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cop pezone 23-07-2008 12:47 Pagina 1

Maria Gabriella Pezone


La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti, offre una perspicua chiave di lettura per analiz-
zare i rapporti tra Roma e Napoli nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Il libro ripercor-
re l’intera produttività dell’architetto di origini ticinesi, accademico di merito all’accademia di
CARLO BURATTI
S. Luca, allievo e collaboratore di Carlo Fontana, chiamato a operare in molti centri dell’Italia cen- ARCHITETTURA TARDO BAROCCA
tro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede qualificati contributi nella TRA ROMA E NAPOLI
costruzione di acquedotti, ponti, teatri e, soprattutto in rifattioni di edifici storici e in rinnovamen-
ti urbani. Dalle opere, analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito
razionale dell’architetto che, pur operando in un periodo difficile per le finanze dello stato pontifi-
cio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico dalle valenze essenziali, che ne fa un anti-
cipatore di quell’asciuttezza espressa in maniera programmatica solo nella seconda metà del secolo.
Partendo dalla sua attività, l’indagine è stata estesa anche alla presenza nel territorio vicereale napo-
letano di altri artefici romani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architetto-
nici tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano avesse

CARLO BURATTI
ARCHITETTURA TARDO BAROCCA
la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.

Maria Gabriella Pezone (Napoli, 1964) architetto e dottore di ricerca in Storia e Conservazione dei beni
architettonici, è ricercatore confermato di Storia dell’architettura presso la Facoltà di Lettere e Filosofia
della SUN e professore aggregato di Storia dell’architettura nei corsi di laurea di Scienze dei Beni Culturali

TRA ROMA E NAPOLI


e Scienze del Turismo. Autrice di saggi sull’architettura tardo barocca sia romana che napoletana, ha parte-
cipato a convegni nazionali e internazionali con contributi su figure dell’ingegneria del Settecento, stampa-
ti su riviste specializzate, volumi collettivi, cataloghi di mostre. Ha pubblicato i seguenti volumi: Dal
sincretismo romanico al verticalismo gotico, ESI, Napoli 1999; Architetti dei Borbone nel Settecento
Formazione e cultura professionale tra arte e tecnica, estratto anticipato da L’architettura dei BSorbone
di Napoli e delle due Sicilie, a cura di Alfonso Gambardella, ESI, Napoli 2005.

Maria Gabriella Pezone


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STUDI DI ARCHITETTURA
Collana del Centro Studi per l’architettura e le arti figurative nel Mezzogiorno d’Europa
diretta da Alfonso Gambardella
Comitato scientifico:
Giosi Amirante, Gaetana Cantone, Aldo Castellano, Antonella Greco
© copyright Alinea editrice s.r.l. - Firenze 2008
50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina, 17/19 rosso
Tel. +39 055/333428 - Fax +39 055/331013

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senza il permesso scritto della Casa Editrice

e-mail: ordini@alinea.it
http://www.alinea.it

ISBN 978-88-6055-303-4

Finito di stampare nel giugno 2008



Stampa: Genesi Gruppo editoriale srl - Città di Castello (Perugia)
Maria Gabriella Pezone

CARLO BURATTI
ARCHITETTURA TARDO BAROCCA
TRA ROMA E NAPOLI
Indice sommario

1. Carlo Buratti “architetto pratico e non speculativo”


Ambiente culturale a Roma tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento 1
Carlo Buratti nella letteratura artistica 4
Cenni biografici 9
Attività all’Accademia di S. Luca e alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon 15
Per una definizione di committenza “arcadica” 19
Note 24
Appendice documentaria 31

2. Gli esordi. La committenza di Livio Odescalchi


Livio Odescalchi committente misurato 41
Une petite Palais enchanté: il casino nuovo nella Vigna fuori Porta del Popolo a Roma 50
Attività nel ducato di Bracciano 59
Acqua e architettura: l’acquedotto di Bracciano 63
Oratorio dell’Arciconfraternita dell’Annunziata nell’Ospedale
di Santo Spirito in Sassia a Roma 69
Interventi nel monastero di Montecarmelo a Vetralla 71
Teatro di palazzo Capranica a Roma 75
Note 80
Appendice documentaria 93

