le vie urinarie sono caratterizzate da un epitelio del tutto particolare, una variazione dei comuni epiteli, si
chiama epitelio di transizione o urotelio. Cambia a seconda dello stato funzionale dell’organo. Se la vescica
è piena di urina, le pareti si distendono. Nel corso della distensione l’epitelio che è costituito da più strati, li
riduce: da 6-7 diventano 3. Quando la vescica è vuota gli strati sono 6-7. L’epitelio cambia di conseguenza. Il
primo tratto è caratterizzato dall’uretere che ha un lume dove scorre urina. Non presenta una muscolaris
mucosa quindi la tonaca mucosa sarà costituita da queste cellule epiteliali che poggiamo su un’ampia
lamina propria poi abbiamo una parte muscolare ed avventizia. Queste cellule sono presenti anche a livello
della vescica nelle fasi diverse funzionali. Le cellule si inclinano nel momento in cui la vescica è piena di
urina. Le cellule che prendono parte all’urotelio sono sostanzialmente di tre tipi: alcune hanno la forma di
cupola, sono cupoliformi. Altre invece sono più allungate. Queste più allungate sono in grado di piegarsi e
ricordano per la loro morfologia una clava. Vengono chiamate cellule a clava. Quelle cupoliformi danno
l’idea della funzione di quest’organo, vengono definite ad ombrello. Questo tipo di epitelio deve
necessariamente essere impermeabile o tutto il lavoro che è stato compiuto dal rene sarebbe vano ed il
riassorbimento dell’urina determinerebbe il riassorbimento di quelle sostanze tossiche di cui abbiamo
parlato quindi le vie urinarie sono caratterizzate da un epitelio impermeabile che cambia a seconda degli
stati funzionali degli organi.

107
IL SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso è un sistema fondamentale per la regolazione dell’omeostasi, per la regolazione


dell’equilibrio corporeo poiché, come sapete bene il nostro corpo è formato da una serie di organi con
caratteristiche funzionali diverse ergo vi è la necessità, da parte dell’organismo, di coordinare la loro
attività. Questa funzione di coordinamento e di controllo è svolta dal sistema nervoso che svolge tale
funzione di concerto con un altro sistema, il sistema endocrino. Anche le ghiandole endocrine svolgono
difatti una importante funzione di regolazione grazie alla funzione degli ormoni che possono essere
rilasciati nel circolo sanguigno, raggiungere degli organi anche lontani rispetto alle ghiandole. Il tutto è
finalizzato al mantenimento dell’equilibrio corporeo.

Quali sono le caratteristiche del sistema nervoso? Si possono riassumere in tal modo:

• Irritabilità;
• Conduzione;
• Integrazione

Cosa significa irritabilità? Una persona irritabile è una persona che reagisce agli stimoli. In questo senso
l’irritabilità allude alla capacità di reagire ad uno stimolo che è tipica del sistema nervoso. L’irritabilità è
quindi la capacità di rispondere ad uno stimolo che non è detto provenga dall’ambiente esterno ma può
anche provenire dall’interno del nostro corpo proprio perché il sistema nervoso ha una funzione di
coordinamento generale e deve mettere insieme gli stimoli che provengono dall’esterno ma anche
dall’interno del nostro corpo. La prima caratteristica del sistema nervoso è quindi l’irritabilità. Un’altra
proprietà importante è la conduzione cioè questo sistema deve avere la capacità non solo di recepire uno
stimolo ma anche di mettere in atto delle risposte e per mettere in atto delle risposte ci devono essere dei
segnali che devono potere esser propagati all’interno del sistema nervoso e poi eventualmente all’interno
di un organo bersaglio. Quando si parla quindi di propagazione di uno stimolo, trasmissione di un segnale,
intendiamo la capacità tipica del sistema nervoso che è la conduzione. Infine, proprio perché il sistema
nervoso deve mettere insieme tutta una serie di stimoli che riceve da distretti all’interno del nostro corpo o
all’esterno deve avere la capacità di integrare segnali diversi poiché possono arrivare informazioni, le più
disparare, che contemporaneamente devono essere integrate e tradotte in una risposta. Quindi,
ricapitolando, le proprietà tipiche del sistema nervoso sono la irritabilità, la conduzione e l’integrazione.
Come classifichiamo il sistema nervoso?

Il sistema nervoso consiste, sostanzialmente, in un sistema nervoso centrale ed un sistema nervoso


periferico. Quando parliamo di sistema nervoso centrale intendiamo l’encefalo ed il midollo spinale ovvero
quelle porzioni del sistema nervoso che sono ben protette di strutture ossee all’interno del nostro corpo e
capite bene che l’encefalo sarà protetto dalla scatola cranica e il midollo spinale è contenuto nel canale
vertebrale che si viene a creare dalla sovrapposizione delle vertebre all’interno del rachide. Il sistema
nervoso centrale consiste quindi di encefalo e midollo spinale custoditi gelosamente all’interno di strutture
ossee che sono la scatola cranica e la colonna vertebrale, il canale vertebrale costituito dalla
sovrapposizione delle vertebre. Da questa porzione di sistema nervoso emergono tutta una serie di
componenti, di fibre, le quali vanno a costituire il sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso periferico è
quindi costituito da una serie di fibre che collegano il sistema nervoso centrale con la periferia del nostro
corpo intesa come ad esempio muscoli, muscolatura e quindi avremo delle fibre motorie che serviranno a
fare in modo che il sistema nervoso centrale coordini le attività motorie della nostra muscolatura quindi
fibre nervose motorie che porteranno segnali provenienti dal sistema nervoso centrale e diretti ad organi o
tessuti con la finalità di dare un comando di tipo motorio oppure le fibre potranno essere sensitivo ed in
questo caso porteranno delle informazioni, dalla periferia, dai tessuti, dagli organi, verso il sistema nervoso
centrale.

