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Il manifesto
Spaziofilosofico è uno spazio delle idee, insaturo, uno spazio pubblico, al servizio
dell’intelligenza delle cose. Uno spazio delle idee, innanzitutto: è il loro spazio, noi che
vi trascorriamo del tempo e vi spendiamo della fatica di pensiero siamo loro ospiti e come
tali ci comportiamo, educatamente. In quanto spazio delle idee è anche uno spazio
insaturo: il paradigma della saturazione, tipico della spazialità, per cui chi occupa uno
spazio lo toglie agli altri, è sospeso quando si tratta di idee: l’attributo pensiero – alla
Spinoza – non ha altro senso che questo: distinguere uno spazio di genere diverso da
quello che coincide con l’estensione. L’idea è un motore di ricerca, un luogo di sviluppo e
moltiplicazione, i cui confini – di senso – sono potenzialmente espansibili all’infinito, con
il solo vincolo di pertinenza, del rigore dei nessi fra ciò che viene aggiunto e l’idea motore.
Spaziofilosofico ha selezionato quattro versanti della cosa stessa, quello teorico, quello
politico, quello delle pratiche, quello della storia delle idee. In ognuno di questi
versanti si declina in ogni numero un tema, un concetto sotto choc, che vuol essere ri-
pensato. Il nesso strettissimo di teoria e pratica risponde all’idea che il più speculativo è il
più concreto, e che è tempo che la filosofia – senza nulla perdere della propria purezza –
torni a declinarsi una buona volta come impegno civile.
Spaziofilosofico intende le “Pratiche” come luogo che ospita chi – semel in vita o più di
frequente – pratica la fatica del concetto, chi per buone ragioni individua categorie che
richiedono nuova attenzione, le trasforma in temi, riapre i loro confini consueti
tentandone nuove declinazioni, indipendentemente dalla cultura di appartenenza:
umanistica o scientifica, filosofica o non filosofica; intende le “Politiche” come luogo di
irruzione diretta della realtà sulla scena del pensiero filosofico, di dibattito sul futuro
possibile, di proposte di riforma e di cambiamento; intende la “Teoria” come messa a
punto di genomi teoretici, capaci di illuminare la realtà e di fornirne una interpretazione
complessiva proprio a misura del rigore e della precisione con cui vengono individuati;
intende gli “Studi” come contributi per una rivisitazione della tradizione, che ne
mostrino la vitalità e applicabilità proprio a misura del rigore storico e filologico con cui
vengono condotti.
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Dal 2019 alle quattro sezioni monografiche – Teoria, Politiche, Pratiche, Studi – se n’è
affiancata una quinta non monografica, dedicata all’Ora della conoscibilità. Si tratta di
un’espressione di Walter Benjamin (Jetzt der Erkennbarkeit), che si riferisce alla
necessità della presenza di spirito (Geistesgegenwart), attraverso cui ri/conosciamo o
decifriamo ciò di cui ne va nel nostro presente, affinché – per quanto possibile – gli eventi
decisivi della vita e della storia non ci passino incompresi sopra la testa, mentre siamo
distratti e voltati altrove. Gli articoli di questa sezione reagiscono – per così dire in tempo
reale – agli “eventi ospiti”, alle irruzioni e alle interruzioni della realtà, che impongono
una assunzione di responsabilità e un contributo di pensiero. Assestano i loro colpi di
pensiero con la mano sinistra, quella capace – nonostante o proprio a causa della sua
impreparazione, che obbliga a improvvisare – di assestare i colpi decisivi, secondo ancora
un’indicazione di Walter Benjamin. Se il pensiero predilige i tempi lunghissimi della
meditazione, infatti, esso resta tuttavia fratello dell’urgenza, chiamato a non dimenticare
tale fraternità.
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