3. Architettura sacra. Dalle rifattioni agli interventi ex novo


Prima della cultura del restauro. Interventi di rifattione 113
Sensibilità antiquaria e rifattioni a Napoli e a Roma tra Seicento e Settecento 116
L’intervento nella cattedrale di San Matteo a Salerno 127
Un delicato compromesso tra magnifica antiquitatis forma e modernitatis venustas
nella cattedrale di San Paolo ad Aversa 133
La ricostruzione della cattedrale di San Pancrazio ad Albano 145
Il progetto della chiesa di Santa Maria del Suffragio all’Aquila 154
Il complesso del Bambin Gesù a Roma. Il contributo di Buratti 158
Note 169
Appendice documentaria 181

Indice sommario V
4. Attività nell’exclave pontificia
Vincenzo Maria Orsini alter conditor urbis 195
Giovan Battista Nauclerio e Filippo Raguzzini a Benevento 201
Terremoto e architettura: Carlo Buratti nell’opera di ricostruzione del 1702 204
Ingegneria idraulica nell’acquedotto di Benevento 217
Lavori nel feudo di Villafranca 221
Note 227
Appendice documentaria 236

5. Intorno a Carlo Buratti. Roma e Napoli:


scambi e connessioni tra Seicento e Settecento
Roma e Napoli: relazioni culturali tra Seicento e Settecento 249
Legami con Roma nell’architettura tardo barocca napoletana 254
Architettura e committenza arcadica in Campania tra viceregno e regno autonomo 262
L’eredità di Carlo Buratti e la diffusione del linguaggio arcadico ad Aversa 275
Il cantiere del seminario vescovile crogiuolo del linguaggio arcadico 277
Il contributo di Francesco Antonio Maggi tra permanenze romane e influenze napoletane 285
L’attività di Filippo de Romanis ad Aversa 290
Note
Appendice documentaria 298

Bibliografia 327
Indice dei nomi 349
Indice dei luoghi 359
Indice delle illustrazioni 363
Referenze fotografiche 369

VI Indice sommario
Premessa

Questo lavoro ripercorre l’intera produttività di Carlo Buratti (1651-


1734), architetto di origini ticinesi, attivo a Roma tra la fine del Seicento e
l’inizio del Settecento. Accademico di merito all’accademia di S. Luca,
membro della congregazione dei Virtuosi al Pantheon, allievo e collaboratore
di Carlo Fontana, Buratti fu chiamato a operare in molti centri dell’Italia
centro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede
qualificati contributi nella costruzione di acquedotti, ponti, teatri e soprattutto
in rifattioni di edifici storici e in rinnovamenti urbani. Fu esponente di spicco
di quel linguaggio che è stato efficacemente sintetizzato come “architettura del-
l’Arcadia”, fusione di elementi barocchi, borrominiani e berniniani, e nel con-
tempo ricco di riferimenti all’architettura tardo cinquecentesca. Dalle opere,
analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito ra-
zionale di un artefice che, pur operando in un periodo difficile per le finanze
dello stato pontificio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico
dalle valenze essenziali, che ne fa un anticipatore di quell’asciuttezza espressa
in maniera programmatica solo a partire dalla seconda metà del secolo.
La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti fornisce una nuova
chiave di lettura per analizzare le relazioni artistiche tra Roma e Napoli nel pe-
riodo a cavallo tra Seicento e Settecento. L’architetto svolse infatti un ruolo di
“cerniera” nei rapporti tra queste due città, circostanza alla quale non era stato
dato sinora il giusto rilievo. Partendo dall’attività di Buratti, l’indagine è stata
estesa alla presenza nel territorio vicereale napoletano anche di altri artefici ro-
mani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architettonici
tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del lin-
guaggio romano avesse la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.
Tradizionalmente, la storiografia napoletana del Settecento identifica nella
periodizzazione dell’architettura una svolta significativa in tal senso nell’inizio del
regno autonomo quando le scelte artistiche di Carlo di Borbone si orientarono
verso i principi di quella corrente artistica che Wittkower definisce classicismo
tardo barocco. Se si eccettua Giovanni Antonio Medrano che era giunto a Na-
poli direttamente con Carlo dalla Spagna, gli altri architetti contattati dal gio-
vane sovrano furono tutti esponenti di un aggiornato filone del classicismo di
marca romana. Questa predilezione traeva origine non solo nell’aura di prestigio