108
Ricapitolando, il sistema nervoso centrale è costituito da encefalo e midollo spinale. Il sistema nervoso
periferico è costituito da tutto un insieme di fibre che dividiamo in:

• Fibre nervose sensitive;


• Fibre nervose motorie.

La capacità che ha il nostro sistema nervoso di svolgere delle azioni di controllo, coordinamento, di
regolazione dell’equilibrio corporeo – il termine che usiamo è omeostasi – richiede la presenza di tutta una
serie di recettori che ci consentono di captare gli stimoli. Quando si studia in dettaglio il sistema nervoso si
studia quindi tutta una serie di recettori diversi. Ad esempio, abbiamo a disposizione dei telerecettori che
saranno eccitati da stimoli quali la luce, il suono oppure recettori di contatto che ci consentono di ottenere
informazioni a livello della superficie corporea a seguito di contatto fisico con oggetti, con sostanze. Oltre a
questi recettori dobbiamo immaginare l’esistenza di recettori che si trovano all’interno del nostro corpo,
quelli che noi chiamiamo propriocettori, i viscerocettori che ci aiutano a cogliere informazioni relative allo
109
stato funzionale dei nostri organi quindi tutta una serie di recettori saranno coinvolti nella ricezione di
stimoli di natura diversa che verranno poi recepiti dal sistema nervoso, integrati e tradotti in azioni
specifiche. Ora queste azioni specifiche possono coinvolgere la contrazione volontaria dei nostri muscoli
scheletrici ad esempio.

Ci sono azioni che non prevedono il controllo della nostra volontà ma che vengono comunque coordinate
dal sistema nervoso: pensate al coordinamento che è disposto a stimolare la sintesi di ormoni oppure il
coordinamento del sistema nervoso che è finalizzato a far contrarre la muscolatura liscia quindi la
muscolatura del canale alimentare implicata nello spingere il bolo verso le porzioni terminali del canale
alimentare. Dobbiamo quindi avere in mente che esiste un compartimento del sistema nervoso che non
coinvolge la nostra volontà e che è quello che viene chiamato sistema nervoso autonomo. Quindi un
sistema nervoso che ha come bersagli privilegiati la muscolatura liscia, le ghiandole, il cuore quindi che è in
grado di controllare la frequenza cardiaca, l’intensità del battito cardiaco. Questo sistema si chiama sistema
nervoso autonomo e probabilmente nei vostri studi di fisiologia avete imparato che nell’ambito del sistema
nervoso autonomo si distingue un sistema nervoso simpatico ed un sistema nervoso parasimpatico. Ci
sono due compartimenti di sistema nervoso autonomo che hanno funzioni antagoniste: una di tipo
eccitatoria ed un’altra inibitoria.

In questo schema vi
riassumo quanto abbiamo
detto fino ad adesso:

È fondamentale la
ricezione di informazioni
che possono essere di
tipo somatico –rilevate
dall’ambiente esterno-
oppure informazioni
sensoriali viscerali,
relative alle condizioni
interne dei nostri
apparati. Le informazioni
verranno indirizzate,
tramite le fibre del
sistema nervoso
periferico, al sistema
nervoso centrale
(encefalo e midollo
spinale), le quali
informazioni dovranno
essere in qualche modo
integrate e tradotte in dei
comandi che potranno
prevedere il
coinvolgimento della
nostra volontà, mettere in atto per esempio una contrazione della muscolatura scheletrica. In questo caso il
sistema nervoso sarà un sistema nervoso somatico mentre si potranno avere delle azioni che non
coinvolgono la nostra volontà e che avranno come bersaglio perlopiù il muscolo liscio, il muscolo cardiaco le
ghiandole e che quindi coinvolgono il sistema nervoso autonomo nelle sue due branche di sistema nervoso
autonomo ortosimpatico e parasimpatico.
110
L’ortosimpatico –anche chiamato simpatico - ha un’azione di tipo eccitatorio, quindi ad esempio stimolerà
la frequenza cardiaca, la aumenterà, ed avrà per esempio un’azione di inibizione sulla muscolatura liscia dei
visceri perché quando c’è uno stato in cui l’individuo è chiamato a rispondere correttamente a degli stimoli,
per esempio nel corso della fuga, prediligerà mettere in atto tutte quelle azioni che gli consentiranno un
movimento solerte, e quindi per esempio contrazione muscolare intesa anche come maggiore frequenza
cardiaca piuttosto che lasciare in funzione normalmente attività relative alla digestione quindi stimolo della
contrazione cardiaca ad esempio riduzione dell’attività dei visceri per quanto riguarda il sistema
ortosimpatico, azioni antagoniste a queste saranno svolte da sistema nervoso parasimpatico.

Sia nell’ambito del sistema nervoso centrale che nell’ambito del sistema nervoso periferico quindi sia a
livello dell’encefalo e del midollo spinale, sia a livello di tutte le fibre che collegano la periferia o l’interno
del nostro corpo al sistema nervoso centrale, in entrambi i due compartimenti distinguiamo la cosiddetta
sostanza grigia e la sostanza bianca.

