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salvare il mondo
di Carolyn Steel – Come vivremo nel futuro? Più precisamente:
come possiamo sperare di prosperare sul nostro pianeta
affollato e surriscaldato? Quali siano le risposte, una cosa e
̀
certa: il nostro modo di mangiare saràfondamentale.
Abitando in città, e
̀ difficile capire il ruolo centrale del
cibo nel plasmare il nostro mondo. L’industrializzazione ha
nascosto i collegamenti vitali senza cui la città stessa
subirebbe una rapida battuta d’arresto: la complessa filiera
che porta il cibo dalle campagne, dove e ̀ coltivato, ai
supermercati, ai caffè e alle nostre cucine.
L’alimentazione e
̀ un tema di primo piano nel pensiero utopico
per l’ovvia vitale importanza che aveva per i nostri antenati.
Nell’epoca preindustriale nutrire le città era difficile,
anche per la difficoltà di trasportare gli alimenti. Per
questo motivo le città rimanevano per la maggior parte di
piccole dimensioni ed erano ampiamente produttive: circondate
da orti, frutteti e vigneti, mentre in molte case si
allevavano maiali, polli e capre, si cuoceva il pane e si
preparavano birra e conserve in proprio. Secondo Platone e
Aristotele questa autosufficienza era un obiettivo
fondamentale della polis, ovvero dello Stato.
Vero e
̀ che tutto ciò suona alquanto utopistico: quando si dà
valore al cibo, la sitopia tende a diventare utopia. Tuttavia,
questa trasformazione è giàin atto. Il food movement – unione
internazionale di agricoltori, produttori, gruppi e
organizzazioni come Slow Food e Via Campesina (il movimento
internazionale dei contadini) – si costruisce intorno alla
conoscenza, alla tutela e alla produzione di cibo che sia,
nelle parole di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, “buono,
pulito e giusto”. Nel mondo industrializzato progetti come
giardini condivisi, spazi di CSA (Community Supported
Agriculture), sistemi di fornitura senza intermediari e
mercati dei produttori hanno già dimostrato come valorizzare
il cibo trasformi vita, economia e spazi.