Premessa VII
che aveva da sempre circondato Roma, ma anche nelle personali inclinazioni di
Carlo di Borbone che era stato educato dalla madre Elisabetta Farnese a quei
principi del classicismo romano settecentesco con i quali era entrato in contatto
anche attraverso le committenze artistiche intraprese in Spagna.
A questa visione di un Settecento napoletano diviso in due hanno con-
tribuito in maniera determinante anche gli studi di Roberto Pane. Pur con
l’innegabile merito di aver fissato dei punti fermi per tutta la storiografia suc-
cessiva, lo storico napoletano ha contribuito a creare l’idea di un distacco forse
troppo netto tra la prima metà del secolo «caratterizzata dalla versatile fantasia
dei due maestri schiettamente partenopei», Ferdinando Sanfelice e Domenico
Antonio Vaccaro (diffusori di «un senso di raffinata policromia nel vario im-
piego dei materiali, dai marmi alla maiolica agli stucchi»), e la seconda metà,
rinnovata dall’apporto di Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli, i quali, «edu-
cati alla grande tradizione romana», avrebbero cancellato «il segno di una pro-
duzione popolare […] per affermare valori formali appartenenti a una cultura
non più regionale ma italiana» (Pane).
Se è indiscutibile l’innovazione apportata dai due artefici “romani”, anche
allo svecchiamento dell’organizzazione cantieristica, ritengo, tuttavia, che tale
impostazione in qualche modo non renda pienamente giustizia della com-
plessità del panorama architettonico napoletano del primo Settecento, smi-
nuito sotto il «segno di una produzione popolare» (Pane). La storiografia degli
ultimi decenni ha contribuito a restituire un panorama più composito anche
attraverso la rivalutazione di artefici considerati minori. Alla luce delle più re-
centi acquisizioni, durante tutto l’arco del Settecento è possibile allora scor-
gere anche all’interno della produzione architettonica napoletana, in filigrana,
una linea di continuità del “classicismo”, in cui si rileva con immediatezza il
motivo del costante riferimento a Roma che aveva sempre esercitato un forte
ascendente sugli ambienti artistici di tutt’Europa. La città eterna, infatti, con-
tinuava a esser considerata l’erede della tradizione antica e rinascimentale e
anche la patria di quella propensione al razionalismo classicista, inizialmente
nata in seno all’Accademia dell’Arcadia ma estesa presto a campi diversi da
quello letterario.
Al fine di rileggere l’architettura napoletana tra Seicento e Settecento at-
traverso la “lente” del rapporto con l’urbe, va innanzitutto considerata la co-
noscenza non superficiale da parte degli straordinari artefici napoletani del-
l’architettura romana anche a loro contemporanea, con la quale entrarono
probabilmente in contatto, evento che contribuisce a sprovincializzarli; in se-
condo luogo, non va sottovalutata proprio la presenza in Campania di molti
artefici romani ben prima dell’ondata classicista promossa da Carlo di Bor-
bone. Proprio in questa direzione, lo studio sulla figura di Buratti si è rive-
lato particolarmente prezioso poiché ha consentito di approfondire l’attività
anche di altri architetti chiamati a Napoli e nell’entroterra da una colta com-
mittenza ecclesiastica di stampo arcadico razionalista. Dagli interventi di Bu-