La cellula nervosa ha un corpo cellulare e delle terminazioni, quando si parla di sostanza grigia si intendono
raggruppamenti di corpi neuronali quindi di corpi cellulari di neuroni i quali nell’ambito del sistema nervoso
periferico, si verificano soprattutto a livello dei gangli. Qui per esempio ne avete rappresentato uno di
ganglio quindi dovete immaginare qui tanti corpi cellulari di neuroni che vanno a costituire questa regione
di sostanza grigia. Quando invece parliamo di sostanza bianca intendiamo quelle regione nelle quali c’è una
prevalenza di fibre cioè di terminazioni nervose, di assoni e questa stessa cosa che è vera a livello del
sistema nervoso periferico, vale anche a livello del sistema nervoso centrale e quindi vedete sia a livello
dell’encefalo, sia a livello del midollo spinale vi fa vedere delle regioni proprio chiaramente colorato di
111
grigie, particolarmente evidenti al centro ma anche a livello della corteccia, sono regioni in cui dovete
immaginare essere presenti tutti questi corpi cellulari dei neuroni. Laddove invece c’è sostanza bianca,
dovete immaginare perlopiù fibre quindi questa stessa suddivisione tra sostanza grigia e sostanza bianca
esiste anche a livello del midollo spinale. E infatti probabilmente avrete familiarizzato sull’immagine tipica
che viene mostrata quando immaginiamo di prendere una sezione trasversale di una vertebra con il canale
vertebrale che ospita al suo interno il midollo spinale. In quasi tutti i libri questa immagine prevede una
componente del midollo spinale un po’ più centrale, che ha una forma tipicamente a farfalla che è data
dalla sostanza grigia. Tutto intorno, che è più chiaro, la sostanza bianca quindi c’è una prevalenza di fibre.

Questo schema è per ricordarvi com’è fatto il sistema nervoso centrale. Quando parliamo di sistema
nervoso centrale, abbiamo detto che consideriamo l’encefalo che è racchiuso all’interno della scatola
cranica ed il midollo spinale. In realtà, all’interno dell’ambito dell’encefalo poi ci sono delle suddivisioni che
si fanno. Oggi possiamo dire che nell’encefalo distinguiamo:

• Cervello;
• Tronco encefalico;
• Cervelletto

All’interno di questi compartimenti faremo poi delle ulteriori suddivisioni la prossima volta.
112
Dobbiamo immaginare che tutta una serie di informazioni siano in ingresso a livello del sistema nervoso
centrale –e quindi vedete queste frecce dirette verso il sistema nervoso centrale – ed altre informazioni che
sono in uscita, con la freccia diretta in direzione opposta quindi con azioni finalizzate al movimento o che
coinvolgono la secrezione ghiandolare o la motilità dei visceri.

Non si può parlare di sistema nervoso se non abbiamo in mente com’è fatto il tessuto nervoso. Il tessuto
nervoso è costituito sostanzialmente da due tipi cellulari che sono rappresentate da:

• Neuroni: cellule nervose vere e proprie;


• Cellule accessorie o cellule di sostegno. Queste ultime non hanno la stessa attività dei neuroni
quindi non hanno un’azione che coinvolge le proprietà tipiche dei neuroni – che sono, abbiamo
detto irritabilità, conduzione ed integrazione – non hanno quindi né una funzione ricettiva né di
conduzione.

I neuroni sono quindi le cellule nervose propriamente dette e le cellule che non sono neuroni ma che fanno
parte sempre del tessuto nervoso le chiamiamo cellule accessorie o di sostegno.

Per quando riguarda i neuroni, abbiamo imparato che questi neuroni possono trasmettere messaggi che
sono finalizzati alla contrazione e quindi li chiameremo neuroni motori. Oppure possono servire a ricevere
degli stimoli dall’ambiente e condurli verso midollo spinale ed encefalo ed allora saranno neuroni sensitivi o
sensoriali ma ci sono anche tutta un’altra categoria di neuroni –che poi sono i più numerosi- che vengono
chiamati associativi o interneuroni. Questi neuroni fanno da collegamento tra neuroni diversi, svolgono

113
quindi una funzione di integrazione, mettono insieme tutta una serie di informazioni ricevute e le
traducono in un comando specifico. I neuroni quindi comprendono:

• Neuroni motori;
• Neuroni sensitivi;
• Neuroni associativi anche chiamati interneuroni.

Per quanto riguarda le cellule accessorie avrete sentito parlare di nevroglia, cellule gliali. Sono tutti termini
che vengono utilizzati per parlare di queste cellule accessorie del tessuto nervoso. Anzitutto queste cellule
non sono tutte uguali, e questo è il motivo per cui questo schema vi parla ad esempio di cellule che
formano guaine oppure di cellule satelliti che si trovano soltanto nel sistema nervoso periferico. Al di là dei
nomi, volendo dare delle indicazioni generali sul significato di queste cellule, diciamo che assistono i
neuroni nella loro attività. Gli danno quindi una sorta di sostegno meccanico perché sostanzialmente
riempiono tutti gli spazi vuoti tra neuroni e fibre ma hanno anche una funzione importante perché ad
esempio contribuiscono al riciclo dei neurotrasmettitori, oppure, assistono la crescita dell’assone. Oppure,
quando vanno a formare le guaine, costituiscono una sorta di isolante che si dispone intorno all’assone che
ne facilita la capacità di conduzione.

Nel tessuto nervoso, oltre alle cellule nervose vere e proprie ovvero i neuroni (che classifichiamo in motori,
associativi e sensitivi) ci sono le cellule gliali, della nevroglia che in alcuni casi si specializzano a formare
delle guaine o in altri casi vanno a costituire le cellule satelliti del sistema nervoso periferico.

NEURONE

114
Numericamente è presente in quantità inferiore rispetto al cellule satelliti, è presente in un rapporto di 1 a
50. Questo neurone è costituto da un corpo cellulare dove sarà presente il nucleo della cellula e tanti
organelli. Su questo corpo cellulare arrivano ramificazioni che vanno a costituire i dendriti, strutture
allungate che convergono sul corpo cellulare e già questo vi deve far capire che serviranno più a ricevere
delle informazioni. Sono prolungamenti finalizzati alla ricezione degli stimoli. Il neurone tipo, oltre ad avere
un soma, un corpo cellulare ed i dendriti ha un lungo assone al punto che può arrivare anche ad 1m di
lunghezza e tale lungo assone ha una parte centrale che è l’assone vero e proprio ma tutto intorno c’è un
manicotto. Questa struttura non è altro che la guaina che ha una funzione importante di isolamento
elettrico e sarà quindi importante per la conduzione degli stimoli elettrici. Infine vi dico che questo assone
non finisce in un’unica terminazione ma con tante arborizzazioni, tanti prolungamenti che vanno a
costituire la terminazione sinaptica o meglio quella regione terminale dell’assone che si ramifica
ripetutamente andando a costituire a livello dei bottoni sinaptici dei punti di contatto con le cellule
effettrici. Tali cellule effettrici potranno essere altri neuroni (se questo fosse un interneurone) oppure
cellule muscolari e quindi in questo caso, qualora vi sia un muscolo scheletrico si parla di placca motrice o
sinapsi neuromuscolare, che è costituita proprio dalle sinapsi dell’assone che prendono contatto in punti
specifici con la cellula effettrice.

Questa è un’immagine di come è possibile vedere il tessuto nervoso in una sezione istologica. Ci colpisce la
grande quantità di prolungamenti, si apprezza il soma e si vedono bene questi dendriti e questo lungo
assone che si diparte dal corpo cellulare. Un’altra cosa che colpisce, a parte tanto giallo molto scuro in
corrispondenza del corpo cellulare, si vede anche parecchio bianco. Il motivo è quella guaina che avvolge
l’assone è fatta perlopiù di lipidi in corrispondenza dei quali il tessuto non si colora o si colora molto poco, a
meno che non si usino delle procedure apposite perché i lipidi si disperdono durante la procedura di

115
fissazione del campione e
di colorazione. Dove c’è
dunque una regione
chiara, stiamo vedendo
una regione di
addensamento di fibre
nervose che abbiamo
tagliato trasversalmente e
tutto intorno hanno
questo manicotto di lipidi.
Questa è un’altra
immagine ottenuta
utilizzando delle
procedure di
immunofluorescenza. A
volte i biologi ed i tecnici
di laboratorio, quando
devono rilevare delle
strutture all’interno della
cellula utilizzano degli
anticorpi che sono
specifici per quel bersaglio
che vogliono andare a
studiare. Supponiamo che
voglia studiare la dineina
che immagino sia all’interno dei neuroni ma non so bene dove sia localizzata. Utilizzerò un anticorpo che
marca la dineina e che io ho coniugato con una sostanza fluorescente gialla per cui dove vedo giallo ci sarà
la presenza di dineina. La rilevazione ovviamente la farò con microscopi ad hoc con specifiche lunghezze di
onda in grado di legare questi anticorpi e questi microscopi si chiamano microscopi a fluorescenza. La
grande potenzialità di questi microscopi è che io posso rilevare sostanze diverse utilizzando sostanze
diverse legate a diversi fluorocromi, per cui rileverò, ad esempio, la dineina gialla insieme ad una proteina
del reticolo endoplasmatico rugoso, ad esempio rossa, e quindi vengono fuori delle immagini con tanti
colori.

Quest’altra immagine mette in evidenza a grande ingrandimento il corpo cellulare del neurone. Si vede il
nucleo e il nucleolo. Se ci fate caso il citoplasma, soprattutto in alcuni tratti, è molto intensamente colorato.
Questo perché all’interno del soma dei neuroni c’è un’abbonante quantità di reticolo endoplasmatico
rugoso al punto che i primi osservatori avevano dato
a queste regioni in cui il reticolo endoplasmatico
rugoso era abbondante, corpi di Nissl. In realtà in
seguito si è visto che si trattava semplicemente di
reticolo endoplasmatico rugoso che si colora molto
intensamente perché nel reticolo endoplasmatico
rugoso vi sono ribosomi, costituito da proteine ed
RNA ribosomiale. Questo RNA ribosomiale si colora
intensamente per cui laddove c’è reticolo
endoplasmatico rugoso vi è una colorazione molto
intensa.

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In questa immagine abbiamo invece il soma, il corpo cellulare del neurone, e abbiamo questo qui dentro
mette in evidenza questi organelli. Vediamo il nucleo, il reticolo endoplasmatico, i mitocondri ma anche
questa abbondante quantità di arborizzazioni, di dendriti e si vede bene un assone, caratterizzato dalla
presenza di una guaina. Cominciamo a dare un nome a questa guaina. Questa guaina prende il nome di
guaina mielinica.

In quest’altra immagine al microscopio elettronico potete vedere il reticolo endoplasmatico rugoso.


Associati alle cisterne ci sono infatti delle palline scure che sono i ribosomi. Vediamo inoltre i mitocondri.
All’interno del soma ci devono essere quindi anche tanti mitocondri perché il neurone facendo un’attività
intensa avrà bisogno di un’intensa quantità di energia fornita dei mitocondri grazie alla formazione di ATP a
livello delle creste mitocondriali mediante fosforilazione ossidativa. Altro schema:

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Corpo cellulare o soma, le zone scure che qui sono ingrandite all’interno del citoplasma vi devono far
pensare ai corpi di Nissl quindi agli addensamenti di reticolo endoplasmatico rugoso. Si vedono i numerosi
dendriti e l’unico assone. Una cellula nervosa può avere molti dendriti ma l’assone è uno solo che
terminalmente ha una serie di arborizzazione che si completa con i bottoni sinaptici che consentono al
neurone di raggiungere la cellula bersaglio che potrà essere un neurone o una cellula effettrice. In questo
caso la cellula effettrice è una fibra muscolare. Abbiamo tante fibre muscolari che sono contattate da
numerosi bottoni sinaptici all’interno di quella che si chiama sinapsi neuromuscolari o placca motrice.