VIII Premessa
ratti ad Aversa (la rifattione della cattedrale, il seminario vescovile), l’analisi è
stata allargata alle opere realizzate nello stesso territorio dagli artefici romani
giunti con lui, Cristoforo Schor, Filippo de Romanis e soprattutto Francesco
Antonio Maggi. Fu proprio l’architetto ticinese, infatti, a portare con sé le
maestranze romane – stuccatori e fabbricatori – che continuarono a lavorare
anche dopo la sua partenza, e soprattutto i giovani architetti, suoi allievi al-
l’accademia di S. Luca, che contribuirono alla diffusione del linguaggio ar-
cadico in Terra di Lavoro. Tra questi, Francesco Antonio Maggi si radicò nel
centro normanno, divenendo poi uno degli artefici più produttivi verso la
metà del secolo. Qui costruì opere dove le reminiscenze romane si fondono
sapientemente con modi e stilemi assorbiti dalla cultura architettonica napo-
letana espressa ad Aversa da artefici di grande livello. Parallelamente all’atti-
vità di Buratti si concretizzò anche a Capua una singolare e non occasionale
presenza arcadica inaugurata da Sebastiano Cipriani. Il suo progetto per la ri-
fattione della cattedrale, oggi irrimediabilmente perduta, diede inizio a una
prolifica stagione dominata dalla personalità di Giovan Battista Landini.
Dalle opere analizzate (Sant’Eligio a Capua e Sant’Andrea Apostolo a Capo-
drise), che manifestano una straordinaria raffinatezza nelle soluzioni architet-
toniche, ne emerge un vivace esponente di quel filone rococò dell’architettura
romana, che dagli anni trenta del Settecento portò a privilegiare i caratteri
borrominiani, recuperandone gli elementi decorativi arricchiti anche con
nuovi motivi floreali.
Attraverso l’approfondimento dell’attività di Buratti e dei suoi seguaci è
stato possibile, infine, selezionare una schiera di committenti che definirei “ar-
cadici”, proprio perché, privilegiando un’architettura semplice e razionale, fa-
vorirono l’anticipazione tra Seicento e Settecento, in una linea di continuità
col classicismo, di caratteri linguistici che avrebbero trovato piena identità
solo alla fine del secolo. L’attività architettonica di Buratti, inserita efficace-
mente dalla critica nella corrente artistica arcadica, fu promossa in larga parte
proprio da una schiera di committenti di questo tipo, che interpretavano l’uso
di decorazioni eccessive come l’espressione tangibile del superfluo. In questo
senso, la sua opera assolve con vigore alle loro richieste poiché è essenziale e
in un certo senso “mortifica” l’espressione della venustas a favore della firmitas
e della utilitas, riducendo al minimo i partiti decorativi e gli elementi super-
flui sacrificati al puro fine funzionale.

Questa monografia è frutto di anni di ricerche, durante i quali ho con-


tratto debiti di riconoscenza con studiosi e amici, senza il cui contributo
questo libro non avrebbe visto la luce.
Desidero ringraziare, prima di tutti, il prof. Alfonso Gambardella non
solo per aver ospitato il lavoro nella collana da lui diretta ma soprattutto per
averne seguito con affetto tutte le fasi sin dal suo primo sviluppo con consigli
e suggerimenti insostituibili.