Il neurone in questa immagine è multipolare perché quando abbiamo un neurone che ha tanti dendriti
eventualmente anche ramificati ulteriormente, lo chiamiamo neurone multipolare e sono molto numerosi a
livello del sistema nervoso, specie centrale. Ora, cosa dice quest’altra immagine? Questo è l’assone.

Ci colpisce che ci siano mitocondri ma anche la


presenza di questi tubuli di colore diverso. A
livello dell’assone è molto abbondante il
citoscheletro. Il citoscheletro è un po’ lo scheletro
della cellula che è fatto di filamenti di varie
dimensioni. Esistono microtubuli, microfilamenti,
filamenti intermedi. Ora noi non dobbiamo
sapere nel dettaglio cosa c’è ma quello che è
sicuramente da sapere è che a livello dell’assone
sono presenti abbondanti microtubuli. Questi
microtubuli che qui sono colorati in blu, sono
collegati da questi braccetti sottili costituiti da
dineina. A cosa serve l’attività del citoscheletro e
l’attività concertata diciamo di microtubuli e di

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dineina? Insieme formano dei binari che assistono il movimento delle vescicole colorate in celeste che
contengono i neurotrasmettitori che devono essere indirizzati verso la terminazione assoniche dove
verranno rilasciate. Il citoscheletro a livello dell’assone guida le vescicole contenenti i neurotrasmettitori in
un flusso incessante che le porta verso la terminazione dell’assone, verso la sinapsi, la regione in cui
l’assone del neurone andrà a contattare la cellula. La cosa interessante di questa immagine è che è vero che
c’è il movimento di queste vescicole lungo il binario che le porta verso la terminazione dell’assone ma c’è
anche un movimento opposto. Il neurone non spreca nulla per cui c’è un continuo riciclo dei
neurotrasmettitori. Una volta che il neurotrasmettitore è stato liberato all’esterno – era contenuto nella
vescicola che si è fusa con la membrana plasmatica dell’assone – questo neurotrasmettitore una volta che
ha svolto la sua funzione a livello della sinapsi, viene inglobato con un processo di endocitosi e riciclato così
all’occorrenza potrà essere utilizzato di nuovo.

Questo sistema mirabile viene sfruttato a nostro svantaggio anche da patogeni poiché ad esempio c’è
l’herpes virus o la tossina tetanica che danneggiano le cellule del nostro sistema nervoso perché mimano il
neurotrasmettitore cioè utilizzano questo stesso sistema di riciclo per entrare all’interno dell’assone ed
andare ad invadere le nostre cellule. Si parla quindi di flussi opposti, anterogradi e retrogradi che
determinano il movimento nei due sensi di queste vescicole, e sono meccanismi fisiologici per il movimento
delle vescicole contenenti neurotrasmettitori ma che vengono anche purtroppo utilizzati da alcuni agenti
patogeni.

GUAINA MIELINICA

La guaina mielinica è data dall’avvolgimento di una cellula che si avvolge ripetutamente intorno dall’assone
formando una serie di anelli ma non è altro che la stessa cellula che si attorciglia ripetutamente attorno
all’assone. Questa cellula è chiamata cellula di Schwann del sistema nervoso periferico. La stessa azione nel
sistema nervoso centrale viene svolta da un’altra cellula gliale che si chiama oligodendrocita. Le cellule di
Schwann e gli oligodendrociti insieme contribuiscono al processo di mielinizzazione quindi a formare la
mielina, le cellula di Schwann nel sistema nervoso periferico, gli oligodendrociti nel sistema nervoso
centrale.

Questo è in sezione un assone che è stato circondato dalla guaina mielinica, costituita dai ripetuti
avvolgimenti di questa cellula. Siccome questi ripetuti avvolgimenti della membrana plasmatica della cellula
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e siccome le membrane sono fatte da fosfolipidi, capiamo bene che siccome il processo di mielinizzazione si
conclude all’adolescenza, capite bene quanto sia dannosa nei bambini una dieta priva di grassi,
fondamentali nella fisiologia del sistema nervoso.

Gli assoni non sono tutti mielinici. Esistono anche gli assoni amielinici. Guardando questa immagine potrete
notare come la cellula di Schwann si avvolga attorno all’assone. Questa è la situazione in cui si dice che
l’assone è mielinico. In altri casi la cellula di Schwann forma delle invaginazioni a livello delle quali si vanno
ad incastonare gli assoni delle cellule nervose. In questo caso l’assone non è circondato da molteplici strati
di cellula ma semplicemente inglobato in una sorta di invaginazioni della cellula. La stessa cellula invagina in
più punti diversi più assoni ma non li circonda completamente. In questo caso si dice che l’assone è
amielinico perché non subisce i molteplici avvolgimenti della cellula di Schwann. Nell’assone amielinico
l’impulso viaggia meno velocemente. Nell’assone mielinizzato invece l’impulso viaggia molto rapidamente
in corrispondenza di queste zone non mielinizzate che sono i nodi di Ranvier, che sono il confine tra una
cellula di Schwann ed un’altra. Lungo tutto l’assone infatti serviranno più cellule di Scwhann che in tratti
diversi andranno ad avvolgere l’assone.

Lungo un assone, nel caso in cui si tratti di un assone mielinico che quindi subisce i ripetuti avvolgimenti di
una cellula che chiamiamo cellula di Schwann o oligodendrocita, abbiamo detto che lungo l’assone questo
meccanismo di avvolgimento dobbiamo immaginare venga realizzato da diverse cellule gliali. Perché ci
accorgiamo che sono più di una? Intanto vediamo delle interruzioni nei cosiddetti nodi di Ranvier. E poi
capiamo che sono più di una perché c’è un nucleo e ce ne sono diversi in corrispondenza di queste diverse
porzioni di guaina che corrispondono in questo caso a quattro cellule di Schwann.

IMPULSO NERVOSO

In condizioni normali nell’ambito della membrana plasmatica della cellula nervosa e quindi anche
dell’assone, dobbiamo immaginare che ci sia una differenza di cariche tra l’interno e l’esterno. Per essere
precisi dobbiamo immaginare che ci sia una situazione di riposo che è quella che chiamiamo stato
polarizzato. Si tratta della situazione da cui si parte e che prevede una certa differenza di cariche tra
l’interno e l’esterno. In che cosa consiste questa differenza? Consiste nel fatto che il versante
citoplasmatico è carico negativamente, il versante esterno è carico positivamente. Questa è la situazione di
partenza detta anche stato polarizzato e viene mantenuta perché ci sono una serie di pompe ioniche e
canali ionici, proteine con una diversa carica distribuite diversamente tra interno ed esterno, tutto ciò
contribuisce a creare una differenza di potenziale allo stato di riposo che prevede un segno più all’esterno
ed un meno all’interno. Ad avere un’azione importante nel mantenimento di questo potenziale di riposo
sono gli ioni Na e gli ioni K che sono in condizioni di risposo, rispettivamente:

• Il Na più abbondante all’esterno;


• Il K più abbondante all’interno.

Quando arriva uno stimolo alle cellula nervosa, la cellula nervosa deve ricevere lo stimolo ed inviare un
messaggio, un messaggio elettrico. Quando arriva uno stimolo, questo stato elettrico si inverte e succede
che il più diventa all’interno, quindi è come se si invertisse lo stato elettrico di questo assone. Questa
inversione determina la depolarizzazione. Se l’assone allo stato di riposo era depolarizzato, nel momento in
cui viene stimolato elettricamente o chimicamente questo potenziale si inverte. Questo potenziale si
invertirà lungo tutto l’assone cioè questa depolarizzazione viaggia lungo l’assone, si crea un’onda di
depolarizzazione che viaggia lungo l’assone in maniera continua se l’assone è amielinico e in maniera
discontinua se l’assone è mielinico. Normalmente l’assone si trova quindi in uno stato di riposo,
determinato da pompe, canali ionici, dalla distribuzione asimmetrica delle proteine cariche negativamente
nel versante interno ed esterno, questo stato di riposo è uno stato polarizzato. Quando arriva il segnale, si
passa da uno stato polarizzato ad uno stato depolarizzato quindi la polarità si inverte e questa inversione
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andrà ad interessare gradualmente tutto l’assone e lo farà in maniera continua se l’assone è mielinico, in
maniera discontinua se l’assone è mielinico.

Il potenziale di riposo è reso possibile dall’azione di tutta una serie di canali, pompe ioniche e da una
distribuzione di proteine tra l’interno e l’esterno. Si verifica l’azione di una pompa, la pompa sodio potassio
che, con consumo di ATP – e capite bene perché il neurone debba avere tanti mitocondri – pompa fuori ioni
Na mentre pompa all’interno ioni K. Per ogni volta che vengono pompati all’esterno 3 ioni Na, ne vengono
pompati all’interno 2 ioni K per cui andando a fare la sommatoria delle cariche e tenendo conto del fatto
che molte proteine cariche negativamente si trovano all’esterno della cellula, il risultato finale è che ci sono
più segni meno dentro e più segni più fuori e questo è il potenziale di riposo.

Questa corrente elettrica viaggia in maniera continua in un assone amielinico, mentre viaggia letteralmente
facendo dei salti in corrispondenza dei nodi nell’assone mielinico. In ogni caso si parla di propagazione di un
potenziale d’azione che è il meccanismo attraverso il quale uno stimolo nervoso viaggia lungo la cellula
nervosa, raggiunge la sua terminazione e lì andrà a determinare mediante il rilascio di neurotrasmettitori la
traduzione dello stimolo in un’azione nella cellula posta a valle, nella cellula post sinaptica.

Il potenziale di riposo quando c’è uno stimolo si deve invertire, deve raggiungere un valore positivo di +30.
Ciò non avviene tutto insieme poiché all’inizio il potenziale di riposo raggiunge un valore soglia che qui è
indicato intorno a -60 ed in una seconda fase si raggiunge il potenziale d’azione quindi la cellula si
depolarizza in due momenti: il primo momento è finalizzato al raggiungimento di un valore soglia di
potenziale, il secondo momento è finalizzato al raggiungimento di un potenziale d’azione e quindi il fatto
che si passi da un valore soglia ad un valore molto elevato che chiamiamo potenziale d’azione, è legato
all’apertura di canali del sodio che si aprono e che consentono a molte cariche positive che sono all’esterno
della cellula di entrare e questo contribuisce alla depolarizzazione piuttosto consistente. Siccome il neurone
dovrà tornare al suo potenziale di riposo, i canali del Na dovranno chiudersi e anzi succederà pure che si
apriranno i canali del K che stava dentro e verrà spinto all’esterno contribuendo al ripristino dello stato di
riposo.