Premessa IX
In particolare il lavoro di ricerca è stato reso possibile anche grazie alla
professionale disponibilità dei funzionari degli archivi e delle biblioteche con-
sultate, che mi è difficile ricordare tutti. Sono grata, in particolare, alla dot-
toressa Patrizia Nocera per la sua continua e instancabile attività di sostegno
dimostrata non solo nei miei confronti ma verso tutti gli studiosi che frequen-
tano la Biblioteca Nazionale di Napoli.
Un ringraziamento particolare va ai compianti monsignor Franco Straz-
zullo e monsignor Giuseppe Gallizia, accomunati da una spiccata sensibilità
scientifica e da un’aperta disponibilità che sono prerogative tipiche dei veri
studiosi. Al primo, insieme a monsignor Domenico Ambrasi, che ringrazio
vivamente, devo la consultazione dei documenti conservati nell’Archivio Ca-
pitolare di Napoli; al secondo, invece, devo molte delle novità biografiche
emerse dall’archivio della Curia di Lugano. Sono riconoscente, inoltre, a
monsignor Ernesto Rascato per aver reso possibile la trascrizione dei docu-
menti storici custoditi nel seminario di Aversa.
Questo libro deve molto anche all’apporto fornitomi da studiosi, colleghi
e amici, come Giosi Amirante, Francesca Castanò, Ornella Cirillo, Carolina
De Falco, Danila Jacazzi, Cettina Lenza, Elena Manzo, Riccardo Serraglio,
che sono stati tutti prodighi di segnalazioni, consigli o talvolta semplici in-
coraggiamenti.
Desidero ringraziare, altresì, Michele Macchia che con competenza e pro-
fessionalità ha curato l’editing di questo volume.
Un affettuoso ringraziamento ai miei genitori e a Luciana e Giuseppe
sempre presenti nel rendere più serena la mia concentrazione nei momenti
difficili. In ultimi, ma non per ultimi, il mio pensiero va a Osvaldo e Pepo
sperando che vogliano perdonarmi di tutto il tempo loro sottratto.

Napoli, giugno 2008

X Premessa
Abbreviazioni

ABG Archivio delle Agostiniane del Bambin Gesù a Roma


ACA Archivio Storico della Curia di Albano
ACL Archivio Storico della Curia di Lugano
ACaN Archivio Capitolare di Napoli
ACN Archivio Storico della Curia di Napoli
ADA Archivio Storico Diocesano di Aversa
ADC Archivio Storico Diocesano di Capua
ADS Archivio Storico Diocesano di Salerno
AGSP Archivio Generalizio di San Pantaleo-Roma
AGT Archivio Generalizio dei Teatini-Roma
AMV Archivio del Monastero del Montecarmelo a Vetralla
APO Archivio Privato della Famiglia Odescalchi (depositato presso l’Archivio di Stato di Roma)
ASA Archivio Storico del Seminario Arcivescovile di Aversa
ASAq Archivio di Stato dell’Aquila
ASASL Archivio Storico dell’Accademia di San Luca-Roma
ASC Archivio Storico Capitolino-Roma
ASCB Archivio Storico del Comune di Bracciano
ASCe Archivio di Stato di Caserta
ASBn Archivio di Stato di Benevento
ASMM Archivio Storico della chiesa di Santa Maria Maggiore di Montecalvo Irpino (AV)
ASNa Archivio di Stato di Napoli
ASRm Archivio di Stato di Roma
ASSa Archivio di Stato di Salerno
ASV Archivio Segreto Vaticano-Città del Vaticano
AV Archivio Storico del Vicariato-Roma
BA Biblioteca Angelica-Roma
BAB Biblioteca Arcivescovile di Benevento
BC Biblioteca Corsiniana-Roma
BCA Biblioteca Comunale di Aversa
BCB Biblioteca Capitolare di Benevento
BIASA Biblioteca dell’Istituto di archeologia e storia dell’arte di Roma
BMC Biblioteca del Museo Provinciale Campano di Capua
BMS Biblioteca del Museo Provinciale del Sannio
BNR Biblioteca Nazionale di Roma
BNN Biblioteca Nazionale di Napoli
GCS Gabinetto Comunale delle Stampe-Roma
GNS Gabinetto Nazionale delle Stampe-Roma
GDS Museo di Capodimonte-Gabinetto di Stampe e Disegni
ai miei genitori

Haec dixi ad obtinendam mei muneris morumque meorum dignitatem; si quis vero
ipsis rerum momentis res ipsas reprehendat, gratias ei habuero maximas, si me ab
aliquo errore deduxerit: aeque tantas, vel si voluerit.
(GIAMBATTISTA VICO, De nostri temporis studiorum ratione, 1708*)

* ed. con traduzione, note e apparati a cura di Claudio Faschilli in Giambattista Vico Metafisica e metodo, a cura di Claudio Faschilli, Ciro Greco, Andrea Murari, Post
fazione di Massimo Cacciari, Bompiani, Milano 2008, p. 164.

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