TIPI DI NEURONI

Un neurone multipolare ha tanti dendriti che serviranno per raccogliere tanti stimoli che verranno poi
mutati in un potenziale d’azione che viaggerà lungo l’assone. Questo neurone multipolare è il tipo di
neurone più comune nel sistema nervoso centrale. I motoneuroni, i neuroni motori che sono in grado di
impartire un comando motorio a delle fibre muscolari e che hanno i loro corpi cellulari che si trovano nel
midollo spinale, nelle corna anteriori.

Nel midollo spinale si distinguono infatti due corni anteriori e due corna posteriori. Le corna anteriori sono
motorie, le corna posteriori sono sensitive. Le corna anteriori del midollo spinale ospitano tanti neuroni che
sono fatti in questo modo quindi dovete immaginare questo soma con questi dendriti, si chiama neurone
multipolare.

Oltre a questo tipo di neurone ne esistono altri due. Esiste il neurone unipolare. In realtà in questo schema
sarebbe stato più corretto scrivere pseudounipolare. Mentre nel primo caso noi vediamo tanti dendriti ed
un assone, in questo caso abbiamo un corpo cellulare ed un collo molto corto da cui si dipartono due
prolungamenti. E’ un unico prolungamento. Questo tipo di neurone piuttosto comune nel sistema nervoso
periferico e raccoglie le informazioni proveniente ad esempio nella superficie corporea, e le invia verso il
midollo spinale ad esempio, si chiama pseudonipolare. Ha un unico lungo prolungamento che su una
estremità riceve gli stimoli e via via li porta verso l’altra terminazione dove sono contenuti i bottoni
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sinaptici. Raccoglie le informazioni dalla periferia e le conduce ad esempio verso il midollo spinale. Esistono
poi questi neuroni piuttosto piccoli, detti neuroni bipolari. In questo caso dal corpo cellulare abbiamo
distintamente un polo destinato alla ricezione dello stimolo ed un altro polo che avvia lo stimolo verso la
periferia. Questo tipo di neurone si chiama neurone bipolare e si trova piuttosto vicino agli organi di senso
quindi serve ad esempio a recepire informazioni ed a portarle verso altri neuroni dove queste informazioni
devono essere elaborate. Mentre il neurone multipolare potrebbe essere un motoneurone, sia i neuroni
unipolari che bipolari hanno una funzione perlopiù sensitiva.

Questo schema dice la stessa cosa di prima con la differenza che si vede meglio il neurone
pseudounipolare. Il neurone unipolare vero e proprio ha semplicemente questo unico prolungamento che
si diparte dal corpo cellulare.

Le cellule pseudounipolari sono chiamate anche cellule a T poiché hanno questa forma. Nel neurone
bipolare il prolungamento avvia la comunicazione in questo caso acustica verso il soma dove partirà per
raggiungere le terminazioni sinaptiche. Troverete poi sui libri oltre a questi libri, in alcune regioni specifiche
del sistema nervoso dei neuroni con nomi peculiari. Per esempio nel cervelletto ci sono le cellule del
Purkinje.

SINAPSI

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Siamo nella regione del bottone sinaptico, l’ultima arborizzazione dell’assone che va a contattare la cellula
effettrice. A livello della sinapsi c’è una cellula presinaptica ed una cellula post sinaptica che sono separate
da uno spazio che è lo spazio sinaptico. Ovviamente questa terminazione che si intravede sarà l’assone. Se
ci fate caso si vede una grande quantità vescicole le quali hanno come obiettivo quello di fondersi con la
membrana sinaptica per rilasciare nello spazio sinaptico il loro contenuto che, tramite specifici recettori,
dovrà attivare in maniera eccitatoria o inibitoria una cellula post sinaptica.

Vi ho già detto del traffico vescicolare lungo l’assone ma la possibilità che queste vescicole si fondano con la
membrana presinaptica è resa possibile da un meccanismo chiamato esocitosi e che è legato ad una
elevazione dei livelli degli ioni calcio. Affinché si abbia il rilascio del neurotrasmettitore si deve elevare il
livello del calcio. A livello della sinapsi si verifica dunque l’apertura dei canali del calcio e grazie ad essi si
rende possibile l’esocitosi.

Le sinapsi non sono tutte uguali e in particolari fino ad adesso abbiamo parlato sempre di
neurotrasmettitori quindi delle sinapsi chimiche nelle quali la cellula pre sinaptica contiene al suo interno
un neurotrasmettitore che viene rilasciato nello spazio tra essa e la cellula post sinaptica e nell’attivazione o
inibizione della cellula post sinaptica. In altri casi, e sono le sinapsi elettriche, c’è semplicemente un
passaggio di cariche elettriche dalla cellula presinaptica alla cellula postsinaptica quindi l’impulso si propaga
elettricamente senza che vi sia bisogno di un messaggero chimico nella cellula post sinaptica. Ovviamente
questo richiede la presenza di giunzioni gap, delle giunzioni che hanno dei fori attraverso i quali passano gli
ioni che entreranno nella cellula post sinaptica e faranno si che in essa si propaghi la depolarizzazione. In
generale la sinapsi chimica richiede un maggiore spazio chimica poiché c’è bisogno di una fessura a livello
della quale deve essere rilasciato un neurotrasmettitore. Questo spazio a volta non c’è nel sistema nervoso
quindi quello che può succedere è che nel sistema nervoso centrale prevalgono le sinapsi elettriche su
quelle chimica poiché richiedono meno spazio. Questo per essere molto semplicistici.

In genere abbiamo in mente che la sinapsi si formi tra l’assone di un neurone e, per esempio, il corpo
cellulare di un altro neurone. In realtà si è visto che esistono sinapsi asso dendritiche che si formano da un
assone del neurone presinaptico e il dendrita del neurone post sinaptico quindi c’è il collegamento tra
l’assone di un neurone ed i dendriti di un altro neurone oppure asso somatiche, in questo caso ci sarà
l’assone di un neurone che forma sinapsi col soma di un altro neurone oppure sinapsi asso assoniche cioè si
contattano fisicamente gli assoni di due neuroni.

Esistono sinapsi eccitatorie e sinapsi inibitorie. Questo è dovuto al fatto che di neurotrasmettitori ne
esistono tanti e proprio perché ne esistono tanti questi avranno funzioni diverse quindi ci saranno
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neurotrasmettitori più di tipo eccitatorio (acetilcolina) ed altri inbitori. Se la sinapsi è elettrica come fa ad
essere eccitatoria o inibitoria: giocherà sull’entità della depolarizzazione funzionando come sinapsi
eccitatoria o inibitoria. Esistono sinapsi diverse: chimiche ed elettriche. Nelle sinapsi chimiche serve il
neurotrasmettitore, nelle sinapsi elettriche no. Le sinapsi elettriche prevalgono nel sistema nervoso
centrale perché la sinapsi elettrica richiede meno spazio tra le cellula presinaptica e postinaptica. Dove c’è
la necessità di ridurre il volume c’è la prevalenza di sinapsi di tipo elettrico. Le sinapsi possono coinvolgere
un assone con un dendrite o un assone con un altro assone e prenderanno nomi diversi. Infine saranno
eccitatorie o inibitorie a seconda della tipologia del neurotrasmettitore coinvolto ed a seconda dell’entità
della depolarizzazione.

Il potenziale d’azione dove viaggia nella fibra muscolare scheletrica? Nel tubulo T che è un’invaginazione
della membrana plasmatica della fibra muscolare scheletrica.

I neuroni sono cellule che non proliferano. Noi nasciamo con un certo numero di neuroni e questi
sicuramenti non aumentano, semmai li perdiamo. Però c’è una cosa buona, questi neuroni riescono a fare
delle reti sempre più proficue in termini di funzione, riescono a collegarsi ed a formare delle reti neuronali.
Nell’ambito di queste reti neuronali un neurone si va a connettere con un gran numero di neuroni
nell’ambito dell’encefalo e del midollo spinale e quindi si vengono a costituire tutta una serie di percorsi
tutti piuttosto complessi a livello dei quali siccome le sinapsi possono essere eccitatorie o inibitorie, i
neuroni si mandano segnali che possono essere di tipo diverso. I neuroni sono cellule inattive dal punto di
vista proliferativo ed anzi dopo i trent’anni c’è una diminuzione del numero dei neuroni perché alcuni di
essi muoiono per apoptosi e non vengono rimpiazzati però l’esercizio mentale stimola la formazione di
circuiti neuronali anche molto complessi attraverso i quali queste cellule comunicano le une con le altre e ci
sono neuroni associative che hanno funzione di integrazione di informazioni diverse. Proprio per questo
motivo un neurone con un’azione di divergenza può inviare informazione a più neuroni, ognuno di questi a
sua volta a tre neuroni quindi nell’ambito delle reti neuronali ci possono essere situazioni di divergenza
oppure di convergenza. Nell’ambito di questi circuiti il neurone può mandare l’informazione a più neurone
o più informazioni convergano a più neuroni. Quando si parla dell’equilibrio è un tipo di situazione che
chiama in causa più organi. Il mantenimento dell’equilibrio è frutto di segnali che arrivano da più distretti
corporei e devono essere integrati da un’area del cervello che è implicata nel senso dell’equilibrio e nel
mantenimento dell’equilibrio quindi in questo caso vi immaginate tante informazioni che arrivano ad un
unico neurone implicato nel mantenimento dell’equilibrio corporeo che quindi è un esempio di
convergenza.

NEUROGLIA

Cellule di Schwann o oligodendrociti li abbiamo citato come cellule della glia quindi come cellule accessorie.
Se noi facciamo una sezione di sistema nervoso centrale – in questo caso la sezione è stata fatta a livello del
midollo spinale – voi noterete altre cellule. Per esempio la cellula microgliale che tra le cellule gliali è la più
piccola. Abbiamo già avuto modo di familiarizzare con l’oligodendrocita che con le sue estroflessioni
abbraccia l’assone contribuisce alla formazione della guaina. Ci sono però altri tipi cellulari, per esempio gli
astrociti. Il tessuto nervoso è un mondo di informazioni e di queste cellule gliali ce ne sono tante diverse.
Degli astrociti quello che si è visto – hanno un po’ la forma di stelle – rilasciano dei fattori di crescita che
stimolano la crescita degli assoni che gli sono vicini. Gli astrociti svolgono anche un’azione di ripulitura dello
spazio sinaptico, inglobano i neurotrasmettitori e li restituiscono agli assoni adiacenti. Un tipo cellulare
importante della glia è rappresentato dalle cellule ependimali che producono un liquido, il liquido cerebro
spinale. A livello del sistema nervoso spinale ci sono degli spazi vuoto quindi dei ventricoli a livello
dell’encefalo, il canale centrale a livello del midollo spinale che sono tappezzati da cellule che devono
produrre un liquido che finisce in questi spazi. Queste cellule che tappezzano di spazi e riversano il liquido
cerebro spinale sono le cellule ependimali. Si ritiene che questo liquido abbia una serie di funzioni

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importanti. Una di queste è quella di alleggerire il sistema nervoso centrale e il liquido ha una funzione di
protezione. Sulla loro superficie hanno dei microvilli e delle ciglia quindi producono il liquido, lo fanno
spostare grazie alle ciglia e poi all’occorrenza quando ce ne è troppo o va rinnovato, lo assorbono. Hanno
altri prolungamenti che servono a collegare le cellule ependimali con le altre cellule della microglia.

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